CARO SCIMPANZE'
Caro Scimpanzé, se leggi questa mia allora ciò significa due cose: che la mia specie si è estinta, e che hai imparato la mia lingua. Ti chiamo scimpanzé, alla nostra maniera, ma tu sicuramente chiamerai te e i tuoi simili con un altro nome comune, e te stesso con un determinato nome proprio. Ma io non conosco né l’uno né l’altro, scusami. Abbiamo fatto un bel casino, noi uomini, vero? Abbiamo innescato la sesta estinzione di massa nella storia della Terra, e l’abbiamo portata avanti al punto che noi non ci siamo già più e, immagino, anche tante altre specie animali e vegetali sono scomparse; e nessuno, almeno tra i viventi più complessi, se la passa niente bene. (Quel gran culo del batterio, si sa, qualunque cosa succede al pianeta da 3.5 miliardi di anni, se ne frega beato!) Ma in generale – voglio dire: anche prima delle estinzioni – ne abbiamo combinate di ogni. Intanto, tra noi, gli uni contro gli altri, abbiamo infarcito la nostra storia di crimini orrendi: lo sfruttamento, la schiavitù, il razzismo, la guerra, il genocidio. Ci avrete osservato, e chissà che pensavate di noialtri. E poi, con una tirannide di ferocia senza pari, abbiamo condannato a sofferenze inaudite miliardi e miliardi e miliardi e miliardi e miliardi di animali, grandi e piccoli, per secoli, per millenni, trasformandoli in una pura e semplice catena di montaggio per la soddisfazione del nostro appetito (magari fosse stato per fame – magari!) e del nostro bisogno che qualcuno facesse i lavori di fatica al posto nostro, per i nostri agi e i nostri lussi, per la nostra propensione alla paura, alla superstizione e paranoie varie per cui voialtri animali ci andavate comunque di mezzo, e perfino per saziare il nostro puro e semplice divertimento – come di sicuro riportano le storie che voi, caro Scimpanzé, tramanderete nella vostra cultura su quei luoghi che noi chiamavamo circhi o zoo. Vi abbiamo fatto soffrire come cani (scusa – è un modo di dire che non vuol dire niente) anche col motivo di studiarvi, certo; e, studiandovi, di conoscere meglio noi stessi, per guarire o prevenire le nostre malattie. Ma anche ammesso fosse per noi lecito farlo, visti i nobili (solo un filo egoistici) obiettivi, però la percentuale delle sofferenze immense che gli uomini hanno inflitto ad altri esseri capaci di provare dolore, causate dalla ricerca (e così pure dalla fame vera) è porzione ridicola sul totale imbarazzante. Infatti, diciamo la verità – ormai che non c’è più nessuno di noi a scandalizzarsi o a vergognarsene: così come noi uomini (che però almeno, diciamo così, ce la siamo cercata), anche voi animali avete per millenni patito l’inferno semplicemente per soldi, perché noi facessimo o spendessimo sempre più soldi. E – en passant (questo è, o meglio era,francese) – è appunto per quella nostra dannata psicosi di ammonticchiare soldi prima e poi sprecarli, che la sesta estinzione si è messa in moto, che io oggi non esisto più, che non c’è più un uomo sulla faccia della Terra, e che tu ora leggi questa mia. Il nostro destino si è compiuto. Lo chiamavamo capitalismo – voi, suppongo, oggi lo chiamerete più direttamente con la parola che nella vostra lingua significa suicidio di massa. Ma, suicidio a parte, per sopportare l’idea mostruosa che stavamo facendo proprio gli infami contro tutto il resto del mondo vivente, col tempo ci inventammo la storia che solo noi avevamo una cosa che nessun altro aveva, l’anima, il che ci dava il diritto di comandarcela perché l’anima ce l’aveva regalata un essere soprannaturale che aveva creato tutto quanto – voi animali e vegetali compresi – perché noi ci regnassimo sopra a nostro comodo: dio. Ma questa è letteratura – lo saprai già. Così come saprai che, pure per non esagerare con gli effetti di quella folle presunzione, ci eravamo costruiti anche un sistema di premi e punizioni che l’essere-dio avrebbe applicato nell’aldilà (pure questo, inventato di sana pianta) su chi, uomo, avesse fatto del bene (agli altri uomini – voi, mi dispiace, non vi abbiamo mai calcolato) e su chi, invece, avesse fatto del male. E però – ora è evidente – non deve aver funzionato tanto: la paura delle punizioni nell’aldilà, tanto meno la prospettiva dei premi, non ci ha minimamente impedito di mandare l’aldiquà perfettamente in vacca. Non ci stiamo più. Voi sì. (…Voi sì? Ci state ancora? Ora che ci penso, mica lo so. Oddio, Scimpanzé – lo spero! Farò così: scrivo questa stessa lettera in diverse versioni, ognuna intestata e indirizzata a un rappresentante di una specie differente, tra quelle che ipotizzo ci siano sopravvissute, dall’apparato neuro-cerebrale abbastanza sofisticato – per ciò che se ne sapeva dagli studi ai miei tempi – da aver potuto rilevare al posto nostro il ruolo di cultura razionale e simbolica, e società consistente e organizzata, almeno in quella parte di mondo dove sia ancora possibile la vita decisamente pluricellulare. Sì, sì: farò così! Una dunque è questa, un'altra sarà caro Delfino, un'altra caro Ratto, una caro Polipo, cara Tèrmite…) Noi, caro Scimpanzé, non ci stiamo più. Voi sì. E se è vero quello che ho detto prima, sulla nostra tirannide, per voi tutti – per la tua specie e per le altre – sarà un sospiro di sollievo. Un po’ meno sollievo vi darà constatare il fatto che noi ci saremo sì tolti di mezzo, ma nel quadro di una crisi ecologica epocale da noi stessi innescata, per la quale ora nelle peste siete voi – e chissà quando e come, e se, ne uscirete (batteri a parte, ripeto). Io vi auguro di risolverla con meno danni possibili per la tua specie e per tutte le altre, con minor sofferenza (ulteriore) possibile sulle spalle di ogni singolo essere senziente (che lo so che sono miliardi e miliardi). E vi auguro che quella cultura razionale e simbolica e quella società consistente e organizzata, alle quali la tua specie sta dando vita (esplicitamente, dopo la nostra scomparsa – ma magari da chissà quanto prima, senza che noi ci dessimo la pena di scoprirlo) ebbene, superata la crisi, che costruiscano un qualche modello di esistenza con tanti begli anticorpi; anticorpi sia contro la psicosi che ci ha suicidato (o simili) sia contro la ferocia che vi ha tormentato (non ci copiate nel peggio, insomma). Ecco, sì: se la nostra parabola esistenziale (di qualche milione di anni) avesse avuto anche solo la funzione di un vaccino su tutto il regno vivente, affinché le nostre cazzate e le nostre cattiverie nessun’altra specie abbia più a ripeterle, allora saremo serviti a qualcosa! No, scherzo – caro Scimpanzé, io in realtà ti ho scritto per questo; per confermarti sì che è tutto vero e giusto ciò che col cuore in mano ho ammesso fin qui, che certo già sapevi, e te ne domando scusa davvero in ginocchio per quel che può consolarti. Ma pure per dirti che l’uomo è stato non solo cazzate e cattiverie, bensì anche un’altra roba. Ora, se hai imparato la mia lingua forse sai fare un sacco di altre cose. Tipo custodire un museo, uno scavo archeologico, tipo far vivere una biblioteca, suonare o ascoltare una sinfonia, tipo restaurare un affresco, far andare un proiettore e illuminare uno schermo, mettere in scena un testo teatrale – certo riadattandolo, non pretendo di no –, tipo far funzionare un osservatorio, un microscopio, tipo condurre un vasto programma di ricerca, risolvere equazioni che noi lasciammo a metà, tipo creare e curare un giardino, o aiutare a far nascere, accudire un animale di un'altra specie per il suo solo bene, tipo scrivere regole giuste per la vita in comune, o formulare e difendere dei diritti, o capire finalmente cosa diavolo è il benedetto comunismo… Allora, ti chiedo, se sai – se voi sapete – fare anche tutto questo, come credo e confido, ecco io ti scrivo, caro Scimpanzé che mi sei sopravvissuto, pregandoti, pregandovi di farlo. Di fare tutte queste cose, proprio con le nostre povere vestigia – quelle che saranno rimaste rintracciabili. Perché l’uomo è stato anche altra cosa dalla presunzione e dalla follia, da sfruttamento e tirannide, dalla psicosi e dai fottuti soldi – è stato, fummo, amore. Ma noi non ci stiamo più, adesso che tu leggi; e quindi chiederti di preservare in vece nostra quell’amore che pure l’uomo è stato, talvolta, per il quale però sarebbe necessario che l’uomo esistesse tra altri uomini – perché esso è un abbraccio, una mano tesa, una parola di conforto e di verità, un progetto e un desiderio, una fatica e una leggerezza insieme, un cammino spalla a spalla, una rinuncia per il fratello, una lotta in favore dello sconosciuto –, ebbene è impossibile e insensato. E forse sarebbe perfino superfluo chiedertelo, perché qualcosa mi dice che anche voi siete amore – il vostro tipo di amore: coi vostri abbracci e discorsi, i vostri desideri e cammini, le vostre lotte e leggerezze, le vostre rinunce e i vostri accudimenti. E ciò non sai quanto mi conforta! Però quell’altro nostro modo di essere amore, sì, quello steso dai colori su una tela o suonato dalle corde di un arco o scritto in una poesia, su una costituzione o nella ricetta del composto che salva un vivente qualunque – quello sarebbe proprio un peccato che sparisse nel nulla insieme al nostro sparire. Sono testardo, a osare di volerlo? Inguaribilmente romantico? Avrete già voi i vostri cicli epici, i vostri film, la vostra matematica, i vostri microscopi? Non vi serve la nostra vecchia roba, non val la vostra pena di comprenderla e usarla? Allora mi scuso, ancora una volta. Che siano – in tal caso – la bellezza e il valore e il sapere sub specie Pan Troglodytis (latino, alla Spinoza, vino vecchio ma buono) ad illustrare la Terra d'ora in poi. E’ sacrosanto! Eppure insisto, perdonami; anche così, una volta ogni tanto – a tempo perso – suonate Mozart, soffiate via la polvere da Michelangelo, ripetetevi un verso di Omero, leggete una pagina di Darwin, riflettete su un pensiero di Gandhi, riandate a ciò che fu, o provò ad essere, il cammino di liberazione di tutte le nostre minoranze coscienti, e a quello di auto-emancipazione delle femmine della nostra specie. Così – ogni tanto. Che non si annichiliscano col nostro suicidio, la bellezza e il valore e il sapere – cioè l'amore – che nonostante tutto fummo talvolta. Non l'oblio eterno – non subito, almeno. Per favore. Da scimmia a scimmia. Posso contarci, caro Scimpanzé? Grazie, comunque. Non ti disturbo di più. Ma non è facile smettere di scrivere – comprenderai, suppongo. Va bene. Fai buon viaggio, fratello mio! Buon vento e buona luce, nello spazio e nel tempo! firmato: Uomo (Paolo, nella fattispecie) ventidue giugno duemilaquindici TRE FLASH E UNA MORALE
Napoli. Ieri, dopo lunga latitanza, è stato arrestato un boss di camorra nascosto a casa di un parente. Ricercato per mafia, droga e omicidio. Un damerino. Con un passa parola al volo, la famiglia è riuscita a coinvolgere tutto il quartiere perché la gente circondasse le macchine dei carabinieri, per provare a liberare il criminale. Non ci sono riusciti. Ma questa è la prima foto dell'Italia com'è. Roma. Ieri, dicono gli organizzatori, i manifestanti per il Family Day sono stati addirittura un milione. Ce l'hanno contro una proposta di legge che riduce la sperequazione tra famiglie eterosessuali sposate e famiglie omosessuali unite civilmente, e contro una teoria che dice che il sesso è una cosa e il genere un'altra. Un milione (o quasi) di svalvolati. E questa è la seconda. Genova. Ieri, sera quasi notte, sei merde umane (mi scuso con la nobile deiezione intestinale) si sono messe un cappuccio in testa, si sono armate di bastoni, catene e bottiglie rotte, sono andate alla stazione e hanno preso di mira due poveri cristi che ci dormivano tra i cartoni, pestandoli e strillando “Barboni, andatevene!”. I due sono riusciti a scappare, un bel po' rovinati. Ecco il terzo flash. Di buono c'è solo che – per tornare a Roma – perfino una manifestazione così numerosa, se non ci passavi in mezzo manco ti accorgevi che ci fosse: io mi sono mosso non lontano dal centro, eppure degli allegri crociati non sospettavo l'esistenza. La città è talmente grande – anzi diciamo meglio: la dinamica dell'oggi è talmente variegata, in un senso, e superficiale, in un altro – che perfino centinaia di migliaia di testimoni di Geova a passeggio (faccio per dire) vengono ingoiati dal rumore di fondo. Però c'è la televisione – e i media in generale. Se stai lì, allora sì che esisti. E se ci stai come notizia, esisti il giorno in cui la notizia esce (e forse quello dopo), ma se ci stai come personaggio, come storia, come 'programma del palinsesto', allora hai risolto tutti i tuoi problemi in ordine alla certificazione pubblica della tua vita, attività, strategia. Prendete (solito esempio) Salvini – che se non fosse, lui in persona, una programmazione quotidiana del mainstream, starebbe ancora a rovesciarsi sulla barba birra scadente nei pomeriggi fannulloni della provincia leghista. Questo per dire che fa benissimo Landini a cercar di stare più possibile in televisione (anche se immagino i conati di vomito che ne ricaverà ogni volta, poveraccio), e che invece si sprecano solo tempo e risorse e motivazione a tentar di mettere insieme decine o anche centinaia (rarissimamente migliaia) di cittadini pur eccezionalmente consapevoli e attivi, attorno a un fatto partecipativo qualunque in opposizione al modello socioeconomico, politico e culturale dominante: se il mainstream ti ignora, semplicemente non esisti. E dài e dài, di tempo e risorse e motivazione così mal utilizzati, non ce n'è più per un'opposizione anche minima. La morale è questa. Basta sprechi! Diamoci invece un termine, diciamo entro la fine dell'anno, e un obiettivo solo: creare un 'programma' che il palinsesto mainstream non possa ignorare, ovviamente tenendo noi conto dell'Italia com'è. Quale programma? Secondo me – dato il contesto, ripeto – una donna abbastanza giovane e attraente che cominci a dire e ripetere come un mantra (in modi interessanti, variati – ma non troppo) che ciò che ci vuole per uscire dalla Crisi senza precipitare nell'autoritarismo e nel razzismo, è la realizzazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente. E' banale? Perché, la realtà asfaltata da decenni di conformismo è originale? Volete cambiarla con l'assemblea dei sapientoni? O con la giocoleria degli indiani cicorioni? O con la militanza dei baffoni? ventun giugno duemilaquindici PIANIFICAZIONE
Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto Il clima come bene comune La questione dell’acqua Perdita di biodiversità Deterioramento della qualità della vita umana e degradazione sociale Iniquità planetaria La destinazione comune dei beni La radice umana della crisi ecologica La globalizzazione del paradigma tecnocratico La necessità di difendere il lavoro Ecologia ambientale, economica e sociale Il principio del bene comune La giustizia tra le generazioni Dialogo e trasparenza nei processi decisionali Educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente Amore civile e politico Questi sono alcuni dei capitoli e paragrafi di un testo di 192 pagine, diffuso ieri su scala planetaria. E non si tratta (ripeto: non) dell’elaborato di un autore professionalmente eco-marxista. Da domani non cercatemi più né in sezione né al centro sociale né all’aula convegni né in piazza. Mi trovate in seminario. Serio. C’era un modo soltanto, per un ateo comunista (più o meno comunista, e di sicuro almeno agnostico), per dare alla propria visione politica, economica e sociale della realtà di oggi, 2015, una risonanza globale e una rispettabilità tali che praticamente a tutti gli esseri umani al mondo essa fosse nota almeno come fatto, da tantissimi di loro ascoltata a grandi linee, e da molti anche apprezzata nel merito; e che all’obbligo di conoscerla in privato e discuterla apertamente, quella sua visione, non potessero sottrarsi soprattutto quelli tra gli umani che oggi, 2015, reggono le sorti del mondo intero. E questo modo era che egli, l’ateo-agnostico più-o-meno-comunista, nel 1958 (a 22 anni) si facesse studente gesuita, nel ’63 filosofo laureato, nel ’69 prete cattolico, nel ’92 vescovo, nel 2001 cardinale e nel 2013 papa. Così, e solo così, oggi 2015 la sua visione politica, economica e sociale della realtà, che ha appena messo nero su bianco, tutti la conoscono e tutti devono farci i conti. Specie i potenti. Ci ha pensato nel 1958. E ci è riuscito 57 anni dopo. Ma non c’era altro modo. Solo i comunisti atei sono così tignosi. E solo quelli di quelle generazioni. Ora mica ne nascono più così. Anzi, è da un pezzo. Adesso che ci penso, un altro ateo comunista, pure lui argentino ma di 8 anni più grande, ha battuto quest’altra strada. Laureato medico nel 1953 (a 25 anni), diventa nel ’56 guerrigliero anti-imperialista, nel ’59 liberatore vittorioso e nel ’61 ministro. Così, e solo così, riesce nel ’64 a parlare all’ONU: gran parte del mondo viene dunque a conoscenza della sua visione politica, economica e sociale della realtà, milioni e milioni di esseri umani dappertutto la apprezzano (e apprezzano lui) e i potenti della Terra non possono più ignorarla pubblicamente. Poi nel ’65 torna ad essere guerrigliero, e nel ’67 viene ammazzato dai sicari appunto dell’imperialismo. Oggi, 2015, la sua immagine è arcinota ovunque ed è ancora amatissimo da tanti e tanti. La sua visione politica, economica e sociale della realtà, non so quanti la conoscano a fondo; anche tra chi ama la sua immagine. Però il fatto stesso che lui sia stato prima guerrigliero, poi liberatore vittorioso, poi ministro, poi ancora guerrigliero anti-imperialista, poi ammazzato, giovane, e che fosse bello, certo costringe gran parte del mondo a non poter far finta che lui e quella sua visione non siano mai esistiti; questo, più ancora del suo discorso all’ONU. E’ un’altra strada, questa, da quella dell’altro comunista ateo argentino. Non so quale sia meglio oggi per la causa. Ma di sicuro pure lui è uno di quegli atei comunisti tignosi di cui s’è perso lo stampo, da un sacco di tempo. diciannove giugno duemilaquindici NERO EUROPA
Dice oggi Bergoglio: "Chiediamo tutti perdono per le Istituzioni e per le persone che chiudono le loro porte a gente che cerca aiuto e chiede di essere custodita. Preghiamo per tanti fratelli e sorelle che cercano rifugio lontano dalla loro terra, che cercano una casa dove poter vivere senza timore, perché siano sempre rispettati nella loro dignità. E preghiamo perché sia incoraggiata l'opera di quanti portano loro un aiuto, perché la Comunità internazionale agisca in maniera concorde ed efficace, per prevenire le cause delle migrazioni forzate. Non chiudiamo loro le nostre porte." Ecco, così ora vedremo quanti nella cristianissima Italia che ospita la Cattedra di Pietro e i confini cattolicissimi della Città del Vaticano, l'Italia che espone i crocifissi in scuole, ospedali e uffici, che scrive le leggi sui diritti vecchi e nuovi bene attenta a non andare contro le prescrizioni della Dottrina Sociale della Chiesa, in cui la Costituzione stessa tiene in debito conto i rapporti consolidati tra Stato e Santa Sede, in cui il senso comune della gente è cristiano a parole fino al midollo, ebbene vedremo adesso quanti sono i cristiani che seguono il loro Capo spirituale in questa espressione di puro e semplice sentimento evangelico applicato. E quanti invece quelli che sono cristiani solo fino al limite insuperabile del proprio gretto egoismo umano e sociale, quelli che come i razzisti ora più in voga risponderanno "se li prenda lui in casa, allora!". O, in altre parole, potrete così contarvi facilmente: quanti siete, cristiani che pensano come vuole Cristo, e quanti quelli fra voi che pensano come vuole la televisione. Ecco il mio problema. E’ che da adolescente se qualcuno mi avesse chiesto “ma tu chi vorresti essere?” avrei risposto: Gandhi, Marx, Gesù Cristo, Che Guevara, Spinoza, Pasolini, Mozart, Di Bartolomei. E da fanciullo: Darwin, Buddha, Van Gogh, Peter Gabriel, Nietzsche, Fausto Coppi, Gershwin, Woody Allen. E da bambino: Einstein, Giulio Verne, Leonardo, Socrate, Abebe Bikila, Ulisse, Dio, Silver Surfer. Normale quindi che qualunque cosa abbia fatto dopo di allora o qualunque cosa faccia adesso, io mi sia sentito e mi senta sempre inadeguato, deludente, frustrato. E continuerò a sentirmici, temo. Perché, lo confesso, io avrei risposto così non solo perché pensassi che tutte quelle erano state o erano grandissime persone (reali o immaginarie poco importa), ma perché sotto sotto traducevo il “vorresti” della domanda in un “potresti” follemente ambizioso! Niente di meno. E queste son tossine che ti girano nel sangue tutta la vita, hai voglia a razionalizzare! Ma poi: grandissime persone… Magari a conoscerle davvero, neanche poi tanto grandi – come dice qualcuno dei miei contemporanei, specie borghesi. “Magari quella persona sembrerà grande per quello che se ne conosce in pubblico, ma con me si è comportata male e quindi… E viceversa quell’altra persona, pubblicamente esecrabile ed esecrata, a me non ha fatto mai niente di male, anzi; e perciò…” Queste sono le tavole dei valori con cui la corrente borghesia (più piccolo- che altro) giudica – quando mai si prenda la responsabilità di giudicare – i propri simili. E’ il principio della mafia, tutto sommato. Tornando a bomba: comunque anch’io, così all’epoca come oggi, a un’eventuale proposta del tipo “ma vuoi conoscerlo di persona, uno dei tuoi eroi?” avrei risposto e risponderei “no grazie”; perché i miei eroi – in quanto tali – mi vanno e mi andranno sempre benissimo così come mi sembra che essi siano per ciò che di pubblico hanno detto e fatto e creato e dato al mondo, e a me come parte infinitesima di esso. Mai sia che un eroe, a incontrarlo poi di persona, ti deluda anche un pochino! E’ un rischio che non posso permettermi, che già la gente che ho intorno mi piace tanto poco… Ci manca pure che mi si smontino gli unici motivi per cui ancora, e nonostante tutto, credo che l’Uomo sia qualcosa per cui vale la pena sbattersi più possibile. Sennò, guardate, monto sulla mia tavola da surf color argento e vi saluto! Il governo para-fascista dell’Ungheria (che ha in Parlamento anche un nutrito partito neonazista) ha dichiarato l’imminente costruzione di un muro altro 4 metri e lungo 175 chilometri sul confine con la Serbia, per “impedire agli extracomunitari di entrare sul territorio ungherese e, quindi, dell’Unione Europea”. Il leader di partito ex-comico Beppe Grillo ha appena accomunato “clandestini e topi” nel minacciare il Sindaco di Roma, Marino, che a suo dire sarebbe responsabile dell’invasione della Capitale da parte degli uni e degli altri, indifferentemente. Già due i corpi di migranti, morti, ritrovati appena al di là del confine italo-francese in prossimità del blocco imposto ai profughi africani da 72 ore a questa parte. E Bergoglio chiede perdono per tanta disumanità di istituzioni e gente comune; e Salvini risponde: “se li prenda lui, a casa propria”. "Il sonno della ragione genera mostri", diceva quel Grande. Ma ormai ce ne sono talmente tanti in giro, liberi di far male e resi potenti dallo stato di cose presente, che io di giorno non vedo l’ora che venga notte per far addormentare un poco il mio cuore inorridito. diciassette giugno duemilaquindici LA BELLA ADDORMENTATA
Sono ottocento anni esatti, oggi, che esiste la Magna Charta Libertatum: la prima dichiarazione nero su bianco dei diritti borghesi a fronte del potere regale e feudale. Diciamo che il capitalismo, all'epoca nascente, aveva bisogno di una forma giuridica che garantisse quell'inizio di accumulazione ed espansione che poi nei secoli ha cambiato la faccia del mondo. Grazie capitalismo, per la democrazia borghese, e grazie Magna Charta, come madre di tutte le Costituzioni a seguire! Solo che la Storia non si ferma mai, e inoltre ha natura intrinsecamente dialettica. Per cui quella stessa forza progressiva che guadagnò terreno a danno delle forme medievali e imperiali, e che così facendo ne fece guadagnare all'Umanità tutta, dopo tanto tempo è diventata essa stessa una forza regressiva, contro la quale spinge per il progresso ulteriore la nuova forma della convivenza e dell'organizzazione che chiamiamo socialismo. La democrazia borghese è una cosa umana, e come tutte le cose umane finirà. Resta da vedere se finendo trascinerà con sé la Civiltà intera, e la vita stessa degli umani e del pianeta (giacché ora la potenza per farlo esiste, purtroppo, non come ottocento anni fa), o se invece finirà per il trapasso nell'era nuova, di cooperazione, condivisione e giustizia, la cui costruzione teorico-pratica appassiona i migliori di noi da un paio di secoli. Compito da far tremare i polsi, il nostro. Il bello è che tutto questo avviene in pressoché totale silenzio. Lo si deduce dal fatto che la stragrande maggioranza dell'Umanità, intanto, dorme incosciente. quindici giugno duemilaquindici ENTI PRODUTTIVI COMUNALI ROMA
C'è stata una mostra, qualche anno fa al Vittoriano di Roma, sulle memorie fotografiche e le suggestioni artistiche e letterarie di quella rete capillare di spacci perlopiù alimentari che fu l'insieme dei punti-vendita dell'Ente Comunale di Consumo, a Roma appunto. Specie di piccoli fabbricati bianchi, di solito col solo piano terra, due o tre porte su strada e una tettoietta per l'ombra e per la pioggia, che fino alla mia infanzia costellavano i quartieri popolari e la cintura periferica delle borgate, soprattutto. Ancora oggi se ne trova qua e là una vecchia insegna, in sobrio carattere maiuscolo e color blu-nero, a indicare però che ora lì sotto c'è semmai un esercizio commerciale, di ristoro o intrattenimento, tanto cool da voler evocare quell'antica modestia mentre appronta e vende la propria mercanzia di qualità, non proprio a prezzi stracciati. Furono istituiti nel 1946, gli Enti Comunali di Consumo, obbligatoriamente nei Comuni con più di 200.000 abitanti, e facoltativamente in tutti gli altri. Perché l'Italia usciva da una guerra che oltre a tutto il resto aveva praticamente sdraiato ogni fondamentale economico (PIL, occupazione, propensione al risparmio e all'acquisto, liquidità, solvibilità, fiducia), e perché nel 1946 il governo del Paese era ancora nelle mani della coalizione che aveva combattuto la Resistenza contro il nazifascismo e conquistato la Liberazione, e che stava scrivendo la Costituzione che sarebbe stata promulgata un anno e mezzo dopo: democristiani attenti alla dottrina sociale, comunisti, socialisti, azionisti-repubblicani, liberali (ma non liberisti ottusamente). Poi, dopo il viaggio di De Gasperi in America, il varo del Piano Marshall e l'arrivo di tanti dollari in cambio della rassicurazione che qui da noi le sirene egualitarie della Sinistra conseguente sarebbero state silenziate, comunisti e socialisti furono accompagnati fuori dalla porta della stanza dei bottoni, e le elezioni del 1948 ratificarono la svolta centrista e monocolore del Paese per tanto tempo a seguire. Per fortuna rimase sulla scena il frutto prelibato della Costituzione (che dobbiamo far applicare tutta e sostanzialmente, ancora oggi, come dico altrove e praticamente sempre). E restarono anche, per qualche decennio, alcuni presìdi di pianificazione economica (come l'IRI e le grandi aziende pubbliche) e di distribuzione calmierata (come gli Enti Comunali di Consumo); almeno finché l'ubriacatura della privatizzazione universale, comune a Centrodestra e Centrosinistra (e sposata acriticamente da subito, alla loro comparsa, anche dai partiti federalisti e dai movimenti anti-casta), non ebbe l'effetto di smantellare tutto ciò che impediva di sbrigliare gli istinti e gli appetiti del grande e del piccolo capitalismo. Quelli che hanno creato la Crisi, e che con essa fanno affari sulla pelle della maggioranza della gente Gli Enti Comunali di Consumo furono trasformati (insensatamente) in SpA nel 1993, e poi del tutto abrogati nel 2008. La Crisi in corso, secondo tutti gli analisti seri, produce di fatto il crollo dei fondamentali economici al pari di una guerra. In Italia, e nei Paesi che più ci somigliano, i numeri delle statistiche attuali confrontati con quelli del 2007 danno dei differenziali in negativo praticamente uguali a quelli del confronto 1939-1945. Il nostro governo, e il mainstream tutto, lasciano forse intendere che allora adotteranno politiche lontanamente comparabili con quelle elaborate e attuate all'epoca? Al contrario! Si privatizza, si precarizza e si neo-liberizza ancor più a tutto spiano! Perché all'epoca al governo c'erano, come ho detto, certe forze e sensibilità politiche (anche se per breve stagione); mentre adesso ci sono solo gli esecutori degli interessi già dominanti, e all'opposizione altre maschere messe lì a perder tempo e a sobillare vieppiù l'egoismo sociale. E la gente coltiva al più un sordo rancore, tanto bene ha lavorato la strategia di lento stupro del senso comune. Su scala nazionale, insomma, la battaglia per chi la pensa come me sarà difficilissima e dai tempi assai lunghi. Ma al Comune? (Di Roma, intendo, nella fattispecie.) Su scala comunale non sarebbe possibile cominciare a elaborare e proporre una svolta che rimetta al centro i bisogni della gente, prendendo esempio da quella lontana lungimiranza politico-economica e prendendo sul serio gli orrendi numeri della Crisi? Se a causa delle storie bruttissime che la magistratura sta finalmente portando a galla, il Consiglio comunale di Roma Capitale venisse sciolto, o se per l'oggettiva inettitudine amministrativa della Giunta attuale, le stesse forze di maggioranza ritenessero conclusa l'esperienza prima che la cittadinanza registri altri disagi imperdonabili, o se un ravvedimento operoso dell'uomo Ignazio Marino inducesse il Sindaco alle dimissioni da una carica che gli sta troppo larga, ebbene a Roma si voterebbe tra non molto. C'è una Sinistra, già oggi, che ha una proposta organica e alternativa di governo della mia città sulle specifiche questioni (per me basilari) che sto tratteggiando? Che vada oltre, intendo, il pur nobile ma molto di nicchia esperimento dei Gruppi di Acquisto Solidale, degli orti urbani, dell'autosufficienza mutualistica sociale e simili? Non lo so, non mi pare, ma lo spero! Ecco, a quella Sinistra mi permetto di lasciar qui un suggerimento, una suggestione, che altri più bravi di me (ci vuol poco) possano debitamente correggere, migliorare, sviluppare. Al centro del programma economico (e democratico) della Sinistra romana mi piacerebbe leggere un punto redatto più o meno così: "Sono da istituirsi i seguenti Enti Produttivi Comunali Roma: - Ente Comunale Approvvigionamento Merci, - Ente Comunale Commercializzazione Beni, - Ente Comunale Erogazione Servizi; con il compito di provvedere, mediante produzione/fornitura diretta o in subordine reperimento e acquisto presso produttori/fornitori, alla disponibilità in compravendita, consumo e utilizzo di merci, beni e servizi, per la generalità di persone, famiglie, comunità, associazioni, soggetti economici e istituzioni che hanno sede o interessi nel territorio di Roma Capitale." Niente di contra legem, tanto meno di incostituzionale. Anzi! E per ora è tutto qui. Ma se si è capito il senso del progetto, ripeto, quelli bravi non faticheranno a dedurne tante altre conseguenze politiche, programmatiche, economiche, occupazionali, finanziarie, regolamentari, e perfino culturali. Lascio la parola a loro. Come si dice(va) a Roma: rem tene, verba sequentur! dodici giugno duemilaquindici IN ITALIA E' DIVERSO
L’ho capito solo adesso! Il motivo per cui in Italia – e praticamente solo in Italia – non riesce a nascere un soggetto politico schiettamente anti-neoliberista, è che se qui nasce (e riesce a farsi capire dalla gente su ciò che vuole in quanto anti-neoliberista, e quindi raccoglie tanto consenso), qui il neoliberismo è bello che fottuto (e ovviamente, questo il sistema non può permetterlo). Perché? Perché in Italia vige (ancora) questa nostra Costituzione, che di anti-neoliberismo ante litteram è piena fino all’orlo, e in tanti punti è pure parecchio anti-capitalista! Quindi, se il benedetto soggetto giungesse ad avere un bel po’ di voti ed entrasse nella fatidica stanza dei bottoni, allora la strada per una riconversione concreta dello stesso modello socioeconomico in senso anti-neoliberista, tanto per cominciare, e anche sensibilmente anti-capitalista (insomma, socialdemocratico come minimo), sarebbe spianata; in Italia assai più che altrove. E questo – ripeto, fuori parentesi – non possono permetterselo né la classe privilegiata in Italia, né la rete degli interessi dominanti in Europa, né l’apparato globale delle multinazionali, né la stessa configurazione geopolitica dell’ultimo quindicennio e del prossimo venturo. Dunque, qui – proprio qui da noi – quel rischio non può esser corso: quel soggetto non ha da nascere! Populisti sì, quanti ne vogliamo; anti-casta e pro-onestà, a mazzi; pro–diritticivili, anche quelli (sempre senza strafare); va bene pure un po’ di opinione pubblica e accademica orientata verso suggestioni tanto innovative (democrazia diretta, beni comuni…) che solo a capire cosa sono in teoria passano anni; e sì perfino qualche gruppetto di estremismo velleitario, estetizzante del conflitto o macchietta di finti muscolarismi anti-americani… Ma un partito radicalmente conseguente verso il semplice socialismo, e quindi tendenzialmente di massa, quello mai! Perché quello, con la Costituzione che abbiamo, al sistema gli fa un mazzo così! Mi spiego? La Costituzione Greca non è altrettanto stabilizzata in tal senso, quella Spagnola anche meno, quella Turca non parliamone proprio! E’ per ciò che a Syriza e Tsipras da una parte, a Podemos e Iglesias dall’altra, a HDP e Demirtas dall’altra ancora, è stato possibile – non dico: ‘è stato concesso di’ (perché comunque è lotta politica e sociale vera e aspra, anche lì) – prima nascere, organizzarsi, poi intercettare il consenso democratico, e dopo ancora governare il Paese (caso greco), governare città e regioni (caso spagnolo), smontare un progetto autoritario (caso turco): perché sia le classi dominanti delle rispettive nazioni, sia la rete degli interessi europei e sia il capitalismo transnazionale, sapevano e sanno che da qui a far diventare Grecia, Spagna e Turchia tre grandi isole socialdemocratiche in pieno neoliberismo globalizzato, troppo ci passa! Ossia: sapevano e sanno che ci sono e ci saranno ancora modi e occasioni in quantità per mettere bastoni tra le ruote a qualunque accelerazione anti-neoliberista (e anti-capitalista a maggior ragione) di quelle forze politiche, per quanto conseguenti, a costituzioni vigenti rispettive. Il potere ragiona sui tempi lunghi; e sui tempi lunghi, in Grecia, Spagna e Turchia, sarà la stessa complessione istituzionale, perfettamente legale e legittima democraticamente, a frenare troppi voli pindarici. Non dico che il governo di Syriza non abbia già ottenuto e non otterrà (soprattutto, se resiste) grandi cose per il popolo greco, rispetto allo scenario disumano che gli aveva approntato l’austerity applicata dai governi precedenti; non dico che le classi privilegiate spagnole non abbiano molto da temere dalla vittoria di Podemos e sinistre alle amministrative, e da quella che si annuncia alle politiche di novembre; non dico che la geopolitica occidentale, americana e NATO, non abbia ricevuto una fitta al fegato a vedere che il ras di Ankara è stoppato da un partito curdo e di sinistra, per giunta – ma, sto dicendo: tutto questo (se così resta) può e potrà ancora gestirsi con le ‘normali’ armi ben rodate dal sistema in anni di dialettica formalmente democratica grazie alla resistenza naturale, degli ordinamenti costituzionali e giuridici di quei tre Stati, ad eventuali fughe in avanti (o meglio: a sinistra). Invece, in Italia è tutta un’altra storia. Qui in Costituzione c’è tanto di quel socialismo pronto all’uso che un governo radicale e popolare, davvero ci metterebbe un semestre a rivoltare come un calzino il modello socioeconomico imperante! E tra gli applausi della gente che per vivere deve lavorare! Tanto è vero che è proprio sul corpo della Costituzione Italiana che il sistema degli interessi neoliberisti e capitalisti ha cominciato a buttare l’acido; quello, per esempio, del pareggio di bilancio votato nottetempo nel 2012 da una maggioranza parlamentare ampissima e trasversale (PD, PdL, Lega Nord e Terzo Polo di Casini, Fini, Rutelli) con la modifica degli articoli 81 e 97 (senza passare dal referendum confermativo) – ricordate? Ma per fortuna, almeno finora, gli articoli della Parte Prima (Principi Fondamentali compresi) non ce li hanno toccati! Per fortuna e per sfortuna insieme, però; visto che proprio la consistenza socialista della nostra Costituzione è l’elemento che – l’ho capito adesso – rende proprio intollerabile al sistema che in Italia nasca e prosperi una Syriza, un Podemos, un HDP. Il quale sistema infatti investe da anni risorse a fiumi per impedirlo ad ogni costo, con una quantità e varietà di mosse e contromosse sia politiche che mediatiche, sia generali (sul popolo italiano tutto) che specifiche (su quei cittadini che potrebbero dar forza al soggetto), sia dirette e franche che occulte e infami, per raccontar la quale come merita ci vorranno validi documentaristi in un prossimo futuro. Perché un partito schiettamente anti-neoliberista (e quel tanto anti-capitalista che non guasta) in lizza per il governo in questo Paese, avrebbe a Costituzione vigente un cruscotto di guida di rara potenza e precisione: articolo 1 commi 1 (democrazia e lavoro) e 2 (popolo e sovranità), articolo 3 comma 2 (eguaglianza), articolo 4 comma 1 (ancora lavoro), articolo 9 (cultura e ambiente), articolo 32 comma 1 (salute), articolo 33 commi 2 e 3 (scuola), articolo 34 commi 2 e 3 (ancora scuola), articolo 35 commi 1 e 2 (ancora lavoro), articolo 36 (reddito), articolo 37 (parità), articolo 38 commi 1 e 2 (assistenza), articolo 39 (sindacato), articolo 40 (sciopero), articolo 41 (impresa), articolo 42 (proprietà), articolo 43 (esproprio), articolo 45 commi 1 e 2 (cooperazione), articolo 46 (autogestione), articolo 53 (fiscalità). Già: per implementare tutto l’anti-neoliberismo ante litteram e l’anti-capitalismo messi nero su bianco da Padri e Madri Costituenti (non a caso, vittoriosi di fresco sul nazifascismo attraverso la Resistenza e la Liberazione), non ci vorrebbe molto; non molto oltre, ovviamente, al consenso della maggioranza degli italiani e delle italiane che un tal partito avrebbe buone possibilità di intercettare. E allora sì, ti saluto classe privilegiata in Italia collusa con tutte le mafie, ti saluto rete degli interessi dominanti in Europa consolidata con tutti gli accordi da Maastricht in avanti, ti saluto apparato globale delle multinazionali che invece a breve si blinda col TTIP e col TISA, e ti saluto la stessa configurazione geopolitica dell’ultimo quindicennio e del prossimo venturo – visto che l’Italia è una roba da 10.000 miliardi di euro in ricchezza nazionale netta (orridamente mal distribuita) e da 60 milioni di anime tutte consumatrici (quasi patologicamente, fino a prima della Grande Crisi), ed è sempre e comunque una diavolo di penisola piazzata assai strategicamente tra tutti i mondi che si intersecano su questa parte di emisfero! Non ce lo lasceranno mai fare. Non ce lo lasceranno neppure far nascere. E’ per questo: non possono correre il rischio. Ma se inaspettatamente pure riuscissimo a sfuggirgli via tra le dita – con cui ci tengono (a noi comunisti, socialisti, socialdemocratici – purché veri) spiaccicati da anni a dimenarci su questo vetro dell’impotenza politica –; cioè se invece, incredibilmente, il partito lo facessimo nascere – il partito che riesce a farsi capire dalla gente per ciò che è, semplicemente anti-neoliberista (e anti-capitalista quanto basta), e per ciò che vuole: liberare tutto il socialismo che c’è da sempre nella Costituzione Italiana – allora il sistema, la classe, gli interessi, il potere e tutto, non potrebbero regolarsi come in Grecia, in Spagna, in Turchia, dove ai successi di Syriza, Podemos e HDP ci si predispone a reagire sui tempi lunghi e con le armi della normale dialettica formale (menzogna politica, corruzione economica e narcosi mediatica comprese). Qui no: se avessimo abbastanza gente dalla nostra, gli servirebbero subito altre armi. Strategia della tensione e stagione delle stragi vi dicono niente? Qui dovrebbero spegnere direttamente la democrazia – perfino quel poco che ne resta già ora. Vi dice niente l’autoritarismo smascherato – un nuovo fascismo? Allora è forse per ciò, per questa vertigine storica – e terribile responsabilità morale – che coglie ad affacciarsi sugli scenari possibili di una via italiana e costituzionale al socialismo, che da anni anche tante delle nostre guide politiche e culturali (di noi veri comunisti, socialisti, socialdemocratici) sembra che facciano di tutto per restare e farci restare appiccicati a quel vetro? Non lo so. Io questo adesso non posso pretendere di capirlo. Non posso mica capire tutto oggi, tutto assieme! Però credo di sapere che la storia della mia parte migliore, e della parte migliore della mia gente, parla ancora e sempre la lingua della Resistenza e della Liberazione – e che chiamato al compito di pensare ed agire a mia volta in quella lingua, io non mi tirerò indietro costi quel che costi. nove giugno duemilaquindici L'ULTIMO GIRONE
C’è molto di cialtronesco e demoniaco insieme, nelle intenzioni dichiarate da Maroni, buon capofila, e da Toti e Zaia, sodali repentini, riguardo al taglio dei fondi regionali contro quei Comuni che si azzardino a dare accoglienza ai migranti scampati, dio sa come, a ciascuna delle infinite morti che tendono loro agguato, da dentro casa fino al mare in cui noi ci tuffiamo rilassati. Il cialtronesco è presto detto, specie di bullismo straccione tipico di questa Destra: tu Comune osi metterti a giocare di testa tua, e c’è rischio che giocherai anche bene, allora io ti buco il pallone così non gioca più nessuno. E il demoniaco è più interessante ancora: è il vero rovesciamento dei valori, per il quale chi fa il bene (l’accoglienza) è punito e chi fa il male (o non fa nulla, da ignavo) continua ad avere soldi e protezione. Talmente repelle a una coscienza non dico cristiana, ma di più: solidalmente umanista, una tale perversione del potere, che verrebbe quasi di ridisegnare il fondo dell’imbuto dantesco per mettere in bocca a Satana, anziché Giuda, Bruto e Cassio, appunto Maroni, Toti e Zaia. Come si risponde? Al demoniaco col sacro, non vedo come altro. Ossia mi piacerebbe assai che Bergoglio con Bolla pontificia scomunicasse sic et simpliciter gli amministratori blasfemi per tanta infamia contro chi aiuta chi soffre, e contemporaneamente rassicurasse i Sindaci virtuosi del fatto che tutti i soldi che gli tolgono i Governatori – poiché certo non mi aspetto una surroga da parte dello Stato, di questo Stato tristo a immagine renziana – ebbene li coprirà un fondo papale per le opere di bene, alla faccia dell’asserita cattolicità di quei buoni italiani e chi li vota. E alla cialtroneria di questa Destra bulla, be’ dovrebbe rispondersi con la politica, con la politica degli ideali alti e dei programmi concreti, con proposte di civiltà e di osservanza costituzionale (finché la Costituzione c’è) che qualifichino un’inversione totale rispetto all’andazzo xenofobo, razzista e di egoismo sociale che da tempo batte la gran cassa. Insomma servirebbe la Sinistra, quella appunto con la S maiuscola. Spero di vederla, prima del completo incanutirmi della barba. Il cranio è già glabro. otto giugno duemilaquindici LA DUE GIORNI, ALLA FINE DEL DUE
Facile profezia: il giorno due mi ha dato motivi ampi e profondi per ricredermi del pensierino di ieri sera, e io sono uscito dall'assemblea nazionale (forse anche costituente) politicamente e civicamente soddisfatto. Ti credo: se senti intervenire in sequenza Giuseppe De Marzo, Sandra Bonsanti, Rodotà e poi Landini, come fai a non ritemprarti, a non convincerti? Per dirla tutta, tre dei numeri statistici della due giorni non è che abbiano strabiliato. Il primo. Circa la metà dei partecipanti erano dipendenti (pubblici o privati) con contratto a tempo indeterminato (come me, peraltro; pubblico), e l'altra metà precari, disoccupati, partite IVA, studenti e pensionati; il che, se dice che anche i 'garantiti' come me hanno l'urgenza di fare rete contro il neoliberismo (buona notizia dal punto di vista della lotta, e anche dell'umana solidarietà), però dice pure che i protagonisti naturali del percorso antagonista progettato non si è riusciti ad attrarli in massa, almeno finora. Secondo. Ieri sono arrivate in assemblea 800 persone, oggi 1000: fa una media di 900 presenze; il che, a fronte di un'adesione nominale di 300 associazioni all'assemblea di Coalizione Sociale, produce una partecipazione media di 3 persone ad associazione (pure meno, visto che io per esempio sono un cane sciolto). Ma che tessuto sociale è quello composto da associazioni che non riescono a mandare nemmeno 3 dei loro a un'assemblea nazionale (forse costituente) della coalizione cui hanno aderito? Stiamo messi così. Terzo e ultimo numero. C'era lo streaming, richiesto a gran voce proprio dal social network, che ha permesso di seguire i lavori anche a chi non poteva venire; bene: i contatti ieri sono stati 200, oggi non lo so ancora, comunque pochissimi rispetto al senso dello strumento richiesto e approntato. Vuol dire che il tessuto sociale cui afferisce il progetto è fatto piuttosto di persone (benché non molte) che prendono e vanno in carne ed ossa all'iniziativa, che non di smanettoni da pc e smartphone. Non mi dispiace. E neppure che fossimo 900, in media, ieri e oggi: a me troppi bislacchi tutti assieme fanno anche un po' paura. Mi basta e avanza, per motivarmi, che ci siano i De Marzo, le Bonsanti, qualche operaio, qualche marxista, i Rodotà e Maurizio Landini soprattutto; mi basta e avanza sentire quello che dicono, rifletterci su, e provare a dar seguito. Invero, non è che ci sia lasciati con un programma dettagliato di chi fa cosa e come lo fa. Ma confido che qualcuno di questi lo sappia già, e in qualche modo discreto ce lo farà sapere. Venerdì 26 giugno si riunisce Coalizione Sociale Roma, e io (tanto per dire quanto il giorno due mi abbia sedotto; ma lo sapevo già ieri sera, mi conosco) mi sa proprio che ci vado. sette giugno duemilaquindici LA DUE GIORNI, TRA UNO E DUE
Per carità, sempre belle le assemblee. Specie se nazionali. Specie se costituenti. Ne ho fatte tante in vita mia e ne farò ancora. Eppoi questa non è mica finita, domani si conclude con un rilancio come sempre. Però stasera, tra il giorno uno e il giorno due, voglio appuntarmi un pensierino. Ed è che quando diciamo che il mainstream funziona in un certo modo, e che noi che lo contestiamo funzioniamo in un altro modo, forse non teniamo in debito conto il fatto che il mainstream è davvero main: pervasivo, immanente, onnipresente, contagioso, introiettato. Lessi non so più dove, e lo ripeto sempre, questo breve lampo di lucidità: “Il capitale governa, i tecnici amministrano e i politici vanno in televisione”; che significa che se vediamo qualcuno che si mostra nell'atto di governare o in quello simmetrico di opporsi, è quasi sicuro che in realtà l'uno non governi affatto e l'altro non si opponga sul serio, ma stiano entrambi recitando parti scritte per loro da chi sa (tecnici, specializzati in questo) come tener buono il pubblico mentre c'è chi amministra (altri tecnici, con diversa specializzazione – ma perlopiù ignoti quanto i primi) nell'interesse di qualcosa di quasi impersonale (il capitale, una classe, l'élite – proprio un altro pianeta rispetto al nostro quotidiano). Bene, stasera voglio appuntarmi qui questo piccolo paradosso. Anche nell'anti-mainstream succede talvolta qualcosa di simile: nelle bellissime assemblee cui continuamente partecipiamo, quelli che davvero decidono di sicuro non sono in platea, appena appena ne scorgi qualcuno confabulare nei corridoi, al limite ne vengono scelti (da tecnici sconosciuti) due o tre che aprono i lavori con frasi di circostanza, prendono gli interventi del pubblico e poi chiudono i lavori con quasi le stesse frasi. E gli interventi? Fanno tempo. E la platea? Fa colore. E l'assemblea? Fa stampa. Tale è la potenza del mainstream, che sussume pure noi – il suo contrario. Talvolta. (Ah, sia chiaro che tutto il ragionamento vale anche per le assemblee virtuali, per i forum sul web, per le mailing list, per i social network e compagnia bella. Per cui, cari attivisti 2.0 non pensiate di farla franca voialtri: chi scrive, posta e commenta non è mai colui che decide, chi modera e coordina decide solo entro le tecnicalità del mezzo, ma chi decide la linea e tutto non lo leggi e non lo vedi mai. Allora gli scritti a che servono? A far tempo. E le risposte? Colore. E il sito, o quel che è? Stampa. Bravi.) D'altronde che il potere sia cosa oscena (nel senso di o-scena = fuori scena, invisibile), mica è definizione che mi sono inventato io. Però il paradosso ora mi prende la mano. Quindi continuo ancora un capoverso. Ma allora, se chi decide sia nel mainstream che nell'anti-mainstream non è mai chi si vede governare od opporsi o sbattersi in assemblea o stipare la Rete di parole, a che pro allestire tutta questa scena? Per la stampa, appunto. O per i media generalisti tutti (oggi, più correttamente). Perché sia i piccoli poteri dell'anti-mainstream sia il potere mainstream sanno benissimo che la loro sopravvivenza (nel caso dei piccoli anti-) o il suo predominio (nel caso del main) dipendono comunque dal fatto che il pubblico certifichi la loro esistenza, e nel certificarlo li perpetui in quanto potere e poteri. E il pubblico propriamente detto non è certo chi va alle assemblee, né chi bazzica il web, né chi fa militanza politica nei partiti di governo o di opposizione, né chi fa quella sindacale, né chi esercita una forma qualsiasi di cittadinanza attiva (tutti questi insieme fanno una ridottissima minoranza); bensì è quello che vede la televisione, o un media generalista qualunque (oggi, più correttamente). Dunque: se vuoi perpetuare la tua esistenza anche soltanto come piccolo potere anti-mainstream ti serve il pubblico, cioè la stampa, cioè l'assemblea (1.0 o 2.0); non importa quanto infarcita di bislacchi (che di quelli ne verranno a frotte), né quanto bollita di obiettivi farlocchi (che sono la specialità dei bislacchi), purché ce ne sia. Una ogni tanto. O una manifestazione. O un'iniziativa. O un sit-in. O un presidio. O una vertenza. O un territorio. O un'occupazione. O una riunione. Però di sicuro non è in assemblea (ripeto non, per chi si fosse messo all'ascolto solo adesso) o altro, che visibilmente si decide alcunché: in assemblea e simili non si vede proprio chi per davvero decide. Come non lo si vede in televisione. E io, pur sapendo tutto questo, perché allora ci vado sempre (quasi, quando ce la faccio) – alle assemblee, alle manifestazioni, alle iniziative, ai sit-in, ai presidi, alle vertenze, ai territori, alle occupazioni, alle riunioni? Perché allineo tutte queste parole sul web, in questa specie di assemblea virtuale permanente? Perché sono un fottuto romantico, e non posso pensare che tutte queste scene siano allestite per la pura presenza di bislacchi e farlocchi, come pièce del teatro dell'assurdo. Non lo sopporterei, direi quasi fisicamente. Immodestamente, la mia sola presenza rivela a me stesso (nei casi peggiori; altre volte ce n'è altri come me, ma nel dubbio...) che non è così al 100%. Ognuno ha le proprie perversioni, questa è la mia; e il capitalismo è nevrosi tanto sociale quanto individuale. Oh, sembra che mentissi; infatti ecco qui ancora un capoverso. Infatti resta da spiegare l'enorme sproporzione tra il potere mainstream e i piccoli poteri anti-mainstream, o equivalentemente quella tra la quantità di pubblico che certificandone l'esistenza perpetua il primo e l'esiguità di quello relativo ai secondi. Dipende forse dal grado di ragione oggettiva che hanno le tesi main o alternativamente le tesi anti? Non scherziamo: la ragione non c'entra affatto! Il main, cioè il potere (il capitalismo), ha torto marcio: il pubblico, esso vigente, sta male; e invece con almeno alcune delle tesi anti (la cooperazione, la solidarietà, la pianificazione, l'umanesimo socialista), se implementate nella vita collettiva, il pubblico starebbe assai meglio (il che è sempre un validissimo metro di giudizio per dar ragione o torto alla teoria-pratica politica). No. Ho idea che dipenda dal fatto che i tecnici con la specialità di amministrare il mainstream e quelli con la specialità di allestire la grande e variegata scena che recitano i politici in televisione sono molto ma molto più bravi di quelli che allestiscono le piccole scene delle assemblee e simili (reali o virtuali) e che insomma amministrano il nostro caro anti-mainstream. Infatti il main, i suoi, li paga in quanto professionisti e benissimo; i nostri, sono perlopiù volontari, dilettanti, praticamente gratis. Il potere ha tutti i soldi che servono per far passar per vera ogni storia esso voglia; mentre i piccoli poteri, per definizione, soldi quasi zero. La meritocrazia nel capitalismo c'è davvero. Solo che i suoi criteri sono un po' diversi da quelli che ci vengono spacciati. Ci sarà una selezione periodica e una formazione continua, immagino, sia dei suoi tecnici che dei politici. E anche una specie di headhunting (da parte di altri tecnici mainstream ancora, con questa sola specializzazione) che fa sì che qualche tecnico o 'politico' già distintosi nell'anti-mainstream (per meriti che se conoscessimo ci darebbero credo fastidio) venga assunto dal main, e finalmente (per lui, o lei) col gran salto nel professionismo si materializzi il suo bel posto al sole. Questo spiega un certo numero di fenomeni sorprendenti. Sorprendenti per noi, resistente platea delle assemblee e simili. Infine, davvero: per entrare invece nei luoghi o-sceni dove si decide il main o l'antimain, come si fa? Be', non chiedetelo a me: io sono ab origine et in saecula saeculorum un cane sciolto, un dilettante perfino come pubblico, soprattutto senza prezzo. Il potere e i poteri sanno di non potersi fidare di me: non ho mai avuto accesso a quei luoghi e non l'avrò mai. Niente, mi dispiace. Domandate a qualcun altro. O usate l'immaginazione, la logica, lo studio. Ecco qui. Però domani, ovviamente, il giorno due mi convincerà di tutto il contrario: io uscirò dalla due giorni soddisfatto come da ogni assemblea, specie se nazionale, specie se costituente. Ne ho fatte tante, ne farò ancora. E' per questo che me lo sono appuntato stasera. Che il pensierino è lungo, e poi domani non me lo ricordavo più. sei giugno duemilaquindici NO E SI'
Ma lo sanno i gonzi mandati sulla pubblica via in maglietta nera e tricolore per ruspare nomadi e cacciare migranti, che i loro stessi mandanti prendono tanti bei soldi dagli affaristi che coi migranti e coi nomadi hanno fatto milioni e milioni illegali? E lo sanno i gonzi altrettanto – ma solo un po' meno arditi – che anziché sulla pubblica via berciano sulla pubblica rete comodamente connessi, sempre contro migranti e nomadi, che quelli che hanno votato per anni si spartiscono i milioni e milioni – indovina? – con gli affaristi suddetti? E se lo ricordano quegli altri gonzi di verde vestiti, il cui pifferaio è la soubrette più contesa nello show a reti unificate, che proprio i campi in cui campano i nomadi che essi vorrebbero usare per dar fuoco a sterpaglie, li ha creati dal nulla il predecessore diretto del pifferaio? No. No. E no. Non sarebbero i gonzi che sono, sennò. E non sarebbe il Paese che è, questo. Ma che è così da oggi soltanto, o che lo è sempre stato? C’è una canzone dei Gang che parla di Wilfredo ‘Vilfré’ Caimmi, partigiano comunista. E Caimmi, alla domanda naturale sul perché a Liberazione avvenuta avesse comunque tenuto nascosto in casa sua, e per decenni, un piccolo arsenale della Resistenza, rispondeva: “Riconsegnare le armi? Ma a chi?” La Repubblica Italiana fondata sulla lotta partigiana, vittoriosa sul nazifascismo, tradì non pochi dei suoi ideali e di quegli stessi protagonisti. Nota lieta, a chiudere. Ieri sera in un vicolo di Roma, ad accompagnare la cena di qualche tavolino ben servito – per turisti e autoctoni – lo stornellatore di turno impreziosiva il repertorio classico e romantico con un’inaspettata ‘Bella Ciao’. E il piccolo pubblico mostrava di gradire. La morale è che è tempo di radicalità. Che c’è spazio per la radicalità e per il rigore ideologico, e per le azioni da ciò conseguenti. Non dico smurare le antiche armi, peraltro muffe e rugginose già ai tempi di Vilfré, ma tirar fuori tutta la nostra intelligenza, tutto il nostro coraggio, tutto il nostro sapere, tutta la nostra speranza, e mettere così noi stessi sull’altro piatto della bilancia dove ad oggi i gonzi fanno e disfanno – questo sì, ora! Sì! Sì! Sì! E sì. quattro giugno duemilaquindici TRIONFO E CROLLO DELLA REPUBBLICA ITALIANA
In Italia, a 69 anni dal grande Referendum Istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, la spinta propulsiva della democrazia sembra essersi esaurita. D'altronde la democrazia italiana è “una cosa umana, e come tutte le cose umane finirà”. Sì, d'accordo: Falcone non pensava certo a questa estensione nera del concetto da lui luminosamente coniato per dar speranza all'antimafia – ma tant'è: la democrazia (al pari della Costituzione, nell'apologo di un altro grande patriota come Calamandrei) non sta in piedi da sola per eterno miracolo, bensì va nutrita ogni giorno e fatta crescere in forma e sostanza, e difesa dalle tenebre che tutto intorno la insidiano. Noi italiani non abbiamo fatto nulla di ciò, almeno da trent'anni a questa parte; così nel nostro Paese la Repubblica è agonizzante e il buio è quasi completo. Aggiungo che se perfino un esperimento anche più epocale e avanzato sulla strada dell'emancipazione, della liberazione e della piena umanizzazione, come la Rivoluzione Bolscevica del 1917 (e la costruzione dello Stato Socialista Sovietico), venne a buon diritto dichiarato in via di esaurimento già nel 1982 – e non da un suo critico o nemico di classe, ma dal segretario del maggior Partito Comunista d'Occidente, Enrico Berlinguer, proprio dinanzi al leader pluridecennale Brežnev – ebbene, figurarsi se non possa rallentare fino a fermarsi l'esperienza tutto sommato meno dirimente, vista dalla Storia, di una democrazia borghese (in qualche tratto ed epoca, socialdemocrazia) come la nostra. Né la mia analisi si fonda solo sulla disastrosa disaffezione al voto certificata col turno regionale e amministrativo dell'altro ieri, peraltro in trend strettamente coerente coi dati degli ultimi anni (almeno venti), bensì su uno sguardo a cause ed effetti di portata più ampia che dirò tra poco. Comunque, sì: il crollo dell'affluenza è un segnale oggettivo, e io per primo – come cittadino-tipo – fornivo materiale alla tesi pubblicando proprio domenica un articoletto dal titolo Oggi si vota, ma è un giorno come gli altri [tra l'altro... “Sono anni che ogni giorno elettorale scrivo tutto il contrario: 'Oggi è un bel giorno, si vota!'. E' una frase che il buon vecchio Paese Sera usò come titolo mi pare alle amministrative di metà Anni '70. Mi colpì, mi piacque, e così me la sono ripetuta a mente ogni volta che sono andato a votare da quando ho 18 anni, e poi l'ho ripubblicata da quando scrivo qualcosa su un supporto qualunque di comunicazione. Perché non ho mai mancato al mio esercizio di voto in trentatre anni, non dico sempre entusiasticamente. Eppure oggi sono contento che come cittadino di Roma e del Lazio non mi tocchi il voto né comunale né regionale. Perché starei messo male, a dover decidere se confermare o meno stavolta la mia lunga fedeltà all'incontro col seggio, con la matita e la scheda, con la cabina e con l'urna. Il PD renziano è inemendabile. Così i suoi transfughi recenti, Civati in testa, che cercano di rifarsi una verginità politica clamorosamente fuori tempo massimo. Ma anche le liste in lizza 'a sinistra' del PD, su scala regionale e locale, brillano per un'ambiguità politica da far venire i brividi; purtroppo, anche quando sono sostenute da formazioni di sinistra radicale e ideologica (che per me, ovviamente, sono tutt'altro che parolacce) come Rifondazione Comunista o dai movimenti generatisi sul territorio intorno a temi di resistenza e contrattacco anti-neoliberista, perfino quando presentano candidati di cui conosco più o meno la storia coerente e combattiva. Però il fatto è che il progetto stesso di tutto questo mondo a sinistra del PD (SEL per prima) è oggettivamente tanto contaminato dalla permanenza di alcune sue componenti importanti nel perimetro del Centrosinistra (come SEL appunto, che governa col PD la mia città con esiti che oscillano tra il pessimo e il ridicolo), o comunque dai rapporti a doppio filo che necessariamente legano tanti movimenti locali e tematici, di nuovo, agli amministratori PD per la pura e semplice sopravvivenza, o ancora dal fatto che perfino partiti a parole intransigentemente anticapitalisti come Rifondazione e il PCdI stanno in una quantità di maggioranze locali col PD dietro la foglia di fico delle liste civiche di sinistra – ebbene, il fatto è che il progetto stesso delle 'Altra Regione Quello Che Vi Pare' così congegnato, a me avrebbe fatto venire un crampo alla mano con cui scrivo al solo rovello di mettere o no la mia benedetta croce su uno dei suoi simboli. Per fortuna, ripeto, non mi tocca l'angoscia. E' che mi sembra proprio uno spreco controproducente di fatica e di azione politica, per la sinistra conseguente, aver speso (immagino) non poco a raggranellare quelle liste in teoria alternative ma piene di compromessi e ambiguità, quando invece era ed è la fase della costruzione in tempi più lunghi, e con coerenza ideologica e organizzativa infinitamente maggiore, di un fronte sociale e politico di vero antagonismo propositivo. Avere una voce collettiva forte e chiara sulla scena pubblica per pretendere l'implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente – quest'obiettivo dovremmo porci, invece che scattare a ogni chiamata elettorale baciando e ingollando ogni rospo inverosimile. E c'è tanta gente, tanti cittadini che per vivere devono lavorare, o che dal lavoro sono stati espulsi o che al lavoro non sono neppure lasciati avvicinare, che a quell'obiettivo darebbe tutta la propria energia con convinzione e, finalmente, speranza. Ma che speranza vuoi suscitare con questo voto, così come ci si è arrivati? Con che faccia, dopo tutta questa confusa connivenza, dirai che sei davvero l'alternativa al modello disumano imperante? Quindi oggi per me, per la prima volta, non è automaticamente un bel giorno perché si vota. E quanto mi dispiace scoprirmi questo pensiero dentro al cuore.”]. Allora, riflettevamo, cos'è successo alla Repubblica Democratica Italiana fondata sul Lavoro? Quando, come, perché è cominciato il suo crollo? Quando, semmai, ha registrato il proprio trionfo, e in cosa è consistito? Per rispondere, ancorché brevemente (né io, che non sono uno storico, potrei far di più), bisogna allargare lo sguardo all'intero Occidente, o almeno all'Europa cosiddetta occidentale in quanto delineatasi politicamente, istituzionalmente e soprattutto socioeconomicamente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in avanti. A me piace immaginarla così, la faccenda, un po' teatralmente: “Gli Europei sono il problema – avrà detto a se stesso il Capitalismo a metà degli Anni ‘40 del XX Secolo – e dunque l’Europa sia la soluzione: dategli per un po’ il loro modello sociale, le loro riforme, dategli tutto il Keynes che possiamo permetterci: purché la piantino di elaborare la Rivoluzione. Stiamo appunto tirandoci bombe perché le dittature che avevamo favorito per contrastare l’esperimento sovietico, ad alto rischio contagio, sono diventate quasi peggio dei comunisti: ora che sta per finire poi non vogliamo certo ricominciare da capo! Ci va bene che a Mosca, dopo i bolscevichi della prima ora, comandi uno zar tutt’altro che rivoluzionario; e abbiamo fatto comunque affari producendo aerei, corazzate e carri armati in competizione coi russi; stiamo affinando scienza e tecnologia, organizzazione e propaganda, e questo ci servirà ad ogni modo nel mondo dopo la guerra. Ma gli Europei, evolutisi come sono in classi coscienti, sono pazzi abbastanza da tornare a volere la giustizia in Terra! Allora diamogli una cosa che ci somigli, qualche roba da tenere in mano ma che gli svuoti lo spirito, teniamoli buoni qualche decennio almeno e facciamo i soldi lo stesso. Dopo vedremo.” Ed ecco dunque le nostre risposte: 'qualche decennio' sono i Trenta Gloriosi, il trionfo della democrazia in Europa (e in Italia), e 'dopo' è adesso (cioè, adesso da un ventennio almeno) ossia il suo crollo. Più in dettaglio. In virtù della Resistenza vittoriosa sul nazifascismo e della Liberazione finale conseguita soprattutto grazie alla collaborazione, con gli eserciti Alleati regolari, delle formazioni partigiane di ispirazione comunista, socialista, cattolico-sociale, laico-progressista e libertaria, in tutta l'Europa continentale ad ovest e a sud della linea massima di penetrazione dell'Armata Rossa, e anche nelle Isole Britanniche e più a nord ancora, si ebbe un virtuoso contraccolpo storico nella secolare dialettica tra gli interessi del capitale e il mondo del lavoro; tale che là dove non esistevano vennero istituzionalizzati profili avanzati di democrazia (pur borghese) sanciti dalle Carte Costituzionali e dalle forme stesse dello Stato (è il caso dell'Italia: Repubblica dal 1946, vigente la Costituzione dal '48), e là dove la democrazia era già consolidata la guida politica e l'impostazione del modello socioeconomico nazionale passarono in mano ai partiti socialdemocratici o laburisti (è il caso dell'Inghilterra di Attlee, e di tutta la Scandinavia). Si trattò in pratica di estendere anche su questa sponda dell'Atlantico l'esperimento keynesiano inaugurato in America da Roosevelt col New Deal in risposta alla Grande Depressione del '29; esperimento che in Europa si chiamò (e si è chiamato, fino al suo smantellamento) welfare state, che fu parecchio aiutato dall'afflusso di risorse del Piano Marshall, che alzò prodigiosamente insieme al tenore di vita di un popolosissimo mezzo continente anche l'attitudine al consumo di singoli e famiglie, e che – per rifarci al siparietto immaginifico del capoverso precedente – servì anche e soprattutto a tener lontano da questa basilare zona geopolitica ogni contagio egualitario e rivoluzionario, stante la prossimità col Socialismo Reale di URSS e satelliti. A Yalta si era, tra l'altro, deciso così e così si fece. In Italia tutto questo ha significato il passaggio da uno Stato ancora largamente contadino e in sostanza estraneo alle pratiche dell'autogoverno (vent'anni di dittatura mussoliniana, e prima ancora il Regno del notabilato e del diritto su base censuaria) alla rapidissima trasformazione coronata nel Boom, sotto il profilo economico, e nella partecipazione più diffusa alle istanze poltiche, sindacali, di cittadinanza. Quello fu il trionfo della nostra democrazia – quasi una socialdemocrazia, per certi versi –, con i partiti di massa al massimo della militanza (oltre un milione e mezzo gli iscritti al PCI di metà Anni' 70), con un tasso di affluenza al voto intorno al 90% fino alle generali del '76, con una coscienza sindacale profonda capillare (milioni e milioni di iscritti alla sola CGIL), con una partecipazione agli spazi di dibattito e di auto-organizzazione anche fuori dal perimetro parlamentare o più 'ortodosso' (frutto questo del '68, del movimento femminista, dell'evoluzione dell'Estrema Sinistra). E i risultati si vedevano, sulla vita della gente e del Paese: lo Statuto dei Lavoratori del 1970, la legge sul divorzio, la riforma Basaglia sugli ospedali psichiatrici, la legge del '71 per la tutela delle lavoratrici madri e per gli asili nido, la riforma del Diritto di Famiglia, la democratizzazione di scuola e università coi Decreti Delegati, la legge sulle 150 ore per gli studenti-lavoratori, la depenalizzazione dell'obiezione di coscienza al servizio di leva, la legge sull'aborto, le grandi vittorie nei due referendum su aborto e divorzio, la conquista delle amministrazioni delle metropoli da parte di Comunisti e Socialisti, la posizione egemonica nell'ambito della cultura conseguita e mantenuta dall'intelligencija di Sinistra con una produzione e diffusione di livello e raggio non più raggiunti da allora... A pensarci bene, era perfino ovvio che a qualcuno ai piani più alti tutto questo andasse per storto: va bene dargli la Repubblica, la democrazia formale, i soldi per decollare come mercato e per rifuggere dalle sirene anticapitaliste, ma questi – colpa di quella loro Costituzione troppo 'socialista' e di quel loro modo di essere comunisti e sindacalizzati davvero, tutt'altro che macchiette mangiabambini e sfasciamacchine – stanno costruendo socialdemocrazia sul serio. Facciamo che basta così! Ed è iniziato il crollo. Nella cornice geopolitica thatcheriana e reaganiana, nella temperie restauratrice wojtyliana, nella strategia della tensione che terrorizzò giovani e famiglie allontanadoli dalla cittadinanza attiva, nel riflusso – soprattutto – dettato col rigore di un metronomo dall'azione combinata della civiltà dei consumi e della società dello spettacolo, ogni anno che passava fu un anno in più verso la privatizzazione delle passioni, l'edonismificazione di una cultura, la precarizzazione di diritti acquisiti. E' che al capitale la democrazia costa, non poco, e se gli rientra come profitto la crescita del PIL al ritmo del 5% come nei più redditizi fra i Trenta Gloriosi, allora va bene: è un costo d'impresa ben allocato; ma dopo lo shock petrolifero del 1973, con l'abrogazione dei vecchi accordi finanziari globali di Bretton Woods, e in previsione dell'affacciarsi al mondo ricco delle economie extra-occidentali (dei BRICS noi – il pubblico – parliamo solo ora, ma i think-tank di razza se li aspettavano da mezzo secolo), il capitale cominciò a sentire il welfare state come un costo improduttivo da sottoporre alla madre di tutte le spending review. Solo che la gente ci si era abituata. La 'democrazia' (formale, borghese – niente di rivoluzionario) è quella cosa (comunque) per cui della gente abbastanza informata può decidere abbastanza, partecipando alla vita politica del proprio Paese o almeno votando chi lo fa per professione, se preferisce mantenere un sistema pubblico di tutele o invece trasformarlo in qualcosa a pagamento. Quindi se vuoi abbattere lo stato sociale prima – per anni – ne dici tutto il peggio possibile (e ottieni, per esempio in Italia: la Marcia dei 40.000, la sconfitta sulla Scala Mobile, la depenalizzazione del falso in bilancio, le grandi privatizzazioni, le riforme sanitarie, il pacchetto Treu, la legge Biagi, quella Fornero, il Jobs Act, la 'Buona Scuola'...) ma poi all'occorrenza depotenzi direttamente lo strumento (la democrazia, la repubblica) col quale i cittadini, forti della legge e della Costituzione (quella italiana specialmente), possono difenderne il buon diritto. La disaffezione alla partecipazione, l'abolizione del proporzionale, la sovraesposizione delle ruberie 'di casta', la fusione a freddo del bipolarismo, la sciocchezza della primarie, l'imbruttimento del dibattito a teatrino, il susseguirsi di 'uomini della provvidenza' – l'uno smentito dall'altro –, l'Italicum, la caduta a picco dell'affluenza al voto. Siamo qui. E nulla è casuale. Non quando in ballo ci sono interessi addirittura più grandi del Prodotto Nazionale di uno Stato di media grandezza – non quando parliamo delle strategie globali di un intero Sistema storico. Concludo. La Repubblica Italiana che oggi compie 69 anni non se la passa affatto bene. Così come la democrazia che vi circola dentro, quella allestita per decenni dal capitale – intendo, ripeto – e concessa alla gente perché non si aggredisse la contraddizione fondativa di questo modello socioeconomico. Ora da noi è il tempo della post-democrazia, quella che cela – sempre meno, in realtà – l'irrilevanza della politica, della Costituzione, della tensione stessa verso i diritti sostanziali e la civile convivenza. Ed è un tempo che lasciato in mano al nemico produrrà, presto, i nostri incubi peggiori. Ma i fenomeni storici non sono mai univoci, bensì dialettici. Perciò qui si apre pure il tempo della democrazia senza virgolette. E anche questo ha bisogno di mani. Io chiamo me stesso 'compagno', e se non abbiamo usurpato per anni il nome che diamo a noi stessi allora oso esortarci qui e ora a lavorare su tale fronte; se ce ne ricordiamo le teorie, se sappiamo inventarne le pratiche, se vogliamo riconoscere chi può unirsi all'azione (e allontanare gli altri) e se riusciamo a finalizzare così, e così soltanto, tempo e risorse (che non ci avanzano). Forse ce lo siamo dimenticato, forse non lo abbiamo mai capito a fondo, ma il capitalismo può davvero essere un cosa brutta se non è temperato dall'azione conseguente della parte più consapevole dell'Umanità che lavora. “Il fascismo, il regime fascista”, diceva Pasolini tra dune ventose nel '74, ”non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere. E questo gruppo di criminali al potere non ha potuto, in realtà, fare niente. Non è riuscito a incidere, nemmeno a scalfire lontanamente, la realtà dell’Italia – realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire. Ora invece succede il contrario: il regime è un regime democratico eccetera eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce a ottenere perfettamente; distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo in realtà l’Italia, e io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi. E questa cosa è accaduta tanto rapidamente che forse non ce ne siamo resi conto: è avvenuto tutto in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire. E adesso, guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.” Ancora. Con un'iniezione veniva inoculata la sifilide o la gonorrea nella prostituta, così che contagiasse i suoi clienti. Oppure un'emulsione contenente i germi delle stesse malattie veniva spalmata sotto il prepuzio degli uomini, sempre allo scopo di diffondere il contagio. Esperimenti di questo tipo venivano condotti su detenuti, su malati di mente, su orfani – e non vengono dai resoconti atroci degli esperimenti nazisti alla Mengele sugli internati nei campi di sterminio, ma è storia del dopoguerra in tutt'altra parte del mondo, quella di chi stava dal lato dei vincitori e della democrazia, non della dittatura hitleriana. Negli Anni '50, in Guatemala fu scientemente architettato e posto in essere un vasto programma di esperimenti farmaceutici su cavie umane, a loro insaputa. La fondazione filantropica Rockfeller di New York, la prestigiosa Johns Hopkins University di Baltimora, e grandi aziende del settore che ai nostri tempi confluiscono nella multinazionale Bristol-Myers Squibb, furono congiuntamente i progettisti, i finanziatori, gli esecutori e i primi percettori di guadagni dell'intero disegno; ovviamente con l'avallo dell'amministrazione statunitense e con la collaborazione totale dei governi guatemaltechi – specialmente di quello militare insediatosi a seguito di un colpo di Stato, preparato dalla CIA, ai danni del governo progressista Guzman che aveva osato sottrarre 100.000 ettari di terra alla United Fruit per restituirli al lavoro dei contadini e delle cooperative locali. Nei documenti oggi desecretati, molti dei notabili coinvolti dichiarano espressamente di essere del tutto a conoscenza della portata del loro operato, dell'illegalità in cui si stanno muovendo, degli effetti catastrofici sulla salute dei soggetti infettati e perfino del fatto che “se qualche organizzazione virtuosa scoprisse che l'esperimento è condotto su malati di mente, solleverebbe un gran polverone”. Lo sapevano. Ma i profitti stimati dall'eventuale scoperta di un farmaco per la clientela del mondo libero e ricco, contavano di più evidentemente. Sto forse dicendo, alla fine di un articolo 'celebrativo' del Referendum Istituzionale tra Monarchia e Repubblica in Italia, che tra dittatura nazifascista e democrazia liberale non c'è differenza? No, certo – non commetterò un errore analitico, e un passo falso in comunicazione, così grossolano. Sto dicendo però che le lenti con cui osserviamo e valutiamo la Storia devono essere molto più pulite, fini e penetranti di quelle che ci troviamo di solito poggiate sulla punta del naso. Il nazismo è il male assoluto, l'abiezione totale, un cancro sorto in modo quasi blasfemo nel seno stesso della parabola europea – blasfemo in quanto tale parabola donava alla Storia universale alcuni dei suoi punti più alti e luminosi. E la democrazia moderna, nelle sue concretizzazioni migliori, è – lo confermo ancora – uno dei frutti più avanzati del progresso di Civiltà al quale contribuisce tanto il razionale impiego del patrimonio quanto, soprattutto, l'istanza progressiva delle classi lavoratrici. Tuttavia non dobbiamo mai dimenticare che la Storia è appunto effetto della dialettica incessante nel rapporto di forza tra le classi; che tale dialettica è purtroppo di regola violenta, e solo nei momenti di maggior disponibilità globale di risorse – oppure di maggior forza della parte oggettivamente 'debole', il popolo che lavora – si svolge in modo concertato sulla scena visibile agli occhi dell'opinione pubblica; ma che anche in tali circostanze più fauste i portatori d'interesse e privilegio per le classi dominanti cercano comunque di avvantaggiarsi in termini di ricchezza – ossia di potere – operando negli angoli defilati e non visti dell'illegalità e dell'a-moralità. Sto dicendo – tirando le somme – che il diritto e la democrazia sono un lusso che il capitale può concedersi, e concederci, talvolta: se le condizioni generali di crescita lo consentono e se la forza della controparte lo costringe a farlo. Ma che – altrettanto paradossalmente – la violazione e l'abiezione, il fascismo e la guerra, possono ben essere la continuazione del capitalismo con altri mezzi. Ora, che la democrazia in Italia sta andando fuori moda, quelle uova di serpente – covate da anni, proprio sotto il nostro naso – potrebbero tornare utili al sistema. E noi non facciamo niente? Si muovono. E noi niente. Se si aprissero? Eppure il fascismo lontano lo vediamo e lo denunciamo. Il fascismo, il razzismo, il nazismo. Però lontani. Nello spazio e nel tempo. Come nel Donbass, per cui ci emozioniamo a parlare dei contrattacchi comunisti (almeno, così ci raccontiamo che vadano designati) avversi al governo di Kiev. Come a Gaza e in Cisgiordania, in cui il razzismo sionista che schiaccia il popolo palestinese ci indigna di più ad ogni iniziativa di studio che facciamo. Come quando celebriamo generosamente la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo in Europa, di settant'anni fa – o la Repubblica Italiana, proprio oggi. Ma il quadro è oggi tanto fosco che in Italia i razzisti si fregano le mani perché i capri espiatori abbondano, i fascisti tradizionali fanno cattivo viso a buon gioco e i qualunquisti si congratulano per aver lavorato bene. Così i padroni e i mafiosi come sempre riscuotono dividendi, e staccano tanti assegni per chi li protegge a dovere dall'ancora negata presa di coscienza del popolo piagato dalla crisi. Compagni, se questi sono i giorni del crollo della Repubblica e della stessa democrazia in Italia, almeno che non si dica mai che in questi giorni noi guardavamo altrove. Stiamo sul pezzo, invece! Parliamo alla gente, salviamo la Repubblica, nutriamo la democrazia: tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, sia questo il nostro antidoto al veleno della guerra di classe dall'alto verso il basso e di quella becera tra poveri, prodromi entrambe di tutti gli autoritarismi! due giugno duemilaquindici OGGI SI VOTA, MA E' UN GIORNO COME GLI ALTRI
Che brutto a dirsi, per me. Sono anni che ogni giorno elettorale scrivo tutto il contrario: "Oggi è un bel giorno, si vota!". E' una frase che il buon vecchio Paese Sera usò come titolo – un gran caratterone rosso – mi pare alle amministrative di metà Anni '70. Mi colpì, mi piacque, e così me la sono ripetuta a mente ogni volta che sono andato a votare da quando ho 18 anni – che fossero politiche, locali o referendum – e poi l'ho ripubblicata da quando scrivo qualcosa su un supporto qualunque di comunicazione. Perché non ho mai mancato al mio esercizio di voto in 33 anni, non dico sempre entusiasticamente, e ho espresso la mia scelta: mai scheda nulla né bianca (tranne forse una o due bianche per qualche referendum assurdamente 'tecnico' dei pannelliani). Eppure oggi sono contento – nel dispiacere che dirò tra un attimo – che come cittadino di Roma e del Lazio non mi tocchi il voto né comunale né regionale. Perché starei messo male, a dover decidere se confermare o meno stavolta la mia lunga fedeltà all'incontro col seggio, con la matita e la scheda, con la cabina e con l'urna. E il dispiacere è presto detto. Il PD è la sentina di ogni scolo, quasi peggio di Forza Italia quando contava parecchio. E ora è anche teatro di questa ordalia tra l'ex presidente del partito, Bindi, che viene censurata dall'attuale, Orfini, per aver certificato che il candidato presidente della Campania, De Luca, è impresentabile alle elezioni, il tutto mentre il Presidente del Consiglio, Renzi, difende De Luca e sporca la parola 'antimafia', e l'ex segretario del partito, Bersani, con una temeraria piroetta ideale, mette anche la sua voce in campagna elettorale. Il PD renziano è inemendabile. Così i suoi transfughi recenti, Civati in testa, che cercano di rifarsi una verginità politica clamorosamente fuori tempo massimo. Ma se tutto questo è vero – e lo è – allora anche le liste in lizza 'a sinistra' del PD, su scala regionale e locale, brillano per un'ambiguità politica da far venire i brividi; purtroppo, anche quando sono sostenute da formazioni di sinistra radicale e ideologica (che per me, ovviamente, sono tutt'altro che parolacce) come Rifondazione Comunista o dai movimenti generatisi sul territorio intorno a temi di resistenza e contrattacco anti-neoliberista, perfino quando presentano candidati di cui conosco più o meno la storia coerente e combattiva. Però il fatto è che il progetto stesso di tutto questo 'mondo' a sinistra del PD (SEL per prima) è oggettivamente tanto contaminato dalla permanenza di alcune sue componenti importanti nel perimetro del Centrosinistra (come SEL appunto, che governa col PD la mia città – e i risultati oscillano tra il pessimo e il ridicolo), o comunque dai rapporti a doppio filo che necessariamente legano tanti movimenti locali e tematici, di nuovo, agli amministratori PD per la pura e semplice sopravvivenza, o ancora dal fatto che perfino partiti(-ni) a parole intransigentemente anticapitalisti come Rifondazione e il PCdI (ex PdCI... non sembri ironico) stanno in una quantità di maggioranze locali col PD dietro la foglia di fico delle liste civiche di sinistra – ebbene, il fatto è che il progetto stesso delle 'Altra Regione Quello Che Vi Pare' così congegnato, a me avrebbe fatto venire un crampo alla mano con cui scrivo al solo rovello di mettere o no la mia benedetta croce su uno dei suoi simboli. Per fortuna, ripeto, non mi tocca l'angoscia. Più in generale, io credo – e l'ho scritto già altrove, in tempi non sospetti – che la deriva post-democratica del sistema (di cui fanno parte tanto il governo quanto la risibile opposizione anti-casta dei grillini, e così pure l'orribile opposizione parolaia della Lega, che coi suoi proclami xenofobi catalizza il dissenso pubblico fuori dai temi davvero cruciali favorendo così il governo), sia tale che chi oggi resta ancora dentro il PD o 'intorno' al medesimo, con qualunque motivazione, non potrà discolparsi dall'accusa storica di aver contribuito a far schizzare via l'Italia dall'orizzonte tracciato dalla Costituzione nata dalla Resistenza e dalla Liberazione. Chi governa il Paese insieme al PD, lo stesso. Chi amministra anche solo localmente col PD, lo stesso. Chi non svolge il proprio dovere di opposizione efficace al PD, per il quale è stato eletto a una rappresentanza qualsiasi (politica o sindacale), lo stesso. Chi non denuncia pubblicamente tale tragedia politica nei termini che essa merita, né fa esplicita ammenda di quanto abbia personalmente apportato alla realizzazione di questo sviamento di coscienze e di civiltà, lo stesso. Chi si incontra per un qualunque progetto strategico o tattico con chiunque tra quelli di cui sopra, ossia legittimandoli vieppiù come patrioti repubblicani (mentre sono l'esatto contrario), lo stesso. Perché, compagni, il quadro è ora tanto fosco che i razzisti si fregano le mani, i fascisti tradizionali fanno cattivo viso a buon gioco e i qualunquisti si congratulano per aver lavorato bene. Così i padroni come sempre riscuotono dividendi, e staccano tanti assegni per chi li protegge a dovere dall'ancora negata presa di coscienza del popolo piagato dalla crisi. E allora? Oggi si vota o non si vota, almeno il meno peggio che c'è (come già tante volte)? Non lo so davvero. Sono sincero, l'ho detto all'inizio: meno male che non mi tocca. E' che mi sembra proprio uno spreco controproducente di fatica e di azione politica, per la sinistra conseguente, aver speso (immagino) non poco a raggranellare quelle liste in teoria alternative ma piene di compromessi e ambiguità, quando invece era ed è la fase della costruzione in tempi più lunghi, e con coerenza ideologica e organizzativa infinitamente maggiore, di un fronte sociale e politico di vero antagonismo propositivo. Avere una voce collettiva forte e chiara sulla scena pubblica per pretendere l'implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente – quest'obiettivo dovremmo porci, invece che scattare a ogni chiamata elettorale baciando e ingollando ogni rospo inverosimile. E c'è tanta gente, tanti cittadini che per vivere devono lavorare, o che dal lavoro sono stati espulsi o che al lavoro non sono neppure lasciati avvicinare, che a quell'obiettivo darebbe tutta la propria energia con convinzione e, finalmente, speranza. Ma che speranza vuoi suscitare con questo voto, così come ci si è arrivati? Con che faccia, dopo tutta questa confusa connivenza, dirai che sei davvero l'alternativa al modello disumano imperante? Quindi oggi per me, per la prima volta, non è automaticamente un bel giorno perché si vota. E quanto mi dispiace scoprirmi questo pensiero dentro al cuore. Ma non voglio vedere solo nero. Sabato e domenica prossimi, a Roma, ci sarà la prima assemblea nazionale della Coalizione Sociale lanciata a suo tempo da Landini e dalla FIOM. E nessuno degli animatori di quel progetto si è azzardato nei giorni scorsi ad aprir bocca sul turno elettorale di oggi, in quanto tali intendo (poi come privati cittadini andranno a votare chi vogliono, se chiamati, o magari non andranno). Ecco, questo per me è già un piccolo indizio che almeno qualcuno che conti qualcosa, a sinistra del PD e in generale del mainstream, non si è fatto imbottigliare nel recinto delle alleanze alla meno peggio, né si è fatto attrarre dal gorgo di cui parlava Ingrao tanto tempo fa; e ciò per un rigore politico e morale, io spero tanto, che mette a segno un buon punto di avvio della Coalizione Sociale. Quella voce collettiva forte e chiara che pretende l'applicazione della Costituzione nelle sue alte parti di equità sociale, di solidarismo concreto, di bene-comunardismo e di ambientalismo non di facciata, allora forse può davvero nascere dall'esperimento della Coalizione. E poi, se e quando una voce sorta in tal modo (o in qualsiasi altro, purché incontaminato quanto a idee oblique e personaggi ancor più ambigui) si sarà costituita in soggetto politico e concorrerà nel passaggio democratico di elezioni locali o generali, non solo mettendo insieme i meno impresentabili a naso turato bensì delineando e programmando un altro Paese, un altro modello di sviluppo, un altro futuro, allora sì quello tornerà a essere per me un bel giorno, bellissimo, per votare! trentun maggio duemilaquindici IL BINOCOLO AL ROVESCIO
Per i fatti dell'altra sera, di Roma Boccea, la puzza della benzina che stanno preparando gli epigoni del Ku-Klux-Klan che non vedevano l’ora e sbavano letteralmente, supera perfino quella dell’adrenalina di chi si è buttato all’inseguimento tra la gente in piena ora di punta, perfetto stile ispettore Callaghan. Una città in ostaggio dell’idiozia di un sacco di persone: le guardie e i ladri, i sospettabili e i non. …Una città? Un Paese! Un’epoca intera. Salvini, quello che ha denunciato Cécile Kyenge per aver commentato che la Lega è razzista, ha subito detto (e scritto): “Tre rom sono scappati all’alt della Polizia e hanno ammazzato una donna, otto i feriti. Pare che l’auto sia intestata a un rom, che ne ha altre ventiquattro. Una preghiera. Per il resto… ruspa!!! Quando torneremo al governo, raderemo al suolo uno per uno tutti questi maledetti campi rom, partendo da quelli abusivi. Se i rom non riscuotono enormi simpatie è o perché gli italiani sono tutti brutti e cattivi oppure perché i rom sfruttano i bambini per fare l’elemosina, ti tampinano fuori dai ipermercati, si buttano sul cofano. Leggiamo il numero di reati a carico dei rom ogni giorno, si tratta di decine di migliaia: se possono fare quello che vogliono è colpa dello Stato.” Giorgia Meloni, per non restare in ombra, ha detto: “Di fronte a delinquenti senza legge che rubano e uccidono il buonismo è complicità. Ora basta!” Altre voci politiche, ma in drastico dissenso, ancora non pervenute. E i social network, noto campo di esternazione del solidarismo più illuminato, ci fanno la scarpetta. Davide Casadio è il presidente dell’Associazione Sinti Italia, così commenta (da una piccola emittente locale: evidentemente il mainstream non ha più spazio per le repliche, pieno com’è dei proclami incendiari dei buoni italiani): “L’incidente di Roma a Primavalle poteva capitare a chiunque e adesso in tanti lo stanno strumentalizzando perché quella macchina era guidata da un rom. Sappiamo benissimo che rom e sinti vengono bersagliati, anche se noi non siamo tolleranti nei confronti di chi crea queste cose. E’ un fatto grave per le comunità, quanto accaduto ieri è incivile, ma può succedere a chiunque. Non tutti sono uguali, noi ci dissociamo da chi viola la legge. Il fatto che di questo incidente siano stati protagonisti i rom diventa uno strumento di campagna elettorale e noi diventiamo uno strumento di politica. Non si fa di tutta l’erba un fascio, questo significa impedire l’integrazione. Prima di parlare bisognerebbe conoscere certe realtà e sapere come funziona. Hitler è morto, in Italia vogliono resuscitarlo. Salvini ha resuscitato lo spirito di Hitler in italia. Bisogna ricordare che in Europa sono morti oltre un milione di sinti e di rom nei campi di concentramento. Perché per ogni cosa noi dobbiamo essere capri espiatori? Se chi guidava quella macchina ha sbagliato deve andare in galera perché è un assassino, ma l’opinione pubblica non può prendersela con una comunità. In italia si parla tanto di integrazione, ma alla fine resta sempre il peggio e noi dobbiamo pagare anche le conseguenze degli errori della politica.” Ultim’ora. Due persone, in stato di ebbrezza alla guida di un’auto, hanno commesso la grave infrazione di passare col rosso ad alta velocità, in pieno centro, e hanno ammazzato un uomo sbalzandolo violentemente dall’abitacolo della sua vettura. Non a Roma, a Parigi. Gli ubriachi uccisori sono due poliziotti. Sull’argomento, ante-litteram il pastore Martin Niemöller ammoniva (in un breve testo celeberrimo, e notoriamente attribuito per errore a Brecht): “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.” Il XX Secolo non è ancora finito. Anzi, mi sa nemmeno il XIX. E danni all’Umanità (e all’umanità) se ne possono ancora fare tanti. Infatti le uova del serpente le stanno covando da anni, proprio sotto il nostro naso. Ma noi non facciamo niente. Ora si muovono. E noi niente. Tra poco si apriranno. Eppure il fascismo lontano lo vediamo e lo denunciamo. Il fascismo, il razzismo, il nazismo. Però lontani. Nello spazio e nel tempo. Come nel Donbass, per cui ci emozioniamo a parlare dei contrattacchi comunisti (almeno, così ci raccontiamo che vadano designati) avversi al governo di Kiev. Come a Gaza e in Cisgiordania, in cui il razzismo sionista che schiaccia il popolo palestinese ci indigna di più ad ogni iniziativa di studio che facciamo. Come quando celebriamo generosamente la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo in Europa, di settant'anni fa. Ma ora e qui, col razzismo montante contro Rom e Sinti che ha tutto lo spazio che vuole sul mainstream, col fascismo che sfrutta il morto e i feriti di Roma per ricompattarsi nella crisi, col nazismo delle torce accese e delle minacce ai campi di chi non c'entra niente, tutta la nostra attenzione quasi chirurgica ai grandi esempi, nella Storia e nel mondo, di umanità comunista contro la barbarie che il capitalismo appalta al peggior estremismo, di fatto si dissolve. Non è abbastanza epico, forse, combattere la feroce grettezza anti-nomade qui e ora? Non è identitario per noi, compagne e compagni, rovesciare il binocolo e vedere quel che ci succede sotto casa? E' rischioso o addirittura dannoso, elettoralmente, mettersi oggi contro il mainstream orchestrato contro 'lo zingaro'? O semplicemente abbiamo paura di prendere fisicamente qualche schiaffo? Le uova si apriranno. Presto. Ma noi guardavamo altrove. ventinove maggio duemilaquindici LA FABBRICA DI SOGNI
Leggendo qua e là… Pubblico è bello La Commissione Europea suggerisce – o meglio: impone – a tutti i Paesi dell’Unione di contenere la spesa pubblica, tranne alla Germania cui raccomanda invece di spendere di più, sfruttando le risorse accumulate negli ultimi anni grazie al surplus commerciale. E io pago! In metà dei Paesi ricchi si possono dedurre dal reddito imponibile gli interessi pagati sui mutui. Può sembrare banale, ma il costo di tutto questo è immenso. Per esempio, oggi negli USA gli incentivi sui debiti assicurati dal governo sono pari a più del 2% del PIL. L’eccesso di credito crea bolle, non produce ricchezza. Un cero a san Precario Solo il 25% dei lavoratori di tutto il mondo ha un impiego stabile; il restante 75% deve accontentarsi di contratti a breve termine, occupazioni nell’economia informale e assunzioni in nero. E tutto intorno a questo 100% così malmesso c’è l’universo dei disoccupati. Dove abbiamo sbagliato? Sette anni dopo la crisi che ha scosso profondamente Wall Street, il mondo della finanza statunitense si è ripreso alla grande. Il numero di persone che lavorano in Borsa è tornato ai livelli del 2007, la finanza americana sta registrando in complesso profitti simili a quelli dei primi Anni 2000 e il reddito medio dei suoi operatori è 3.6 volte superiore a quello medio dei lavoratori americani. A non buttarne un po’ ai pesci La riforma del Say-on-pay del 2010, sperava Obama, avrebbe riportato un po’ di buon senso nella retribuzione dei manager e top-manager privati. Ma il suo effetto è zero: le retribuzioni dei dirigenti sono scese durante la crisi finanziaria, poi hanno ripreso a crescere e ora sono ai livelli più alti di sempre. Tra l’altro è opinione concorde tra quasi tutti gli analisti che sia impossibile dimostrare che assumendo un manager piuttosto che un altro (e tanto più, pagarlo piuttosto profumatamente che non di meno) i risultati di profitto aziendali siano sensibilmente differenti. Ma ormai è la moda. Le ultime parole famose Per la prima volta in più di cinquant’anni il Regno Unito ha registrato un tasso d’inflazione negativo. La Banca d’Inghilterra esclude che il Paese possa cadere in una deflazione simile a quella degli Anni ’30 del Novecento. E la fabbrica dei sogni qual è? E’ il mainstream, che ci dice che (se ci salveremo) dalla Grande Crisi ci salveremo tutti assieme. Come una buona azienda, anzi come una bella famiglia. E’ la versione 2.0 della vecchia storiella che i soldi non fanno la felicità, messa in giro per decenni (o secoli?) dai ricchi per tenere buoni i poveracci. Solo che pare funzioni ancora, incredibilmente nell’era del sapere universale e istantaneo. Funziona proprio come una moda, indossata acriticamente; e indossata perfino da tanti che invece, oggettivamente, dovrebbero dire “dàgli al ricco!” prima ancora di dir “buongiorno”. D’altronde le stesse organizzazioni politiche e sindacali (almeno, non tutte ma la gran parte di esse) che storicamente si sono occupate di fare rete tra chi per vivere deve lavorare, e fare opinione, formazione, massa, fare resistenza e contrattacco nei confronti del capitale e del privilegio – ebbene è da un po’ che balbettano semmai di nuovi diritti civili, nuove figure del possesso e nuove forme della politica, ma più nulla di udibile dicono a proposito della contraddizione strutturale del sistema. Sì, perfino a sinistra (anche parecchio a sinistra) e perfino in Italia (dove vivaddìo c’è ancora una Costituzione piena di bellissimi principi socialisti) quasi nessuna delle voci che contano qualcosa, proferisce parola sul tema semplice e chiaro – e ‘nostro’, di chi sennò? – del “chi ha che cosa, e che cosa ne fa”. La nostra Costituzione del 1947/48 ci ha ormai scavalcato a sinistra, pensate: sebbene, insieme a compagne e compagni, l’abbiano concepita in tanti (e tante) che proprio di quella parte non erano! Insomma, stiamo sognando anche noi. E il risveglio sarà brutto, ho paura. Chiudo con le ultimissime righe di Il Capitale – nel XXI Secolo, di Thomas Piketty (certo non un comunista, tuttavia anche lui più concretamente a sinistra di tanta sinistra nostrana attendista), del quale ho avuto il piacere di completare la lettura proprio oggi. “I ricercatori di scienze sociali (tutte le scienze sociali), i giornalisti e i responsabili di tutti i tipi di media, i militanti sindacali e politici di ogni tendenza, e in primo luogo tutti i cittadini, dovrebbero interessarsi al denaro, alla sua misurazione, ai fatti e ai processi che lo riguardano. Chi ne ha molto non dimentica mai di difendere i propri interessi. Il rifiuto della contabilità ha raramente giovato ai più poveri.” (pag. 928 dell’edizione italiana, Bompiani 2014) ventotto maggio duemilaquindici UN'ASSEMBLEA
Saranno anni ("Come?" "Saranno aaanni!", cit.) che praticamente dico sempre la stessa cosa in tanti modi. E siccome l'ho bloggata l'ultima volta giusto qualche giorno fa in margine ai dati OCSE sulla distribuzione economica in Italia, e quindi questa formulazione più recente è quella che più mi somiglia oggi, la riciclo ora per lanciare una certa assemblea nazionale dei primi di giugno. Noi [scrivevo] non dobbiamo far altro che sollecitare con ogni mezzo pacifico, legittimo e democratico l’implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, e cioè dobbiamo conquistare a questo obiettivo un’opinione di massa che sia tanto poco minoritaria che il nemico di classe – che ora si ammanta del rispetto formale delle regole (e quando non ci riesce, se le riscrive a proprio uso e consumo: vedi alla voce “riforme strutturali”) – sia costretto a infrangere schiettamente, dinanzi al popolo, perfino i principi meramente formali di legalità e di democrazia che si allestisce. E poi vediamo che succede. E poi vediamo se in Italia chi per vivere deve lavorare, chi è stato espulso dal lavoro, chi al lavoro non è stato nemmeno fatto avvicinare – parlo di lavoro, non di sfruttamento –, vediamo se tutta questa gente insieme (che occupa almeno i primi quattro scalini della scala sociale, e quindi è la netta maggioranza del Paese) non si ribella allo smascheramento del privilegio di classe che conserva la diseguaglianza a tali livelli da Terzo Mondo! Ma si va per gradi. Non si passa subito alla rivolta – come vorrebbe invece il Potere, che ci infesta di Black Bloc ogni manifestazione, per derubricare un problema di ordine politico a uno di ordine pubblico. Si costruisce opinione su proposte di applicazione sostanziale della Costituzione, e si costringe il Potere a reagire visibilmente. Quali proposte? Comincerei da queste tre, che hanno il vantaggio di essere l’una il puntello teorico-pratico delle altre: 1. vogliamo che lo Stato dia lavoro producendo ‘cose’ utili (e i soldi per farlo? vedi punto 3); 2. vogliamo che ai privati imprenditori sia impedito di nuocere all’interesse generale (e allora chi è che dà lavoro e produce? vedi punto 1); 3. vogliamo che chi ha di più faccia di più per la collettività (e sennò? vedi punto 2). Per titoli, le tre proposte si potrebbero chiamare 1. la Riconversione, 2. la Confisca, 3. la Patrimoniale. E chiaramente, per farne campagne di sensibilizzazione e utilizzo dell’istituto dell’iniziativa di legislazione popolare, occorrerebbe un’organizzazione politica (diciamo comunista) – o almeno una coalizione sociale (diciamo anticapitalista) – che se ne assumesse il coordinamento! [Fine.] Ed ecco che tra pochi giorni, il 6 e il 7 giugno, mi si tiene a Roma proprio la prima Assemblea Nazionale della Coalizione Sociale promossa da Landini (tra gli altri)! La quale assemblea, che linko in fondo, dal taglio eminentemente contenutistico e non parolaio, prevede per il primo giorno quattro sessioni tematiche parallele in cui confrontarsi su percorsi comuni di lotta e su soluzioni concrete, e per il secondo una grande assise plenaria per discutere del cammino della Coalizione Sociale. Le quattro sessioni saranno: UNIONS Il lavoro cambia, i diritti e il welfare arretrano, noi vogliamo avanzare: fare rete e costruire campagne comuni per dare risposte concrete a disoccupazione, diseguaglianze, sfruttamento e precarietà. SAPERI E CONOSCENZA La conoscenza può essere la leva per trasformare la nostra società, dopo anni di tagli e precarietà, mentre è in atto l'ennesima riforma, da scuole e università può partire la nostra riscossa. RIGENERARE LE CITTÁ È possibile conquistare il "diritto alla città", a partire dalla difesa degli spazi pubblici e dalla lotta per il diritto all'abitare, facendo incontrare esperienze differenti di gestione e autogestione di spazi e iniziative sociali, di cowork e mutualismo. ECONOMIA, POLITICHE INDUSTRIALI ALTERNATIVE La tutela dei territori, dell'ambiente, della salute e del lavoro non possono essere in contrapposizione tra loro. Serve ripensare il modello di sviluppo e proporre un'alternativa. E potete giurarci che ci vado, a scambiarmi pure là qualche idea anche a partire da quelle mie solite tre proposte (Riconversione, Confisca, Patrimoniale). Se non ci stanno lì le voci giuste da ascoltare, le orecchie giuste cui parlare, le braccia giuste da allacciare per far rete, e tanti pugni chiusi, dove altro le/li trovo? (Certo che se ci vedo pure gli ominicchi della finta sinistra, i fluidatari del radical-chicchismo e i burocrati da Cominform sbrinato, stavolta uso l'AK47!) http://www.coalizione-sociale.it/ ventisette maggio duemilaquindici MENO UGUALI DEGLI ALTRI
Il deposito di rifiuti del sito etichettato W48, a Niaquusat, nel più povero insediamento occidentale, mostra che la carne consumata dai suoi sventurati abitanti era per l'85% di foca, per il 6 di capra, per il 5 di caribù, per il 3 di pecora e per l'1% di manzo (doveva essere una prelibatezza riservata ai giorni speciali). La carne di foca è disgustosa, oltre ad essere la più povera di sostanze nutritive. Negli stessi anni, la piccola nobiltà di Sandnes, la fattoria più ricca dell'insediamento occidentale, banchettava con il 32% di carne di caribù, il 17 di manzo, il 6 di pecora, il 6 di capra e soltanto il 39% di foca. I più soddisfatti erano i membri dell'élite alla fattoria di Erik il Rosso, a Brattahlid, che erano riusciti a elevare il consumo di manzo anche al di sopra della carne di caribù e di pecora, e a ridurre al minimo quello di capra. Ma quali erano stati i particolari meriti di Erik e dei suoi, per godere di quei privilegi? Nell'anno 980 una testa calda norvegese di nome Erik il Rosso fu accusato di omicidi e costretto partire per l'Islanda. Qui ben presto si macchiò di altre uccisioni e dovette di nuovo fuggire, riparando in un'altra parte dell'isola. Là si trovò coinvolto in una rissa, uccise un altro uomo e fu condannato all'esilio per tre anni. Erik tentò la fortuna partendo alla volta di misteriose terre occidentali di cui narravano racconti di marinai; per tre anni esplorò gran parte della costa della Groenlandia e scoprì buona terra da pascolo all'interno dei fiordi più profondi. Dopo esser tornato in Islanda, rimase coinvolto in un'altra rissa e fu costretto a ripartire. Questa volta portò con sé una flotta di venticinque navi, con uomini, risorse e strumenti messi insieme non è difficile immaginare come; tornò in Groenlandia, la colonizzò coi suoi e costruì la società divisa in rigide classi di differenti possibilità esemplificata da quei regimi alimentari assai diversi. Grazie a Jared Diamond (“Collasso”, 2005) per tutte queste informazioni, che certificano che l'accumulazione originaria, in tutti i tempi e a ogni latitudine, si fonda su violenza e raggiro. E grazie a Karl Marx (dal “Manifesto del Partito Comunista”, 1848, in avanti) per le lenti giuste con cui leggere i dati; e soprattutto per la possente cassetta degli attrezzi con cui smontare lo stato di sfruttamento secolare dell'uomo sull'uomo, e costruire tutt'altro tipo di società. Tra quegli attrezzi spiccano da sempre la falce e il martello. ventisei maggio duemilaquindici MA IN ISPAGNA
A parte che dove ha vinto o quasi-vinto, Podemos non ha vinto o quasi-vinto da sola: a Barcellona ha vinto Barcelona en Comù (Podemos più sinistra comunista e radicale più movimenti), a Madrid ha quasi-vinto Ahora Madrid (stessa formula). Ma soprattutto non si capisce perché il mainstream italiano continui a chiamare Podemos il movimento anti-casta. Il programma di Podemos, a cornice di quelli specifici per queste elezioni regionali e comunali, dice testualmente: riduzione della settimana lavorativa a 35 ore, aumento del salario minimo, delle pensioni e della spesa pubblica per educazione e sanità, ristrutturazione del debito, incremento del peso della banca pubblica perché riprenda a fluire il credito alle imprese e alle famiglie. Si parla di vitalizi parlamentari? Di diarie? Di auto blu e di elicotteri? No, per fortuna! Non c'è niente, almeno non in primo piano, di tutto il florilegio di scemenze che ha infinocchiato gli italiani all'epoca del maggior successo degli anti-casta (quelli sì) nostrani. Quel programma economico, finanziario e sociale è invece un programma schiettamente di sinistra, nettamente anti-liberista e tendenzialmente anti-capitalista, in favore della spesa pubblica, delle nazionalizzazioni dei servizi essenziali e della diffusione della pratica dei beni comuni! Parla della vita della gente, di decine di milioni di donne e uomini, di come migliorarla, e non della vita e delle spese del ceto politico, di poche migliaia di persone, di come fustigarle. Parla di chi ha cosa e di cosa ne fa, e di come far sì che chi non ha nulla o quasi sia rimesso in pista prendendo qualcosa da chi ha ma non ne fa buon uso. Merito indubbio della componente della sinistra organizzata, anche comunista, che collabora con Podemos nelle varie coalizioni sociali e politiche in cui si elaborano le strategie di fondo. E questo sarebbe anti-casta? Ma se non è nemmeno (più) un movimento! Gli piacerebbe, al mainstream italiano, rubricare tutto ciò che ha la forza di fronteggiare il potere variamente dislocato in Europa, come la macchietta che di fatto è stata (ed è) l'opposizione qui da noi. Così che il malcontento popolare (quello sì) incontenibile venga sempre e comunque sprecato entro contesti di nessuna solidità ideologica e di irritante superficialità politica. Ma in Spagna si parla un'altra lingua! Come già in Grecia, peraltro. E i media italiani faticheranno sempre più a mettergli il silenziatore, o meglio il distorcitore simultaneo, prima che arrivi alle orecchie di chi qui per vivere deve lavorare, o di chi dal lavoro è stato espulso o al lavoro non è stato neanche fatto avvicinare. Però il lavoro politico che tocca a noi, compagne e compagni in questo Paese, non può limitarsi ad aspettare che pure qui la gente si tolga il prosciutto dagli occhi! Anche noi dobbiamo elaborare un programma semplice e radicale, che parli della vita della gente, di decine di milioni di donne e uomini, e di come migliorarla, che vada al cuore del problema di chi ha cosa e di cosa ne fa, e di come far sì che a chi non ha nulla o quasi sia garantita un'esistenza secondo Costituzione, prendendo qualcosa da chi ha ma non ne fa buon uso. Dobbiamo redimerci dal nostro solo peccato, che è quello di aver timore di esser noi stessi, di dire forti e chiare le parole che constano al nostro esser compagne e compagni! Prima lo faremo più la gente ci perdonerà il tempo perso finora. Suvvia, sarà più facile che per don Giovanni! venticinque maggio duemilaquindici IL PIAVE MORMORAVA
Oggi, cento anni fa esatti, il popolo italiano fu scaraventato nell'inutile strage. Solo che 'inutile', 'orrenda carneficina' e 'suicidio dell'Europa civile', la Grande Guerra viene designata due anni e passa dopo l'ingresso dell'Italia nel conflitto – da Benedetto XV, che scrive nell'agosto del '17 ai Capi di Stato e di Governo. Invece all'inizio l'avventura bellica dovette sembrare, a (quasi) tutti, la naturale prosecuzione di quello scatto d'orgoglio nazionale iniziato nel 1911 con la Campagna di Libia, che Pascoli salutò con parole immaginifiche: 'la Grande Proletaria si è mossa'. Eppure Pascoli era di ideali socialisti, eppure il proletariato italiano non aveva alcun interesse oggettivo a immolarsi né in quelle battaglie di pura conquista coloniale né, tanto meno, tra gli assalti bestiali e le raccapriccianti trincee della Prima Guerra Mondiale. Ma tant'è: tanto in profondità lavorava il senso comune egemonizzato dalla borghesia capitalista, dagli appetiti imperialisti, che operai e contadini andarono in elmetto e uniforme verso il suicidio offrendo poca o nulla resistenza – che le loro guide ideologiche perfino (quasi tutte) giustificavano come necessario al progresso dell'emancipazione sociale. Mussolini, da direttore dell'Avanti!, in ottobre '14 scrisse parole di fuoco in favore dell'intervento. Poi l'Italia entrava in guerra, poi la guerra finiva, poi gli italiani erano scontenti anche se vittoriosi, poi gli operai e i braccianti alzavano la testa contro i padroni, poi i socialisti non sapevano bene cosa fare, poi i fascisti invece sì – c'era il debito con Confindustria e latifondo da onorare. Poi la monarchia e il governo liberale – dopo averci già buttato nella guerra, la Prima – mettevano il Paese in mano a Mussolini. Poi vent'anni di fascismo. Poi l'alleanza coi nazisti e la Guerra Seconda. E solo alla fine – la Resistenza, la Liberazione, la Repubblica, la Costituzione. Che oggi patisce i morsi dei lupi di sempre, del privilegio economico e dell'ingiustizia sociale. I conti di allora. 700.000 gli italiani morti soldati, 600.000 gli italiani morti da civili per malnutrizione o altri disagi causati dalla guerra, 400.000 gli italiani ammazzati dalla Spagnola – l'influenza propagata in tutto il continente dai militari americani che nel '17 passavano da Spagna e Francia per entrare in battaglia. 16.000.000 di morti in tutto, per mano della Grande Guerra, più 20.000.000 tra feriti e mutilati. Militari e civili insieme – di tutti i Paesi coinvolti. Oltre ai morti a decine di milioni per quel morbo più letale della Peste Nera del Trecento. Eppure, cento anni fa esatti, a quasi tutti sembrava la cosa giusta da farsi. A chi no? Ad alcuni giolittiani, perché l'Italia – dicevano – non era pronta. A non pochi cattolici, per i motivi umanitari cui si appellerà il Papa più tardi. E a tutti quelli, nel movimento operaio e nel campo del pensiero socialista, che correttamente leggevano lo sviluppo dei fatti come l'estremo azzardo del potere di classe per finir di conquistare il mondo e, insieme, per chiudere la partita con un proletariato ormai troppo cosciente e organizzato. Paradosso. Furono proprio i comunisti a dar corpo politico all'accorata lettera di Benedetto XV. Gramsci si forma in quelle fasi, comprendendo a fondo la natura del capitalismo – che gliela farà scontare col carcere infinito. Jaurès in Francia e Rosa Luxemburg in Germania pagano con la vita l'essersi opposti all'ecatombe dei popoli. E nel marzo del '18 saranno Lenin e Trockij, in piena Rivoluzione Bolscevica contro il passato zarista e il presente borghese della Russia immensa, a proporre il primo trattato di pace tra Stati belligeranti, che gli imperi Germanico, Austro-Ungarico e Ottomano firmano a Brest-Litovsk. 'La pace, la terra e tutto il potere ai Soviet', avevano promesso i comunisti al popolo russo. E lo fecero davvero. Il capitalismo mondiale non glielo ha mai perdonato. Gli ultimi cento anni sono la storia della sua vendetta. Hobsbawn coniò nel 1995 per il Ventesimo Secolo l'attributo da allora celeberrimo di 'breve', perché iniziato solo nel '14 – con le pistolettate a Sarajevo – e finito già nel '91, con lo scioglimento dell'URSS in un'altra cosa. Eppure se Hobsbawn (nato nel 1917 morto nel 2012, ultima opera “Come cambiare il mondo: perché riscoprire l'eredità del marxismo”) avesse avuto l'età e le forze per lavorare da storico ancora qualche anno, osservando le dinamiche e gli effetti della Grande Crisi in corso, studiando le tabelle delle distribuzioni economiche tra le classi, assistendo all'epidemia di disoccupazione, alla tempesta di privatizzazioni e precarizzazioni in atto, e giudicando il trasformismo di forze politiche e sindacali in tutti i Paesi d'Europa – Italia in testa – che guidano e spacciano da 'sinistra' la corrente ristrutturazione capitalista e antidemocratica, forse avrebbe ricalibrato quella sua definizione. Infatti questo inizio di Ventunesimo Secolo sta somigliando talmente al passaggio tra Ottocento e Novecento, che mi vien quasi da dire che anziché esser stato il Ventesimo un secolo breve, semmai è il Diciannovesimo che è incredibilmente lungo – che non è ancora terminato. Il 24 maggio 1915 l'Italia fu gettata in pasto ai cani della guerra. Chi lo decise – chi fece in modo che il popolo italiano lo accettasse – lo decise dunque non perché entrassimo a pieno titolo nel Novecento delle emancipazioni di genti, di persone e classi, ma al contrario perché l'Ottocento dello sfruttamento del lavoro non finisse mai. E ci stiamo ancora dentro. Anche oggi c'è un papa dei cattolici (questo si chiama Francesco) che alza la voce contro 'un sistema economico che uccide e che suicida, incivile'. Però di comunisti, proprio come allora, non ce n'è – temo – ancora abbastanza. ventiquattro maggio duemilaquindici PDF
Renzi ha detto in televisione: "Mi piacerebbe un sindacato unico." E ha pensato: "Meglio ancora, una corporazione!" Così è chiaro: sta trasformando il Partito Democratico in Partito Democratico-Fascista, e la Repubblica Italiana nella Repubblica-Dittatura Italiana (vedi pure alla voce 'Italicum'). Dunque chi resta ancora dentro il PDF, con qualunque motivazione, non potrà discolparsi dall'accusa oggettiva di aver contribuito a far slittare l'Italia nella post-democrazia. Chi governa il Paese insieme al PDF, lo stesso. Chi amministra anche solo localmente col PDF, lo stesso. Chi non svolge il proprio dovere di opposizione efficace al PDF, per il quale è stato eletto a una rappresentanza qualsiasi (politica o sindacale), lo stesso. Chi non denuncia pubblicamente tale deriva nei termini che essa merita, né fa esplicita ammenda di quanto abbia personalmente apportato alla costruzione di questo sviamento di coscienze e di civiltà, lo stesso. Chi si incontra per un qualunque progetto strategico o tattico con chiunque tra quelli di cui sopra, ossia legittimandoli vieppiù come patrioti repubblicani (mentre sono l'esatto contrario), lo stesso. I razzisti si fregano le mani. I fascisti tradizionali fanno cattivo viso a buon gioco. I qualunquisti hanno lavorato bene. I padroni riscuotono dividendi, e staccano tanti assegni. Con tutti gli altri, e non sono pochi, c'è parecchio da lavorare fino alla Liberazione. ventitre maggio duemilaquindici L'IPERBOLE DELLA VERGOGNA
Sostiene l’OCSE che oggi in Italia il 20% della popolazione più abbiente possiede oltre il 60% della ricchezza nazionale (il 5% più ricco tra i ricchi, oltre il 30%, e l’1% più ricco ancora, da solo quasi il 15%), che il 40% intermedio ne possiede il 35% circa (di cui la metà superiore, un po’ più del 20%, quella inferiore un po’ meno del 15%) e che il 40% più povero ne possiede meno del 5% (di cui la metà superiore, oltre il 4%, quella inferiore praticamente lo 0%). Il grafico raffigura la distribuzione. Se volessimo zoomare al massimo il disegno conteremmo esattamente 2.000 quadratini rossi, che rappresentano l’insieme della ricchezza nazionale netta. Questo valore si aggira oggi intorno ai 9.000 miliardi di euro, perciò ogni quadratino rosso del grafico vale circa 4.5 miliardi di euro. Teniamolo a mente. Se la ricchezza nazionale italiana oggi vale circa 9.000 miliardi e noi siamo circa 60 milioni di italiani, allora la quota media di ricchezza è di circa 150.000 euro ciascuno (tutti compresi, pure i neonati). Tornando al grafico, se la distribuzione della ricchezza in Italia fosse assolutamente egualitaria noi non vedremmo altro che un rettangolone rosso con 100 quadratini di base e 20 quadratini di altezza: questo rappresenterebbe la situazione in cui ogni italiano possiede davvero i 150.000 euro di ricchezza che la media teorica calcola. Vedete bene che non è così. Infatti il grafico disegna una specie di scala assai irregolare. Analizziamola. Il primo gradino è bassissimo, è alto un solo quadratino e lungo 20. Raffigura il fatto che il 20% più povero degli italiani si spartisce l’1% (anche meno) della ricchezza nazionale. 20 quadratini in tutto: equivalgono a 90 miliardi di euro, che diviso per 12 milioni (il 20% appunto) fa 7.500 euro di proprietà ciascuno. Parecchio meno dei 150.000 medi teorici, vero? Ma di che proprietà stiamo parlando? Per definizione la ricchezza nazionale netta detenuta dall’insieme delle persone e delle famiglie è la somma di abitazioni, oggetti di valore, altri fabbricati (non residenziali), impianti e macchinari vari, terreni, e tutti gli attivi finanziari (depositi bancari, buoni del tesoro, azioni e obbligazioni). Quindi ogni italiano appartenente al 20% più povero, anche mettendo insieme tutto ciò che possiede (case e oggetti, macchine, terreni e conti in banca) sfiora i 7.500 euro. E non va oltre. Sono 12 milioni gli italiani in questo stato economico. Non sono pochi. Il secondo gradino è quattro volte più alto del primo, e lungo uguale. Ci dice che un altro 20% di italiani (cioè i secondi 12 milioni, un po’ meno poveri dei primi) si divide il 4% della ricchezza. I quadratini qui sono 80, cioè 360 miliardi di euro: fa 30.000 euro di proprietà per uno. Ci possono entrare una macchina e un conto corrente che non sia cronicamente in rosso, diciamo, o un pezzetto di terra. E praticamente basta; sicuramente non una casa. Il terzo gradino fa un certo salto. Sono 15 quadratini di altezza per i soliti 20 di lunghezza, cioè 300 quadratini in tutto. Ci dice che il terzo 20% di italiani in ordine di ricchezza crescente possiede 1.350 miliardi di euro complessivi: sempre diviso 12 milioni, fa 112.500 euro a testa. Comincia ad andar meglio, forse in questa quota di possesso individuale può pure rientrarci una casettina da qualche parte magari in comproprietà. Eppure notate che anche in questa fascia, con 112.500 euro ciascuno, restiamo al di sotto della media teorica generale di 150.000, quella che si avrebbe se la ricchezza nazionale fosse davvero spartita equamente. E ciò, nonostante a questo punto abbiamo già salito tre gradini della scala: cioè abbiamo esaminato la ricchezza maggiore o minore di 36 milioni di italiani, oltre la metà del totale. Vuol dire, in statistica, che non solo la distribuzione del possesso in Italia è ben poco egualitaria, ma la gran parte della popolazione è schiacciata verso i valori più bassi, a vantaggio di una minoranza che – vedremo tra poco – schizza letteralmente verso l’alto. Quarto gradino, cresce di non molto rispetto al terzo. E’ un altro 20% di italiani, altri 12 milioni. I quadratini del grafico, se li contate, sono 400 (un quadrato di 20 per 20): fanno 1.800 miliardi di euro in tutto. Cioè – ora sì – proprio i fatidici 150.000 euro a persona di proprietà consolidata (case, gioielli, altri immobili, macchinari, terra, soldi, azioni). Siamo arrivati finalmente alla media. Ma per arrivarci abbiamo dovuto arrampicarci al quarto dei cinque quinti da 12 milioni di persone ciascuno in cui abbiamo diviso tutti i 60 milioni di italiani che siamo! E’ una società equa, la nostra? Numeri OCSE, e disegno mio, dicono il contrario. Guardate, senza scomodare ideali utopisticamente livellatori io mi accontenterei benissimo di una distribuzione della ricchezza che tenesse conto, meritocraticamente, di una certa differenza di talento e di impegno tra le persone. Diciamo una distribuzione, sempre in quinti (12 milioni di italiani per fascia), uniformemente progressiva: il 20% meno abbiente sul primo scalino, con 50.000 euro a testa; il secondo un po’ meno povero, con 100.000 euro; il terzo a salire, la solita media, con 150.000 euro; il quarto più agiato con 200.000 euro; il quinto e più ricco, con 250.000 euro per uno. Sto così forse descrivendo una società di poveracci? Non direi proprio: una famiglia-tipo di quattro persone del quinto più ricco avrebbe un capitale complessivo di un milione tondo di euro, che sono due miliardi delle vecchie lirette! E di famiglie così, bi-miliardarie, ce ne sarebbe la bellezza di tre milioni in un’Italia con quest’altra distribuzione economica meno piratesca dell’attuale: non come ora, che di arcimiliardari ce n’è qualche migliaio e il resto del Paese è precario o peggio! Con una diversa distribuzione degli averi la scala sociale sarebbe davvero una scala, che si può salire o scendere senza ammazzarsi e senza ammazzare nessuno: nessuno farebbe la fame, nessuno nuoterebbe vergognosamente nell’oro, nessuno sarebbe costretto per svoltare a metter mani e piedi alla catena delle mille forme della criminalità (sia quelle perseguite dalla legge, perché brutte sporche e cattive, sia quelle dei colletti bianchi che la legge la scrivono o meglio la dettano), nessuno si troverebbe per pura sorte di nascita, immeritata, a godersi l’incalcolabile privilegio di un capitale di famiglia, di clan, di élite, o viceversa il destino nero di un accattone. Ma sto sognando: il modello socioeconomico vigente, questo capitalismo tribale, ammodernato solo nei metodi di rapina col neoliberismo, ma vecchio come una pagina di Dickens o Zola, fa invece della distribuzione economica tutt’altro che linearmente crescente, bensì iperbolicamente accelerata, la propria immagine immutabile. Quel grafico è il vero selfie dell’Italia. Riprendo e concludo l’esposizione. Il quinto scaglione (il 20% più ricco, in statistica si dice il quintile più alto), l’OCSE lo divide ulteriormente in tre parti: il 15% meno fortunato, il 4% intermedio e l’1% dei veri Paperoni. E altrettanto fa il mio grafichetto. Che dice che lo scalino successivo ha una lunghezza di 15 quadratini e un’altezza di 40, per un’area di 600 quadratini: sono 2.700 miliardi di euro in tutto, che vanno divisi per il 15% degli italiani che rientarno in questa prima fetta del quintile più ricco. Fa 300.000 euro a testa: il doppio esatto del gradino appena precedente, non male. Ma se andiamo avanti incontriamo davvero chi se la passa bene. Il gradino appresso dice che il 4% degli italiani (infatti ha una base di 4 quadratini soltanto) si divide da solo il 15% di tutta la ricchezza nazionale netta (infatti l’altezza di questo scalino – impossibile da salire coi mezzi del merito – è di ben 75 quadratini rossi: la sua area fa 300 quadratini, per un valore economico di 1.350 miliardi di euro complessivi). 1.350 miliardi di euro che vanno spartiti in una classe di italiani abbastanza ridotta – il 4%, appunto – di 2.400.000 persone, cui quindi toccano proprietà per 562.500 euro ciascuno (poco più di un miliardo delle vecchie lire). E infine la guglia. Quella che dice in modo ancora più plastico quanto poco sia giusta la nostra società. L’1% soltanto degli italiani svetta su quel pinnacolo di 300 quadratini di altezza, che rappresenta il valore di altri 1.350 miliardi di euro (un altro 15% di tutta la ricchezza nazionale). Solo che qui se lo steccano appena 600.000 persone, per un dividendo principesco di 2.250.000 euro a testa (neonati compresi). In questa fascia ultra-privilegiata una famiglia di quattro persone mette insieme un patrimonio di 9 milioni di euro (18 miliardi delle vecchie lire) in case, macchine, gioielli, fabbriche, terreni, conti correnti e azioni. Ricchezza su cui paga imposte risibili, se le paga – eppure quella famiglia usa gli stessi servizi pubblici che uso io col mio stipendio fisso decurtato dal fisco alla fonte – e che si perpetua di generazione in generazione auto-alimentandosi come per miracolo. Però non è un miracolo. E’ la guerra di classe dall’alto verso il basso. Il miracolo – visto con gli occhi dei privilegiati – è che noialtri ancora l’accettiamo. Ma poi non è un miracolo nemmeno questo. E’ egemonia. Sostiene l’OCSE che tutto ciò è non frutto del destino cinico e baro, ma il semplice conto della spesa di una società economicamente capitalista a guida ideologicamente neoliberista. Ci piace? Allora non dobbiamo far altro che assecondarla, continuando a dire sì – o a non dir nulla, o a perder tempo con qualunque specchietto per le allodole – davanti allo sciocchezzaio che ci propinano da qualche decennio le voci e i volti visibili (il ceto politico e quello mediatico) dei poteri insediati sugli spalti più elevati dell’iperbole economica, mentre ci spennano. Invece non ci piace? Allora qualcosa possiamo, e dobbiamo, dire e fare. Possiamo, e dobbiamo, pretendere l’applicazione puntuale e sostanziale della Costituzione Italiana nei punti in cui essa – con una visione di giustizia che terrorizzò e terrorizza ancora i detentori del potere economico in questo Paese, in Europa e in tutta la globalizzazione reale – sancisce che l’interesse comune ha la meglio sul profitto privato. Possiamo, e dobbiamo, porci l’obiettivo dell’implementazione concreta di tutto il socialismo possibile a Costituzione vigente – che non è poco: l’Art.53 sulla progressività del sistema fiscale, per esempio, gli Artt. 41, 42 e 43 sulla funzione sociale della proprietà e dell’impresa privata, per esempio, gli Artt. 32 e 33 sulla preminenza del pubblico sul privato nei settori strategici della scuola e della sanità (e per analogia, di tanti altri), per esempio. Vedete, non mi ha mai appassionato la retorica anti-casta della riduzione dei guadagni dei parlamentari e simili. Perché anche prosciugando del tutto quella voce di spesa sposteremmo forse un quadratino soltanto, uno solo dei 2.000 che compongono il grafico: la sua natura scandalosamente iperbolica non cambierebbe di un nulla. Eppure quanto buon senso comune e quanta buona attitudine alla lotta di base (e ormai anche quanti seggi istituzionali, occupati dai grillini) sono andati sprecati in questi anni appresso a quel falso obiettivo mentre la non-scala sociale s’inerpicava sempre più, praticamente indisturbata! Non è stato un caso, ovviamente. L’equità sociale non si raggiunge né sbraitando contro i costi della politica, come fanno i qualunquisti, né tanto meno dando la colpa della forma assurda della distribuzione a chi sta ancora più in basso di noi – i sottoproletari, gli stranieri – come fanno neo-fascisti e post-razzisti. Non si raggiunge neppure facendo della mutualità superficiale tra poveri (autoctoni, beninteso) come fanno ancora leghisti e centri sociali di estrema destra, che però si guardano bene dall’evidenziare la contraddizione strutturale del sistema (e vorrei vedere: sono proprio i ricchi che li finanziano, perché occupino anche il campo della solidarietà – pervertendolo). Né la distribuzione follemente iniqua di oggi si può contrastare – purtroppo – col volontariato sincero di tanti buoni cristiani di base (e le parole di Bergoglio stesso, quando dice che “questo sistema economico uccide”, andrebbero comprese un po’ meglio perfino dai suoi seguaci); o con la militanza sparpagliata di tanti circoli territoriali antagonisti che si inorgogliscono gridando “noi la crisi non la paghiamo” mentre costruiscono piccole economie di sussistenza e scambio di beni e servizi, e però la partita grande dell’economia nazionale può benissimo far finta di non vederli e continuare la propria marcia verso la diseguaglianza radicale, la privatizzazione e precarizzazione totali, l’abolizione della democrazia. No. Se quel mio piccolo giochino grafico e, soprattutto, i numeri dell’OCSE ci fanno orrore, la battaglia va combattuta là dove serve combatterla e con le armi che abbiamo davvero a disposizione. Ripeto: non dobbiamo far altro che sollecitare con ogni mezzo pacifico, legittimo e democratico l’implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, e cioè dobbiamo conquistare a questo obiettivo un’opinione di massa che sia tanto poco minoritaria che il nemico di classe – che ora si ammanta del rispetto formale delle regole (e quando non ci riesce, se le riscrive a proprio uso e consumo: vedi alla voce “riforme strutturali”) – sia costretto a infrangere schiettamente, dinanzi al popolo, perfino i principi meramente formali di legalità e di democrazia che si allestisce. E poi vediamo che succede. E poi vediamo se in Italia chi per vivere deve lavorare, chi è stato espulso dal lavoro, chi al lavoro non è stato nemmeno fatto avvicinare – parlo di lavoro, non di sfruttamento –, vediamo se tutta questa gente insieme (che occupa almeno i primi quattro scalini della scala sociale, e quindi è la netta maggioranza del Paese) non si ribella allo smascheramento del privilegio di classe che conserva la diseguaglianza a tali livelli da Terzo Mondo! Ma si va per gradi. Non si passa subito alla rivolta – come vorrebbe invece il Potere, che ci infesta di Black Bloc ogni manifestazione, per derubricare un problema di ordine politico a uno di ordine pubblico. Si costruisce opinione su proposte di applicazione sostanziale della Costituzione, e si costringe il Potere a reagire visibilmente. Quali proposte? Comincerei da queste tre, che hanno il vantaggio di essere l’una il puntello teorico-pratico delle altre: 1. vogliamo che lo Stato dia lavoro producendo ‘cose’ utili (e i soldi per farlo? vedi punto 3); 2. vogliamo che ai privati imprenditori sia impedito di nuocere all’interesse generale (e allora chi è che dà lavoro e produce? vedi punto 1); 3. vogliamo che chi ha di più faccia di più per la collettività (e sennò? vedi punto 2). Per titoli, le tre proposte si potrebbero chiamare 1. la Riconversione, 2. la Confisca, 3. la Patrimoniale. E chiaramente, per farne campagne di sensibilizzazione e utilizzo dell’istituto dell’iniziativa di legislazione popolare, occorrerebbe un’organizzazione politica (diciamo comunista) – o almeno una coalizione sociale (diciamo anticapitalista) – che se ne assumesse il coordinamento! Ma di ciò parliamo un’altra volta (o rileggiamo quello che ho già scritto qua e là). Ora volevo solo ragionare insieme a voi di questo, sulla scorta dei dati dell’OCSE sulla ripartizione della ricchezza nazionale: quanto è falso dire che l’Italia è una! ventidue maggio duemilaquindici PROGRAMMA
(da http://parolesdrucciolevoli.weebly.com/) E' sdrucciolevole la parola? Spesso no, quando è nei contesti più materiali (il programma della lavatrice), culturali (un programma di sala) o decerebranti (i programmi della TV). Con accezione comunque passiva: il programma, concetto pur chiaro e frequentatissimo, lo si riceve. Sdrucciolevole invece è sempre quando la parola è nel contesto politico; di più: quando dice un orizzonte attivo, quando è ancora da scriversi; di più ancora: quando tutto questo capita a sinistra. A sinistra, evidentemente, amiamo tanto Montale; tanto che da anni sappiamo dire alla gente solo ‘ciò che non siamo, ciò che non vogliamo’! Provo a infrangere il tabù: ecco ciò che voglio, ecco ciò che sono. ______________________________________________ Chiamarlo programma è ovviamente un parolone. E’ un parolone sia per il contenuto specifico di queste paginette, che semmai abbiano pure nell’insieme una propria coerenza organica (cui tenterò di alludere tra due capoversi) di sicuro sono manchevolissime di una serie di considerazioni più ampie, quali quelle spettanti a un testo che volesse rappresentare un programma politico da porsi all’attenzione della dialettica democratica di una collettività, e sia soprattutto perché il proponente sottoscritto non solo non riveste ruoli di elaborazione politica in uno qualunque dei corpi intermedi (meglio: partiti) cui la Costituzione (Art. 49) affida il compito di contenitori democratici dell’iniziativa di auto-organizzazione ideologica e programmatica di cittadini e cittadine, ma proprio non fa parte di nessuno di essi – né da iscritto, né da militante attivo, né da funzionario, né da collaboratore coordinato e continuativo. Io sono solo un comunista. Che non trova ‘casa’. Non la trovo perché sia le case ora aperte ai comunisti in Italia – in quanto tali e organizzati, che non sono poche (da Rifondazione Comunista al Partito Comunista d’Italia – ex PdCI –, dal Partito Comunista – ex Sinistra Popolare –, al Partito Comunista dei Lavoratori, da Ross@ a Sinistra Anticapitalista – ex Sinistra Critica –, dal Partito Comunista Marxista-Leninista al Partito Comunista Marxista Leninista Italiano, dai Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo alla Rete dei Comunisti, da Lotta Comunista a… mi sono perso, ma certo non finiscono qui!) – sia quelle non connotate strettamente per osservanza marxista, ma nelle quali i comunisti possono essere ben accetti per la condivisione di vertenze circoscritte di resistenza al neo-liberismo dominante (da Sinistra Ecologia e Libertà a Sinistra Lavoro, dall’Altra Europa – o quel che ne resta – a Prima Le Persone – o quel che possa esserne –, da ALBA ad ACT – e acronimi vari –, dalla nascente – spero, ancora – Coalizione Sociale che dichiara come scopo quello di connettere appunto vertenze e istanze di resistenza e contrattacco, all’altresì nascente – ma preferirei di no, visto come – Soggetto Politico a Sinistra del PD che qualsiasi cosa dichiari di sicuro ne pensa un’altra), ebbene nessuna di esse, pur tante e tante che sono, ha in programma nessuno (nemmeno uno) dei soli tre punticini che costituiscono il mio. Ma al solo pensiero di entrare a far parte organica di una qualunque di tutte queste case per egemonizzarne anche solo un po' la procedura interna di elaborazione politica affinché almeno uno dei miei tre punti programmatici diventi un punto di programma della tal casa, io mi sento mortalmente stanco. Difetto mio. Né sono il tipo di comunista che deve assolutamente passare la maggior parte del proprio tempo libero in compagnia di altri comunisti – altro buon motivo, nel caso, perché mi decida a trovar casa, una purchessia (per amicizia, dunque) benché programmaticamente insoddisfacente. No: un’organizzazione comunista mi serve se io servo ad essa, e se insieme serviamo la stessa causa – qui e ora: quella di implementare tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, democraticamente, cioè di creare opinione di massa così persuasa e determinata a tale scopo, cioè di costringere il nemico di classe a smascherare la propria guerra dall’alto verso il basso della società e a condurla incostituzionalmente e al limite antidemocraticamente (questa è la causa, qui e ora – rileggetevela, prego); sennò non mi serve farne parte, e resto il comunista senza organizzazione che sono. E come si potrebbe fare (a servire la causa)? Riuscirci non lo so. Provarci, sì: perseguendo da parte di una forza politica i tre punticini del mio programmetto. Che lascio scritto qui, all’attenzione di chiunque – non comunista, comunista senza casa pure lui, comunista accasato – non abbia quel mio stesso difetto e quindi non si senta mortalmente stanco al solo pensiero di tentar di egemonizzare la procedura interna di elaborazione strategica e tattica di un’organizzazione politica di cui faccia già parte, o di cui si accinga a far parte (proprio per egemonizzare eccetera), nel remotissimo caso uno o più punti dei tre incontrino il suo convincimento. Hanno una loro coerenza comunista, dicevo due capoversi fa. Cioè comunista nel senso che il loro obiettivo non è quello della presa del potere della classe lavoratrice, della spoliazione da parte sua della classe padronale, della sospensione dei principi formali di legalità in Italia e della costruzione del socialismo qui con le buone o con le cattive; bensì quello, lo ripeto, dell’implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, previa conquista di un’opinione di massa orientata in tal senso tanto poco minoritaria che il nemico di classe sia costretto semmai lui a infrangere smaccatamente quei principi formali di legalità e di democrazia. E poi vediamo che succede. Hanno una coerenza perché sono concepiti tutti e tre per aggredire il cuore dell’ingiustizia sociale – la questione del “chi ha cosa, e cosa ne fa” – e perché sono pensati come l’uno il puntello teorico-pratico degli altri. In estrema sintesi: 1. vogliamo che lo Stato dia lavoro producendo ‘cose’ utili (e i soldi per farlo? vedi punto 3); 2. vogliamo che ai privati imprenditori sia impedito di nuocere all’interesse generale (e allora chi è che dà lavoro e produce? vedi punto 1); 3. vogliamo che chi ha di più faccia di più per la collettività (e sennò? vedi punto 2). Sono tre punticini coerenti, solo che li ho pensati in momenti diversi per stimoli diversi e ne ho scritto in momenti diversi per occasioni diverse. E così ora vi prendete queste tre stesure per come sono state pubblicate rispettivamente. Che io meglio di così mi sa che non saprei spiegarmi. Se poi l’insieme non somiglia affatto a un programma politico, non è cosa di cui ci si possa minimamente stupire: io non solo non rivesto ruoli di elaborazione in una qualunque delle entità collettive cui spetta il compito di contenitori democratici dell’iniziativa di auto-organizzazione politica di cittadini e cittadine, ma proprio non faccio parte di nessuna di esse – né da iscritto, né da militante attivo, né da funzionario, né da collaboratore coordinato e continuativo. Sono soltanto un comunista. https://www.scribd.com/fullscreen/265876103?access_key=key-io9ehXxJjgGzmHIREE46&allow_share=false&escape=false&show_recommendations=false&view_mode=scroll Fine del programma. Nel remotissimo caso uno o più punti dei tre incontrino il tuo convincimento (di te che hai letto tutto fin qui) – che tu sia non comunista, comunista senza casa pure tu o comunista accasato (ma comunque non mortalmente stanco, come me, al solo pensiero di cimentarti in quanto segue) – il mio lavoro è a tua disposizione se vorrai tentar di egemonizzare la procedura interna di elaborazione strategica e tattica di un’organizzazione politica di cui tu faccia già parte, o di cui ti accinga a far parte (proprio per egemonizzare eccetera). Non lo so, se questo – se tale organizzazione così egemonizzata si mette a perseguire il nostro (posso dire nostro?) programmetto – riuscirà a farci conquistare la causa: l’implementazione di tutto il socialismo possibile in Italia a Costituzione vigente, previa conquista di un’opinione di massa orientata in tal senso tanto poco minoritaria che il nemico di classe sia costretto a infrangere schiettamente i principi formali di legalità e di democrazia (e poi vediamo che succede). Non lo so se ci si riesca. Ma questo – ho capito da un po’ – è l’unico modo di provarci. diciotto maggio duemilaquindici IN BRACCIO AL NEMICO
L'altra sera, a margine di una bella e densa iniziativa di informazione e confronto sul Jobs Act organizzata da Rifondazione Comunista a Monteverde – Roma –, dicevo coi compagni che se il Jobs Act è una pistola puntata dal capitale alla tempia del lavoro e che se possiamo (dobbiamo) porci l'obiettivo di neutralizzare presto e seriamente l'arma letale (in un crescendo proporzionale al nostro peso nei rapporti di forza: dalle vertenze lavoristiche alla sollevazione di profili di incostituzionalità, fino a una campagna referendaria per l'abrogazione della legge), tuttavia il problema della relativa facilità con cui il capitale fabbrica una pistola dopo l'altra da puntarci in testa (prima del Jobs Act la riforma Fornero, e prima la legge Biagi, e prima il pacchetto Treu, e prima le privatizzazioni, e prima la concertazione, e prima la denuncia della scala mobile, e prima la marcia dei 40.000...) dipende dal fatto che gli è riuscito anzitutto di farci introiettare il postulato ideologico del mercato del lavoro, ossia che quello del lavoro sia appunto un mercato. Ma noi – dicevo l'altra sera – non vinceremo mai davvero (nemmeno) questa fase della guerra di classe secolare se intanto non smentiamo alla radice l'assunto, ricordandoci e dichiarando che quello del lavoro invece non è affatto un mercato, per il semplice motivo che il lavoro non è una merce bensì una dignità, un fenomeno esistenziale, un processo cognitivo, un costrutto di senso. Altrimenti la Costituzione avrebbe ben potuto aprirsi con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul chinotto", né sarebbero occorse la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo per scrivere un primo articolo così. Ricordiamocelo bene, dicevo, facciamo opera di memoria condivisa, deduciamo da ciò il nostro orizzonte strategico di elaborazione politica e le nostre opzioni tattiche, e allora sì che la pistola – questa del Jobs Act, e quella che verrà dopo e dopo e dopo ancora – ce la toglieremo dalla tempia, e magari potremo anche rivoltarla contro chi ce la punta in faccia con tanta sicumera. Un altro concetto che la nostra controparte è riuscita a farci far nostro riguarda il denaro. Infatti l'obiettivo di far soldi sembra essere l'obiettivo universale, trasversale a tutte le classi. E questo nonostante per ogni spicciolo messo in saccoccia da un proletario (categoria demodé, che uso qui come nickname abbreviato della più corrente “cittadino che fa parte del 99% del popolo soggetto all'iniquità sociale allestita dall'1% dell'élite”) un mazzo di banconote spunti nel portafoglio di un privilegiato; e anzi, più tecnicamente: nonostante il fatto che proprio lo sforzo di quantità immense di lavoratori per mettersi in tasca gli spicci sia condizione necessaria e sufficiente per il rigonfiamento dei portafogli dei capitalisti. Ma non sto qui a dar ripetizioni di plusvalore a nessuno. Eppure i soldi non sono niente. - Sono dolente, il termine per cambiare valuta è scaduto da due giorni... Siete duri di comprendonio? Il termine è scaduto - Sei tu a essere scaduto, coglione! Qui ci sono trentamila marchi! Per quarant'anni questi sono stati i nostri soldi! - Vigilanza! - E uno stronzo dell'Ovest si inventa che non valgono più niente! - Vi invito a lasciare immediatamente l'istituto! (Un altro cliente: - Giusto, sono ore che facciamo la fila!) - Esco da solo!... (Rivolto a tutti:) Cosa avete da guardare? Erano i vostri soldi questi! Ve lo ricordate 'Good Bye, Lenin!', no? Gustosissimo, di Wolfgang Becker, del 2002. Quella sequenza in banca è illuminante, secondo me. I soldi non sono niente. Se non la concretizzazione tridimensionale dello sfruttamento di classe. E la trasvalutazione di valori umani che ci fa mettere l'impegno di procacciarceli in cima alle nostre priorità, è la ratifica spirituale dell'introiezione da parte nostra di quello sfruttamento. Smitizziamoli almeno un pochino. Rammemorando, per esempio, un caso classico (che parla sempre tedesco): l'iperinflazione di Weimar. Da Wikipedia. "Tra il 1871 e il 1913 l'inflazione aveva mostrato un andamento molto contenuto e a tratti addirittura negativo. Negli anni della Prima Guerra Mondiale l'inflazione annua salì invece in media al 28.3%. Come una bomba a orologeria, gli squilibri finanziari derivanti dalle immense necessità di spesa dello Stato per ragioni di guerra esplosero dopo un lustro in tutta la loro drammaticità. Nel periodo direttamente successivo, cioè tra il 1919 ed il 1923, l'inflazione raggiunse il 662.6% annuo. Durante la sua fase finale, nel novembre 1923, il marco valeva un bilionesimo di quanto valesse nel 1914. Durante l'iperinflazione, furono emesse banconote di taglio elevato. Non furono quasi più coniate monete. Il Papiermark fu prodotto in enormi quantità: esistevano anche tagli da 100.000.000.000.000 di marchi. Centinaia di fabbriche di carta stampavano giorno e notte nuove banconote, francobolli e altri valori con sopra delle cifre sempre più astronomiche. Stamperie pubbliche e private, statali, regionali, comunali, bancarie e persino private emettevano fiumi di marchi che non valevano il prezzo della carta su cui erano impressi. Complessivamente trentamila persone erano impegnate nella produzione dei circa dieci miliardi di banconote emesse per contrastare l'inflazione. In totale, la banca del Reich emise 524 trilioni di marchi (un trilione ha 18 zeri), cui si aggiunsero altri 700 trilioni d'emergenza fatti stampare da città, comuni e imprese per fronteggiare la crisi economica. Il più delle volte, le banconote e i francobolli stampati qualche ora prima venivano sovraimpressi con valori superiori e, per accelerare la produzione, le banconote venivano stampate da un solo lato. Un dollaro americano valeva, nel 1921, 65 marchi; nel 1922, 2.420 marchi; nel giugno 1923, 100.000 marchi; nel luglio 1923, 350.000 marchi; nell'agosto 1923, 4.600.000 marchi; nel settembre 1923, 100.000.000 di marchi; nell'ottobre 1923, 25.000.000.000 di marchi; nel novembre 1923, 4.200.000.000.000 di marchi. Nel 1923 il governo tedesco fu costretto a pagare lo stipendio quotidianamente ai dipendenti, i quali s'affrettavano a comperare qualsiasi merce prima di vedersi letteralmente sublimare il denaro tra le mani. Carriole piene di carta moneta servivano a comprare un uovo o un biglietto del tram. In questa situazione drammatica, si tornò a fare senza il denaro, in quanto le banconote erano utilizzate per accendere le stufe, quando la gente era già da mesi dedita al baratto dei beni. La situazione si normalizzò solo nel gennaio 1924, quando fu introdotta – a partire dal 15 novembre 1923 – la nuova moneta, il Rentenmark, che sostituiva milioni dei vecchi biglietti di banca." Cosa sono questi benedetti soldi? L'iperinflazione di Weimar mi ha sempre fatto una certa impressione, come di un falò delle vanità di savonaroliana memoria. Né quello fu l'episodio più clamoroso di volatilizzazione del valore (e del significato) del denaro nella Storia: in Germania nell'autunno del 1923 i prezzi per raddoppiare impiegavano meno di quattro giorni, ma soltanto un giorno e mezzo nella Jugoslavia del gennaio 1994, 24 ore in Zimbabwe nel novembre 2008, e addirittura 15 ore in Ungheria nel luglio 1946 – che è il massimo assoluto di inflazione nota e misurata. Su cosa sia davvero il denaro, se la sua realtà sia univoca o invece abbia una connotazione di classe (cioè sia una cosa per il proletario e un'altra per il privilegiato – ciò che io credo), sul fatto che la rivoluzione del relativo concetto, così come quella dell'accezione mercatistica del lavoro che dicevo all'inizio, debba camminare di pari passo con la lotta politica e le sue forme più idonee alla guerra in corso – ci lasciamo a pensarci un po' questa domenica. Che vi auguro buona, come sempre, ovviamente. In coda. Vengo a sapere che moltissime delle opere esposte alla Biennale di Venezia in corso sono schieratamente critiche nei confronti del capitalismo e del consumismo. Addirittura nei Giardini è allestita – da performer britannici – la lettura pubblica del Capitale di Karl Marx in versione integrale. Mi sa allora che la tessera che farò – se devo, come suggerivano i compagni l'altra sera – non sarà quella del maggior partito comunista ora esistente in Italia (il cui vertice è talmente anacronistico che proprio ora annacqua la propria missione e radice cercando di intrupparsi coi moderati, i quali tra l'altro nemmeno ce li vogliono – i comunisti), ma semmai di una qualche associazione artisti della neopostransavanguardia. Se mi accettano, anche se non so far nulla. A parte forse leggere. diciassette maggio duemilaquindici A QUALCUNO PIACE (?)
Questa riforma della scuola targata Giannini – Renzi – affaristi privati vari, è davvero una iattura. E’ stato già detto da tanti, e certo meglio di come possa fare io. Allora eccomi ad aggiungere – mi pare – al ragionamento collettivo soltanto la considerazione che la riforma, oltre tutto, nientemeno si fa beffe della Costituzione Italiana laddove essa (Art. 33) recita “La Repubblica […] istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. [… I] privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” Mi spiego? Per Madri e Padri Costituenti la scuola pubblica doveva essere la regola, quella privata l’eccezione. E un’eccezione che seppur praticabile non doveva comunque gravare l’onere di una sola lira (all’epoca – oggi sarebbe un centesimo di euro) sulle finanze collettive, dalle quali infatti si deve attingere per il miglior funzionamento e continuo perfezionamento del sistema scolastico pubblico. Ancora più chiaramente, dice la Costituzione: “Cari privati che volete fare business con la scuola, bene – provateci. Ma con le vostre sole sostanze di privati: imprese, fondazioni, lobby, banche – e finché ci riuscite. Lo Stato, per il popolo e attraverso il popolo, coi propri soldi ha da pensare alla scuola pubblica: quella del popolo!” Che poi è la stessa cosa che recentemente ha detto Gino Strada, il fondatore benemerito e instancabile animatore di Emergency, a proposito della sanità – altro servizio di pura e semplice civiltà, che la Costituzione presidia col diritto alla salute di tutti i cittadini e alla gratuità delle cure per i meno abbienti (Art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”) Ha detto, testualmente: “Oggi la sanità italiana è in crisi profonda. Perché? Perché si è cominciato a trasformare gli ospedali, che devono essere luoghi ospitali, in aziende. Perché l’interesse non è più la salute della persona o la salute della collettività, ma il fatturato. […] La sanità che ha dentro il profitto è una cosa che ci danneggia tutti. […] Io non farei nessuna nuova convenzione tra pubblico e privato, e a scadenza non rinnoverei nessuna delle convenzioni esistenti. Il privato vuole fare il privato. Lo faccia. Ma con i soldi suoi. Perché il privato deve fare il privato con i soldi del pubblico?” E guardate, dico io, non è neppure un problema di soldi. Cioè, sì: tanto pochi sono quelli a disposizione del pubblico – in ogni campo – che davvero grida vendetta che ne vadano (e tanti) dalle pubbliche finanze all’impresa privata per il supporto a servizi che i privati allestiscono in concorrenza con gli stessi servizi pubblici! Ma il problema principale è d’impostazione, di modello sociale, di diritti, di democrazia, di civiltà: infatti, ripeto, nella scuola (come nella sanità) il pubblico deve essere la regola, e il privato solo l’eccezione. Però pubblico non soltanto nel senso che la ‘proprietà’ della scuola (in senso lato: la selezione, la formazione e la gestione del corpo docente, il reperimento e l’utilizzo delle risorse amministrative, l’elaborazione e l’evoluzione dei programmi d’insegnamento, la creazione e la manutenzione delle infrastrutture) deve essere saldamente in mano alla generalità dei cittadini che ne fruiscono, cioè pubblica, bensì nel senso che il modello di funzionamento di ogni sua parte e dell’insieme deve essere assolutamente improntato ai criteri dell’interesse generale, del bene comune, e non – mai – alla visione aziendalista e mercatista tipica del privato. Quindi, prima mi dimostrino – Giannini e Renzi, sfacciati portavoce di interessi imprenditoriali – che la loro riforma non solo non innescherà inevitabilmente un ‘turpe mercimonio’ (si diceva un tempo della prostituzione) tra i cosiddetti manager scolastici e gli sponsor privati, a danno ovviamente dei fondi pubblici a disposizione, ma che non snaturerà profondamente la missione costituzionale e lo spirito egualitario della scuola (così come già accade nella sanità, dice giustamente Strada), e solo poi proverò a guardare le performance del premier che spiega la riforma col gessetto alla lavagna, senza ridere e indignarmi insieme! La Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. I privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Questa ‘musica democratica’ suona tanto patriottica alle mie orecchie – e di tanti cittadini di buona volontà e retto pensiero – che spicca anche attraverso il rumore orribile di questi nostri anni (ultimi decenni, veramente) durante i quali è stato dato fiato ad ogni tromba dicesse che “pubblico è spreco, e privato è efficienza”. Lo dicevano e lo ripetono in modo del tutto interessato, ovviamente, quegli stessi che proprio da posizioni di amministrazione pubblica (centrale o locale, generale o di comparto, di gestione o di controllo) hanno fatto e fanno di tutto per far crollare gli standard del servizio pubblico ‘puro’ di scuola e di sanità, preparando al contempo la concorrenza privata (dei loro amici, dei loro mandanti) a subentrargli con un’accettazione drogata, da parte della pubblica opinione, del mis-fatto compiuto. Sarebbero infiltrati, tecnicamente, sabotatori o spie – comunque servitori infedeli dello Stato. In tempo di guerra traditori siffatti passano direttamente dalla Corte Marziale al plotone d’esecuzione. (Però dice che oggi siamo in tempo di pace… Sarà.) Ma – riprendo e concludo – quella musica egualitaria e sollecita verso tutti i cittadini cui una democrazia deve assicurare istruzione e salute (musica ‘costituzionale’ deturpata da quasi tutto ciò che sta facendo questo governo, in linea coi precedenti, e devo dire anche con poco filo da torcere da parte del Parlamento) mi piace talmente che la mia idea – da tempo – è quella che essa andrebbe estesa anche a tanti altri servizi basilari per la vita di una collettività che voglia dirsi civile: la casa, l’alimentazione, la mobilità, le necessità personali, l'intercomunicazione, perfino la ricreazione. Pensate… …La Repubblica tutela la dimora come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce cantieri statali per la costruzione di edifici abitativi di ogni tipologia. I privati hanno il diritto di istituire società immobiliari, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela il nutrimento come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce aziende statali per la produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti. I privati hanno il diritto di istituire società di settore, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela la mobilità sul proprio territorio come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce fabbriche metalmeccaniche pubbliche per la produzione e vendita di mezzi di trasporto. I privati hanno il diritto di istituire aziende analoghe, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela il vestirsi come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce opifici manufatturieri statali per la creazione e distribuzione di indumenti e calzature di ogni tipo. I privati hanno il diritto di avviare imprese nello stesso campo, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela la comunicazione e le reti di interconnessione come fondamentali diritti dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce aziende pubbliche elettroniche, informatiche e telematiche per la realizzazione e commercializzazione di strumenti di comunicazione e apparati di connessione virtuale. I privati hanno il diritto di istituire industrie e società negli stessi settori, senza oneri per lo Stato. La Repubblica tutela lo svago come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e istituisce centri pubblici per la creazione e la diffusione di supporti ricreativi, materiali e immateriali, con cura dell’utilizzo e del gradimento da parte dei cittadini. I privati hanno il diritto di istituire filiere produttive e commerciali analoghe, senza oneri per lo Stato… Dalla regia mi dicono che questo sarebbe già un po’ di socialismo. Evvabbe’, rispondo: nessuno è perfetto! quindici maggio duemilaquindici LA PRETESA DI SALVARSI
“Il mondo ricco è ricco: sono i suoi Stati a essere poveri. Il caso più estremo è quello dell’Europa, che è insieme il continente in cui i patrimoni privati sono i più alti del mondo e il continente che incontra più difficoltà a risolvere la crisi del debito pubblico.” Il Capitale – nel XXI Secolo, Thomas Piketty (pag. 862). E perciò è non solo iniquo, ma è sciocco, paradossale, che dall’inizio della Grande Crisi Globale fino ad oggi, i decisori politici e finanziari di quasi tutti i singoli Paesi, di ogni continente, di quasi tutte le Unioni tra Paesi (dall’Unione Europea agli USA), e di quasi tutti gli organismi politico-finanziari internazionali (dalla BCE all’FMI), l’abbiano affrontata trasferendo altri capitali dai già poveri patrimoni pubblici ai già ricchi patrimoni privati. Col taglio ai bilanci nazionali, con l’austerity, con l’annullamento degli investimenti per i servizi generali, con la compressione dei costi della democrazia. O meglio: paradossale è dire, come essi tutti dicono, che questa sarebbe la ricetta per il bene comune. Quando è vero il contrario: questo immenso trasferimento di risorse dal pubblico al privato, è la ricetta per il meglio di pochissimi e per il peggio di tantissimi – ed è il sistema più sicuro per consolidare questa divergenza per tanto futuro da oggi. Sarebbe lo stesso, in un ascensore che precipita, mettere ancor più peso nella cabina che cade togliendolo dalle lastre di contrappeso che intanto schizzano in alto! I decisori politici e finanziari si permettono di fare una cosa così ingiusta, e di spacciarla in modo tanto assurdo, perché essi – e l’élite che rappresentano – non stanno nella cabina dell’ascensore, è chiaro. Ma l’insensatezza della situazione raggiunge il massimo quando chiediamo alla grande maggioranza della gente che sta dentro l’ascensore che precipita, se gli stia bene così – cioè se gli sta bene che la ricchezza venga tolta alla disponibilità pubblica, già scarsa, e attribuita a quella privata (dei grandi patrimoni, soprattutto); e loro dicono di sì. Mentre cadono. E’ perché le élite hanno non solo il comando materiale tramite i propri rappresentanti nelle posizioni decisorie poltiche e finanziarie, ma soprattutto quello non-materiale, culturale, egemonico, sull’opinione di massa, sul senso comune, tramite… be’, lo sapete – ci stiamo immersi letteralmente! E grazie a questo comando hanno per anni lordato talmente il concetto stesso di pubblico e comune, che il gioco gli riesce: la gente non ama il privato in sé, non si fida più di tanto della corsa al profitto come modello generale (la Crisi glielo conferma, peraltro), ma è che del suo contrario non immagina più possibile neppure l’esistenza. Pubblico è un’idea tabuizzata. Ora, tutto questo è la Destra – in senso generalissimo (ci stanno dentro componenti che sembrano magari diversissime tra loro, e ovviamente pure quelle componenti che dicono che la Destra e la Sinistra non esistono più). Se ne deduce che la Sinistra – il suo opposto – deve distinguersi per un programma contrario a quello in esecuzione un po’ dappertutto: deve essere, la Sinistra, dappertutto, quella che dice alla gente che sta cadendo in ascensore, che toglierà tanti chili dalla cabina e li metterà sulle lastre contrappeso – finché la caduta si arresti. E magari si riprenda a salire! Fuor di metafora, la Sinistra – in senso generalissimo – è allora quella che si caratterizzerà per una schietta intenzione programmatica di togliere capitali dai patrimoni privati (in senso progressivo: a capitali maggiori, aliquote maggiori di prelievo – come vuole la giustizia tra gli uomini e come vuole l’intelligenza dei conti) e di mettere capitali sui patrimoni pubblici. Per far crescere i bilanci degli Stati, per fare investimenti sui servizi collettivi, per rafforzare le istituzioni della democrazia, per dare lavoro – tendenzialmente, una piena occupazione – e per far avanzare le forme della civiltà, della cultura, dell’umanità, della pace. Se non è questo, la Sinistra, non è. O quantomeno non è un granché: infatti, se non pone una cosa così decisiva per la massa (il prelievo, dal grande capitale privato, di risorse da mettere a bilancio pubblico per la vita della generalità della gente) in cima alla propria carta d’identità, e invece mette qualcosa che magari interessa qualche strato, di quella generalità, particolarmente sensibile a questo o quel tema di progresso (dai nuovi diritti civili alle lucide visioni geopolitiche), ebbene la grande massa penserà che il concreto riscatto di tutto un popolo sia davvero un’utopia – come gli sibila la Destra da una lunga fase storica additando il progressista intellettuale come un garantito, come un nemico del popolo –, e allora tanto vale cercar di scamparla ciascuno individualmente tendendo le mani da dentro l’ascensore a quelli già in salvo, l’élite, che promettono di tirar fuori i conformati al proprio modello. Prima dello schianto. L’ha per caso tabuizzata anche la Sinistra, l’idea di pubblico? E’ possibile: la Sinistra sono uomini e donne di questa Terra e di questo tempo, non alieni né dis-ibernati; e quindi il comando immateriale che l’élite e la Destra esercitano su tutti, immergendoci tutti nello stesso senso comune apparentemente neutrale e invece schieratissimo, produce effetti anche sull’azione, sul coraggio e sul pensiero stesso di uomini e donne che costituiscono le forze più o meno ingaggiate della Sinistra. Ora, se non siamo ancora arrivati a tanto, credo sia il momento di alzare il braccio e dare il segnale che no. Tra l’altro servirebbe a riconoscerci tra noi, a unire le forze più conseguenti, più idonee a strutturarsi per il contrattacco, e per la necessaria opera di convincimento presso tutti gli altri abitatori della cabina in caduta. E direi che la buona ragione di trovare il massimo comune denominatore tra le tante sensibilità di Sinistra – per esempio in Italia, per esempio adesso – valga già da sola lo sforzo di provarci! Ma davvero possiamo unirci o dividerci sul giudizio da darsi alle scelte europarlamentari di Barbara Spinelli? Non è paradossale, è psicotico. E poco meno lo sarebbe – lo è – unirsi o dividersi sulla fiducia in Civati, in Vendola, in Ferrero, in Rodotà, in Landini; come sull’ordine prioritario in cui un domani mettere le unioni civili, lo ius soli, il conflitto d’interessi, la politica internazionale, e completate da voi la lista. Viceversa, se diciamo che la Sinistra – qui in Italia, e ora al tempo di Renzi – si coagula intorno alla proposta sacrosanta di istituire una tassa patrimoniale, un’imposta progressiva sul capitale (per esempio: lo 0.1% annuo per meno di 200.000 euro di patrimonio netto, 0.5% tra i 200.000 e il milione, 1% tra 1 e 5 milioni, 2% tra 5 e 100 milioni, e 5% oltre quella somma – cfr. Piketty, pag. 841), e al sacrosanto programma di realizzare con quegli importi gran parte degli investimenti pubblici che fanno la differenza tra il Paese disoccupato e precario e disservito che ora siamo, e la Repubblica Italiana disegnata da Madri e Padri Costituenti, ebbene io penso che non solo chi entrerà a far parte attiva, dirigente, di questa Sinistra sarà tanto ma tanto più affidabilmente di sinistra che se cooptato lungo qualsiasi altra discriminate teorica possibile (preferenze di leadership, di modello organizzativo, di orientamenti radical-chic, di apparentamenti geopolitici), ma che questo parlare e agire politico arriverà al cuore e alla mente delle persone comuni. Concretamente, misurabilmente, semplicemente. Qualcuno smetterà allora di tender la mano al proprio nemico, che nasconde un coltello, sperando così di salvarsi. Qualcuno darà allora una mano a toglier peso dalla cabina. E poi qualcun altro, e altri, e altre: nessun tabù è inamovibile. Gente che vuol fare la Sinistra – lo chiedo a voi: possiamo farcela? Lo domando, accorato, perché intanto cadiamo. E non è neanche vero che fin qui tutto bene. quattordici maggio duemilaquindici E' UNA COSA
Io lo capisco che sul carro del vincitore si sta comodi come da nessun’altra parte, ma… Ma possibile che ieri per tutto il giorno, tutto quanto, mentre passavano sul mondo un’infinità di notizie, la testata di Repubblica.it è rimasta inchiodata su "Renzi che farà (prima) il videoforum" e "ha fatto (dopo) il videoforum di Repubblica"? Gli servisse una ribalta, un’altra, dico io! Eppure Repubblica ci ha confortati tutti per un ventennio buono, era l’estrema consolazione mainstream degli anti-berlusconiani! Pure più di Rai3, perché a noi tutti anti-berlusconiani ci piace più il profumo della carta che il ronzio del televisore. Ma adesso, ecco che Repubblica – non dico che sposi tutte le tesi di Renzi, ma comunque – gli tiene un faro puntato addosso, casomai qualche lettore di giornali progressisti cartacei o virtuali non avesse ancora da altri (sterminati) canali di comunicazione potuto farsi venire il dubbio che poi, forse, su certe cose, certo messa così, e poi parla chiaro, non è vero che è scemo del tutto, sono ingenerosi gli accostamenti a Mr Bean, guarda è pure simpatico, uno che ascolta tutti, decide, uno che decide, e poi se Repubblica che è sempre stata coerentemente anti-berlusconiana gli apre così la porta… E insomma, tutto ieri pareva successo solo questo. Cosa ci dice ciò? Che essere anti-Berlusconi è (stato) una cosa, ma essere pro-giustizia è (e sempre più sarà) un’altra. Cominciamo a scrivercelo profondamente in testa, a sinistra (quella vera), e mi sa che tante sciocchezze smetteremo di dirle e farle. tredici maggio duemilaquindici TITOLI DI CODA
Barbara Spinelli chi? L'Altra Europa cosa? I fuoriusciti quali? Prima Le Persone come? Human Factor che? L'aveva-detto-SEL quando? Rifondazione tattica perché? Dissidenti PD dove? Pippo Civati in quanto? Resistenza per quanto? I movimenti ma quanti? Il progetto ma quale? Abbiamo trasmesso: “Domandare è lecito – rispondere, scortesie. Ma pesanti, e è pure poco!”, radio-farsa di Nostra Sinistra Italiana di Questi Tempi. Landini, ti prego: facci cambiare canale! dodici maggio duemilaquindici SI' SI', NO NO
"Perché tanti potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre". L'ha detto oggi Bergoglio ai bambini romani in Aula Nervi. E ha aggiunto: "Dietro le guerre c'è sempre anche l'industria delle armi. E questo è grave: alcuni potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e le vendono a questo Paese perché vada contro quello. E' l'industria della morte, la cupidigia che ci fa tanto male, la voglia di avere più denaro." Ora, non è letteralmente "socialism is a global peace-keeping" ma poco ci manca. Ieri Raul Castro in visita al Vaticano ha commentato: "Se Papa Francesco continua così, divento cattolico." Io ovviamente sono dell'idea che all'inverso tutti i cattolici del mondo - ma di più: tutti i cristiani, e tutti i credenti in un qualche dio rispetto al quale l'Umanità è composta di fratelli e sorelle, e più in generale ancora tutti gli esseri umani che coltivano in sé una dimensione etica di empatia globale e di compassione attiva - devono con grande sincerità ammettere di essere socialisti, e comportarsi di conseguenza. Ma insomma l'idea è quella, ci siamo capiti. Bergoglio coi bambini ha finito così: "Dove non c'è giustizia non c'è pace. Ripetete con me..."; tre volte, e i bambini appresso. Che poi era lo slogan identitario degli afroamericani contro i buoni cristiani razzisti negli USA ai tempi di M.L. King e Malcom X: "No justice, no peace", e lo è ancora oggi. Non è male, questo papa! undici maggio duemilaquindici DE MINIMIS NON CURAT
Ma io non sono un pretore, e quindi mi tocca. Civati è un'oca. Non nel senso dell'offensiva allegoria animale, ma in quello dell'acronimo di mio fresco conio: OCA, cioè un'Offerta Camuffata di Acquisto. Che è diversa dall'OPA, perché questa è Pubblica – cioè nota, trasparente, schietta – mentre l'altra al contrario è appunto Camuffata: nascosta, celata, dissimulata. E di chi è l'OCA che Civati incarna? Da chi, celatamente, viene fatta? E per acquistare, conquistare cosa? Civati è l'OCA del PD di Renzi sul variegato mondo presente (e futuro, soprattutto) a sinistra del Centrosinistra – ecco la risposta a tutte le domande. Ci cadiamo? Dico: ci cadiamo, nella trappola che lo presenta invece come un convertito al bene sociale? Che lo descrive come disposto, ora – dopo sofferta crisi di coscienza e politica –, a dare quel valore aggiunto che mancava per la costruzione di un polo attrattivo di sinistra, alternativo al PD e pure al Centrosinistra per come è diventato? Nella trappola che è scattata con un tempismo svizzero tra due momenti fondamentali della storia politica contemporanea di questo Paese, il momento in cui Renzi dice di voler trasformare il PD nel Partito della Nazione e il momento in cui qualcosa (la Coalizione Sociale?) e/o qualcuno (Landini?) darà finalmente una forza di rappresentanza istituzionale a tutte e tutti gli anti-neoliberisti più o meno organizzati, più o meno frantumati, più o meno depressi, comunque ad oggi ir-rappresentati sulla scena pubblica – ci cadiamo? Allora stiamo messi peggio di come temessi. Provo a spiegarmi – a spiegare l'evidenza, ma fingiamo che occorra spiegare. Con l'avvertenza preliminare che sto parlando a compagne e compagni, e tra le compagne e i compagni a chi condivide con me l'idea che la macchina di potere (e poteri) che ha scelto Renzi come proprio front-man nel gioco democratico sia potente davvero. Sto parlando a voi. Quindi ho ristretto un po' il campo dei miei possibili lettori, scientemente. Gli altri, è inutile perfino che ci provi. Per stavolta vadano a farsi un giro. Renzi, se leggiamo tra le righe, non ha nessuna intenzione di trasformare il PD nel Partito della Nazione. Mica è scemo, mica vuol passare dalla parte del torto attirandosi accuse di autoritarismo e alienandosi (anche solo un poco) il gradimento popolare. Il PD a Renzi va bene così, tanto nei suoi polmoni (del Partito) non gira più – l'ho scritto già altrove – neppure per sbaglio una sola molecola che sia per caso transitata in un polmone qualsiasi di un militante del PCI a suo tempo: il PD, ormai definitivamente, per metodi, contenuti e prospettive, non somiglia più nemmeno al PDS occhettiano, ma è direttamente la DC risorta, e la DC di Scelba, Fanfani, Andreotti – mica la DC di Dossetti e Moro. E' perfetto così, per fare gli interessi del capitale e del privilegio. Perché cambiarlo in un'altra cosa? Renzi, il Partito della Nazione lo vuole sì, ma in tutt'altro senso. In un senso che anche le cosiddette riforme istituzionali – più volgarmente, gli stupri ripetuti della Costituzione – lasciano intendere. Lui quando dice 'Partito della Nazione' dissimula l'insieme dei soggetti politici che si vanno creando in quest'epoca sua, i quali – insieme appunto, interpretando quasi tutte le parti in commedia – garantiranno la tenuta della scena politica, la conformità dell'opinione pubblica di maggioranza e la sopravvivenza del sistema neoliberista di sfruttamento. Crisi o non crisi economica. E i soggetti che gli servono sono tre. Uno è il PD così democristianizzato, che tiene saldissimo il centro dello schieramento e la maggior parte del gradimento (tra gli italiani, almeno, che non vomitano alla domanda su chi preferiscano); l'altro è il polo della Destra post-berlusconiana, che già esiste e che va già bene così com'è, comprese le beghe interne tra Berlusconi (e i suoi fedeli) e i moderati (oggi intorno Alfano, domani qualcun altro si trova) le quali consentono di dare un contentino di rappresentanza a tutti gli spiriti italiani della destra presentabile, e intanto di non disturbare chi manovra; e il terzo sarebbe il polo della cosiddetta Sinistra, che oggi manca (visto che il PD sia di centro, ormai non lo nega più nessuno – tranne Berlusconi a soli fini narrativi) ma che c'è il remoto rischio ne nasca uno vero e indipendente a dire ciò di cui ha assoluto bisogno la gente che deve lavorare per vivere: questo polo manca, potrebbe nascere davvero (Landini non è uno che ha scheletri nell'armadio, come invece Vendola), alla gente potrebbe perfino piacere... E allora, zac! Mandiamogli Civati a prendersi – per nostro conto, ma di nascosto (e un'OCA, mica un'OPA) – la scena pure da quella parte. Il triangolo sarebbe così formato. Il Partito della Nazione costituito. L'Italia post-democratica potrebbe definitivamente mollare gli ormeggi. Chi resterebbe fuori? Resterebbero fuori la Destra impresentabile, cioè la Lega di Salvini, e i nessuno-più-si-ricorda-perché-li-ha-eletti-e-a-far-cosa, cioè il 5Stelle di Grillo e Casaleggio. Ma nell'ottica di Renzi (cioè della macchina di potere e della rete d'interessi cui lui dà faccia giovane, passo svelto e accento toscano), questa è la ciliegina sulla torta! Il Partito della Nazione governa (cioè: governa direttamente col PD e pezzi di destra moderata, perde tempo e orienta opinione con Berlusconi più a destra ancora, perde tempo e orienta opinione con Civati e Vendola alla propria sinistra), e tutto lo scontento popolare contro il tri-Partito viene incanalato, e magistralmente vanificato, dai due perfetti campioni della distrazione di massa: Grillo, che dice alla gente che se abbattiamo il Palazzo siamo liberi (credo fosse più o meno quello che pensava il comandante del Titanic, quando diceva al timoniere di curar di evitare la parte visibile dell'iceberg – ma almeno quei due erano incompetenti in buona fede), e Salvini, che dice alla gente – che ha motivi di lamentarsi – di odiare chi ne ha di immensamente maggiori (e l'italiota, che bruttura, pensa che questo lo farà star meglio). Capite il gioco? Così è perfetto. D'altronde, se qualcuno di tutti quelli che ho nominato, oltre Renzi, come ingranaggi del grande meccano di riconversione dell'Italia da una repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare a un'altra cosa – Salvini, Grillo, Vendola, Civati, Berlusconi, Alfano –, fosse anche solo un po' indigesto a quella rete di poteri e interessi di cui sopra, minimo minimo una bella macchina del fango come deterrente sarebbe già scattata. E massimo massimo, anche di peggio. Ma invece godono tutti – per fortuna, dico io da brava persona – di ottima salute e di grande credibilità sulla scena mediatica, almeno ciascuno presso il proprio bacino d'ascolto assegnatogli. No, compagne e compagni, ciò che sta scattando è un'altra cosa: la trappola che dicevo all'inizio. Civati che esce dal PD ed entra come un arcangelo nel Mar Rosso della sinistra politica, d'opinione e sociale italiana, è la classica polpetta avvelenata. Astenersene, prego; e far astenere tutte e tutti, a gran voce! Ma non state a dar retta al sottoscritto paranoico, sentite direttamente le sue parole. Ha detto: “Quando Landini dice partite Iva e metalmeccanici ha capito, io sono d’accordo e aggiungo: lavoro, eguaglianza, che è concorrenza leale, premio per chi lo merita e non meritocrazia. E un valore che metterei al primo posto per questa nuova area politica: una sinistra che si batta per una maggiore umanità. Contro il cinismo, l’incoerenza tattica, un racconto sincero della realtà. Io dialogo con Landini.” E chi se ne frega? Non sentite che non sta dicendo nulla, che è tutta fuffa come sempre e anche più del solito? Però siccome lo dice Civati, che è una vita che si guadagna il pane come il grande Amleto, che la gente lo conosce e lo riconosce, che lo intervistano dappertutto pure sul meteo, che è caruccio (ecco perché il PD non ci ha tirato dentro Fassina), che è giovincello (ecco perché non Mineo o Tocci – eppure Tocci, Mineo o Fassina sarebbero intrinsecamente più a sinistra di Civati, e si dichiarano più di lui anti-renziani; ma no: il cavallo di Troia doveva essere uno coi requisiti esatti di Pippo), allora perfino il parolame più povero di contenuti sembra la manna dal cielo. E sbertucciarlo subito come merita, da parte di chi nella sinistra-sul-serio ha qualche ruolo, non è nemmeno esente da rischi proprio per i motivi di popolarità e visibilità del personaggio: alla gente, pure alla nostra, un po' piace, un po' si fida. E' per questo – credo, a voler pensare bene – che Ferrero fa buon viso a cattivo gioco, rispondendo almeno con un 'vediamo le carte' all’appello di Civati e di Vendola che si sono detti pronti a dar vita a un partito a sinistra del PD. Solo che poi Civati aggiunge: “L'idea è quella di dar vita a una sorta di nuovo Ulivo, un Ulivo 3.0, non a sinistra del PD ma al posto del PD; non pensiamo a una formazione di sinistra identitaria e minoritaria, ma guardiamo piuttosto a una vasta area che non si riconosce nel PD renziano e che va dalla Coalizione Sociale di Landini [e dàlli: lasciaci perdere per favore!] ai cattolici democratici a SEL agli ambientalisti ai liberali; un progetto con ambizioni di governo, non di opposizione.” E così la povera Rifondazione, il cui segretario si era pur detto teoricamente interessato, viene del tutto ignorata – salvo entrare in una ricetta non solo pochino pochino comunista, ma pure poco anti-neoliberista visti gli ingredienti (pure i cattolici, pure i liberali, niente identitarismo di sinistra!). Risultato: sia nell'ultimo partito comunista (noto al pubblico) rimasto in Italia, sia nella nascente coalizione sociale per il lavoro buono e la democrazia sostanziale, affermazioni e controaffermazioni di quel tipo provocano quel mix di interesse e sconcerto che è la paralisi sicura di un'elaborazione e di un'azione minimamente efficaci e di possibile presa sul pubblico – sulla nostra gente. E Renzi si frega le mani. Compagne e compagni, noi che facciamo? Oltre a giocare ai soldatini con le parate putiniane sulla Piazza Rossa per una rievocazione storica griffata di nazionalismo muscolare, oltre a giocare a gatto e topo (noi i sorci, ovviamente) col Comune di Roma e con la polizia che ci sgomberano un'occupazione e noi ne apriamo un'altra – noi che facciamo, per evitare il trappolone e contrattaccare sul piano politico? 'Vediamo le carte' diceva Ferrero, 'Era ora' ha detto Landini – e allora vediamo le carte davvero, vediamo che ora segna l'orologio di questo sedicente Ulivo 3.0, sfidiamo i trappolisti sul terreno non della fuffa ma dei contenuti! E' d'accordo Civati, è d'accordo Vendola, sono d'accordo i neo-ulivisti su cose concrete di equità e democrazia sociale, e progresso civile e dignità umana, come una tassa patrimoniale, come la riconversione produttiva, come le nazionalizzazioni delle aziende che vengono meno agli obblighi costituzionali d'impresa, come l’abrogazione del Jobs Act e del pareggio di bilancio in Costituzione, come una legge elettorale proporzionale pura (l'unica idonea alla fase storicamente costituente che viviamo da anni), come l'uscita dell’Italia dalla Nato e della Nato dall’Italia, come affrontare il fenomeno migratorio radicalmente alla maniera di 'salviamoli tutti!' – sono d'accordo su questo, al netto delle chiacchiere da perditempo a libro-paga? E noi, compagne e compagni – e tra i compagni, le più lucide e i più lucidi e conseguenti –, siamo d'accordo che questi (o simili) siano e debbano essere i punti dirimenti di una voce sociale e politica che ambisca davvero ad essere la controffensiva democratica, radicale e popolare insieme, nella guerra di classe in corso? Il potere non è Civati – ovviamente – e non è neppure Renzi. Ma esso si serve di loro per tenersi in piedi col consenso, senza (o prima di) dover smascherarsi del tutto e passare alle maniere forti e autoritarie. Ecco, io credo che ci sia spazio anche per noi – per la nostra battaglia di libertà e di giustizia – per conquistare un consenso di massa da mettere sul nostro piatto nella bilancia dei rapporti di forza; tale non dico da ribaltarli, ma riequilibrali sì, senz'altro, e almeno tornare a giocarci la partita. Non come adesso che guardiamo e subiamo, imprecando o sognando, e basta. Ma non abbocchiamo alle finte, per carità! Non andiamo appresso al gioco dell'OCA, neppure per buona creanza. La creanza la dobbiamo alla gente che lavora, a quella che dal lavoro è stata espulsa e a quella che al lavoro non è stata neanche fatta avvicinare. Intendo lavoro, non sfruttamento – beninteso. Questa è la nostra missione, compagne e compagni: mi permetto di ricordarcelo. Questa è la politica di sinistra. E niente politicismo, che ci entriamo con tutta la nostra scaltrezza e ne usciamo sempre scornati. Sì sì, no no. Il resto viene dal nemico. (Bastava che scrivessi questo.) Scusate la lungaggine. Buona domenica! dieci maggio duemilaquindici AMLETICO ROSSO
Eppure io penso ancora che di qui a un po’ il partito della sinistra italiana verrà: verrà per la pressione reale di urgenze dettate dalla crisi sistemica tutt’altro che passata e dalla clamorosa assenza politica di sinistra in Italia, stante la configurazione attuale (PD, partito ormai neo-liberista; SEL, partito moderato; Rifondazione, partito dilaniato; Altra Europa, non-partito). Ma il semplice passar del tempo non produrrà il partito di cui sopra: serve anche l’azione intenzionale della gente più in gamba. E non credo minimamente possibile che quel partito possa davvero venire 'dal basso', e soltanto dal basso. In basso – ho riscontrato – tutta questa gente in gamba non c’è. In basso ci sto io, figurarsi! Mi sembra, viceversa, che aver noi continuato a contribuire a che nascesse così, senza alcuna garanzia di ordinata battaglia democratica all’interno e di utile visibilità all’esterno – una cosa che per definizione non ha un dentro né un fuori né ordine né democrazia né potenza–, abbia prelevato invano a me e a chi ci ha provato (soprattutto a chi ci sta provando ben oltre il mio limite di pazienza) forza utile dalla mente e dall’agire, e pure tanto tempo. Quindi credo che verrà 'dall’alto', il partito della sinistra-sinistra italiana, anche se di sicuro sarà fatto sembrare il contrario – per buona creanza, magari. E fosse solo questo il suo peccato originale, poco male. Ma è che la sua stessa 'linea', a causa di un processo formativo tanto opaco, con tante riserve mentali da parte dei suoi veri conduttori, con tanti ricatti incrociati che lo stanno e lo avranno segnato e depotenziato – la sua linea avrà ben poco dello schietto colore di sinistra che serve (e che potrebbe arrivare, quello sì, al cuore della gente) in questa crisi, in questa guerra di classe. Il risultato sarà un piccolo attrezzo sostanzialmente politicista. E anche se magari al suo interno la componente più radicalmente anti-neoliberista (anticapitalista, altermondista, comunista) si sforzerà di egemonizzarlo – il che le prosciugherà ogni risorsa materiale e immateriale –, una politica radicale e popolare insieme, spendibile per la gente che in questo Paese tutto sommato se la merita, sarà ancora e sempre di là da venire. Il neo-liberismo, insomma, anche (o soprattutto) con la neonata formazione cosiddetta della nuova socialdemocrazia italiana, se è così che sta nascendo, continuerà a non aver di che guardarsi con preoccupazione alla propria sinistra. e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. nove maggio duemilaquindici GRAZIE
Oggi 8 maggio, settanta anni fa esatti, nel 1945, finisce sul territorio europeo la Seconda Guerra Mondiale. Con la firma dell'atto di resa incondizionata, di capitolazione militare della Germania nazista, a Berlino, e con l'ordine di cessazione totale di ogni azione bellica a partire dalle ore 23.01 (ora tedesca) dell'8 maggio, finisce in Europa la guerra – finora – più orrenda di tutte. Continuerà sul fronte del Pacifico, tra gli Stati Uniti e il Giappone imperiale, fino ad agosto. Lascia un conto di circa 70.000.000 di morti; dei quali quasi 50.000.000 tra la popolazione civile. Quasi 25.000.000 di morti solo tra militari e civili dell'Unione Sovietica; quasi 20.000.000 i cinesi, 15.000.000 dei quali stimati tra i civili; oltre 7.000.000 tedeschi, di cui oltre 5.000.000 militari; oltre 5.000.000 polacchi, quasi tutti civili – e quasi tutti, tra i civili, ebrei sterminati intenzionalmente dal programma di Hitler. Gli ebrei liquidati così saranno quasi 6.000.000 in tutto; allo stesso modo circa 500.000 tra rom e sinti, quasi altrettanti tra omosessuali, disabili e categorie varie di impedimento allo sviluppo della razza ariana (fuori dal conto i circa 1.000.000 assassinati tra gli oppositori politici al reich). Ancora tra i morti per nazione: 2.500.000 circa i giapponesi, oltre 1.500.000 gli indiani, oltre 1.000.000 gli jugoslavi, circa 600.000 i francesi, oltre 400.000 gli statunitensi, quasi 400.000 gli inglesi, altrettanti i cecoslovacchi, altrettanti i coreani, 200.000 gli etiopi... E quasi 500.000 gli italiani – di cui circa 200.000 nella popolazione civile. La dimensione quantitativa degli altri orrori – mutilati e feriti, distruzioni e perdite materiali, disperazione e sofferenze morali, arretramento economico, culturale e civile – può esser calcolata dalla conta delle vittime, moltiplicandola per molti ordini di grandezza. E' stata la pagina più nera della Storia europea, e tra le più nere in assoluto della Storia mondiale – insieme agli stermini delle conquiste, del colonialismo, della schiavitù, dello sfruttamento. Ed è finita oggi, almeno sul suolo d'Europa, settanta anni fa esatti. Raccontare qui perché cominciò ci porterebbe lontano. Ma i buoni libri di Storia provvedono a spiegarcelo esaurientemente – specie quelli che evitano la retorica e la mitografia spontanee e le ricostruzioni posticce create ad arte per mantenere l'auto-narrazione dello stato di cose presente, e che invece vanno lucidamente al cuore della lotta di classe secolare. Ora voglio solo ringraziare con tutto me stesso gli uomini e le donne che combatterono contro il nazifascismo, fino alla morte o fino alla vittoria. Tutti e tutte – ma soprattutto, quelli e quelle che lo fecero da civili: da partigiani e partigiane, su qualsiasi fronte, dietro qualunque linea di fuoco, con un ruolo qualsiasi. otto maggio duemilaquindici SOLUZIONE FINALE
Roma è il cimitero più grande di Prima Porta. Non sono dislessico, non ho scritto per errore la frase al contrario. Semmai potrei togliere l’articolo determinativo il e mettere l’indeterminativo un. Roma è un cimitero più grande di Prima Porta. E’ un cimitero a cielo aperto di esperienze culturali e sociali. Anche se noi la vendiamo ai turisti come il più grande museo a cielo aperto del mondo. Però i turisti non sanno altro rispetto a quello che vedono visitando i capolavori dell’arte eterna presenti (e resistenti, ancora) a Roma. E nemmeno tantissimi romani – questo è il peggio – sanno niente di quello che succede a quelle esperienze culturali e sociali che l’amministrazione sta strozzando, uccidendo, seppellendo, in fedele esecuzione degli interessi economici e finanziari della classe che davvero comanda sulla città e sul Paese. La soluzione finale della cultura (e della politica) di alternativa a Roma. Lo SCUP sgomberato e addirittura drenato via con le ruspe, dopo lo sgombero e i sigilli al Corto Circuito e insieme alla minaccia di chiusura del Nuovo Cinema Aquila, tutto nello stesso giorno. Arriva a coronare, la tripletta, oltre un anno di ordinato svolgimento da parte dell’amministrazione del proprio compito di boia, e becchino insieme, di quasi tutti gli spazi e gli esperimenti di autoproduzione, auto-organizzazione e autogoverno non-mainstream operanti (già a fatica) in città: Teatro Valle, Angelo Mai, Cinema America, Spartaco, Casale PachaMama, Rialto Sant’Ambrogio, Communia, le occupazioni spontanee per il diritto alla casa… e altre sale che chiudono, e altri padroni che sfrattano, e altri Bingo che aprono… E non arriva per caso: chi muove interessi milionari, a caso non fa mai niente. Quello che stiamo vedendo è orribile per ben tre motivi: primo, la soluzione finale in sé; secondo, il disinteresse della stragrande maggioranza dei cittadini; e terzo, il fatto che queste violenze sono scientemente attuate perché quelli (già pochi) che si oppongono attivamente al neoliberismo dominante ad ogni livello, non abbiano più nessun luogo fisico dove incontrarsi, discutere, riprender fiato e stabilire eventuali risposte alla stretta ulteriore contro i diritti essenziali che evidentemente il sistema ha in programma. Infatti, dopo il pareggio di bilancio in Costituzione, dopo il Jobs Act, dopo l’Italicum, e poiché la crisi è ancora tutta addosso alla gente comune, è facile e triste profezia dire che il potere di classe aggredirà ancor di più il modello di democrazia (anche solo formale) che vige in Italia. E chi dovesse sfuggire miracolosamente al capillare controllo del mainstream, quello grazie al quale gli italiani sono come le rane di Chomsky che moriranno bollite pensando di far solo un bagnetto tiepido, non potrà comunque avere nessuno spazio per sentirsi a casa, in qualche modo al sicuro, almeno quel poco che consente di formarsi un’idea alternativa, di riacquisire la lucidità, la forza e la condivisione per una resistenza o un contrattacco politico possibile. Ecco cosa sta succedendo. Roma è un cimitero più grande di Prima Porta. E io ho un quarto motivo di immensa tristezza. Che se la stragrande maggioranza dei cittadini nulla sa, e forse seppure sapesse alzerebbe le spalle (tanto la cottura delle rane è ormai in stadio avanzato), la colpa è moltissimo anche della mia stessa enclave non-mainstream; pur con tutta l’abnegazione personale di chi ne fa parte, ciascuno col proprio ruolo e impegno, grande o piccolo. Abbiamo perso un’infinità di tempo. Questo è il risultato. Siamo rane anche noi. Abbiamo avuto una cura infinita nel non farci mettere in pentola, con assurda tenacia nel non voler costruire per via politica, efficace, un’altra pentola in cui mettere a bagno il potere di classe al cospetto della cittadinanza; e così sembra proprio che tutto ciò che otterremo sarà di finire sì asciutti, parecchio, ma cremati direttamente sulla fiamma viva. otto maggio duemilaquindici LE COSE SERIE
Prologo istantaneo sulla bruciante attualità. Civati ieri ha detto “ora lascio il PD”, e Vendola ha commentato “ora possiamo far nascere un nuova forza politica”. Sulla prima affermazione non mi pronuncio, è cosa interna a un ceto politico che rappresenta un dato blocco sociale – dico solo che né l’affermazione, né il personaggio, né quel ceto politico, né quel blocco sociale, hanno niente a che fare con la sinistra. Sulla seconda dico che essa rappresenta un facile pronostico, perché è vero che Vendola e dintorni non aspettavano altro che la disponibilità dei Civati e dintorni per far nascere qualcosa; soltanto, ciò che volevano far nascere e che nascerà – di nuovo – non ha niente a che fare con la sinistra, e direi nemmeno con la politica ma semmai col politicismo. Saranno problemi di chi vorrà in buona fede credere che lì e così possa davvero nascere qualcosa di politico, di sinistra, di utile alla gente che lavora, a quella che dal lavoro è stata espulsa e a quella che al lavoro non è stata neanche fatta avvicinare. Intendo lavoro, non sfruttamento – beninteso. Saranno problemi di quei cittadini là, tanto intristiti da credere a tutto senza discernimento, per i quali quest’altra trappolona è già pronta a scattare. Con tutta la perdita di tempo e di energie che ne conseguirà, durante il quale tempo e assistendo al quale spreco il sistema neoliberista si consolida sempre più. Noi battiamo un’altra strada. Quella che invece darà al sistema filo da torcere. Fine del prologo. E cominciamo a parlare di cose serie. Per far partire davvero la Coalizione Sociale proposta da Maurizio Landini servono cinque ingredienti. Lo dico da perfetto nessuno, quale sono: da semplice cittadino il quale da tempo non vedeva l’ora che succedesse una cosa del genere, il quale ha partecipato con determinazione e speranza alla manifestazione nazionale della Fiom a Roma il 28 marzo, e il quale da allora a oggi ha cercato di stare sul pezzo informandosi sullo stato dell’arte del progetto e interagendo umilmente coi suoi protagonisti – ove raggiungibili. Servono cinque ingredienti, e il primo c’è già: è un proponente. Infatti è assurdo pensare che un progetto qualsiasi possa partire da qualcosa di diverso da una proposta di qualcuno: non dovremmo nemmeno star qui a puntualizzare, direte voi. E invece no: puntualizzare dobbiamo, perché sebbene assurdo questo desiderio – che un progetto nascesse senza nessuno a proporlo – ha impallato il ragionamento e l’azione di un bel po’ della società civile e della militanza politica di sinistra negli ultimi anni. Ma per fortuna – forse, lo dico piano – questo tic da psicoanalisi (o semplicemente, questo sabotaggio da infiltrati – vedi Prologo) è passato di moda. Lo si deduce dal fatto che il giorno 14 marzo, allorché la notizia della proposta Landini si è messa a girare, qualche obiezione è stata semmai mossa sui suoi contenuti politici o sui suoi percorsi formali, ma non sul fatto in sé che uno (Landini) avesse avuto l’ardire, nel denunciare una lacuna oggettiva sulla scena pubblica (l’assenza di un’efficace coalizione anti-neoliberista), di dichiararsi disponibile a dare tutto il contributo personale e della sua organizzazione (la Fiom) affinché la lacuna venisse colmata (dalla Coalizione Sociale – o come si chiamerà). Meno male. Il primo ingrediente, il proponente, c’è: è Maurizio Landini con la Fiom al suo fianco. Il secondo pure c’è già: sono i primi interlocutori. Una proposta a chi la fai? Alla Nazione dagli schermi TV? Allora non è una proposta, ma un proclama. E certo non ci mancano i proclami, in questa lunghissima stagione storica che è cominciata con Berlusconi (ma forse anche prima, col Presidente picconatore Cossiga) ed è giunta da un po’ al capitolo Renzi passando per quello del Presidente Napolitano. No, se è una proposta e non un proclama, allora va fatta ad alcuni interlocutori e non alla generalità del popolo italiano. Ad alcuni, cioè non ad altri: insomma, puoi e devi sceglierteli. (Di passaggio, menziono il fatto che anche quest’altra evidenza lapalissiana – che una proposta come necessita di un proponente così ha bisogno di qualcuno cui farla, qualcuno che il proponente deve decidere chi sia, e non richiede quindi un oceano in cui lasciare il famoso messaggio nella bottiglia da naufraghi – ebbene, anche ciò non è sembrato per nulla evidente per anni alla sinistra che frequento io. Si gridava alla parrocchietta e alla cooptazione, se ci provavi. Ma pure questa è finita – forse, lo dico piano.) E Landini e la Fiom, meno male, non si sono sottratti alla responsabilità di sceglierseli, quelli cui fare la proposta: sono i partecipanti all’incontro del 14 marzo in Fiom a Roma, invitati accortamente dal proponente nell’ottica appunto di dar vita a una coalizione efficacemente anti-neoliberista che oggi non c’è – e si vede. Quindi anche il secondo ingrediente, i primi interlocutori sulla proposta (che poi non è detto che faranno parte organicamente della Coalizione Sociale – ma questo viene dopo), c’è: sono Emergency, Libera, Gruppo Abele,Articolo 21, Libertà e Giustizia, Arci, Legambiente… Il terzo c’è già, pure lui: è la prima manifestazione. Si è fatta, c’ero. La gran bella manifestazione di Roma, il cui slogan è stato: Unions! Diritti, Lavoro, Democrazia, Giustizia Sociale, Legalità, Reddito, Europa. Che anche nella grafica – oltre che nel titolo Unions! – richiamava apposta quel tempo in cui, nella latitanza di una politica professionale di vero supporto alle istanze popolari di occupazione ed equità (il tetro quadro presente anche oggi), era l’unione tra le masse stesse depauperate dalle classi del potere e del privilegio, organizzate nei sindacati o comunque auto-organizzate, a far pesare un qualche ruolo sulla bilancia dei rapporti di forza. E’ stata molto partecipata, tante bandiere di tante realtà diverse, tanto rosso; non è stata una festa (meno male – che ti vuoi festeggiare con questi chiari di luna?), ma gli interventi o i collegamenti dal palco (di precari e di studenti, di Libera, di Emergency, di migranti, di Rodotà, e ovviamente di Landini) hanno ben spiegato l’importanza della posta in gioco e l’orizzonte a tendere della proposta. E soprattutto il fatto in sé di esserci visti in tante e tanti insieme, in un corteo che dà anche fisicità a un’idea (e agli ideali), ci fornisce quel fattore in più – morale, motivazionale, mitopoietico – da recuperare nella memoria di ciascuno quando, né mancherà occasione, il percorso del progetto sembrerà particolarmente accidentato. Ne sono tanto convinto che mi permetto qui di linkare il mio piccolo, soggettivo, video-reportage della giornata: https://www.youtube.com/watch?v=mXxO-cbkq3Q Ecco perciò che pure il terzo ingrediente dei cinque per far partire davvero la Coalizione Sociale ce l’abbiamo già: è la manifestazione del 28 marzo a Roma. Il quarto c’è in parte: è un manifesto del progetto. C’è in parte, al momento, perché in effetti Landini ha dato lettura, in una riunione operativa dell’11 aprile a Roma (sede Arci) cui ho potuto partecipare (da mero uditore, certo), di una bozza molto avanzata di carta d’intenti della Coalizione Sociale. A fine riunione Landini e Rodotà hanno chiesto ai presenti in rappresentanza delle organizzazioni già invitate alla prima del 14 marzo, di arrivare abbastanza presto a una redazione definitiva e pubblicabile dappertutto; fonti sicure mi dicono che ci siamo quasi, e che il tempo di gestazione è così lungo perché questo manifesto – sui cui contenuti anti-neoliberisti sono tutti profondamente d’accordo – deve mettere d’accordo le varie e diverse anime collettive del progetto anche sulle proposte di dettaglio per (e non solo contro) rispondere allo stravolgimento in corso della Costituzione, dei diritti e della stessa vita materiale della gente. Il che, prevedibilmente, non è banale; ma il tempo che ci stanno impiegando mi conferma che le cose le stanno facendo seriamente. D’altronde, che esista un manifesto ideale, politico, programmatico, identitario, della Coalizione Sociale, è davvero importante: solo così potremo raggiungere l’adesione dei tantissimi cittadini qualunque (come me) che non fanno parte né della Fiom né di nessun’altra delle sigle già coinvolte, e che magari non hanno nemmeno saputo della manifestazione del 28 marzo né di niente, ma che leggendo il manifesto – debitamente presentato e divulgato – potranno dire che questa è la prospettiva che finalmente li convince. E’ tanto importante – dar modo a chiunque di identificarsi – che io, che ho sempre una certa impazienza, nell’attesa del manifesto ufficiale mi sono umilmente cimentato a buttar giù intanto qualcosa! Già – utilizzando nientemeno che il testo della nostra Costituzione, i primi 54 articoli (che ho ripercorso a ritroso per un mero vezzo espositivo), diciamo che sei di Coalizione Sociale se… segue link già diffuso presso i miei pochi (e pazienti) lettori http://www.esseblog.it/2015/04/sei-di-coalizione-sociale-se/ Comunque, il quarto ingrediente – quello vero – sta per arrivare: è il manifesto emendato e validato da tutti gli interessati, a partire dalla bozza-Landini dell’11 aprile. Quinto e ultimo ingrediente, non ce l’abbiamo ancora ma è più o meno già fissato in calendario, è la prima assembleadi Coalizione Sociale. In un primo momento era stata fissata una due-giorni nella seconda metà di maggio, poi le cose (vedi sopra) hanno richiesto una piccola proroga e allora l’appuntamento dovrebbe essere per il primo weekend di giugno (sabato 6 e domenica 7) a Roma. Dovesse pure spostarsi ancora, non vedo grossi problemi: meglio farla dopo ma bene che prima e male – ovviamente. Ne sapremo presto di più. Ma perché è importante un’assemblea per far partire davvero tutto il progetto di Coalizione Sociale? Perché la Coalizione Sociale, per esser tale, deve diventare una cosa diversa dalla somma del proponente (Landini e Fiom) più i primi interlocutori (Strada ed Emergency, Ciotti e Libera, Zagrebelsky e Libertà e Giustizia, Rodotà eccetera…) più la bella gente della manifestazione più il manifesto (quando uscirà): deve essere in sé il valore aggiunto di una realtà efficace nella lotta per la democrazia sostanziale, in questa crisi terribile che il sistema sfrutta per la ristrutturazione della società in senso anti-popolare. Senza valore aggiunto, niente realtà efficace; ma senza una prima assemblea (una specie di costituente), a valle della quale si possa dire che Coalizione Sociale esiste, che vuole questo e quello e che per ottenerlo ecco qual è la sua organizzazione, allora niente valore aggiunto: si resterebbe alla mera somma delle parti, e in breve ogni parte riprenderebbe a fare il proprio (già difficile, importante e impegnativo) mestiere – il sindacato, il volontariato, la solidarietà, lo studio… e ti saluto progetto! L’assemblea invece potrà (dovrà) focalizzare sia i contenuti principali dell’azione di coalizione, sia delineare una struttura autonoma di coalizione che cominci a portarli avanti (e insieme far proselitismo e reperire risorse). Poche cose, ma chiare ed essenziali, per i contenuti, e un’organizzazione leggera, ma seria e fiduciaria di tutti, per la struttura. Penso (e l’ho già detto, per quel che vale, ai miei contatti nel progetto) a campagne di sensibilizzazione per la riconversione produttiva, per una tassa patrimoniale, per le nazionalizzazioni tramite una legge d’iniziativa popolare sulla confiscabilità delle imprese sulla falsa riga della Rognoni-LaTorre su quelle mafiose (qui il dettaglio http://www.controlacrisi.org/notizia/Lavoro/2015/5/1/44549-la-fabbrica-e-nostra-lo-dice-la-costituzione-intervento-di/ ), per l’abrogazione del Jobs Act e del pareggio di bilancio in Costituzione, per una legge elettorale proporzionale pura, per portare fuori l’Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Italia (o, equivalentemente: per una pace sempre e comunque, senza se e senza ma!), per affrontare il fenomeno migratorio radicalmente alla maniera di Let's save them all! (ossia: andiamo, noi europei, là dove si ammassano i disperati e salviamoli tutti portandoli qui, costruiamo un comune futuro insieme – segue dettagliohttp://www.lindro.it/0-politica/2015-02-16/167637-lets-save/ )… Penso a cose così, che connoterebbero l’orizzonte e il senso della Coalizione Sociale in modo del tutto originale e ben visibile rispetto a tutta intera la scena pubblica italiana del momento; e penso ovviamente che linee di sviluppo così dirimenti debbano essere intanto discusse in organismi democratici di coalizione assai ben definiti e poi, ove eventualmente decise, diffuse al pubblico da organismi comunicativi di coalizione assai potenti. E’ a questo che serve l’assemblea: a gettare almeno le basi sia di profilo e composizione degli uni organismi e degli altri, e sia delle cose importanti che la Coalizione avrà da dire a cittadine e cittadini italiani, lavoratori, studenti, precari, pensionati, intellettuali, migranti, donne, uomini, giovani e anziani, nell’esercizio del proprio ruolo sociale e politico. Il quinto ingrediente è forse il più delicato, quindi; non ce l’abbiamo ancora, forse l’avremo presto, ma più ancora del presto è basilare che ce l’avremo bene: è la due-giorni assembleare del (forse) 6 e 7 giugno a (forse) Roma. Queste sono le cose serie. Questo è il filo da tessere perché sia bello da torcere. Epilogo occasionale, di ritorno alla cronaca scottante. Tutto quanto detto incrocia in qualche modo l’odissea dei Civati e dei Vendola che campeggia (e campeggerà ancora) nell’immaginario collettivo dettato dai media? Non mi pare. Se non nella misura in cui nelle teste e nei cuori di cittadine e cittadini sinceramente di sinistra risulterà quel tema posticcio (l’odissea) a occupare spazio e tempo che invece, oggettivamente, essi dovrebbero dedicare alla riflessione sul progetto di cui ho parlato, e magari allapartecipazione personale perché il progetto parta davvero. Tra l’altro – e con estrema sincerità – non è che io creda che le persone più vicine al proponente e ai suoi primi interlocutori (o perfino essi stessi, tutti, in persona) siano del tutto immuni dal seducente (e sbagliato) pensiero che quello che succede ora nel ceto politico alla sinistra del PD possa invece incrociare in qualche modo le fatiche del progetto neonato della Coalizione Sociale, e così alleviargliele. E’ umano. Ma sta a noi, se servisse, con la nostra lucidità e la nostra determinazione di gente comune, riportare perfino loro (i Landini, i Rodotà, i Ciotti – e soprattutto il loro quadri, militanti, sostenitori) all’urgenza di non scegliere scorciatoie (apparenti) e di restare ben saldi sul pezzo che essi stessi hanno delineato per primi. Mattarella ha firmato l’Italicum, che ormai è legge. Il ceto politico che si definisce anti-renziano ne farà materia di referendum? Lo faccia. Intanto il progetto deve partire: chi è davvero di sinistra pensi a questo. La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fornero e l’erario deve restituire 16 miliardi ai pensionati. I sindacati conseguenti daranno giusta battaglia perché la sentenza sia applicata? Lo facciano. Intanto il progetto deve partire: chi è interessato, e non ha ruolo in quella battaglia, si spenda su questo. Ci sono a fine mese le elezioni regionali e amministrative, e già si muove qualcosa anche a Roma – dove la scadenza naturale del Sindaco in carica sembra troppo lontana, rispetto alla sua effettiva vitalità politica. I partiti della sinistra (cosiddetta), quelli piccoli dell’estrema sinistra, la società civile (cosiddetta) e i movimenti, tutti si preparano alle grandi manovre con geometrie – beninteso – variabili (comprese alleanze qua e là col PD di Renzi)? Lo facciano, Intanto il progetto della Coalizione Sociale deve partire, completando presto e bene il quintetto dei propri ingredienti-base: pensi a questo la gente che lavora, quella che dal lavoro è stata espulsa e quella che al lavoro non è stata neanche fatta avvicinare – pensi a questo, ed agisca per quanto gli è possibile per dare una mano. Io provo a farlo perfino così. sette maggio duemilaquindici NO AL REFERENDUM
L’Italicum è legge. Ci sono voluti sedici mesi dal primo annuncio del Patto del Nazareno all’ultimo voto della Camera. Sedici mesi in cui gran parte dell’energia a disposizione di chi si oppone a chi comanda in Italia è stata usata in questa battaglia, oggi persa. L’Italicum è una legge elettorale pessima, con profili di incostituzionalità al pari del Porcellum che l’ha preceduta, e credo pertanto che la Corte Costituzionale – nel caso qualche avente titolo gliela sottoponga, e accadrà certo – smonterà anche questa pessima legge come quell’altra. Ma ci vorrà altro tempo, non poco. Tempo durante il quale chi comanda in Italia potrà continuare a fare ciò che vuole, se chi vi si oppone continuerà a destinare la gran parte delle proprie energie a contrastare questo specifico punto sensibilizzando l’opinione pubblica contro l’Italicum. Ancora di più – di tempo – ne occorrerà, se chi si oppone a chi comanda in Italia non si limiterà a spendersi per sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’Italicum in vista di un pronunciamento tecnico della Consulta, ma si organizzerà anche per promuovere un vero e proprio referendum abrogativo della pessima legge. Infatti per elaborare i giusti quesiti anti-Italicum da mettere a referendum, per sottoporli al vaglio della Corte, per raccogliere le firme necessarie alla consultazione, per sottoporle al controllo della Cassazione, per trovar posto nell’agenda istituzionale alla data eventuale del referendum, per far la campagna relativa e infine per votare (sperando di raggiungere il quorum, e soprattutto di vincere), stimo che realisticamente ci vorrà almeno un anno e mezzo. Ossia, anche senza i sempre possibili intoppi procedurali o politici, un referendum anti-Italicum si potrebbe svolgere tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. E per tutto il tempo da oggi ad allora, durante il quale chi si oppone a chi comanda in Italia sarebbe in gran parte impegnato in quanto sopra detto, chi comanda continuerebbe a farlo su tutti gli altri aspetti della vita reale e istituzionale del Paese senza alcuna opposizione efficace. Senza contare che l’eventuale schieramento referendario vedrebbe insieme forze politiche peraltro diversissime tra loro – da Forza Italia al Centro Moderato, dal 5Stelle a Sel, dai ‘dissidenti’ del PD alla Società Civile –; tanto diverse che su nessunissimo altro punto di possibile contrasto a chi comanda in Italia (dalle politiche del lavoro a quelle fiscali, dall’accoglienza all’ambiente, dalla scuola all’informazione, dalle pensioni alla casa) esse avrebbero modo di costruire un’alternativa spendibile. E così anche semmai vincendo il referendum, ovvero anche se la Corte Costituzionale dovesse pronunciarsi contro l’Italicum come ha fatto già col Porcellum, chi si oppone a chi comanda in Italia non avrebbe comunque fatto assolutamente niente di efficace, riguardo alla vita concreta della gente, per altri diciotto mesi da oggi. Anzi, sì: avrebbe lasciato alla sola Estrema Destra (cioè alla Lega e altre frattaglie) il compito di dire alla gente che non è questa la vita che si merita. Di dirglielo da destra, cioè pessimamente, intendevo. Risultato: chi comanda in Italia, nell’ipotesi ‘referendaria’ ma anche in quella ‘costituzionale’, ha fatto benissimo i propri conti. Con l’Italicum che è ormai legge, ci si è assicurati che fino al 2017 almeno – cioè per i 4/5 dell’intera legislatura – le politiche che cambiano davvero la vita dei cittadini e del Paese si saranno potute attuare senza un’opposizione vera, se non di destra becera, sia perché essa sarà presa da altro e sia perché quest’altro da cui sarà presa (sempre che ci riesca) non permetterà comunque nessun punto di contatto efficace per coalizzarsi contro chi comanda quanto alle sue politiche concrete (lavoro, fisco, accoglienza, ambiente, scuola, informazione, pensioni, casa…). Tutto ciò, beninteso, se chi si oppone a chi comanda in Italia dovesse da ora puntare tutto sulla guerra all’Italicum. E qualcuno lo farà. Qualcuno punterà su questo. Lo farà perché di fatto perder tempo in questo modo fino al 2017 non gli sembra sconveniente, perché c’è tanta gente tra chi si oppone all’Italicum che in realtà non si oppone per niente a tutto il resto che caratterizza chi comanda in Italia: è un’opposizione solo formale, diciamo, o addirittura finta. E perché, a dirla tutta, che in Italia sopravviva soltanto un’opposizione popolare di estrema destra fa comodo a tanti che pure tecnicamente di destra non sono. Ma per tutti gli altri, ovviamente, deve valere il discorso opposto. Cioè, chi vuole opporsi davvero a chi comanda in Italia non deve perdere un solo giorno ancora contro l’Italicum; e deve invece utilizzare tutte le energie di cui dispone contro il resto che caratterizza le politiche concrete di chi comanda. E da una posizione di sinistra, forte e chiara. Così – solo così – quando sarà il momento, nel 2017 o il 2018 (scadenza naturale della legislatura), la gente potrà dire che c’è stata un’opposizione politica e sociale in Italia; e potrà semmai premiarla, se per allora essa si sarà costituita anche in soggetto elettorale, per cacciare via chi comanda oggi in Italia per i danni che ha fatto finora, che sta facendo e farà ancora alla vita concreta della gente, senza per questo cadere nell’abbraccio della destra peggiore. E’ per tutto questo che dico: no al referendum per il no all’Italicum. Compagni, lo dico a noi: non ci riguarda più, non possiamo permettercelo. Non cadiamo pure in questa trappola. Le energie che abbiamo non sono molte, e proprio perciò dobbiamo subito farle crescere con parole d’ordine e proposte che la gente capisca e che la riguardino davvero. Questo è il nostro mestiere di compagni, specialmente in questa fase. Nessun altro lo farà al posto nostro, e chi comanda in Italia spera tanto che non lo facciamo neanche noi. No al referendum per il no all’Italicum. Sì alla costruzione di una politica e di un’azione sociale per il sì a un’altra vita! sei maggio duemilaquindici SCOMETTIAMO?
Povero Grillo. Non lo sapeva. Che a puntare tutto sull'idiozia e la cattiveria della gentucola, all'inizio può anche sembrare che tu vinca la scommessa del successo. Ma poi esce fuori qualcun'altro che punta più forte di te, che dice cose ancora più idiote e cattive. E allora la gentucola ti abbandona, e a quello arride il successo. Guarda oggi Salvini, e che ne è di Grillo – che solo due anni fa pareva spaccare il mondo. Dalla parte opposta, invece... Ci torno tra un attimo. Ma nel mezzo c'è la palude, sterminata. Di quelli che non sono né idioti né intelligenti, né cattivi né buoni. Che io se sapessi disegnare ne farei uno – o una – come un tris di tubi legati insieme, con due gambe e due braccia. Un tubo dei tre è quello digerente, da una parte il cibo dall'altra la merda; un altro è quello comburente, da una parte l'ossigeno (il poco rimasto) dall'altra l'anidride carbonica; e il terzo è quello conformante, da una parte il senso comune e dall'altra... il senso comune. E le gambe, per marciare ordinati sempre nel senso della corrente, e le braccia con attaccate le mani per lavarsi le mani, sempre; e firmare cambiali, e acchiappare avanzi da mettersi in saccoccia. La palude. Quelli che prima erano berlusconiani, oppure quelli che non erano niente; e prima ancora erano andreottiani, oppure quelli che non erano niente; e che adesso sono renziani, oppure quelli che non sono niente. E dalla parte opposta – dicevo – da scommettere pure ci sarebbe, per il successo, ma sull'intelligenza e sulla bontà della gente come si deve. Però senza fare l'errore di Grillo, che poi arriva un Salvini qualunque e ti saluto! (E dopo Salvini uno peggio, e dopo ancora uno peggio ancora, e dopo dopo...) No, si dovrebbe scommettere subito il massimo – volendo provarci, sennò è inutile dico io. Subito puntare sul massimo della bontà e dell'intelligenza della gente come si deve. Infatti, di quelli che hanno avuto il coraggio – o l'istinto – di farlo, stiamo ancora parlando dopo tanto tempo. Segno che il successo ce l'hanno avuto. Francesco d'Assisi, Karl Marx, il Mahatma Gandhi... E non cito Gesù Cristo, Socrate e Buddha solo perché preferisco attenermi a quelli che ci hanno lasciato le proprie parole in forma autografa e certa (sennò non son manco sicuro che siano esistiti, infatti). Sulla bontà e sull'intelligenza di tanta gente come si deve, hanno scommesso quei grandi; puntando subito fortissimo. Con le differenze, naturalmente, dovute ai tempi e ai contesti loro rispettivi. Perché lo sapevano, loro, che di gente come si deve ce n'è tanta davvero, sennò – ripeto – non staremmo qui ancora a parlare dei franceschi, dei karl e dei mohandas, e a credere che siano esistiti i buddha, i gesù e i socrate. Ce n'è tanti e tante, sì, che non sono affatto solo tre tubi attaccati a due gambe e due braccia; tante e tanti che detestano – anzi, si vergognano per – quella gentucola, e che deplorano chi la sobilla. Compagne e compagni, mi sa che questa scommessa tocca proprio a noi farla. Adesso. Sull'intelligenza e sulla bontà, che altrimenti la gente come si deve sarà sempre schiacciata tra la palude e i pessimi. Diciamo quello che abbiamo dentro, quello che vogliamo – al massimo grado. Con coraggio, e un po' a istinto. Cosa stiamo a difenderci ancora? Forza, proviamoci! https://www.youtube.com/watch?v=rHqqt3XRSGE cinque maggio duemilaquindici GUERRE (DI CLASSE) STELLARI
La 'Seconda Trilogia' è un lusso che non possiamo permetterci. Semmai ne servisse un’altra prova ancora, la vera natura di Renzi e del potere che rappresenta si è manifestata ieri a Bologna col pestaggio di cittadine e cittadini disarmati e a mani alzate da parte delle cosiddette forze dell’ordine repubblicano. Quelle persone avevano la sola colpa di contestare pacificamente lo smantellamento operato da Renzi – per conto degli interessi che sostengono lui e questa versione 2.0 del PD, del governo, del Parlamento e in generale dellascena politica, mediatica, pubblica – dell’equilibrio democratico garantito dalla Costituzione per quasi settant’anni; ma neanche fossero il Black Bloc di recente notorietà (si vede che il ‘sistema’ per ieri non prevedeva di reclutarne: erano ‘smontanti’, di riposo), polizia e carabinieri gli hanno spaccato facce e fratturato braccia – senza peraltro che nessun telegiornale annoiasse il pubblico con servizi chilometrici su tali violenze indebite, al contrario di quanto fatto la sera del Primo Maggio sulle ‘golose’ violenze dell’antagonismo a Milano. Ieri la ribalta, semmai, era dei buoni milanesi che armati di spugna e ramazza ripulivano la città a maggior gloria della Madunina, dell’Expo, della Pax Renziana e del Mondo Libero del Magna-Magna. Renzi, per chi non ha il prosciutto sugli occhi, ha ormai completato la propria trasformazione da Anakin Skywalker a Lord Darth Fener – per la soddisfazione piena di Silvio Palpatine Berlusconi. La Prima Trilogia della lotta tra le forze del bene (il lavoro, la democrazia, la pace) contro quelle del lato oscuro (il capitale, il neoliberismo, il malaffare), è durata vent’anni: Berlusconi prese il pieno potere politico – dopo un lungo lavorio sottotraccia nella finanza, ma soprattutto nelle teste degli italiani – nel 1994, a 58 anni, e ci ha liberati dalla sua presenza (almeno la più ingombrante) solo poco fa l’azione congiunta della magistratura onesta e della cronologia naturale. Renzi è salito sul trono a 39 anni soltanto! E con lui (e il suo esercito di cloni, 'clonesse' e clown) il lato oscuro della Forza sta dispiegando, a danno della democrazia e del lavoro e della pace (sociale, intanto), il proprio potere come nemmeno col suo predecessore-precettore Sith. Possiamo forse aspettare il lieto fine al termine di una Seconda Trilogia della saga, che rischia di durare il doppio della Prima? Possiamo permetterci il lusso che anche da questa schiavitù ci liberino, un giorno lontano lontano, solo la biologia più la legge? Sicuramente no. Saremo tutti sterminati, come classe, per allora. Allora diamoci da fare adesso! Jedi o non jedi, la sceneggiatura della nostra vita è ancora e sempre nelle nostre mani. quattro maggio duemilaquattordici ETICA E COMUNITA'
“Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.” E Anna Karenina che c'entra? C'entra. Perché quello che voglio dire è che tutti i 'discorsi mainstream' si somigliano – anzi, tecnicamente sono equivalenti – e invece ogni altro discorso se ne frega del mainstream a modo suo. Per analogia, significa forse che mainstream è uguale a felicità e non-mainstream a infelicità? Per niente: è solo una coincidenza lessicale, questa, quella che conta è l'analogia logica – che ribadisco e rivendico. D'altronde non è che Tolstoj, pure se è un genio, potesse immaginare nel dettaglio lo sviluppo, un secolo e mezzo dopo i suoi tempi, della civiltà dei consumi materiali e simbolici. Quindi mi tengo l'efficace parallelismo, scarto l'obiezione secondo cui mi starei così auto-infliggendo – da uomo non-mainstream – la patente di infelice, e tiro dritto nel discorso prima di perdermi del tutto. Volevo dire – ecco, sì – che tutti quelli che 'parlano il mainstream' lo fanno, secondo me, solo in parte perché ci credono (cioè, perché credono che il mainstream racconti la realtà – anzi: sia la realtà), ma in parte quasi altrettanto rilevante, se non di più, perché così sanno che i loro discorsi somigliano a quelli di quasi tutti gli altri. Ossia, che parlando il mainstream essi stessi somigliano a quasi tutti gli altri: così fanno parte di una comunità, della più grande e più stabile, in cui tutti sono mainstream-parlanti. Esemplificando: vengono a conoscenza delle stesse notizie, e di quelle parlano; si svagano negli stessi modi, e quelli si scambiano; organizzano le proprie risorse secondo gli stessi obiettivi, e su ciò si mostrano tutti molto competenti (competitori tra loro, talvolta, oppure solidali, se riescono a trovare un comune nemico non-mainstream). E' normale. Chi è quello cui piace auto-emarginarsi? Giusto uno un po' bislacco. La stragrande maggioranza della gente invece sa che se la sera, a casa, si immerge nel mainstream che gli offre la civiltà dei consumi materiali e simbolici, il giorno dopo avrà il proprio posto assicurato nella grande e stabile comunità in cui si parla una stessa lingua. Crederci o non crederci – è questione di buone maniere. Non diversamente dall'etichetta della società dei tempi di Tolstoj – sto pensando ora. E i non-mainstream? Sono tutti diversi a modo loro. Non sentono tutti le stesse notizie, non si svagano tutti allo stesso modo, non perseguono tutti gli stessi obiettivi – si sottraggono pervicacemente all'immersione nel mainstream dalla sera alla mattina e dalla mattina alla sera. Col risultato, ovvio, che questi sono – agli occhi della stragrande maggioranza – i bislacchi, e bislacco è il loro modo di parlare (per non dire del modo di pensare non-mainstream, che i mainstream – credo – immagineranno come una roba davvero aliena). Fanno comunità, i non-mainstream? Semmai lo fanno, sono comunità piccole e instabili – il contrario di quella lì, ultra-maggioritaria. Il Primo Maggio al Centro Sociale Occupato Forte Prenestino di Roma, per esempio, è un appuntamento periodico di una delle loro piccole comunità: là – sono sicuro (anche se ci sono andato solo una volta in vita mia, l'altro ieri) – non c'è nessuno che spenda un solo minuto della propria giornata ordinaria appresso alle notizie, agli svaghi o agli obiettivi mainstream. Non sanno proprio che roba sia, beati loro. Io? Be', mainstream non sono. Ma se ho appena ammesso che in 51 anni di vita a Roma, l'unica volta che ho fatto il Primo Maggio al Forte è stata due giorni fa, diciamo che anche le comunità piccole e instabili non-mainstream non sono proprio una calamita esistenziale, per me. Ho il mio amore, pochi amici, qualche altro compagno, tante letture, tanti esperimenti... E sono felice così. Ma lo sapevo che mi sarei perso nel discorso: non c'entra niente quest'ultimo capoverso sul mio privato! ...Volevo dire – ecco sì, e così concludo – che oggi il mio discorso che se ne frega del mainstream, se ne frega a modo suo (mentre oggi stesso leggerete e ascolterete – e pronuncerete, temo – discorsi mainstream che si somigliano tutti: anzi, che tecnicamente sono un solo discorso). E se ne frega riprendendo un tema che non è alla ribalta della cronaca, oggi, perché oggi il mainstream non aveva necessità di parlare di qualche centinaio di morti migranti per mare o per terra. Non che non ce siano stati – di morti, tra ieri e oggi –: quelli ci stanno sempre. Ma oggi si parla d'altro. Di qualsiasi cosa. Si pensa ad altro, ed esiste altro – e nient'altro che quello. Concludo davvero. Let's save them all! – invece – per me vale sempre. Anche quando non c'è sul mainstream la notizia fresca di tanti affogati al chilo. E sono abbastanza contento di aver trovato, spigolando sulla stampa internazionale – cosa che il mainstream italiano rifugge –, qualche altra voce in accordo col mio slogan: Maximilian Popp su Der Spiegel, Nicola Perugini su Al Jazeera, Claude Calame su Le Temps (Svizzera), Simon Allison su Daily Maverick (Sudafrica) e Josè Ignacio Torreblanca su El Paìs. Tutto qui. Buona domenica. (Ma può sub-finire così un pezzo? Un articoletto non-mainstream sub-finisce come gli pare, per definizione.) Finale vero. Un bel campione del non-mainstream è stato questo tipo qui, che per tutta la vita non si è filato le convenzioni e i crocicchi del tempo suo, è stato onesto e gentile con tutti, non si è compromesso con nessuno, ha avuto pochi amici carissimi, tanta ostilità intorno (ingiustificata, ma davvero non sapevano che idea farsi di lui), ha lavorato semplicemente come un artigiano scrupoloso, e ha pensato con la concentrazione e la vastità del filosofo immortale. Se Spinoza fosse stato mainstream appena appena, l'Ethica non l'avrebbe scritta nessuno mai. Ancora buona domenica a tutte e tutti. tre maggio duemilaquindici TRE MODI SBAGLIATI E UNO GIUSTO
https://www.facebook.com/ProgettoQuotaCivile/videos/t.827487627/2553739765711/?&theater Ma che noia! Sempre lo stesso giochino: ieri a Milano come a Roma il 15 ottobre 2011, come tante altre volte. Chi gli scrive le sceneggiature, al potere (vero) e ai contropoteri (finti), o non ha un briciolo di fantasia o dà per scontatissimo che la gente ha zero memoria (profonda) e tanta impressionabilità (superficiale). O mi sa tutte e due le cose. Anche ieri la contestazione imponente e pacifica di un popolo lucido e coraggioso contro il sistema, è stata letteralmente paralizzata, spezzata, fatta finire su strada e fatta scomparire dai media, dall'estetica di una violenza annunciatissima eppure lasciata libera di esercitarsi. Che noia, nemmeno mi arrabbio più. Al posto di arrabbiarmi faccio politica. Chi ieri sfilava a Milano e/o chi in quell'ottobre sfilava a Roma, sa perfettamente di che parlo. Per gli altri c'è la televisione, e mi dispiace per voi che parlate a vanvera. E che noia anche il secondo modo sbagliato di andare in piazza a manifestare! Pure questo un giochino vecchissimo, trito e ritrito... Eppure qualcuno ci casca ancora, incredibile (no, non è incredibile niente in questa Italia post-tutto). E' il gioco di saltellare 'a chiamata': sì, di rispondere a una convocazione che sembra spontanea e consapevole, e per le migliori ragioni del mondo, salvo poi arrivare lì e scoprire che tutto ciò che serviva era fare un po' di cornice di popolo alla passerella del ceto politico. Ceto politico che gioca con un piede dentro i palazzi delle decisioni, dove si guarda bene dal decidere idealmente contro il sistema reale, e con un piede fuori perché così fa titoli, prende tempo e simpatia. Visto e rivisto, fatto e rifatto (quando ero ingenuo); e adesso – per esempio – ci richiamano lunedì davanti a Montecitorio per incorniciare, in favore di telecamera, la vibrante protesta dei Civati o dei Di Battista o degli Scotto contro l'Italicum. Cavolo! Tutto sommato è appena un anno e mezzo che dell'Italicum sappiamo vita, morte e miracoli (a gennaio 2014 perfino io che non conto niente misi su un Comitato per il Popolo Sovrano, con tanto di seminari giuridico-politici contro l'obbrobrio; la gente partecipò, i costituzionalisti vennero, la lettura ideologica c'era... ma queste opposizioni qui di Palazzo, voi le avete viste?). E cosa volevi, che i parlamentari avessero già costituito il Comitato per un NO referendario alla riforma elettorale? Macché, dàgli ancora tempo! E intanto saltella intorno a loro. Preferisco di no, grazie. E il terzo modo sbagliato di stare su strada, da cittadini attivi con una coscienza politica – dopo quello di infiltrarsi per mandare a monte i cortei, dopo quello di essere solo pedine di un gioco tra parrocchie – è quello di essere talmente di nicchia, nei contenuti e nei metodi, da ritrovarsi in quattro sotto la statua di Giordano Bruno, per dire, con un cartello e un megafono. Fatto pure questo (sbagliando s'impara, dicono). E' sbagliato per incapacità di interpretare correttamente le urgenze vere della gente e/o per incapacità di costruire una rete di relazioni politiche affinché la gente le scopra, le proprie urgenze (che evidentemente il sistema gli nasconde). Insomma, è il modo di manifestare tipico di chi non si sente legato a nessuna lettura ideologica della realtà – e quindi la sua consapevolezza non ha un 'valore aggiunto' collettivo – e per di più non sa nemmeno preparare come si deve un'iniziativa su un tema specifico qualunque. Questo terzo è lo sbaglio da naif, un po' da scemi. Perciò: naif, pedine o infiltrati – fate il vostro gioco, continuate pure per questa Italia piena di gente che non muove mai il sedere ma che pontifica su tutto (su tutto quello di cui viene a conoscenza dai media, e nei termini in cui essi glielo raccontano). Magari vi diventa un lavoro – in nero, beninteso – che qualcuno ben dentro al sistema vi ci paga pure... Anzi, che dico? Sarà già così da chissà quanto! E il modo giusto di andare in piazza qual è? Che domande? Ma insieme a tante tante bandiere rosse! Prendine una in mano anche tu e cammina con quel popolo bello: non puoi sbagliarti. Metti solo in conto di avere tanta pazienza, fino alla vittoria, per quanta passione occorra a immaginarsela! due maggio duemilaquindici LA FABBRICA E' VOSTRA
“L’impresa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” Un ragionamento sull’obbligo costituzionale e una proposta di legge applicativa “La fabbrica è vostra.” Quante volte l’ho sentito dire – resta poi da vedere quante volte ciò corrispondesse alla realtà. E quante volte i lavoratori avranno detto, anche solo per superare i momenti più difficili, “la fabbrica è nostra”. C’è quel bellissimo vecchio film di Monicelli, I compagni, ambientato nella Torino di fine Ottocento: una fabbrica tessile, condizioni di lavoro durissime, i primi semi di una coscienza operaia organizzata; all’ennesimo incidente e in risposta allo sfruttamento feroce, i lavoratori decidono lo sciopero. Li sostiene e li orienta un intellettuale anarco-socialista, un grande Mastroianni, che nella fase più critica della vertenza parla all’assemblea... “...Se abbandonerete la battaglia, i padroni vinceranno sempre! E quella fabbrica che vi dà solo miseria e fatica, a loro darà maggiore ricchezza e potenza!” “Ma la fabbrica è mica nostra...” “Come non è vostra?!? Chi ci lavora quattordici ore al giorno tutti i giorni per tutta la vita? Chi ci butta sangue e sudore? Voi!!! E allora prendetela, la fabbrica... E' vostra! Tornateci, ma per occuparla! Dovete far capire a tutti che ci tenete più che alla vostra casa! Fate capire ai padroni, alla città e al governo che lì è la vostra vita, e la vostra morte! Avanti!!!” E un morto poi ci scappa, in effetti: giovanissimo operaio ammazzato dai fucili del regio esercito, chiamati a difesa del privilegio padronale dinanzi all’occupazione. Da allora ne è passata d’acqua sotto i ponti. Lo Stato italiano oggi non è più (soltanto) la cornice legalista dello sfruttamento di classe, e le autorità non possono più far sparare (impunemente) sul proletariato solo perché prova a resistere allo strapotere del capitale. Ma per ottenere questo c’è voluta tanta di quella costanza e di quella intelligenza, di quella forza organizzata, ci son volute tante di quelle sconfitte e ferite subite, tante morti per incidente – in fabbrica, in miniera, nei campi, nei cantieri – o per malattia contratta sul lavoro o per reazione alla lotta sindacale (vedi Portella della Ginestra) o per ‘terrorismo’ (vedi il metalmeccanico, Fiom e comunista, Guido Rossa), e tante però anche di quelle controffensive coraggiose e vincenti... Siamo passati, in Italia, attraverso una prima guerra mondiale, la dittatura fascista e la seconda guerra mondiale, con le distruzioni e le sofferenze incalcolabili che ciò ha comportato, per arrivare alla Repubblica e alla Costituzione; e poi ancora, attraverso anni e decenni di battaglie e conquiste sindacali e politiche per arrivare allo Statuto dei Lavoratori, ai moderni istituti normativi di assistenza, previdenza, ammortizzazione, facilitazione e tutela, al dispiego di tutto il welfare state possibile entro la cornice di un modello sociale comunque capitalista e nelle condizioni oggettive della nostra storia economica. Fino alla crisi più grave di sempre, questa presente, che il padronato e i suoi referenti politici e istituzionali certo non si stanno trattenendo dall’utilizzare come una stagione di reazione implacabile e, purtroppo, efficace. Allora un’azione in contrattacco è oggi necessaria, da parte di “chi per vivere deve lavorare” (espressione che mi piace molto, nell’uso che ne fa Landini quando dice chi sono le persone oggettivamente interessate al nuovo progetto della Coalizione Sociale). Da quasi settant’anni, dalla sua elaborazione e promulgazione da parte di Padri e Madri Costituenti, la nostra Carta fondamentale recita solennemente: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.” (Art. 41) “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.” (Art. 42) “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.” (Art. 43) Ora, anche se scritto in termini altissimi in senso giuridico e storico, il testo di questi tre articoli – fateci caso – non è che l’estrinsecazione politica dell’assunto da cui siamo partiti: la fabbrica è vostra, voi che ci lavorate; o quantomeno, la fabbrica è anche vostra. Normale che sia così, visto che la Costituzione è stata redatta con l’apporto essenziale dei partiti all’epoca espressione delle classi lavoratrici, e visto che la Nazione non poteva che fondare le proprie nuove basi proprio sugli ideali di giustizia sociale e progresso civile che avevano dato corpo alla Resistenza e alla Liberazione. Durante la lotta partigiana e fino alla vittoria sul nazifascismo furono innumerevoli i casi in cui gli operai stessi difendevano fabbriche e cantieri, a prezzo anche della vita, dalla tattica di distruzione totale che le truppe tedesche in ritirata volevano attuare. “La fabbrica è nostra!...”, come in quella canzone di Dario Fo, La GAP, che dice così bene: In fabbrica fanno retate, torturano gente, non parla nessuno... e trenta operai deportati li chiudono nei vagoni piombati diretti a Dachau. E il 23 di aprile i tedeschi vanno a minare la fabbrica, vogliono farla saltare prima di ritirarsi piuttosto che lasciarla in mano ai liberatori... Ma gli operai sparano, difendono la fabbrica e salvano le macchine che sono il loro pane... e molti si fanno ammazzar! Adesso siamo liberi, nella fabbrica torna il padrone... arriva un altro ingegnere, stavolta però è partigiano: Brigata Battisti, Partito d'Azion! La canzone poi finisce amaramente, coi lavoratori che al primo sciopero importante nell’Italia repubblicana si trovano buttati per strada, perché il padrone è sempre il padrone e ha trovato il modo di intendersi anche col nuovo ceto politico di governo. La fabbrica è sua, a tutti gli effetti. Ma ecco al primo sciopero c'è un gran licenziamento: è stato l'ingegnere a cacciare via quei rossi che la fabbrica avevan salva’! Eppure, la Costituzione... Ma la Costituzione “è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove,” come disse mirabilmente Calamandrei, “perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.” O, se volete, da tutt’altro punto di vista e in contesto precedente e diversissimo, sul concetto ci orienta Gramsci quando scrive: “Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche [tra il 1919 e il 1920, il primo 'Biennio Rosso'] si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato.” Quindi oggi che la secolare guerra di classe dall’alto verso il basso sfrutta più che mai la crisi economica per una ristrutturazione feroce del modello socioeconomico, ma che la conquista del potere di Stato da parte degli operai risulta un anacronismo incomprensibile, tuttavia c’è la Costituzione la quale purché ci si metta dentro responsabilmente l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere le sue promesse, ebbene prende natura viva e non di mera carta. Il lavoro ha così (o avrebbe) un potente alleato dinanzi al capitale al tempo del neoliberismo. La proposta. La proposta di una legge applicativa del dettato costituzionale, sull’obbligo per l’impresa a non svolgersi né in contrasto con l'utilità sociale né in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, si muove un po’ sull’esempio di ciò che concepì Pio La Torre esaminando gli eventuali punti di forza di una diversa lotta alle mafie; una battaglia contro la criminalità organizzata da condurre non solo con l’investigazione e le armi sui territori della sua presenza militare, ma soprattutto essiccando le sorgenti economiche del crimine e i reimpieghi dei suoi enormi profitti. Cosa fece La Torre? In ultima analisi rese semplicemente applicabile, potenziandolo, un certo articolo del Codice Penale (Art. 240, Confisca – Libro I Dei reati in generale, Titolo VIII Delle misure amministrative di sicurezza, Capo II Delle misure di sicurezza patrimoniali) che così prescrive: “Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.” Infatti, la legge promulgata con il suo nome (unito a quello di Rognoni, per i decreti da lui emanati in qualità di Ministro di Grazia e Giustizia) intanto introduce il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ma soprattutto dispone che nei confronti del condannato sia “sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.” In altre parole, grazie a questa legge – e prima non si poteva fare – un giudice può ordinare, anche d’ufficio, il sequestro dei beni appartenenti al soggetto nei confronti del quale è stato iniziato il procedimento di accusa di appartenenza alla mafia: i beni di cui dispone possono essere sequestrati se si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite, o ne costituiscano il reimpiego. Di più: il Tribunale dispone subito la confisca dei beni sequestrati dei quali il proprietario non dimostri la legittima provenienza e, semmai dopo, revoca il sequestro per tutti gli altri beni. Basta l’accusa, capite? E l’onere della prova, per riavere i suoi beni, spetta all’accusato. In questa nostra stagione di iper-garantismo ipocrita, frutto avvelenato del berlusconismo, un’impostazione così non passerebbe mai. E invece all’epoca divenne – e lo è tuttora – uno degli strumenti più efficaci nella guerra di legalità contro l’Antistato e nella restituzione alla collettività di risorse produttive e ambientali (l’esperienza di recupero di Libera di don Ciotti è giustamente la più famosa di tutte, ma non è l’unica). I mafiosi lo capirono subito, tanto che tra la presentazione della proposta di legge in Parlamento, nel marzo 1981, e la sua approvazione nel settembre 1982, fecero fuori La Torre – segretario regionale del PCI – e il suo autista Di Salvo. Diceva che “occorre spezzare il legame esistente tra il bene posseduto e i gruppi mafiosi, intaccandone il potere economico e marcando il confine tra l’economia legale e quella illegale”. Bene, questa mia piccola proposta di iniziativa di legge popolare (già: è a una campagna, che penso) parte da un’urgenza analoga: in caso di violazione di quei tre articoli della Carta, occorre spezzare il legame esistente tra il mezzo di produzione posseduto e i gruppi imprenditoriali, intaccandone il potere sistemico e marcando il confine tra l’economia che rispetta la Costituzione e quella che la viola, e occorre restituire il mezzo di produzione a chi ci lavora e ne vive affinché lo riconverta in un fattore di economia che rispetta la Carta Costituzionale. Credo siano auto-evidenti le ragioni per cui il mio obiettivo è quello di stimolare un ragionamento a 360°, ma soprattutto teso a interessare le sensibilità della Fiom – cioè della forza organizzata e conseguente che si è generosamente incaricata di far circolare il progetto della Coalizione Sociale, certo ancora allo stadio aurorale, in quell’Italia migliore che esprime realtà come Fiom, appunto, e come Libera, appunto, e come Emergency, Libertà e Giustizia, ARCI, Legambiente, Articolo 21, Gruppo Abele... A rinforzo, tuttavia, oso prender ulteriore spunto da un’intervista del 1998 a Bruno Trentin (pubblicata col titolo Lavorare: perché?) nella quale a una studentessa lui rispondeva: “Ci son delle volte in cui il muro contro muro va fatto, perché quando sono in gioco delle questioni fondamentali, come il diritto delle persone, c'è il muro contro muro. Lì c'è poco da fare. Non si può cedere, non si può fare compromessi di qualsiasi natura. Se lei mi cita il caso della mobilità, ci sono delle mobilità che sono inaccettabili, perché rientrano puramente e semplicemente nell'interesse dell'impresa di usare e gettare della mano d'opera a poco prezzo. [...] E allora bisogna, innanzi tutto, avere un sindacato capace di proporre, capace di proporre delle alternative. Ci sono sempre delle alternative alle scelte dei padroni o degli imprenditori. Ecco dobbiamo imparare a dire meno ‘no’ e più dei ‘sì’, ma non dei ‘sì’ a quello che dice l'imprenditore, dei ‘sì’ a quello che vogliono i lavoratori.” Allora il ‘sì’ – o uno dei ‘sì’ – che secondo me è maturo il tempo perché noi possiamo pronunciarlo con una qualche aspettativa di buona riuscita, di interessare l’opinione pubblica e di raggiungere una soglia critica rispetto alla quale le istituzioni non possano restare indifferenti, è l’affermazione del diritto di chi per vivere deve lavorare, costituzionalmente sancito, a lavorare per un’impresa che non sia dis-utile socialmente né tantomeno dannosa per la sicurezza, la libertà e la dignità dell’uomo e della donna. Affermazione la quale deve secondo me passare per una previsione normativa che oggi non c’è; o meglio, che c’è ma è un po' nascosta in ambiti ad oggi scollegati dell’ordinamento giuridico, e che invece una legge apposita provvederebbe a ‘giuntare’ e rendere efficaci (come la Rognoni – La Torre contro le mafie). Infatti non è che il Codice Penale, già ora così com’è, si occupi soltanto dei reati della criminalità organizzata. Vediamo quanti reati può commettere la proprietà di un’azienda, che sia amministrata da un singolo oppure da un gruppo di azionisti, da un consiglio di amministrazione, nell’esercizio del proprio diritto d’impresa, pur senza aver nulla a che fare con mafia, camorra eccetera; ossia, vediamo in quanti modi la conduzione di un’azienda privata può contraddire le prescrizioni espresse dalla nostra Costituzione negli stessi articoli in cui si proclama libera e legittima l’impresa privata in Italia. La sequenza dei reati possibili è abbastanza impressionante – ma per nulla fantasiosa: basta aver presente la cronaca! Libro II (Dei delitti in particolare), Titolo VI (Dei delitti contro l'incolumità pubblica), Capo II (Dei delitti di comune pericolo mediante frode): si va dall’epidemia all’avvelenamento, adulterazione o contraffazione di acque; dall’avvelenamento, adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari o di altre cose in danno della pubblica salute, al commercio di alimenti contraffatti, adulterati o nocivi; dal commercio o la somministrazione di medicinali guasti, alla somministrazione di medicinali comunque in modo pericoloso per la salute pubblica... Ancora, stesso Libro, stesso Titolo, Capo III (Dei delitti colposi di comune pericolo): andiamo dai delitti colposi di danno a quelli di pericolo; dall’omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro, ai delitti colposi contro la salute pubblica... Stesso Libro, Titolo VIII (Dei delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio), Capo I (Dei delitti contro l'economia pubblica): dalla distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali, ovvero di mezzi di produzione, alla diffusione di una malattia delle piante o degli animali; dal rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio, alle manovre speculative sulle merci; dalla serrata per fini non contrattuali alla coazione alla pubblica autorità mediante appunto serrata; dal boicottaggio all’inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro... Ancora, stesso Libro, stesso Titolo, Capo II (Dei delitti contro l'industria e il commercio): dalla turbata libertà dell'industria o del commercio, all’illecita concorrenza con minaccia o violenza; dalle frodi contro le industrie nazionali a quelle nell'esercizio del commercio; dalla vendita di sostanze alimentari non genuine, a quella di prodotti industriali con segni mendaci; dalla fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, alla contraffazione di indicazioni geografiche denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari... E concludiamo l’elenco degli orrori con stesso Libro, stesso Titolo, Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale), Sezione I (Dei delitti contro la personalità individuale): si va dalla riduzione o mantenimento in schiavitù e servitù, alla tratta di persone; dall’acquisto e alienazione di schiavi, all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro... Come si vede, sono tutti reati per cui – nell’ipotesi l’imprenditore o il CdA li commettano o facciano commettere, per massimizzare i profitti – è palese che quella libertà di attività economica privata, garantita dalla Carta a certe condizioni, viene però usata contro l’interesse collettivo e contro i diritti fondamentali delle persone. Cioè, infrangendo proprio quelle condizioni. Si aggiunga il fatto che non solo la Costituzione Italiana delimita la libertà d’impresa privata (oh, grande saggezza dei Costituenti!), ma prevede pure che la stessa proprietà privata sia limitata nei modi di acquisto e di godimento allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti, che possa essere espropriata per motivi d'interesse generale (nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo), e infine che la legge possa riservare originariamente o trasferire allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese (oh, sublime equità sociale e profondità morale dei Costituenti!). Articoli 41, 42 e 43 – sempre loro. Tiro le somme. Se dunque noi lavoratori diciamo “la fabbrica è nostra”, anche se a qualcuno suona quasi un’insubordinazione, invece sembra proprio che non stiamo scavalcando di mezzo naso l’orizzonte già oggi presidiato dall’impianto generale della Costituzione, dei Codici e delle leggi; così come è normale che sia, a pensarci bene, visto che questo nostro impianto – pur conforme ai criteri generalissimi di un modello socioeconomico capitalista – è nato pur sempre in un Paese in cui un sindacato forte e un partito politico dei lavoratori hanno fatto la Storia. Ciò che ancora manca è però una ‘leggina’ scritta apposta, che trasformi in norma positiva ed esplicita ciò che finora è o solo implicito nel sistema generale oppure espresso soltanto in forma negativa, di divieto. E tale leggina, non mi aspetto certo che l’attuale Parlamento la concepisca nemmeno – ma le Camere potrebbero esser costrette almeno a discutere una proposta di legge di iniziativa popolare (come concede a cittadine e cittadini la Costituzione, all’articolo 71), se fosse accompagnata da una campagna di sensibilizzazione e mobilitazione come si deve. Infine, viviamo pur sempre in questa età pelosamente garantista; allora, rispetto al rigore della norma contro i beni ‘in odore’ di mafia cui basta l'iscrizione dei proprietari tra gli indagati, per il sequestro, la mia proposta ‘si accontenterà’ di procedere alla confisca e alla riconversione dei mezzi di produzione quando la loro proprietà sia stata non solo messa in stato di accusa per uno dei tanti reati sopra enumerati, ma almeno condannata in 1° grado. Ecco la bozza, che porgo all'attenzione dei giuristi di razza perché la correggano (ciò di cui ha sicuro bisogno). Sono quattro articoletti, tanti quanti ne riporta l’Italicum famigerato – come dire che non serve tanto testo normativo per cambiare, nel bene o nel male, le cose in profondità. Proposta di legge di iniziativa popolare per la confisca delle imprese private in contrasto con l’utilità sociale o dannose per la sicurezza, la libertà e la dignità umana Articolo 1 – La presente legge è in diretta applicazione degli Articoli 41, 42 e 43 della Costituzione Italiana, e conforme alle previsioni di cui al Codice Penale, Libro II, Titoli VI (Capi II e III), VIII (Capi I e II) e XII (Capo III, Sezione I). Articolo 2 – Qualunque mezzo di produzione o distribuzione di beni o servizi la cui amministrazione in regime privato sia stata giudicata in primo grado colpevole di reati contro la persona o contro l’incolumità pubblica o contro l’economia pubblica, può essere confiscato e riconvertito sotto il profilo produttivo e organizzativo per il vantaggio economico e sociale della collettività e per il rispetto della sostenibilità ambientale. Articolo 3 – Il mezzo confiscato è giuridicamente di proprietà pubblica, e da considerarsi bene comune; non può pertanto essere alienato con vendita a privati. La sua gestione spetta in primo luogo alle forze del lavoro manuale e intellettuale che già vi prestavano opera, di concerto con le istanze di rappresentanza democratica del territorio di ubicazione del mezzo. Articolo 4 – Qualora l’amministrazione privata del mezzo confiscato sia prosciolta dalle accuse nei successivi gradi di giudizio, essa avrà diritto al ripristino dei diritti proprietari e all’equo risarcimento per il danno eventualmente subito. Io credo che sarebbero tante cittadine e tanti cittadini a potersi riconoscere in questa stessa urgenza – che chiamerei senz’altro anche politica – se un’organizzazione importante ne facesse una delle proprie linee di comunicazione e di azione. In fondo, non c’è bisogno che tu sia un rivoluzionario e neppure un comunista, ma semplicemente una persona per bene e intelligente insieme, se vuoi che tutti i lavoratori partecipino in qualche modo alla gestione delle proprie aziende, che lo Stato possa produrre una quantità di beni e servizi, specie i beni e i servizi di utilità generale, e che nessuno di quelli che fanno impresa privata lo faccia recando danno al benessere collettivo, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità di qualcuno – e sennò, vuoi semplicemente che lo Stato gli tolga l’impresa. Siamo tanto lontani da quegli anni eccezionali in cui un Palasport di Torino ospitava in piena estate un gremitissimo “Convegno nazionale delle avanguardie operaie”, dalla cui tribuna parlavano tute blu di tutta Italia raccontando di scioperi e cortei, avanzando rivendicazioni come l’abolizione delle categorie, la riduzione dell’orario di lavoro, gli aumenti salariali uguali per tutti, in assoluto e non in percentuale, e la parità normativa con gli impiegati... C’era Mirafiori, c’erano il Petrolchimico di Marghera, la Dalmine e il Nuovo Pignone di Massa, la Solvay di Rosignano, la Muggiano di La Spezia, la Piaggio di Pontedera, l’Italsider di Piombino, la Saint-Gobain di Pisa, la Fatme, l’Autovox, la Sacet e la Voxson di Roma, la Snam, la Farmitalia, la Sit Siemens, l’Alfa Romeo e l’Ercole Marelli di Milano, la Ducati e la Weber di Bologna, la Fiat di Marina di Pisa, la Montedison di Ferrara, l’Ignis di Varese, la Necchi di Pavia, la Sir di Porto Torres, i tecnici della Rai di Milano, la Galileo Oti di Firenze, i Comitati Unitari di Base della Pirelli, l’Arsenale di La Spezia... Siamo lontani da quel secondo Biennio Rosso per tanti motivi e tante cause che non basterebbe un libro a contenere – e comunque io non so scriverlo minimamente. Ogni stagione, ogni fase della lotta di classe infinita, ha la propria fisionomia visibile e la propria architettura profonda. Ma sempre e dovunque, chi sta dalla parte del lavoro nella sua dialettica col capitale deve fare tutto ciò che gli è di volta in volta possibile, e nei modi in cui è oggettivamente meglio farlo, per poter rispondere in piena coscienza alla domanda che uno studente in barba e basco – ‘Marx’, lo chiamano nel film – poneva a Gian Maria Volonté in un’abbacinante sequenza notturna di La classe operaia va in paradiso: “Lulù, ma che è vita questa?” Buon Primo Maggio a tutte e tutti! primo maggio duemilaquindici CIVA BOMBO
No veramente non... non mi va. Ho anche un mezzo appuntamento alla buvette con gli altri. Senti, ma che tipo di fiducia è? Non è che alle dieci state tutti a chiacchierare in Transatlantico e io sto buttato in un angolo... no. Ah no, se si decide davvero non vengo. No, allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una colonna, di profilo, in controluce. Voi mi fate "Pippo vota contro insieme a noi, dai" e io "andate, andate, vi raggiungo dopo". Vengo, ci vediamo là. No, non mi va, non vengo. trenta aprile duemilaquindici RIPASSO
“Se abbandonerete la battaglia, i padroni vinceranno sempre... e quella fabbrica che vi dà solo miseria e fatica, a loro darà maggiore ricchezza e potenza!” “Ma la fabbrica è mica nostra...” “Come non è vostra?!? Chi ci lavora quattordici ore al giorno tutti i giorni per tutta la vita? Chi ci butta sangue e sudore? Voi!!! E allora prendetela, la fabbrica... E' vostra! Tornateci, ma per occuparla! Dovete far capire a tutti che ci tenete più che alla vostra casa! Fate capire ai padroni, alla città e al governo che lì è la vostra vita, e la vostra morte! Avanti!!!” da I Compagni, film di Mario Monicelli Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito Socialista e dai sindacati, che invece capitolarono vergognosamente pretestando l'immaturità delle masse. In realtà i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno, e si creò un nuovo partito: il Partito comunista. da Le Capacità Organiche della Classe Operaia, articolo di Antonio Gramsci In fabbrica fanno retate, torturano gente, non parla nessuno... e trenta operai deportati li chiudono nei vagoni piombati diretti a Dachau. E il 23 di aprile i tedeschi vanno a minare la fabbrica, vogliono farla saltare prima di ritirarsi piuttosto che lasciarla in mano ai liberatori... Ma gli operai sparano, difendono la fabbrica e salvano le macchine che sono il loro pane... e molti si fanno ammazzar! Adesso siamo liberi, nella fabbrica torna il padrone... arriva un altro ingegnere, stavolta però è partigiano: Brigata Battisti, Partito d'Azion. Ma ecco al primo sciopero c'è un gran licenziamento: è stato l'ingegnere a cacciare via quei rossi che la fabbrica avevan salvà! da La GAP, canzone di Dario Fo Quello che si terrà il 26-27 luglio al Palasport di Torino sarà un “convegno nazionale delle avanguardie operaie”. Parlano operai di tutta Italia che raccontano di scioperi e cortei ed avanzano rivendicazioni come l’abolizione delle categorie, la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore, aumenti salariali uguali per tutti in assoluto e non in percentuale, e la parità normativa con gli impiegati. “E’ rappresentata tutta l’industria italiana: in ordine di intervento, dopo Mirafiori, il Petrolchimico di Marghera, la Dalmine e il Nuovo Pignone di Massa, la Solvay di Rosignano, la Muggiano di La Spezia, la Piaggio di Pontedera, l’Italsider di Piombino, la Saint-Gobain di Pisa, la Fatme, l’Autovox, la Sacet e la Voxson di Roma, la Snam, la Farmitalia, la Sit Siemens, l’Alfa Romeo e l’Ercole Marelli di Milano, la Ducati e la Weber di Bologna, la Fiat di Marina di Pisa, la Montedison di Ferrara, l’Ignis di Varese, la Necchi di Pavia, la Sir di Porto Torres, i tecnici della Rai di Milano, la Galileo Oti di Firenze, i Comitati unitari di base della Pirelli, l’Arsenale di La Spezia”. Una cosa così non si era mai vista, un’assemblea nazionale delle avanguardie operaie di tutta Italia, un momento di protagonismo della classe operaia a cui è possibile assistere solo in un momento di forte ascesa della combattività operaia, come fu appunto l’Autunno caldo. da resoconti d'epoca, del 1968/69 Ci son delle volte in cui il muro contro muro va fatto, perché quando sono in gioco delle questioni fondamentali, come il diritto delle persone, c'è il muro contro muro. Lì c'è poco da fare. Non si può cedere, non si può fare compromessi di qualsiasi natura. Se lei mi cita il caso della mobilità, ci sono delle mobilità che sono inaccettabili, perché rientrano puramente e semplicemente nell'interesse dell'impresa di usare e gettare della mano d'opera a poco prezzo. Ci sono dei casi di mobilità che diventano inevitabili con i mutamenti delle tecnologie. E in questo caso io dico combattere, resistere per poi registrare il fallimento, forse il fallimento anche nella stessa adesione dei lavoratori, come nella mia esperienza è successo molte volte, mi pare un errore. E allora bisogna, innanzi tutto, avere un sindacato capace di proporre, capace di proporre delle alternative. Ci sono sempre delle alternative alle scelte dei padroni o degli imprenditori. Ecco dobbiamo imparare a dire meno "no" e più dei "sì", ma non dei "sì" a quello che dice l'imprenditore, dei "sì" a quello che vogliono i lavoratori. da Lavorare: Perché?, intervista a Bruno Trentin ventinove aprile duemilaquindici PARABOLE
Ancora ieri quel pericoloso cialtrone di Salvini, in tour pre-elettorale stavolta nelle Marche, ha fatto in modo di essere bersaglio – davanti a cronisti, microfoni e telecamere – di lanci di pomodori e uova. Sembra ormai questo il suo solo cliché, come quello di vecchie e bollite band di heavy metal che non credendo più in niente – se non nella saccoccia – esagerano col satanismo (pagliaccesco, beninteso) e sbarcano il lunario offrendosi a spettatori in vena di tirar mondezza sul palcoscenico. Con la differenza, però, sostanzialissima, che mentre tutto il pubblico di quei tristi buffoni si esaurisce nelle piccole platee dei c'era-una-volta tour, quello dei guitti politici sulla breccia come Salvini è esteso quanto l'intero bacino mediatico nazionale ed è continuamente alimentato dalla rincorsa all'audience tra canali e tra testate (per far salire il prezzo da richiedersi ai rispettivi inserzionisti pubblicitari, ovviamente). Inoltre, considerate questa differenza ulteriore – ancor più importante, decisiva: a differenza del povero chitarrista imbolsito davvero e dannato per finta, che gli spettatori alla fine non prendono sul serio (stanno lì solo per divertirsi un po', e dopo si torna alla vita vera), nel caso del cialtrone leghista i destinatari di tutto quel suo marketing razzista e inumano (i destinatari del marketing, non i bersagli degli slogan: cioè gli italiani-medi, non i migranti o i rom o in generale i povericristi) sono davvero dannati alla stupidità da un paio di generazioni di decerebrazione indotta, tanto che gli è ormai estraneo il principio di realtà (quello con cui un adulto sa separare la verità dalla finzione), e per di più si ritrovano l'anima bolsa e priva di quei nervi basici che chiamiamo empatia, dignità, coraggio, civiltà. Il risultato è che per ogni uovo o pomodoro lanciato verso Salvini – meglio: per ogni uovo o pomodoro di cui stampa, tv e web narrano al grande pubblico italiano la traiettoria – da parte di una ridottissima minoranza di persone sveglie, attive e indignate dai suoi slogan che si danno appuntamento nei luoghi del suo tour (e purtroppo cadono nella sua trappola teatrale, che scatta solo se lui suscita reazioni così plasticamente mediatizzabili), ebbene ci sono dieci nuove adesioni alle sue tesi tra la stragrande maggioranza degli italiani-medi, dalla mente che russa sodo e lo spirito che rutta al più. Dieci voti virtuali nuovi contro un reale uovo che vola! Salvini lo sa, ci conta (ci conta che volino uova, al più, mai sampietrini), politicamente vive di questo e per questo soltanto. Perché sa che gli italiani svegli, attivi e indignati dal suo razzismo e dalla sua inumanità (in cui, ripeto, non crede probabilmente nemmeno lui stesso) sono davvero pochi; mentre tantissimi sono gli indifferenti ai moti dell'anima e dell'intelletto, e all'azione conseguente da essi, che però si solleticano a sentire qualcuno in televisione così sfacciato da dire con voce ferma ciò che essi pensano in cuor loro ma che si vergognano pure di sussurrare in famiglia: le frattaglie dell'egoismo sociale più gretto. Gli indifferenti. Ieri era l'anniversario della morte di Gramsci, del 1937. E per fausta coincidenza, quasi un contrappasso, esattamente otto anni dopo veniva arrestato dai partigiani, definitivamente, Mussolini: il mandante di un'infinità di nefandezze – compresa quella morte precoce e funestissima. “Odio gli indifferenti,” scriveva Gramsci nel '17, “l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della Storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la Storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.” Compagne e compagni, date retta: odiamo con maggior costrutto, risparmiamo uova e pomodori! Voltiamo le spalle al teatro e lavoriamo pazientemente – determinatissimi, da nuovi partigiani – per un'egemonia di classe che salvi questo Paese (e noialtri gente per bene) anzitutto da se stesso. ventotto aprile duemilaquindici LA TALPA
“L'essere precede la coscienza” (da L'ideologia tedesca), ma stringi stringi l'essere è la Storia stessa; cioè il tempo: il valore di un manufatto è, ancora per Marx (da Il Capitale), “il tempo socialmente necessario per produrlo”. E allora è marxista dire che il valore di un uomo è il tempo come lo impiega per produrre se stesso in quanto punto della rete sociale. Lo impiega – perché costretto – stando quattordici ore in fabbrica? Allora è un proletario, il suo valore sarà quello di un uomo con una coscienza di classe: il soggetto, un soldato dell'emancipazione che liberando se stesso e la propria classe libera l'Umanità intera. (E' per questo che i padri del Materialismo Storico e Dialettico dissero che toccava al proletariato industriale il compito della rivoluzione socialista: perché gli operai stando lì tutto il giorno a tribolare insieme si formavano un orientamento condiviso, refrattario ai condizionamenti del conformismo dell'epoca – religione, superstizione, grettezza –; mica perché pensavano, Marx ed Engels, che gli operai nascessero più buoni o più filosofi degli altri esseri umani!) Invece lo impiega stando diciotto ore al giorno (tolte quelle in cui dorme) immerso senza difese nel conformismo capillare dell'epoca sua – mentre lavora o non lavora, studia o non studia, parla o ascolta, guarda o si sente guardato –, fatto di quella roba che nel Ventesimo Secolo, e sempre più man mano che procedeva, ha sostituito il sapere e l'immaginario con qualunque cosa servisse a farti venir sete di Coca-Cola? Allora è un piccolo-borghese, il suo valore sarà quello di un uomo convinto di essere libero, che le classi non esistono, tanto meno la lotta di classe, che c'è solo la lotta per campare, di ogni uomo contro ogni altro: il soldato perfetto della reazione contro il movimento di emancipazione umana – anzi, il prototipo del kamikaze, ben prima dei piloti giapponesi e incalcolabilmente prima dei barbuti jihadisti: perché di fatto questo piccolo-borghese brucia la vita propria e altrui ogni giorno sull'altare di un sistema che perpetua il suo stesso sfruttamento da parte di una piccola élite proprietaria. ventisette aprile duemilaquindici SLITTAMENTI
Ieri, 70° della Liberazione, si è assistito per la prima volta al fatto – che sarà pure rasserenante per alcuni – che, almeno a Roma, la celebrazione è passata dal piano della realtà partecipata a quella della virtualità spettacolarizzata. Cioè: non che non ci fossero migliaia di persone in carne ed ossa (me compreso, e tante compagne e tanti compagni della capitale: direi quasi la totalità) per la lunga mattina nella tradizionale sede della memoria storica, Porta san Paolo, o che non si sia improvvisato addirittura un bellissimo piccolo corteo per nulla diplomatico da Porta san Paolo a Ponte di Ferro (altro luogo della Resistenza romana) a parziale compensazione della soppressione dal programma – solo a Roma: qualcuno ha deciso che non ce lo meritiamo più – del corteo grande, quello che ogni anno va dal Colosseo alla Piramide. Dico però che per la conoscenza di milioni e milioni di cittadine e cittadini italiani – cioè per la realtà semplicemente, da che la realtà è ciò che raccontano i media e null'altro – il 25 Aprile a Roma è stato prima la Piazza del Campidoglio, col saluto del Sindaco a qualche centinaio di persone ordinatamente sedute come a teatro davanti a un palco approntato per il concerto di giovani musici, e poi soprattutto la Piazza del Quirinale trasformata all'uopo in studio televisivo, per uno spettacolo condotto dal bravo presentatore del mainstream progressista e impreziosito dall'allocuzione del Capo dello Stato. Il quale ha detto – di nuovo: è l'informazione che certifica la realtà, e quindi il titolo che campeggia a sintesi del suo discorso è scientemente tutto il discorso – che in sostanza “la democrazia è la lotta alla corruzione”. Quindi ecco il secondo slittamento di senso e di forma al quale abbiamo assistito ieri, 70° della Liberazione tramite la Resistenza partigiana al nazifascismo. Il primo, già detto, è la trasformazione della celebrazione romana (che per trascinamento, essendo Roma ciò che è, coinvolge la celebrazione nazionale tutta) da fatto di partecipazione reale a palinsesto spettacolare; e il secondo, è la sua depurazione da qualunque contesto politico e ideologico – i quali per loro natura, e anche per il rispetto alla verità storica dei fatti (verità storica che però è un sassolino nell'ingranaggio della narrazione dell'eterno presente, quindi va tolta – e lo è stata), possono essere dirimenti e anche divisivi (come la parola antifascismo, tanto per dirne una) – e la 'restituzione' di un 25 Aprile in cui tutto sia pacificato sotto l'appello più trasversale e inclusivo che ci sia, pronunciato dall'istituzione per definizione più ecumenica: “siate onesti”, si appella il Presidente. Ora, la lotta alla corruzione è un validissimo programma di intenti civico, giudiziario, e perfino politico. E forse non è nemmeno totalmente fuori luogo, se pronunciato a margine di tutto un paradigma di valori da rammemorarsi nell'occasione di ieri (certo: anche l'onestà era fuori moda col fascismo – banda di criminali al potere); ma se ne diventa il cuore, e l'unica narrazione che al Paese viene offerta a chiusura della giornata dell'anniversario – il 70°, così importante –, allora capisco che non c'è stata una svista da parte di nessuno. A questi livelli di potere e di controllo, le sviste non accadono mai. L'onestà è la democrazia, ci è stato detto. Ma semmai è vero l'inverso: nella democrazia ci sono le condizioni per vivere onestamente. E comunque la Resistenza e la Liberazione – e i loro frutti preziosissimi: la Repubblica e la Costituzione – avevano, mi pare, qualche pretesa un po' più alta e dettagliata. Che non a caso ieri si è considerato superfluo menzionare, come superflua è stata considerata la partecipazione fisica (c'è la televisione, basterà), come superfluo è stato considerato il tradizionale corteo romano (troppe bandiere rosse in giro per la città). Anche a volerla sintetizzare parecchio, la Costituzione che la Liberazione ci ha donato, direi che il postulato anti-corruzione dell'amministrazione pubblica (ecco di che parlava Mattarella, per la tranquillità del mainstream) ne rappresenta una frazione minimale: un ventesimo, se va bene, della sua portata democratica sostanziale. Che in Italia tutti rispettino le leggi, certo, e che chi lavora in una qualunque funzione pubblica le rispetti con particolare disciplina, e onore. Ma anche: che tutti paghino le tasse, e chi guadagna di più le paghi in proporzione maggiore di chi guadagna meno; che tutti paghino la giusta tassa di successione, perché quella fortuna toccata a qualcuno senza particolari meriti sia meno ingiusta possibile. Che tutti quelli che lavorano armati – esercito, polizia, carabinieri, finanza, servizi: tutti – siano fedeli solo alla sovranità popolare. Che tutti abbiano il piacere, oltre che l’interesse, di occuparsi della vita politica; e che se serve si uniscano in associazioni, movimenti, partiti, per raggiungere i propri scopi politici. Che tutti vadano a votare, perché i partiti in lizza sono effettivamente l’espressione del piacere e dell’interesse di cui sopra. Che tutti i lavoratori partecipino in qualche modo alla gestione delle proprie aziende, private o pubbliche. Che lo Stato produca una quantità di beni e servizi, specie i beni e i servizi di utilità generale; e che nessuno di quelli che fanno impresa privata lo faccia recando danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana – sennò, che lo Stato semplicemente gli tolga l’impresa. Che tutti i lavoratori abbiano una coscienza sindacale e nessuna azienda li discrimini per la collocazione ideologica di quella coscienza, qualunque sia. Che tutti quelli che non possono lavorare siano assistiti e mantenuti dallo Stato; così quelli che hanno un infortunio o una malattia, così quelli che hanno già lavorato abbastanza. Che tutti lavorino un numero di ore al giorno, un numero di giorni a settimana, un numero di settimane all’anno e un numero di anni nella vita, tali che ci sia lavoro per tutti e la vita sia bella. Che tutti guadagnino il giusto. Che le donne guadagnino quanto gli uomini, a parità di lavoro, e abbiano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento; e anzi, che le donne abbiano dei vantaggi di reddito e delle tutele di carriera in più degli uomini, se oltre che del lavoro devono occuparsi di famiglia e casa. E che gli stranieri guadagnino quanto gli italiani, a parità di lavoro, e abbiano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento. Che i ragazzini non debbano lavorare, ma studino e giochino tutti; che la scuola pubblica di ogni ordine e grado sia davvero ben fatta, pienamente accessibile e frequentata con profitto diffusissimo. E che l’Arte, la Storia e la Scienza in particolare siano studiate e insegnate con grande cura. Che tutti siano curati come si deve, e nessuno sia curato contro voglia; nemmeno contro la sua propria voglia: che chi vuole smettere di esser curato contro ogni speranza e dignità, lo si lasci in pace. Che quelli che stanno in prigione ci stiano in spazi e modi di rispetto, di riabilitazione, di umanità. Che tutti abbiano le informazioni per dire ciò che pensano sugli argomenti che riguardano la vita di tutti; e la possibilità di farlo: di dirlo, scriverlo e diffonderlo. Che tutti – che abbiano fede in qualche dio, qualsiasi, o in nessuno – possano nutrirsi di spiritualità, se lo vogliono. E che nessuno, nemmeno con la scusa del terrorismo – religioso o laico –, sia intaccato nei propri diritti di libertà, espressione e riservatezza. Che l’Italia non dia mai nessun contributo, di nessun modo – nemmeno camuffato –, all’impiego delle armi per la gestione delle controversie tra Popoli e tra Stati. E che però sostenga sempre, pacificamente, in tutti i modi possibili, quei Popoli che si difendono dalle armi degli Stati o del proprio Stato stesso. Che tutti gli stranieri che chiedono di entrare in Italia – o che ci provano, anche senza chiederlo – perché nel loro Paese la vita è impossibile, siano accolti qui come fossero italiani. Che la cultura, la ricerca scientifica e tecnica, il patrimonio storico e artistico, il paesaggio, l’ecosistema – che tutto questo sia un valore per tutti; e che ci si spendano tanti soldi pubblici perché questo valore sia una ricchezza in costante aumento. Che lavorino tutti; tranne quelli che non possono. E che il lavoro di ciascuno sia sempre di quelli che fanno bene al lavoratore, alla collettività e al Paese. Che tutti siano uguali davanti alla legge; e che se c’è qualcuno che in partenza è svantaggiato rispetto agli altri per un motivo qualsiasi, quanto a possibilità materiali o immateriali, lo Stato faccia in modo che lo svantaggio venga colmato il prima possibile. Che tutti i diritti umani e civili siano riconosciuti ed esercitati; e che se la collettività capisce che è venuto il tempo di un nuovo diritto umano o civile, per via di partecipazione e azione politica diventi legge anche quella novità. In ultima analisi: che l’Italia sia un bel Paese, e che il Popolo ne sia il sovrano secondo Costituzione. E' per tutto questo che sono morti i Partigiani e le Partigiane, per questo ha preso vita la Resistenza, per questo la Storia ci ha conferito la Liberazione dal nazifascismo settanta anni fa esatti, per questo è nata la Repubblica Italiana e per questo le Madri e i Padri Costituenti hanno scritto quel gioiello politico e di civiltà che è la Carta Costituzionale. E il fatto che debba esser io – un nessuno come tanti – a dirlo qui oggi, il giorno dopo, perché non l'ho sentito dire da alcuno che conti qualcosa, è un altro brutto, brutto segnale della fine che si vuol far fare alla democrazia in Italia. https://www.youtube.com/watch?v=4WkReO0gnmc ventisei aprile duemilaquindici FISCHIA IL VENTO
La Liberazione fa settant’anni. Quando ero piccolo io, una persona di settant’anni era vecchia. La Liberazione è vecchia? Non per me. Ma ho paura che per i giovani sia più che vecchia: sia morta. Anzi, mai-nata: nel senso che non sanno di che si tratta e non gli interessa saperlo – come se la Liberazione non fosse mai esistita. Liberazione da che, poi? E neppure soltanto per i giovani – per gli under 30, che potrebbero essere figli miei (che non ho) o miei alunni (se fossi un docente). Perché ho paura che la Liberazione sia un punto interrogativo (al massimo) pure per tanta gente anche più grande, per molti dei miei coetanei per esempio – il che spiegherebbe come mai i giovani non sanno cosa sia, visto che appunto gente della mia generazione (i loro genitori e i loro insegnanti) ha perso la memoria, il valore e il senso stesso dei fenomeni storico-politici della Resistenza al nazifascismo, della Liberazione dalla dittatura e da una guerra infame e della costruzione della Repubblica e della Costituzione. Lo sapevano, prima; ma da un certo momento in poi l’hanno dimenticato. Come è successo? “Il fascismo, il regime fascista, non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere. E questo gruppo di criminali al potere non ha potuto, in realtà, fare niente. Non è riuscito a incidere, nemmeno a scalfire lontanamente, la realtà dell’Italia – realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire. Ora invece succede il contrario: il regime è un regime democratico eccetera eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce a ottenere perfettamente; distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo in realtà l’Italia, e io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi. E questa cosa è accaduta tanto rapidamente che forse non ce ne siamo resi conto: è avvenuto tutto in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire. E adesso, guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.” Pier Paolo Pasolini, 1974 La Liberazione è stata una lotta armata, portata avanti da un numero di uomini e donne che tra la fine del ’43 e l’inizio del ’45 arriva a circa 100.000 unità, e che nei giorni dell’insurrezione finale dell’Alta Italia, preparata e ordinata dal CLN, cresce fino a 300.000. Una metà comunisti, delle Brigate Garibaldi e di GAP e SAP, e gli altri divisi (ma più che uniti, nella lotta) tra socialisti, Brigate Matteotti, azionisti, Giustizia e Libertà e ancora GAP, cattolici, le Fiamme Verdi, liberali, Brigate Osoppo, anarchici, Brigate Bruzzi Malatesta e Battaglione Lucetti, più altri comunisti, Bandiera Rossa (a Roma), e altre idealità e organizzazioni ancora, dappertutto. E’ stata una guerra, la Liberazione attraverso la Resistenza. Una guerra alla guerra, oltre che al nazifascismo. E tante e tanti ci sono morti, come succede in guerra. Tante e tanti rimasti invalidi, feriti, traumatizzati, senza più nulla; tante famiglie hanno perso padri, figli, figlie, madri, sorelle, fratelli. Tanto dolore. E’ stato immolarsi: il sacrificio della parte più nobile dell’Italia, perché l’Italia tutta avesse un futuro di dignità e di libertà, di giustizia e di civiltà, per una possibile ricerca della felicità di un popolo intero. Ora chi lo farebbe? “Gli Europei sono il problema – disse a se stesso il capitalismo a metà degli Anni ‘40 del XX Secolo – e dunque l’Europa sia la soluzione: dategli per un po’ il loro modello sociale, le loro riforme, dategli tutto il Keynes che possiamo accettare: purché la piantino di elaborare la Rivoluzione. Stiamo appunto tirandoci bombe perché le dittature che avevamo favorito per contrastare l’esperimento sovietico, ad alto rischio contagio, sono diventate quasi peggio dei comunisti: ora che sta per finire poi non vogliamo certo ricominciare da capo! Ci va bene che a Mosca, dopo i bolscevichi della prima ora, comandi uno zar tutt’altro che rivoluzionario; e abbiamo fatto comunque affari producendo aerei, corazzate e carri armati in competizione coi russi; stiamo affinando scienza e tecnologia, organizzazione e propaganda, e questo ci servirà ad ogni modo nel mondo dopoguerra. Ma gli Europei, evolutisi come sono in classi coscienti, sono pazzi abbastanza da tornare a volere la giustizia in Terra! Allora diamogli una cosa che ci somigli, qualche roba da tenere in mano ma che gli svuoti lo spirito, teniamoli buoni mezzo secolo almeno e facciamo i soldi lo stesso. Dopo vedremo.” Ora nessun italiano morirebbe – macché: nemmeno rischierebbe una bruciatura sul polpastrello – per far guerra alla guerra, alla dittatura, all’inumanità di un regime. Figurarsi! Abbiamo troppo fatto l’abitudine al pensiero che la vita è godimento. Al pensiero – badate –, mica alla pratica. Perché chi praticamente la vita se la gode è l’élite del privilegio per la quale questa struttura socioeconomica profonda si perpetua, cambiando pelle di generazione in generazione: dall’Italia liberale inizio ‘900, a quella fascista, a quella cattolica, a quella di una timida socialdemocrazia negli anni del grande Partito Comunista e di un sindacato forte (e di un abbozzo di egemonia culturale di sinistra), a quella corrotta, a quella mafiosa, a quella neo-liberista, a questa – che straccia la Costituzione e violenta la Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione perché meglio si conduca la lotta di classe dall’alto verso il basso. Ma il pensiero che invece ce la godiamo tutti, la vita, e che non va rischiata per nessun motivo al mondo (né vanno rischiate la proprietà, la posizione, la carriera, la roba), figuriamoci per un ideale che come la cultura “non si mangia” – quello, è stato espressamente il cavallo di Troia e l’effetto insieme della trasformazione antropologica di cui parla Pasolini sulle dune ventose, in quell’inverno lontano. La Liberazione è oggi così vecchia che sembra una forza del Passato, che viene dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli; e dove i fratelli e le sorelle partigiane hanno lasciato la propria vita – unica e irripetibile, come quella di ogni essere umano – perché oggi, settant’anni dopo, io e quelli come me, la sentissimo giovane, invece: giovanissima, appena nata, piena di tutta l’energia dell’essere-non-ancora, della necessità storica che va compiendosi nell’opera umana. Mi dispiace per i ragazzi, e tanto peggio per i loro padri e 'maestri' – continuate pure a guardare la televisione, a conoscere il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna. Ma la Resistenza è anche oggi, Liberazione è sempre. E sembra quell’angelo di cui parla Walter Benjamin guardando il quadro di Paul Klee… “Dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera.” (Tesi sul concetto di Storia, 1940) Grazie per sempre, sorelle e fratelli partigiani. Auguri ancora, compagne e compagni di oggi: buon 25 Aprile! venticinque aprile duemilaquindici SBAGLIO
Facciamoci a capire: Giovanni Lo Porto non è stato ammazzato per sbaglio. Perché non stava dove stava a cooperare per sbaglio, perché non è stato rapito da chi l'ha rapito per sbaglio, perché l'azione militare che l'ha ucciso non è stata progettata e realizzata per sbaglio. Quindi Obama – lui sì – sbaglia, due volte, nello stesso discorso: sbaglia a chiedere scusa perché Lo Porto sarebbe stato ucciso per sbaglio, e sbaglia a prendersi tutta la responsabilità di Presidente degli Stati Uniti e Comandante in Capo delle Forze Armate – perché la responsabilità della morte di Lo Porto è invece tutta di un sistema di fatto molto più vasto e complesso della stessa presidenza USA e dello stesso comando U.S. Force, fenomeni entrambi soltanto istituzionali. Facciamoci a capire, perché sennò qui sembra che ogni tanto c'è qualche ragazzo o ragazza o uomo o donna dell'Occidente che prende e parte per le zone a rischio e disastrate, fondamentalmente perché non ha di meglio da fare a casa propria o addirittura perché è un po' bislacco, maniacale, esibizionista. Sennò qui sembra che quelle zone sono a rischio e disastrate perché ci stanno da una parte i predoni cattivi che fanno la guerra contro i valori dell'Occidente, dall'altra l'esercito dei buoni occidentali o filo-occidentali (più spesso l'aviazione, e ormai pure senza avieri) che difende quei valori, nel mezzo le comunità locali terrorizzate dai cattivi e che tifano per i buoni, e al fianco di esse questi cooperanti bizzarri che ogni tanto vengono rapiti e, come Lo Porto, ci restano anche secchi. Facciamoci a capire, sennò sembra che un solo uomo, pur assai potente come il Presidente degli Stati Uniti (e tra i meglio della modernità, come Obama in particolare), possa – ammesso che lo voglia – cambiare il corso delle cose in modo che i Lo Porto non muoiano più, perché non c'è più un'azione militare che li uccide, perché non c'è più il contesto in cui tale azione è naturale, perché non c'è più il sistema che si ciba di tali contesti, perché non c'è più la gente che subisce tale sistema, e perché non scatta quindi la molla che fa dire ai Lo Porto “io il vostro sistema non lo nutro un istante di più, e vado col mio sapere e il mio sentire in mezzo a quella gente”. Giovanni Lo Porto – sentite quanto era bizzarro, esibizionista. Nato 38 anni fa a Palermo, laurea a Londra e specializzazione in Giappone, sempre in cooperazione internazionale, studente “appassionato, amichevole, dalla mente aperta”, si unisce alle ONG in Repubblica Centro Africana, poi ad Haiti, poi in Pakistan dove è nel coordinamento per la ricostruzione del dopo-terremoto del 2010, stabilisce ovunque “rapporti buoni e stretti con la popolazione”... Io uno bislacco e maniaco così lo vorrei per compagno di mia figlia/figlio, se ne avessi una/uno! Lo Porto, Lamolinara, Arrigoni, Baldoni – tutti fancazzisti che si stufano dell'Occidente che li ha pasciuti e se ne vanno a cercar gloria, e a trovare rogne, anziché farsi una posizione a casa propria, e una casa in buona posizione, e magari nel tempo libero pontificare via social network contro chi avrebbe ancora i grilli per la testa di un mondo diverso. Uomini così, donne così, ne sanno cento volte più di me, sullo stato di cose presente (e diecimila più di chi è immerso in questo stato come il corpo di Neo in Matrix prima che la sua intelligenza si risvegli). Per questo hanno deciso di non alimentarlo come esso richiede di essere alimentato, e lo pretende e a tal fine costringe e violenta (mentalmente, nei Paesi ricchi, in tutti i modi in quelli poveri) centinaia di milioni di esseri umani su tutta la Terra. I Baldoni e i Lo Porto – e quelle e quelli nel mezzo di questa infelice sequenza, che non finirà oggi – io credo abbiano detto un giorno a se stessi: “Tutto ciò che ho studiato, sperimentato e so, ciò che voglio e spero, ciò che sono e divento, non ha alcun punto di contatto con la realtà confezionata da questo sistema di vita, individuale e collettiva, in cui per caso sono nato e cresciuto. Ma tra lui e me il più debole sono di gran lunga io, e se resto qui pur con tutto il mio esserne alieno lui si nutrirà di me; e alla lunga l'artificio di un'umanità posticcia entrerà anche dentro me, come negli altri, e io avrò perso la strada per l'Umanità.” E dunque hanno impostato il proprio futuro per andare prima possibile da un'altra parte, in un'altra vita da vivere mettendoci dentro tutto il sapere, sentire, volere, sperare, amare. Per nulla per sbaglio. Ma il sistema è dappertutto. Non per sbaglio – di nuovo. Li ha seguiti anche laggiù – né loro saranno andati perdendo tempo a sorprendersi della cosa: avevano altro da fare, tipo essere umani. Il sistema era nelle armi dei predoni terroristi, che appena la guerra scorsa erano alleati dell'Occidente capitalista contro qualche nemico geopolitico (ne servono sempre, di nemici, al capitale); era negli aerei americani, o della Nato o degli altri Paesi del Nord del mondo, i quali rappresentano materialmente – in acciaio, tecnologia e propellenti – una filiera di incalcolabili investimenti e guadagni privati e di classe; ed era nella schermaglia eterna (“giustizia infinita”, ricordate il primo code-name dell'intervento di Bush jr dopo l'11 Settembre?) tra questi protagonisti i quali gli uni dichiarano di voler abbattere il modello delle libertà occidentali, gli altri di difenderlo, ma di fatto con ogni conflitto regionale tengono in buonissima salute ciò che è il vero modello standard globalizzato: proprietà, profitti, privilegio, consumo, precarizzazione, esclusione, disumanizzazione. Quale libertà? Obama può opporsi a tutto questo – ammesso lo voglia? Crederlo vuol dire ancora una volta dimostrare di essere nel pieno del sonno indotto dalla piccola capsula amniotica del film dei Wachowski. Il capitalismo può sì esser combattuto a livello individuale se si smette di fare il capitalismo, come dicono gli autori alla Holloway – o meglio: può essere non combattuto ma allontanato da noi, in quanto noi ci allontaniamo da esso (se ce ne allontaniamo, come per esempio i cooperanti o i decrescitisti), con tutto il rigore di cui siamo capaci e abbracciando le conseguenze concrete di questa scelta sulla nostra vita. Ma non c'è nessuno tanto potente al mondo, neppure l'inquilino della Casa Bianca (tanto meno quello dei Palazzi Vaticani, ovviamente), che da solo può combattere il sistema nella sua interezza, nel suo essere la seconda pelle del pianeta – quella che la classe dominante del Genere Umano gli ha appiccicato addosso, e che lo soffoca. Serve la massa, e la sua coscienza della propria realtà, e la sua organizzazione per la Liberazione. Il potere non fa niente per sbaglio. Mai. Tanto meno quando usa le armi, che sono il suo balocco preferito dopo i soldi (e fa finta di esserne riluttante). Lo sbaglio è nostro – se vogliamo la pace, come diciamo sempre di volere – che non abbiamo ancora afferrato bene queste semplici constatazioni. Che dobbiamo restare umani, ma il capitalismo ce lo vieta; dobbiamo diventare umani, ma il capitalismo ci ostacola in tutti i modi; dobbiamo difendere umani, ma il capitalismo ce li ammazza sotto gli occhi; dobbiamo creare umani, ma il capitalismo li trasforma subito in un'altra cosa. E che sarà il socialismo l'unica efficace forza d'interposizione di pace sulla Terra e nella Storia. Spero che ci siamo capiti. ventiquattro aprile duemilaquindici LA VASCA
Un voto di fiducia sull'Italicum? Oggi ci sono 40 contratti di categoria scaduti, e scaduti in media da 3 anni e 3 mesi; ci sono 7 milioni e 300 mila lavoratori che devono rinnovare il proprio contratto, cioè quasi il 57% di tutti i lavoratori italiani; e quasi 3 milioni di quelli col contratto scaduto sono i lavoratori del pubblico impiego, il cui datore cioè è l'amministrazione stessa; ci sono insomma 7 milioni e 300 mila famiglie in Italia, che fanno almeno 25 milioni di cittadini in tutto, per le quali uno dei redditi entranti (spesso l'unico sicuro) viene percepito con contratto in attesa di rinnovo da così tanto tempo... ...E il governo di Renzi metterà la fiducia sull'Italicum? E le opposizioni parlamentari, di Berlusconi e di Salvini, chiederanno in aula il voto segreto sull'Italicum?!? E l'opposizione interna al PD, di Bersani eccetera, e l'opposizione interna al Centrosinistra, di Vendola, e l'opposizione anti-casta, di Grillo, sono tutte uscite dalla Commissione in disaccordo con l'Italicum?!?!? Questo Paese ha davvero bisogno di un bagno di realtà. Il brutto è che la vasca si sta già riempiendo da un pezzo, che l'acqua è gelata e lo sarà sempre più, che a starci dentro di sicuro non saranno né i privilegiati socio-economici (come singoli e come classe) né i loro rappresentanti politico-mediatici (come partiti e come compagnie recitanti), e che anche solo a stare appresso alle loro pantomime noi gente che per vivere deve lavorare (difendendo il lavoro e un reddito, se ce l'ha, oppure cercando l'uno e l'altro entro un contesto di diritto) andremo sott'acqua sempre più rapidamente. La nostra classe ha bisogno di idee e di pratiche che tolgano il tappo dal fondo, anzitutto, per non rimanerci affogati. E poi per fare giustizia di un sistema in cui prospera chi non si è ancora mai bagnato un mignolino. Idee e pratiche che spero di poter veder confluire nella Coalizione Sociale, prontissimo a dare una mano allo scopo! ventitre aprile duemilaquindici LA SOGLIA DELL'UMANITA'
E’ stato bello esserci, ieri pomeriggio a Piazza Montecitorio. Con tanta gente intorno a manifestare con la propria faccia, la propria voce, la coscienza lucida, la tristezza nel cuore, la determinazione nell’animo e tante bandiere diverse tese al vento, quello che un po’ di tempo fa ai più poteva sembrare ancora uno slogan da sognatori – salviamoli tutti! – ma che oggi, con l’ecatombe infinita dei disperati, appare come la soglia minima dell’umanità: la linea di demarcazione, semplicemente, tra civiltà e barbarie. E’ stato bello, commovente e rincuorante insieme, che la piazza fosse riempita di bianchi e di neri, di italiani e di stranieri, di militanti e di cittadini qualunque, di adulti e di ragazzi, di donne e di uomini naturalmente – come per un’istantanea, in scala, di un’intera comunità di milioni e milioni di individui che in questo Paese risiedono, o transitano soltanto, ieri tutti insieme allacciati intorno al Parlamento, il palazzo della sovranità democratica, a rappresentare vivaddìo una realtà totalmente rovesciata rispetto a quella raccontata altrove: quella di buoni italiani che sui social gongolano per il lauto pasto dei pesci in fondo al mare, degli arraffavoti politicanti che propongono di affondare barconi (vuoti o pieni?) e chiudere confini, dei leader nazionali che hanno come soluzione in tasca la mera guerra agli scafisti e null’altro. No, invece: c’è anche un’altra Italia, per fortuna! Che ieri stava in piazza a Roma e in tante città grandi e piccole, che le colorava delle bandiere rosse della Fiom e della Cgil (a Roma ha parlato anche Camusso), biancoverdi della Cisl, azzurre della Uil, gialle di Amnesty, rosa o arancio o nere di Libera, multicolori dell’Arci, ancora rosse di Rifondazione Comunista e dell’Altra Europa, e di tanti altri stendardi e striscioni, e che le riempiva di testimonianze, dichiarazioni, proposte, preghiere, rivendicazioni – e prima di tutto, ovviamente, della voce dei rappresentanti delle collettività migranti giunte qui in Italia: somali, eritrei, maghrebini, siriani, subsahariani, afghani… che hanno parlato di nuovo schiavismo, di tratta di esseri umani, di commercio d’organi, di sradicamento di popoli interi, di sofferenze indicibili. E di muri alzati in faccia alla loro disperazione. E’ mancata, senza sorprese, la voce delle istituzioni – mi pare di aver visto il solo Marcon, parlamentare indipendente eletto in Sel, all’orlo del grande presidio romano. Ma non stupisce, appunto, vista la pochezza delle ricette ventilate da chi governa e legifera e garantisce, dinanzi alla portata storica dell’abominio in corso. Alla prossima riunione in sede europea, i governi continentali dei Paesi coinvolti dagli sbarchi – Italia in testa – potrebbero chiedere l’utilizzo concertato di dispositivi e metodi, anche militari, per la lotta alle organizzazioni criminali dei trasbordi sulla falsa riga di quanto già attuato contro la moderna pirateria del mare. Ma, anche volendo, cosa ne sarà dei disperati che intanto sono arrivati ai luoghi dell’imbarco e lì stipati e derubati, torturati e afflitti senza pietà? E di tutti gli altri che sono già in marcia dai luoghi d’origine – alle spalle la guerra, la dittatura, la carestia, il genocidio – e si avvicinano sfiniti alla frontiera d’acqua del Mediterraneo per ammassarsi e attendere? Non è dato saperlo. Però la televisione provvede a toglierci il sonno dicendo di aspettarsi un milione di nuovi arrivi. La piazza ha detto tutt’altra cosa. Ha chiesto, ha gridato, salviamoli tutti! Mediante l’Onu, l’UNHCR, l’Agenzia mondiale per i rifugiati, l’Alto Commissariato – con tutti i mezzi, i sistemi, le risorse della comunità internazionale già esistenti, e già regolamentate per intervenire proprio a fronte di cataclismi umanitari come questo cui assistiamo, come cittadini ad oggi impotenti. L’ha chiesto e lo chiederà ogni giorno – così ci siamo lasciati, alla fine – finché in quel palazzo della sovranità democratica non sarà penetrata la volontà di un popolo, e di popoli, che non si risolve tutta nell’orrida pantomima dei social dell’anonimato e dei talk-shaw che fanno audience col razzismo. Il presidio non si ferma, cittadine e cittadini non ci stanno a restare nell’impotenza lancinante. La distanza tra l’umanità della gente che ho visto e l’aridità di chi non c’era per scelta, così come delle istituzioni, non potrebbe essere più grande. Siamo una repubblica che si contorce come per schizofrenia. Fossero almeno le doglie del parto di un nuovo modo d’essere popolo italiano! ventidue aprile duemilaquindici EGEMONIA
Sarei tentato di vergognarmi per il mio Paese. Ma non devo cedere a questo peccato di generosità, a questa hybris di pietà: perché io invece non ho proprio nulla di cui vergognarmi, perché con questo schifo di sistema non c’entro niente, io l’ho sempre combattuto. E tanta altra brava gente – quasi tutti compagni, ma pure qualche sincero progressista – l’ha combattuto come e meglio di me. Però – questo è il fatto – finora abbiamo perso. Perché noi che lo combattiamo siamo (stati, sempre) troppi di meno, noi incazzati e determinati a cambiare le cose, rispetto a quelli che col sistema ci campano bene (che sono una ristretta élite) più quelli che lo accettano come il meno peggio dei sistemi possibili (che sono una bella porzione di gente) più quelli che non riescono proprio a immaginarne un altro (che sono la maggior parte). E’ così: anche se qua e là è sembrato che stessimo per rovesciarlo, il sistema, e sostituirlo con la società umana che vediamo benissimo con gli occhi della mente e del cuore – ma purtroppo non con questi due qui, posti tra il naso e la fronte –, alla lunga abbiamo sempre perso. E il sistema dis-umano si è ripristinato in nuove forme, ma quasi identica sostanza, alla faccia della nostra determinazione. Per esempio. In Italia, intorno al 1920 tanta gente era parecchio incazzata. Un po’ per la Grande Guerra e per le ferite profonde che aveva lasciato in uomini e famiglie, in intere collettività, e un po’ perché i lavoratori si erano stufati di fare la fame – o poco meglio. Ci fu allora il Biennio Rosso, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la nascita del Partito Comunista. Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose. Ma non erano abbastanza: non così tanti. Infatti è arrivato il fascismo, e la propaganda che stuzzicava l’orgoglio imperiale dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei Poteri ma solo contro la propria ambizione frustrata, è risultato che fosse di più. E via così per una generazione. Anche intorno al 1944, tanta gente era parecchio incazzata. Un po’ per la Seconda Guerra Mondiale, per i morti e i mutilati, le distruzioni e le lacerazioni in tutta Italia, e un po’ perché i lavoratori avevano sperimentato cosa voleva dire essere l’ultimo ingranaggio di una dittatura. Ci fu allora la Resistenza, e la vittoria nella Guerra Civile, e la nascita della Repubblica, e la scrittura della Costituzione. Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose. Ma non erano abbastanza: non così tanti. Infatti è arrivata la Democrazia Cristiana, e la retorica che difendeva i valori cattolici dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei Poteri ma solo contro l’ansia della ricostruzione, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione. E pure intorno al 1968 tanta gente era parecchio incazzata. Un po’ per la Guerra Fredda, per l’aria asfissiante che provocava nel mondo più ancora che in Italia, e un po’ perché i lavoratori e gli studenti si erano guardati intorno e avevano cominciato a elaborare per bene un’altra società possibile. Ci furono allora le università occupate e gli scioperi fatti sul serio, venne l’Autunno Caldo e la conquista di nuovi diritti civili e sociali, e le grandi città cominciò a governarle la Sinistra. Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose. Ma non erano abbastanza: non così tanti. Infatti sono arrivati insieme il terrorismo e il riflusso, e la paura che svuotava le piazze e l’edonismo che riempiva le teste hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei Poteri ma solo contro un brutto tinello, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione. E intorno al 1992, anche allora, tanta gente era parecchio incazzata. Un po’ per la corruzione insaziabile dei partiti, per il blocco alla crescita e per la vergogna civica che generava, e un po’ perché le cittadine e i cittadini cominciavano a credere perfino che magistrati coraggiosi facessero fuori le mafie. Ci furono quindi gli arresti e i processi, gli intoccabili non lo erano più, socialisti e democristiani si nascondevano o scappavano, i nomi di Falcone e Borsellino erano orgoglio per tutti – o quasi. Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose. Ma non erano abbastanza: non così tanti. Infatti sono arrivati insieme Forza Italia e le bombe, e l’omertà che bloccava le indagini e Berlusconi e Bossi che bloccavano la politica hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei Poteri ma solo contro chi rompeva osando pensare, è risultato che fosse di più. E via così per la quarta generazione – che si compirà tra poco, nel 2016, dopo i soliti ventiquattro anni (fateci caso). Ma la domanda è: si compirà anche politicamente, una buona volta, il destino di una generazione, di un Paese, di un popolo? O invece si ripeterà questa filastrocca coatta (che comincerà così: "E intorno al 2016 tanta gente era parecchio incazzata..." e vi compariranno Renzi, Jobs Act, Salvini, Italicum e Grillo tra i cattivi, e Landini, solidarietà, Strada, coalizione e partecipazione tra i buoni)? Ricapitoliamo: in tutti e quattro i casi citati non è bastato che ci fosse tanta gente incazzata e determinata perché le cose cambiassero davvero; perché in tutti e quattro i casi la gente che era – sì, forse – incazzata, ma non determinata a cambiare un accidente oltre alla propria immagine riflessa allo specchio, alla fine era di più. E oggi – anche oggi, 2015 – tanta gente è incazzata. E a occhio e croce è pure determinata come si deve. Ma non basta. Intorno al 1920, intorno nel 1944, intorno al 1968, intorno al 1992 – sembrava che fosse tanta, quella gente: tantissima, che fosse tanta quanta ne serviva per cambiare davvero le cose. Che fosse la maggioranza. Ma invece no. Era tanta – sì – che bastò, tutte e quattro le volte, a portare avanti il lavoro più faticoso del cambiamento: a pulire la faccia dell’Italia impresentabile davanti alla Storia. Ma poi rivenne a galla il resto degli italiani, quelli che al lavoro faticoso si erano sottratti – gli indifferenti, forse – ma che erano intenzionatissimi a non mettere in discussione davvero il padre di tutti i Poteri: il modello di società. E così la gente d’Italia incazzata e determinata fu poi rimessa nel ghetto – o quasi. Inculata, ma democraticamente: a conti fatti eravamo di meno. Questo, sto dicendo, compagne e compagni. Che oggi, 2015, dobbiamo avere un solo obiettivo – prima di metterci in testa, di sognarlo perfino, di cambiare davvero le cose. Dobbiamo mirare ad essere, e nel breve giro di un anno – se possibile – noi incazzati e determinati contro quel padre di tutti i Poteri, noi, la maggioranza degli italiani. Stavolta. Una sola, santa volta. Quella buona. ventun aprile duemilaquindici PER I SETTECENTO
C’è una comunità di macachi giapponesi, sferzata dall’inverno rigidissimo. Gli animali sono aggrappati gli uni agli altri per cercare di ripararsi dal freddo, dalla neve che cade impietosa. Il loro pelame a lunghi ciuffi è letteralmente irrigidito in barbe di ghiaccio che partono come stalattiti viventi dai crani, dai gomiti, dai dorsi. Resistono soffrendo, e più d’uno soccombe. E però al centro esatto dello spazio occupato dalla comunità c’è una sorgente termale a 37°. Sarebbe la salvezza. I macachi sono disposti a cerchi concentrici secondo distanze dall’acqua calda che corrispondono al rango di ogni individuo nel clan. Ma per tutti, comunque, vicini o lontani, il gelo è tremendo; tranne che per una famiglia, una sola, dal numero relativamente esiguo di componenti. Essi – ed essi soltanto – possono stare dentro quell’acqua benedetta. E’ il clan reale: il maschio dominante, la femmina dominante, la loro progenie di prima e seconda generazione, e pochissimi altri famigli. Questi macachi sono i salvati, nuotano nell’acqua calda, la loro pelle ha il colore della vita, i loro visi non sono storpiati dal dolore, grandi e piccoli riescono addirittura a giocare. Ma là intorno, a tre metri o a venti dal bordo della sorgente, cuccioli di macachi muoiono letteralmente di freddo tra le braccia di madri impotenti, intirizzite e disperate, e vecchi esemplari non sentono più il sangue nelle vene ghiacciate. E nessuno si muove. Noi umani – se siamo umani – ci struggiamo, ad assistere alla scena. E siamo i soli, a piangere, a sperare che la situazione si sblocchi. Resterà tutto com'è, perché la natura non-umana non prevede solidarietà, giustizia, democrazia, altruismo, collaborazione, pietà: è soltanto Homo Sapiens che ha in sé almeno una proiezione, nella realtà fattuale, di quei valori verso tutti i viventi. Anzi, diciamo meglio: alcuni Homo Sapiens coltivano e praticano – talvolta – i valori della solidarietà, della giustizia, della democrazia, dell'altruismo, della collaborazione e della pietà, verso altri della propria specie e verso altri animali. Perché l'egoismo individuale, così come l'egoismo sociale e quello di specie, alimentati ancor più da un determinato modello di vita quotidiana – questo nostro: privatistico, materiale, autocentrato, anaffettivo – sono altrettanti elementi della nostra natura umana, anche se di quella deteriore, primitiva e gretta. E la dialettica tra queste due classi di valori e comportamenti – del genere solidale da una parte, e del genere meschino dall'altra – attraversa le esistenze dei singoli e quelle delle comunità con una guerra incessante. Qualche uomo e qualche donna, in Italia, tra ieri e oggi avrà anche commentato l'immane tragedia del mare – l'ennesima – con frasi del tipo “così capiranno che non gli conviene provarci”. Ma torniamo alla battaglia tra aridità ed empatia. Se e quando essa è vinta dall'egoismo, nel nostro cuore così come nella società, allora l'Homo Sapiens non aggiunge nulla all'impietosità naturale che quella pozza d'acqua termale, con i privilegiati dentro e i condannati fuori, rappresenta. Ma quando la spunta la compassione, e diventa azione reale – mano tesa verso chi soffre, rinuncia al proprio comodo per la necessità altrui –, allora aggiungiamo nella natura stessa qualcosa che altrimenti all'Universo mancherebbe; e diamo così un senso alla specificità della nostra grande famiglia apparsa sulla Terra tanto tempo fa, che non sia solo la storia di dominio e sopraffazione, di consumo e inquinamento che conosciamo bene. L’Universo, di suo, è meraviglioso è freddo. Un po’ di calore può venirgli dalle nostre prese di coscienza e dai nostri atti di generosità. Così come un po' di bruttura riesce a intaccare perfino lo splendore delle stelle, quando uomini e donne restano impassibili – o peggio – dinanzi al dolore di altri esseri umani, e dei viventi in generale. Quel calore io credo che lo dobbiamo alla Terra stessa: anche per quei cuccioli di macachi che stanno morendo di ghiaccio a un passo da un’acqua di vita, in cui non possono entrare a scaldarsi solo per essere nati dalla madre sbagliata. Glielo dobbiamo anche se ovviamente essi non sapranno mai se noi siamo poi riusciti a diventare buoni, lavorando sui nostri istinti più tristi e sconfiggendoli. Ma lo saprebbe l’Universo. Attraverso i nostri occhi, che sono anche i suoi. Oggi però sta piangendo quei miei fratelli e quelle mie sorelle, annegati dopo tanto soffrire. Se prestate attenzione potete sentire il suo lungo lamento. venti aprile duemilaquindici DUECENTO A UNO
Ieri mattina avevo scritto un pezzo sulla giornata che andava a cominciare, di mobilitazione mondiale contro il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP), il quale pezzo finiva così: “Se e quando il Potere non ha nessun antagonista sulla scena è chiaro che organizza il presente e il futuro (e riscrive il passato, perfino) come più gli pare e piace; ma se e quando dinanzi al Potere del mero profitto (al capitalismo, insomma) si erge la Potenza del numero di donne e uomini dotati di coscienza e determinati a metterla in campo, allora è tutta un’altra storia! E la Storia, per fortuna, si scrive appunto in questo modo. Giorno per giorno. Allora dobbiamo essere tante e tanti – e il giorno è oggi!” Poi sono andato a Piazza Santi Apostoli, luogo della manifestazione romana – una delle 40 in italia, oltre 500 in Europa e quasi 800 in tutto il mondo –, e ho contato i presenti: 250 persone, occhio e croce. Finita la rapida operazione di computo, ho cercato nello smartphone qualche notizia sul web, e ho trovato che nello stesso momento a Barcellona erano in 50.000. Meno male! Allora il problema non è che il TTIP non interessa alla gente, bensì è la gente italica – o romana, quantomeno. Quindi adesso dico due parole su questo problema. Ieri in piazza a Roma eravamo 250 – la frazione di 1/200 di quanti fossero in piazza a Barcellona nello stesso momento per lo stesso identico motivo. E a Roma la piazza era stata 'chiamata' dalla Rete Campagna Stop TTIP Italia, ed era gestita in concreto da un gruppo di organizzazioni – politiche e non – che curavano la logistica, la scaletta e i contenuti dell'iniziativa: il CRAP (Comitato Romano Acqua Pubblica), Rifondazione Comunista, L'Altra Europa, 5 Stelle, Greenpeace. In particolare: la Rete Campagna Stop TTIP Italia aveva 'offerto' l'oratore di apertura (Marco Bersani, bravo come sempre), il CRAP un piccolo gazebo per la raccolta firme contro il Trattato e un intervento in scaletta da parte di un suo esponente, Rifondazione il palco e l'amplificazione, un secondo gazebo per la raccolta firme e fondi, militanti per la raccolta fondi in piazza con bussolottoni in plastica, e l'intervento di chiusura del segretario di federazione Claudio Ursella (intervento nitido e appassionato), L'Altra Europa la 'conduttrice' della scaletta sul palco e l'intervento dell'eurodeputata Eleonora Forenza, il 5 Stelle ancora due interventi di due suoi eurodeputati, e Greenpeace un terzo gazebo e ancora un intervento di un suo socio. Ora, però, non tanto la Rete Campagna Stop TTIP Italia – che in quanto rete tematica non ha affiliati suoi propri – ma ciascuna delle cinque organizzazioni suddette ha senz'altro in Roma un discreto numero di iscritti, militanti e/o simpatizzanti (la 'qualifica' dipende dalla rispettiva 'formula strutturale'). Vado per stime: il CRAP qualche centinaio, Rifondazione qualche migliaio, L'Altra Europa qualche centinaio, 5 Stelle qualche decina di migliaia, Greenpeace qualche centinaio. Inoltre: in piazza ieri dovevano esserci anche un po' di 'cani sciolti' (non appartenenti a nessuno di quei collettivi, ma presenti come singoli cittadini proprio in virtù del contenuto della mobilitazione). Per forza, visto che io personalmente lo sono e visto che del gruppo di sette compagni – me compreso – con cui ero a Piazza Santi Apostoli, sei sono altrettanti 'cani sciolti'. Quindi, concludendo le stime: tra iscritti, militanti, simpatizzanti delle organizzazioni mobilitate e cittadini 'sfusi' però sensibili alla chiamata, avremmo potuto raggiungere tranquillamente – in teoria – la quantità di massa messa in campo nello stesso momento e per lo stesso motivo dai compagni catalani: 50.000 donne e uomini, Roma ieri ce li aveva – in teoria – da far scendere in piazza contro il Trattato. E invece ci siamo ritrovati in 250! Ci sono due possibili letture – e chiudo davvero – a spiegare il fenomeno. La prima è antropologica, ed è molto deprimente: gli italiani – i romani, quantomeno – sono (stati fatti diventare) ontologicamente diversi dagli spagnoli – dai barcellonesi, quantomeno. Diversi e civicamente e politicamente duecento volte più scadenti. E se è così non ci si può far niente – non nel breve periodo, almeno, né con le ridottissime risorse del mio campo di pensiero e di azione, che è l'umanesimo socialista. Ci vorranno generazioni, e comunque sconvolgimenti socioculturali di portata storica – anche dolorosi, temo – che inneschino un processo di contro-involuzione antropologica. La seconda lettura è organizzativa, ed è molto meno deprimente – ma a me personalmente fa quasi più rabbia: agli italiani – ai romani, quantomeno – manca del tutto la capacità di coordinamento e mobilitazione degli spagnoli – dei barcellonesi, quantomeno. Cioè: non solo la Rete che ha chiamato in piazza le organizzazioni non ha costituito un valore aggiunto alla mera somma delle stesse (non per colpa di Bersani, beninteso – o non per una sua/loro colpa specifica nella gestione dell'evento di ieri, piuttosto semmai per una certa sua/loro 'filosofia' della militanza/partecipazione), ma gli stessi collettivi convocati in questo modo 'estemporaneo' sono stati drammaticamente al di sotto delle aspettative di coinvolgimento della loro stessa 'base' (mentre ai presenti riconosco ovviamente un'abnegazione ammirevole, e offro un fraterno abbraccio). Che ci vuole, se così fosse? Ci vuole invece un cambio di passo radicale, dall'estemporaneità sempre più estenuata a un coordinamento strutturale, stabile e capillare – e la rabbia è che mi sembro un disco rotto, a dirlo e scriverlo invano da così tanti anni. Se la lettura corretta è questa seconda, io confido che il progetto della Coalizione Sociale sia nato nella testa di chi l'ha pensato e si stia dispiegando con giudizio nella realtà, proprio per rispondere alle urgenze che l'ennesima defaillance di ieri denuncia. Se invece è la prima – ad aiutarci non basteranno Landini, Strada, don Ciotti e Rodotà, ma soltanto il padreterno. diciannove aprile duemilaquindici STOP TTIP
Fai conto che il democratico governo di uno Stato o di una regione decida a ragion veduta di chiudere una o più centrali nucleari, o che i cittadini di una nazione decidano a maggioranza referendaria di chiuderle tutte o di sospendere la costruzione di quelle già progettate e appaltate. E’ la democrazia, no? E’ il sale della vita collettiva, è il senso stesso della politica… Be’, col TTIP – Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti – non si può fare, a meno di pagare uno sproposito di penale alle imprese nazionali e multinazionali che perdano profitti reali o possibili a causa di quelle decisioni libere e circostanziate. Ma uno sproposito veramente, e ovviamente da pagarsi coi soldi pubblici – cioè della gente, di quella che onora tasse e imposte: cioè nemmeno di tutti, ma dei buoni cittadini! E fai conto che uno Stato o una regione o una maggioranza di popolo chiamato a esprimersi sul punto, decida che non è civile né dignitoso che un’impresa nazionale o multinazionale mantenga i salari a livello di fame o poco più, e istituisca per legge una forma di reddito minimo da lavoro. Di nuovo: è la democrazia, è il motivo di stare insieme sotto l’ombrello del diritto… Ma, di nuovo: col TTIP non si può fare neanche questo. Il diritto d’impresa, nell’area di vigenza del Trattato (che è un’area sterminata: gli USA e tutto quello che gli gira intorno più l’Unione Europea e satelliti), avrà sempre e comunque la meglio su qualunque altra considerazione politica, costituzionale, culturale, civile e pure umana! Per esempio, se Marchionne – come ha appena annunciato, spalleggiatissimo dal governo Renzi e con la complicità di tutti i sindacati maggiori tranne la FIOM di Landini – vuole dare un’incredibile, ennesima, fregatura a chi lavora in Fiat-Chrysler agganciando i salari ai profitti (e ai rischi) aziendali e di fatto sputtanando il concetto stesso di contrattazione collettiva, ebbene senza TTIP la politica (non di questo governo, naturalmente) e i cittadini possono opporsi, ma col TTIP invece no. Per esempio, ancora: se un Parlamento italiano particolarmente illuminato – o semplicemente fedele alla Costituzione (e quindi non questo Parlamento in carica) – volesse concepire e promulgare una legge simile a quella Rognoni-La Torre contro i beni mafiosi (e Pio La Torre, comunista, fu ammazzato per questo), che applicando tre soli articoli della Carta e tre soli titoli del Codice Penale permetta di confiscare quelle imprese private, e riconvertirle a bene comune, la cui proprietà abbia fatto profitti in contrasto con l’utilità sociale o in danno della sicurezza, la libertà e la dignità umana, ebbene senza TTIP questa splendida conquista di civiltà progressista sarebbe possibile, col TTIP col cavolo! Ancora. Col Trattato niente più dazi, niente più confini commerciali tra Europa e USA, quindi – si pensa, ed è così che provano a vendercelo – un calo generalizzato di prezzi al consumo, più esportazioni e magari qualche posto di lavoro in più… E però insieme alle barriere tariffarie, così salterebbe anche tutto un sistema di tutele, di leggi, controlli e standard minimi che in Europa si è faticato una vita per ottenere riguardo alla circolazione dei prodotti, specie del settore agroalimentare: perciò, vai con le carni trattate con ormoni e antibiotici, vai col latte arricchito, vai con le produzioni di organismi geneticamente modificati, vai col brevetto e la conseguente indisponibilità di sementi che da millenni sono patrimonio comune dell’Umanità… – tutte cose che negli USA sono norma e consuetudine da tempo, e che tali diverrebbero anche qui e poi in tutto il mondo. Tutte conseguenze dirette del TTIP. Hai capito? Hai capito allora perché oggi, 18 aprile, è la giornata di mobilitazione mondiale contro il Trattato? Oggi, tutte insieme, terremo – cittadine e cittadini del mondo – oltre 700 iniziative pubbliche in simultanea, fusi orari permettendo! 40 solo in Italia, altre 550 in Europa, 70 negli Stati Uniti, 20 tra Asia e Oceania, 15 in America Latina, 5 in Africa… Saremo centinaia di migliaia di persone su tutta la Terra! Migliaia tra organizzazioni della società civile, forze politiche, sindacati, associazioni di consumatori, associazioni ambientaliste, organizzazioni non governative e perfino religiose… Per dire no al Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, per dire no al patto tra le multinazionali che hanno la testa fra Stati Uniti e Unione Europea e le mani in pasta su tutto il pianeta, che si comportano come se il mondo fosse roba loro. Come fosse una semplice voce a bilancio la vita stessa! Ma i giochi sono già fatti? Non è detto. Tra pochi giorni ci sarà un nuovo round negoziale per la definizione di tutte le clausole del TTIP… E se e quando il Potere non ha nessun antagonista sulla scena è chiaro che organizza il presente e il futuro (e riscrive il passato, perfino) come più gli pare e piace. Ma se e quando dinanzi al Potere del mero profitto (al capitalismo, insomma) si erge la Potenza del numero di donne e uomini dotati di coscienza e determinati a metterla in campo, allora è tutta un’altra storia! E la Storia, per fortuna, si scrive appunto in questo modo. Giorno per giorno. Allora dobbiamo essere tante e tanti – e il giorno è oggi. Stop TTIP! ecco il programma delle manifestazioni in Italia: http://stop-ttip-italia.net/iniziative-18-04-2015/ diciotto aprile duemilaquindici MOLECOLE
La DC non gliel'ha mai perdonata. Anzi, oggi vediamo che gli giurò vendetta. Servita dopo tanto tanto tempo, piatto freddo come vuole il proverbio. Non gliel'ha mai perdonato, al PCI, di aver dovuto lei sola, la DC, dei due grandi partiti di massa della Repubblica dalla fondazione e per quarant'anni, subire l'onta della scomparsa ignominiosa dalla scena politica italiana. Sì, d'accordo, anche il PCI scomparve in qualche misura – addirittura prima della DC – ma fu per una scelta travagliata del suo corpo di iscritti, militanti, dirigenti: cambiò nome, da PCI a PDS (e più tardi ancora in DS), e non tutti i compagni seguirono la rotta, ma se chiedevi a qualcuno negli Anni '90 e nei primi dei 2000 che fine avesse fatto il PCI, la risposta era “be'... è il PDS (e poi i DS), no?”. Tanto è vero che per tutto il tempo che Berlusconi ha fatto campagne elettorali poté sventolare in faccia ai suoi avversari Centrosinistri, davanti al Paese, una certa loro diretta discendenza dal Partito Comunista. La DC no. Con ManiPulite sparì – almeno dalla scena visibile – e le costolette che qualcuno gli ha staccato per dar vita a qualcos'altro (il Partito Popolare, il CCD, l'UDC e tutte quelle altre robe del centro cattolico via via negli anni) di sicuro nessuno, a domanda specifica, simmetrica a quell'altra, le avrebbe insignite del rango della forza politica in cui si è trasformata la Democrazia Cristiana, né singolarmente né tutte insieme. Anche perché tanta gente di potere e tanta forza economica dell'ex DC finì quasi da subito con Berlusconi in Forza Italia. Quindi: la DC nel 1994 in qualche modo morì, il PCI in qualche modo no, e la DC se l'è legata al dito; e oggi – 2015, dopo 21 anni che pare un secolo – si è compiuta la sua vendetta. Come? Così. Anche l'ultimo brandello di provenienza DS all'interno del PD è stato messo oggi sotto chiave, oppure costretto ad andarsene, in ossequio ai diktat sull'Italicum. E il PD è tutto ormai saldamente in mano alle falangi o di provenienza Margherita (cioè dei post-democristiani 'buoni') o di fresca formazione nella corte dell'enfant prodige dell'arrampicata politica – Matteo Renzi, ça va sans dire – cioè di quelli che perfino nella vecchia DC sarebbero stati tra i 'cattivi'. La DC ci ha messo una vita, praticamente, ma l'entrismo è infine riuscito. Proprio ora. Il PCI non c'è più dal 1991, ma possiamo dire che è solo da oggi che nemmeno una molecola dell'aria che esce dalle porte socchiuse su strada dei circoli del Partito Democratico, sia ancora di quelle che per caso sono passate per i polmoni di uno dei comunisti che consideravano quelle sale – le sezioni – casa loro. Che memoria, la vecchia Balena Bianca, che pazienza, che determinazione, che implacabilità contro quei lontani avversari! Entrare dentro il loro vestito fino ad aderirvi come una seconda pelle. Che scherzo da preti! Cossiga, Andreotti, Fanfani, Scelba, De Gasperi – dovunque siano, staranno di sicuro ri-morendo... dalle risate. diciassette aprile duemilaquindici SEI DI COALIZIONE SOCIALE SE
1. Se vuoi che in Italia tutti rispettino le leggi, e che chi lavora in una qualunque funzione pubblica le rispetti con particolare disciplina, e onore. 2. Che tutti paghino le tasse, e chi guadagna di più le paghi in proporzione maggiore di chi guadagna meno; che tutti paghino la giusta tassa di successione, perché quella fortuna toccata a qualcuno senza particolari meriti sia meno ingiusta possibile. 3. Che tutti quelli che lavorano armati – esercito, polizia, carabinieri, finanza, servizi: tutti – siano fedeli solo alla sovranità popolare. 4. Che tutti abbiano il piacere, oltre che l’interesse, di occuparsi della vita politica; e che se serve si uniscano in associazioni, movimenti, partiti, per raggiungere i propri scopi politici. Che tutti vadano a votare, perché i partiti in lizza sono effettivamente l’espressione del piacere e dell’interesse di cui sopra. 5. Che tutti i lavoratori partecipino in qualche modo alla gestione delle proprie aziende, private o pubbliche. Che lo Stato produca una quantità di beni e servizi, specie i beni e i servizi di utilità generale; e che nessuno di quelli che fanno impresa privata lo faccia recando danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana – sennò, vuoi semplicemente che lo Stato gli tolga l’impresa. 6. Che tutti i lavoratori abbiano una coscienza sindacale e nessuna azienda li discrimini per la collocazione ideologica di quella coscienza, qualunque sia. 7. Che tutti quelli che non possono lavorare siano assistiti e mantenuti dallo Stato; così quelli che hanno un infortunio o una malattia, così quelli che hanno già lavorato abbastanza. 8. Che tutti lavorino un numero di ore al giorno, un numero di giorni a settimana, un numero di settimane all’anno e un numero di anni nella vita, tali che ci sia lavoro per tutti e la vita sia bella. 9. Che tutti guadagnino il giusto. Che le donne guadagnino quanto gli uomini, a parità di lavoro, e abbiano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento; e anzi, che le donne abbiano dei vantaggi di reddito e delle tutele di carriera in più degli uomini, se oltre che del lavoro devono occuparsi di famiglia e casa. E che gli stranieri guadagnino quanto gli italiani, a parità di lavoro, e abbiano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento. 10. Che i ragazzini non debbano lavorare, ma studino e giochino tutti; che la scuola pubblica di ogni ordine e grado sia davvero ben fatta, pienamente accessibile e frequentata con profitto diffusissimo. E che l’Arte, la Storia e la Scienza in particolare siano studiate e insegnate con grande cura. 11. Che tutti siano curati come si deve, e nessuno sia curato contro voglia; nemmeno contro la sua propria voglia: che chi vuole smettere di esser curato contro ogni speranza e dignità, lo si lasci in pace. 12. Che quelli che stanno in prigione ci stiano in spazi e modi di rispetto, di riabilitazione, di umanità. 13. Che tutti abbiano le informazioni per dire ciò che pensano sugli argomenti che riguardano la vita di tutti; e la possibilità di farlo: di dirlo, scriverlo e diffonderlo. 14. Che tutti – che abbiano fede in qualche dio, qualsiasi, o in nessuno – possano nutrirsi di spiritualità, se lo vogliono. E che nessuno, nemmeno con la scusa del terrorismo – religioso o laico –, sia intaccato nei propri diritti di libertà, espressione e riservatezza. 15. Che l’Italia non dia mai nessun contributo, di nessun modo – nemmeno camuffato –, all’impiego delle armi per la gestione delle controversie tra Popoli e tra Stati. E che però sostenga sempre, pacificamente, in tutti i modi possibili, quei Popoli che si difendono dalle armi degli Stati o del proprio Stato stesso. 16. Che tutti gli stranieri che chiedono di entrare in Italia – o che ci provano, anche senza chiederlo – perché nel loro Paese la vita è impossibile, siano accolti qui come fossero italiani. 17. Che la cultura, la ricerca scientifica e tecnica, il patrimonio storico e artistico, il paesaggio, l’ecosistema – che tutto questo sia un valore per tutti; e che ci si spendano tanti soldi pubblici perché questo valore sia una ricchezza in costante aumento. 18. Che lavorino tutti; tranne quelli che non possono. E che il lavoro di ciascuno sia sempre di quelli che fanno bene al lavoratore, alla collettività e al Paese. 19. Che tutti siano uguali davanti alla legge; e che se c’è qualcuno che in partenza è svantaggiato rispetto agli altri per un motivo qualsiasi, quanto a possibilità materiali o immateriali, lo Stato faccia in modo che lo svantaggio venga colmato il prima possibile. 20. Che tutti i diritti umani e civili siano riconosciuti ed esercitati; e che se la collettività capisce che è venuto il tempo di un nuovo diritto umano o civile, per via di partecipazione e azione politica diventi legge anche quella novità. Sei di Coalizione Sociale se vuoi che l’Italia sia un bel Paese, e che il Popolo ne sia il sovrano secondo Costituzione. Se è così, sappi che ci sono tante altre donne e tanti altri uomini in questo momento in Italia che vogliono esattamente ciò che vuoi tu; e che è molto più facile ottenere ciò che si vuole, mettendosi insieme a chi vuole lo stesso ed agendo con coraggio, intelligenza e lealtà – ognuno mettendo a disposizione degli altri ciò che sa fare, ciò che sa pensare, ciò che sa sperare. SEI DI COALIZIONE SOCIALE SE AVEVI GIA’ CAPITO TUTTO QUESTO, OPPURE SE LO HAI CAPITO PROPRIO ADESSO. E SOPRATTUTTO SE HAI LEALTA’, INTELLIGENZA E CORAGGIO DA OFFRIRE A UN LAVORO DI UMANITA’, CIVILTA’ E GIUSTIZIA. SAI FARE? SAI PENSARE? SAI SPERARE? SEI DI COALIZIONE SOCIALE! sedici aprile duemilaquindici I VIVI E I MORTI Stiravo qualche maglia, ma piuttosto per far andare i pensieri che non per necessità (nella stagione giusta nuoto con questo stesso obiettivo), e di sottofondo una trasmissione radiofonica chiedeva agli ascoltatori da quale romanzo venisse la frase “di legumi cotti nell'acqua e di minestra coll'olio”. Hanno risposto cinque o sei voci, di donne e uomini, nessun giovane direi. Tentavano con Mastro Don Gesualdo, il Satyricon, i Promessi Sposi... – circostanziando la prova con la scena e i personaggi del caso. Ha vinto una voce di uomo maturo, ha detto: “Forse è dai Miserabili? La cena di monsignor Myriel?...” “Bravo!” ha detto il conduttore, e il vincitore: “Amo tanto quel libro, lo so quasi a memoria...” Il conduttore allora ha letto due righe da Hugo e si è fermato a mezza frase, e l'ascoltatore l'ha completata quasi alla lettera. Con pudore, senza boria. Ha vinto così un volumetto, un racconto contemporaneo italiano – di Paolo Nori, mi pare di aver sentito, mentre ero in estasi di gratitudine verso quel momento così vivo e tanto estraneo al mio Paese di oggi. Poi la trasmissione voltava pagina, e una bellissima voce d'attore leggeva un capitolo da Diario d'Aprile di Mario Tutino, intellettuale antifascista, protagonista della Liberazione a Milano. Stiravo, e i pensieri andavano. Fino a questo qui: che ora in Italia la linea di confine passa non tanto tra gli onesti e i disonesti, o tra gli intelligenti e gli idioti, e neppure tra poveri e ricchi (per quanto io, marxista, alla differenza dia tutto il peso che analiticamente e strategicamente merita), e guardate: nemmeno tra i compagni e tutti gli altri! Ma proprio tra i vivi e i morti. Ho guardato fuori dalla finestra, cercando di veder lontano – oltre l'ossario – mentre due gatti si scaldavano sul davanzale dietro i vetri. quindici aprile duemilaquindici IL MALE DELLA BANALITA'
Per ogni popolo, in qualunque lingua si esprima, con qualsiasi medium si propaghino le opinioni al suo interno, e in un'epoca purchessia, esiste almeno un ciambellano della banalità. Ma ai tempi nostri, con la profusione dei canali di comunicazione di facile accesso e pervasivo successo, nella nostra lingua in cui è così bello scrivere, e per noi italiani contemporanei resi tanto conformisti che le migliaia di guerrieri in terracotta ritrovati a Xi'an hanno più personalità e originalità di giudizio di noialtri, ebbene tra questi lacchè della mera superficie spacciati per scandagliatori della profondità c'è fin troppo da scegliere. Uno è Massimo Gramellini. Miracolato letteralmente dall'assiduissima presenza in una nota e spigliata trasmissione televisiva, progressista senza disturbare i manovratori, a causa del quale miracolo vede dopo una vita professionale nell'ombra o nelle mezze tinte accrescersi le azioni della propria produzione giornalistica, e addirittura letteraria, è un altro dei nuovi filosofi: di quelli che ci meritiamo, beninteso. 'Svastica e martello' è il suo ultimo elzeviro a stampa. Né val la pena confutarlo puntualmente, non più di quanto abbia io voglia e urgenza di fare rispetto a una qualunque altra rimasticatura di luoghi comuni, di orecchiamenti, di sviste intenzionali e di calunnie vere e proprie inferte non tanto all'ideologia (vocabolo oggi sconosciuto o inviso ai più) quanto alla stessa Storia (concetto, anch'esso, di problematica cittadinanza tra i miei compatrioti odierni). Passerà, Gramellini, per fortuna. E ce ne dimenticheremo il nome; non forse un sorrisetto falsamente amabile, che però resterà orfano d'anagrafe nella nostra memoria solo-visiva. Ma se non creiamo convintamente un sistema di vita collettiva tale per cui si richieda a noi cittadini di grattar via la terracotta dal cuore e dalla mente, un ciambellano dopo l'altro, della nostra dignità civile e culturale resterà men che la polvere di scavo. quattordici aprile duemilaquindici A SINISTRA DEI SOLDI
Leggo da Thomas Piketty (Il Capitale – nel XXI Secolo) che “l’innovazione più importante del XX Secolo in materia fiscale è stata la creazione e lo sviluppo dell’imposta progressiva sul reddito.” Non a caso anche la nostra Costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” (Art. 53) Piketty continua: “L’imposta non è un problema tecnico. Si tratta di una questione eminentemente […] politica. Senza imposte, non può esistere destino comune né capacità collettiva di agire. E’ sempre stato così. La rivoluzione fiscale è connaturata a ogni cambiamento politico importante. L’ancien régime scompare quando le assemblee rivoluzionarie votano l’abolizione dei privilegi fiscali della nobiltà e del clero, e adottano un regime fiscale universale e moderno. La Rivoluzione americana nasce dalla volontà dei sudditi delle colonie britanniche di prendere in mano il proprio destino e gestire le proprie imposte (“No taxation without representation”) […] Si tratta di mettersi d’accordo su chi deve pagare che cosa e in nome di quali principi.” Chi deve pagare cosa, quanto e perché. Questo – in buona sostanza – è il discrimine fondamentale nella collocazione ideologica e strategica di qualunque teoria e pratica politica: rispondere in un modo o in un altro alla questione fiscale determina la collocazione a destra o invece a sinistra di una proposta, di un programma, di una candidatura, di un’identità qualsiasi nel campo sociale e della rappresentanza. (“Chi ha cosa, e cosa ne fa” è poi un ulteriore sviluppo del concetto, che attiene non più soltanto alla contribuzione per l’interesse comune in ragione del patrimonio privato di ciascuno, ma direttamente alla legittimità o meno della privatezza del tal patrimonio in ragione del superiore bene comune – ma qui entriamo nel pensiero socialista, ed è un’altra storia. Invece, restando entro il perimetro del pensiero liberale e socialdemocratico…) Destra e Sinistra, pertanto, sono tutt’altro che vecchi attrezzi inutili della dialettica politica, bensì ne incarnano con coerenza ancora e sempre due opzioni distinte e tangibili – o meglio: potrebbero (dovrebbero) incarnarle, se non fosse che soprattutto in Italia perfino la questione fiscale (per non parlare di quella proprietaria) è stata fatta pervicacemente uscire dal cono d’attenzione dell’opinione pubblica. Ossia: si parla – e basta – dei fenomeni antisociali dell’evasione e dell’elusione, si parla – anche di più – di quelli semplicemente criminali della corruzione e della collusione, si parla – si urla, addirittura – di quelli indegni dei costi della politica, delle malversazioni della “casta” e della sua autoreferenzialità (e su questi temi, fateci caso, è di fatto difficile dirimere una posizione di sinistra da una di destra, stante che – almeno a parole – cittadini e ceto politico sono abbastanza d’accordo su tutto, tutti), ma viceversa non si parla quasi mai di cosa si ritenga giusto, sociale, civile, in ordine ai criteri della tassazione; salvo qualcuno – della Destra becera – che si è spinto a dire che ci vorrebbe una sola aliquota del 15% uguale per tutti, alla faccia della Costituzione. E invece la patrimoniale – ricordate? Non pervenuta, da tempo. Ma – vivaddìo – che la Destra, nella fattispecie la neo-Lega di Salvini, faccia il proprio mestiere non mi stupisce né mi addolora. Anzi, è così che finalmente emerge – al netto delle orride posizioni xenofobe, razziste e omofobe, buone a star sempre in prima pagina – la natura “di classe” di una forza politica che pesca nel torbido e nella confusione di questi nostri tempi (resi intenzionalmente) post-ideologici, e arriva a sedurre anche tanto ceto popolare: la Lega è (stata sempre) di destra non tanto perché sia reazionaria sui diritti civili e perfino umani (per quello non scomoderei neppure concetti politologici di collocazione: basta usare quelli psicologici di egotismo, grettezza e idiozia), quanto invece perché le sue proposte socioeconomiche sono infallibilmente a vantaggio del capitale e contro il lavoro. Basti dire che la flat tax (cioè l’aliquota unica) è stata riproposta in epoca moderna da Milton Friedman per primo, nel 1956, cioè dal teorizzatore ante litteram del neoliberismo, del laissez-faire, della reaganomics – di tutti gli strumenti astratti e di tutte le politiche concrete con cui le élite dominanti hanno schiacciato il famoso 99% del popolo, già prima della Grande Crisi in corso e poi durante la medesima. (En passant, per offrire un dato di realtà utile a chi creda che se esiste al mondo una controparte efficace all’imperialismo statunitense essa è la Russia di Putin, ricordo che nemmeno un anno dopo il suo primo insediamento a Capo dello Stato Putin favorì nel 2001 la riforma fiscale estremamente drastica – tuttora vigente – per cui tutti i cittadini pagano le tasse secondo un’imposta fissa del 13%: tutti, dall’oligarca che si tiene l'87% dei propri miliardi di patrimonio al commesso del grande magazzino che gli avanza l'87% di un salario di qualche centinaio di rubli. E se questo è il campione dell’anticapitalismo…) Comunque, se la Destra in Italia (mica da oggi, ma dai tempi del Fascismo in avanti) si maschera da un’altra cosa per far breccia nel cuore della gente, parlando per esempio di immigrazione e nazionalità, di sicurezza e cristianizzazione, e se invece sempre di destra si rivela quanto a denaro&potere (a patto di aver voglia noi di leggere bene quel che dice e che fa) – è il silenzio della Sinistra su un punto tanto importante che mi preoccupa. “La sinistra era paralizzata / e la destra lavorava”, canta De Gregori in Celebrazione, del 2008; e, prendendo un altro spunto più antico e aulico, “Codesto solo oggi possiamo dirti / Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” sembra essere (stato?) il mantra di ogni nuova formulazione e declinazione postmoderna di sinistra in questo Paese. Coi risultati che chi legge questo blog può benissimo valutare da sé, e certo ha valutato già con mestizia da tempo. Tuttavia accetto il rischio dell’ottimismo – ecco il senso di quell’interrogativo in parentesi. Perché forse oggi è finalmente visibile un cambio di approccio e di rotta grazie al progetto della Coalizione Sociale, offerto dalla FIOM di Maurizio Landini all’attenzione di tutte quelle anime della sinistra diffusa – organizzate o meno, numericamente cospicue o molecolari (e atomiche addirittura, come il sottoscritto “cane sciolto”) – a partire dalle associazioni che per prime vi hanno aderito, da Emergency a Libera, dall’ARCI a Libertà e Giustizia; il quale progetto si caratterizza invece per nitore di espressione e sincerità di intenti (che ho testato di persona, per aver partecipato ai primi incontri in questa fase di avvio) nel dichiarare ciò che la Coalizione vuole, ciò che è, e come intende lavorare superando paralisi linguistiche e di azione. Oggi è crollato il soffitto di un’aula nella scuola elementare di Ostuni, in Puglia, e due bambini e la loro maestra sono finiti in ospedale. La messa in sicurezza dell’intero patrimonio edilizio scolastico italiano è soltanto uno degli impieghi prioritari – e urgenti – dei soldi che sarebbe possibile amministrare a valle di una seria ed efficace riforma fiscale in senso progressivo (per esempio con la tassa patrimoniale) e anti-elusivo (per esempio con la denuncia di qualsiasi altro condono di massa eventuale). E non si vede proprio chi debba essere a proporla, e anzi pretenderla – per tutto quanto sopra detto –, se non la Sinistra. Ma se la Sinistra politica in Italia non c’è più (o non c’è ancora) ben venga intanto una sinistra che elabora e opera nel segno della Coalizione Sociale, appunto. O vogliamo lasciare a esponenti, per quanto illuminati, dell’élite privilegiata pure la ribalta della difesa etica di un equo sistema delle tasse? Ricordate il miliardario americano Warren Buffett : “vi pare normale che la mia segretaria paghi più tasse di me?” E il nostro buon notabile Padoa Schioppa, quando osò dire “le tasse sono una cosa bellissima”? No. Direi che la giustizia nella redistribuzione economica è un tema nostro, di sinistra come pochi altri. Diamogli corpo, allora. E voce, chiara e forte. tredici aprile duemilaquindici LA LEGGE DEL PIU' FORTE
Con un'iniezione veniva inoculata la sifilide o la gonorrea nella prostituta, così che contagiasse i suoi clienti. Oppure un'emulsione contenente i germi delle stesse malattie veniva spalmata sotto il prepuzio degli uomini, sempre allo scopo di diffondere il contagio. Esperimenti di questo tipo venivano condotti su detenuti, su malati di mente, su orfani – come Marta Orellana, che all'epoca aveva nove anni. Quando ho letto la notizia – rilanciata e confermata da una quantità di fonti internazionali – ho creduto istintivamente che facesse parte di uno dei resoconti atroci degli esperimenti nazisti alla Mengele sugli internati nei campi di sterminio. Invece è storia del dopoguerra, in tutt'altra parte del mondo – e chi ha concepito e realizzato quelle mostruosità stava dal lato dei vincitori e della democrazia, non della dittatura hitleriana. Negli Anni '50, e sopratutto dopo il 1954, in Guatemala fu scientemente architettato e posto in essere un vasto programma di esperimenti farmaceutici su cavie umane, a loro insaputa. La fondazione filantropica Rockfeller di New York, la prestigiosa Johns Hopkins University di Baltimora, e grandi aziende del settore che ai nostri tempi confluiscono nella multinazionale Bristol-Myers Squibb, furono congiuntamente i progettisti, i finanziatori, gli esecutori e i primi percettori di guadagni dell'intero disegno; ovviamente con l'avallo dell'amministrazione statunitense e con la collaborazione totale dei governi guatemaltechi – specialmente di quello militare insediatosi a seguito di un colpo di Stato, preparato dalla CIA, ai danni del governo progressista Guzman che aveva osato (con una riforma agraria di cui narra anche il premio Nobel Miguel Angel Asturias) sottrarre 100.000 ettari di terra alla United Fruit per restituirli al lavoro dei contadini e delle cooperative locali. Questo il quadro storico, politico, economico. E ora grazie alla class action condotta dall'avvocato Paul Bekman in difesa di 774 cittadini guatemaltechi – alcuni dei quali sopravvissuti a quegli esperimenti disumani, ma perlopiù congiunti o eredi delle donne e degli uomini morti per le loro conseguenze – è possibile farsi un'idea più circostanziata dei fatti e del loro significato complessivo. Agli atti del procedimento giudiziario esistono moltissime prove in cui alcuni dei notabili coinvolti – finanziatori, ricercatori, politici – dichiarano espressamente di essere del tutto a conoscenza della portata del loro operato, dell'illegalità in cui si stanno muovendo, degli effetti catastrofici sulla salute dei soggetti infettati e perfino del fatto che “se qualche organizzazione virtuosa scoprisse che l'esperimento è condotto su malati di mente, solleverebbe un gran polverone” (da 'Cavie inconsapevoli' di Oliver Laughland, The Guardian). Lo sapevano. Ma i profitti stimati dall'eventuale scoperta di un farmaco per la clientela del mondo libero e ricco, contavano di più evidentemente. Né quello è stato l'unico caso in cui la democrazia statunitense – ossia, il 'vestito buono' indossato agli occhi dell'opinione pubblica mondiale dall'apparato di poteri industriali e finanziari a guida del capitalismo globale – fosse teatro di una violazione di stampo nazista dei diritti umani più elementari, tutt'altro. Il Tuskegee Study famigerato – per citare solo il più tetro e celebre – riguardò una platea di 600 cavie afroamericane infettate con malattie veneree e monitorate per decenni, senza fornire la cure adeguate già esistenti, al fine di testarne l'evoluzione col maggior dettaglio e gli esiti possibili. Sto dicendo che tra dittatura nazifascista e democrazia liberale non c'è differenza? No, certo – non commetterò un errore analitico, e un passo falso in comunicazione, così grossolano. Sto dicendo però che le lenti con cui osserviamo e valutiamo la Storia devono essere molto più pulite, fini e penetranti di quelle che ci troviamo di solito poggiate sulla punta del naso. Il nazismo è il male assoluto, l'abiezione totale, un cancro sorto in modo quasi blasfemo nel seno stesso della parabola europea – blasfemo in quanto tale parabola donava alla Storia universale alcuni dei suoi punti più alti e luminosi. E la democrazia moderna, nelle sue concretizzazioni migliori (penso alle socialdemocrazie nordeuropee, al modello sociale dei grandi Paesi nella seconda metà del Novecento, ma anche al New Deal rooseveltiano), è uno dei frutti più avanzati del progresso di Civiltà al quale contribuisce tanto il razionale impiego del patrimonio quanto, soprattutto, l'istanza progressiva delle classi lavoratrici. Tuttavia non dobbiamo mai dimenticare che la Storia è appunto effetto della dialettica incessante nel rapporto di forza tra le classi; che tale dialettica è purtroppo di regola violenta, e solo nei momenti di maggior disponibilità globale di risorse – oppure di maggior forza della parte oggettivamente 'debole', il popolo che lavora – si svolge in modo concertato sulla scena visibile agli occhi dell'opinione pubblica; ma che anche in tali circostanze più fauste, dal punto di vista mio e (credo) anche vostro, i portatori d'interesse e privilegio per le classi dominanti cercano comunque di avvantaggiarsi in termini di ricchezza – ossia di potere – operando negli angoli defilati e non visti dell'illegalità e dell'a-moralità. Sto dicendo – paradossalmente – che il diritto e la democrazia sono un lusso che il capitale può concedersi, e concederci, talvolta: se le condizioni generali di crescita lo consentono e se la forza della controparte lo costringe a farlo. Ma che – altrettanto paradossalmente – la violazione e l'abiezione, il fascismo e la guerra, possono ben essere la continuazione del capitalismo con altri mezzi. Concludo con una citazione secondo me illuminante – a contrario, beninteso – di Emile Boutmy, il fondatore dell'Ecole Libre di Sciences Politiques a Parigi, che nel 1871 terrorizzato dai fatti recenti della Comune e dall'irruzione delle masse proletarie sulla scena della Storia, scrive: “Costrette a subire il diritto dei più numerosi, le classi che si definiscono da sé le classi elevate non possono mantenere la loro egemonia politica se non invocando il diritto del più capace. È necessario che, dietro il bastione cadente delle loro prerogative e della tradizione, il flusso della democrazia si scontri con un secondo bastione, fatto di meriti riconosciuti e necessari, la cui superiorità si impone sul prestigio, di capacità di cui non ci si può privare a meno che non si sia folli.” Così il dominio borghese provò a guadagnare ancora un po' di tempo e di spazio rispetto all'avanzata della classe lavoratrice organizzata, inventando la meritocrazia. Salvo che poi dovette accorgersi che non solo i proletari erano tanti, ma che tanti tra essi erano anche bravi – nonostante le esclusioni e le privazioni in partenza e in opportunità – e che quindi neppure quella meritocrazia consolidata a bella posta li avrebbe tenuti a lungo lontani dall'autodeterminazione come individui e come classe. La borghesia allora studiò altre mosse, nel corso del XX Secolo, dalla guerra alle dittature – appunto – e poi la società dei consumi e la televisione e l'indebitamento e la crisi. Ma questa è un'altra storia. Carlo Marx scrisse: “Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri sterminatori, la Storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti.” L'ottimismo della volontà. dodici aprile duemilaquindici IO CI STO
Adesso che col Jobs Act e derivati abbiamo liberalizzato il mercato del lavoro e smontato i polverosi concetti di contratto, collettività e diritto, il prossimo obiettivo è passare dalla rigida pratica dello stipendio mensile e certo a quella efficace e snella di paga giornaliera, quantificabile a discrezione del padrone che giudica la produttività. E il passo appresso sarà rendere il salario orario stesso una variabile di borsa, come il prezzo di una qualsiasi azione e obbligazione, passibile di compravendite, scommesse, dividendi, futures e stock option; del tipo: “Quanto stanno in questo istante le ora-del-tornitore? E quelle della badante, del cameriere, del ragioniere dell'erario? Dammene 5.000 di queste e 10.000 di quelle. Domani le rivendo sul rimbalzo e poi ci buttiamo sulle ora-del-raccoglitore-di-pomodori e su quelle del maestro-elementare. E’ uno spasso! E’ o non è il mercato del lavoro? Evviva la politica, evviva l'antipolitica!” Benvenuti nel nuovo mondo: questa è la portata dei mostri che ci guidano al disastro. Invece per la Coalizione Sociale, come dice la Costituzione Italiana, il lavoro non è una merce ma un diritto, e quello del lavoro non è un mercato ma un fatto di dignità. Vattene dai mostri, impedisci il disastro! La Coalizione Sociale è tutta un'altra cosa. Io ci sto! E tu? undici aprile duemilaquindici CONTRAPPASSO
Giusto l’altro ieri, Giornata Internazionale dei Rom, Sinti e Camminanti, quel buffone di Matteo Salvini aveva strappato l’ennesimo titolo in prima pagina, l’ennesimo passaggio televisivo, con la dichiarazione abietta che, fosse lui Renzi, raderebbe al suolo tutti i campi nomadi (con preavviso di sei mesi, bontà sua) principalmente perché ‘quelli non lavorano e non possiedono (né vivono in affitto in) una casa come tutti’. Lo hanno applaudito in tanti, anche tra i non leghisti. Radere al suolo i campi cominciando dalla ‘sua’ Milano, immagino. E ieri, con meraviglioso tempismo, Milano è stata teatro di un atto abiettamente criminale. Un tipo italianissimo di mezz’età, distinto, in giacca, cravatta e impermeabile, che per far soldi costruisce e/o vende case, imputato per bancarotta fraudolenta (tanti soldi, tanti lavoratori truffati, tanta gente sul lastrico), ha prima sparato nell’aula del Palazzo di Giustizia dove si svolgeva il processo a suo carico, uccidendo il suo ex-avvocato e un co-imputato (e ferendone gravemente un altro), poi è andato di corsa nell’ufficio del giudice fallimentare incaricato e ha sparato ammazzando anche lui (e incidentalmente c’è morto di crepacuore, tra le pistolettate, un altro cittadino qualsiasi). Dopo, il tipo è saltato sul suo scooterone ed è scappato per la città e nella cintura, fino alla sua cattura da parte dei carabinieri. Ai quali ha detto che se non lo prendevano ne faceva fuori un altro, di socio imprenditore. Intanto, come ogni giorno, alcuni Rom caritavano pochi spiccioli con quattro pezze addosso, all’angolo della strada. Nella malevolenza nemmeno un po’ dissimulata dei bravi italiani che lavorano, che fanno impresa, che c’hanno la casa. Beffa oltre il danno, su questa vicenda l’informazione – pubblica e non – sta dando davvero il peggio a cominciare dai titoli, in cui è usata in maniera quanto mai inappropriata l’espressione ‘lo sparatore voleva farsi giustizia da sé’. Ma quale giustizia? Sono questi i messaggi che si vogliono far passare? E poi ci stupiamo per la presa sempre meno inconfessata del razzismo alla Salvini? Perfino in una trasmissione radiofonica del mattino, simpatica e ‘progressista’, oggi lo spigliato conduttore si diceva sì sconvolto dalla carenza delle misure di sicurezza in tribunale ma soprattutto preoccupato perché ‘se invece che un imprenditore, il protagonista fosse stato un vero malintenzionato?’ E cosa deve fare un malintenzionato vero, più che uccidere tre persone e dichiarare a chi lo arresta che avrebbe ucciso ancora? O il senso è che un imprenditore non è ontologicamente un malintenzionato, che un delinquente è sempre uno brutto, sporco e povero come uno ‘zingaro’, come un ‘immigrato’? Ecco il risultato – un altro, ennesimo – dell’abbrutimento indotto ai danni di una società intera. Sembra che qui non si sappia davvero più cosa sono male e bene, cosa è giusto e cosa sbagliato. Ho letto da Umberto Galimberti, in un bell’articolo recente, che si può ricondurre l’incapacità affettiva dei bambini alla distanza dei genitori nei loro primi tre anni di vita, la qual cosa produrrebbe nei figli – anche dopo – la conseguenza appunto di non saper distinguere il bene dal male. Ma in questa Italia, per come si è storicamente delineata nel corso di queste nostre generazioni, il problema è molto più grave – perché neanche i genitori, tanto meno quelli simbolici (i poteri, le istituzioni, la cultura, l’informazione), hanno ormai la più pallida idea della differenza tra giusto e sbagliato, tra verità e menzogna. Provvede la realtà, poi, ad ammaestrarci. Così traumaticamente. dieci aprile duemilaquindici SENTENZA
Se avete visto “Diaz”, il film bello e duro di Vicari sui fatti di Genova di luglio 2001, sarete stati male anche voi – immagino – tanto nel primo tempo assistendo al massacro criminale nella scuola omonima, quanto nel secondo a vedere le sevizie altrettanto criminali nella caserma Bolzaneto. Io sono inorridito, e mi sono imbestialito, avvilito, vergognato; prima nell’ordine, e poi tutte queste cose insieme – e a lungo, anche dopo i titoli di coda. E, credo, tutta la sala cinematografica con me. Ma è solo un film. Chi le ha vissute sul serio, quelle ore mostruose, ha proprio visto la morte in faccia. E non se lo scorderà mai. E’ grazie a questo – a questa memoria persistente – in ultima analisi, che la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è infine giunta alla sacrosanta condanna dell’Italia per tortura; tanto per la tortura perpetrata da forze dell’ordine (ahah!), di pubblica sicurezza (ahahah!) e vigilanza democratica (ahahahahah!), armate fino ai denti (qua non c’è niente da ridere) contro donne e uomini, ragazze e ragazzi, cittadini italiani e stranieri, impossibilitati a difendersi, quanto per la lacuna umiliante – perché intenzionale, pur dopo 14 anni dai pestaggi – del nostro Codice Penale relativamente al reato di tortura, appunto. Qui, nella terra di Cesare Beccaria. Però questa memoria delle vittime dirette, grazie alla quale il ‘sistema’ in qualche modo (benché con ritardo clamoroso) paga, è ‘solo’ un danno collaterale dal punto di vista del sistema stesso: un rischio calcolato. Perché è invece sulla memoria di un’intera collettività, di tutte le donne e gli uomini di questo Paese e non – eventualmente antagonisti rispetto a un modello sociale ingiusto, liberticida ed ‘ecocida’ –, che con quei fatti abominevoli venne di proposito incisa una ‘regola’ a lettere di fuoco e di sangue. La regola era, ed è: non vi azzardate più. E maggiore l’abominio, cioè più larga la percezione e più lungo il ricordo della cattiveria, dell’incontrollabilità e della gratuità esibite in quel particolare esercizio di potere da parte del Potere stesso, maggiore e più radicato e più persistente nel tempo il deterrente della lezione così impartita. Il Potere i conti li sa fare. Calcolò che gli Anni Novanta si erano fin troppo spinti in là, dal punto di vista della messa in discussione del modello turbocapitalista e neoliberista, della contestazione organizzata allo strapotere delle multinazionali e dell’élite del privilegio sui diritti di persone, popoli e pianeta: troppi forum, troppi raduni per un ‘altro mondo possibile’, troppi intellettuali impegnati, troppi studenti a occhi aperti, troppi lavoratori con un recupero di coscienza di classe, troppe interconnessioni tra gli ‘ostinati e contrari’ di tante lingue e latitudini, troppa audience tra le ‘utopie’ ambientaliste, sociali e comunarde… Se il nuovo decennio (primo del secolo, apripista del millennio) avesse avuto lo stesso andazzo, c’era caso che il famoso 99.9% che non possiede nulla o quasi, davvero a breve arrivasse a contrastare le manovre dello 0.1% omni-proprietario. E invece arrivarono le mattanze di Genova – Giuliani, ragazzo morto, compreso – a luglio del 2001. Sulla ribalta più visibile al mondo: l’incontro tra i Potenti della Terra. La regola si impresse in profondità: l’antagonismo organizzato si disperse, ossia venne isolato in un mare di paura – e, alla lunga, di sorda distanza – da parte della stragrande maggioranza della gente che non si azzardava più, che pensava ai fatti propri, che ‘il Potere sarà ingiusto ma hai visto che succede a criticarlo’, e poi ‘chissà chi c’era tra quei ribelli se Polizia e Carabinieri hanno reagito così’. L’idea stessa di un altro mondo possibile, grazie a quei calcoli raffinatissimi di sistema, è stata orfana di un qualunque seguito di massa per almeno dieci anni da allora. E se questa ferita tanto a lungo bruciante sull’identità medesima del popolo soggetto al potere, costa oggi una condanna per tortura al Paese che ospitò quel teatro degli orrori, pure è convenuto ampiamente concepirla e infliggerla: pensate solo se la crisi economica più grave della parabola capitalista fosse stata subito, fin dal 2007, chiamata col suo vero nome – l’agonia del sistema – e così affrontata efficacemente da una classe cosciente di sé, da generazioni di studenti e intellettuali organizzate, da un’opinione pubblica centrata sulla contraddizione tra capitale e lavoro, tra democrazia e abuso, tra futuro e conservazione, anziché atomizzata e sedata nel puro privato e spinta al più come bestiola ammaestrata dalle paure del terrorismo (due mesi dopo Genova, le Torri Gemelle), dei movimenti migratori, delle epidemie (da Sars a Ebola)… …Pensate: senza quella retromarcia innescata brutalmente a Diaz e Bolzaneto e Alimonda, forse nemmeno la ‘cabina di regia’ del Potere – se c’è, che sia il raduno di Davos o il club Bilderberg o la massoneria o il consiglio dei consigli di amministrazione delle 50 SpA più ricche al mondo o il G20 o la Troika o la Banca Mondiale, o invece il puro disordine dell’anarchia finanziaria neoliberista – ebbene, forse nessuno avrebbe potuto impedirci di essere già oggi, con la punta del piede almeno, in un altro modello sociale! Giusto, democratico, sostenibile, umano. E’ questo un altro film e basta? Può essere. Ma se la tetra e insanguinata catena di montaggio che dal picchiatore in divisa al dirigente al questore al prefetto al magistrato al Capo della Polizia al Ministro degli Interni al Presidente del Consiglio, mosse all’epoca tante mani e chiuse tanti occhi allo scopo di fare e disfare la Storia, voleva appunto che nessuno più neppure sapesse immaginarlo, un futuro diverso, e che tutti se lo ricordassero bene, a lungo, che la ‘festa era finita’ – noi invece, qui e ora, sappiamo pensare esattamente il mondo nuovo; e volerlo, né ce ne dimenticheremo più. Siamo in tante e tanti, e cresciamo ogni giorno. Fino alla vittoria. La sentenza che conta e che temono davvero – ancor più di quella benvenuta di Strasburgo – è proprio questa. nove aprile duemilaquindici PICBADGE
otto aprile duemilaquindici BAMBINI OSTAGGIO
Ma ostaggio della comunicazione politica italiana, spregiudicatamente finalizzata a preparare l'opinione pubblica a una bella operazione di guerra 'di esportazione di democrazia'. Come quelle concepite, 'occasionate', promosse, realizzate e 'lucrate' (salvo poi riconoscerle ipocritamente inutili, se non dannose, dagli stessi Poteri che le vollero) dal dopo-11Settembre in avanti. Ora la 'chiamata' fa leva sui giovani e giovanissimi cristiani nel mirino delle squadre della morte in Nigeria e in Kenya. Muoiono bambini in Africa, dice la comunicazione, per colpa di un fondamentalismo religioso. E "non possiamo escludere l'opzione militare", dice il ministro degli esteri renziano, Gentiloni, "per sconfiggere i terroristi che uccidono o rapiscono i bambini cristiani": Muoiono bambini in Africa. Non a decine o centinaia, ma a decine di migliaia. E il fondamentalismo religioso non c'entra niente. Muoiono storicamente di sfruttamento occidentale di quel continente, muoiono di corruzione delle cricche là al potere per compiacere gli affari delle multinazionali: muoiono di capitalismo, di imperialismo. Gentiloni lo sa? E bambini in Europa, a centinaia di migliaia solo nei Paesi dell'Europa del Sud (in Grecia, in Spagna, in Portogallo, qui da noi), non muoiono ancora ma sono malnutriti, non assistiti, totalmente non garantiti nel loro futuro immediato o più lontano; perché non lo sono affatto le loro famiglie, tanto meno i sistemi (cristianissimi, a parole) sanitari, alimentari, produttivi o educativi, in cui crescono. Il fondamentalismo religioso, di nuovo, non c'entra niente. Ma c'entra tantissimo il fondamentalismo economico: il neoliberismo, il turbocapitalismo della crisi. Di questo moriranno i bambini in Europa, se non cambia radicalmente il modello sociale. Gentiloni lo sa? Chi lo intervista, perché lui faccia la sua bella figura ("non da crociato, ma da uomo responsabile") e tenga in allerta i buoni italiani, questo lo comprende? Sì che lo comprende. Sì che lo sa. Lo sanno tutti. Però lo sappiamo anche noi. sette aprile duemilaquindici LA NUOVA LEGGE
Nutritevi, se potete, senza uccidere nessuno. Lavorate, per vivere, senza sfruttare il lavoro altrui né la vita. Abbiate fede nella lotta per l'emancipazione e la liberazione, che porta alla fine di ogni lotta. Rifiutate il dualismo tra spirito e materia. Studiate, scoprite, sperimentate. Siate gentili con tutti, coraggiosi sempre, inflessibili quando e con chi è giusto esserlo. Amate, e lasciatevi amare. Voletevi bene. Restate umani, formate umani, difendete umani, diventate umani. Il decimo è vostro. quattro aprile duemilaquindici RIP
Secondo una leggenda, circa duemila anni fa visse un grand'uomo che morì assassinato dal Potere proprio oggi. La leggenda consola i suoi lettori dicendo che poi risorse, da divinità qual era. Per la Storia, invece, non c'è stata alcuna divinità a passeggio sulla Terra. E anche di quel grand'uomo - semplicemente umano - non c'è alcuna traccia certa. Tuttavia è la Storia stessa, di tutta la Terra, che ha preso una determinata forma in conseguenza diretta delle narrazioni che di quella leggenda furono fatte nell'arco di venti secoli. E la lotta millenaria contro un Potere ingiusto si nutre anche di ciò che viene narrato abbia detto e fatto quel grand'uomo leggendario. Quindi grazie. E riposi in pace. tre aprile duemilaquindici PROPOSTA
Proposta di legge di iniziativa popolare per la confisca delle imprese private in contrasto con l’utilità sociale o dannose per la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Articolo 1 – La presente legge è in diretta applicazione degli Articoli 41, 42 e 43 della Costituzione Italiana, e conforme alle previsioni di cui al Codice Penale, Libro II, Titoli VI, VIII e XII. Articolo 2 – Qualunque mezzo di produzione o distribuzione di beni o servizi la cui amministrazione in regime privato sia stata giudicata in primo grado colpevole di reati contro la persona o contro l’incolumità pubblica o contro l’economia pubblica, può essere confiscato dal potere pubblico e riconvertito sotto il profilo produttivo e organizzativo per il vantaggio economico e sociale della collettività e per il rispetto della sostenibilità ambientale. Articolo 3 – Il mezzo confiscato è giuridicamente di proprietà pubblica, e da considerarsi bene comune; non può pertanto essere alienato con vendita a privati. La sua gestione spetta in primo luogo alle forze del lavoro manuale e intellettuale che già vi prestavano opera, di concerto con le rappresentanze democratiche del territorio di ubicazione del mezzo e con la consulenza tecnica e strategica da parte di professionalità indicate dal potere pubblico. Articolo 4 – Qualora l’amministrazione privata del mezzo confiscato sia prosciolta dalle accuse nei successivi gradi di giudizio, essa avrà diritto al ripristino dei propri diritti proprietari e all’equo risarcimento da parte del potere pubblico per il danno eventualmente subito. due aprile duemilaquindici ERA COSI'
Tutti rispettavano le leggi. E chi lavorava in una qualunque funzione pubblica le rispettava con particolare disciplina, e onore. Tutti pagavano le tasse, e chi guadagnava di più le pagava in proporzione maggiore di chi guadagnava meno. Tutti pagavano la giusta tassa di successione, perché quella fortuna toccatagli senza particolari meriti fosse meno ingiusta possibile. Tutti quelli che lavoravano armati – esercito, polizia, carabinieri, finanza, servizi: tutti – erano fedeli solo alla sovranità popolare. Tutti avevano il piacere, oltre che l’interesse, di occuparsi della vita politica. E se serviva si univano in associazioni, movimenti, partiti, per raggiungere i propri scopi politici. Tutti andavano a votare, perché i partiti in lizza erano l’espressione del piacere e dell’interesse di cui sopra. Tutti i lavoratori partecipavano in qualche modo alla gestione delle proprie aziende, private o pubbliche. Lo Stato produceva una quantità di beni e servizi, specie i beni e i servizi di utilità generale. E nessuno di quelli che facevano impresa privata lo faceva recando danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana – sennò semplicemente lo Stato gli toglieva l’impresa. Tutti i lavoratori avevano una coscienza sindacale e nessuna azienda li discriminava per la collocazione ideologica di quella coscienza, qualunque fosse. Tutti quelli che non potevano lavorare erano assistiti e mantenuti dallo Stato. Così quelli che avevano un infortunio o una malattia. Così quelli che avevano già lavorato abbastanza. Tutti lavoravano un numero di ore al giorno, un numero di giorni a settimana, un numero di settimane all’anno e un numero di anni nella vita, tali che c’era lavoro per tutti e la vita era bella. Tutti guadagnavano il giusto. Le donne guadagnavano quanto gli uomini, a parità di lavoro, e avevano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento. E anzi, le donne avevano dei vantaggi di reddito e delle tutele di carriera in più degli uomini, se oltre che del lavoro dovevano occuparsi di famiglia e casa. E gli stranieri guadagnavano quanto gli italiani, a parità di lavoro, e avevano le stesse prospettive di carriera, a parità di talento. I ragazzini non lavoravano, ma studiavano e giocavano tutti. La scuola pubblica di ogni ordine e grado era davvero ben fatta, pienamente accessibile e frequentata con profitto diffusissimo. L’arte e la scienza in particolare erano studiate e insegnate con grande cura. Tutti erano curati come si deve. E nessuno era curato contro voglia. Nemmeno contro la sua propria voglia: chi voleva smettere di esser curato contro ogni speranza e dignità, lo si lasciava in pace. Quelli che stavano in prigione ci stavano in spazi e modi di rispetto, di riabilitazione, di umanità. Tutti avevano il piacere e la competenza di dire ciò che pensavano sugli argomenti che riguardavano la vita di tutti. Di dirlo, scriverlo e diffonderlo. Tutti – che avessero fede in qualche dio, qualsiasi, o in nessuno – erano persone piene di spiritualità. E nessuno, nemmeno con la scusa del terrorismo – religioso o laico –, veniva intaccato nei propri diritti di libertà, espressione e riservatezza. L’Italia non dava mai nessun contributo, di nessun modo – nemmeno camuffato –, all’impiego delle armi per la gestione delle controversie tra Popoli e tra Stati. Però sosteneva pacificamente, in tutti i modi possibili, quei Popoli che si difendevano dalle armi degli Stati o del proprio Stato stesso. Tutti gli stranieri che chiedevano di entrare in Italia – o che provavano a entrare senza chiederlo – perché nel loro Paese la vita era impossibile, erano accolti qui come fossero italiani. La cultura, la ricerca scientifica e tecnica, il patrimonio storico e artistico, il paesaggio, l’ecosistema – tutto questo era un valore per tutti, e ci si spendevano tanti buoni soldi pubblici perché questo valore fosse una ricchezza in costante aumento. Lavoravano tutti. Tranne quelli che non potevano. E il lavoro di ciascuno era sempre di quelli che fanno bene al lavoratore, alla collettività e al Paese. Tutti erano uguali davanti alla legge. E se c’era qualcuno che in partenza era svantaggiato rispetto agli altri per un motivo qualsiasi, quanto a possibilità materiali e immateriali, lo Stato faceva in modo che lo svantaggio venisse colmato il prima possibile. Tutti i diritti umani e civili erano riconosciuti ed esercitati. E se la collettività capiva che era venuto il tempo di un nuovo diritto umano o civile, per via di partecipazione e azione politica diventava legge anche quella novità. L’Italia era un bel Paese, il Popolo ne era il sovrano. Era un Pesce d'Aprile? No. Era la nostra Costituzione. primo aprile duemilaquindici L'ITALIANO
“Salvini e Landini, in modo molto diverso, sono due fenomeni televisivi. Ma se la politica non ha attinenza con la realtà e smette di essere vita quotidiana, produce personaggi che sono solamente soprammobili da talkTV.” Renzi ha detto così ieri, lunedì 30 marzo, alla direzione del PD. Non è uno scherzo? No – il 1° aprile arriverà solo domani – non è un 'pesce', l'ha detto davvero. Matteo Renzi, che qualunque analisi minimamente imparziale della distribuzione dei tempi di presenza televisiva – o comunque mediatica – tra i personaggi della politica italiana, vede in posizione di primato assoluto e spropositato perfino per uno che contemporaneamente sia capo del governo e leader del maggior partito; Matteo Renzi, che troverei a pontificare dal piccolo schermo a colazione, a pranzo, a merenda, a cena e pure con la spaghettata di mezzanotte – se solo tenessi tanto accesa la televisione, prima cosa, e seconda: se solo mangiassi tutte queste volte al giorno; Matteo Renzi, di cui ogni canale tv, ogni trasmissione della radio, ogni rassegna stampa, ogni imitazione satirica, ogni vignetta perfino, e ovviamente ogni pagina di social network – provvede a sbattermi e ri-sbattermi in faccia fino all'ultimo tweet imperdibile digitato da una specie di Mr Bean miracolato dagli eventi storici... Quel Renzi là non trova niente di meglio da dire a Salvini e Landini, che sono soltanto figure da talk-show? Ma il problema – l'assurdo – in realtà è molto più profondo di così. E' che Renzi non solo non potrebbe permettersi di fare come il bue che dice cornuto all'asino (per usare un luogo comune – del calibro di quelli che adopera lui dando dei 'gufi' a quelli che contestano il suo insensato ottimismo), ma nemmeno dovrebbe azzardarsi a sputare nel piatto dove mangia (secondo luogo comune, trito e ri-trito – e ultimo, lo prometto: mi fa venire le bolle parlare come Renzi e quelli per i quali usa questa prosa unta di vecchia furbizia). Vale a dire: è proprio lo strapotere immenso del 'televisivo' nell'orientamento dell'opinione pubblica italiana – assurdamente maggiore di qualunque altro input: di studio, di esperienza, di logica – che ha creato la fortuna di Matteo Renzi come leader politico e la tiene in piedi. Ossia (più chiaramente ancora) se i miei compatrioti non fossero stati massaggiati per decenni, nel cuore e nella mente, da un'operazione sistematica di analfabetizzazione della ragione e dei sentimenti condotta da quella diavoleria che tu arrivi a sentire come parte della tua casa, della tua famiglia, del tuo calore intimo, pur rimanendo essa oggettivamente e intrinsecamente una merce fredda e sudicia come un barile di petrolio – diavoleria che è la quotidiana programmazione televisiva –, ebbene col cavolo che Renzi sarebbe oggi il campione degli italiani. Così come col cavolo che ieri lo sarebbero stati prima Craxi e poi Berlusconi, e col cavolo che – in brevi e circoscritti interludi – sarebbe toccato prima a Pannella, dopo a Bossi e infine a Beppe Grillo, volta a volta, il ruolo di nuovo eroe anti-campione. E' solo televisione. E Salvini e Meloni, e per altri versi Civati e Vendola, ora come ora lo sono altrettanto. Landini no, ovviamente: è totalmente un'altra storia. Dunque Renzi, che lo teme, mette insieme lui col becero leghista e fa di tutta un'erba un fascio (oddio, ci sono ricascato – scusate, questo pezzo sembra una puntata di qualcosa con la Clerici!) allestendo una specie di macchina del fango preventiva. Poi, se non basterà, partirà quella più classica: salteranno fuori amanti, cani abbandonati, un cognato mazzettaro, uno zio prete pedofilo. Funzionerà, temo. Perché gli italiani sono così: transitati dal sottoproletariato alla piccolo-borghesia senza passare per la coscienza di classe. E tocca solo a noi, questo triste destino. Infatti, davanti all'inconsistenza dei grandi partiti di centro alle prese con la crisi gli altri popoli si regolano col voto: il Pasok in Grecia è scomparso (e Syriza ha spiccato il volo), i socialisti spagnoli dopo Zapatero non pervenuti (mentre si affermano Podemos e, pur se di meno, Izquierda Unida), il PSF di Hollande prende schiaffi perfino da un c'era una volta come Sarkozy (e il Front de Gauche tiene bene)... E' solamente qui che un 'coso' come il PD, che fa le stesse castronerie (e opera gli stessi attacchi alla democrazia la cui sovranità apparterrebbe al popolo) di quelle cricche là, può continuare a viaggiare indisturbato e perfino applaudito. Come Forza Italia / Popolo delle Libertà prima di lui, che per terminarlo c'è voluta l'evaporazione bio-cronica del suo padrone; come la Democrazia Cristiana prima ancora, che per uscire di scena ha aspettato che tutto il mondo della Guerra Fredda fosse travolto dal crollo del Muro; come il Partito Fascista, che gli italiani hanno capito che era una dittatura inaccettabile solo dopo una guerra e una guerra civile insieme. I miei conterranei sono così – storicamente – e con la televisione sono pure peggiorati. Ma Renzi fa finta di lamentarsene! (E' per questo che sono anche razzisti: lo sentono che qualunque innervamento di qualsiasi provenienza etnogeoculturale non potrebbe che mettere in cattiva luce, per puro confronto, la genìa meschina che in gran parte rappresentano – tolti i comunisti, antichi e moderni.) E' poco marxista questa analisi? Capovolge forse l'ordine delle priorità dei condizionamenti, la struttura con la sovrastruttura? Non sto dando il giusto peso alle condizioni materiali – il lavoro, il reddito – della gente, e sto invece privilegiando in modo non-ortodosso gli aspetti della sua vita non produttiva, del 'culturale', del 'simbolico'? Io dico il contrario: è tutta marxista, invece. L'essere precede la coscienza (da L'ideologia tedesca), ma stringi stringi l'essere è il tempo: il valore di un manufatto è, ancora per Marx, il tempo socialmente necessario per produrlo. E io sto dicendo che il valore di un uomo è il tempo come lo impiega per produrre se stesso in quanto punto della rete sociale. Lo impiega – perché costretto – stando quattrodici ore in fabbrica? Allora è un proletario, il suo valore sarà quello di un uomo con una coscienza di classe: il soggetto, un soldato dell'emancipazione che liberando se stesso e la propria classe libera l'Umanità intera. (E' per questo che Marx ed Engels dissero che toccava al proletariato industriale il compito della rivoluzione socialista: perché gli operai stando lì tutto il giorno a tribolare insieme si formavano un orientamento condiviso, refrattario ai condizionamenti del conformismo dell'epoca – religione, superstizione, grettezza –; mica perché pensavano, Marx ed Engels, che gli operai nascessero più buoni o più filosofi degli altri esseri umani!) Invece lo impiega stando diciotto ore al giorno (tolte quelle in cui dorme) immerso senza difese nel conformismo capillare dell'epoca sua – mentre lavora o non lavora, studia o non studia, parla o ascolta, guarda o si sente guardato –, fatto di quella roba che nel Ventesimo Secolo, e sempre più man mano che procedeva, ha sostituito il sapere e l'immaginario con qualunque cosa servisse a farti venir sete di Coca-Cola? Allora è un piccoloborghese, il suo valore sarà quello di un uomo convinto di essere libero, che le classi non esistono, tanto meno la lotta di classe, che c'è solo la lotta per campare, di ogni uomo contro ogni altro: il soldato perfetto della reazione contro il movimento di emancipazione umana – anzi, il prototipo del kamikaze, ben prima dei piloti giapponesi e incalcolabilmente prima degli jihadisti: perché di fatto questo piccolo-borghese brucia la vita propria e altrui ogni giorno sull'altare di un sistema che perpetua il suo stesso sfruttamento da parte di una piccola élite proprietaria. Capito dove siamo arrivati, a partire dall'ennesima idiozia regalata ai media dal giovane guitto che occupa la scena nazionale? Maurizio Landini ha un compito difficilissimo – l'ho detto da subito, e nondimeno tifo attivamente per il suo progetto. Ma che rabbia, tante volte! Allora ripenso al grande Pier Paolo, a quanta rabbia deve aver inghiottito ai suoi tempi – lui sì davvero solitario a capire e a dire la verità scandalosa. Concludo con la scena de La Ricotta, cortometraggio di Pasolini appunto, dove Orson Welles che fa il regista di un film sulla Passione (doppiato da Giorgio Bassani, quello dei Finzi-Contini) prende di petto l'italiano qualunque, qui nelle vesti di un giornalista petulante come una trasmissione pomeridiana... “Che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?” “Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.” “Che cosa ne pensa della società italiana?” “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa.” “Che cosa ne pensa della morte?” “Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d'altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l'Appia come un cane senza padrone. O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della DopoStoria, cui io assisto, per privilegio d'anagrafe, dall'orlo estremo di qualche età sepolta. Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più. Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste... Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione... e il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale... Addio." Ci troviamo, compagne e compagni. trentun marzo duemilaquindici UNIONS E COALIZIONE SOCIALE: BILANCINO A CALDO
Prendo spunto da due flash di commento messi 'in diretta' sul social da due compagne. Paola scrive: manifestazione interlocutoria, ma fondamentale. E Valentina scrive: intorno a me facce stanche, e preoccupate. Concordo con entrambe. Ha ragione Valentina, non è stata la 'solita' marcetta di festa fatta la quale tutti ci sentiamo migliori: lo stallo di democrazia è tale che le persone più consapevoli – cioè quelle che stavano alla manifestazione – sanno che possiamo giocarci i diritti, insieme alla repubblica, insieme alla pace, e tutto perché il capitale e le forze che lo tutelano nelle istituzioni non vogliono sprecare questa bella crisi: si vuol fare piazza pulita delle conquiste di giustizia sociale e progresso civile degli ultimi cinquanta anni. E ha ragione Paola: la manifestazione del 28 marzo a Roma non è ancora l'evento fondativo della Coalizione Sociale, quello verrà – a breve, credo –, ma era un passaggio ineliminabile sia perché la forza di base del sindacato dicesse sì, sulla pubblica piazza, all'urgenza di accelerazione del suo vertice, sia perché tutti, lavoratori e cittadini, condividessimo poi la memoria di un giorno che ci ha visti insieme battezzare il preambolo al percorso. Vado per sommi capi, per pro e contro. Con la stessa inevitabile parzialità del breve report video che ho messo su Youtube, linkato qui in fondo. Cinquantamila persone, a occhio mio. Non abbastanza, se questo doveva essere il giorno del 'pronti, via!' della nuova soggettività politica per tutto ciò che sta a sinistra del Centrosinistra, e anche a sinistra dei tre grandi sindacati confederali. Però tante – cinquantamila – se consideriamo che è stata una manifestazione FIOM davvero auto-prodotta, cioè fatta senza quasi nessun apporto di mamma-matrigna CGIL e apertamente contro l'orco ex-patrigno PD. I romani non c'erano. Brutta cosa. Mentre il sabato prima a Bologna, con Libera di don Ciotti contro mafia e corruzione, c'erano 200.000 persone – vero che 'contro' è sempre più facile manifestare, piuttosto che 'per' (la Coalizione Sociale, nel caso di Unions!) – e la città ospite aveva ha dato un bel contributo, invece ieri Roma si è vista solo a fine manifestazione quando gli automobilisti beceri hanno strombazzato a piazzale Flaminio perché non riuscivano ad attraversare il fiume umano in deflusso da piazza del Popolo. L'Huffington Post della mattina metteva come prima notizia non il corteo di giornata, ma il commento di Francesco Piccolo (“Landini è il male della sinistra”). E' un buon segnale: Piccolo è nullità letteraria che il pubblico radical-chic ha portato a vincere lo Strega per il copione già visto della pseudo-alternativa che caga fango sulle lotte reali, e il Post è da sempre in mano a editori e direttori che occupano indebitamente bytes di memoria tra i lettori di sinistra-davvero. Fa il paio con Repubblica, che oggi mette in evidenza la doglianza della vedova di Bruno Trentin – che come notizia avrebbe difficoltà a 'bucare' pure con gli abbonati a Il Giornale – secondo la quale Landini non doveva nemmeno nominare il fu Segretario Generale della CGIL, come peraltro ha fatto menzionando Di Vittorio e Pizzinato (e avrebbe potuto fare con Lama o Cofferati – e nessun loro erede sano di mente poteva risentirsene, né alcun foglio serio e onesto rilanciarne i patemi eventuali). Comunisti in corteo ce n'erano. Perché mi sta a cuore? Perché sono comunista, in primis. E in secundis, perché penso che il progetto che ha in mente Landini (con Gino Strada – quantomeno lui, tra i suoi primi 'invitati') trae linfa da una radice anti-capitalista schietta nella misura in cui la devastazione sistemica che sconta il mondo dall'inizio della crisi, trae la propria da una gestione del capitalismo degna dei romanzi di Dickens o Zola e dei pamphlet di Marx o Proudhon. Però avrei voluto vederne di più – non certo più sigle ancora di quante non fossero: Rifondazione (e Falce e Martello), PCdI, PCL, PCML, Sinistra Anticapitalista, CARC, Lotta Comunista, Che Fare?, La Comune... ognuno col suo pezzetto di corteo; bensì più gente proprio, anche se di Rifondazione do atto che c'erano il Segretario Nazionale, quello Federale di Roma e quello della sezione di Monteverde dove è iscritta mia moglie (col maggior numero di compagni al seguito). Giovani. Di giovani ne ho visti abbastanza. Precari, studenti, migranti – meno, ovviamente, che in una manifestazione specificamente organizzata da (o 'dedicata' a) loro, ma più che in altre occasioni come quella di sabato. Non ho il mito della gioventù come ingrediente salvifico di qualunque movimento – anzi, dando una sbirciata a ciò di cui si nutrono i giovani di questi tempi (dalla TV al web) mi chiedo se davvero la loro preminenza eventuale in una dinamica sociopolitica non sia una nota al limite preoccupante –, però ammetto che gli spezzoni di corteo che gli spettano sono sempre i più divertenti per musica e slogan. Contrariamente a quanto avevo sperato e scritto, il servizio d'ordine della FIOM non ha tenuto lontani dalla manifestazione figuri e 'figuresse' del Centrosinistra e della CGIL per le quali la parola 'coerenza' non ha evidentemente alcun significato – ma c'è di buono che io personalmente, nello sfilare nel corpo del corteo e facendo foto e riprese, non ho dovuto incrociarli per forza e guastarmi la giornata. Si sono fatti fare la loro bella intervistina 'da infiltrati' e poi sono sgattaiolati via. Comunque, chapeau a Landini per essersi messo in testa di tentare questo triplo salto mortale! Perché non è facile per niente, decidere di metterti a disposizione del Paese spendendo la tua faccia e tanti anni di vita pubblica per cercare di calamitare il meglio che c'è in giro, sapendo che il nemico è feroce e che dagli amici mi guardi iddio. Vorrei dargli tutte le mani che ho per aiutarlo. E so che non basterebbero nemmeno a detergergli il sudore. Perché a questo livello del gioco la partita si disputa con estrema intelligenza ed estremo coraggio. Perché sto imparando – stiamo imparando – che il futuro si fa largo a fatica nel centro del presente, che le insidie da parte del privilegio secolare minacciano entrambi. E che la linea che separa speranza e sconfitta è assai sfumata e porosa, come quella talmente tortuosa e mobile che segna il confine tra passato e futuro. A quest'ora della tarda sera è già domani. Sono insonnolito, e tranquillo. Soprattutto ho desiderio, sì, di arrivare in fondo – o almeno fino alla prossima curva. Come fosse d'estate, la notte è ventilata su Roma. Me lo dice la voce dei fiori gialli scossi sul mio terrazzino. C’è un ondeggiare teso tutto intorno. A occhi chiusi proietto sul cielo fatto di raso, con la volontà ferma di una classe dai confini incerti, il profilo nobile di un antico sogno di giustizia. trenta marzo duemilaquindici PARLA BRUTO
Siate pazienti sino alla fine – concittadini, amici, compagni! Ascoltatemi per la mia causa, e fate silenzio dentro di voi per potermi comprendere. Credetemi per il mio onore, e abbiate rispetto per il mio onore affinché possiate credermi; giudicatemi nella vostra saggezza, e acuite il vostro ingegno affinché meglio possiate giudicare. Se vi è qualcuno qui, qualche caro concittadino di sinistra, a lui io dico che la mia passione per la sinistra non è minore della sua. Se poi quell'amico domandi perché io voglia così tanto la Coalizione Sociale per una politica nuova, questa è la mia risposta: non che io ami la politica meno, ma che amo la società di più! Preferireste che tutto resti com'è e vivere da cittadini a metà, da servi del capitale, o che la Coalizione Sociale sconquassi i rapporti di forza per riprendere voi a lottare da lavoratori con dei diritti? In quanto io amo questo Paese, piango per esso; in quanto la ragione gli sembra fuggita dal cuore, io mi affliggo; ma in quanto torno a vedere il coraggio in questa proposta che viene dai miei concittadini migliori, io mi onoro di sostenerla; e in quanto essa finalmente è ambiziosa, e va nella direzione del cuore e della ragione, io chiamo voi tutti a fare altrettanto con me. Vi sono dolore per l'ingiustizia, rabbia per la disonestà, valore per la resistenza, e speranza per un contrattacco. Chi c'è qui così confuso da credere ancora che in Italia c'è un governo che non sia pessimo e in Parlamento un'opposizione che serva a qualcosa? Se c'è che lo ammetta a se stesso, e non si unisca alla Coalizione Sociale. Chi c'è qui così pavido che sarebbe pronto a rinunciare a impegnarsi in prima persona perché le cose cambino in profondità secondo Costituzione? Se c'è che lo ammetta a se stesso, e non si unisca alla Coalizione Sociale. Chi c'è qui così colluso col sistema neoliberista che non vorrebbe la confederazione delle forze migliori del Paese per contrastarlo? Se c'è che lo ammetta a se stesso, e non si unisca alla Coalizione Sociale. Per tutte e tutti gli altri – io vi aspetto domani, sabato 28, in piazza della Repubblica a Roma alle ore 14 dietro lo striscione di UNIONS!; e dopo, in piazza del Popolo dalle 16 in poi, sotto al palco da cui parleranno le donne e gli uomini che hanno concepito una grande idea di riscossa e hanno tanta preparazione e onestà da portarla avanti, fino in fondo. Buoni compatrioti, cittadini, amici, compagni – vedrete: saremo tantissimi! ventisette marzo duemilaquindici SI FA SUL SERIO
Di manifestazioni se ne è già fatte tante. Eppure questa indetta per sabato a Roma dalla FIOM di Landini, io e tanta gente come me l’aspettiamo con una sensazione particolarmente buona. Più buona ancora di quella con cui attendevamo – e poi partecipammo – alla manifestazione che più somiglia a questa imminente: La Via Maestra, sempre a Roma, del 12 ottobre 2013. Perché non soltanto la piattaforma della ‘chiamata’ di sabato 28, Unions!, non sfigura affatto – anzi – rispetto al precedente (piena e sostanziale applicazione dei diritti costituzionalmente sanciti, ora sotto brutto attacco da parte del governo e degli interessi che tutela – e specialmente quelli socioeconomici, più avanzati ancora di quelli civicopolitici); non soltanto questo parterre distilla, ancor più di quello, davvero l’Italia migliore di questi anni, e ormai decenni, bui e critici (FIOM, Emergency, Libera, Gruppo Abele, Liberta&Giustizia, Articolo 21, ARCI, Legambiente… e non invece altre sigle ancora troppo ‘collaterali’ al PD e al Centrosinistra); ma altresì è previsto e dichiarato già un ‘dopo-28’, un percorso a seguire dalla manifestazione di piazza – ciò che viceversa mancò dopo la piazza del 12 ottobre (e che – va detto per onestà intellettuale – non era in effetti stato nemmeno ‘promesso’ se non vaghissimamente dagli organizzatori di quella, Rodotà in primis, nonostante le richieste esplicite di tanti cittadini sottoscrittori dell’appello… io tra gli altri). Qui no, non si dice “vediamoci in piazza e poi chissà”. Qui finalmente – e conta anche il fattore umano, certamente: un leader sindacale ha caratteristiche differenti da un accademico del diritto – si è detto e scritto che è già fissata in calendario, ad aprile (la data precisa verrà resa nota prima possibile), una riunione “per discutere, tutti insieme – le componenti della nascente Coalizione Sociale – le forme con cui si sta assieme, i contenuti e le proposte, nel rispetto dell’autonomia di ognuno” (Landini, 17 marzo). E per me è musica. E’ la realizzazione di qualcosa che penso e voglio da un bel po’ – e che ho perfino scritto da qualche parte, da più parti, più volte, nel corso di quest’ultimo anno: una possibile, concreta, seria road map per il varo della sinistra che manca in questo Paese (e che gli serve come il pane). Diciamo però che rispetto al mio ‘programma’ astrattamente concepito, il percorso della Coalizione Sociale ha di fatto aggiunto un ‘prologo’ importante, al quale io non avevo pensato (per difetto di esperienza e di ambizione): la manifestazione, appunto, il corteo e la piazza di sabato prossimo – che serviranno contemporaneamente a tre cose: ‘pesare’ l’adesione dei lavoratori alla piattaforma FIOM contro il jobs act (i quali dovranno essere il nervo motore anche dei passi successivi del progetto), dare plastica evidenza alle controparti (padronali, politiche e mediatiche) del sostegno popolare alla bella novità della Coalizione, e costituire un ‘antefatto’ partecipativo il più possibile riuscito e motivante al quale attingere come risorsa immateriale lungo il prosieguo del lavoro sindacale e politico (che non sarà breve né facile). Fatto questo – e fatto bene! – allora, senza neanche forzare troppo le parole di Landini, credo di poter sovrapporre l’annunciata riunione di aprile con l’evento ‘fondativo’ della mia (dilettantesca) road map. Tale evento – scrivevo – dovrebbe avere sostanzialmente carattere di cooptazione, sarebbe cioè a inviti, non pubblico e universale (in linea con come, infatti, ha inteso muoversi la FIOM nell’invitare alcuni possibili ‘compagni di strada’ nella propria sede romana, il 14 marzo, all’avvio di tutto quanto). E costituirebbe il luogo e il momento per un ragionamento a 360° tra i partecipanti – gli invitanti e gli invitati – a partire da un ordine del giorno minimo, di punti però fermi. Tolti questi punti fermi – proseguivo – che gli organizzatori dichiarano schiettamente indisponibili agli invitati (i quali, consci di ciò, se accettano l’invito lo fanno a ragion veduta), per il resto all’evento fondativo si discute di tutto. E dopo largo, profondo, intenso dibattito – suggerivo infine –, si costituiscano alcuni gruppi di lavoro ampiamente fiduciari di quanti, tra i partecipanti all’evento, al suo termine si dicono ancora (e più) convinti della bontà del progetto, mentre i non convinti vanno via senza rancore. Un gruppo si prenda l’incarico di redigere il regolamento dell’Assemblea Costituente della 'Cosa' – la chiamavo così, ora sarebbe proprio la Coalizione Sociale – che si terrebbe di lì a qualche mese; un secondo elabori una proposta di Statuto da discutersi in quella Assemblea, e così pure le bozze dei documenti politici e degli organismi statutari da porsi sempre in Assemblea; un terzo si occupi della comunicazione in ogni suo aspetto (creando bozze di simboli della Coalizione, i primi slogan, aprendo e gestendo un sito e tutto ciò che serve nel web, eccetera); un quarto curi la (mai facile) partita delle risorse, dei fondi, degli strumenti materiali, del proselitismo, eccetera. La mia ‘ricetta’ per la costituzione della sinistra che non c’è, passava poi per la ‘tappa’ dell’Assemblea Costituente – appunto – e infine per quella di un vero e proprio Primo Congresso. Ma adesso non è proprio il caso di entrare nel dettaglio di ciò che potrebbe benissimo relegarsi ancora nei pii desideri di un (onesto) visionario! Però ribadisco: c’è una sensazione davvero buona, in me e in tanta gente come me, nell’attesa di questa manifestazione Unions! di sabato a Roma, e di quello che ne seguirà. E la gente in corteo e in piazza, dopodomani, dovrà essere tanta e determinata e anche gioiosa per esserci e contarsi: quel ‘prologo’ a tutto – che io avevo dimenticato di 'programmare' – è importante sul serio! ventisei marzo duemilaquindici IN FONDO
Il PD è sempre uno spettacolo garantito! (Ed è garantito che non sia riformabile.) Se non fosse che sta tetramente inverando l’impostazione antropologica ottocentesca di Margaret Thatcher (alla faccia del nuovismo renziano!): “la società non esiste, esistono solo gli individui”; se non fosse che sta portando a compimento il programma berlusconiano (alla faccia, di nuovo) di smantellamento della Repubblica amorevolmente creata da Padri e Madri Costituenti; se non fosse che persegue l’uno e l’altro obiettivo non per insipienza, bensì al preciso scopo di favorire lo strapotere delle classi privilegiate ai danni di lavoratrici e lavoratori, disoccupati, studenti e migranti – ebbene, questo essere dalla natura vischiosa e dal potere in costante espansione, sbucato nella nostra Storia patria dopo esser stato covato in qualche laboratorio di ingegneria massmediologica e coronato definitivamente in tutte le proprie aspirazioni egemoniche dalla leadership di Matteo Renzi, sinceramente farebbe anche ridere. Per esempio: Rosy Bindi e Stefano Fassina hanno dichiarato che parteciperanno alla manifestazione nazionale della FIOM di sabato prossimo, 28 marzo, a Roma. Quella durante la quale avremo – noi gente di sinistra – il piacere di sfilare in corteo tenendo a battesimo la Coalizione Sociale promossa da Maurizio Landini (e Gino Strada e Luigi Ciotti e altre e altri) che nasce appunto per contrapporsi perentoriamente a tutte (e a ognuna del)le politiche adottate dal PD, il partito da cui Fassina e Bindi si guardano bene dall’uscire magari sbattendo la porta; quella manifestazione che, in particolare, attacca – non più solo negli ambiti del conflitto sindacale, stante la portata non meno che ‘civile’ della lotta in corso – la mostruosità giuridica, l’indegnità etica e l’inutilità socioeconomica incarnate dal Jobs Act, voluto fortemente (indovinate da chi?) dal PD (sempre il partito di Fassina e Bindi); quella manifestazione che nel titolo stesso, “Unions!”, e anche nella grafica (se avete presente la locandina ufficiale del corteo, volutamente vintage), evoca un’epoca in cui le forze del lavoro avevano da difendersi e da contrattaccare direttamente, nei confronti delle forze del capitale, sulla scala dell’interesse generale giacché i corpi intermedi (i partiti) e le camere di compensazione (le istituzioni) o non esistevano ancora oppure erano comunque espressione camuffata del capitale medesimo (ed è questa la fase presente, ci sta accoratamente suggerendo la FIOM; e dominus visibile della fase è il PD, tanto di Renzi quanto di Bindi e Fassina). Fa (quasi) ridere, no? Come faceva quasi ridere la presenza di Fassina e Cuperlo e Civati (tutti indefettibilmente PD) alla manifestazione della CGIL, del 25 ottobre 2014, che pomposamente aveva chiamato la piazza perché “iniziasse una stagione di conquista di un cambiamento della politica economica del Paese” (non stupisce che da allora sia cambiato meno di niente, se autorevoli esponenti del ‘Partito della Nazione’ erano parte importante – e applaudita, dagli organizzatori – di quell’iniziativa); come, prima ancora, faceva quasi ridere la presenza di Civati (sempre lui, ‘prezzemolo amletico’) e di tanta altra ‘sinistra’ del Centrosinistra (che però si ricompatta sempre in vista delle primarie) al corteo della FIOM del 18 maggio 2013, dal bel titolo “Non possiamo più aspettare” (proprio lui, Civati, che a mia domanda diretta – ritratta nella fotografia – “allora, che aspetti?” replicava con una parafrasi del bel calembour di un Baricco d’annata: “che sia troppo tardi, monsieur”!). E così sabato dovremmo scontare l’ilare – perché sommamente autocontraddittoria – partecipazione di Rosy Bindi e di Stefano Fassina (e di chi altri scopriremo nelle prossime ore, tra i ranghi del PD e del Centrosinistra tutto) alla nostra importante e tanto attesa manifestazione. Ma da ridere non c’è più proprio niente! Dunque, fosse per me – fossi io Landini o tra gli altri che contano nella partita – direi preventivamente e pubblicamente che esiste una lista di indesiderati al corteo, e dichiarerei chi sono e perché, e chiederei al servizio d’ordine dell’iniziativa di far rispettare in maniera del tutto pacifica ma totalmente intransigente le indicazioni della lista eventualmente disattese da qualcuno. Landini ovviamente non farà niente del genere – né nessun altro degli organizzatori. E’ ben per questo che loro contano tutto e io nulla – per fortuna del progetto politico della Coalizione Sociale! Tuttavia forse posso chieder loro qui, umilmente, un favore al mio senso del pudore (non saprei come altro chiamarlo – al punto di sfacciataggine cui son giunti il Centrosinistra, e il PD sopra ogni dire). Di solito – in una manifestazione che non sia di partito – gli spezzoni di corteo delle forze politiche organizzate, ossia dei partiti, vengono relegati in fondo, lontanissimi da telecamere, fotografi e microfoni, e arrivano nella piazza del palco montato a interventi iniziati da un pezzo. Militanti e striscioni di Rifondazione Comunista, per esempio, in questi casi chiudono sempre il serpentone che attraversa la città – e lo so bene, per esser stato con le compagne e i compagni (pur non essendo iscritto, ma per idem sentire) più di una volta. E dietro ancora non c’è nessuno: qualche decina di metri di ‘vuoto’ e poi le forze dell’ordine (se occorrono), prima, e dopo gli operatori e le attrezzature del Comune che si avvantaggiano cominciando già a pulire la via. Ecco: Fassina e Bindi e compari vengano pure, ma – sono politici? Allora si facciano il corteo da soli in fondo al fondo! Possibilmente dietro gli spazzini. venticinque marzo duemilaquindici IL FALO’ DELLE VANITA’
Ogni tanto la sorte ci dona la fausta eventualità in cui l’ottimismo della volontà ha ragione della lucidità del pessimista. Ce lo eravamo iniettato – quell’ottimismo – e l’avevamo messo in circolo, allorquando la Syriza di Tsipras aveva vinto in Grecia con tanta nettezza (in senso quantitativo-elettorale, ma prima ancora politico-programmatico). Scrivevamo, all’indomani (Il siero della verità, su esseblog.it ), nientemeno che “Picasso dipinge Les Demoiselles d’Avignon, e come finisce l’ultima pennellata – quasi per magia – una patina di superamento si stende su qualsiasi altra tela esposta in ogni museo del mondo; Charlie Parker scrive Ornithology, e suonando la battuta finale col balzo d’uccello in be-bop ingiallisce in un attimo tutto il jazz creato fino ad allora, dalle origini allo swing, per quanto di successo; l’Olanda di Cruijff scende in campo, e mentre si sviluppa il suo gioco totale, velocissimo, preciso e fantasioso, tutte le altre squadre all’improvviso sembrano lente, noiose e irrazionali. Dopo apparizioni così, nella Storia delle storie umane, nulla è più com’era prima: d’improvviso esse fanno fare un salto in avanti al presente. E per questo stesso motivo mostrano inesorabilmente quanto sia vecchio e inadeguato tutto il resto – anzi quanto lo fosse già, vecchio, anche prima dell’apparizione presente del nuovo; solo che senza quel confronto noi non ce n’eravamo accorti. (O magari se n’era accorto solo qualcuno, inascoltato, perché la gente checché se ne dica è così tanto abitudinaria.) E inoltre hanno un altro tocco magico: sbugiardano senza pietà chi prima si fregiava del titolo di innovatore.” Aggiungevo, più nel merito: “Tsipras ha creato un governo in meno di 24 ore, senza fare conferenze stampa alle 8 del mattino; non ci ha messo né un giovane né una donna, ma mette un’avvocatessa di 38 anni a presiedere il Parlamento; ha puntellato la propria maggioranza di sinistra radicale con un partitino conservatore sui temi civili, ma allineato sull’equità sociale, e senza consultare la base; ha trasformato una coalizione in un partito vero e proprio, e ne è il leader riconosciuto; ha fatto del mutualismo concreto la sua forza sul territorio; non si è curato dei guadagni tanti o pochi di 300 greci (dei parlamentari) ma si cura da subito della miseria poca o tanta di tutti gli altri (che sono 11 milioni); alza il salario minimo; blocca le privatizzazioni; reintegra i licenziati dell’amministrazione pubblica, a cominciare dalle donne delle pulizie; apre i pronto-soccorsi pure a chi non ha assicurazione sanitaria; riattacca la luce a 300.000 indigenti; vieta le aste private sulle case pignorate; riapre la TV di Stato; rende gratuiti i trasporti per la gente che non ce la fa; reintroduce il minimo imponibile; apre la banca pubblica per cittadini e imprese; non si inginocchia alla Chiesa ortodossa, pur senza aver mai fatto della laicità la propria cantilena; rende omaggio ai partigiani caduti nella Resistenza, pure senza aver mai perso tempo in gare tra chi è più comunista; ha messo un marxista a ministro delle finanze; sta terrorizzando l’Europa dei poteri forti, pur senza aver mai fatto una dichiarazione anti-europeista; ha tirato una linea tra i greci che hanno bisogno dell’azione del suo governo, perché il neoliberismo li ha strapazzati, e quelli che avranno da temerne, che col turbocapitalismo e la crisi ci fanno i soldi.” Infine chiosando: “Ciò, in un colpo solo, ha mostrato per semplice confronto quanto fossero vecchie e pretestuose le narrazioni che ci infestano da anni con la bugiarda pretesa del ‘nuovismo': la rottamazione, la velocità, la democrazia diretta e dal basso, il superamento delle ideologie, l’irrilevanza della politica e della forma-partito, l’orizzontalismo, le quote-rosa, i ‘nuovi’ diritti, la Rete, la prevalenza giovanile, la flessibilità, i tagli alla spesa, i mantra anti-casta, i tabù dello spread, la ‘colpa’ del debito, la sovranità monetaria, il ‘vogliamoci tutti bene, siamo una nazione-azienda, siamo una nazione-famiglia’… insomma, il teatrino di tutti i giorni. Adesso, chi provi ancora a tirar fuori quelle maschere ammuffite – e chi ancora gli dia credito – proprio non ha alcun alibi. Non più. In Italia, in politica, e a sinistra.” E in questo giorni – ecco l’assunto iniziale – per una volta quell’ottimismo pare premiato dallo svilupparsi della realtà fattuale; perché il progetto di Coalizione Sociale elaborato e posto in essere da Landini e dalla FIOM, di concerto con Emergency, Libera, Gruppo Abele, Liberta&Giustizia, Articolo 21, ARCI, Legambiente e altre organizzazioni dell’Italia migliore (“che resiste”, dice il poeta, e ora contrattacca), dà plastica evidenza appunto a quella quasi-necessità storica per cui l’irrompere di una novità feconda in un punto qualunque della geografia umana innesca un circolo virtuoso di esortazione ed emulazione, il quale contagia le persone e i collettivi che pure avevano già in sé i semi dell’azione conseguente ma cui occorreva un’esemplificazione coraggiosa e costrutta da parte di qualcuno. “Qui ad Atene noi facciamo così”, riporta Tucidide dal discorso immortale di Pericle alla sua patria, quasi 2500 anni fa; Tsipras non l’ha detto – è ora alle prese con i problemi del governo, né vuole arrogarsi un diritto di primazia transnazionale nella lotta di classe al capitalismo degenerato da welfare state in liberismo puro –, ma è con fatti politici concludenti che indica una direzione a chi abbia buona volontà e retto pensiero. Maurizio Landini è colui, il quale aggiunge alle prime due doti – eminentemente personali – una terza basilare: è a capo di un’organizzazione di lavoratrici e lavoratori consapevoli, radicata e capillare, con al proprio attivo sia non poche vertenze vinte specificamente contro l’élite padronale, proprietaria, mercatista, sia il fatto di godere intrinsecamente di titolo idoneo a parlare alla generalità dei cittadini italiani dal punto di vista del lavoro, ossia dal versante della contrapposizione in corso tra le classi corretto per affrontare le contraddizioni profonde del sistema; titolo che, per sue capacità indubbie, Landini esercita su tutti i canali di comunicazione disponibili: la gente lo conosce, lo sta a sentire, lo apprezza. Questo ingaggio – suo e del suo sindacato, e degli altri compagni di progetto e rispettive sigle – costituisce l’effetto di quel siero della verità sopra menzionato e, insieme, una sorta di tendenziale falò delle vanità che finora hanno occupato la scena della sinistra politica e sociale nel nostro Paese. Vanità fu – e parlo per constatazione diretta – la mitografia tesa ad accreditare la possibilità che alla guerra di classe dall’alto verso il basso potesse (e dovesse) rispondersi da parte di un agglomerato di cittadini senza identità socioeconomica o senza coscienza della medesima: nemmeno una base, in senso proprio, bensì una somma occasionale di voci, ora udibili ora no, una somma di corpi mobili, ora presenti dove serve ora no, una somma di idee appena appena convergenti sui massimi sistemi ma ben distanti sulle concretissime cose da provare a fare per arrivar fuori dal corto raggio dell’indignazione del momento. Vanità è stato pensare di poter legare a un dato percorso una massa critica sufficiente senza che i suoi componenti fossero reciprocamente legati da alcuna urgenza materiale condivisa, e fossero bensì accostati ora sì ora no ad alcune istanze astratte fondamentalmente per ragioni etiche o estetiche. Vanità sarebbe continuare ad aderire a chiamate della società civile cosiddetta, ovvero della organizzazioni politiche, e viceversa far proselitismo tra i cittadini, dimenticando il più lapalissiano dei paradigmi di un’azione antagonista che voglia essere efficace. Io e il tale cittadino abbiamo questo, ambedue, da perdere, e quest’altro da vincere, entrambi. Siamo entrambi occupati? E in un ambito garantito, entrambi, o invece di lotta per la vita? Paghiamo entrambi le tasse? O nessuno dei due? O siamo entrambi disoccupati? O precari? O pensionati? Possediamo entrambi la casa in cui viviamo? O nessuno dei due la possiede? E abbiamo altri beni consistenti, durevoli? O niente del genere, né io né lui/lei? Sappiamo entrambi che godremo di qualcosa in un futuro certo? Che erediteremo una proprietà, una professione, uno status, una sicurezza comunque vada? O niente nessuno dei due? Possiamo permetterci entrambi più dello stretto necessario, quel che fa gaia la vita – qualunque cosa sia, magari degnissima e per nulla sciocca? Andiamo entrambi regolarmente in vacanza, abbiamo entrambi un buon livello di consumi e di risparmi? Arriviamo facilmente a fine mese, e ce n’avanza per noi e i nostri cari? O è il contrario per entrambi? Godiamo entrambi di una qualche rete di protezione familiare o sociale per far fronte, eventualmente, alle asprezze della crisi? O siamo più che altro soli, come tanti, tutti e due? Abbiamo titoli e obbligazioni, entrambi, o investimenti in corso? O nessuno dei due li ha? Siamo alle dipendenze di qualcuno, tutti e due, o invece donne e uomini dipendono da noi? Spremiamo rendite o invece distribuiamo (e autodistribuiamo) profitti o invece guadagniamo stipendi o salari o invece fatturiamo onorari o parcelle? Abbiamo – insomma – oppure no le stesse cose da perdere? Le stesse da vincere, entrambi? E soprattutto: è vero e provato, per entrambi, che facciamo libere scelte ideologiche alle quali diamo seguito con ricadute reali nell’azione? O invece, per tutti e due, l’intelletto e l’animo nostro sono sotto ricatto da parte dell’avvenire esistenziale di ciascuno, con la paralisi o le maschere sociali che ne derivano? (Engels era figlio di un ricco industriale e Gandhi nettamente un upperclass, lo so anch’io; ma Gandhi ed Engels stanno appunto sui libri di Storia. Come quanti nostri conoscenti, ipotetici alleati nella lotta?) “Ma questa è una visione rigida, di classe!” Di classe sì, senz’altro. Com’è di classe la visione dei nostri avversari – appunto – di classe, i quali hanno speso gli ultimi trent’anni a convincerci che le classi non esistono più per poter dispiegare con successo la propria egemonia. Rigida? Forse io sono rigido. E forse è per questo che non faccio parte alcuna della cabina di regia né della costruenda Coalizione, né di nessuna delle sue componenti costruttive organizzate – ed è un bene, perché la fase richiede invece una sapienza e duttilità tattiche inversamente proporzionali alla solidità ideale ed ideologica che è alle fondamenta del progetto. Però Landini e le sue prime scelte, sì: hanno comprovatamente solidità e duttilità insieme; e questa assunzione di responsabilità da parte loro, che già manda in fibrillazione la scena intera e i suoi protagonisti portatori di interessi conservatori e reazionari, sarà tutt’altro che vana operazione – ne sono persuaso. Sono ottimista. E la manifestazione a Roma di sabato prossimo 28 marzo, darà a tutte e tutti validi motivi per esserlo altrettanto. ventiquattro marzo duemilaquindici LA NOVITA’
Ma qual è, mi chiedo, la novità – la ‘scandalosa’ novità, secondo Renzi, la sua corte e altri detrattori ‘neutrali’ – nel fatto che un cittadino, un lavoratore, un sindacalista, un leader che di nome fa Maurizio Landini, si sia assunto una responsabilità ‘politica’ da cittadino, da lavoratore ‘cosciente’ e da leader sindacale? Non è certo nei contenuti di cui l’uomo riempie tale responsabilità, visto che sono anni che Landini dice pubblicamente – e anche in dettaglio – quale sia la sua idea di interesse generale, cioè politico, da salvaguardare e incrementare laddove esso non è né incrementato né salvaguardato da chi guida il Paese. Per farla breve prendo ad esempio tre soli stralci delle sue dichiarazioni in occasione di iniziative importanti per il manifestarsi, in quest’Italia descritta dai media come plaudente ai Nuovi Timonieri (post-berlusconiani), di un disagio ragionato e organizzato – oltre che vissuto sulla carne viva di milioni di donne e uomini. (Tutte e tre le manifestazioni a Roma – perché c’ero e perché ne ho ‘montato’ un piccolo sunto video, che ho rivisto ieri e linko qui in calce da Youtube.) Lo sciopero e la manifestazione della FIOM del 9 marzo 2012: ‘Democrazia Al Lavoro’. Landini dal palco di piazza san Giovanni: “Se in Italia ci sono dei diritti è perché chi lavora li ha conquistati con la lotta; noi siamo qui per estendere la democrazia dove non c’è e per estendere i diritti dove non ci sono: bisogna agire sulle ragioni che hanno prodotto questa crisi, e la prima ragione di fondo è una redistribuzione della ricchezza a danno di chi lavora che non ha precedenti! Noi non chiediamo di difendere la FIOM e la CGIL – ci sappiamo difendere da soli! – ma la libertà, la democrazia, sancite dalla nostra Costituzione, devono essere garantite. Senza politica non c’è democrazia, e la domanda che viene da questa piazza è – alla politica – torni a rappresentare gli interessi delle persone che lavorano!” La manifestazione nazionale della FIOM del 18 maggio 2013: ‘Non Possiamo Più Aspettare’. Landini intervistato alla partenza del corteo: “Se non si costruisce davvero un’Europa sociale, alla lunga nemmeno la Germania è in grado di reggere questa situazione. Penso che la costruzione dell’Europa, ma di un’Europa sociale che non sia fondata solo sulla moneta, deve essere il nuovo orizzonte politico. C’è un problema per chi è dentro il governo, perché io non credo che questo sia ciò di cui aveva bisogno questo Paese: o si è in grado di cambiare le politiche o non si va da nessuna parte. Noi oggi qui poniamo questo problema, e ho la sensazione che non siamo in pochi a chiedere un cambiamento: il Paese vero è questo, chi tiene in piedi questo Paese è oggi qui.” L’iniziativa ‘La Via Maestra’ del 12 ottobre 2013. Landini dal palco di piazza del Popolo: “La difesa dei diritti del lavoratori, laddove è riuscita, l’Italia la deve alla forza dei metalmeccanici, alla solidarietà che nel Paese si è determinata, alla Corte Costituzionale. Non lo deve ai governi che hanno sostenuto la FIAT, non lo deve alla maggioranza delle forze politiche che hanno sostenuto la FIAT e che avevano giurato sulla Costituzione ma che non l’hanno fatta rispettare. Allora questo applauso va alle persone che non hanno rinunciato alla loro dignità!” Quindi, cosa c’è di nuovo rispetto a tutto questo – e ad ogni altra azione e dichiarazione conseguente del segretario della FIOM negli ultimi anni – nel progetto della coalizione sociale, di cui i media parlano (spesso mistificando) da circa dieci giorni? Lo dico io, qual è la novità vera. E’ che ora può riuscire! Ora che Maurizio Landini – e Gino Strada e Luigi Ciotti e le loro rispettive associazioni, e le altre belle sigle invitate sabato 14 all’evento fondativo tramite i propri delegati – ora che questa Italia migliore, preparata ideologicamente, radicata socialmente, credibile eticamente, solida organizzativamente, ha capito che il sistema dei poteri neocapitalisti che minaccia i diritti del lavoro e la stessa democrazia, non è riformabile solo chiedendo che a farlo siano le forze politiche esistenti, tutte, autoreferenziali, rappresentanti nelle nostre istituzioni di puri interessi d’élite visibili e celati – ora che si muove qualcuno che sa il fatto suo e che mostra che è passato, finalmente pure nel campo della sinistra come si deve, il tempo dei ‘vorrei ma non posso’, ora facciamo paura. L’altro ieri, sabato 21, a Bologna, c’erano 200.000 donne e uomini insieme a Libera di don Ciotti, contro la mafia e la corruzione e per la giustizia sociale. Sabato prossimo a Roma, per la chiamata di Unions, dovremo essere ancora di più! Non smettiamo di mettergli ansia, ai tutori del privilegio di classe: con questa squadra finalmente vincente, abbiamo appena cominciato! ventitre marzo duemilaquindici UNIONS
Da un certo punto di vista, il problema più grosso a Landini e al suo progetto di coalizione sociale glielo creano gli amici – mica i nemici. Infatti, se ci fate caso, questa bellissima (per me) e fondamentale iniziativa non riesce a godere di buona stampa; almeno: non buona quanto meriti, e non buona quanto ti aspetteresti dai già pochi media d'area dove fioccano tanti distinguo e non molte adesioni piene e convinte. Non ancora – purtroppo. Ciò si deve da una parte al vizio atavico dell'intelligencija della sinistra radicale, i cui esponenti vecchi e nuovi semplicemente ci sformano – se gli passa qualcosa sotto il naso che non siano stati essi stessi a predire, pianificare, varare e benedire – e ci sformano tanto più quanto più la novità abbia in sé i semi oggettivi della buona riuscita; e dall'altra, alla pura opera guastatrice di chi – a libro-paga di interessi soltanto camuffati 'da sinistra' – è infiltrato, da mesi o anni o sempre, per sorvegliare e punire i tentativi di creare una soggettività sociale, politica, culturale che rappresenti in Italia gli interessi del lavoro, del rispetto della Costituzione e della democrazia vera. Landini non ha certo bisogno di difensori, né volontari né d'ufficio – e di sicuro non ha bisogno di me per questo. Tuttavia, per il solo mio gusto, mi prendo qui la briga di rispondere ad almeno un punto di quelli obiettati – ripeto, non dagli avversari 'di classe' bensì da gente che a occhio e croce la FIOM potrebbe metter nel conto degli alleati. L'obiezione in questione sarebbe più o meno: “L'idea è buona, ma Landini non ci sta dicendo come possa mettersi in pratica”. Ecco, secondo me invece Landini il 'come' ce l'ha proprio detto. Ce lo sta dicendo! E lo dice non, ovviamente, in forma di risposta discorsiva a domande espresse – più o meno intellettualmente oneste – da parte di interlocutori sul campo (la CGIL, la 'sinistra' del Centrosinistra, le Sinistre extraparlamentari, i movimenti...) o di osservatori 'neutrali' (i media, appunto), bensì agendo con grande coerenza in un determinato modo; modo che poi sta a noi, se siamo in grado e in buona fede, saper decodificare. Mi pare che la decrittazione non sia poi così difficile. Landini ha convocato sabato 14 a Roma un certo numero di rappresentanti di un certo ambito di realtà sociali, scegliendosi – col pieno avallo della FIOM, dopo un percorso di sensibilizzazione e reciproco scambio tra base e vertice sindacale – tutti gli invitati al confronto: Emergency, Libera, Gruppo Abele, Articolo 21, Libertà e Giustizia, ARCI, Legambiente... tanta bella gente davvero. E questo è già un 'come', il quale (finalmente, dico io) cambia parecchio la musica rispetto al passato: niente riunioni talmente aperte, indistintamente, che dentro ci finisce tutto e il contrario di tutto col risultato scontato in partenza che di lì a poco non si va più da nessuna parte! Inoltre, ha avuto l'accortezza di non invitare i partiti. E, credo fermamente, non per una stolida impostazione antipolitica, degna di epigoni pannelliani o grillini, bensì per non aver da contrattare fin da subito con gli eterni indecisi: con i Civati 'da penultimatum', con i Vendola 'da primarie del Centrosinistra', con i Ferrero 'AltraEuropaSì/AltraEuropaNò'; e pure questa scelta indica un 'come' del tutto chiaro: la coalizione sociale, se si farà, s'ha da fare con chi ha le mani libere sul serio! Infine: Landini ha scelto di partire ora, in una stagione in cui elezioni politiche all'orizzonte non ci sono e, viceversa, per le amministrative/regionali gli schieramenti sono praticamente già determinati; e quindi, anche volendo (da parte di chi sia, in buona o in malafede) 'tirare per la giacchetta' questo progetto già nell'arena politico-elettoralistica, non ce ne sono proprio le condizioni: la coalizione può crescere in santa pace! Amici e 'compagni' che chiedete un metodo e dite di non vederlo: il metodo, il 'come', la coalizione sociale se l'è dato – e lo si deduce da i fatti, una buona volta, anziché dalle parole! Il che esemplifica un vecchio adagio di chi fa cittadinanza attiva, da sinistra, col cuore e con la mente insieme: “Finché ti chiedi ‘cos’è la Sinistra?’ ancora non la stai facendo; viceversa, quando la fai non te lo chiedi.” Così Landini, mentre tutti si domandano (e i più molesti gli domandano) se sia ‘la Sinistra’ ciò che sta facendo, non si attarda a rispondere: lui la fa, e basta. Ripeto: finalmente! Ora – dico a me stesso – basta chiacchiere: c'è da far riuscire meglio possibile la prima uscita pubblica della coalizione sociale. Tutte e tutti a Roma sabato prossimo, 28 marzo, per la manifestazione della FIOM e dei suoi compagni di viaggio! 'UNIONS' – diritti, lavoro, democrazia, giustizia sociale, legalità, reddito, Europa da piazza Esedra alle 14, fino in piazza del Popolo dalle 16 Questa primavera ci terrà a battesimo. ventun marzo duemilaquindici DUE SORELLE
“Va bene, la scienza non la centra, la verità. Ci gira solo intorno, la sbircia...” “E io che dico? Che è la poesia che arriva alla verità! E infatti io leggo la verità del non-ancora nella poesia del tè che danza...” “Eh no, scusa. Tu non leggi la verità nel tè. Magari! Quello che fai tu è: guardare le foglioline sul fondo della ciotola, cercare sul manualetto la pagina con la figura che spiega quello che dice il tè quando si mette così e così, e fare un bell'oroscopo! E' un po' diverso dalla poesia... “E' uguale, ti dico! Lo ammetti pure tu che la scienza non arriva dappertutto...!” “E' diverso. Senti: da una parte la poesia cerca la verità, d'accordo, e dall'altra la scienza si accontenta diciamo dell'utile. Ognuna però col metodo suo, sennò non vale! La scienza si dà un obiettivo, fa un progetto, cerca le prove, butta giù una teoria, e se funziona dovrebbe essere utile ad aiutarci a campare meglio, concretamente. Sarà un po' troppo prosaico, terra terra se vuoi, ma meglio che niente. La poesia, invece, e l'arte tutta, e mettici pure la mistica, la religione, mettici pure l'erba già che ci siamo, o quello che ti pare, hanno l'ambizione di volare più in alto, giusto? Entrano... dovrebbero entrare in contatto con la bellezza, l'armonia, il sentimento, e direttamente con la verità da quest'altra strada. Però, dico io, dovrebbero riuscirci, e noi scegliendo questa strada anziché la scienza, dovremmo riuscirci, senza tante ricette e senza tante formule! Dovremmo volare e basta, con la poesia, a occhi chiusi e in silenzio, se ne siamo capaci... e non copiare dai manuali del perfetto spiritualista, di ogni epoca, provenienza e campo specifico. Sennò mi tengo le equazioni, i grafici, gli esperimenti di laboratorio e le enciclopedie! Non ti pare, sorellina? “...Guarda che chi li scrive, i manuali della spiritualità, come li chiami tu, che poi sono i Maestri, di ogni tempo e disciplina, tutte queste cose le sanno. Loro i segreti li hanno studiati, a occhi chiusi e in silenzio. Però per farceli capire, per farli entrare dentro di noi...” “Sì sì, però il segreto vero è un altro: che niente serve per quello che non ti può dare. Le dritte per campare, quelle, te le dà la medicina, la legge, l'informatica o che ne so. Beati loro invece i poeti e i maestri lavorano per l'estasi direttamente! Ma noialtri, macché estasi: noi andiamo là sotto alle loro sillabe a cercare i post-it del conto della spesa! Allora, scusa, ma se è solo per fare due più due e sentirmi meglio, l'arte e la mistica io le trovo un po' sprecate. Onestamente, scienza e coscienza, se non so volare, bastano e avanzano.” “Bah. Sarai pure mia sorella ma sei così materiale, scettica...” venti marzo duemilaquindici IL BARDO
“Questa sarà una guerra lunga: dobbiamo mobilitarci a ogni livello, tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali, per lottare contro il terrorismo. Serve unità nella difesa del nostro Paese che è in pericolo." Questo ha detto a caldo il premier tunisino Habib Essid, subito dopo la strage del Museo del Bardo. “Tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali... Questa sarà una guerra lunga...”, ha detto. Così come ha fatto Hollande dopo il massacro di Charlie Hebdo, come fece Blair dopo la strage della metropolitana di Londra, come Aznar dopo gli attentati di Madrid, e Bush jr l'11 settembre. Tutte carneficine promosse e realizzate – si disse e si dice – da una stessa ideologia criminale, a sfondo pseudo-religioso, e da una o più organizzazioni para-militari, col solo obiettivo di distruggere l'Occidente. E però ogni volta c'è una vocina dentro la mia testa che, di fra lo sgomento e il dolore, mi ripete: “Ma se tu davvero volessi distruggere l'Occidente – cioè il sistema di vita e modello sociale che chiamiamo capitalismo in economia e democrazia in politica – non sarebbe più intelligente che lo lasciassi a finir di consumarsi sotto la sua stessa crisi finanziaria, sotto la lotta tra le classi implicita in esso, sotto l'ingestibilità sua conclamata dei consumi e degli scarti, sotto la pressione delle migrazioni alle sue porte? A lasciarlo andare così, senza intervenire, non avresti forse a breve – o già avuto, addirittura – l'implosione del sistema per un tenore di vita non più mantenibile, l'esplosione di guerre interne tra classi e ceti perché i diversi appetiti non sono più armonizzabili, l'abbandono stesso delle libertà civili (che tanto odi) perché il modello economico se ne va a picco, la definitiva minoranza demografica di quelle etnie che dici infedeli a vantaggio dei popoli originari di fuori dell'Occidente che ormai vi piantano radici?” “Sì”, ammetto io ogni volta, a quella vocina incalzante, “se davvero volessi (o avessi voluto) distruggere l'Occidente, sarei (stato) un perfetto idiota a concepire ed eseguire le stragi dell'11 settembre, di Madrid, di Londra, di Parigi e – ieri – di Tunisi. Perché la risposta a quegli attentati è sempre stata ed è ancora invariabilmente la medesima, da parte di chi governa i Paesi che affermo di odiare e da parte dei milioni di donne e uomini governati in quei Paesi: tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali, serve unità nella difesa dal pericolo, questa sarà una guerra lunga.” E la vocina, a me: “E l'Occidente – cioè il capitalismo, con la sua vernice di democrazia – così si abbatte?” E io: “Al contrario: il capitalismo si rinsalda, si ristruttura in senso ancor più antipopolare; le classi subalterne autocensurano la propria lotta per emanciparsi dalla diseguaglianza imposta dalle élite, le istituzioni slittano da una forma di democrazia più liberale a una più autoritaria perché l'emergenza lo richiede, le frontiere diventano muri armati a difesa dell'identità occidentale sotto attacco (qualunque cosa significhi) e il sistema economico-finanziario si sostenta con una nuova produzione bellica (in senso lato, in ogni senso).” Al che la vocina tace, ritenendosi soddisfatta di avermi instillato il dubbio – che infatti si rivela fondato, ogni volta. Fondatissimo. Questa di Tunisi è strage vera e orribile, come orribili e vere sono state tutte – e saranno le prossime. Vero il dolore, orribile la paura, orribile l'ingiustizia, vero lo sdegno di noi che guardiamo impotenti. Ma di orribilmente falso c'è il titolo del racconto di cui tutte queste cose sono le nere parole. diciannove marzo duemilaquindici I CANI DEI POVERI
Il cane cui tocchi in sorte un ‘padrone’ povero condivide la vita non facile del suo compagno umano; con diverse gradazioni di durezza a seconda di quanto sia dura l’esistenza del padrone, cioè di quanto esso sia lontano dall’agiatezza ovvero vicino alla miseria. Il cane dell’uomo (o della donna, o della famiglia) che non possa permettersi molti lussi per sé, non godrà dei lussi specifici dei cani di padroni (o famiglie) che se la passano bene; parlo di cose come una toletta fatta di frequente, un ‘abituccio’ su misura per le passeggiate invernali, grande scelta di alimentazione per una buona salute duratura, un dog-sitter all'occorrenza, una varietà di giochi da casa o da terrazzo (o giardino) – nessuno di questi benefit toccherà ai cani di chi è meno che agiato. Se scendiamo ancora nella scala sociale (degli umani), allora ai cani abbinati a tale destino non spetterà neanche qualcosa di più basico: visite regolari dal veterinario, la possibilità stessa di passeggiare quanto gli altri col proprio compagno umano (il quale probabilmente ha un’organizzazione esistenziale tale che pure questo tempo è un ‘di più’), uno spazio suo proprio per giocare e sperimentare sensazioni, cibi almeno equilibrati. E via via così, per redditi più bassi: a ‘sfrondare’, per il cane, a fare a meno di, a tirar la cinghia. Ma se entriamo nella fascia di indigenza vera e propria, il cane di questo padrone qui – tanto povero da non esser sicuro di due pasti al giorno, né di una dimora garantita – sconterà la stessa sua sorte: si mangia quando si può e quel che c’è, si dorme dove si trova e finché dura, l’aspettativa di vita si riduce drasticamente, e di emozioni positive nemmeno a parlarne (salva qualche carezza, se il ‘suo’ umano non s’è abbrutito del tutto). Questo succede ai cani degli umani; distribuiti lungo la curva delle disuguaglianze socioeconomiche – e dei loro concreti effetti – al pari dei propri padroni. Fuori dalla curva, al di sotto del limite minimo della povertà dei padroni, ci sono ancora dei cani: quelli ‘di nessuno’, i randagi puri o quelli ridotti nei canili; il destino di questi commuove chiunque. E ci commuove anche la sorte dei cani ‘poveri’ degli umani poveri? Sì, direi, in larga parte tra le persone dotate di sentimento. Ci intenerisce, credo, perché avvertiamo la condizione di quegli animali come ‘ingiusta’: cosa ha fatto di male, o di diverso, un cane che per un caso fortuito ha un padrone in miseria, rispetto a un altro che vive in una bella casa tra le comodità e in mezzo a persone soddisfatte dell’esistenza? Niente, ovviamente. Noi, a osservarlo (e a immaginare l’altro cane, con tutt’altro destino), sentiamo pungente lo ‘scandalo’ che le ristrettezze, o le sofferenze addirittura, al quale questo è ‘condannato’, siano solo un crudele scherzo della fortuna ai suoi danni. Sappiamo che la sua vita, l’unica che ha (e che neppure ha chiesto), non sarà affatto una vita bella, che se la trascinerà alla meno peggio, di espedienti fino alla fine; siamo consapevoli del fatto che il suo essere cane – quindi privo di ‘coscienza umana’ – non di meno gli farà provare freddo e fame, paura e dolore, tristezza e rabbia; e che tutta questa bruttura gli sarebbe stata risparmiata se solo fosse nato, per puro fato, in altro luogo, in altro tempo, da un’altra cucciolata, in un’altra famiglia – come quel cane fortunato, quello che viene ben nutrito e protetto, curato e pulito, fatto giocare e stimolato, coccolato e reso felice ogni giorno della sua esistenza. Di più: saranno cani inchiodati alla miseria a vita quelli che dovessero nascere dal cane dell’uomo povero, come saranno cani destinati all’agio e alla letizia quelli che nasceranno dal cane dell’umano benestante. Una nemesi pressoché immutabile, di generazione in generazione; durante il cui sviluppo nel tempo le disparità di condizione tendono addirittura ad aumentare: una forbice del destino che schiaccia e taglia ogni eventuale capacità individuale, ogni casuale talento del singolo – per non parlare del sacrosanto diritto di ciascuno, giacché s’è trovato venuto al mondo, di starci non soltanto a soffrire ‘come un cane’. E’ l’insensatezza di tale condizione immeritata – come una sentenza comminata a un innocente da un tribunale totalmente folle – che, dico io, giunge a commuoverci. Se si trattasse di sorte umana, essa ci indignerebbe e ci spingerebbe a una qualche azione di contrasto. Ma di animali che non parlano né scrivono, dallo sconforto sordo, essa ci addolora silente nel cuore. …Ci indignerebbe? diciotto marzo duemilaquindici GRANDI OPERE INTERESSI PRIVATI
Povero imprenditore, che per lavorare deve dare la mazzettona al superdirigente pubblico infedele e cattivo! Povero professionista della legge o dei conti (avvocato, commercialista, ragioniere), che per lavorare deve fare da intermediario al turpe commercio tra il povero imprenditore e il superdirigente pubblico infedele e cattivo! Povero professionista tecnico (ingegnere, architetto, perito) che per campare sta in mezzo a questa schifezza, e adesso che è venuta a galla, per colpa del superdirigente pubblico infedele e cattivo, manco lavora più! E tre volte cattivo, tre volte infedele, il superdirigente pubblico che per pura cupidigia e malafede ‘genetica’ costringe imprenditori e professionisti a traviarsi a quel modo per lavorare, per campare!!! Questa è la narrazione che va in onda da ieri. Mentana su La7 ci ha aperto il tg della sera. Ha detto e ripetuto “ennesimo scandalo nelle opere pubbliche”. Non ha mai detto ‘grandi’ opere, ma sempre e solo ‘pubbliche’. Non ha mai pronunciato la parola ‘privato’ (né al maschile né al femminile, né singolare né plurale) anche solo per qualificare oggettivamente la controparte nell’avvenuta corruzione/collusione in cui co-protagonista è un manager della pubblica amministrazione; no: l’aggettivo che gli spettatori hanno ascoltato e ri-ascoltato, dai titoli di testa del Direttore a tutto il servizio, è stato soltanto ‘pubblico’ (maschile e femminile, singolare e plurale). E così come su La7, è stato ieri ed è oggi quasi dappertutto: in televisione, alla radio, sui giornali, nelle rassegne-stampa, sul web e perfino sui social. Il mantra è “pubblico è marcio”. E io posso pensare di riuscire a nuotare controcorrente? Non ho alcuna speranza di fare un solo metro. Ciononostante, ecco la mia umile bracciata. In realtà, quello che qualifica le ‘opere’ al centro dello scandalo è non tanto che siano ‘pubbliche’ (che vuol dire? di totalmente ‘pubblico’ non c’è niente in Italia. non c’è più niente di davvero pubblico almeno dai tempi di Mattei, se non da prima!), ma che siano ‘grandi’: proprio quelle grandi opere narrate da anni agli spettatori come necessarie, improcrastinabili, dirimenti per fare dell’Italia un Paese del presente e del futuro, per non farci perdere il treno della ripresa, dello sviluppo, della crescita. Talmente grandi, quelle opere, che la loro progettazione e la loro realizzazione non è più una parte delle politiche economiche nazionali, ma sono le nostre politiche economiche a dover essere una parte delle ‘grandi opere’! Talmente grandi che la loro esecuzione è più importante di tutto il resto: della compatibilità ambientale, della democrazia territoriale, perfino del buon senso. Sto parlando di TAV, di EXPO, di autostrade (nuove autostrade, con le vecchie incompiute o che si sbriciolano), di Mose – di queste cose qui. Ma guai a dir male delle grandi opere! No, parliamo male della pubblica amministrazione: quello non si fa mai abbastanza! Come se, invece, non fosse privato l’interesse del superdirigente nel prendere mazzette e mazzettone! Come se non fosse privato l’appetito dell’imprenditore che a scapito dei suoi ‘colleghi’ concorrenti (alla faccia del libero mercato, della saggia ‘mano invisibile’ del sistema capitalista!) unge funzionari infedeli e grazie a ciò fattura! Come se non fosse privato il guadagno tutt’altro che deontologico che ‘partite IVA’ a schiere, di ogni categoria, si intascano interpretando ruoli qualsiasi in questa grande macchina del malaffare, ben consapevoli di farlo e del come e perché! C’è un pensiero controcorrente – per fortuna più forte e diffuso di questo mio pensierino – che da anni contesta le grandi opere inutili (e costosissime, e svolte con pochissimi controlli di legalità e riscontri di democrazia). Un pensiero che dice che invece ciò che occorre al Paese e a chi ci vive sarebbe una serie di opere ‘diffuse’: dalla ristrutturazione dell’edilizia scolastica e ospedaliera al riassetto idro-geologico del territorio, dalla riconversione produttiva (previa espropriazione, secondo la legge) alla creazione di filiere occupazionali nel campo dei saperi, dalla bonifica delle troppe aree avvelenate da discariche e sversamenti illegali alla ‘messa a valore’ del nostro immenso patrimonio artistico e storico (altro che vendere ‘i gioielli di famiglia’!). Non è un pensiero ‘neutrale’, bensì politico – nel senso originale (di polis) del termine, e in quello di schieramento vero e proprio: appartiene alla Sinistra conseguente, all’area dell’anti-neoliberismo, del primato del lavoro sul capitale, del bene comune sul profitto proprietario. Ma è un pensiero che praticamente non ha alcuna rappresentanza ‘partitica’ – dei partiti che siedono in Parlamento o nei Consigli regionali e comunali, e tanto meno quelli che governano e amministrano l’Italia a tutti i livelli. Ne è la prova indiretta che, invece, praticamente tutti i partiti che da anni ci s-governano e/o si dis-oppongono, sono co-interessati nella gestione privatissima del superdirigente al centro dell’inchiesta. E vorrei vedere! Infatti lo stesso meccanismo di disinformazione e di slittamento semantico che ho esemplificato all’inizio, procede inesorabile da anni dipingendo come ‘riserve indiane di utopisti’ – o peggio, come ‘antagonisti insurrezionali’ – tutti coloro che denunciano pubblicamente lo strapotere affarista del ‘sistema’. Erri De Luca è sotto processo, tanto per dirne una. Quindi come potevamo pretendere che intorno a queste tesi, di buon senso e di cittadinanza attiva, potesse coagularsi una pressione di massa tale da ‘scoccare la freccia’ della rappresentanza nelle istituzioni, nelle assemblee legiferanti, negli spazi dell’esercizio della democrazia secondo Costituzione? Come pretendere che stando così le cose (narrate) la gente non dicesse ogni volta “sono tutti uguali, turiamoci il naso e votiamo il meno peggio”? Come stupirsi che alla fine a votare nemmeno ci vanno più (per la gioia di chi comanda comunque)? Così stiamo messi. Eppure, io ora sto a vedere – a sperare – se per caso il progetto benvenuto della ‘coalizione sociale’ promossa da Landini riesca a smuovere qualcosa anche (proprio) nella direzione che ho tratteggiato. Orwell profetizzò l’utilizzo della ‘neolingua’, in 1984, da parte di un potere sempre più pervasivo sulle coscienze dei cittadini-spettatori-sudditi. E l’ultima mistificazione intenzionale di ieri e di oggi, il gioco di parole tra ‘grandi opere’ e ‘opere pubbliche’, ne è soltanto l’ennesima dimostrazione. Mentana, giovane socialista martelliano e poi cavallino di razza della scuderia Fininvest, ora direttore di tg privato – non so perché ritenuto tanto indipendente dall’opinione corrente –, svolge anche lui il compitino che il sistema richiede. Ecco, ho sbracciato ‘in salita’; sudando tanto per non spostare neanche l’acqua. D’altronde, questa è la ‘fase’ e questi sono i rapporti di forza. Ma non intendo smettere di nuotare, finché ho polmoni in petto. diciassette marzo duemilaquindici LA STORIA (INVECE) SIAMO NOI
Provoco? Provoco. Dicendo che mica lo capisco perché oggi non ci sia del 'brigatismo rosso' in giro per il Paese, oggi che la contro-rivoluzione del capitalismo nazionale e trans-nazionale riporta le sue più grandi vittorie da trent'anni a questa parte: con la precarizzazione endemica del lavoro – e quindi della vita della gente –, con tassi di disoccupazione da società moribonda (e di disoccupazione giovanile da società morta, e al Sud in particolare da società cremata, dispersa e dimenticata), con il pauroso ampliamento delle sacche di povertà assoluta e relativa, con l'annunciata scomparsa della 'classe media' (tradizionale pilastro di tenuta e normalizzazione della 'piramide sociale'), con un arricchimento ulteriore di ricchi e super-ricchi che indignerebbe pure i più moderati (e infatti li indigna, ma sordamente, senza che ne consegua alcun ribellismo concreto), con lo smantellamento di quei sistemi di tutela anche solo teorica dei diritti e di progresso anche solo formale della civiltà, operato implacabilmente dal ceto politico in rappresentanza degli interessi forti economico-finanziari, e – dulcis in fundo – con l'occupazione di pressoché tutta la scena istituzionale (cariche di governo, voci di dissenso, 'zona grigia' intermedia) da parte di una sola realtà articolata, accortissima e vischiosa, la cui 'punta di iceberg' è questo PD renziano tanto simile alla Democrazia Cristiana dei decenni di centrismo puro. Se questo è il quadro – mi sto chiedendo –, nero quanti altri mai a memoria di Repubblica, perché oggi non si rinverdisce ancora quella linea di risposta insurrezionale allo strapotere del Sistema e alla paralisi oggettiva di repliche possibili entro il gioco democratico e legale, che diede tante e tragiche prove di sé in periodi della storia italiana tutto sommato meno brutti di questo, soprattutto per le sorti dei lavoratori, del proletariato, delle masse, che il brigatismo 'rosso' comunicava di essersi auto-investito di guidare alla riscossa? La ragione – e da qui non provoco più, sono serio – è che in realtà tra gli interessi dei lavoratori, del proletariato e delle masse, di trent'anni fa come di adesso, e gli obiettivi veri degli insurrezionalisti, dei terroristi e dei brigatisti, in quanto prodotti dalla patria narrazione e in essa manifestatisi in momenti cruciali, non potrebbe darsi più inconciliabile distanza. E quindi è fin quasi troppo normale che la forbice immorale tra la precarizzazione e l'impoverimento di diritti, di vita e di futuro per decine di milioni di persone, e la blindatura di un sistema di poteri e privilegi anti-sociale e post-democratico, non trovi – né troverà – alcuna sponda per quanto velleitaria e disperata in azioni proto-rivoluzionarie di sorta, comunistoidi o anarcoidi, che arrivino a pieno compimento (violento, criminale – beninteso) al pari di quelle che segnarono il lungo e decisivo capitolo degli 'Anni di piombo', fino agli ultimissimi rigurgiti degli omicidi D'Antona e Biagi. E' normale, perché quegli atti posti in essere da frazioni armate di un sedicente movimento comunista a partire da metà Anni '70 in avanti, semplicemente non avevano né l'intento né i mezzi dichiarati dai loro esecutori – e ripetuti dal sistema dell'informazione fino a che son diventati 'senso comune' e pagine di Storia. Ossia, quanto all'intento, essi non nascevano dall'asserita analisi di una fase epocale e 'senza ritorno' della guerra di classe secolare tra capitale e lavoro, bensì l'esatto contrario; e quanto ai mezzi, non avrebbero avuto alcuna possibilità di 'riuscita' se non elaborati, sostenuti, coperti e condotti da apparati di intelligence e militari veri e propri, che con proletariato e comunismo nulla hanno a che fare bensì rispondono, come sempre e ovunque, direttamente al predominio di classe in sé. Infatti, se in Italia c'è stato un periodo abbastanza fausto per le sorti oggettive e le speranze politiche delle classi subalterne, esso fu quello dalla fine degli Anni '60 e per il decennio successivo. Il capitale, anche e soprattutto in questo Paese, fu costretto a trattare e a concedere non poco alle pressanti rivendicazioni del 99% (oggi si direbbe) contro il privilegio dell'1%, elaborate con una bella e rara sinergia tra istanze 'dal basso' (le fabbriche, gli studenti, il femminismo, i nuovi spazi di discussione sociale) e coordinate da una rappresentanza politica e sindacale (PCI e CGIL in primis) ricca di solida teorizzazione e di personalità eminenti per onestà e determinazione. Qui 'a volo d'angelo', in meno di dieci anni ottenemmo – come popolo, in termini di progresso socioeconomico, civile e culturale – lo Statuto dei Lavoratori, la legge sul divorzio, il nuono Diritto di Famiglia, l'obiezione di coscienza al servizio di leva, i decreti delegati per la scuola, le 150 ore per i lavoratori-studenti, la chiusura degli indegni manicomi, la legge sull'aborto, un po' di liberalizzazione dell'informazione, l'amministrazione da parte della Sinistra delle maggiori città italiane... Vi sembra questa la descrizione di una fase in cui il Potere nazionale e trans-nazionale (“imperialista delle multinazionali”) stia stravincendo contro i diritti del proletariato? Una fase in cui l'unico contrattacco possibile per quest'ultimo sia affidarsi ai kalashnikov? No, difatti. Eppure qualcuno lo fece, in nome e per conto – si disse e si ripeté fino, ribadisco, a farlo entrare nel sangue del Paese (scritto col sangue, peraltro) – proprio di quella classe sfruttata che, invece, per via politica e democratica si prendeva belle soddisfazioni nella dialettica dei rapporti di forza con la classe padronale. E lo fece – qualcuno – non venite a dirmi con le sole energie ideali di teorici ultra-comunisti, con i soli soldi dell'auto-finanziamento proletario, con la sola organizzazione autodidatta di ex-studenti, ex-operai ed ex-braccianti passati alla clandestinità del 'partito armato'! Non bastasse a smentirlo la semplice osservazione delle dinamiche di vere e proprie azioni di guerra, come il rapimento di Moro e la strage della sua scorta di cui oggi ricorre il 37° anniversario; né la controdeduzione riguardo ad azioni in cui invece la probabile 'sincerità d'iniziativa' degli insurrezionalisti veniva affrontata e sconfitta dalle armi di un Sistema allora sì reale controparte, come nel sequestro stroncato del generale NATO Dozier; ebbene, a provare la tesi della gigantesca operazione di fraintendimento e sviamento della Storia nazionale – operata col 'terrorismo rosso' tout-court – c'è ormai una quantità sterminata di ammissioni, allusioni, indagini, assunti processuali, inchieste giornalistiche e già anche verità storiografiche. Ciononostante, il 'senso comune' è ancora ampiamente orientato dalla vulgata mainstream. O – forse anche peggio – semplicemente disinteressato all'argomento, alle sue letture eventualmente alternative: “sono cose passate”. Ma non è passato per nulla l'effetto diretto di quella stagione. Perciò ne ho scritto, ancora, oggi. Giacché – fateci caso – è questa, non quella d'allora, la fase epocale e (rischiamo) senza ritorno della guerra di classe secolare tra capitale e lavoro, la fase in cui il Potere nazionale e trans-nazionale sta stravincendo contro i diritti del proletariato: questa è la fase in cui lo Stato Imperialista delle Multinazionali (semmai esista una 'cabina di regia' del Potere, ovvero il Modo Neocapitalista Globale di Produzione e Scambio di Beni e Significati proceda invece per trials&errors) riesce non solo a circoscrivere per via di potenza proprietaria e patrimoniale e rapidità e pervasività mercantile, lo stesso diritto di autodeterminazione dei Popoli (le 'nostre' Costituzioni, nate in Europa dalla Resistenza al nazifascismo, quasi non contano più), ma altresì è riuscito a far introiettare alla stessa stragrande maggioranza così dominata i medesimi valori e dis-valori dell'élite dominante (primato del privato, conformismo, egoismo sociale). E proprio in questa fase – sembrerebbe assurdo, ma come visto è logico – il contrattacco, anche il più legalitario e pacifico, tace! C'è voluto il 'terrorismo' (ma io lo chiamo 'Terrore', come quando è interesse dall'alto anziché urgenza dal basso) degli Anni di Piombo, c'è voluto il conseguente lunghissimo 'riflusso', c'è voluta la conseguente atomizzazione socioculturale, c'è voluta la conseguente esplosione della 'cultura del consumo, dello spettacolo e dell'effimero', c'è voluta la conseguente morte delle ideologie, c'è voluto il conseguente svuotamento (o traviamento, semplice) delle organizzazioni politiche, sindacali e anche civili che avrebbero avuto il compito di presidio di democrazia nei luoghi di lavoro e nella società, c'è voluta la conseguente desertificazione anche delle frange 'estreme' di un antagonismo possibile (nessun terrorismo rosso di proprozioni endemiche negli Anni '80, '90, 2000 e fino a oggi – salvo l'uso di qualche micro-'riserva indiana' per creare un martire all'occorrenza o per rovinare un raduno di ostinati e contrari), c'è voluta la vittoria schiacciante sul piano medesimo dell'antropologia di un modello euroatlantico di vita che bandisce nonché il concetto articolato ma la speranza stessa di un'alternativa – tanto che ormai tale modello informa di sé anche zone altre del Pianeta con narrazioni secolari affatto peculiari, prima della Grande Omogeinizzazione, dalla Russia alla Cina all'India perfino –, e c'è voluta e ci vuole anche quest'ultima pagina, la Grande Crisi, che non è un incidente di percorso del capitalismo ma l'occasione per esso di regolare i conti a lungo (fosse per 'lui', per sempre) con il movimento per la giustizia sociale, spontaneo o organizzato, ideologico o 'istintivo' che fosse, che gli ha dato tanto filo da torcere negli ultimi centocinquant'anni. C'è voluta tutta questa concatenazione di cause-effetti. Che ci si è srotolata letteralmente sotto il naso, lungo un paio di generazioni, ma della quale pochi hanno avuto contezza 'in diretta' (e pochissimi una visione 'profetica' al suo esordire sulla scena) così come forse le specie viventi non si accorgono della Deriva dei Continenti nel cammino della propria evoluzione. Ora siamo su Atlantide – noi popoli, noi masse, noi variamente proletari, noi 99%. L'idea è di renderci schiavi del tutto, ho paura. O peggio, di inabissarci come classe nell'oceano dell'oblio – se solo il capitale potesse del tutto fare a meno della nostra funzione di consumo, così come progressivamente rende superflua per via di robotica quella alla produzione. Una guerra in grande stile potrebbe fare al caso. E per cominciare, una sterzata autoritaria in una o più delle 'democrazie' più in vista del Sistema. Ma quale 'scusa' migliore – per tale obiettivo – di qualche nuovo fenomeno violento 'incontrollato', al quale il Potere non possa che replicare con l'opportuna restrizione securitaria delle libertà anche borghesi? Non mi stupirebbe. Solo che adesso – che per quanto detto abitiamo su tutt'altro versante della Storia collettiva – la 'dose' di violenza accortamente necessaria, non potrebbe (esser mostrata) venire dagli ambienti di tanti anni fa: non sarebbe credibile, nemmeno per un pubblico facilone, e poi là non c'è quasi più nessuno. No, il serpente nascerà – semmai – dalle uova del razzismo, del fascismo e del nichilismo sapientemente disseminate in giro, covate dall'intenzionale irresolutezza di chi governa nell'affrontare i problemi di una società multietnica e precaria, e portate al 'calore della schiusa' da quelli che ogni giorno in televisione, sui giornali e sul web (e perfino in qualche piazza 'reale') vengono lasciati svolgere il proprio compitino di incendiari. Il brigatismo rosso senza virgolette non c'è mai stato, quello virgolettato non può esserci ora; ma la società può ben essere martoriata ancora un po' da qualche altro tipo di terrore. Provare a impedirlo tocca a noi, gente di retto pensiero e buona volontà – per pochi e disperati che siamo. Magari cominciare a provarci anche solo scrivendo un articolo pedante. O far la fatica di leggerlo fino in fondo. sedici marzo duemilaquindici LE IDI
Anche oggi, come ogni 15 marzo da 2059 anni a questa parte, gli umani che sono innamorati - insieme - della libertà e dell'uguaglianza, si chiedono se Bruto e Cassio abbiano fatto bene oppure no. E una risposta definitiva, pur dopo tutto questo tempo, ancora non arriva. quindici marzo duemilaquindici DAI DIAMANTI NASCE QUALCOSA
Oggi a Roma si incontrano la Fiom, Emergency, il Gruppo Abele, Libertà e Giustizia e altri dei pezzi migliori della cosiddetta società civile. Ora, io sono di quelli che se si mettono seduti a un tavolo Landini, Gino Strada, don Ciotti e Zagrebelsky, si compiace anche solo se lo fanno per giocare a tressette. Figurarsi quindi quanto godo per il fatto che lo scopo dell’incontro è dichiaratamente la costituzione di una coalizione – ‘sociale’, così definita dal promotore Landini – idonea a contrastare la distruzione del welfare state, della sfera dei diritti e degli equilibri costituzionali che sta attuando il governo Renzi (in linea coi suoi predecessori, e in applicazione dei dogmi neo-liberisti del grande capitalismo transnazionale). Infatti, mi beo letteralmente in attesa di notizie più precise. Né mi turba la decisione, presa dai protagonisti suddetti e resa pubblica serenamente, di non invitare (almeno da subito, in queste fasi di avvio del progetto) i soggetti politici organizzati, cioè i partiti (o ‘correnti’ di essi), che siano rappresentati in Parlamento (come Sel, la ‘sinistra’ Pd o i 5Stelle) oppure no (come Rifondazione o gli altri mini-partiti comunisti, come L’Altra Europa o l’Azione Civile di ingroiana memoria). Anzi, ciò mi rincuora per motivi di metodo e di merito insieme. Quanto al metodo, perché sembra così superarsi la coazione a ripetere l’errore che – a mio parere, da sempre reso umilmente noto – ha nuociuto gravemente a tutti i momenti di partenza simili, che volessero arrivare a qualcosa di costrutto nell’area della sinistra conseguente: la compulsione dell’inclusivismo, cioè il divieto posto a chiunque di azzardarsi a prendersi la responsabilità di perimetrare (all’onesta luce degli obiettivi reali da perseguirsi) il campo d’azione e dei partecipanti. E quanto al merito, l’esclusione preliminare delle forze politiche mi rincuora perché – come altresì umilmente auspicato e pronosticato – vi leggo in controluce tutt’altro che la trita anti-politica qualunquista, ma una ‘giocata’ abile da parte di Landini (sicuro d’accordo con Strada e gli altri) per non trovarsi fin da subito tra i piedi i Civati, i Vendola, i Di Battista (o chi per Grillo&Casaleggio spa) e quanti rappresentano o-scenamente – ‘fuori scena’, fuori onda rispetto al teatrino mediatico – interessi in realtà assai diversi da quelli della coalizione sociale nascente. Insomma, dico che al tavolo di oggi avrebbero potuto sedersi anche Ferrero o la Spinelli, per esempio, anche perché la forza della Fiom non avrebbe da temere di farsi irretire dai ‘pesi’ concreti che essi rappresentano (pure ammesso, e per nulla concesso, che Rifondazione e L’Altra Europa celino biecamente un qualche ‘tradimento’ della causa anti-liberista e anti-renziana di Landini e compagni); ma che, viceversa, la grande visibilità (e potenza materiale, e quindi l’ingestibilità entro un percorso serio) dei grillini, di Sel e della ‘sinistra’ Pd, sarebbe stata niente meno che la ‘morte in culla’ dell’intero progetto: per cui, mi spiace per i compagni di Rifondazione (tra i quali i più lucidi avranno già capito – Ferrero stesso in primis), ma per il momento va bene così! Ultima notazione metodologica, anche questa (per me) fausta. Pare non nasca, il tentativo in corso, con l’ulteriore ‘vizio di famiglia’ della sinistra (vera, intendo) politica, sociale e sindacale di questi ultimi anni in Italia: ossia, con la castrazione di qualunque percorso che non cominci per ‘gemmazione dal basso’, dalle micro-unità territoriali degli attivisti di ogni competenza e sensibilità e/o dal media-attivismo di quelli che pensano di cambiare i rapporti di forza socioeconomici a suon di pc, smartphone e streaming. No, questo appuntamento è stato sì senz’altro preceduto da un cammino di condivisione e sensibilizzazione che ogni vertice decisionale di ciascuna delle sigle coinvolte avrà attuato con i propri iscritti di base (‘vertice’, ‘iscritti’ – sono, questi semplici concetti e vocaboli, già terreno scabroso per tanta, troppa parte di quella società civile e di quel movimentismo militante che finora hanno avviato e imballato insieme le speranze di una sinistra radicale e di massa, dai Girotondi al Popolo Viola, da Se Non Ora Quando a La Via Maestra), ma per certo Landini, Strada, Ciotti, Zagrebelsky e gli altri non hanno aspettato l’input dell’ultima riunione del centro sociale XY e dell’ultima mailing-list nel forum virtuale WZ per decidere se, quando e come cominciare! Cosa mi aspetto adesso? Intanto, di non essere – contro tutte le buone attese che ho sopra provato ad argomentare – deluso ancora una volta per un motivo qualsiasi. (Giacché, lo ammetto, pur con le visibili imprecisioni dei rispettivi percorsi, io in tutti quei momenti di start-up poi abortiti c’ero e attivamente: dai Girotondi al Popolo Viola, da Se Non Ora Quando a Cambiare Si Può, da La Via Maestra a L’Altra Europa con Tsipras. Ora no, guardo e basta – e magari ero io che portavo sfiga: speriamo!) Dunque mi aspetto, per esempio (e sarebbe già moltissimo), che dalla riunione di oggi esca fuori qualcosa che sovverte il ‘paradigma del no’ della sinistra radicale nostrana: “non siamo questo, non vogliamo quello”. E che invece, e finalmente, l’intelligenza politica e la statura umana del promotore e degli altri protagonisti, producano i lineamenti di ciò che l’Italia migliore – lavoratori, precari, disoccupati, studenti, pensionati, intellettuali, immigrati, anti-razzisti, antifascisti, anti-sessisti, anti-mafiosi – vuole per il proprio futuro, e prima possibile: ossia, i lineamenti di ciò che l’Italia migliore è (se solo si toglie di dosso il giogo che la guerra di classe – comunque mascherata – gli impone da anni, e sempre più con la crisi). Quali lineamenti di preciso? Direi che basta leggere una affianco all’altra la lista delle sigle che danno vita al progetto e la Parte Prima (Principi Fondamentali compresi) della nostra Costituzione – prima che Renzi e compari straccino pure quella – per averne un’idea circostanziata. C’è la Fiom, oggi ‘padrona di casa’, e allora c’è la garanzia che la coalizione sociale nascente darà senso politico (e corpo, all’occorrenza, conflittuale nei confronti del Potere) alle espressioni costituzionali di tutela del lavoro, della retribuzione e della previdenza, e a quelle della contribuzione di tutti in ragione progressiva del reddito e del patrimonio. C’è Emergency, e dunque mi sento altresì ‘protetto’ sui fronti illustrati superbamente negli articoli del riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, dell’accoglienza dello straniero e del ripudio della guerra (pure fosse camuffata da ‘esportazione di democrazia’). C’è il Gruppo Abele, c’è Libera – e così so che in coalizione ci sarà chi dice apertamente che la proprietà privata ha carattere sociale, che la dignità umana viene prima della proprietà e del mercato, e che la collettività può confiscare beni criminali e metterli a frutto comune. C’è Libertà e Giustizia, c’è Articolo 21, che faranno parlare e vivere la Costituzione sui diritti di riunione e associazione, manifestazione e stampa, studio e insegnamento, e sul limite del rispetto della persona umana nella complessa ‘partita’ dei trattamenti sanitari. C’è Legambiente, c’è l’Arci – e quindi se si darà a breve un ‘programma’ di questa nuova creatura, possiamo esser certi, per esempio, che l’ambiente come valore e vita e il patrimonio storico e artistico come retaggio e sviluppo, e ancora un impulso alla solidarietà (Papa Francesco direbbe “alla misericordia”), costituzionalmente delineati, ne faranno parte integrante. Come si vede, i motivi per ben sperare non mancano. Se oggi nasce qualcosa, e nasce su queste premesse – non mi sono inventato niente, ho solo scorso il ‘codice genetico’ dei promotori del progetto – e con quel tanto di coraggio intellettuale e politico che finora mi pare mancato in occasioni del genere, ma che le premesse metodologiche di questo mio articoletto già intravedono, allora sulla scena del Paese ci sarà a breve una voce nuova e forte che dice “noi siamo questo: siamo coloro che vogliono l’equità sociale, il progresso sostenibile, lo sviluppo civile, la democrazia sostanziale; e lo vogliamo tramite la realizzazione di determinati passaggi nell’applicazione puntuale e completa della Costituzione; e se non lo otterremo, abbiamo abbastanza coerenza interna e seguito popolare da contrapporci radicalmente all’esercizio del potere di classe e di privilegio ora, e da tempo, in corso”. Ma questa ‘voce’ avrà un corpo organizzato che somigli più a Syriza o più a Podemos? Ecco, questo è proprio il tipo di tranello che il circo mediatico tenderà a Landini e agli altri, specie se e nella misura in cui il progetto mostrerà fin da subito – da oggi stesso – di poter scampare alla morte prematura (spesso un suicidio indotto) dei percorsi già tentati. Attardarsi a rispondere a indovinelli del genere, toglierebbe tempo ed energia e svierebbe l’attenzione pubblica dal succo della questione: cioè, che un ‘umanesimo socialista’ (io lo chiamo così – vecchio difetto, mi perdonerete) può infine avere in Italia un soggetto titolato a farne un programma sociale, e politico, che può perfino piacere a tanta gente. Per cui, sconsiglio vivamente di caderci: chi vi importuna da fuori (o vi intralcia da dentro) con tanta oziosità accademica, è proprio colui al quale difettano coraggio e buona fede per dire chiaramente cosa propone la sinistra per la vita dell’uomo comune. (Ma spiriti come Landini e Strada non hanno punto bisogno dei miei consigli.) Dunque stiamo calmi, compagne e compagni, e dopo tanto tempo buttato a chiederci cos’è la sinistra – mal consigliati da tante sirene e impallinati dal fuoco amico – facciamola, che è ora! quattordici marzo duemilaquindici DESTINO
Gli uomini e le donne, o almeno quelli che usano i mezzi pubblici di superficie, si dividono in naturalisti e creazionisti. I primi si ritengono generati dalla Natura e nella Natura, alla quale riconoscono come caratteristica principale il più diffuso conflitto per la sopravvivenza e per la selezione. I secondi, invece, credono nell’origine extra-naturale degli umani, e in una sorta di costante controllo da parte dell’Ente creatore, insomma nella Provvidenza. I naturalisti, poi, si distinguono ulteriormente in evoluzionisti e permanentisti, in base: o alla fiducia che ci sia progresso nell’intera Natura, soprattutto grazie all’esistenza e all’opera degli umani stessi, o viceversa alla convinzione che la comparsa dell’uomo sulla Terra non migliori affatto le cose, e anzi abbia alzato il livello del conflitto. I permanentisti perlopiù si lamentano dei ritardi alle fermate, ma soprattutto della presenza di stranieri. Anche i creazionisti si dividono in due sottogruppi: da una parte i solidaristi che pensano di potere, e dovere, aiutare la Provvidenza con il proprio personale impegno finalizzato ai suoi nobili disegni, e dall’altra i provvidenzialisti puri che seguono formalmente i suoi precetti rivelati, e per il resto confidano che le cose vadano a posto da sé, al più tardi in quell’altra vita. I provvidenzialisti puri salgono spesso dalle porte destinate invece alla discesa dal mezzo. Creazionisti solidaristi e naturalisti evoluzionisti trascorrono sovente il viaggio leggendo; i primi perlopiù in cartaceo, i secondi su strumenti digitali. Gli altri chiacchierano al telefono o guardano fuori in silenzio. Tutti quanti gli uomini e le donne, o almeno quelli che usano i mezzi pubblici di superficie, oscillano incessantemente tra il ricordare e l'auspicarsi un giorno migliore del presente. tredici marzo duemilaquindici CONTRO L’INNATISMO DELLA VIRTU’
Due gatti abitano con noi, da quando erano molto piccoli. La maggiore, Nina, adesso ha due anni e mezzo, e Il Gricio ne ha uno e mezzo. E’ la nostra prima esperienza di convivenza con altri animali; e io non avevo mai avuto in casa, nemmeno da ragazzo con la mia famiglia, né gatti né cani. Abbiamo dovuto imparare, mia moglie e io; stiamo ancora imparando, sempre. Per Nina, quasi da subito, abbiamo pensato di creare nella nostra stessa camera da letto una specie di capanna, un mini-stendino con sopra un telo. Nina ha mostrato di gradire: quello è diventato un suo spazio, di riposo e ‘meditazione’, fresco d’estate e caldo d’inverno. Come valore aggiunto – nella nostra testa umana di ‘miglioratori del mondo’, pacifisti senza se e senza ma – abbiamo stabilito che quello dovesse essere uno spazio assolutamente ‘franco’ per lei: se ci entrava mentre giocando la inseguivamo, lì sotto noi non potevamo mettere neppure una mano, nemmeno se il motivo della sua fuga fosse una qualche ‘marachella’ appena combinata. Quella capannuccia insomma è diventata FreeNinaLand (detta così forse perché la prima estate della nostra convivenza con la gatta siamo andati in Irlanda, e anche a Derry con l’inevitabile foto emozionata al cippo bianco nel Bogside: You Are Now Entering Free Derry). Poi dopo un anno è arrivato Il Gricio. Chi ha esperienza di gatti in casa immaginerà che l’accettazione del nuovo venuto da parte di Nina non sia stata né immediata né facile, e infatti è andata così. Tuttavia, a circa un mese dal suo arrivo Il Gricio aveva già conquistato la ‘primogenita’ – così come aveva fatto innamorare anche lui, da subito, noi due umani; e da allora a oggi i due ci paiono un bellissimo esempio di fratellanza felina, di rispetto reciproco, condivisione di giochi e coccole, autonomia di spazi e tempi all’occorrenza: da allargare il cuore. Ciò non toglie che a volte si rincorrano come furie per tutta casa, si fronteggino come Jedi (senza spada-laser) e si rotolino avvinghiati come lottatori di wrestling all’ultimo sangue (senza farsi un graffio – è il caso di dirlo): sempre predatori sono! E FreeNinaLand? Nina è stata generosa anche in questo, e Il Gricio anche in questo ha mostrato doti di apprendimento: la capannuccia è diventata spazio franco pure per lui, che ha capito dal nostro atteggiamento che lì sotto non lo avremmo disturbato in nessun caso. Se lo dividono con equanimità, tanto che dovremmo cambiargli nome – ma è rimasto intitolato a lei, e così penso resterà. Ma il bello, e il succo di questo raccontino, è quanto segue. FreeNinaLand è ‘free’ per loro due, gatti, riguardo all’interazione con noi due umani: così è nata, così l’ha capita Nina, così l’ha capita Il Gricio, così è ancora e sempre. Ossia, entrambi sanno – hanno imparato – che la differenza tra là dentro e dappertutto fuori è che dentro sono ‘salvi’ da noi, mentre fuori se c’è da prenderli, anche controvoglia (loro) come per la spazzolata giornaliera, li acchiappiamo come e dove ci pare. Se volessi antropomorfizzare le loro sensazioni direi che i due gatti hanno appreso che noi umani abbiamo unilateralmente eletto un luogo della casa comune a luogo di rispetto assoluto della loro libertà, della loro sicurezza e della loro privacy; hanno appreso che noi abbiamo ‘ceduto sovranità’ a seguito di una ‘trattativa silenziosa’ tra tutti e quattro, e che questo ha fatto avanzare la nostra micro-società di un passo sulla strada della Civiltà, dell’interesse generale, della pace permanente, del Bene collettivo. Ora, la cosa meravigliosa è che – sempre antropomorfizzando – essi sembrano aver appreso non solo che noi abbiamo benevolmente stabilito questa cosa, ma anche la ‘benevolenza in sé’: la giustezza, cioè la convenienza di pattuire una cosa così da parte di chiunque, di qualsiasi specie. Infatti ho da poco scoperto che anche per loro, nelle loro reciproche interazioni a prescindere da noi, FreeNinaLand è ‘free’! Esattamente – se rincorrendosi come pazzi gioiosi per le camere finiscono intorno alla capanna e uno dei due decide di entrarvi sotto, l’altro aspetta fuori che ne riesca; se lottano facendo capriole qua e là e uno ha bisogno per caso di rifiatare, s’infila sotto quel telo e l’altro rifiata anche lui; se se le stanno dando di santa ragione – da adolescenti di carattere quali credo siano – e lui o lei sta soccombendo, allora FreeNinaLand rappresenta un’onorevole resa temporanea, e il vincitore del momento se ne va soddisfatto senza strafare. Di fatto, sulla sola scorta dell’esempio (il nostro, nei loro confronti) e dell’abitudine (un paio d’anni per lei, per lui un anno), due felini hanno compiuto – ritengo, da semplice osservatore senza titoli in etologia – il grande prodigio di mettere in qualche misura da parte l’istinto innato da carnivori aggressivi, acquisendo ‘per via deduttiva’ (non saprei come altro definirla) la virtù della non-belligeranza; o, almeno, quella della mediazione nei contesti (la ‘ritirata’ nella capanna, usata una volta dall’uno una volta dall’altro animale) in cui l’aggressività non sembra una cosa ‘buona’. La morale è che la virtù si impara. Che può apprenderla un gatto, di cui sono portato a ritenere abbia un punto di equilibrio tra i due estremi dell’istinto genetico e dell’apprendimento esperienziale piuttosto vicino al primo che non al secondo. E che – quindi – tanto più può apprenderla un umano, per il quale varranno (voglio sperare) i circa 85 milioni di anni trascorsi da quando si sono separati i due rami evolutivi che rispettivamente conducono al gatto e all’uomo e alla donna; e varranno nel senso che il bilancio tra ‘innato’ e ‘imparato’, per noialtri, pende di più sul secondo aspetto. Che dire – come sento spesso – ‘io, esser meglio di come sono non posso’, è un alibi. E che dire – come si sente sempre più spesso – ‘quelli, diversi da noi, sono così per natura e non cambiano mai’, è puro (e comodo e bieco – e infondato) razzismo. Anche questa bellissima, assai confortante, demistificante e netta scoperta, dobbiamo – mia moglie e io – a Nina e a Il Gricio. E ho voluto condividerla con voi. dodici marzo duemilaquindici PROPRIO ORA PROPRIO QUI
Ma voi lo sapete perché Vendola vota contro la riforma della Costituzione (con cui Renzi la smantella né più né meno)? E lo sapete perché Civati pur non votando contro il suo capo (non sia mai), tuttavia in questo frangente non gli vota a favore? E lo sapete perché i grillini escono sempre dall’aula nei momenti topici di questi giorni? Perché appunto questa riforma smantella la Costituzione, direte voi. E certo! Ma questo lo sappiamo noi che conosciamo la Costituzione, e quindi la amiamo. O meglio, questo noi lo ipotizziamo ragionando ‘per esclusione’. Così: se Vendola e Civati e Grillo volessero, come Renzi, sbriciolare la Costituzione, voterebbero a favore del disegno di legge del governo, ma poiché essi (variamente) non lo fanno, allora vogliono salvare almeno la forma democratica della nostra Repubblica. Ma lo ipotizziamo, ripeto. Solo quello possiamo fare, perché i tre di cui sopra mica dicono alla fine cosa vogliono per questo martoriato Paese: dicono solo ciò che non vogliono. Non vogliono questa riforma e altre cose che Renzi ha fatto o detto di voler fare. Cose che attengono perlopiù alla ‘vita di Palazzo’, ai costi della politica, della pubblica amministrazione, alla corruzione, alla magistratura, alla Rai… eccetera eccetera. Ma cosa davvero vogliono per la nostra vita concreta? Non è dato saperlo. Tanto che potrebbe anche essere che il loro contrasto con Renzi, a pensar male, sia una pura questione di lotta per il potere personale, loro e dei clan e degli interessi che rappresentano. Anzi, aggiungo: potrebbe pure essere che l’intera ‘partita’ delle modifiche costituzionali e istituzionali (legge elettorale compresa), che come sapete ha già occupato più di un anno di legislatura e richiederà, tra una ‘rilettura’ e l’altra e i referendum del caso, un altro anno e più, sia in realtà un bellissimo ‘gioco di ruolo’ tra le parti politiche in Parlamento che occupa tutta la scena dell’informazione, mentre le scelte che riguardano la nostra esistenza quotidiana (privatizzazioni, precarizzazione, stretta sul credito e crollo dei consumi) vengono fatte e realizzate giorno per giorno senza che ci sia un vero confronto pubblico di merito, tra governo e opposizione! Gli dice bene, alle ‘parti’ di governo e opposizione, che i mezzi d’informazione ormai da anni hanno perso la buonissima abitudine di porre all’intervistato ‘la seconda domanda’: quella del ‘ma perché?' Infatti le interviste – a tutti i protagonisti in scena – si riducono a pronunciamenti di assiomi indimostrati, da ‘campagna elettorale permanente’. Ma la gente, dài e dài, sente puzza di ‘fuffa’ al punto che gli ascolti delle trasmissioni politiche stanno andando a picco da un pezzo: tanto quello che sta a cuore ai cittadini, la loro vita, non è mai argomento di discussione. E dopo un po’ pure il teatrino ‘a chi strilla più forte’ ha stufato! Eppure, almeno a sinistra, cose da dire che interessano la vita delle persone ce ne sarebbero: il lavoro, la casa, la salute, la sicurezza, l’ambiente, la pace, il futuro… eccetera eccetera. Ci deve essere qualcuno, specie a sinistra, che a scuola si è innamorato di Montale. E pure io lo amo. Ma amare Montale non è un buon motivo per fare politica con in mente una sola regola di comunicazione: dire alla gente sempre e soltanto ‘ciò che non siamo, ciò che non vogliamo’! Non lo è soprattutto per noialtri poveracci di ‘sinistra davvero’, lontani mille miglia da Civati e Vendola (e Camusso, aggiungo qui) e anni-luce da Grillo. Non è un buon motivo perché se questa regola furbetta la applicano già quei gattopardi, che di sinistra hanno (semmai) solo il marchio sul risvolto della giacca ma in compenso hanno (ancora) una formidabile presa sull’opinione pubblica (d’area), allora noi non potremmo mai superare quei lupi nell’arte consolidata della ‘fuffa’ sperando che la gente ci stia a sentire. No, infatti. E io affermo – da tempo immemorabile, ormai – che se noi di sinistra davvero vogliamo avere una possibilità che sia una, di smarcarci da questo tetro ombrello di trasformismo e immobilismo sotto il quale la gente ci accomuna tutti (per il semplice motivo che la voce dei gattopardi arriva al pubblico, il quale ha capito che non può più fidarsi di loro, e però la nostra – che magari ‘bucherebbe’ – non arriva nemmeno al vicino di pianerottolo), noi dobbiamo smettere di giocare a quel giochino disonesto. Cioè: dobbiamo smettere di dire – pure noi poveracci – ciò che non siamo e che non vogliamo, e dobbiamo cominciare a dire con più chiarezza possibile ciò che siamo e vogliamo! Ma soprattutto ciò che vogliamo – che alla fine, alla gente, chi siamo interessa fino a un certo punto: di nomi e sigle ne hanno fin sopra la testa; diciamo quello che vogliamo, invece e subito, e che sia attinente con la vita concreta di tutti. Così, chi o cosa siamo i cittadini lo dedurranno da sé di conseguenza (se ne avranno tempo e fantasia). A me, per esempio, che sono comunista e umanista mi ‘sgameranno’ subito – ma mica mi dispiace. Però, a questo punto, sorge ‘il problema dei problemi’; quello a causa del quale (oltre che a causa di una certa ‘furbetteria emulativa’ presente pure nella sinistra davvero: tra le organizzazioni politiche anticapitaliste, tra i sindacati conflittuali, tra i movimenti antagonisti e tra gli intellettuali del dissenso) sono anni che ripetiamo, inascoltati se non da noi stessi (perché tra l’altro a noi nessuno manco ci intervista con la ‘prima e unica’ domanda), i nostri mantra al negativo: non siamo questo ma non siamo neanche quello, non vogliamo quello e neppure questo… Il problema dei problemi è il seguente: che finché diciamo sempre e solo un bel po’ di no, in sinistra davvero ci troviamo abbastanza tutti d’accordo. Paralizzati e inutili, ma d’accordo e tutti insieme (e la solitudine ci ha messo tanta paura, non tanto da piccoli quanto da grandicelli – strano, questo). Ma se per caso ci si decidesse a tirar fuori dei sì, dei ‘io sono’, dei ‘io voglio’, allora c’è il rischio che poi non saremmo più tutti così d’accordo. Potremmo dividerci (e il rimorso delle scissioni passate è forse l’unico sentimento ancor più forte della paura della solitudine ‘adulta’, tra noialtri poveracci senza voce presso la gente). E sicuramente, credo io, ci divideremmo: ci divideremmo intanto tra quelli che ancora si ricordano per caso cosa vuol dire ‘volere politicamente’ qualcosa (e saperlo affermare in pubblico), e quelli che ormai hanno atrofizzato l’arto e perso la funzione (che temo siano la maggior parte dei protagonisti recenti, sempre d’area – la nostra, oggi piccolina); e poi ci divideremmo tra quelli che vogliono qualcosa e quelli che vogliono qualcos’altro, anche se tutti (i superstiti dalla prima scrematura) dovremmo essere almeno accomunati da una certa maturità politica e da una buona onestà intellettuale. Il che non significa che alla conta di ciò che si vuole, qualcuno in disaccordo coi più dopo non prende e se ne va: ma mi pare che sia questo l’unico modo sano di fare politica (anche se ce lo siamo quasi scordato, per una vischiosità a tutti i costi che tra qualche anno starà sui testi-base di psicoanalisi). Capisco il timore: “Ma così è un buon affare? Dividerci, scontrarci… Dopo non saremmo meno ancora dei già pochi che siamo stati fino a qui?” Saremmo di meno, è vero. Ma saremmo di meno di quanti siamo adesso, noi di sinistra davvero, a contare soltanto quelli finora più o meno attivi o comunque simpatizzanti tra le organizzazioni politiche anticapitaliste, tra i sindacati conflittuali, tra i movimenti antagonisti e tra gli intellettuali del dissenso: di sicuro un po’ di questi li perdiamo, non appena si passi da ‘io non sono e io non voglio’ a ’io voglio quindi sono’. Ed è anche ragionevole presumere che con l’emergere di una linea politica chiara e coerente, frutto di un dibattito democratico e libero (perché regolato), pure qualcun altro dei vecchi ‘compagni di strada’ possa staccarsi perché troppo in disaccordo nel merito (la seconda scrematura). Ma – sinceramente – sarebbe poi tutto questo male? Io penso che il male è non far nulla di diverso da ciò che si è fatto finora, da ciò che si fa adesso: ossia, è male (continuare a) non fare pressoché nulla. E penso invece – lo credo fermamente – che se la sinistra davvero cambia passo, e trova il coraggio e il modo di dire alla gente ciò che vuole riguardo alla vita della gente stessa (e non più solo ciò che non vuole riguardo alla propria modalità formale di essere sinistra – è difficile perfino da pronunciare!), ebbene per quelli che pure saranno andati persi tra i militanti delle organizzazioni politiche anticapitaliste, tra gli attivi dei sindacati conflittuali, tra gli infaticabili dei movimenti antagonisti e tra i brontoloni degli intellettuali del dissenso, io credo che dai cittadini (dai cittadini in carne ed ossa) finalmente ne verranno a noi il doppio, il triplo, dieci volte tanti. Come una (il)logica allegria! Chi me lo dice? Non ho le prove, qui e ora – in politica le ‘prove’ non ci stanno mai. Ma la storia del movimento dei lavoratori e del pensiero socialista e comunista, in Italia e fuori, è piena di indizi che suggeriscono che ho ragione. Pensateci su da voi, con calma. E intanto – io? Io cosa voglio per la vita mia e dei miei concittadini? Cioè: se io fossi uno di quelli la cui opinione contribuisce a costruire un programma concreto della sinistra davvero, la cui voce arriva finalmente alla gente e le mostra che il tempo della ‘fuffa’ non ci appartiene più, io che cosa proporrei? Proporrei ciò in cui credo. Ciò che è figlio della mia storia di sinistra, ciò che penso sia giusto in un Paese civile, efficace per uscire dalla crisi ‘da sinistra’ prima che tutto vada definitivamente a rotoli; soprattutto, ciò che solo un soggetto politico di sinistra davvero può proporre, volere, progettare – il che, tra l’altro, rendendoci praticamente ‘unici’ nel ‘mercato’ dell’offerta progressista corrente, darebbe sì un motivo alla gente per stare a sentire (almeno) quello che diciamo! Un po’ quello che sta facendo la Lega di Salvini (orribilmente – loro – è ovvio), con i risultati di grande crescita che purtroppo vediamo. Quanto alla crisi economica e alla disoccupazione e precarizzazione feroce, io parlerei francamente di nazionalizzazioni, di riconversione produttiva e di tassa patrimoniale. Che se non lo diciamo noi variamente comunisti, a chi toccherebbe farlo? Quanto all’immigrazione e alla sicurezza, io direi semplicemente ‘salviamoli tutti!’ – cioè né Triton né Mare Nostrum, ma mandare gli incrociatori a prendere quei disperati dove li ammassano scafisti e criminali, e portarli in Italia a vivere e a lavorare. (Lo dicevo che mi ‘sgamano’ subito anche come ‘umanista’, oltre che comunista!) Quanto alle riforme istituzionali, io direi solo: legge elettorale proporzionale pura. Perché questa è ancora e sempre una (lunghissima) stagione ‘costituente’, per questa tremebonda Repubblica, e la Costituente da che mondo è mondo si fa col proporzionale. E quanto alla politica estera, direi niente meno che fuori l’Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Italia! O, equivalentemente: ‘pace sempre e comunque, senza se e senza ma!’. Che non può essere che in un mondo ultra-capitalista in crisi il quale sta per scegliere l’opzione della guerra per rimettersi ‘in pista’, l’esclusiva del pacifismo militante ce l’abbia Papa Bergoglio, e noialtri zitti. Poi basta, non direi altro. Alla gente non interessa un programma più vasto di così. Ecco un esempio di cosa dovremmo dire noi di sinistra davvero ai cittadini italiani. E’ solo un esempio: so bene che tra gli stessi compagni possono esserci opinioni assai diverse dalla mia su ciascuno dei quattro punti toccati. O proposte ulteriori e diverse. Però di cose così dovremmo parlare, discutere, decidere – nello spazio idoneo a farlo. E poi rappresentarlo al pubblico con tutta la coerenza e la chiarezza di cui siamo capaci. Se esiste un soggetto politico che fa così, ditemelo. Io chiedo subito di poter farne parte, e lì dentro proverò a far valere le mie tesi ‘programmatiche’. Se non esiste, chi ha molta più forza e influenza di me – se è onesto e di sinistra davvero – dovrebbe preoccuparsi di farlo nascere al più presto. Se non succederà – così come non è successo finora, nonostante siano anni che ci giriamo intorno – è perché o chi ha forza e influenza non è davvero di sinistra oppure non è onesto. O ancora non ha poi tutta questa forza e influenza. Non si danno altri casi. ‘Non chiederci la parola’ è una poesia bellissima. Ma conoscere Montale solo per quei versi è come citare Pasolini solo per Valle Giulia. La Storia, la ‘fase’, la gente – si aspettano da noi qualcosa di più. Proprio ora, proprio qui. undici marzo duemilaquindici VENALITA' UNIVERSALE
Draghi, eseguendo il compito dettato da poteri che nessuno ha eletto, affoga l’Europa in un mare di denaro. Ma tutti quei soldi non arriveranno mai alla gente, né sotto forma di lavoro né di servizi sociali; meno che mai come dignità o prospettiva. Viceversa Tsipras viene crocifisso dai portavoce di quegli stessi poteri perché, col consenso del suo popolo, cerca di costruire occupazione e società, umanità e futuro. Perché gli è chiaro, come a chiunque dotato di semplice buon senso, che il denaro da solo non riempie né la pancia né l’anima; che il denaro e basta non fa la comunità – semmai la disarticola. Il capitalismo – ora lo si vede bene – è come quel padre che non comprende i suoi figli, non ne è capace, non gli interessa. Prova a comprarli con somme sempre più generose, e più ricattatorie; e quello tra loro che chiede invece amore – perché amore dà – lo scaccia come un degenerato. Ma io che ringrazio il cielo ogni giorno per avermi dato tutt’altro tipo di genitori, pieni di senso e coraggio e solidarietà, voglio che la famiglia degli umani somigli a quella mia. Questo per me è politica. PS Finite di scrivere queste righe, leggo da Internazionale la recensione di Vanja Luksic (di L’Express, Francia) di un libro in uscita, Professione Lolita di Daniele Autieri (Chiarelettere), sulle ragazzine di Roma Parioli che si prostituivano. Riporto qui: “[…] Molte delle parole e della parolacce (tantissime) di una violenza rara, e di un angosciante pessimismo, usate da queste nuove Lolite che voglio far soldi per comprarsi cocaina, champagne e vestiti firmati, arrivano direttamente dalle intercettazioni telefoniche della polizia. […] si scopre una città profondamente malata. E popolata da genitori che non riescono a trasmettere ai figli né affetto né valori. Solo un terribile vuoto che, a 14-15 anni, si tenta disperatamente di colmare.” dieci marzo duemilaquindici DIETRO L'ANGOLO
“C'è un'intesa segreta tra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla Terra.” – dice Walter Benjamin nella II Tesi delle sue celebri di Filosofia della Storia, ultima opera, del 1940. Dice – se intendo bene – che il mondo a lui contemporaneo è abitato da una (parte della) Umanità alla quale tutto il passato guarda con la speranza, e fondata aspettativa, che porti a compimento il cammino di emancipazione della Civiltà tutta (emancipazione dallo sfruttamento, della violenza, dalla paura, dall'alienazione), e avvii quello ancor più complesso di liberazione della Specie, delle Specie, della Vita in generale (liberazione dalla sofferenza). E' una concettualizzazione della lotta di classe che introduce elementi messianici nel Materialismo Storico. Oggi, nella nostra società defraudata ampiamente di ogni aspetto spirituale (salvo il sopravvivere, e anzi l'alimentarsi da parte del Potere, del marketing delle superstizioni – monoteiste, pagane o atee che siano), la tesi di Benjamin può far sorridere; ma d'altronde è lo stesso concetto di cammino storico purchessia ad esser fuori corso, in un tempo al quale il senso della Storia è stato intenzionalmente essiccato – dal Potere, di nuovo – perché insieme alla coscienza del passato morisse anche una visione alternativa del futuro. Ma nel 1940, a un intelletto potente come il suo – del Benjamin uomo, che pure doveva scappare dall'Europa resa campo di sterminio dall'abominio nazifascista, ma che vi moriva suicida di lì a poco nel tentativo ormai fallito – non fu impossibile guardare oltre un presente nero quanti altri mai; perché il XX Secolo, a vederlo allora, non era solo Hitler ed Henry Ford ma anche Lenin e Gandhi. “Noi siamo stati attesi sulla Terra”, è – credo – la più bella dichiarazione d'amore di un uomo alla propria generazione. Cosa è andato storto? E' vero, la stragrande maggioranza degli umani era attesa alla prova della Storia. Dovevamo emanciparci noi, come classe, ed emancipare l'Umanità; dovevamo liberarci noi, come specie, e liberare i viventi tutti. Ma anche la minoranza del privilegio, della proprietà e del patrimonio, sapeva leggere la Storia – e ci aspettava al varco. Loro si sono preparati meglio di noi. Anzi, noi quasi per niente. Siamo stati attesi sulla Terra. Ma appena dietro l'angolo, dei briganti ci hanno accoppato. nove marzo duemilaquindici RIGORE
Ero iscritto a Matematica, anno accademico 1983-84, alla Sapienza di Roma. C'era qualche professore che concedeva qualcosa alla platea, qualcuno gigioneggiando proprio, conscio forse del fatto che per gli studenti la sua dottrina rappresentava una cosa comparabile al sapere sciamanico in discipline esoteriche di civiltà ed epoche lontane. Ma la professoressa di Fisica no, non usciva mai dal ruolo, rigorosissimo, svolgendolo in modo tanto professionale – e, a mio modesto parere, efficace – che mi ero fatto l'idea che anche a casa, preparandosi la cena o tirandosi le lenzuola sul naso pensasse e parlasse (se aveva qualcuno che l'ascoltava) in termini di vettori, integrali e tensori. Al suo confronto, perfino l'assistente – che pure non vidi mai con nulla di più gaio addosso che un pantalonuccio grigio, un maglioncino grigio, un paio di occhiali neri vecchia foggia, scarpe nere mai lucide e borsa nera degli appunti assai provata – perfino lui, rispetto a lei, sembrava un divagatore istrionico nel modo in cui ci preparava al racconto di un teorema. Però una volta – una sola in tutto l'anno – la professoressa si concesse una digressione. Era l'8 Marzo. E guardando negli occhi tutte le ragazze, e loro soltanto, disse: “Questo è un giorno di lotta.” Grazie prof, anche per questa lezione. otto marzo duemilaquindici ADOLESCENZA
Come, e nella stessa misura in cui, nella società bigotta la caratteristica saliente è – sotto un certo profilo – una classe di apparati e procedure colpevolizzanti e autocolpevolizzanti degli individui, così nella società secolarizzata la caratteristica saliente è – sotto un certo profilo – una classe di apparati e procedure deresponsabilizzanti e autoderesponsabilizzanti degli individui stessi. Ossia: nella società bigotta è sempre colpa tua, di qualsiasi cosa – anche di ciò che non si può imputare tu abbia commesso, al limite è colpa in omissione; in quella secolarizzata non è mai colpa tua, di niente – neppure di quello che hai fatto in prima persona e, sembrerebbe, con tutte le intenzioni. In entrambe le società gli individui vengono mantenuti in uno stato di artefatta e prolungata minorità etica – ed è lo specifico motivo per la creazione e la messa a punto di apparati e procedure dell'uno e dell'altro tipo. In entrambe le società esistono classi di figure (reali e/o virtuali) intermediarie tra i singoli individui e la collettività, incaricate nella prima – quella bigotta – di rendere impossibile agli individui un esame razionale dei fatti e del proprio agire che li liberi dalla schiavitù della colpa moralistica, e nella seconda di rendergli impossibile lo stesso esame che però li liberi dalla nemesi della morale irrilevanza. Attenzione: la linea di demarcazione tra la società bigotta e quella secolarizzata non è né lo spazio né il tempo; infatti è impossibile dire 'prima c'era quella e ora c'è questa' o 'qui c'è l'una lì l'altra' – bensì, sotto un certo profilo, essa linea è la mera stratificazione socioeconomica. E ciò si deve al fatto che la società secolarizzata costa un po' di più, alle risorse sia private che pubbliche (materiali e non), mentre quella bigotta è apparentemente gratuita: quindi, tornando al primo assunto, dedurremo che i ceti inferiori e medio-inferiori subiscono e alla lunga introiettano perlopiù apparati e procedure colpevolizzanti e autocolpevolizzanti, mentre quelli medio-superiori e superiori ne subiscono più che altro di deresponsabilizzanti e autoderesponsabilizzanti, introiettandoli alla lunga. Tuttavia il principio d'ordine in entrambi i casi ha uno solo scopo, medesimo: lega gli individui – quelli in colpa dinanzi alla società bigotta con la necessità del perdono e del condono, quelli irresponsabili tutti della società secolarizzata con la pratica della mutua complicità. E così legati, i membri dell'una e dell'altra non possono mettere realmente in discussione le strutture e le dinamiche di potere delle rispettive società – allo stesso modo in cui a degli adolescenti, siano essi resi docili dall'autoritarismo della famiglia ovvero sostanzialmente estraniati dal suo permissivismo, è di fatto impossibile rendersi protagonisti nel mondo degli adulti, e perfino provare a diventarlo. Per inciso, la società socialista – a differenza di entrambe, purché socialista vera e compiuta – è quella che ci vuole adulti, e che può renderci tali: per definizione è la società dell'etica, non del moralismo, quella della comunità e non della complicità, quella della libertà, dignità e responsabilità personali e di una reciproca, attiva, generalizzata, presa in carico – ossia, quella in cui apparati e procedure di colpa e di perdono e intermediari per giustificazione e per irrilevanza, non hanno più alcun senso né scopo. (Dalla definizione, e dal contro-esame della Storia realizzata, consegue che i sistemi asseriti 'socialisti' del XX Secolo, nei quali le pratiche di colpevolizzazione e autocolpevolizzazione dei cittadini o, simmetricamente, di deresponsabilizzazione e autoderesponsabilizzazione, sono invece state – tranne in pochi e felici luoghi e momenti – usate e abusate, non socialisti erano; bensì altra cosa – la cui giustificazione o in-giustificazione dinanzi al percorso di emancipazione umana trascende gli obiettivi di questo articolo). E se il Potere (che indichiamo qui genericamente capitalista, globale ovvero locale), nello stato di cose presente, teme e combatte l'avvento possibile della società propriamente socialista per ovvi motivi d'interesse macrostrutturale (agitando anche lo spauracchio di quelle esperienze, suddette, pseudo-socialiste come sciagure di illibertà e infelicità), notevole e meno ovvio è che gran parte della gente lo tema e combatta (e rifiuti, perfino, a priori), per ciò: l'adolescenza prolungata all'infinito è la più seducente delle illusioni, tanto popolari quanto borghesi. L’adolescenza artefatta in questione è tale – artefatta – e alienante, in quanto rispetto alla corrispettiva stagione naturale della vita umana (quella lunga neotenìa che ci differenzia assai dalle altre specie animali), essa è scientemente deprivata di una caratteristica fondamentalissima: la creatività. Infatti, almeno in questa vasta parte del mondo e in questa lunga stagione della Storia, il Potere (come sopra indicato) persegue l’obiettivo di mantenermi bambino a vita incollandomi addosso solo alcuni dei destini dell’infanzia reale – possiedi! ambisci! domina! – ma immaginazione, il meno possibile. Non sia mai che con essa io riesca poi a sviluppare un dissenso efficace perché nutrito da una visione alternativa al modello imposto. Cosicché dell’adolescenza mi resta tutto il portato ansiogeno senza alcun contraltare libertario. E il sistema dorme – finora – tra quattro guanciali. Alle brutte, aggiunge sedazione – per prevenire sedizioni eventuali. In ambiente borghese – e concludo – c’è da citare la vulgata deforme della psicoanalisi che il grande pubblico, lungi dal prendere per ciò che è: un ramo dell’arte medica che si occupa di studiare e curare isterie, nevrosi e psicosi, ritaglia a proprio uso e consumo come principio generale di assoluzione individuale, di gruppo, generazionale e di classe. ‘Non mi colpevolizzerete: al limite prendetevela col mio inconscio, ma a me prendetemi come sono!’ è teorema che va infatti assai di moda (tra chi deve aver confuso Freud, Jung, Reich e Lacan per i corrispettivi maschili delle tardo-ragazze di Sex and the City). sette marzo duemilaquindici BARBA-RI
Ieri sera su RaiStoria ho visto un bellissimo documentario, prodotto dalla BBC, sulle origini della Civiltà. La parte più interessante, perché meno nota, era quella sui ritrovamenti – in territorio oggi turco – di Çatal Hüyük, forse il primo insediamento ‘cittadino’ dell’Umanità, il cui strato più remoto risale a 9500 anni fa, e di Göbekli Tepe (sempre in Turchia, al confine con la Siria) che vanta il più antico tempio mai scoperto, la cui prima pietra fu posta addirittura 11500 anni fa. La piramide di Cheope – per fare un confronto – ha ‘appena’ 4600 anni! Poi, nel documentario, scorrevano con l’avanzare dei millenni e dei secoli i nomi della Storia arcaica che tutti abbiamo imparato a conoscere (e amare) dalla scuola: Ur, Babilonia, Akkad, Mari, Sumer, Ninive, Aleppo; nomi che oggi, disastrosamente, ricorrono nelle cronache come località archeologiche di ricchezza inestimabile in ostaggio a una guerra ‘sporca’, sghemba e incomprensibile, nei territori attuali dell’Iraq e della Siria, e di ciò che dovrebbe essere (se mai lo sarà) il Kurdistan. Che grande pena! Mi è venuto in mente, tuttavia, che lo share di quella splendida trasmissione divulgativa sull’alba della Civiltà raggiungeva forse percentuali ‘da prefisso telefonico’, mentre di sicuro su un qualsiasi altro canale, ‘in chiaro’ o a pagamento, oppure in diffusione streaming, la stragrande maggioranza dei miei compatrioti stava gustandosi un qualunque prodotto confezionato da e per la Civiltà dei consumi contemporanea: una serie TV, un talent-show, un quiz a premi, un reality, un talk. Morale: la stragrande maggioranza dei miei contemporanei non ha alcuna contezza di ciò che stiamo davvero perdendo, come Umanità, a causa della distruzione di tante vestigia storiche e proto-storiche, perché la moda presente gli rende quasi invisibili gli strumenti di conoscenza (sto per dire: di consuetudine) necessari ad aver chiara la dimensione della loro importanza, bellezza, unicità. La mia gente, insomma, concretizzando definitivamente la triste profezia di Oscar Wilde, conosce forse il prezzo di ogni cosa ma di sicuro non conosce il valore di alcunché. Allora tra recidere a martellate le radici della nostra storia umana, consolidate in una statua scolpita o in una tavoletta incisa millenni fa, e reciderle per l’indifferenza conformista e la nevrotica superficialità alle quali ci condanna da una generazione (almeno) il sistema di vita occidentale, la differenza sta sì nella brutalità soggettiva e intenzionale che il primo atto mette in bella vista (a vantaggio dei media ‘da consumo’ – anche questo), ma non nell’effetto di disumanizzazione di massa che producono entrambi – a pensarci bene. La ‘barba jihad’ e la ‘barba hipster’ – sto dicendo, con consapevole azzardo – sono tra loro più vicine di quanto sembri; ma ambedue lontanissime dalla dolce barba del Che, che ci indicava la strada dell’emancipazione, della liberazione, del compimento della nostra Storia. sei marzo duemilaquindici RIARMO E DISARMO
“Meno fiori più cannoni”, titola così oggi l’inserto di un grande quotidiano. E in occhiello: “Dalla Cina al Brasile, dall’India alla Germania, dalla Russia al Giappone. Il mondo si riarma. Tra paura ed enormi business”. Ora, questa non è ovviamente la notizia di una dichiarazione di guerra tra Potenze. Però è un indizio – l’ennesimo – che il sistema globale ha allestito tra gli scenari possibili, nel corso di una crisi economica ormai quasi decennale, anche quello di una guerra costante ‘a bassa intensità’; quantomeno. Altri indizi: la virulenza dei conflitti regionali, la grande attività del ‘terrorismo’, la ‘muscolarità’ dei rapporti tra i protagonisti geopolitici. Il tutto, con grande cura che non passi giorno che il pubblico mondiale non sia messo dinanzi a uno o più di tali aspetti del presente (instabilità, paura, nazionalismo – e, di conseguenza: militarizzazione). E’ almeno dall’inizio dello scorso anno, centenario dello scoppio della Grande Guerra, che si levano voci ‘in controcanto’ da parte di intellettuali – perlopiù – i quali evidenziano che il contenimento di uno stato costante di guerra ‘a bassa intensità’ (la Storia ce lo insegna) è una scommessa rischiosa: può sfuggire al controllo del sistema, con conseguenze abissali. Ma questi intellettuali sono pochi, e poco interessanti per i media; ad eccezione di Bergoglio, al quale il ruolo di capo della Chiesa cattolica (oltre che la sua personale, indubbia, capacità) dà la possibilità di far arrivare al grande pubblico un fondamentale richiamo al mantenimento della pace. Sarebbe invece bellissimo – opinione tutta mia – che, come in svolte altrettanto cruciali della Storia contemporanea (dalla Guerra Fredda al Vietnam, dalle dittature latinoamericane al processo di decolonizzazione), ci fosse addirittura una ‘rincorsa’ tra intellettuali, movimenti di opinione, organizzazioni politiche e sindacali e mezzi di comunicazione di massa, per far diventare ‘senso comune’ il sacrosanto allarme rispetto alla piega che sta prendendo questa sorta di ‘giocare col fuoco’ da parte di chi regge le sorti dell’Umanità. Anche perché affrontare il tema consente di dire qualcosa in più, oltre l’ambito del ‘pacifismo’ strettamente inteso. Infatti, l’opzione del riarmo e la crisi economica vanno tenute insieme nell’analisi; e se ciò è abbastanza chiaro per chi legge il presente e la Storia con la lente giusta (marxista e ‘derivati’), tuttavia non possiamo mettere in conto che l’opinione pubblica lo capisca da sé. E anzi – se comprendo bene quel che succede – proprio sull’inconsapevolezza diffusa scommettono i ‘decisori apicali’ del sistema, i quali alimentano nella gente la percezione di precarietà e inquietudine lasciando che si ‘scarichi’ sempre su determinati obiettivi (le ‘milizie del terrore’, le aree ‘calde’ del pianeta, le rivendicazioni nazionaliste) e mai sulla struttura portante della realtà socioeconomica (l’estrema, crescente, disuguaglianza tra persone e tra popoli; il consumo irreversibile delle risorse vitali della Terra). Dire una cosa come “pace, senza se e senza ma” – e dirlo da parte non di un leader religioso, ma di leader politici e di movimento delle Sinistre nazionali e trans-nazionali, e di opinion-maker d’area – significherebbe, in quest’ottica, nientemeno che smascherare il Potere neo-liberista globale; significherebbe, sempre che si riuscisse ad arrivare all’attenzione pubblica, spiegare che la militarizzazione in corso (così come la bellicosità di tante dichiarazioni dei protagonisti dello ‘scacchiere mondiale’) non è una necessità storica inevitabile, ma è una strada che il sistema ha scelto per uscire dalla crisi economica, una strada pessima (dal punto di vista mio e, son quasi certo, di chi mi legge qui) e però preferita a dispetto di altre possibilità, in quanto questa prescelta non mette in discussione il sistema in sé. Costi quel che costi. Parlare apertamente di pacifismo ‘da sinistra’ consentirebbe di mostrare quali sono queste altre possibilità, in che modo si possa ridare fiato all’economia, all’occupazione, ai consumi, al tenore di vita della gente, alle aspettative nel futuro, senza per forza ‘giocare alla guerra’ (benché, per ora, a ‘bassa intensità’); permetterebbe, alla Sinistra (che sconta un’afasia ormai quasi-storica – e in Italia non ne parliamo!), di dire a voce alta che i soldi del sistema non devono andare all’industria delle armi ma alle tante industrie del ‘buon vivere’ (alimentazione, dimora, salute, istruzione, ambiente, cultura, accoglienza, informazione, servizi), di pretendere che dalla crisi si esca non comprimendo gli spazi di democrazia (altra conseguenza di un’economia ‘di guerra’ e di istituzioni ad essa orientate) ma tutto il contrario: con il rafforzamento dei diritti del lavoro e del welfare, con l’inclusione di diritti nuovi e dei nuovi portatori dei medesimi (da qualunque parte del mondo provengano). D’altronde ‘les Trente Glorieuses’ – come si chiamano in Francia –, cioè i trent’anni tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e lo ‘shock petrolifero’, durante i quali l’Europa (con tutto l’Occidente, ma soprattutto l’Europa – per tanti motivi) ha messo insieme il più rapido sviluppo economico con il più grande progresso sociale, sono stati anche un periodo di buoni affari per le élite locali e mondiali; élite – questa è le differenza tra quelle e queste da un altro trentennio sulla scena – caratterizzate forse da minore avidità cieca, ma senz’altro avvertite del fatto che, nell’elaborare e attuare le proprie strategie, dovevano fare i conti con un ‘senso comune’ schiettamente progressista, alimentato da una ricca e coraggiosa schiera intellettuale e presidiato da organizzazioni politiche e sindacali radicate e coerenti. Invece, a un certo punto (per tanti motivi), ‘disarmammo’ – noi, le Sinistre politiche e culturali. Così non c’era più il contraltare al Potere, così il capitale poteva recuperare il terreno concesso al lavoro (conquistato, da esso) nella loro secolare dialettica; così il progresso sociale veniva incasellato tra i ‘costi’, e stigmatizzato come un costo sempre più eccessivo (il ‘debito’, gli ‘sprechi’, l’’inefficienza’), quindi limitato e impoverito fino alla sua scomparsa. Alla gente rimase il sogno del mero sviluppo economico (“senza progresso” come vedeva benissimo Pasolini già ‘in diretta’); finché però, oggi – ‘oggi’ da quasi un decennio – anche questo sogno sta evaporando. E lo scenario è abbastanza da incubo. Il Potere scommette sul riarmo, rischi compresi, perché sa che adesso come adesso è molto più facile far presa sull’opinione pubblica con le leve dell’insicurezza, della diffidenza, dell’egoismo e della paura, che non su quelle della cooperazione, della fiducia, del rispetto e della comunanza. Vale a dire, figuratamente: il sistema globale è ‘brutto’ perché non potrebbe reggersi altrimenti, data la nostra individuale ‘bruttezza’ – così come essa è stata pianificata prima, dal sistema stesso, e poi realizzata su scala incalcolabile. E’ ben per questo – perché il ‘senso comune’ è oggi tal punto distorto – che perfino le parole di Papa Francesco, pur udite da tutti, riescono solo a ‘nuotare’ controcorrente per un po’; dopo di che l’’inerzia di massa’ ha purtroppo la meglio. E il peggio si avvicina ogni giorno un poco. Perché non sarà una voce soltanto, per quanto autorevole, a invertire la rotta generale. Credere questo equivale a leggere le cose con la lente sbagliata, meramente volontaristica, senza alcun riferimento alla realtà dei rapporti di forza nel conflitto di classe; realtà dei rapporti e del conflitto la quale è invece chiarissima a chi ‘comanda il gioco’, e infatti tollera il dissenso proveniente da quel singolo magistero spirituale come un ragionevole 'rischio d’impresa' (e addirittura come una bella ‘foglia di fico’, oggettiva, sulle manovre più sostanziose e impresentabili). Allora? Allora – per quanto anche questo ‘sappia’ di volontaristico azzardo (ma non lo è affatto) – le Sinistre nazionali e trans-nazionali, politiche e sindacali, intellettuali e ‘di movimento’, devono scendere in campo al più presto e con la massima determinazione; con le parole d’ordine più precise possibili, come “pace” e “riconversione” e “socializzazione”. Devono a tutti i costi organizzarsi per tentare di conquistare la scena, irrompere nelle dinamiche in corso guadagnando l’attenzione pubblica, e prefissandosi l’obiettivo di orientarne l’opinione su quelli che sono gli effettivi interessi di tutti e di ciascuno, della democrazia e della Civiltà così come le abbiamo conquistate, costruite, conosciute; per la vita stessa del pianeta Terra. Ma è un lavoro, questo, di lunga prospettiva – senz’altro. E con una quantità enorme di difficoltà intrinseche a compiersi. Tuttavia è necessario, assolutamente. E va cominciato prima possibile, esso sì con ogni ‘arma’ a disposizione. Sperando che bastino – che non sia troppo tardi. Perché intanto il riarmo degli arsenali procede spedito, e l’intensità della guerra – nei cuori, anzitutto – non fa che salire. cinque marzo duemilaquindici SEALED DOORS
Sliding Doors è un bel filmetto, visto e rivisto non smette di dare un qualche godimento. Ma a me personalmente – dopo diverse visioni – la situazione che piace davvero ancora, e forse ancora di più, è quella delle confidenze al pub di quel coglione di Gerry (il protagonista fedifrago) al suo amico Russell, un Douglas Mc Ferran in stato di grazia. Gerry racconta a Russell la propria discesa agli inferi della maldestrezza nelle storie di amore e di sesso. E lui prima lo ascolta come chi sa sin dall’inizio come sarebbe andata a finire (male), poi gli commenta la sequenza di lamentate sfighe con la serietà di una sibilla che profeta la nemesi storica inevitabile, e infine non si trattiene più: esplode in una risata fantastica sulla faccia grigia dell’amico che sa di averne combinata un’altra peggiore della peggior precedente. Ogni volta, al pub; sono solo un paio di minuti a sequenza, ma da lacrime agli occhi! Immaginate la scena. Solo che non c’è Gerry, e non c’è Russell. Al posto di Gerry c’è uno qualunque dei grandi o piccoli strateghi, vecchi o nuovi, 'strutturati' o di movimento, ideologici o ‘società civile’, uomini o donne, della sinistra radicale italiana – quella del cui soggetto politico si dice che stia lì lì per nascere, e lo si dice almeno dall’epoca dell’uscita di Sliding Doors nelle sale italiane. E al posto di Russell c’è uno qualunque di voi che sono anni che state a vedere gli strateghi all’opera e a sentire le loro mirabili teorie, e li guardate e ascoltate sapendo da sempre come andrà a finire (male) e a loro o altrui richiesta commentate pubblicamente la sequenza dei fallimenti da essi inanellati, con la serietà di un semplice cittadino (ma di sinistra davvero) al quale non è stato difficile profetare che così e colà non si andava da nessuna parte. E la battuta del Gerry di turno ora è: “Ma ti rendo conto che Salvini – dico Salvini, che sta tutte le sere in televisione, che ha portato decine di migliaia di persone a Piazza del Popolo a Roma, che sta riunendo i pezzi della destra reazionaria, post-fascista e xenofoba, che in un anno ha quasi svuotato a Grillo il serbatoio del populismo e dell’anti-europeismo, che i sondaggi danno al 15% in tendenza crescente, che mena sul naso anche all’ex-padrone dei conservatori Berlusconi, che la gente comincia a vedere non più come un ex-etilista ma l’anti-Renzi possibile – ti rendi conto che ha appena fatto una conferenza stampa strapiena di giornalisti e telecamere, proprio sotto uno striscione con su scritto ‘UN’ALTRA EUROPA E’ POSSIBILE’?!?” Al che a voi, amici Russell della metafora, adesso sì, è consentito – anzi è richiesto e preteso da una sceneggiatura implacabile e sacrosanta, sì: a Gerry, chiunque sia, sbottate a ridergli in faccia! quattro marzo duemilaquindici FORBICE
Per la classifica annuale di Forbes, i miliardari al mondo sono diventati 1826. Aumentati dell'11% rispetto all'anno scorso. E sommando i loro patrimoni (quelli noti) abbiamo, quest'anno, la cifra di 7.040 miliardi di dollari. Cresciuta del 10% rispetto all'anno prima. Ma come, con la crisi? Appunto con la crisi. Statunitensi, russi, cinesi, arabi, latinoamericani, europei, indiani, giapponesi. Dovunque c'è capitalismo i super-ricchi sono diventati di più, e più ricchi ancora. Nella crisi, appunto. Dov'è la stranezza, l'asimmetria, l'incaglio al meccanismo? Siamo noi: la società, la gente. Ci liquideranno come classe. tre marzo duemilaquindici DIETROLOGIA
Il motivo vero per cui l'Isis vorrebbe far fuori il creatore e padrone di Twitter e tutti i dipendenti non è che gli hanno chiuso gli account, agli jihadisti. Ma è che a forza di tweet Renzi è riuscito a sfracellare i coglioni perfino ai fondamentalisti, e questo a chi gli ha messo in mano il giocarello non glielo perdonano! due marzo duemilaquindici PISTA
Una delle ultime cose che ho notato prima di chiudere il mio account di Facebook, a luglio 2014, è stato un gruppo dedicato agli utilizzatori di una breve pista ciclabile che passa dietro casa mia, a Roma nord-ovest. L’ho notato perché anziché essere, come mi aspettavo (forse ingenuamente), pieno di espressioni di gioia per uno sfogo ricreativo e sportivo atteso da tanti anni dalla comunità di zona, che in effetti usa la pista come tale e credo con soddisfazione (a guardarli sul viso, che corrono o pedalano o passeggiano o portano a spasso il cane o restano seduti a leggere al sole o a godersi tanti bei punti panoramici; a guardarli mentre ci passo a mia volta, veloce in bicicletta), ebbene il gruppo era infestato di fastidio contro i ‘diversamente pigmentati e abbigliati’ (ma i post erano molto meno correct di così) che soprattutto nella parte più alta della pista ci trascorrono un po’ di tempo libero con le famiglie, di allarmismo contro quelli che (a leggere quei commenti) ci andrebbero a zonzo senza apparente motivo, forse per importunare e sicuramente per ‘bere come polacchi o rumeni’, e del razzismo più trito e vile contro i rom che stazionano qualche centinaio di metri oltre il punto in cui la pista finisce (in realtà, senza interagire in alcun modo con la stessa e con la ‘gente per bene’ che la usa). Signore belle e giovanotti aitanti erano i firmatari di quei commenti in gruppo, orgogliosi di riconoscersi gli uni con gli altri come appartenenti sempre e comunque al versante della società illuminato dal sole della ragione, e pronti a difendere dagli intrusi il ‘parco lineare’ (si chiama così) con una militanza attiva. Ora la nostra pista è malridotta, sbriciolata in più punti a nemmeno un anno dalla sua pomposa inaugurazione. Ci si pedala in slalom tra aree delimitate da transenne, e anche dove si può passare il fondo sembra vecchio già di decenni. Non sono mai più entrato in quel gruppo di Facebook, essendo uscito dal social (e ne sono uscito, per inciso, anche perché penso che provare a cambiare la testa delle persone che danno il peggio di sé sui social sia sensato come sputare contro vento: primo, perché non la cambieranno; secondo perché seppure la cambiassero stiamo sempre e solo su un social, appunto). Ma se potessi dire qualcosa a quelle signore e quei giovanotti, sarebbe più o meno quanto segue: che non conosco esattamente la composizione dei consigli di amministrazione delle società che hanno progettato e realizzato l’opera così malamente e con avidità fraudolenta, né degli organismi politici e tecnici che l’hanno commissionata, monitorata, collaudata e pagata (con i soldi di tutti i contribuenti), ma sono quasi certo che in nessuno di essi, gli uni soggetti o gli altri, ci sia neppure un solo straniero, un solo extracomunitario, un solo rom. Tutto qui. E adesso, gente per bene, tenetevi la pista così com’è. primo marzo duemilaquindici DI MEGLIO NO?
In questo momento a Roma, piazza del Popolo, c'è qualche migliaio di mostri razzisti che stanno a sentire un paio di guitti dediti all'alcool, assai presenti in televisione, che sbraitano a vanvera. Sarebbe meglio di no, d'accordo. Poi c'e qualche centinaio di altri mostri, fascisti, che dall'antro nero che li coordina si muovono verso la stessa piazza, con gli striscioni che la malavita in doppiopetto gli compra. E sarebbe meglio di no anche questo, certamente. Per fronteggiare entrambe le brutture, qualche centinaio di compagne e compagni di Roma pensano bene di giocare a guardie e ladri con le guardie (e chi sennò?), sperando così di impedire sia il raduno dei mostri razzisti sia il corteo dei mostri fascisti. Tutto ciò che otterranno, invece, è che stasera nei telegiornali e sul web, e domani sulla stampa, la mostritudine reale di quelli e quegli altri sarà sorpassata dalla mostritudine inflitta a compagne e compagni, 'relitti' – si dirà – 'di un passato nostalgico di ideologie morte e sepolte'. Protagonismo di brevissima durata, peraltro. Perché gli italiani a decine di milioni, ignari del tutto degli accadimenti romani, continueranno a considerare molto smart la faccia di Renzi; e quei pochi milioni che avranno saputo dei fatti di oggi, metteranno insieme nella stessa categoria 'freaks' i razzisti, i fascisti e i compagni. Non è questa la strada di casa. Sarebbe meglio di no, infatti. ventotto febbraio duemilaquindici LA NOSTRA STORIA
Per 'cooperazione colposa in omicidio colposo' nel caso dell'omicidio di Marco Biagi, da ieri sono indagati Enzo Scajola e Gianni De Gennaro. All'epoca – 2002 – Ministro degli Interni e Capo della Polizia, rispettivamente. Finalmente, dico io. E intanto rifletto su quanto segue. Passo indietro. Massimo D'Antona è ucciso a Roma, nel maggio del 1999. Era un giurista esperto nel campo delle regole sulla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, allora una novità, e nelle proposte di revisione della legge sullo sciopero in senso restrittivo. Rivendicano l'omicidio le 'Nuove Brigate Rosse', per punire D'Antona – dicono in sintesi – per il suo contributo accademico e politico allo smantellamento di alcuni diritti acquisiti dai lavoratori nel corso di una lotta decennale contro il capitale. Ben lungi dal poter annullare retroattivamente la produzione di D'Antona già operante, l'effetto concreto di quell'assassinio è al contrario il suo incalcolabile potenziamento presente e futuro, grazie al fatto – prevedibilissimo, peraltro – che il martirio dell'intellettuale diffonde nell'opinione pubblica tesi altrimenti confinate in ambito tecnico-giuridico, e permette al capitale e alle forze politiche trasversali che lo sostengono, Centrodestra e Centrosinistra, di applicarle col favore popolare. (Quella sui morti, in Italia, è sempre una scommessa vinta.) Altro passo indietro. Ezio Tarantelli è ucciso a Roma, nel maggio del 1985. Era un economista esperto nel campo della concertazione sindacale contrapposta al conflitto, allora una novità, e nelle proposte per la predeterminazione degli aumenti salariali in base al tasso programmato di inflazione, cioè sganciati dall'inflazione reale come invece era all'epoca e da anni col meccanismo della cosiddetta 'scala mobile'. Rivendicano l'omicidio le 'Brigate Rosse', per punire Tarantelli – stessa storia – per il suo contributo teorico e sindacale alla perdita di forza contrattuale e potere d'acquisto dei lavoratori. Di nuovo, ben lungi dal poter annullare i contributi suddetti – dal 1984 era già operante l'accordo tra il governo Craxi e i sindacati Cisl, Uil e la componente socialista della Cgil per il taglio della scala mobile, appunto –, l'effetto concreto di quell'assassinio è che il referendum abrogativo di quell'accordo, voluto dal PCI di Natta e previsto per una data di sole due settimane successiva all'uccisione, vede vincere i No col 54% per la massima soddisfazione del Pentapartito (DC, PSI, PRI, PSDI, PLI) e degli interessi economici che esso tutela. (Questi 'brigatisti rossi' sembrano inguaribilmente stupidi, vero?) Passo avanti, doppio. Marco Biagi è ucciso a Bologna, nel marzo del 2002. Era un lavorista esperto nel campo dei rapporti giuridici e contrattuali tra dipendenti e datore, soprattutto nei casi di licenziamento e richiesta di reintegro da parte del magistrato – come previsto dall'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, già all'epoca nell'occhio del ciclone – la quale richiesta, per Biagi, non solo ostacolerebbe la flessibilità del mercato del lavoro ma sarebbe anche contraddetta dall'ordinamento giuridico generale. Rivendicano l'omicidio le 'Nuove Brigate Rosse', per punire Biagi – è un disco rotto – per il suo contributo eccetera. Per la terza volta, l'effetto concreto dell'assassinio è l'esatto contrario delle intenzioni autisticamente dichiarate dai suoi asseriti esecutori. Infatti, nemmeno un anno dopo quella morte – con una rapidità parlamentare inusitata e, soprattutto, con un'opinione pubblica insperabilmente allineata su tesi oggettivamente anti-popolari –, Berlusconi tiene a battesimo la Legge 30 “Delega al governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”, detta 'Legge Biagi', il cui cuore consiste nell'argomento secondo cui nel Codice Civile italiano il potere organizzativo e direttivo dell'azienda spetta esclusivamente al datore di lavoro, e non può quindi essere sindacato o sottoposto a giudizio di merito dalla magistratura del lavoro. E ti saluto Statuto dei Lavoratori. E così arriviamo dritti dritti al Jobs Act recentissimo di Renzi, dagli indici di gradimento sempre molto alti. Torno all'oggi. Oggi Scajola dice alla stampa “si vergogni chi vuole speculare sui morti”. Ed è talmente evidente, alla luce della storia che mi sono permesso di riassumere, chi davvero abbia speculato sui morti e con che prevedibile successo nelle proprie strategie di ristrutturazione capitalista e anti-sociale del nostro Paese, che mi risparmio di esplicitarne considerazioni ulteriori: ci siete già arrivati da soli. L'Italia è stata per decenni una nazione 'a sovranità limitata' – si è detto – perché nella logica bipolare della Guerra Fredda le nostre scelte politiche venivano quantomeno orientate dalla nostra stretta appartenenza al campo occidentale, alla NATO, alla sfera di interessi degli Stati Uniti. Ma questa verità osserva la Storia con una lente un po' ingenua. Perché i veri protagonisti del 'gioco grande' non sono tanto le nazioni – nemmeno le superpotenze come l'America o la Russia – e neanche i loro eserciti per quanto formidabili, bensì le incalcolabili forze transnazionali dei poteri economici e finanziari. E vista con quest'altra lente, la Storia ci dice che la Guerra Fredda fu un fenomeno di superficie ma che in profondo si svolge da sempre una guerra calda – a tratti caldissima – tra capitale e lavoro: la cosiddetta 'guerra di classe', che si è fatta addirittura rovente dall'inizio della Grande Crisi (dal 2007, e che non accenna a finire). E' in quest'ottica, allora, che tanto più vale il concetto di 'sovranità limitata' per la Repubblica Italiana (e per tante altre, in Europa e ovunque). Lo smantellamento delle conquiste socioeconomiche di buona parte del XX Secolo sta per essere completato, e i cittadini – cui la sovranità intera apparterrebbe – non si raccapezzano sul da farsi per impedirlo; perché la nostra storia è stata via via determinata e condotta da straordinari interessi fuori scena (o-sceni) che hanno usato simboli e persone dinanzi all'opinione pubblica per ottenere questo specifico risultato. I tre intellettuali uccisi non sono stati uccisi da componenti delle forze storiche del lavoro (come il brand 'Brigate Rosse' pretende di far credere, purtroppo ottenendolo) più di quanto Aldo Moro e la sua scorta siano stati massacrati senza l'intervento diretto di professionisti militari, o più di quanto le stragi di Capaci e di Via D'Amelio siano state concepite e realizzate senza l'accordo tra Cosa Nostra e apparati deviati dello Stato stesso. Questa è la nostra Storia. Per 'cooperazione colposa in omicidio colposo' nel caso dell'omicidio di Marco Biagi, da ieri sono indagati Enzo Scajola e Gianni De Gennaro. Io dico finalmente. Anche se è un passo piccolissimo – un flebile raggio di luce veritiera in una notte talmente vasta e buia dell'inganno. Ma la democrazia, almeno finché non ci saranno le condizioni per una palingenesi totale della società, può avanzare soltanto così. A piccoli passi, con coraggio. Come una bambina risoluta tra gli orchi. ventisette febbraio duemilaquindici AFFINITA' E DIVERGENZE
- ...Ma il greco l'è proprio un bischero! Ha fermato il campionato di calcio! Roba che qui, tranne Monti pover'omo, 'un s'è manco mai messo tra parentesi! Né per Paparelli, per Raciti, per Sandri, per Esposito, né per gli scandali infiniti, per le violenze inarrestabili, per la corruzione dilagante, per il doping che ammazza la gente dopo vent'anni, per il razzismo dei cori o per il fascismo degli striscioni! Fermare i' calcio, ma è matto?!? Qui noi s'è messo Tavecchio a presidente, Lotito a vice, Conte sulla panchina azzurra e Buffon come uomo immagine! Qui la polizia discute co' Genny 'a Carogna e poi decide il da farsi! E 'l popolo batte le mani, e noi si fa quello che ci pare!!! Invece il greco, grullo, ferma il campionato per un po' di botte sul campo e nelle curve?!? Non dura mica, quello, 'un po' durare! ...Però mi mette un po' d'ansia, mi mette... Per un certo paragone, di'o! - Ma capo, ma quello è uno statista! C'importa 'na sega a noi, noi qui si fa un altro mestiere!!! ventisei febbraio duemilaquindici IL SENSO DELLA COSA
Non c'era riuscito neppure Berlusconi, e nemmeno Craxi prima di lui. C'è riuscito Renzi: da oggi i magistrati italiani hanno la tagliola sotto i piedi e la museruola in faccia. E alla gente, progressista o conservatrice, persone giuste o insomma, starà bene così perché la 'colpa antropologica dei giudici' è diventata ormai senso comune. Come si è potuto tanto? Partendo da lontano, da quando venti anni fa e più venivano mandati in televisione, quasi ogni giorno e ogni sera, gli Sgarbi e i Ferrara a strillare che i magistrati sono assassini. E non c'è calunnia che non lasci un dubbio potentissimo nella testa del pubblico per il quale è confezionata, non c'è menzogna che ripetuta a sufficienza non si trasformi in verità nel senso diffuso (come sa bene ogni dittatura storica). Altro esempio? Prima ancora dei magistrati il bersaglio furono i politici di mestiere: a partire dalla generazione scorsa le orecchie degli italiani furono inondate di parole di fuoco contro partiti e Parlamento, contro le istituzioni democratiche e contro il concetto stesso di ideologia; col risultato che vediamo: la funzione di autogoverno della comunità, la politica, è stata squalificata agli occhi della gente, e grazie a questo capro espiatorio i veri detentori del potere stanno sempre ai propri posti (al netto di qualche ricambio di necessità biografiche, biologiche o di pura opportunità). Così adesso, senza 'i lacci e i lacciuoli' che soltanto un sistema di applicazione del diritto davvero libero e funzionante e un clima di fiducia del popolo nella partecipazione democratica alle istituzioni possono consentire, adesso sì che la grande riforma del Paese sognata decenni fa dalle élite contro il popolo che cominciava a pretender troppo, può dirsi attuata. Tra gli applausi della gente medesima, questo è il bello, che oggi è tutta contenta perché il nuovo Capo dello Stato prende il tram anziché muoversi col corteo di auto presidenziali. Potevamo far diversamente, noialtri che da sempre ci opponiamo a questa deriva antisociale (e decerebrante)? Forse se vent'anni fa avessimo continuato a dire agli italiani (così come è scritto nei nostri testi e nel nostro stesso 'DNA ideologico') che assassini e ladri di dignità e umanità sono i capitani d'industria e i maghi della finanza, anziché nasconderci letteralmente come comunisti e provare a mimetizzarci come 'radical-chic all'acqua di rose', forse un po' di senso comune in favore della verità e della libertà adesso ce l'avremmo a disposizione. E ci tornerebbe tanto utile, in questa guerra di classe senza quartiere. venticinque febbraio duemilaquindici LA LISTA DI TSIPRAS
Alla fine se n’è venuti a capo. La ‘lista’ richiesta al governo greco dalle istituzioni politiche, economiche e finanziarie europee, perché si possa procedere alla prosecuzione per quattro mesi almeno dell’erogazione di liquidità al sistema economico ellenico, è stata redatta e presentata. E pare stia riuscendo nell’impresa di convincere tutti gli aventi interesse che Tsipras, Varoufakis e il loro governo sapranno portare la Grecia, ma soprattutto il suo popolo, al di là della feroce strettoia fra gli adempimenti comunitari e la sopravvivenza di una nazione. In estrema sintesi, la lista dice che gli oltre sette miliardi di euro richiesti per l’intera operazione saranno reperiti con una lotta senza quartiere alla corruzione e all’evasione e all’elusione fiscali, con una riforma che “assicuri che tutte le aree della società, specialmente le benestanti, contribuiscano equamente” alle necessità pubbliche (vale a dire: una patrimoniale), e con la conferma “delle privatizzazioni già completate” e il rispetto “in base alla legge, di quelle per cui è stato già lanciato il bando” (ma senza ulteriori privatizzazioni o ‘svendite’); inoltre, il governo a guida Syriza ribadisce l’imminente adozione di misure per affrontare la crisi umanitaria (provocata dalla complicità dei governi precedenti con i diktat della Troika): buoni pasto, energia e sanità per i poveri, e un’estensione razionale dello schema-pilota di salario minimo. Come si vede, non c’è nessun ‘tradimento’ da parte di Tsipras della sostanza del programma elettorale sul quale il popolo greco ha tributato a lui e al suo partito il gran successo recente. Semmai c’è la dimostrazione (ulteriore) che la ‘bella politica’ non è un’utopia, che incidere sullo stato di cose presente è possibile, e che l’alternativa tra dentro l’eurozona e l’Europa (ma schiavi) e fuori da entrambe è un’alternativa ‘farlocca’, strumentalmente agitata da chi non ha niente da proporre (cioè da chi, in realtà, cura di nascosto quello stesso interesse a mantenere tutto così com’è, che pubblicamente finge di contrastare). Fa impressione la superficialità con cui i nostri media si sono sbrigati a bollare la strategia di Tsipras come una ‘svolta moderata’ e ad amplificare la dialettica interna al suo partito e alla sua maggioranza come la ‘prima fronda, e la prima crepa di quella vittoria’. Fa impressione, ma non stupisce; giacché il teatrino nostrano ha giocato tutto sull’impossibilità di riformare l’Europa dall’interno a suon di politiche neo-keynesiane, sulla scorta di un forte sostegno democratico (beninteso!), e le parti in commedia finora andate per la maggiore (dai “ce lo chiede l’Europa” di Monti prima, poi Letta e ora Renzi, al “torniamo alla lira” di Grillo, al “fuori da tutto” della Lega) adesso c’è il rischio che l’opinione pubblica veda di che pasta son fatte davvero, semplicemente facendo la comparazione tra qui e là. Ognuno fa il proprio mestiere: il governo italiano cura gli interessi ‘forti’, l’opposizione finta lo stesso, e il sistema egemone dell’informazione dosa le apparizioni dell’uno e dell’altra così che i cittadini non ci capiscano nulla. Ma l’opposizione vera, che mestiere sta facendo? Davvero sta mettendo a punto un programma con cui dire ai cittadini, così come ha fatto Syriza per anni, qual è la società che deve sostituirsi alla presente e in quale modo ci si può riuscire? Davvero sta raccogliendo le forze migliori, e più cospicue, tra i cittadini, i lavoratori, i precari, gli intellettuali, per dare battaglia democratica senza quartiere, come ha fatto Syriza, al neoliberismo? Mi pare di no, purtroppo. Quanto al programma, mi sembra che tutto lo sforzo di elaborazione sia rivolto ‘allo specchio’: la sinistra di opposizione – parlamentare ed extraparlamentare, ‘movimenti’ compresi – fa un gran parlare di che forma dovrebbe darsi (ora va di moda Podemos), ma pochissimo della forma concreta del vivere sociale; e giustamente la gente, all’ennesima teorizzazione politologica, sbadiglia. E quanto a raccogliere forze e masse, le masse non ci sono per il motivo appena detto, e le possibili forze alleate quella sinistra le sta cercando (ancora, con una coazione a ripetere da manuale di psichiatria – o di sabotaggio) presso l’area politica e culturale di riferimento nientemeno che del partito di governo e del maggiore sindacato: come a dire, mettere da sé la testa sul ceppo del boia. La comparazione tra qui e là sappiamo farla anche noi, cari nostri strateghi dell’alternativa sempre annunciata e mai neppur assaporata. Sosteniamo Tsipras e Syriza, e la Grecia e il suo popolo. Non necessariamente mettendo una bandierina in una piazza di città, ma capendo e imparando. E agendo. “Studiate, organizzatevi, agitatevi…” Stiamo sempre lì. ventiquattro febbraio duemilaquindici OUTING
E’ bastato che un titolo di giornale ieri mattina lasciasse intendere che Landini sta lì lì per fare il grande passo, cioè mettersi personalmente a disposizione per radunare l’opposizione sociale e politica al governo di Renzi (e Marchionne), ed è scoppiato il finimondo! Camusso l’ha poco meno che scomunicato (ma la CGIL non aveva tagliato finalmente il cordone ombelicale dal PD?), Civati si è sfilato subito subito (lui vuole “una sinistra che unisca, non che divida”: praticamente una corda legata alle caviglie dei lavoratori con un’incudine attaccata fino al fondo nero del neoliberismo), e anche SEL è stata percorsa da un tale brivido di terrore (Landini apertamente in campo, Vendola lo sa, non permetterebbe più a nessuno il giochino del colpo al cerchio e quello alla botte) che non si rintraccia una dichiarazione sellina da nessuna parte – come peraltro hanno taciuto paralizzati i Rodotà, le Spinelli e tutti gli invitati alla mensa della sinistra radicale eternamente in costruzione (ed eternamente inconclusa, manco fosse la Salerno – Reggio Calabria). Tanto che a sera, giustamente, Landini ha detto chiaro e tondo che Travaglio aveva capito male, che lui resta a fare opposizione a Renzi e Marchionne dal teatro di guerra della FIOM, e che unire antagonismi sociali e politici contro il neoliberismo diabolico del jobs act e derivati (prima che lo facciano l’estrema destra e i populismi vari) è senz’altro una necessità ma non è necessariamente il suo proprio mestiere. E ti credo, visto il ‘fuoco amico’ che si era già messo all’opera! Però a noi compagni di buona volontà e retto pensiero, una mezza giornata di speranza ce l’hai regalata, Maurizio caro davvero, con quel tuo outing sperimentale. Grazie! Con questi chiari di luna mica è poco. Oggi è un altro lunedì d’Europa ai tempi del colera del capitalismo. ventitre febbraio duemilaquindici FURTO E PROPRIETA'
Leggo dal Censis che in Italia i furti nelle case sono aumentati del 127% negli ultimi dieci anni, e che nell'ultimo anno ce ne sono stati 689 al giorno di media, cioè 29 all'ora, cioè uno ogni due minuti! Questo sarà ovviamente l'argomento principe di chi vuole mettere una pistola in mano al cittadino qualunque, che avrebbe il diritto di difendere se stesso, la propria famiglia e soprattutto la proprietà, all'americana diciamo. E sarà anche l'argomento di chi vuole aumentare ancora le politiche securitarie, pretendendo che Stato e Regioni e Comuni finanzino anzitutto la forze dell'ordine, oppure sostengano le spese private per la vigilanza professionale, mentre tutti gli altri servizi, dalla sanità alla scuola, possono aspettare. E sarà l'argomento di chi dice che le carceri li trattano fin troppo bene, questi delinquenti, e in generale che il sistema giudiziario è pieno di buchi se i ladri entrano ed escono di galera grazie ai mille sofismi dei loro avvocati nelle pieghe della legge. E infine sarà l'argomento di chi vuole chiudere tutte le frontiere, e respingere i barconi o peggio affondarli, visto che non può essere un caso se i furti tanto più crescono quanto più cresce il numero di stranieri in Italia, e mettiamo nel conto pure rumeni, albanesi e zingari, oltre tutti quei negri e musulmani che vengono dal mare. Io invece, ovviamente, ci leggo tutta un'altra storia. Che negli ultimi anni la crisi economica ha fatto esplodere il numero di quelli che hanno tanto poco da perdere che diventare ladri, per loro, è un'opzione da prendere in seria considerazione. Che è un decennio almeno che, sempre a causa della crisi oggettiva e della soggettiva volontà dell'élite (economica e politica) di non risolverla strutturalmente, a fronte dell'impoverimento della maggioranza della gente c'è stato un arricchimento della minoranza privilegiata, e che questo i ladri lo sanno e vanno quindi a prendere il bottino dov'è nascosto. Che la legge e il sistema giudiziario e quello carcerario e le forze dell'ordine, se c'è una loro controparte che può dire che siano in effetti poco efficaci, essa è la criminalità organizzata, visto che i vertici della medesima intrattengono col potere ufficiale (politico, economico) rapporti strettissimi, e quindi può ben organizzare la bassa manovalanza in cui rientrano gli impoveriti di cui sopra e disperati di cui sopra ancora. E che negli ultimi decenni l'involuzione antropologica indotta per via di modelli dis-culturali coi mezzi della comunicazione di massa e della mimesi sociale quasi-spontanea, ha fatto dell'agiatezza materiale l'unico motivo per stare al mondo, da raggiungersi cioè con le buone oppure con le cattive. Se c'è un furto in casa ogni due minuti, e il telegiornale una sola volta a settimana ci commuove con la storia dell'anziana rapinata, e magari malmenata fin quasi a morirne, per i pochi euro della pensione, magari da qualche ragazzaccio dall'accento esotico, ebbene direi che la mia sommaria analisi è valida 5.000 volte più degli argomenti diffusi che ho riportato nel secondo capoverso. Ma rifletteteci voi con calma. ventidue febbraio duemilaquindici UN ALTRO PASSO
Il jobs act passa alla Camera: via libera ai licenziamenti collettivi e stop al calmiere sulle bollette di luce e gas. E ci voleva il nuovismo di Renzi? E' bastato copiare dalla Thatcher di trentacinque anni fa e da Pinochet di oltre quaranta! Ma la cosa peggiore è che qui e ora, gli antagonisti presunti di questo massacro sarebbero Salvini, Grillo e un sindacato tutto contento di fotografarsi in corteo con la cosiddetta sinistra PD. E si vede, compagni, che oggi come oggi di meglio non sappiamo esprimere. Oppure sì? Viceversa, Tsipras e Varoufakis ottengono dalla matrigna Europa un'estensione di liquidità per altri quattro mesi! Sì, vero: lunedì dovranno presentare una lista di riforme che piaccia a Draghi, Schaeuble, Lagarde, Merkel e compari. Ma se conosco un po' i fratelli greci (inventori del sofisma nell'agorà e poi resi bizantini da secoli di via vai di popoli), essi non avranno difficoltà soverchie a intortargliela, diciamo, e tenersi così un po' d'ossigeno mentre costruiscono un modello sociale finalmente a misura d'uomo! Vedete? Sono anni che qui ci viene spacciato il mantra "ce lo chiede l'Europa", dietro al quale è passata la distruzione del welfare e lo strazio dei diritti. E dalla Grecia, che conta per popolazione e PIL solo una frazione dell'Italia, ci arriva ora la lezione che se invece sei tu a chiedere alla Troika qualcosa, e precisamente a chiedergli "senti, mi fai esistere come dico io?" con sufficiente determinazione politica e seguito democratico, perfino i gendarmi del neoliberismo devono starti a sentire. Perché ne va della tenuta stessa del sistema. Il capo, al lavoro, dice "facciamo benchmarking"; l'altro mio capo, più prosaicamente, "copiamo". Scegliete pure la sfumatura che volete, ma il succo è quello: Syriza sta là, e ci sta da anni, e a noi compagni basta prendere esempio seriamente. O devo dire ormai, sarebbe bastato? ventuno febbraio duemilaquindici LIRE (O DRACME) FISCALI
Il pezzo che segue illustra la geniale proposta di un economista italiano, Marco Cattaneo, per la piena occupazione tramite la creazione di una moneta nazionale senza la necessità di abbandonare l’euro né, tanto meno, l’Unione Europea. La proposta ha il pregio – ulteriore – di esser stata formulata da Cattaneo insieme a Giovanni Zibordi, forse il più bravo analista finanziario che abbiamo: un economista sopraffino con una cultura generale impressionante che spazia dalla storia alla sociologia, che legge moltissime fonti internazionali, segue i mercati quotidianamente, elabora informazioni, fornisce previsioni e sintetizza gli avvenimenti come nessun altro almeno in Italia. E Marco Cattaneo – lui, in persona – ha altresì due pregi importanti: non va in televisione, cioè non vi viene esposto come voce della scienza (distillata in cinque minuti) al pari invece degli economisti organici da talk-show e approfondimenti vari (che perlopiù ritroviamo poi premiati con qualche incarico a capo di enti, o addirittura con l’inserimento nelle liste bloccate per Camera e Senato), ed è aspramente avversato dal teorico di grido Alberto Bagnai, economista in quota 5Stelle (anzi: unico intellettuale racimolato da Grillo&Casaleggio, un po’ come all’epoca – ricordate – capitò a Marcello Veneziani per la Destra e prima ancora a Gianfranco Miglio per la Lega, invitati ubiqui e sempiterni per un decennio e passa in nome e per conto delle rispettive aree politiche). La proposta richiede un breve preambolo, per dimostrare l’inconsistenza delle misure fin qui attuate dai decisori apicali (tra quelli visibili) dell’economia e della finanza continentale e non solo; perfino delle misure non convenzionali estreme. Lascio quindi la parola ad Andrea Baranes, un altro di quelli bravi (che sono pochi) il quale in particolare è portavoce della Campagna 005 per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e collaboratore storico del collettivo Sbilanciamoci!. “A partire dal mercato del petrolio, il cui valore è in continua discesa, i rischi di una nuova bolla finanziaria appaiono sempre più concreti. La scintilla potrebbe essere un prezzo al barile che non corrisponde ai corsi azionari delle imprese del settore. Ma è un problema ben più ampio, di un sistema finanziario che nel suo insieme si è sempre più distaccato dai fondamentali dell’economia. Una bolla gonfiata dalle migliaia di miliardi pompati da governi e banche centrali in questi anni, in una folle corsa a inondare di soldi facili il sistema finanziario mentre Stati e cittadini, in particolare in Europa, continuano a essere strangolati dall’austerità. Una paradossale visione secondo la quale la finanza pubblica è il problema e quella privata è la soluzione, ribaltando cause e conseguenze della crisi. Ultimo in ordine di tempo: il Quantitative Easing, promosso nei giorni scorsi dalla BCE, con gli obiettivi di acquistare titoli di Stato, rilanciare l’erogazione del credito per famiglie e imprese, favorire l’export delle imprese europee. Di fatto, il risultato principale potrebbe però essere quello di drogare i mercati finanziari, e i corsi azionari in particolare, pompando una quantità enorme di denaro per tentare di puntellare un sistema tanto instabile quanto inefficiente. Al culmine del paradosso, oggi tutti gli occhi sono puntati sulla Grecia, cenerentola dell’UE che cerca di rimettere in discussione questa visione fallimentare, il ruolo dei debiti pubblici e di quelli privati, le responsabilità dei governi e quelle del casinò finanziario. Tutti a guardare la pagliuzza greca, mentre per l’ennesima volta, dai mercati finanziari privati e non certo dalla finanza pubblica, rischia di arrivare una trave di dimensioni colossali.” Questo lo stato dell’arte, questa la dimensione inaudita dei rischi che corre l’intero sistema. Tanto inaudita che per risolvere strutturalmente i problemi del capitalismo del Ventunesimo Secolo sembrano percorribili solo due ipotesi: uscirne del tutto, dal capitalismo, sperimentando una qualche forma di sistema socialista in campo economico e quindi anche politico, oppure con la rinuncia alla democrazia e alla pace, i cui costi il capitalismo del Ventesimo ha sostenuto ma che quello attuale pare non possa più permettersi (per sopravvivere come sistema). L'idea di Cattaneo e Zibordi si pone ovviamente al di qua di un tale bivio epocale, non presumendo di essere una soluzionestrutturale al pari delle due accennate. Tuttavia è geniale nella sua semplicità ed è efficace – almeno teoricamente – per affrontare il problema sistemico entro i confini dell’economia di mercato e altresì entro quelli del mantenimento attuale di euro come moneta comune e di Unione Europea come cornice politica e storica di questa nostra regione di mondo. Il primo presupposto, definitorio, da cui gli autori partono è che nel mondo contemporaneo le valute – tutte, euro compreso – fondamentalmente non sono altro che crediti fiscali. Il secondo, invece strategico, è che in una nazione moderna lo Stato deve distribuire ai cittadini una quantità di moneta che corrisponda ai fabbisogni per il pagamento delle imposte e per la formazione di risparmio nella quantità opportuna. Quindi l’idea è l’introduzione, in Italia (per esempio), di una seconda moneta utilizzabile intanto per pagare imposte nei confronti dello Stato. Ossia: l’euro continuerebbe a essere accettato per pagamenti d’imposte dovute a qualsiasi altro Stato membro dell’Eurozona, oltre che per ogni altra transazione, e la nuova moneta sarebbe accettata esclusivamente nei confronti della Repubblica Italiana (per esempio), almeno all’inizio. Ciò consentirebbe al Paese di ampliare la differenza tra spesa pubblica e incassi fiscali sino a raggiungere un livello tale da permettere all’economia di accumulare moneta (euro più moneta nazionale), soddisfacendo i requisiti necessari alla formazione del risparmio privato al di là della mera soglia di sopravvivenza (reale o percepita, fa lo stesso) senza il quale non c’è consumo né ripresa né occupazione – e alla lunga nemmeno più democrazia. Come si procederebbe? Per sommi capi. I Certificati di Credito Fiscale (CCF – o Lire Fiscali, o Dracme Fiscali o Pesetas o Franchi o Scudi o Fiorini o Corone o Dinari Fiscali…) vengono assegnati gratuitamente a cittadini e aziende, e utilizzati dallo Stato per finanziare provvedimenti di spesa.Le assegnazioni annue sono in quantità adeguata a portare l’economia nazionale alla piena occupazione (stima attuale per l’Italia: 200 miliardi annui). Una quota è assegnata alle aziende in funzione dei costi di lavoro sostenuti, per riportare la loro competitività al livello dei paesi più efficienti dell’Eurozona (principalmente la Germania – stima attuale per l’Italia: 80 miliardi annui) ed evitare il formarsi di sbilanci commerciali. I CCF saranno negoziabili tra gli assegnatari e il sistema bancario (gli assegnatari potranno cioè convertirli in euro) e anche utilizzati in transazioni tra privati. Sicuramente tramite supporti elettronici / informatici, ma eventualmente potranno anche essere emessi titoli bancari cartacei al portatore rappresentativi di Lire Fiscali (o Dracme o Pesetas…). Con effetto immediato, lo Stato cesserà di emettere titoli di debito pubblico in euro. Le emissioni saranno esclusivamente in Lire Fiscali: daranno quindi diritto al rimborso di capitale e interessi in moneta utilizzabile per pagare obbligazioni finanziarie verso lo Stato medesimo. Nessun rapporto di debito/credito, nessun contratto, nessun rapporto di lavoro, nessun impegno per pagamento di pensioni già in essere verrà convertito automaticamente da euro a Lire Fiscali, tuttavia è prevedibile che i nuovi contratti di lavoro, finanziamento, compravendita eccetera, vengano sempre più spesso stipulati in Lire Fiscali e non in euro. Interessante è che quanto sopra descritto possa essere messo in atto senza trattative o richieste di autorizzazioni a livello centrale europeo, in quanto non viola nessun trattato; mentre è vero che gli effetti di tali misure sono d’altra parte essenziali per il ripristino delle adeguate condizioni di occupazione e sviluppo, previste proprio dai trattati comunitari sottoscritti e vigenti (deficit, rapporto PIL/debito, tasso di disoccupazione e altri fondamentali dell’economia reale). Ancor più concretamente, come funzionerebbe il meccanismo di queste Lire Fiscali? Molto semplicemente, il dipendente riceve un’integrazione di reddito sotto forma di Certificati. La misura proposta è il 10%. Se il tuo netto mensile è 2.000 euro, continui a percepire 2.000 euro e, in aggiunta, un Certificato dell’importo di 200 euro (ogni mese) che emette lo Stato. Il datore di lavoro riceve a sua volta un contributo, sotto forma di CCF, pari al 10% del suo costo totale. Per dare 2.000 euro netti a un dipendente, l’azienda sostiene un costo totale di circa il doppio, 4.000 euro (netto + tasse + contributi sociali ecc.): l’azienda continua a versare 4.000 euro al mese, parte al dipendente, parte al fisco, parte all’INPS. Gli viene però nello stesso tempo assegnato un Certificato di 400 euro di importo da parte dello Stato. I CCF, cioè le Lire Fiscali, assumono valore per chi li percepisce perché sono un equivalente della moneta statale, perché lo Stato si impegna ad accettarli (a partire da due anni dopo la loro emissione) per qualsiasi tipo di pagamento dovutogli: tasse, imposte, ticket sanitari, multe ecc. Ma se ho bisogno di monetizzarli in anticipo, prima dei due anni previsti? Il progetto richiede che ogni anno siano emessi circa 150 miliardi di CCF, che verranno poi utilizzati due anni dopo l’emissione; ci saranno quindi costantemente in circolazione circa 300 miliardi di CCF: quelli emessi nell’anno in corso e quelli dell’anno precedente, che hanno un valore di utilizzo finale certo in quanto lo Stato li accetterà illimitatamente. E per questo potranno essere monetizzati anche in anticipo perché si verrà a creare un loro mercato, esattamente come per i titoli di Stato: vado in banca e li vendo con un piccolo sconto calcolato con tassi analoghi a quelli di un BOT a due anni. Il compratore sarà un soggetto che li utilizza, alla data finale, per soddisfare oneri che avrà nei confronti dello Stato. Ma allora perché è previsto un utilizzo differito, dopo due anni? Perché se l’utilizzo fosse immediato, sarebbe come attuare subito una forte riduzione delle imposte e questo graverebbe sul deficit pubblico. Con il differimento, invece, lo sgravio fiscale produce, a parità di condizioni, un aumento del deficit solo dopo due anni: ma a quel punto, proprio grazie alla maggiore disponibilità economica, si è prodotta una forte ripresa e quindi maggiori entrate fiscali, che compensano l’utilizzo dei CCF. In sostanza, secondo Cattaneo e Zibordi si produrrebbe così (e solo così) una forte ripresa dell’economia perché circolerebbe molto più potere d’acquisto, da un lato, e i costi delle aziende si abbasserebbero fortemente, dall’altro. Quindi più domanda interna, più competitività nelle esportazioni, possibilità di proporre beni e servizi a condizioni migliori ai clienti sia interni che esteri. Soprattutto, i Certificati emessi non sono un incremento del debito pubblico perché non esiste un impegno di rimborso: lo Stato non darebbe, alla scadenza, un solo euro a rimborso dei CCF, ma li accetterebbe a pagamento delle sue spettanze esattamente come avviene per la moneta ordinaria. L’idea punta al fatto che così (e soltanto così) in due anni il reddito nominale dell’Italia cresca di almeno 300 miliardi circa, per cui, anche se lo Stato perde 150 miliardi di tasse, a regime li si compensa con l’incremento di reddito (di cui quasi metà finisce in tasse). Semplificando: dopo due anni lo Stato si ritrova 150 miliardi in meno di incassi (tasse), ma gli autori calcolano che l’iniezione-shock di 150 miliardi l’anno nell’economia produca un reddito nominale addizionale addirittura di 400 miliardi (in ogni caso più del doppio dei 150 miliardi annui persi di tasse). Insomma, il ricorso ai CCF non è da considerare un semplice palliativo ma una vera e propria alternativa all'uscita dall'euro (e ad un’economia di guerra). Infatti, grazie al fatto che una parte significativa delle emissioni di CCF riduce il costo del lavoro effettivo per le aziende nazionali, è possibile riportarne la competitività ai livelli della Germania. Più in generale, l’emissione di CCF può essere effettuata da tutti i Paesi appartenenti all’Eurozona la cui competitività è oggi peggiore rispetto a quella dell’ex area-marco. In questo modo, otteniamo effetti di riequilibrio analoghi a quelli che, in un regime di cambi flessibili, sono conseguiti mediante un riallineamento valutario: ossia, si dà alle economie in situazione di domanda depressa la possibilità di espanderla, e quindi di produrre una forte ripresa dell’attività economica mediante emissione di uno strumento di natura monetaria, e si consente di eliminare le differenze di competitività dei vari Paesi appartenenti all’Eurozona, senza passare tramite manovre di deflazione salariale e compressione dei redditi. E’ vero che, successivamente all'introduzione dei CCF, saranno necessarie azioni di fine tuning per tener conto dell’evoluzione delle variabili economiche (tra le quali ulteriori differenze di competitività che venissero a determinarsi all’interno dell’Eurozona): per esempio modificando la dimensione delle emissioni di CCF, l’allocazione tra imprese e lavoratori, le caratteristiche di progressività eccetera; ma questo rientrerà in un normale processo di gestione della politica economica italiana (e degli altri Paesi che adotteranno lo strumento CCF). Alla fin della fiera, con le Lire Fiscali Cattaneo e Zibordi giurano che avremmo in brevissimo tempo una robusta crescita del PIL, il calo benedetto del deficit pubblico e, soprattutto, il crollo dell'indice di disoccupazione. Il succo sta tutto qui, e davvero non è poco. Ora, questa proposta è nota già dalla seconda metà del 2013; è pubblica e discussa sia tra gli addetti ai lavori, sia da qualche praticone marxista con realismo come il sottoscritto. Ed ecco il suo pregio ultimo: se essa in Italia non è stata presa affatto in considerazione non solo dai decisori apicali (tra quelli visibili) dell’economia e della finanza, ma neppure dai rappresentanti parlamentari dei cittadini che subiscono gli effetti di questa crisi feroce – i quali rappresentanti dovrebbero, per definizione teorica, fare gli interessi dei cittadini, e invece fanno per definizione pratica quelli dei potentati economici e finanziari – ebbene, questa è la prova regina che forse si tratta della proposta più idonea proprio a tirarci fuori dalle peste né per via di rivoluzione (verso il socialismo – magari, ma in Italia chi la fa?) né per via di guerra (che invece a farla, purtroppo, i poteri son già tutti pronti). Vediamo se almeno possa essere, a declamarla, la voce della sinistra radicale extraparlamentare. Va da sé che per aver una voce con cui declamare alcunché, la sinistra italiana debba possedere prima una bocca, una testa, un corpo, un’anima. Così come è riuscito in Grecia, per esempio, con Syriza (e Tsipras e Varoufakis stanno forse pensando proprio a una risposta monetaria come questa, al ricatto estremo della Troika). E la scommessa, per quanto mi riguarda, è tutta qui: appunto una Syriza italiana. Ancora e sempre. Anche se di tempo se n'è già perso veramente tanto. Troppo. diciotto febbraio duemilaquindici "DINANZI AGLI ITALIANI"
lo dice e lo ripete renzi rispondendo alla domanda (che perlopiù si rivolge da solo, visto che la stampa in questo paese domande non ne pone più: fa solo sì e no con la testa) "perché dobbiamo fare le riforme?": "perché abbiamo questa responsabilità dinanzi agli italiani!" sembrerebbe corretto. se non fosse però che: - renzi governa senza alcun mandato degli italiani, che infatti hanno votato nel 2013 per il presente parlamento dando sì la maggioranza relativa alla coalizione guidata dal suo partito, solo che a capo del suo partito c'era bersani (e non renzi), che la coalizione indicava bersani (e non renzi) come premier, che sempre la coalizione 'italia bene comune' che ha preso la maggioranza dei voti espressi era composta da forze politiche parecchio diverse da quelle che stanno nella maggioranza e nel governo di renzi (per esempio c'era sel, mentre al governo c'è il nuovo centro destra e in maggioranza - fino a ieri - c'era addirittura forza italia, che alle elezioni erano i diretti avversari di 'italia bene comune'!), e che nel programma all'epoca presentato agli italiani non c'era specificato nulla dello stravolgimento istituzionale che renzi spaccia ora come necessario; - nel 2013 hanno votato pd e alleati circa 10 milioni di elettori su circa 47 milioni di aventi diritto, cioè appena 1 su 5 o poco di più, il che vuol dire che la pretesa responsabilità di renzi di cambiare le leggi e la costituzione a suon di riforme e decreti (anche ammesso siano eticamente e politicamente decenti il cambio di guida "in corsa", il cambio di maggioranza "a cuore aperto", il cambio di programma "a sorpresa" di cui sopra) di sicuro non risponde a un mandato del popolo italiano, la cui vita è e sarà strettamente determinata dalle leggi e dalla costituzione, ma da un solo italiano su cinque contro l'opinione (o almeno la "resistenza silenziosa") degli altri quattro; - l'intero parlamento, maggioranza e opposizione (compresi i quasi 200 tra deputati e senatori che eletti con un partito o una coalizione poi hanno pensato bene di passare in un altro gruppo parlamentare), è stato votato nel 2013 con una legge elettorale, il famoso 'porcellum', che sia la corte costituzionale che la cassazione hanno bocciato senza pietà, mettendone in evidenza sia l'illogicità intrinseca sia la mancanza di requisiti minimi di democrazia, il che vuol dire che non solo il popolo italiano nel 2013 ha conferito il potere di governare a persone diverse e con programmi diversi da quelle che ci governano ora con questo retorico menù di riforme delicatissime, che non solo a farlo è stato tutt'altro che il popolo nella sua pienezza bensì un quinto appena di esso, ma pure che tutti gli atti del parlamento, e tanto più della maggioranza e del governo, sono viziati a monte, e quindi in queste condizioni fare riforme profonde e toccare niente meno che la costituzione equivale a stracciare la repubblica. sono tre considerazioni semplici, di pura fattualità, per nulla opinabili, che in ogni paese libero del mondo verrebbero sbattute dai controllori degli accadimenti pubblici per conto del popolo - cioè stampa, televisione, web e media tutti - sul tavolo dei discorsi collettivi in ogni sede e occasione, e soprattutto sulla faccia (di tolla) di chi governa il paese in questo modo. e invece niente. nemmeno l'opposizione parlamentare lo fa - logicamente, scontando pure l'opposizione i tre "peccati originali" che riguardano renzi e la maggioranza (cambi di programma, poca rappresentatività, illegittimità costituzionale). morale: chi governa usurpa, chi si oppone fa finta, la stampa accondiscende, la gente tace. questo non è un paese libero. il popolo deve ancora meritarselo. diciassette febbraio duemilaquindici "SIAMO A SUD DI ROMA"
allora stiamo tranquilli: con la salerno - reggio calabria e le indicazioni del cciss viaggiare informati, a roma non ci arriveranno mai! seri. gli italioti che pensano soltanto a quanti soldi ci costa il salvataggio dei disperati del mare, oggi possono dirsi soddisfatti: un equipaggio della guardia costiera ha eroicamente restituito un barcone agli scafisti, legittimi proprietari del mezzo e della carne umana da trafficarci a bordo, senza consumare una sola pallottola. a questo punto, polizia, carabinieri e guardia di finanza potrebbero fare lo stesso in ogni occasione: se i criminali di qualunque settore imporranno coi mitra spianati ai nostri militi di restituirgli la refurtiva, le partite di droga o addirittura le persone sequestrate, temporaneamente recuperate dalle forze dell'ordine, l'importante sarà comunque non sparare e accontentare così i bravi cittadini contribuenti. la guerra di libia. e poi la grande guerra. dov'è che ho già sentito questa storia? sedici febbraio duemilaquindici IERI PER TSIPRAS A ROMA
sulla rete gira una bella foto dello striscione di testa. viene dalla pagina social di giuseppe civati. spero proprio sia un caso di omonimia. su una fanzine della sinistra radicale c'è un commento giulivo sulla nuova spinta verso il soggetto europeo della sinistra e dei democratici. spero proprio sia un esercizio di metonimia. c'erano diecimila persone, più o meno, con tutto che si sono mosse pure la cgil e sel. o forse proprio per questo. vendola si chiede ancora, ai microfoni, se renzi sta con tsipras o la merkel. spero davvero la piantino con l'orrida pantomima. quindici febbraio duemilaquindici LET'S SAVE THEM ALL
Continuiamo a piangere i morti nel Mediterraneo. E chi dice di rifare Mare Nostrum, e chi dice di affondare le barche prima che le riempiano. Io dico che c'è un solo modo per liberare quei disperati, sia dal mare che dagli scafisti: andare là, prenderli tutti e portarli in salvo in Europa! Non si fa così con i terremotati, con i superstiti di tsunami o minacciati da uragani? O aspettiamo forse che si tirino fuori da soli dalle macerie o dal fango? Che sia un miracolo a evacuarli in tempo? I migranti di qualunque provenienza sono i terremotati della Storia, sono sotto l'uragano della guerra, subiscono lo tsunami della schiavitù, stanno tra i rottami del naufragio della Civiltà. Quindi andiamo là, dovunque li ammassino, prendiamoli e salviamoli tutti! L'organizzazione pratica degli arrivi e delle permanenze, di un futuro possibile per tutti quegli esseri umani sottratti alla morte ci metterà alla prova, certo. E così forse qualcuno potrà perdonarci secoli interi di sfruttamento del Genere Umano. Se l'Europa ha mezzi e soldi da spendere, li spenda così. Le portaerei servano a questo. Se le sinistre d'Europa vogliono qualcosa da dire, dicano questo. A voce alta, ora. Let's save them all! Questa sia la campagna per una svolta epocale. In cuor vostro sapete che è così. quattordici febbraio duemilaquindici FOOD
milano expo 2015: cento ettari di terra sottratta all'agricoltura. tredici febbraio duemilaquindici RIALTO "In data 28 Gennaio il Dipartimento Patrimonio, Sviluppo e Valorizzazione di Roma Capitale ha inviato a tutte le realtà che hanno sede al Rialto Santambrogio una lettera di recupero coatto dell'immobile, concedendo 30 giorni per “abbandonare” la struttura." E così ora tocca anche al Rialto, ultimo ridotto dei movimenti romani; ultimo spazio franco in cui si possono (potevano, finora, e potranno ancora per questo mese di febbraio) incontrare gli uomini e le donne più impegnati sui diversi fronti della cittadinanza attiva e della militanza indipendente: dall'acqua ai beni comuni, dalla solidarietà alla cultura, all'ambiente. Dopo un anno buono (cattivo, cioè) in cui sono stati sgomberati o costretti a comprimere parecchio aspettative politiche e margini di manovra, praticamente tutti i collettivi che avevano animato a Roma negli ultimi anni ciò che rientra nei vasti concetti di spazio alternativo e di visione antagonista (il Teatro Valle e il Movimento per la Casa sono solo i nomi più famosi, ma ce n'è davvero tanti schiacciati ormai nell'angolo o dispersi), da ultimo tocca anche al Rialto Sant'Ambrogio - la sede, niente meno, della centrale operativa nazionale dell'unico mito vincente della sinistra radicale italiana: i referendum del 2011 contro la privatizzazione dell'acqua, l'energia nucleare e il legittimo impedimento berlusconiano. In controluce, ci si legge facilmente che questa è la resa dei conti: il potere prima ha sfrondato con metodo i rami del pensiero alternativo e della pratica antagonista, e ora procede a segarne direttamente il tronco. Cala il sipario. Ma perché lo fa? Siamo poi così temibili? No, tutto sommato. E però lo fa lo stesso, ora, perché sa che adesso può farlo impunemente - domani chissà. E impunemente perché, il potere, ha osservato bene ciò che è successo in quest'ultimo anno, durante il quale dinanzi alla potatura, alle chiusure e agli sgomberi, la reazione dei collettivi è stata limitatissima dall'oggettivo isolamento degli stessi nell'immenso oceano di una realtà cittadina di tre milioni di persone che evidentemente pensano a tutt'altro che a questo. Perché, il potere, ha osservato altresì che gli stessi collettivi - nelle persone che in essi contano - hanno tenacemente rifiutato l'idea e la pratica di una confederazione strutturata fra tutti; le hanno rifiutate per amor di libertà e indipendenza (s'è detto), per diffidenza nei confronti della politica di mestiere (s'è detto e ripetuto), nonostante l'accerchiamento palese in corso potesse invece suggerire il contrario: cedere semmai in termini di purezza orizzontale, per acquistare però in visibilità e forza verticali - e gridare con voce udibile cosa succede a Roma, e attrarre così consenso e capacità di resistenza; e insomma combattere questa guerra come va combattuta, e smettere almeno per un po' di giocare agli eventi creativi ma risicati, ai comunicati stampa belli e ignorati, ai tavoli di lavoro sempre più competenti, più autoreferenziali, più deserti. Ecco, se questo è stato il movimentismo romano dell'ultimo periodo, che il potere gli stringa l'ultimo cappio ai polsi ne è solo la meccanica conseguenza. Ma la conseguenza politica che noi dobbiamo trarne - con tutta l'onestà intellettuale che pretendono la cittadinanza attiva e la militanza, le loro battaglie, la loro storia, la loro natura di crogiolo formativo di una speranza possibile - è che le persone che hanno contato e contano nei collettivi che compongono il movimento, hanno clamorosamente sbagliato strategia: credendo di esser nuovi, forse, sono semplicemente stati inutili. Peggio: perdenti, dannosi. Suicidi. Questo, in un'organizzazione porterebbe all'azzeramento totale e immediato dei suoi vertici e dei metodi loro. Ma in un movimento testardamente tale, come si fa? Non si fa niente, mi sa, purtroppo. Infatti nel comunicato stampa che esce oggi stesso dal Rialto non c'è ombra di autocritica, e la conclusione è il solito appello alla buona volontà della gente: "Annunciamo sin da subito che qualora non ci fossero riscontri in tempi brevi siamo pronti a mobilitarci e a mettere in campo una campagna di sensibilizzazione e informazione." Una campagna ennesima verso quella gente che del movimento, per tutto ciò che ho appena detto, non sospetta nemmeno l'esistenza. E' un giorno triste questo. E più triste è che i diretti interessati nemmeno capiscono quanto lo sia. dodici febbraio duemilaquindici . LO STATO DELL'ARTE
ieri sera, verso le nove, ho sentito una strana puzza di plastica bruciata dallo scaffale della libreria dove sono i vecchi, amati, lp. mi sono avvicinato, e ho visto che stava finendo di consumarsi per autocombustione il secondo disco di 'works - vol.1', album doppio del '77 degli emerson, lake & palmer: in pochi secondi è evaporato del tutto in un puff, lasciando un filino di fumo color vinile. è il disco sulla cui 4^ facciata è inciso il bellissimo arrangiamento prog di 'fanfare for the common man', che gli e.l.p registrarono la prima volta nella neve dello stadio di montreal prima delle olimpiadi del '76. passato lo sbigottimento, ma non il dispiacere per la perdita, mi sono rimesso a vedere in streaming la puntata dedicata a coltrane e coleman di una monumentale e ben fatta storia del jazz. stamattina, leggendo la cronaca ho capito la causa dello stranissimo accadimento. si è trattato di suicidio: quel brano è stato usato ieri sera per aprire il festival di sanremo, e il presentatore l'avrebbe offerto in omaggio alla gente qualunque 'che è il vero protagonista del festival', dopo di che ha fatto entrare la prima cantante 'che fino a due anni fa, pensate, era una consulente finanziaria'. lo stato dell'arte. gran bel gesto, mio vecchio disco. nobile e radicale. R.I.P. undici febbraio duemilaquindici ANONYMOUS vs GODZILLA
è bastato un gruppetto di nerd che smanettano gratis sulla rete nel tempo libero, per smerdare l'iperpotenza dell'isis in campo tecnologico e virtuale. ora glielo dite voi ai servizi segreti di tutti i paesi 'buoni', ultraprofessionali e strapagati, che i supercattivi incappucciati e invulnerabili che gli tolgono il sonno sono meno in gamba di quattro teste d'uovo coi chip al posto delle papille gustative? o piuttosto questo non dimostra invece che l'isis è apparentemente imprendibile da parte delle istituzioni di mezzo mondo solo perché in questo gioco i buoni e i cattivi sono in realtà due parti della stessa commedia? che guai se finisce di andare in onda tutte le sere sui notiziari? mentre la gente comune si impaurisce sempre più, accetta sempre più la fine del progresso dei diritti, rinuncia sempre più agli ideali di lotta per l'uguaglianza e la giustizia, si prepara sempre più ad essere schiava nel medioevo ultracapitalista che viene? mentre innocenti muoiono davvero a decine e centinaia per rimpolpare una sceneggiatura splatter che non deve lasciare il tempo di riflettere - non lo dimostra, questo, piuttosto? cazzari, criminali. e noi, ancora, ciechi nel buio di un cinema planetario. nove febbraio duemilaquindici RIPASSO
be', se solo adesso vi preoccupate che dall'ucraina possa venir fuori una bella guerra tra potenze in terra d'europa e non solo, allora fin qui siete stati un po' distratti. tanto per dire, questo piccolo misconosciuto appello è dei primi di marzo 2014: http://www.lindro.it/0-politica/2014-03-06/121026-ucraina-russia-e-sinistra e se la sinistra italiana (pure quella vera) non avesse lasciato fin qui il monopolio degli appelli alla pace - quelli sì, in grande stile - al solo bergoglio (oltre al fatto che gli lasciamo pure l'esclusiva dell'anticapitalismo senza tanti giri di parole), ebbene avrebbe sprecato molto meno del proprio tempo e avrebbe fatto almeno una bella figura davanti al pubblico! otto febbraio duemilaquindici IL CLUB
Ma chi l'ha detto che l'istinto di sopravvivenza è la molla più potente? Infatti come si spiega che miliardi di esseri umani fanno, sembra liberamente, proprio tutto quello che li porterà a morte precoce? Allora forse l'impulso più forte di tutti è l'amore filiale? Neanche per idea, visto che i miliardi di cui sopra fanno quello che fanno andando incontro non solo alla propria rovina, ma pure a quella di chi hanno messo al mondo! E' il principio di piacere, allora? Macché! Guardatevi intorno, e pure dentro, e ditemi di quanti umani si possa dire che godono piacevolmente gli effetti delle proprie decisioni e azioni. La volontà di potenza? Non scherziamo! Di tutte le persone sulla Terra quante sono quelle che hanno un briciolo di potenza reale da spendere, o anche solo l'onesta aspettativa di diventare un giorno dominanti dopo una vita passata sotto il dominio di qualcuno? E' il sesso? E lo chiamate sesso quello che fa, o che vorrebbe fare, la stragrande maggioranza della gente – mediato com'è da una catena di condizionamenti imposti dalla sensualità decisa a tavolino da chi crea immagine per il consumo o dal romanticismo plastificato del comune senso del pudore o dalle finte infrazioni spacciate per libertà da un altro mercato apposito? Sono i soldi? Ma guardate che fine sta facendo il mondo in cui l'obiettivo di far più soldi possibile ci è stato inculcato in testa! No, rientriamo nel primo e nel secondo caso: se tutto quel che facciamo è per far soldi, per noi e i nostri figli, viste le conseguenze stiamo contraddicendo in pieno l'istinto di sopravvivenza e quello riproduttivo. E' il principio di realtà, allora? Cioè gli umani penserebbero e farebbero tutto in base a qualcosa che magari non gli torna utile nell'immediato, ma che riconosciute certe condizioni della realtà intorno prevedono che darà buon frutto più in là? E voi conoscete tanta gente davvero capace di fare una previsione razionale che vada oltre un anno da oggi, ma razionale sul serio, e poi di orientarsi fedelmente lungo quella previsione? Io no. Non ne conosco nessuno – me compreso. Qua tutti vivono a casaccio. Quindi? Quindi se gli umani non sono mossi davvero né dal principio di realtà né dalla sete di guadagno né dalla voglia di sesso né dalla volontà di potenza né dal principio di piacere né dall'istinto a proteggere la prole né da quello di sopravvivenza, semplicemente sono pazzi. Ma pazzi come nessun altro animale è mai stato sulla faccia della Terra. Dev'essere che la comparsa del pensiero riflessivo, dell'autocoscienza, della capacità di astrazione simbolica, del linguaggio organizzato e dell'immaginazione strategica – tutte cose che pare abbiamo solo noi umani, e che in pochissimo tempo la nostra specie ha potenziato incalcolabilmente con la civiltà, la cultura e la tecnologia –, ha fatto fare tilt al nostro cervelletto. E' per forza così. Infatti, i pochissimi in tutta la Storia che non solo se ne sono accorti (questo non è difficile, se lo vedo pure io) ma si sono messi in testa di cambiare lo stato di cose in generale – un po' per infinita compassione, ma pure per salvarsi la pellaccia: non è mica tanto sano stare in mezzo a dei pazzi completi –, ebbene se ci fate caso hanno cercato (e cercano) anzitutto di farci rinsavire tutti. Ma non tutti insieme – sarebbe impossibile in partenza, sarebbe folle pure questo. No: farci rinsavire a raggiera, a partire da una minoranza di umani che di volta in volta – secondo il contesto storico, oggettivo – potrebbe avere anche una sola probabilità in più di non esser perduta ormai del tutto. Certo, non è una scommessa facile da vincere – e nemmeno sembra chissà che strategia sopraffina. Ma quando stai affogando ti attacchi a tutto, no? Ora, per una serie di informazioni, valutazioni e sperimentazioni lunghe e complicate – che riportare qui, seppure io ne fossi capace, presupporrebbe il paradosso che la maggior parte di chi legge non sia folle –, nel contesto storico presente da un paio di secoli, prima nella sola Europa poi nell'Occidente in senso lato e ormai in tutto il mondo, quella minoranza (per modo di dire: sono comunque centinaia di milioni) che val la pena scommettere che rinsavisca, è la classe lavoratrice cosciente di sé in quanto classe. Quindi: non una scuola di filosofi né un'assemblea di fedeli né l'avanguardia di un po' di spiriti emancipati da sé a ranghi sciolti, ma i lavoratori che comprendono la propria condizione e agiscono per liberarla. Io questo lo so per via di studio, osservazione ed esperienza, ma qui lo lascio in termini di fiducia sulla parola o poco più. Scusatemi. Comunque chi vuol dare una mano all'impresa è pregato di iscriversi in cuor suo al club dei comunisti, e seguire quello che dicono di fare dalla direzione. sette febbraio duemilaquindici LA RIVOLUZIONE NON E' UN PRANZO DI GALA
Lo dico adesso, in tempi non sospetti. Che se per caso non fosse solo fuffa (l’ennesima) e distrazione di massa (più circonvoluta del solito) la litigata politica che dall’interno di Forza Italia si riflette sul patto del Nazareno e dall’interno del Centrodestra si riverbera sulla maggioranza delle larghe intese, e se quindi si arrivasse di qui a non molto a un epocale ribaltone parlamentare per il quale il primo governo Renzi cade per lasciare il posto a un Renzi due, assai ri-impastato rispetto all’uno perché sostenuto dal PD (infine consolidato in tutte le sue anime, quelle belle comprese), dai progressisti moderati (gli stessi di ora, più qualche ex-centrista), da SEL (!) e dagli ex-grillini (!!!) – ebbene dico che se pure con tanta rivoluzione tuttavia le politiche concrete rimanessero quelle che ancora oggi ribadiscono Renzi e la sua corte (“Tutti contenti. Andremo avanti. Le riforme procedono.”), ossia in sintesi il Jobs Act, l’Italicum e le privatizzazioni, allora (compagne e compagni) che nessuno si azzardi a felicitarsi per un presunto slittamento a sinistra del quadro politico generale! Infatti non si tratterebbe, invece, che dell’ennesimo grande inganno trasformista e gattopardesco tale per cui bisogna che tutto cambi se vogliamo che tutto rimanga com’è; con l’aggiunta, al permanere invariato del medesimo impianto neoliberista che guida la vita nazionale dai tempi di Berlusconi (e Tremonti) passando per quelli di Monti e Letta all’oggi di Renzi (e Padoan), che lo stato di diseguaglianza e privilegio beneficerebbe del crollo verticale di qualunque velleità di vera alternativa al sistema, la sinistra (quella che agli spettatori viene spacciata per tale) essendo infine sussunta nella stessa cabina di regia politica della ristrutturazione capitalista in corso. I primi a non doverci cadere saremo noi. Per questo mi preme scriverlo qui, anche soltanto come (complicato) periodo ipotetico. Una politica che si sposta davvero a sinistra non riceve alcun applauso dai protagonisti dello stato di cose presente (e passato). E’ impossibile, per definizione: o rivoluzione o pranzo di gala – o è vera una cosa o l’altra. Controprova: Tsipras e Varoufakis – al netto dei sorrisi sghembi di Hollande e delle cravatte (dono triviale) di Renzi – hanno ricevuto dalla BCE e dalla Merkel un secco ultimatum; la Borsa di Atene va a picco; i giocatori lasciano il tavolo. La situazione è eccellente, e per una volta per nulla confusa. Compagne e compagni, conserviamo (o ritroviamo) il dono della chiarezza e agiamo con conseguenza, che il raccolto verrà. PS. Dopo la cravatta e i sorrisi per i fotografi, Renzi è passato – solo oggi, mettendosi dietro le gonne di mamma BCE – a maramaldeggiare sulla Grecia di Tsipras, dicendo: “E’ giusto e opportuno (che la Banca Centrale consideri i titoli di Stato greci poco più che carta straccia).” Complimenti per la faccia di tolla. Sembra un po’ il giugno del ’40, quando a una Francia già spezzata dall’invasione nazista – e da dietro i calzoni di babbo Hitler – Mussolini diede la famosa coltellata dichiarando guerra, e provando a fare bottino tra Alpi e Costa Azzurra. Oltre all’ignominia nella Storia rimediò pure una figuraccia militare. E da allora, giustamente, i francesi alzano gli occhi al cielo dicendo: “Les italiens…” Renzi cuor di leone ci appiccicherà, oltre tutte le altre iatture, anche l’epiteto meritatamente beffardo di: “Oι Ιταλοί…” Chi resta un giorno di più nel suo partito, o anche solo a discuterci insieme di riforme e istituzioni – per non parlare di chi governa con gente del PD fosse pure nella più remota comunità montana -, è destituito ai miei occhi di ogni credibilità politica per la costruzione di un’alternativa! PPS. Leggo ora che a sostegno dell'autodeterminazione del popolo greco, l'auto-nominata cabina di regia della sinistra radicale italiana (insomma, gli azionisti di "Altra Europa" e affluenti: SEL, Rifondazione, Sinistra Lavoro, Comunisti Adesso, Azione Civile, ALBA...) ha indetto una manifestazione nazionale a Roma per sabato 14 febbraio, in connessione con la grande dimostrazione di piazza già prevista ad Atene. Peccato che l'appuntamento di Atene sia fissato per il 16 febbraio! Ma già: il 16 è lunedì, ed evidentemente i rivoluzionari nostrani di lunedì aprono bottega o timbrano il cartellino o badano ai pupi a casa; allora tocca farsi andar bene il sabato pomeriggio. E dopo tutti a cena per San Valentino. Un po' come quando in Francia o in Germania si tiene uno sciopero, generale o di categoria, per quattro giorni filati, mentre qui in Italia siamo tutti contenti per averne indetto uno di quattro ore; il venerdì mattina, che si nota meno. E' questo il dono della chiarezza, dell'agire conseguente? Compagne e compagni, sembro Bartali. "L'è tutto sbagliato, tutto da rifare." cinque febbraio duemilaquindici http://www.esseblog.it/2015/02/o-rivoluzione-o-pranzo-di-gala/ OPINION MAKING
un uomo è stato arso vivo dentro una gabbia, da parte di gente che si proclama 'stato'. in risposta, una donna è stata giustiziata - senza processo - da parte dei poteri di uno stato. a commento, da parte di istituzioni di cultura e di culto, si invoca la crocifissione per altri uomini e altre donne. l'opinione pubblica, cui si impone di assistere a questi fatti e a queste dichiarazioni, è implicito (e voluto) che si orienti verso il progressivo abbandono di conquiste di diritto, democrazia, civiltà e umanità, per ottenere le quali sono occorsi secoli di pensiero, di coscienza, di azione e di lotta. giudicare chi guadagna e chi perde da queste reazioni a catena, e così poter prevedere le ulteriori dinamiche di questa china, non ha nulla a che fare né con le religioni né con le etnie, né con rivendicazioni territoriali né con "vendette" storiche. per giudicare e prevedere correttamente, invece, bisogna tenere a mente contro quali poteri si avanzò in termini di diritto, democrazia, civiltà e umanità, e da parte di chi vennero prodotti quel pensiero, quella coscienza, quell'azione e quella lotta. il fatto è che questa in corso è sempre e comunque guerra di classe. non-ortodossa, obliqua e sporca quanto si vuole: quanto consentono la globalizzazione del teatro delle operazioni, l'articolazione dei soggetti dominanti, l'esplosione dei sicari che essi possono utilizzare e la permeabilità dei destinatari dei messaggi in tal modo scagliati. davanti all'uomo che brucia, alla donna che pende dalla corda, agli uomini che vogliono i supplizi della croce, noi inorridiamo. ma non per questo dobbiamo smettere di capire, decifrare, decidere, muoverci. altrimenti la guerra è perduta. quattro febbraio duemilaquindici MOLTO RUMORE PER NULLA
Due anni fa, quasi, poco meno di 9.000.000 di cittadini italiani votarono per la grande novità del Movimento 5 Stelle eleggendo 108 Deputati e 54 Senatori, circa il 17% dell’intero corpo parlamentare: una grande ‘macchina da guerra democratica’ – pensavano quegli elettori, perché così gli eletti e chi li organizzava avevano detto loro – idonea a cambiare davvero le cose in questo Paese. Ora, chi siede alla Camera o al Senato da quasi due anni (sui cinque che sono la durata – teorica – intera del mandato) è giusto che riceva una prima valutazione da parte dei cittadini italiani per cui lavora stando lì, guadagnando per questo in termini economici e non. E riguardando ormai quasi la metà del tempo massimo in cui quei Parlamentari svolgeranno il proprio compito, tale valutazione non può più dirsi sommaria né troppo anticipata, ma invece circostanziata e significativa. Benché non completa, certo. Io non votai per il Movimento 5 Stelle. Ma se l’avessi fatto ora rincorrerei quegli eletti, e chi li organizzava allora e li organizza adesso, col forcone. Perché non si può sciupare il voto di 9.000.000 di cittadine e cittadini, una forza parlamentare di quasi un quinto sul totale, il ruolo oggettivo di unica novità (dal successo senza precedenti, quasi prodigioso) nel panorama politico italiano, il vanto di essere sia l’avanguardia di un approccio ‘rivoluzionario’ alla cittadinanza attiva sia un collettivo dalla disciplina ferrea come se n’era persa la memoria – per poi, a dispetto di tutto questo, non conseguire un solo risultato politico concreto. Sì, certo: agli atti parlamentari restano tanti discorsi di fuoco pronunciati in molte occasioni, da Deputati e Senatori ‘5 Stelle’, tante interpellanze e interrogazioni; nelle rassegne-stampa di due anni non si contano le dichiarazioni stentoree, le manifestazioni a effetto (‘arrampicate’ comprese), i gesti tesi a smitizzare lo stesso ruolo ‘sacerdotale’ dei rappresentanti della Nazione in favore di un accorciamento della distanza tra Palazzo e popolo; forse – concedo – qualche buona nuova prassi di ciò che elettori ed eletti pentastellati chiamano sprezzantemente ‘casta’ (salvo poi esser entrati – i secondi – a farne parte, oggettivamente) si dovrà pure al martellamento mediatico sui temi dei costi della politica, da parte di Grillo e Casaleggio e loro corifei. Ma niente di tutto ciò incarna, né tecnicamente né politicamente, un risultato concreto di quelli che ci si aspetta dal lavoro di chi si è mandato in Parlamento – e lo si paga per questo – in virtù di un programma di interventi sullo Stato, sulla società, sulla vita. Non c’è una legge promulgata, non c’è un decreto vigente, non c’è una riforma attuata, non c’è una nomina istituzionale, non c’è un’azione positiva della classe politica incidente sull’esistenza del popolo italiano – non c’è niente di tutto questo che sia firmato da un parlamentare del Movimento 5 Stelle. C’è sì tanto rumore su qualche piazza ogni tanto, sui mezzi di comunicazione mainstream e ancor più su quelli più moderni come il web e i social network; però – ripeto – se fosse stato il mio voto tra quei 9.000.000 e vedessi ora, dopo due anni, che chi ho eletto se ne serve per fare tutto e solo ciò che avrebbe potuto fare anche da fuori del Parlamento (come attivista dei movimenti o blogger o ‘artigiano del dissenso’ o simili) e invece non far nulla di ciò che lo qualifica (e lo remunera) come ‘funzionario’ della democrazia, come ‘sviluppatore’ di un programma politico fattuale, allora (ripeto) oggi lo rincorrerei a male parole per chiedergli conto della sua inettitudine – e forse, a questo punto, della sua malafede originaria! “Non abbiamo i numeri per governare, né per far passare le nostre proposte. E non cerchiamo compromessi né ‘inciuci’!” – è la giustificazione che danno a se stessi (e che ancora qualcuno che gli diede la propria fiducia, accorda loro oggi). E allora? Che alibi è? Se il tuo ‘sentire’ politico – sto per dire la tua ‘urgenza storica’ – nell’arco di due anni sani non incontra mai, su nessun tema positivo, l’alleanza di nessun’altra espressione parlamentare dell’opinione pubblica italiana, così che non riesci a far venire al mondo neppure uno dei tuoi grandi progetti di cambiamento democratico (quei progetti che – secondo te – gli italiani anelano come il pane), e ciononostante non solo non c’è la ribellione nelle strade in difesa dalla tua ‘purezza’, ma continui a perder consensi nelle scadenze elettorali parziali in corso di legislatura, a perder punti nei sondaggi quotidiani, a perder ‘pezzi’ dai gruppi di Camera e Senato – allora significa che il tuo sentire e la tua urgenza non sono né storici né attuali: che non sono più di uno sbraitare alla luna di un cittadino incarognito qualunque, che la mattina dopo si rimetterà la giacchetta e farà da bravo il proprio ruolo di 'ingranaggio del sistema’. “Non abbiamo i numeri per far passare le nostre proposte, quelle che impatterebbero sulla vita della gente.” E dunque? Forse che il Partito Comunista Italiano è mai stato maggioranza in Parlamento? E non fu sempre osteggiato pesantemente dal mainstream di una sottocultura bigotta, padronale, reazionaria e conformista? Ciononostante, coi suoi numeri di minoranza (numeri decisi addirittura da accordi geopolitici globali, altro che vittimismo da cortile o da talk-show!), il PCI fu l’elemento politico – e storico, lui sì – senza il quale non ci sarebbe stato nemmeno uno degli incredibili passi avanti della società italiana nei decenni centrali della seconda metà del secolo scorso: dallo Statuto dei Lavoratori all’apertura dei manicomi, dal referendum sul divorzio a quello sull’aborto, dall’obiezione di coscienza al servizio militare alla rappresentanza democratica nelle scuole e nelle università, dalle legge sulle 150 ore per far studiare gli operai al nuovo Diritto di Famiglia, dalla realizzazione delle amministrazioni regionali previste da trent’anni in Costituzione alla legge sulla confiscabilità dei patrimoni mafiosi... Dunque l’alibi preteso non sussiste, per il Movimento 5 Stelle. Non dopo due anni di lavoro politico sprecato o eseguito male, o addirittura non svolto affatto. Non dopo tanto rumore per nulla. Due anni fa, quasi, poco meno di 9.000.000 di cittadini italiani votarono per la grande novità del Movimento 5 Stelle eleggendo 108 Deputati e 54 Senatori, circa il 17% dell’intero corpo parlamentare. Il 'mantra' con cui si convinsero quei 9.000.000 era all’incirca il seguente: “Loro controlleranno che i nostri soldi siano spesi bene” – e al doveroso giudizio di due anni trascorsi, l’estremo paradosso è che tutti stiamo pagando tanti soldi proprio a quei Parlamentari senza la minima probabilità che la nostra vita possa guadagnarci qualcosa grazie a loro. due febbraio duemilaquindici http://www.lindro.it/0-politica/2015-02-02/166286-molto-rumore-per-nulla CARO STEFANO
Caro Stefano, con tutta la deferenza che il tuo status stramerita (unitamente al fatto che non ho mai avuto l’onore di conoscerti personalmente), scrivo per ringraziarti pubblicamente per ciò che hai detto. “Diamoci una mossa a sinistra. Intanto costruiamo, poi ci contiamo.” Con queste parole, professor Rodotà, rilasciate in un’intervista al Quotidiano Nazionale ( http://www.huffingtonpost.it/2015/02/01/rodota-cosa-rossa-diamoci-una-mossa-a-sinistra_n_6588570.html?1422789547&utm_hp_ref=italy), hai di fatto aperto alla conoscenza diffusa i lavori in corso per la costituzione della benedetta ‘Cosa Rossa’. Quelli veri. “Ci sto già lavorando”, hai detto, “con Sel, Fiom, Cgil, don Ciotti di Libera. Serve soprattutto un progetto, ma si cerca anche un leader, si cerca lo Tsipras italiano. Io non ho l’età. E il modello greco non si basa su un consenso ideologico, ma su un legame solido tra politica e società. Rigenerare la sinistra con un trapianto è molto difficile”. Oh – commento io a caldo: finalmente un po’ di onestà intellettuale! Con questo solo flash alla stampa, Rodotà, in un colpo solo hai liquidato una quantità di miti traversi e guastatori che erano stati messi a bella posta tra i piedi di ogni tentativo di costruzione del soggetto politico della sinistra radicale italiana nell’ultimo biennio (almeno) per impedire, tanto erano e sono auto-contraddittori cioè paralizzanti, che la Cosa Rossa provasse a nascere davvero fuori dal controllo dei grandi strateghi. Come te, appunto. E me ne dispiace, forse, della scoperta di una prassi così onestamente verticista? Al contrario, io sono d’accordo con te – pensa un po’ – in quantità uguale e contraria a quanto sia stato sempre e pubblicamente in disaccordo con chi, in buona e cattiva fede, continuava ad agitare quei miti strumentali e devianti (stupendosi perdipiù – o fingendo di stupirsi – del fatto che la Cosa Rossa proprio non voleva saperne di nascere, così). Quali miti? In ordine sparso: la democrazia diretta e dal basso, il superamento delle ideologie, l’irrilevanza della forma-partito, l’orizzontalismo, le quote-rosa, la prevalenza giovanile, la Rete, la territorialità, i mantra anti-casta, il ‘popolo dei referendum’… Rodotà, tu oggi – forse anche grazie a quella specie di siero della verità che la limpida vittoria di Syriza e Tsipras ha iniettato nel circolo del pensare e dell’agire politico della sinistra radicale italiana –, candidamente hai confessato che ci sono ragionamenti collettivi in corso, e da tempo, ai quali partecipate tu stesso, e Landini, Vendola, Camusso, don Ciotti… né ho difficoltà a immaginare che essi si estendano pure a Cofferati, a Ferrero, a Barbara Spinelli, a qualche altro nome meno noto, a qualche quasi-giovane di belle speranze… (Spero tantissimo non anche a Civati e simili. E invece sogno a occhi aperti che un’opinione la stiate raccogliendo anche da Gino Strada!) In sostanza – provo a leggere in controluce – si realizzerebbe così la prima tappa di quella road-map che ogni osservatore razionale e onesto delle cose nostre di sinistra (e quindi pure io, umilmente – che l’ho scritto dappertutto e detto a chiunque) avrà in cuor suo auspicato perché infine si abbandonasse tutto quell’inutile (finto, o comunque inefficacissimo) sbattersi tra comitati di base e mailing list e social network, e si passasse a far le cose sul serio. Tu in sostanza dici che vi state sentendo ‘tra voi’, tra quelli che si conoscono, che si sanno sufficientemente ‘simili’ e, soprattutto, tali che ciascuno di voi non rappresenti solo se stesso (‘uno vale uno’ lo lasciamo allo sciocchezzaio, finalmente) ma un’organizzazione e un orientamento di opinione tangibile, e utilizzabile. Si fa così, infatti, con logica assolutamente volontaristica e di prudente cooptazione – è da quel dì che l’aspettavo! Un po’ pateticamente avevo pure pubblicato un appello ai ‘diamanti’ perché si facessero avanti, per innescare un processo con qualche speranza di vitalità politica: perché hai voglia a cantare che dai diamanti non nasce niente, ma il fatto è che dal ’67 a oggi è passata troppa ‘società dello spettacolo’, sono passati troppi quarti d’ora di celebrità, perché sia ancora vero che è sempre e solo dall’uomo comune che nasce spontaneamente qualcosa di buono. Serve un diamante, invece – scrivevo –, mio Faber adorato. Più diamanti. Diamanti veri per intelligenza, energia, per riconosciuto disinteresse personale, intorno ai quali far esplodere di vita non solo un fiore ma l’albero intero, dalle radici al fusto ai rami alle foglie ai frutti. Ora la domanda è: siete proprio voi, professor Rodotà e i tuoi compagni di lavoro, quei diamanti? Sinceramente non lo so, perdonami. Ma l’importante, oggi, è che sia stato reso noto un metodo – infinitamente più intelligente e potenzialmente più efficace di quelli con cui ci hanno menato per il naso fin qui. Sì, perché un partito può ben nascere a tavolino, nonostante la mitografia contraria corrente; ed anzi forse è il solo modo in cui possa nascere per poi vivere, e non morire in culla. La road-map, andasse a buon fine questo primo passo ‘fondativo’ (ciò che spero, se non è l’ennesima prova di un setaccio troppo largo – nel quale entrano anche i soliti perditempo o ‘traditori’ veri e propri), prevede che poi si rediga un regolamento interno alla Cosa Rossa nascente, specie di statuto provvisorio, e soprattutto un paradigma di intenzioni politiche (la bozza di un programma, e più è radicale meglio sarà), e che dopo il tutto sia sottoposto a un’assise vasta, quella sì, come un’assemblea costituente o un primo congresso straordinario. Ma poi questo lo vedremo. Intanto, mi godo questo cucchiaio di – spero non tardiva – salute metodologica a sinistra; ben sapendo sin d’ora che a tanti compagni, al contrario di me, tutto ciò lascerà in bocca un sapore amaro. Sia chiaro, però – e questo lo affermo non tanto per te Rodotà, che alla mia personale partecipazione a un eventuale percorso consolidato, io cittadino qualsiasi tra i qualunque, giustamente non sapresti dare un valore purchessia, quanto per mio stesso promemoria pubblico –, che mi riservo tutto intero il diritto di giudicare dal frutto concreto la bontà dell’albero, e quindi del diamante stesso su cui poggia. (Che laicamente conservo sempre l’ipotesi di scuola possa trattarsi di ‘patacca’.) E per frutto intendo già le primissime mosse del progetto, laddove le rendiate note pure a noi ‘compagni qualunque’: sarete radicali nel programma, nel programma per una società alternativa a questa e strutturalmente migliore? Sarete razionali nella forma, nella forma di un soggetto politico con tutti i crismi che pure la Costituzione prevede? Sarete, in una parola, seri? Allora darò tutto il contributo che posso affinché nel partito che nasce, che avrà un perimetro e una regola, e una visione e una missione schiettamente socialiste, la mia personale sfumatura ideale abbia cittadinanza e possa competere con le altre affini, sebbene non identiche. E vi sarò grato, allora, per lo scarto di oggi del quale (ed è sacrosanto) non chiedeste parere né a me né ad altro qualsiasi come me. Ma se il frutto non sarà di questo pregio, caro Stefano, allora anche questa mossa odierna sarà stata l’ennesima arma di distrazione di massa usata scientemente contro il vasto e già derelitto popolo della crisi. Perché poi? Speriamo di no. primo febbraio duemilaquindici CARO SANDRO
in risposta a http://www.dinamopress.it/news/la-consapevolezza-del-possibile Sandro, caro sempre e davvero, è tanto un piacere leggerti – sia per la forma evidente del dire che per la passione del pensare che si legge dietro la forma – quanto un'urgenza riflettere, urgenza non necessariamente piacevole, e risponderti (non so se piacevolmente – me ne scuso) in merito a ciò che scrivi 'a cuore aperto'; e farlo 'a cuore aperto' altrettanto. Il tuo incipit allude a un nuovo inizio; meglio: a una possibile eventualità, sottolineata altresì in forma dubitativa, che stiano completandosi le condizioni preliminari per un tentativo di inizio (ancora) da affrontarsi incamminandosi avventurosamente da parte di chi non si senta rappresentato dal mainstream politico e civicopolitico e – ciò che è peggio – espulso e pregiudicato dalle opzioni socioeconomiche, dalle politiche concrete attuate dai poteri che incarnano quel mainstream. Eventualità, possibile, dubitando, preliminare, inizio, avventura, tentativo – ma io ho 51 anni, tu qualcuno in più; io, alcuni dei quali già trascorsi 'in trincea', tu molti di più, e con impegno e capacità ed esiti infinitamente più significativi dei miei. Davvero dunque dovremmo felicitarci del fatto che “forse ci siamo, forse le condizioni per avventurarci in un nuovo cammino si stanno infine depositando”? Io credo che una qualunque risposta – non tanto nella sua sfumatura esistenziale, quella sì squisitamente soggettiva, quanto nelle sue ricadute sull'agire pratico e interpersonale (obiettivo, credo, di ogni scritto pubblico: il tuo, come questo mio in replica) – non possa non partire da un'analisi che più che fare un bagno di realtà deve addirittura grondare realismo. Tu menzioni a fatti precursori, della stagione di cui secondo te si comincerebbe a intravedere un qualche indizio aurorale, sia l'esperienza di Repubblica Romana (che di “circostanze ed episodi in cui convintamente ci siamo tenuti uniti e solidali, ci restituisce un’allegra positività”), sia quella dell’Altra Europa (che “nel suo comporsi come area larga, inclusiva e contagiosa, è stato un discreto modello di compartecipazione politica”); e inoltre identifichi quell'indizio aurorale, sostanzialmente, in “una politica nuova, quella che già vive nelle mille esperienze, nelle mille realtà, nelle mille pratiche, nelle mille relazioni che si sviluppano in quell’esteso pulviscolo sociale e culturale che si auto-organizza e auto-riproduce”. Ecco, io ora ho bisogno di immergere questi tuoi tre spunti – pliastri del ragionamento che così tanto mi è piaciuto avere sotto gli occhi, ma con minor piacere mi ha richiamato saperi appena sottopelle –, immergerli nel detto bagno di realtà. Un tuffo rapido, che di più non serve. Repubblica Romana, alle elezioni amministrative del maggio 2013, prese circa 8.000 suffragi. Tu, Sandro, sua espressione come candidatura a Sindaco e – soprattutto – suo fondatore politicamente coraggioso, e animatore metodologico instancabile per molti mesi prima del voto, ne prendesti quasi 27.000. La seconda lista a tuo sostegno, Sinistra per Roma, prese oltre 11.500 voti (la terza, il Partito Pirata, intorno ai 700). Si deve così dedurne che l'esperienza di Repubblica Romana in sé non può costituire un fatto precursore ad alcuna aurora di larga partecipazione alternativa al mainstream, se alla sua chiamata elettorale rispose meno di un terzo dei cittadini che pure ti sceglievano a Sindaco di Roma, e se essa – tua stessa creatura e 'macchina di consensi' – guadagnò meno voti ancora di Sinistra per Roma, che sì ti sosteneva (e io pure, convintamente – benché con le mie misere 214 preferenze personali) ma aveva origine e organizzazione indipendenti dal tuo progetto civico-attivo e bensì di partito vero e proprio (Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani). L'Altra Europa, alle europee ultime scorse, superò la fatidica soglia di sbarramento, conseguendo un po' più di 1.100.000 voti, ossia lo 0.03% in più della tagliola del 4%, e prima ancora riusciva nell'impresa apparentemente impossibile di raccogliere (superandone addirittura il numero) le 150.000 firme certificate necessarie alla competizione elettorale. Ma vogliamo dire, Sandro, che questi risultati furono conseguiti con un fecondo contagio di partecipazione popolare 'indipendente', o non piuttosto grazie alla capillarità militante di Rifondazione (soprattutto quanto alla raccolta firme) e al traino mediatico di Sinistra Ecologia Libertà (quanto ai voti, specialmente)? E dopo che ne è stato, cosa ne è ora? Pensiamo con gioia al successo di Syriza e di Tsipras, e plasticamente rivado alla sera del comizio di chiusura di Atene... Italiani a piazza Omonia pure c'erano, c’era la Brigata Kalimera, gruppo eterogeneo composto dai tre europarlamentari eletti a maggio, da qualche rappresentante di Rifondazione e SEL, da un po’ di compagni e compagne di base del 'progetto', da molti degli auto-nominati strateghi della società civile o di apparato che ne guidano il percorso da un anno e più, e inopinatamente – per me motivo d’imbarazzo addirittura (ma ormai non è una novità) – c’era anche qualche figura della minoranza PD. Ora, chiaramente, se qualcuno di loro è stato notato dalla stampa e intervistato, non ha potuto far altro che felicitarsi con Tsipras e Syriza (con maggiore o minor grado di sincerità, o nullo) parlando a titolo poco più che personale, giacché nessuno – ancora oggi, dopo più di un anno – può dire legittimamente che parla e agisce per conto del soggetto politico della sinistra radicale italiana, eternamente in via di costruzione ed eternamente inconcluso. Capisci, Sandro? Con tutto che L’Altra Europa con Tsipras avesse addirittura nel brand il suo nome, Alexis non ha potuto avere il piacere di presentare dal palco di Atene, in una serata di festa come quella, sulle note dell’inno dei partigiani e dei lavoratori italiani, uno o una rappresentante politica di tale soggetto che potesse abbracciare i fratelli e le sorelle di Grecia, e anche di Spagna – essendo Pablo Iglesias, leader di Podemos, quasi un ospite d'onore –, guardando Tsipras e Iglesias da pari a pari, e consentendo alla sinistra radicale italiana di essere pari alle altre nel consesso e nel contesto di questa lotta di liberazione continentale dall’egemonia capitalista più brutale. A noi, il contentino del canto. Ecco cosa ne è oggi dell'Altra Europa; il vertice strategico di un’organizzazione, auto-insediato, se non riceve la legittimazione democratica per il semplice fatto che 'temporaneamente' non esistono strumenti e percorsi idonei a conferirgliela, tuttavia può ricevere una legittimazione politica in virtù dei risultati che raggiunge, della forza che la sua attività inietta nell’organizzazione, dall’attestato di esistenza che la scena gli riconosce comunque – in attesa che una forma di democrazia stabile interna all’organizzazione stessa, la consolidi dalla base al vertice; ma senza nemmeno questo, senza alcun risultato, dopo oltre un anno, quegli strateghi inamovibili stanno semplicemente usurpando un ruolo, stanno sprecando energie e intelligenze di tanta (relativamente tanta) gente, stanno facendoci uscire dal cono di luce della Storia – quella che la sera illuminava giustamente Tsipras e Syriza, e pure Iglesias e Podemos (che in un anno ha fatto tutto il suo cammino, mentre qui in Italia si restava immobili). E’ quel buio, Sandro, appena fuori dall’inquadratura della festa, nel quale si è auto-ghettizzata la sinistra radicale italiana, a causa di chi la guida e a causa dell’inerzia di chi si fa guidare (e anche mia, che sto soltanto a guardare) – è quel silenzio di una nostra politica di classe e di speranza, pur tra le note arci-familiari di ‘Bella Ciao’, che mi ha fatto pensare ancora. Fino a dedurne che si può tranquillamente gettare l’acqua sporca, proverbiale, perché non c’è nessun bambino là dentro. Terzo e ultimo dei tuoi spunti, “la politica nuova, che vive nelle mille esperienze, pratiche, relazioni che si sviluppano nel pulviscolo sociale e culturale che si auto-organizza e auto-riproduce”. Ma non è, Sandro, che siamo rimasti a guardare una fotografia di quattro o cinque anni fa? L’ultimo bellissimo mito della nostra gente, intendo: il trionfo referendario del 2011, coi 27.000.000 di cittadini schierati contro i ‘poteri forti’. Esso è una pagina reale, storica, capiamoci, ma appunto è un mito nella misura in cui si creda sufficiente, per attivare una partecipazione massiccia e finalizzata come quella, mettere insieme gli stessi animatori di allora, con le stesse metodiche volontaristiche, a riunirsi magari negli stessi identici spazi e luoghi (romantici e fumosi) che battezzavano quel percorso vincente. E invece è trascorsa un'èra! Prendi per esempio la politica dell'amministrazione capitolina, che dall'inizio del 2014 e per tutto l'anno ha proceduto a sgomberi e chiusure di tante realtà sociali e culturali (il Teatro Valle è soltanto il più celebre), che non si è posta mai come fattore di dialogo e sintesi tra la magistratura e le asserite pratiche illegali (come sconta sulla propria pelle il Movimento per la casa), che francamente mena per il naso da mesi il tentativo promosso dal collettivo Deliberiamo Roma di porre in discussione alcune proposte di iniziativa popolare (con seguito di popolo, scarsissimo, non all'altezza dei bei contenuti – tanto per cambiare), proprio mentre, con atto unidirezionale (e c'è da gioirne nel merito, sia chiaro), il Comune in pochi giorni concepisce, formula e ratifica un registro per le unioni civili. Tutto ciò succede, caro Sandro, perché le “mille esprienze” in realtà non ci sono; meglio: perché, se ci sono, esse sono promosse tutte dagli stessi mille cittadini, sovra-impegnati in tutte quante simultaneamente, e non da mille cittadini differenti per ciascuna esperienza e vertenza, così da poter fondatamente contare su una base di massa alternativa al mainstream – ciò che sì sarebbe un inizio di qualcosa, come accoratamente scrivi tu. Questo l'opportuno bagno di realtà. Ora la risposta alla domanda d'esordio. Forse che ci siamo, forse le condizioni per avventurarci in un nuovo cammino si stanno infine depositando? Tu dici, e lo sottoscrivo interamente, che è “ora di finirla di ritenere superflua la presenza politica di una forza in grado di agire quantomeno da contrappeso e, ancor di più, ambire a rovesciare i rapporti di forza. Lo stesso conflitto sociale ha assoluta necessità di una sponda, un riferimento, un sostegno, un approdo. E’ davvero illusorio (peggio: ingannevole) attestarsi su una presunta autosufficienza delle lotte sociali.” In sostanza, Sandro, dici (ancora una volta) che serve il soggetto politico della sinistra radicale, e che serve sia popolare oltre che radicale, efficace e non meramente testimoniale. Concordo con tutto me stesso. Ma divergo qui: le condizioni per avventurarci nel cammino nuovo non ci sono, cioè non sono quelle che hai tratteggiato né come preliminari della storia recente né come 'brodo di coltura' attuale – cioè il cammino nuovo, se comincerà, lo farà su passi diversi da quelli da te pronosticati (con l'encomiabile ottimismo della volontà che ti riconosco e ammiro). Io viceversa penso – e lo penso da mesi, l’ho detto a chiunque e scritto dappertutto – che di qui a un po’ il partito della sinistra italiana verrà; verrà per la pressione reale di urgenze dettate dalla crisi sistemica tutt’altro che passata e dalla clamorosa assenza politica di sinistra in Italia, stante la configurazione attuale (PD: partito ormai neo-liberista; SEL: partito moderato e ambiguo; Rifondazione: partito dilaniato e incerto; Altra Europa: non-partito; movimenti: nicchie e ridotti). Ma il semplice passar del tempo non produrrà il partito di cui sopra: serve anche l’azione intenzionale della gente più in gamba. E non credo minimamente possibile che quel partito possa davvero venire dal basso, e soltanto dal basso (non è stato così per Syriza, né – a dispetto di un'altra mitografia – per Podemos). In basso – ho riscontrato – tutta questa gente in gamba non c’è (in basso ci sto io, figurarsi!). Quindi penso che verrà dall’alto, il partito della sinistra-sinistra italiana, anche se di sicuro sarà fatto sembrare il contrario – per buona creanza, magari. E fosse solo questo il suo peccato originale, poco male. Ma è che la sua stessa politica, a causa di un processo formativo tanto opaco (che passa attraverso i mille stop-and-go dei vari Civati, Vendola, Rodotà, Cofferati, e ci metto pure Landini e Ferrero – mi spiace), con tante riserve mentali da parte dei suoi conduttori, con tanti ricatti incrociati che lo stanno e lo avranno segnato e depotenziato – la sua politica avrà ben poco dello schietto colore di sinistra che serve (e che invece esso sì potrebbe arrivare al cuore della gente) in questa crisi, in questa guerra di classe. Dice pure il Poeta: …e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. Morale: se andrà così come temo, il neo-liberismo almeno su scala italiana, non avrà molto da temere da un soggetto politico siffatto. Ed è un peccato, davvero, perché proprio dalla Grecia ci arriva una lezione che non andrebbe sciupata – di quelle che non ne vengono impartite due uguali nel breve periodo. Una lezione che in un colpo solo ha mostrato per semplice confronto quanto fossero vecchie e pretestuose le narrazioni che ci infestano da anni con la bugiarda pretesa del ‘nuovismo’: la rottamazione, la velocità, la democrazia diretta e dal basso, il superamento delle ideologie, l’irrilevanza della politica e della forma-partito, l’orizzontalismo, le quote-rosa, i ‘nuovi’ diritti, la Rete, la prevalenza giovanile, la flessibilità, i tagli alla spesa, i mantra anti-casta, i tabù dello spread, la ‘colpa’ del debito, la sovranità monetaria, il ‘vogliamoci tutti bene, siamo una nazione-azienda, siamo una nazione-famiglia’… insomma, il teatrino di tutti i giorni. Adesso, chi provi ancora a tirar fuori quelle maschere ammuffite – e chi ancora gli dia credito – proprio non ha alcun alibi. Non più. In Italia, in politica, e a sinistra. Allora ho io per caso un'altra strada da suggerire, o sto qui solo a vergare sulla lavagnetta dei buoni e dei cattivi? Ce l'avrei, Sandro, perché nonostante tutto conservo io pure l'istinto “a partecipare, a offrire un contributo, a svolgere un ruolo”. Ma scriverne qui è più lungo ancora di questa mia pedante risposta. Per cui ecco l'inevitabile auto-link https://ilchesileggeche.files.wordpress.com/2014/10/ilchepdf18.pdf , sono quasi 300 cartelle di parole! Ma forse quelle più stringenti sul tema sono solo una trentina: il capitoletto “Che tessera”. E in esse, il cuore è tutto qui: compagne e compagni, diciamo parole chiare, sì sì no no, se abbiamo la fede mostriamola, e la gente verrà. Sandro, un abbraccio. trentun gennaio duemilaquindici MATTARELLA
di buono c'ha che non ride mai. che infatti che cazzo c'è da ridere non si sa. politicamente, adesso che il pd si è ricompattato e che sel ci si è riaccodata, mi dite compagni che ci fate con le promesse di civati e vendola di formare con voi una cosa rossa alternativa al partitone della nazione di renzi? ve le date sui denti, tanto per cambiare. macchina avanti tutta, invece, che berlusconi manco serve più per curare gli interessi del sistema - che ormai quel tappetto vecchio e obeso fa quasi pena. pensa i jolly che c'ha in mano il potere, se prende e lo butta via così dopo decenni di servizio. infatti non c'è un cazzo da ridere. per l'italia. e soprattutto per noi, compagni. trenta gennaio duemilaquindici IL SIERO DELLA VERITA'
Picasso dipinge Les Demoiselles d’Avignon, e come finisce l’ultima pennellata – quasi per magia – una patina di superamento si stende su qualsiasi altra tela esposta in ogni museo del mondo. Charlie Parker scrive Ornithology, e suonando la battuta finale col balzo d’uccello in be-bop ingiallisce in un attimo tutto il jazz creato fino ad allora, dalle origini allo swing, per quanto di successo. L’Olanda di Cruijff scende in campo, e mentre si sviluppa il suo gioco totale, velocissimo, preciso e fantasioso, tutte le altre squadre all’improvviso sembrano lente, noiose e irrazionali. Dopo apparizioni così, nella Storia delle storie umane, nulla è più com’era prima: d’improvviso esse fanno fare un salto in avanti al presente. E per questo stesso motivo mostrano inesorabilmente quanto sia vecchio e inadeguato tutto il resto – anzi quanto lo fosse già, vecchio, anche prima dell’apparizione presente del nuovo; solo che senza quel confronto noi non ce n’eravamo accorti. (O magari se n’era accorto solo qualcuno, inascoltato, perché la gente checché se ne dica è così tanto abitudinaria.) E inoltre hanno un altro tocco magico: sbugiardano senza pietà chi prima si fregiava del titolo di innovatore. Tsipras ha creato un governo in meno di 24 ore, senza fare conferenze stampa alle 8 del mattino; non ci ha messo né un giovane né una donna, ma mette un’avvocatessa di 38 anni a presiedere il Parlamento; ha puntellato la propria maggioranza di sinistra radicale con un partitino conservatore sui temi civili, ma allineato sull’equità sociale, e senza consultare la base; ha trasformato una coalizione in un partito vero e proprio, e ne è il leader riconosciuto; ha fatto del mutualismo concreto la sua forza sul territorio; non si è curato dei guadagni tanti o pochi di 300 greci (dei parlamentari) ma si cura da subito della miseria poca o tanta di tutti gli altri (che sono 11 milioni); alza il salario minimo; blocca le privatizzazioni; reintegra i licenziati dell’amministrazione pubblica, a cominciare dalle donne delle pulizie; vieta le aste private sulle case pignorate; riapre la TV di Stato; rende gratuiti i trasporti per la gente povera; reintroduce il minimo imponibile; non si inginocchia alla Chiesa ortodossa, pur senza aver mai fatto della laicità la propria cantilena; rende omaggio ai partigiani caduti nella Resistenza, pure senza aver mai perso tempo in gare tra chi è più comunista; ha messo un marxista a ministro delle finanze; sta terrorizzando l’Europa dei poteri forti, pur senza aver mai fatto una dichiarazione anti-europeista; ha tirato una linea tra i greci che hanno bisogno dell’azione del suo governo, perché il neoliberismo li ha strapazzati, e quelli che avranno da temerne, che col turbocapitalismo e la crisi ci fanno i soldi. E ciò, in un colpo solo, ha mostrato per semplice confronto quanto fossero vecchie e pretestuose le narrazioni che ci infestano da anni con la bugiarda pretesa del ‘nuovismo’: la rottamazione, la velocità, la democrazia diretta e dal basso, il superamento delle ideologie, l’irrilevanza della politica e della forma-partito, l’orizzontalismo, le quote-rosa, i ‘nuovi’ diritti, la Rete, la prevalenza giovanile, la flessibilità, i tagli alla spesa, i mantra anti-casta, i tabù dello spread, la ‘colpa’ del debito, la sovranità monetaria, il ‘vogliamoci tutti bene, siamo una nazione-azienda, siamo una nazione-famiglia’… insomma, il teatrino di tutti i giorni. Adesso, chi provi ancora a tirar fuori quelle maschere ammuffite – e chi ancora gli dia credito – proprio non ha alcun alibi. Non più. In Italia, in politica, e a sinistra. Tsipras, Syriza, compagne e compagni, grazie anche di questo! ventinove gennaio duemilaquindici http://www.esseblog.it/2015/01/il-siero-della-verita/ ALLORA, OGGI
Questo mi ha sempre colpito, profondamente turbato, nelle testimonianze delle donne e degli uomini che subirono i giorni, i mesi, la stagione infinita dello sterminio, dell'Olocausto. Siano pure trascorsi trent'anni – quanti ne erano passati quando sentii per la prima volta qualcuno parlarne – o ne siano trascorsi settanta, così come esattamente oggi dalla liberazione di Auschwitz, chi ha vissuto il genocidio non può neanche alludervi senza versare lacrime incontenibili. Inconsolabili. Perché? Non lo so bene. Posso solo ipotizzare, qui con voi. Il fatto è che se guardo dentro me stesso pensando a un mio caro scomparso, non posso non registrare che il tempo passato dalla perdita ha svolto il proprio compito, benedetto: ogni giorno in più da allora, ogni mese, ogni anno, un pezzetto di dolore in meno – o meglio: un pezzetto in più di accettazione del ruolo duro e oscuro del destino, di comprensione che perfino il dolore atroce della morte di un affetto è a tutti gli effetti nel computo del dare e dell'avere della vita. Un giovane amore, morto, un affetto profondo, morto nel fiore degli anni, un ancor giovane genitore, morto, un figlio, morti per malattia, per caso naturale, per disastro, per mano sbadata dell'uomo o perfino per l'estremo orrore dell'assassinio: il dolore immenso che occorrenze di questa scala generano, sto dicendo (in punta di piedi), riesce tuttavia nel tempo a diventare una pagina comunque della vita di chi l'abbia subito, una narrazione mesta, un punto buio da cui risalire verso la luce, residua possibile, anche in nome di quell'anima che non si ha più affianco, dinanzi agli occhi, tra le dita, ma solo nel cuore che la ricorda. Però tra i testimoni del male assoluto non è così. Non mi sembra, almeno. Essi piangono inconsolabili i loro morti, di una vita fa. Quasi la perdita fosse di oggi. Allora cos'è che è morto, per loro? Cos'è morto oggi, ancora oggi, ogni oggi da allora, e per sempre? L'evitabilità, atroce. Quello, azzardo, è inconsolabile. Il fatto che gli assassinati per lo sterminio avessero un miliardo di probabilità di non morire, su un miliardo e una. E invece furono uccisi – nonostante ciò, recisi dalla vita, spazzati via dal tempo, ingoiati nella notte senza ritorno, strappati per sempre a chi li amava. Ossia. Colui al quale muore un caro per malattia subisce un caso avverso, un caso sui due possibili: lo perderà, non lo perderà. Se gli muore di incidente lo stesso. Se gli muore di disastro lo stesso. Se gli muore ammazzato, perfino, lo stesso. Se gli muore giovane o vecchio – in certo qual modo – lo stesso. (Scusate: questa non è una tesi di statistica, e tagliare in due le probabilità come sto facendo offenderà forse chi un lutto simile ha dentro, e non accetterà mai di aver giocato alla pari col destino. Perché il destino te l'ha strappato, il tuo amore, quando tutto sembrava dire che la vita invece vi avrebbe serviti secondo natura – non contro. Scusate.) Però il genocidio ha un'aritmetica diversa. Considerate questo. Una scala incommensurabile rispetto a qualunque altra. E non (solo) per il numero delle vittime – mostruoso, beninteso. Ma (pure) per il numero di atti umani intenzionali che ha portato ciascuna vittima a essere tagliata via dalla vita. Questo è il punto, secondo me. Infatti, lo sterminio sistematico – di ebrei, zingari, omosessuali, handicappati fisici e mentali, comunisti e altri oppositori politici ai nazifascismi europei di settanta, ottanta anni fa – fu posto in essere mediante un'incalcolabile quantità di azioni volontarie eseguite da decine, centinaia di migliaia di uomini e donne dotate, e dotati, di capacità di intendere e volere. Perché un ebreo – o uno zingaro, un omosessuale, un handicappato, un comunista, un oppositore – giungesse alla morte, bisognava fosse passato lungo tutto il nastro trasportatore di competenze e manovalanze ingegnerizzate a tavolino, per la cui traduzione in atto concreto si era già compiuta la fase della selezione, della cooptazione, dell'addestramento, del plagio, del controllo, della supervisione, della rettifica, dell'ottimizzazione. Plasticamente, ognuno dei sei milioni di assassinati dello sterminio ha incrociato gli occhi e le mani di decine, se non centinaia, di altri esseri umani il cui potere personale – per minimo che fosse – aveva modo reale di determinare il prosieguo della sua corsa sul quel nastro verso la morte, oppure di arrestarla. Di non voler esserne complice. Di salvarlo. Vista dal lato opposto – ognuno di quegli esseri umani cooptati e addestrati a far parte qualsivoglia del sistema dello sterminio, avrebbe potuto in ogni istante far scendere dal nastro l'inerme i cui occhi incrociava. E se invece colui o colei arrivò a morire, allora nessun uomo e nessuna donna – di tutti quelli che ebbe incrociato dall'inizio alla fine – scelse di farlo scendere. Nessuno e nessuna, di decine – se non centinaia. Numeri alla mano, se la mia vita o la mia morte dipendono dall'arbitrio di un essere umano, io ho una probabilità su due di scamparla e una di continuare a cadere verso l'abisso. Se cadendo incontro un secondo umano che può decidere di me, mi salverò per una probabilità su quattro, di quelle teoriche iniziali, e per una andrò alla morte. Un terzo manovale della morte mi darà la libertà in un caso su otto, e la condanna – lo stesso – in uno su otto. Il successivo, in un caso su sedici. Il successivo, uno su trentadue. Il successivo, sessantaquattro. Il successivo, centoventotto... Se io verrò ucciso dopo che trenta persone, in una sequenza modellizzata per un'efficiente soluzione finale, avranno deciso una dopo l'altra che la mia vita non valga un loro atto intenzionale per salvarmi, io sarò stato ucciso per una probabilità su 1.073.741.824. Ecco, io credo sia questo. Che c'erano incalcolabili possibilità – quasi infinite – che ciascuno dei sei milioni di sterminati contraddicesse il destino ad esso assegnato dalla barbarie nazifascista, e invece vivesse. Purché avesse incontrato un essere umano – su decine e centinaia – capace di opporsi al compito parcellizzato, di sua competenza, di portarlo al macello. Ma al contrario, e a dispetto dei numeri, morì. L'evitabilità – assurdamente probabile – non fu realizzata. E l'inevitabilità dell'assassinio – assurdamente improbabile – fu replicata per sei milioni di volte nel giro di pochissimi anni, in mezzo all'Europa culla di Civiltà. I testimoni dell'Olocausto, tanto i sopravvissuti quanto i congiunti e discendenti dei morti, sono inconsolabili per aver chiaro questo – io penso, sento. Perché i loro morti sono morti distanti, sempre più distanti sul binario del tempo – come capita a tutti coi propri. Ma essi piangono inconsolabili ogni giorno, a parlarne. Perché oggi – ogni oggi – torna a morirgli sempre qualcosa, qualcosa che in noi invece sussiste fino a prova contraria. Essi la prova l'hanno fatta. L'Umanità indifferente è l'inferno. Per non dimenticare. Per essere umani. Per non essere mai indifferenti. https://www.youtube.com/watch?v=0yYikshdLcw ventisette gennaio duemilaquindici CON CHI CI STA A FARE COSA
Ci ho pensato. Come tutti, credo. (Come tutti voi che leggete queste pagine, intendo; che se non foste gente che passa di qui ogni tanto e legge, forse non sareste neanche gente che pensa intorno a cose come la seguente.) Syriza e Anel alleati di governo. Ossia, Tsipras che neanche dodici ore dopo la proclamazione della vittoria schiacciante di Syriza dichiara di poter formare un governo che avrà la maggioranza in Parlamento, e che quindi è in pieno diritto di salire dal Capo dello Stato Papoulias per firmare come Presidente del Consiglio incaricato – cosa che ha fatto pochissime ore fa. Solo che – ecco il punto – quel governo e quella maggioranza non sono di Syriza soltanto (la quale per poche migliaia di voti ha mancato il bersaglio dei 151 parlamentari, con cui poteva fare a meno di chiunque altro), ma ai 149 deputati di Syriza si aggiungono i 13 di Anel; totale: 162 voti a sostegno del governo che Papoulias ha dato mandato a Tsipras di formare. (In effetti 149 a 13 non è esattamente come 1 a 1, quindi dire piattamente che Syriza e Anel sono alleati può far capire le cose un po’ diversamente da come stanno; e badate, che tanta informazione proprio su questo rischio di fraintendimento giocherà per i propri interessi di parte, a destra come a ‘sinistra’.) Comunque dà da pensare: Tsipras che vince (quasi stravince), e la prima cosa che fa è chiedere quel pezzetto di forza che gli manca a Kammenos, il leader di Anel, cioè della piccola formazione recentemente fuoriuscita da destra da Nea Dimokratia – che è già un partito di centrodestra. E ci ho pensato, ripeto. E ho capito, credo. Ho capito che si tratta più o meno di unique selling proposition, che in italiano potrebbe essere tradotto come ‘argomentazione esclusiva di vendita’. Secondo tale principio una strategia di comunicazione, affinché possa essere efficace, deve puntare su un unico argomento; e per ‘unico’ s’intende una caratteristica propria di un progetto o di un’azione (oggetti della comunicazione) che non possa essere emulata dai competitori nella grande arena sociale: facendo leva su un’unica ragione logica per la quale converrebbe (all’opinione pubblica) sostenere un dato progetto o desiderare una data azione, è possibile eliminare rischi di dispersione, concentrare lo sforzo persuasivo su un solo ‘punto cardinale’, e con coerenza stabilizzare un’adesione di massa alle proprie tesi (anche se non si possiedono molte risorse). Ma ciò che vale in comunicazione vale anche in politica, evidentemente. Ora, qual è stata la forza di Syriza e di Tsipras per tutto il periodo della campagna elettorale? Anzi, qual è stata la loro forza sin dagli inizi della crescita del fenomeno Syriza e della leadership Tsipras, coincisa col peggiorarsi della crisi economica greca? La loro forza la esprime senza giri di parole il programma stesso di Syriza per queste elezioni. Diceva Tsipras: “Come primo passo chiederemo una conferenza internazionale per tagliare il nostro debito, come la Germania nel 1952: un 62% in meno che non andrebbe a penalizzare i crediti in mano ai privati, ma che dovrebbe essere concesso dalla Trojka – Bce, Ue e Fmi – che hanno in tasca una fetta enorme del debito pubblico greco. Questo sarà il punto di partenza di una serie di riforme: elettricità gratuita e buoni pasto a 300.000 famiglie povere, ripristino della tredicesima per i pensionati sotto i 700 euro al mese, rialzo da 5 a 12 mila euro della fascia di reddito esentasse e da 586 a 751 euro al mese dello stipendio minimo, una supertassa sugli immobili di lusso e una battaglia contro l’evasione fiscale. Più qualche miliardo di investimenti pubblici per creare lavoro.” Vedete? Tsipras ha sempre e soltanto parlato di un argomento, in fondo: ha parlato di equità sociale, ossia di ricchezza e povertà, ossia di chi possiede cosa e che cosa ne fa. Ha battuto sempre su questo punto, dall’inizio della sua esperienza in Syriza all’ultimo giorno di campagna. Ed è per questo – io credo – che in pochi anni il suo partito è diventato, da una ‘riserva indiana’ che era, il primo partito della Grecia; e senza snaturarsi ideologicamente. (Se può aiutare, facciamo un rapidissimo parallelo con la strategia di unique selling proposition adottata tanti anni fa dalla Lega di Bossi, federalismo, quella più recente di Grillo, democrazia diretta, e ancora più recente di Renzi, rottamazione. Sono tre sciocchezze, ovviamente, a differenza abissale dall’idea-forza di Tsipras, per di più utilizzate da tre imbonitori in malafede, a distanza siderale dall’etica politica di Tsipras, ma così ci siamo capiti.) E quindi, non appena conseguita la vittoria elettorale (e a causa del fatto che non è stata una vittoria totale, cioè con una maggioranza imponente ma non assoluta dei seggi), Tsipras ha coerentemente cercato un (piccolo) alleato tra chi gli permetteva di tener fede a quella sua impostazione vincente di chiarezza politica. Poteva essere il Pasok, cioè (fate conto) il PD greco? Ma se il Pasok ha governato con Samaras in totale ossequio delle imposizioni neo-liberiste dominanti, che lasciano la ricchezza a chi ce l’ha – anzi, gliela accrescono! Poteva essere To Potami, il nuovissimo partitino un po’ più a sinistra (cioè, meno al centro) del Pasok, ma che ha toni molto morbidi con la Trojka e coi suoi diktat (in effetti esprime posizioni di un pezzetto di ceto medio ancora garantito)? Potevano essere i ‘comunisti duri e puri’ del KKE, coi quali prima ancora di mettersi seduto a un tavolo qualunque di trattativa sulla politica economica avrebbe dovuto spaccare in quattro ogni capello da Atene alla Corea del Nord, passando i Curdi e le Tigri Tamil? No. Ma poteva essere l’Anel. Che, d’accordo, ha sulla propria ‘carta d’identità’ la dicitura di (piccolo) partito di destra – e infatti su argomenti come matrimoni omosessuali, diritti civili, rapporti Stato e Chiesa e immigrazione, interpreta diligentemente il proprio ruolo reazionario – ma che ha la stessa priorità di Syriza quanto a un intervento immediato di redistribuzione economica, in barba al memorandum dell’Europa che ha strozzato i lavoratori greci e i cittadini (quasi) tutti. Morale: Tsipras ha fatto – e sta facendo con coerenza, anche se ci ha dato da pensare – ciò che la sinistra radicale italiana, in tutte le sue forme e organizzazioni (o dis-organizzazioni), proprio non concepisce neppure. Infatti le varie (e piccole) anime della sinistra nel nostro Paese ambirebbero a comunicare le proprie idee, ai milioni di italiani che subiscono la crisi, in ordine ad argomenti i più diversi – tutti importanti, beninteso – come la politica (le alleanze), la politologia (la forma-partito), la sfera istituzionale (le grandi riforme), quella civico-politica (i nuovi diritti), quella giudiziaria (la corruzione), la Storia dei popoli (la Palestina, l’Ucraina), la geopolitica (il terrorismo, la fame nel mondo). E oltretutto ambirebbero a farlo da subito (anzi, veramente lo fanno già da ieri – da sempre), da ora che sono davvero anime esili con vocine sottili sottili; non, semmai, da quando saranno abbastanza grandi e forti da far sentire la propria voce autorevole sullo stato di salute dell’Universo! Ma purtroppo gli italiani, prostrati dalla crisi (e certo non aiutati nelle funzioni del comprendonio da un sistema di rimbecillimento di massa ormai trentennale), a tutto questo non possono appassionarsi. Essi si appassionerebbero, giustamente, all’argomento-principe dei loro pensieri spontanei: finire di vedersela così brutta. Come? Con un reddito dignitoso, frutto di un lavoro buono. Da crearsi quando? A valle di una politica economica di grandi redistribuzioni, investimenti, interventi pubblici. Coi soldi da trovarsi dove? Con la moratoria sul debito, con la lotta vera all’evasione fiscale, con una bella patrimoniale, con l’internalizzazione e la messa a frutto di intere filiere produttive in via di svendita e privatizzazione, con l’applicazione precisa dei principi costituzionali in materia di proprietà e impresa, di lavoro e dignità sociale, con quel po’ di socialismo possibile che magari la gente non sa che vuol dire il nome ma ne capirebbe e apprezzerebbe gli effetti concreti. Syriza ci proverà così, io credo di capire: col suo strano piccolo alleato, a tener fede a quel punto prioritario del programma. Per aiutare la grande massa dei cittadini greci a uscire dal pozzo nero della povertà, a scapito delle ricchezze di chi pure con la crisi (e soprattutto) si è arricchito. Ci sarà una parte dell’opinione progressista che tutto questo non lo apprezzerà, quelli per cui il matrimonio omosessuale e la laicità dell’insegnamento sono prioritari, e quindi l’alleanza tra Syriza e Anel la vedrà come un tradimento; ma per tantissima gente anche solo porsi la questione di un nuovo diritto civile è un lusso, che va affrontato un attimo dopo aver risolto la questione della sopravvivenza: quella di chi ha cosa e cosa ne fa. Anche io sono (nel mio piccolo) un garantito, e quindi posso (ancora) permettermi di mettere a fuoco nei miei pensieri e nelle mie azioni politiche la battaglia anti-sessista, quella anti-razzista, quella anti-oscurantista, quella cosmopolita per i Curdi e per il Chiapas. E’ ben per questo che, negli anni scorsi (pre-crisi, diciamo), ha fatto breccia nel mio animo una comunicazione progressista di questo stampo. Ma Tsipras ci sta dicendo due cose: che non è così che si coagula una forza politica radicale di massa, e che tale ‘menù di intenti’ è terribilmente invecchiato col trascorrere della crisi. Ci sta dicendo che qui e ora, se si vuole combattere la deriva anti-democratica che il capitale mondiale impone perfino all’Europa, culla dell’Umanesimo, qui e ora si deve andare al cuore del problema – con chi ci sta. E per un po’, pensare solo a quello; confidando che vengano poi il tempo e la forza per affrontare, da sinistra, anche tutto il resto. “Intanto la pace e la terra, subito: per tutti! Chi vuole questo è con me!”, diceva quello. Era il ’17. Concludo. Qualcuno dalle nostre parti leggerà in modo esattamente contrario la lezione di Syriza, dicendoci che se Tsipras per governare ha stretto un’alleanza con un partito di destra, noi (intendo noi compagni della sinistra-sinistra) che non vogliamo metterci nemmeno seduti a tavola con Civati, che non vogliamo ancora credere alla buona fede di Vendola, che non ci fidiamo poi tanto di un ritorno insperato come quello di Cofferati, allora non abbiamo capito proprio niente: che siamo settari, affetti dalla libidine della sconfitta. Non sentite già i loro flauti vellutare così? Ma è vero l’opposto. Ciò che al limite può mettere insieme Cofferati, Vendola, Civati, Rodotà, Landini e Ferrero, più qualche giovane di belle speranze, è forse un comune paradigma di libertà civili, sessuali, culturali e internazionaliste – cioè il tipico piatto un po’ freddino della ristretta intelligencija progressista. Che in quanto tale, non acquisendo oggi come oggi alcun traino di massa, non impensierirebbe (e non impensierirà) affatto il sistema di poteri dominanti e di diseguaglianze vigenti. Provate infatti a chiedere a ognuno dei suddetti cosa pensi di fare, semmai ne avesse la facoltà politica, su cose invece come la decurtazione del debito sovrano, l’elettricità gratuita e i buoni pasto alle famiglie povere, un forte aumento delle pensioni minime, il reddito minimo garantito (e più che dignitoso), la patrimoniale, la spesa pubblica per creare lavoro, l’obiettivo della piena occupazione: non sarebbero d’accordo su nulla! Ed è vero che, sapendo di non esserlo, parlano d’altro. Da tanto tempo, praticamente da sempre. Ancora oggi, e domani; senza costrutto. E’ questa qui la sconfitta certa, perenne, comprovata. Il neoliberismo, per questo, si smascella senza ritegno. Libidinosamente. Allora buon lavoro, Presidente Tsipras! Buon lavoro e buona lotta, compagne e compagni di Syriza! Buona lotta e buona vita, fratelli e sorelle dell’amata Grecia! Io ho fiducia, ci provo. Vorrei tanto che i fatti che accadranno dessero ragione ai pensieri che ho tentato di mettere qui in fila. Lo vorrei per voi, per me, per noi. Per un futuro (ancora) possibile. ventisei gennaio duemilaquindici http://www.esseblog.it/2015/01/con-chi-ci-sta-a-fare-cosa/ SYRIZA HA VINTO
C’è una foto, da qualche parte, che mi ritrae sorridente con Tsipras, sorridente a sua volta. Questa foto ha undici mesi. Da quella bellissima serata al Valle Occupato, di Roma, le compagne e i compagni greci hanno visto – con oggi – realizzati tutti i propri obiettivi. Le compagne e i compagni italiani, nessuno; nonostante i greci partissero da un quadro incommensurabilmente più tetro del nostro – come depressione economica, come disincanto morale, come pericolo concreto di tanti fascisti intorno. Ma essi oggi gioiscono, e io con loro. Invece noi compagne e compagni italiani, a guardarci, non abbiamo alcun motivo di gioia. Come si spiega? Io credo al lavoro e al fancazzismo, credo alla capacità e all’incapacità, alla buona e alla malafede. Alla sfortuna non ci credo. E il Teatro Valle neanche esiste più. venticinque gennaio duemilaquindici TU NON ALTRO CHE IL CANTO
Bella Tsi’! Bella a te, Alexis Tsipras, e ai tuoi compagni e alle tue compagne di Syriza, che tutte e tutti insieme siete alla vigilia di una vittoria storica! La vittoria alle elezioni generali di un grande Paese europeo come la Grecia, di un partito politico di sinistra radicale! In un’epoca in cui – in Europa – la radicalità, a sinistra, è stata scacciata con cura dalla mente e dal cuore di persone e popoli; in un tempo in cui le parole d’ordine, a sinistra, sono moderazione, larghe intese, compromesso, diciamo pure connivenza col nemico di classe, il tutto beninteso mascherato dal solito finto riformismo. Bella Tsi’, di tutto cuore! E grazie, compagne e compagni di Syriza, per averci regalato brividi di gioia ed emozione nel voler concludere il vostro comizio a piazza Omonia – Atene –, strapiena, con ‘Bella Ciao’ cantata in italiano, sulla musica dei Modena City Ramblers! Sul palco, dietro, c’era scritto la “speranza sta arrivando”, e grazie anche di questo. (Avete anche voi visto quel bellissimo film sul referendum cileno contro la dittatura, in cui lo slogan era “l’allegria arriva” e che giustamente spopolò… Bravi!) Sul palco, con Tsipras, c’era anche Pablo Iglesias, il leader di Podemos – il fenomeno politico spagnolo – che ha salutato la folla col pugno chiuso alzato; e spero non fosse solo retorica, spero che quell’incredibile impennata di consensi, che Podemos drena anche a spese di Izquierda Unida (i compagni e le compagne di Spagna erano riusciti in pochi anni ad arrivare a percentuali ampiamente in doppia cifra, ma ora sono tornati al 5% circa – cosa che per noi italiani sarebbe comunque un sogno!), spero proprio che Podemos li metta al servizio di una politica anti-liberista conseguente, e non per una banale e sterile battaglia anti-casta di facciata sul cattivo esempio del 5Stelle nostrano. Grecia, Spagna. E noi? A noi prescrisse il fato altro destino. Di italiani a piazza Omonia pure ce n’erano. C’era la Brigata Kalimera, gruppo eterogeneo composto da qualche rappresentante del piccolo partito della Rifondazione Comunista che ormai più di un anno fa ha promosso l’esperienza L’Altra Europa con Tsipras, i tre europarlamentari eletti a maggio con quella sigla, un po’ di compagni e compagne di base della stessa, alcuni degli auto-nominati strateghi della società civile o di apparato che ne guidano il percorso da un anno e più, e inopinatamente – per me motivo d’imbarazzo addirittura (ma ormai non è una novità) – c’era anche qualche figura del centrosinistra e della minoranza PD. Chiaramente se qualcuno di loro è stato notato dalla stampa e intervistato, non ha potuto far altro che felicitarsi con Tsipras e Syriza (con maggiore o minor grado di sincerità, o nullo) parlando a titolo poco più che personale, giacché nessuno – ancora oggi, dopo più di un anno – può dire legittimamente che parla e agisce per conto del soggetto politico della sinistra radicale italiana, eternamente in via di costruzione ed eternamente inconcluso. Con tutto che L’Altra Europa con Tsipras avesse addirittura nel brand il suo nome, Alexis non ha potuto avere il piacere di presentare dal palco di Atene, in una serata di festa come quella, sulle note dell’inno dei partigiani e dei lavoratori italiani, uno o una rappresentante politica di tale soggetto che potesse abbracciare i fratelli e le sorelle di Grecia (e anche di Spagna, a quel punto) guardando Tsipras e Iglesias da pari a pari, e consentendo alla sinistra radicale italiana di essere pari alle altre nel consesso e nel contesto di questa lotta di liberazione continentale dall’egemonia capitalista più brutale! A noi, il contentino del canto. Il vertice strategico di un’organizzazione, auto-insediato, se non riceve la legittimazione democratica per il semplice fatto che temporaneamente non esistono strumenti e percorsi idonei a conferirgliela, tuttavia può ricevere una legittimazione politica in virtù dei risultati che raggiunge, della forza che la sua attività inietta nell’organizzazione, dall’attestato di esistenza che la scena gli riconosce comunque – in attesa che una forma di democrazia stabile interna all’organizzazione stessa, la consolidi dalla base al vertice. Ma senza nemmeno questo, senza alcun risultato, dopo oltre un anno, quegli strateghi inamovibili stanno semplicemente usurpando un ruolo, stanno sprecando energie e intelligenze di tanta (relativamente tanta) gente, stanno facendoci uscire dal cono di luce della Storia – quella che l’altra sera illuminava giustamente Tsipras e Syriza, e pure Iglesias e Podemos (che in un anno ha fatto tutto il suo cammino, mentre qui in Italia si restava immobili). E’ quel buio, appena fuori dall’inquadratura della festa, nel quale si è auto-ghettizzata la sinistra radicale italiana, a causa di chi la guida e a causa dell’inerzia di chi si fa guidare (e anche mia, che sto a guardare) – è quel silenzio di una nostra politica di classe e di speranza, pur tra le note arci-familiari di ‘Bella Ciao’, che mi ha fatto pensare ancora. Fino a dedurne che si può tranquillamente gettare l’acqua sporca, proverbiale. Perché non c’è nessun bambino là dentro. ventiquattro gennaio duemilaquindici http://www.esseblog.it/2015/01/tu-non-altro-che-il-canto/ QUANTITATIVE EASING
‘Siamo unanimi – il board BCE – nell’impegno a ricorrere anche a misure non convenzionali contro il periodo troppo prolungato di bassa inflazione.’ Ma quello che non capisce Draghi (il virgolettato è suo, ripetuto in tante occasioni con sfumature appena diverse) è che potrebbe anche stampare euro a tonnellate e farli piovere con gli elicotteri sulle città, ma la gente non si rimetterà per questo ad alimentare un sistema di consumi di cui non si fida più – che gli ha rovinato la vita, che gli ha minato la salute impiastrando l’ambiente, che gli ha tolto la speranza nel futuro di tutti e specie delle nuove generazioni. Sì, potrebbero anche stampare soldi e regalarli porta a porta – la BCE e la Fed (che è stata la prima a manovrare di quantitative easing) – ma il lavoro non tornerà per questo, la comunità non rinascerà per questo, la Civiltà non avanzerà per questo. Puoi portare i cavalli all’acqua – come si dice – ma non puoi costringerli a bere. Invece bisogna riconvertire il sistema nella sua globalità. Punto. Perché abbiamo superato il punto a gravità zero – come si dice – e la realtà è tirata verso il nuovo modello. Il vecchio, l’attuale – pur con tutte le pezze a colore che possono inventarsi –, non ha più capacità attrattiva. E per fortuna, per pensare e realizzare la riconversione generale non partiamo proprio dal nulla. E allora si tratta di darci dentro – di studio, di esperienza, di immaginazione e di formazione. Che il socialismo verrà. Poco ma sicuro. E verrà per via democratica, con il consenso informato della grande maggioranza della gente. Non dico che non costerà tribolazioni, arrivarci. Ma verrà, non ci piove. E intanto, ognuno faccia il lavoro suo. ventidue gennaio duemilaquindici TRANQUILLI COSIDDETTI
slittano con calma a giovedì prossimo le cosiddette misure anti-terrorismo che il governo renzi doveva varare oggi. però oggi con decreto legge è stata resa obbligatoria la trasformazione delle banche popolari in società per azioni: conta chi ha cosa, e cosa ne fa - e guai a far di testa propria. il terrorismo può aspettare, i soldi no. evidentemente. il 2015 manco è cominciato, che il fondo monetario internazionale ha già segato a metà la previsione della cosiddetta ripresa italiana. era già ridicolo chiamarla ripresa secondo le stime di renzi e padoan, +0.9%, che però ci si erano riempiti la bocca. ma adesso non schiodiamo da un patetico 0.4%. e mi aspetto a breve altri numeri a scendere. boschi è tutta contenta perché alla faccia della cosiddetta opposizione interna al pd, i numeri per votare l'italicum al senato - dice - ci saranno. berlusconi e i suoi terranno fede al patto del nazareno, per attrazione gravitazionale anche il centrodestra delle larghe intese obbedirà, e vedrete che nell'alchimia generale - quirinale compreso - pure la lega, pure grillo, pure la minoranza pd e pure sel, non si metteranno a fare i matti. matti perché, poi? per chi? da oggi a davos, in svizzera, abbiamo tutti insieme quaranta tra capi di stato e di governo, e duemilacinquecento tra amministratori delegati di multinazionali di ogni settore, economisti di fama mondiale e consulenti da think-tank di quelli che pesano. quando un'azione cosiddetta anti-sistema metterà nel mirino riunioni di famiglia come questa, solo allora crederò che al mondo ci siano terroristi che nessuno controlla. ma finché invece essi ammazzano poveracci a caso ai quattro angoli del pianeta, - che recitino strillando per allah, per il duce o per il popolo - io li chiamerò le guardie nere del potere globale, le forze speciali sotto copertura per azioni sporche, gli esecutori professionali del grande condizionamento 'con le cattive'. (quello 'con le buone' vi dà il buongiorno sorridendo.) e finché io scrivo queste ovvietà qui sopra, esse restano ciò che sono: le sparate di un povero cristo che ha un blog sfigato che non legge nessuno. ma se fossero i comunicati stampa di una forza radicalmente alternativa almeno a chi rappresenta su scala italiana il potere globale, esse sarebbero una posizione politica. che una forza così non ci sia - che non ci debba essere, in italia, che non si voglia che esista - è propriamente la conseguenza del fatto che se esistesse potrebbe e dovrebbe pubblicare comunicati stampa così, prendere posizioni così, fare politica così, de-condizionare così la gente. sempre più gente. ma tranquilli, compagni! non ve lo faranno questo torto: continueranno a farvi perdere tutto il tempo della vita senza che si venga a capo di nulla. nessuno, mai, sarà costretto a fare quella politica, a dire quelle cose seriamente. resteranno i matti isolati a farlo: che facciamo anche colore! no, tranquilli: non sia mai che poi - compagni - con tanta gente risvegliata che lo voglia, vi tocchi fare la rivoluzione per davvero. venti gennaio duemilaquindici ANTIVANITA'
crescersi in casa cuccioli di gatto o cane o altro animale non-umano, anziché cuccioli d'uomo, ha di rilassante che non corri il rischio che crescendo somiglino a te, né a questi umani. diciannove gennaio duemilaquindici LOST IN TRANSLATION
oggi il sermone è sorprendentemente breve. dirò soltanto che la nostra epoca va davvero di fretta, troppo. infatti, nel tradurre un precetto importantissimo dalle scritture della spiritualità tradizionale se ne è persa un pezzo: quello che nei versetti dell'antico testamento, nei sutra buddhisti, nei passi evangelici e nelle sure coraniche significava "amatevi gli uni con gli altri", è diventato "amatevi". e basta. buona domenica. diciotto gennaio duemilaquindici AMLETICAMENTE 'ALTRA EUROPA'
Io penso - e lo penso da mesi, l'ho detto a chiunque e scritto dappertutto - che di qui a un po’ il partito della sinistra italiana verrà; verrà per la pressione reale di urgenze dettate dalla crisi sistemica tutt’altro che passata e dalla clamorosa assenza politica di sinistra in Italia, stante la configurazione attuale (PD, partito ormai neo-liberista; SEL, partito moderato; Rifondazione, partito dilaniato; Altra Europa, non-partito). Ma il semplice passar del tempo non produrrà il partito di cui sopra: serve anche l’azione intenzionale della gente più in gamba. E non credo minimamente possibile che quel partito possa davvero venire dal basso, e soltanto dal basso. In basso – ho riscontrato – tutta questa gente in gamba non c’è. Mi sembra, viceversa, che aver continuato a contribuire a che nascesse così, senza alcuna garanzia di ordinata battaglia democratica all’interno e di utile visibilità all’esterno – una cosa che per definizione non ha un dentro né un fuori né ordine né democrazia né potenza –, abbia prelevato invano a me e a chi ci ha provato (soprattutto a chi ci sta provando ben oltre il mio limite di pazienza - io infatti ho smesso sei o sette mesi fa) forza utile dalla mente e dall’agire, e pure tanto tempo. (E anche questo effetto depressivo su me e altri come me, ritengo sia calcolato.) Quindi penso che verrà dall’alto, il partito della sinistra-sinistra italiana, anche se di sicuro sarà fatto sembrare il contrario – per buona creanza, magari. E fosse solo questo il suo peccato originale, poco male. Ma è che la sua stessa politica, a causa di un processo formativo tanto opaco, con tante riserve mentali da parte dei suoi veri conduttori, con tanti ricatti incrociati che lo stanno e lo avranno segnato e depotenziato - la sua politica avrà ben poco dello schietto colore di sinistra che serve (e che potrebbe arrivare al cuore della gente) in questa crisi, in questa guerra. Il neo-liberismo non avrà di che guardarsi con preoccupazione, almeno alla propria sinistra. ...e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. Buona assemblea, compagne e compagni. diciassette gennaio duemilaquindici DOPO NAPOLITANO
Nato a Sesto San Giovanni, il 21 aprile 1948. Chirurgo, filantropo e pacifista italiano, fondatore, insieme alla moglie Teresa, di una ONG che fronteggia l'emergenza in ogni angolo della Terra. Laureatosi in medicina all'Università Statale di Milano nel 1978 e successivamente specializzatosi in chirurgia d'urgenza, durante gli anni della contestazione è uno degli attivisti del Movimento Studentesco (guida il servizio d'ordine della facoltà di Medicina, la sua squadra è denominata "Lenin"). E' ateo ed è stato amico del noto prete di strada Andrea Gallo. Nel 2013 ha dichiarato di non votare alle elezioni da circa trent'anni, per esprimere la propria disapprovazione verso la politica italiana, ma nel 2014 ha dichiarato di sostenere la Lista Tsipras. Dopo la laurea viene assunto dal nosocomio di Rho e fa pratica nel campo del trapianto di cuore fino al 1988, quando si indirizza verso la chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra. In particolare negli Anni Ottanta si specializza in chirurgia cardiopolmonare, lavorando negli Stati Uniti, alle università di Stanford e Pittsburgh, in Gran Bretagna all'Harefield Hospital e in Sudafrica al Groote Schuur Hospital di Città del Capo, l'ospedale del primo trapianto di cuore di Christiaan Barnard. Nel periodo 1989-1994 lavora con il Comitato Internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina. Questa esperienza sul campo lo motiva a fondare, con la propria compagna e un gruppo di colleghi, un'associazione umanitaria internazionale per la riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo che dalla sua nascita, nel 1994, alla fine del 2010 ha assistito gratuitamente oltre 4 milioni di pazienti. Nel 2001 è vincitore del premio Colombe d'Oro per la Pace, assegnato annualmente dall'Archivio Disarmo a una personalità distintasi in campo internazionale. Ha ricevuto alcuni voti nello scrutinio segreto per l'Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 2006. Nel marzo 2007, durante il sequestro in Afghanistan del giornalista di La Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, ha assunto una posizione di rilievo nelle trattative per la sua liberazione. Nel 2009 muore sua moglie Teresa. Il ruolo di Presidente dell'ONG viene assunto dalla figlia Cecilia. In Italia ha assunto negli anni posizioni critiche nei confronti dei governi guidati da D'Alema, Prodi e Berlusconi, per le loro scelte a sostegno della guerra, per la partecipazione dell'Italia a diversi conflitti recenti, per l'aumento continuo delle spese militari da questi sostenute, per le politiche sull'immigrazione e i respingimenti. La maggior parte delle critiche sono relative alla partecipazione dell'Italia all'intervento NATO in Afghanistan, da lui valutato come una barbarie commessa contro la popolazione afghana in aperta violazione dell'Articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana; si è spinto a tali affermazioni poiché riteneva l'intervento della NATO, e di conseguenza dell'Italia, spinto da interessi economici. Molti considerano la sua posizione come un esempio di pacifismo radicale, moralista e utopico, ma a questo proposito lui stesso ha dichiarato: “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra.” La sua associazione si chiama EMERGENCY. Lui è GINO STRADA. IO CHIEDO CHE DIVENTI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA! quattordici gennaio duemilaquindici GUERRA SPORCA ovvero LO ZEN E IL SISTEMA DEI POTERI CONTEMPORANEO ovvero GRUPPI SUPER-RAZIONALI, QUI GIACE IMMANUEL KANT
pubblicato in parti su http://www.controlacrisi.org/notizia/Altro/2015/1/8/43520-la-vera-guerra-e-quella-dellimperialismo-contro-i-poveri-e/ http://www.esseblog.it/2015/01/guerra-sporca/ http://www.esseblog.it/2014/12/regimi-e-qualita/ http://www.lindro.it/0-politica/2015-01-09/163848-lo-zen-e-il-sistema-dei-poteri-contemporaneo-2 8 gennaio 2015 – mattina A Parigi, ieri. Dico la mia. Ma la prendo un po’ da lontano. Serve un’ottica larga, per far entrare tutti i dettagli nel quadro e tentare un senso d’insieme. La guerra è la continuazione del capitalismo con altri mezzi. L’unica possibilità di un’interposizione globale di pace è uscirne – dal capitalismo. La crisi sistemica del neoliberismo, o turbocapitalismo, data ormai otto annetti. E sta strapazzando di brutto donne e uomini di tutti i Paesi occidentali, a eccezione ovviamente della minuscola minoranza di garantiti a vita – che invece proprio con la crisi stanno facendo affari da favola e consolidando il privilegio proprio, di famiglia e di clan con una vera guerra di classe dall’alto verso il basso. Però un fatto buono – mi ero detto, ci eravamo detti in tanti – la crisi lo porta: quanto più dure diventano le condizioni materiali della maggioranza della gente, tanto più si aprono condizioni politiche per creare un’alternativa di massa al sistema. Una specie di finestra si era aperta, infatti. La nascita degli Occupy vari, Indignados di qua e di là dell’Atlantico, la ripresa delle forze politiche strutturate e sindacali di vera alternativa in tanti Paesi d’Europa (non troppo in Italia – qui c’è un’altra storia), la vittoria o la conferma di partiti e presidenti di sinistra in America Latina… Però francamente mi sa che il momento migliore è già passato: le forze della conservazione e della reazione hanno dispiegato tutti i loro mezzi potentissimi (conformismo, diversioni, infiltrazioni, neofascismi) per mantenere almeno in Europa e in Nordamerica l’antagonismo a uno stadio di eterna frammentazione (tranne bellissimi ma locali casi come Syriza in Grecia o, forse, Podemos in Spagna) senza uno sbocco politico e democratico efficace al punto tale di diventare un vero fenomeno di massa – come invece di massa è il patimento sotto il tallone di ferro del capitalismo. E anzi, ci sono da tempo non pochi segnali che per fare piazza pulita dei rischi residui e per blindare in un principio d’ordine tassativo il sistema del privilegio, le classi dominanti possano scaricare la crisi coi sistemi peggiori: l’autoritarismo, il terrore, la guerra. Appunto. Corsi e ricorsi storici. Cento anni fa le grandi nazioni sentirono il fuoco della rivoluzione a un passo dai confini, e perfino sotto i piedi, con le occupazioni di fabbriche e terre e con la rivolta sociale che sembrava poter riuscire. E il capitalismo, che si era già disteso su tutto il pianeta – divorandolo, e non poteva certo nutrirsi attaccando la Luna –, viveva realmente un’ora buia come mai prima: la massa indistinta, la cui soggezione millenaria ha consentito l’edificazione del palazzo sui cui terrazzi una minoranza vive nel Sole, diceva adesso con voce di gigante: ‘questo non è giusto, questo non sarà più!’ Solo che – appunto – arrivò la guerra delle Potenze, a spezzare quella voce. Due volte in trent’anni: la prima cent’anni fa, con la scusa delle famose pistolettate a Sarajevo. E il Ventesimo Secolo dalla Grande Guerra in avanti – non importa ciò che vi raccontano – non è che la reazione alla fiamma etica e politica della rivoluzione per la giustizia tra gli umani: fascismo, depressione, nazismo, guerra fredda, conformismo, riflusso, consumismo, società dello spettacolo, terrorismo, atomizzazione sociale, globalizzazione, finanziarizzazione, debiti, crisi. Attenzione: anche oggi l’ingiustizia socioeconomica è estrema, la depressione individuale e di gruppo è acuta; in Europa la sfiducia nelle mediazioni politiche e istituzionali dei conflitti in un quadro almeno formalmente democratico, è massima; la presenza di clan e di personaggi pronti all’avventurismo autoritario è accertata; la pervasività dei mezzi di comunicazione di massa, idonei a far applaudire i milioni e le decine di milioni di afflitti e depredati perfino del senso di sé e di classe – è un dato di assoluta realtà. Farli applaudire, beninteso, anche alla loro stessa rovina. Serve una scintilla, all’apocalisse. Prendete l’ultima emergenza dello scontro tra civiltà, la recrudescenza sulla scena del terrorismo internazionale: prendete l’IsIs – o la Jihad, o Al Qaeda – e le loro azioni mostruose e la risposta militare che gli Stati Uniti hanno già approntato e stanno rinforzando insieme agli alleati. Il mainstream mondiale ci ha detto che è gente simile a quella che quattordici anni fa ha fatto venire giù le Torri Gemelle. Che hanno infilato un aereo nel Pentagono. Che hanno riempito di antrace il Senato americano. Ci hanno detto che undici anni fa gente così ha fatto duecento morti alla stazione di Madrid. Che dieci anni fa hanno fatto saltare la rete della metro di Londra. E che per tutto questo tempo, da allora a oggi, si sono annidati negli avamposti dell’Occidente in tutto il mondo: depositi di armi, laboratori, centrali strategiche, nodi di informazione e comunicazione. Ci hanno detto che erano, sono e saranno il nemico giurato del mondo libero e civile, che sono armate irregolari piene zeppe di inglesi, francesi, americani, spagnoli e pure italiani (tra l’altro, siccome portano tutti il cappuccio nero e non li vedi in faccia, potrebbero benissimo essere sì inglesi, francesi, americani, spagnoli e italiani, e russi e israeliani e cinesi o chi vi pare, ma delle rispettive forze speciali per azioni parecchio coperte e sporche!). Ci è stato detto e ci si dice tutto questo da quattordici anni; e adesso questi qui – i mostri super-pericolosi – per terrorizzare l’Occidente non trovano nulla di più devastante che filmare un tipo imbacuccato mentre taglia il collo a un prigioniero in mezzo a chissà che deserto, e metterlo su youtube? O mandare tre armati fino ai denti a sparare in tutta sicurezza dentro la redazione di un giornale parigino? Senza – che so – un dito su un circuito collegato a un deposito di scorie nucleari depredato, senza una mano su un’ampolla di ebola africano da stappare come il Vaso di Pandora, senza la minaccia di tenere nel mirino con il mega-raggio-laser rubato chissà dove il Parlamento d’Israele che gli starebbe anche a un tiro di schioppo? Dopo quattordici anni dalla prima performance che non mancò certo di fare rumore? E a voi, fermandovi un attimo a pensare, vi torna? A me no, per niente. O era una menzogna la potenza nefasta di allora, o è una menzogna quella di oggi. Ma la cosa interessante è che invece tutto si spiega, se si opta per la tesi che sono una menzogna entrambe le narrazioni. Quella, dalle Torri all’antrace, e questa, dal Califfato alle scimitarre. Attenzione, non sto dicendo che siano finte le atrocità – le decapitazioni, le distruzioni, le stragi e tutto il resto. Quelle purtroppo sono verissime. Sto dicendo che è finta la storia che tramite esse ci viene confezionata, sto dicendo che la storia è un’altra. Insomma, caro capitalismo, o sistema o mondo globalizzato – o come diavolo ti chiami –, se vuoi fare la guerra falla, perché con la pace crepi di asfissia. Però piantala di prenderci per il culo! Ma la guerra è una cosa troppo grande perfino per i grandi decisori da soli: i quali, per scatenarla, hanno bisogno dell’opinione favorevole delle masse. Masse in larga parte rese docili da implacabili armi di ottundimento, rese rabbiose da povertà e disoccupazione crescenti, ancora scientemente deprivate degli strumenti idonei alla coscienza di sé, in quanto classi e in quanto Umanità – masse agitate dietro a bandiere posticce come i bambini di Hamelin appresso al pifferaio. L’antidoto a questa orribile china sarebbe uno soltanto: una sinistra europea lucida e conseguente – politica, sindacale, civica, culturale, di senso comune – che si arricchisca dei contributi delle sinistre solide di tutti i suoi popoli (quello italiano compreso – sto sognando, lo so). Perché, guardate, si sta fermando. Ma non la crisi. Al contrario, si sta fermando proprio l’immensa e rugginosa macchina i cui difetti strutturali la crisi ha messo in bella vista. E quando non farà più nemmeno un metro, dovremo scendere tutte e tutti. Metteremo i piedi dove non siamo abituati. E là, dipende: vi verrà lo sconforto e vi dispererete, oppure sarete indemoniati di rabbia e di paura e vi farete guerra gli uni gli altri, o infine – magari! – capirete che la macchina è morta lì ma voi siete vivi, e c’è tra voi qualcuno che un’idea di tutt’altro meccanismo già se l’è fatta. Un meccanismo che dice noi e non io, che dice insieme e non contro, che dice potenza e non potere, che dice essere e non avere. Ma bisogna, compagni, che ci facciamo carico noi di dirlo in modo semplice e chiaro. Già: io, davanti ai fatti orrendi di Parigi, continuo ad avere la pretesa che i comunisti dicano in faccia al mondo semplicemente che socialism is a global peacekeeping – e che questa è l’unica strada possibile. Che spieghino alla gente che è come se al mondo si fronteggiassero alcune armate per il completo esercizio del potere sugli esseri umani, sulla natura vivente e sullo stesso pianeta; che questa guerra senza quartiere andasse avanti già da un bel po’, almeno da quando le conquiste scientifiche, tecnologiche e organizzative hanno reso tutta la Terra un solo luogo, con un solo tempo valido ovunque; e infine che ci fossero, nel mezzo della guerra, prima milioni poi decine di milioni poi centinaia di milioni poi alcuni miliardi di cittadini del mondo che non intendono prendervi parte, e anzi: o supplicano perché finisca questo scempio insensato, o imprecano contro i responsabili del medesimo. Bene. Noi dobbiamo dire che questo non è affatto un esercizio di immaginazione, perché le cose stanno esattamente così! Gli eserciti schierati sono quelli transnazionali del profitto; la guerra è quella che per qualche decennio si combatte nelle borse mondiali, e sulla pelle di tutti, poi nei conflitti locali veri e propri, e infine esplode in un grande olocausto come le guerre mondiali; e i cittadini del mondo che si sottraggono o si ribellano a tutto questo – be’, siamo noi. L’oceano dei poveri cristi. Ora, realisticamente, la natura umana forse non muterà tanto da far sì che questo masochismo competitivo si estirpi alla radice e per sempre. Magari è nei nostri geni, come nei geni dei pesci c’è scritto di avere le branchie. Ma qualcosa si può e deve fare, comunque. Non foss’altro che per il fatto che di tale stato un bel po’ di noi soffre di brutto, e – più importante ancora – che rischia di morirne il pianeta. Allora il socialismo non è altro che questo, da sempre: è il progetto per la costituzione di una forza globale di interposizione di pace – proprio quella che richiamavo all’inizio. Efficace nella misura in cui non si limita a pregare contro la guerra o a colpire qualche Stato Maggiore, ma semplicemente disarma gli eserciti – togliendo almeno un po’ di valore alla proprietà privata, ciò per cui quelli si ammazzano tra loro e soprattutto ammazzano noi. Ed è un progetto per cui val la pena spendere anche la vita intera, pur solo per assistere a un suo piccolo avanzamento. Perché l’ora è brutta davvero, sugli scenari globali. Infatti capite bene che se devi fregare il mondo e chiudere alla grande la partita, cioè la contraddizione tra capitale e lavoro, lo fai quando la guardia di chi al mondo ci vive e ci lavora è abbassata. Non lo fai quando il capo dello Stato più potente del mondo è Bush. Quando è Bush – e tutti sanno chi è Bush come alfiere del capitale, e le forze che rappresentano il lavoro stanno all’erta – al limite cominci a fare le prove generali: un episodio eclatante, una guerra regionale (ogni riferimento a fatti davvero accaduti non è casuale). Né lo fai quando il leader spirituale più seguito al mondo è Wojtyla (o è Ratzinger). Troppo antiprogressisti entrambi per far abbassare la guardia a chi tu hai interesse che lo faccia. No. Se vuoi fregare il mondo e stravincere lo fai quando il capo dello Stato più potente al mondo è clamorosamente un afroamericano. Lo fai quando il leader spirituale più seguito al mondo prende il nome di Francesco, quasi scandalosamente. E’ allora che la guardia di chi abita la Terra dal lato del lavoro (cioè del torto, brechtianamente) si abbassa. Allora puoi colpire duro. E vinci di brutto, l’avversario lo stendi. Se già prima eri in vantaggio, così non se ne parla più per qualche secolo a venire. Riesco quasi a figurarmelo, il tira-e-molla quotidiano tra Washington e Langley – sì insomma, tra i vertici del Potere visibile e quelli occulti (dovunque stiano): – Presidente, non basta ancora. Tiriamo giù il Golden Gate a San Francisco? – No. – Possiamo far uscire un po’ di ebola dai nostri laboratori in Russia, o in America Latina. – Ho detto di no. – Mettere sotto tiro l’Assemblea del Popolo a Pechino? Un’udienza generale di Papa Francesco a Roma? – Ma siete matti? No! Accontentatevi della storia dell’IsIs com’è, e facciamo la guerra che riusciamo a fare così. – Sì Presidente. (…a questo non gli sono bastate le mid-term, al 2016 chissà se ci arriva…) Dire che la Civiltà è minacciata da bande di assassini esaltati e probabilmente drogati, e non dalla pratica decennale dei milioni di morti per povertà e sfruttamento né dalla distruzione sistematica e suicida delle risorse naturali del pianeta – è come lamentarsi di aver trovato lo zerbino storto davanti alla porta, ma non che hai beccato tua moglie che si tromba i vicini di casa. Invece, questi nostri tempi di crisi sarebbero il momento esatto in cui anche soltanto per rivendicare la più equa e moderata distribuzione di benessere individuale – non dico la palingenesi collettivista del Sol dell’Avvenire –, cioè anche solo per non soccombere e morire (giacché feroci, come si richiede in questa guerra, noi non siamo né saremo mai: non faremo colpi di Stato per impedire esperimenti sociali né inonderemo di petrolio golfi oceanici per limare costi di manutenzione, non creeremo carneficine a Bhopal né ovviamente butteremo giù alcun grattacielo a Manhattan), ebbene noi si debba pensare e organizzarsi ed agire in modo più forte e più ampio di come ci siamo mai presi il lusso di fare prima. Marx, Gramsci, il Che, Pasolini; ripresi tra le mani con immenso piacere: l’eccellenza soggettiva, in questa guerra civile planetaria e millenaria, conta eccome! E che il monopolio della sottolineatura che l’epoca in cui viviamo è di fatto un’era di guerra mondiale – benché non dichiarata in modo ortodosso – spetti al capo della Chiesa cattolica, e unito ad esso la sacrosanta indignazione e la preoccupazione feroce derivante, dice soprattutto l’inadempienza nostra di comuniste e comunisti di tutto il mondo occidentale nello svolgere quella che è semplicemente la nostra funzione storica. Socialism is a global peacekeeping – ecco quel che dovrebbe essere il nostro mantra. Punto. Perché loro credono in dio, e lo fanno vedere – ma noi? Però a Parigi, ieri, dio muore. Come a Peshawar, come a Beslan. Come sotto le chiglie dei barconi nel Mediterraneo, come in Ruanda, come a Sabra e Chatila. Come dappertutto. Fino ad Auschwitz. E oltre. Sempre. Loro credono in dio. E noi dovremmo avere la forza di dirgli di non stare a pregare perché risorga, che non risorgerà per le preghiere. Che è lui che prega noi perché non lo uccidiamo ancora. A Parigi, ieri. Come dire Vincino, Vauro, ElleKappa e Biani, o Altan o Staino o ZeroCalcare o Makkox. Come dire che tre assassini sono entrati a mitra spianato nella redazione del Manifesto o del Male o Cuore o Tango o il Marc’Aurelio. Che hanno ammazzato come cani vignettisti e giornalisti e impiegati, inermi – e sicurezza, sopraffatta –, e poi sono scappati come in un’azione di guerriglia tra forze speciali (salvo dimenticare una carta d'identità per gli inquirenti). Come dire che al centro di Roma o di Milano o Napoli è piombata all’improvviso la guerra stragista e vigliacca delle armi pesanti. Contro le matite e la carta stampata, contro le tastiere dei computer e l’intelligenza del dissenso. Questo è successo a Parigi, al Charlie Hebdo. E’ successo a Charb, Cabu, Tignous e Georges Wolinski, agli altri otto uccisi sul colpo, ai feriti gravissimi – cinque, sugli otto in tutto. Dodici morti e otto feriti nella redazione del giornale satirico, nel pieno centro della capitale francese. Dodici morti e otto feriti per i proiettili assassini di tre criminali che i testimoni hanno sentito parlare in perfetto francese inneggiando all’Islam. E sul punto non dico altro. Anzi, soltanto che questo specifico aspetto della storia – il grido ‘Allahu akbar’ udito proferire dagli stragisti – è quello che ingoia e ingoierà tutto il resto dinanzi alla pubblica opinione, l’unico che sarà evidenziato e martellato da chi ha tutto l’interesse ad accelerare ancora verso la crociata contro gli stranieri, la chiusura dei confini, i pogrom sui diversi. Già lo vediamo. Dico invece questo. Che sono affranto, per quelle morti e per quelle ferite gravi. Per il fatto che non è proprio concepibile che si mescoli all’inchiostro di china il sangue di chi ha il pennino in mano, non dopo tre secoli dalla rivoluzione dei Lumi, della tolleranza e del libero pensiero. Non nella sua stessa culla. E che sono terrorizzato. Perché se il livello dello scontro in atto tra i poteri del mondo è giunto anche a questa soglia, alla carneficina in sé e alle calcolate conseguenze nefastissime che genera, allora per me che sono senza alcun potere, e per chi amo altrettanto impotente, e per ciò che per me ha valore – che ha la sola potenza inerme del vero, del bello, del giusto e dell’umano –, ebbene il tempo presente e futuro è davvero senza scampo. Tre armati entrano in uno spazio civile e sparano con calma a venti persone, uccidendone dodici e ferendone cinque quasi a morte. Poi fuggono, lasciando tracce. Né si ammazzano né si fanno ammazzare. Signori, questo non è terrorismo. Questa è guerra. Come in ogni guerra qualcuno ci si arricchisce. Bisogna capire bene chi, come, perché. E la gente ci sta nel mezzo. A piangere, a pregare – alcuni a lottare perché finisca. Una guerra contro la democrazia e la giustizia, contro la stessa speranza in una democrazia giusta. Concludo. Alla fine il fascismo – così come la sua naturale evoluzione, la guerra – non è che un metodo tra gli altri per far digerire alla grande massa della gente il fatto che c’è un 10% di persone che se la passano molto bene, e l’1% più ricco di queste che se la passa davvero troppo bene, e il decimo più privilegiato ancora di quest’1% che se la passa assurdamente, indecentemente bene, mentre invece il restante 90% di tutti non se la passa mica tanto bene, tra cui una buona metà se la passa davvero male, o malissimo. Il tutto senza nessun motivo ragionevole. Col fascismo – e con la guerra, se il fascismo da solo non basta – viene fatta digerire alla tanta gente che per motivi intrinseci al sistema se la passa non bene, o male o malissimo, proprio l’estrema irragionevolezza della sua stessa condizione, e della condizione all’opposto di quei pochi che campano alla grande e alla grandissima. Come ci si riesce? Con le sciocchezze, con l’ignoranza, con l’insicurezza, col terrore. Appunto. Che poi pure la democrazia solo formale – cioè: la forma giuridica e sociologica del mercato capitalista al tempo del non-fascismo e della non-guerra – non è che un metodo tra gli altri per ottenere la stessa cosa: che alla gente l’assurdo non sembri assurdo, bensì la norma. Solo che la democrazia – questa democrazia qui – di solito basta a raggiungere lo scopo se la distanza tra il livello al quale sopravvive la grande massa e quello al quale se la spassa la ristretta minoranza non è tanto enorme da non potersi più camuffare. Se invece lo diventa, se l’ordine di grandezza tra la mera sussistenza e il lusso e il potere rischia di diventare intollerabile in un regime di libertà formale e di pace apparente, allora il sistema ricorre al fascismo e alla guerra. E’ ovvio che le leve che il sistema userà in regime di democrazia e di pace per far digerire alla gente lo stato di cose presente (stato inalterabile, a meno di una rivoluzione sistematica) sono diverse da quelle che userà in regime di fascismo e guerra. Tipicamente, nel secondo caso userà la leva di coltivare nella gente e tirar fuori da essa il peggio che l’umano porta dentro sé. E avvantaggiati in questo lavoro passivo di mutazione antropologica in favore del sistema saranno gli stupidi e i violenti, i quali poi costituiranno lo zoccolo duro di tenuta del regime stesso anche a fronte dell’estrema assurdità sia delle sperequazioni economiche presenti sia delle scelte politiche – fino alle peggiori: il razzismo, la dittatura esplicita, la pulizia etnica, la guerra – adottate per tutelarle. Invece nel primo caso, più frequente nella storia contemporanea e in questa parte del mondo, non servendo arrivare a tanto – essendo meno intollerabile la sperequazione – il regime democratico formale coltiverà nella massa qualità meno brutali e grette, bensì conformiste a sufficienza perché il sistema non corra seriamente il rischio di esser messo in discussione dalle fondamenta. La differenza non è da poco: in democrazia e in pace si può studiare e comunicare e si può essere gentili, sinceramente, coi propri simili. Beninteso, se non si pretende di rivoluzionare la struttura profonda delle cose. Col fascismo e in guerra no, mai – nemmeno quello. Alla fine, è per questo che un comunista preferisce la democrazia formale al fascismo e la pace apparente alla guerra. Non perché uno dei due regimi sia buono e l’altro cattivo né perché uno dei due sia interno e l’altro esterno al sistema capitalista, ma perché fino al giorno prima della rivoluzione a noi servirà studiare e comunicare e piacerà essere gentili con chi sentiremo che lo merita. Ora però la sperequazione assurda e indecente sta aumentando ancora. Quindi la democrazia e la pace, basta affacciarsi alla finestra per pronosticarlo, passeranno presto di moda. La domanda non-retorica è: in queste fasi un comunista che dovrebbe fare? Perché la cecità delle classi dominanti davanti alla crisi sistemica epocale non si spiega nemmeno con gli istinti predatori e patologici delle stesse. No. La guerra di classe verso il basso e quella del sistema verso il pianeta, che durano da quarant'anni e da un decennio sono evidenti a tutti, si possono capire a pieno solo come l'immensa fase di nuova accumulazione originaria del capitale. Come alla transizione tra Età Antica ed Età Moderna. Il Medioevo ‘secondo’ (della Civiltà Occidentale, che ora è globale) arriva, è già qui. Le élite si attrezzano a questo, i popoli sono sedati per evitare il panico – anche, paradossalmente, con venti di guerra che terrorizzano e focalizzano sempre qualche altro nemico. Ai comunisti, se non riuscirà di orientare la trasformazione (e non ci riusciremo), toccherà allora il ruolo del secondo 'monachesimo'. Attrezziamoci almeno a questo. Ieri non si è colpito l’Occidente che combatte contro il fondamentalismo islamico: avrebbero in caso messo nel bersaglio l’America gendarme del Medio Oriente, o l’Israele della colonizzazione contro tutto e tutti, al limite la Germania delle manifestazioni islamofobe o la Scandinavia dei rigurgiti razzisti. Invece la trincea passa da un’altra parte – anche se il mainstream non lo ammetterà mai. Lo deduco semplicemente da quello che ho provato a raccontare fin qui. Ieri hanno colpito la Parigi dell’Illuminismo e dell’Encyclopédie, la Parigi della messa in discussione del potere antico e immobile, la Parigi della Presa della Bastiglia, del radicalismo di Marat e Robespierre, della Congiura degli Eguali di Babeuf, il proto-comunista, la Parigi del ’48, della Primavera dei Popoli, la Parigi della Comune schiacciata nel sangue dalla borghesia rampante, non più imperiale e ormai imperialista, la Parigi di Jean Jaurès, ammazzato da un fanatico nazionalista perché nessuno potesse impedire ai lavoratori francesi di venire ingoiati dalla Grande Guerra, la Parigi dell’imposta di solidarietà nazionale del giugno 1945 (il 20% sui patrimoni più elevati, e molto di più sugli arricchimenti improvvisi in tempo di guerra), la Parigi del Maggio ’68, della contestazione al sistema in sé, dell’unione tra studenti e operai, intellettuali e popolo. Questo il bersaglio, in realtà. Per motivi che con le religioni hanno a che fare zero. E i prossimi giorni, i prossimi mesi, non porteranno niente di buono – purtroppo. Ma che io lo scriva qui, e che voi amici e compagni lo leggiate, è avvilentemente inutile. 8 gennaio 2015 – pomeriggio Leggo ora che il blog di Grillo sta esponendo una tesi 'dubitante' quanto questa mia rispetto alla vulgata mainstream dei fatti orribili di Parigi. E ci tengo però a sottolineare il fatto che i 'loro' dubbi attengono sempre e soltanto a chissà che trama ordita dalla 'casta' politica per tenere all'oscuro della verità la 'gggente', questo sì dietrologicamente in senso 'classico'. Ai grillini una lettura della realtà attraverso le lenti della struttura socioeconomica di lungo e lunghissimo termine, cioè della lotta di classe nelle sue molteplici e variabili forme, proprio non appartiene: per loro è ancora e sempre questione di chi è che ci vuole fregare oggi, e di come al limite possiamo fregarli noi domani. Ma il sistema, nei suoi 'fondamentali' (proprietà, profitto, mercato), dicono loro, resti pure com'è: basta che ci sia un po' spazio pure per l'uomo 'qualunque', per il borghese, anche piccolo o piccolo-piccolo. Be', noi qui battiamo un'altra strada. E la differenza è grande come la storia intera! 8 gennaio 2015 – sera E poi, alla fine, caro sistema – caro MoNeoCaGloProScaBeSi, o modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati – , se proprio vuoi la guerra per salvarti la pellaccia, che ti devo dire? Falla. Noi, non dimenticarlo, siamo nati alla Storia giusto in coda ad una guerra! Tra due anni è un secolo esatto. La Rivoluzione di Ottobre, nel 1917, promise terra, pane e pace al popolo russo. E Lenin col primo proclama del governo rivoluzionario lo ribadì e lo ratificò: la terra fu data ai contadini poveri, le fabbriche ai soviet operai, e con il trattato di Brest-Litovsk del '18 i russi smisero di spararsi addosso coi tedeschi. Io non voglio, l'ho detto in mille modi. Ma voi, capitalisti in agonia, farete lo stesso la vostra guerra orrenda. Allora noi comunisti faremo la nostra rivoluzione. Contenti voi! Anche la volta prima, nel 1871, eravamo appena usciti da una guerra imperialista: tra Francia e Prussia. E facemmo la Comune di Parigi: che prologo! Lo sapete che lo faremo: che pianteremo le nostre bandiere rosse per il futuro dell'Umanità, tra i corpi stessi che il vostro delirio di onnipotenza avrà sterminato. Contenti voi! Questo io vedo. E non vorrei, perché insieme vedo un dolore collettivo immenso. E non so pacificarmi il cuore, qualunque sia poi l'ulteriore prodotto – perfino socialista. Perché mi sono formato in un'età e in un luogo gentili. Gentili di un privilegio che fu a danno di tante e tanti, lo so. Ma io questo sono. Tuttavia sarò pronto. Ci lavoro da tempo. ...Sangue del mio sangue, ora dico a voi. Abbiamo studiato insieme le stesse parole. Abbiamo saputo insieme le stesse verità. Abbiamo sognato insieme gli stessi desideri. Vi chiedo, ora: per quanto vi costi – e costerà a me lo stesso – non mancate all'appuntamento. Anzi, prepariamolo insieme! Fate luce nel vostro cuore: vi scorgerete una strada segnata da sempre. E' così che ho meno paura. ...Adesso faccio ripartire il dvd di 'Ottobre' di Ejsenstein, del '27, con le musiche di Sostakovic. Io sto sempre sul pezzo! 9 gennaio 2015 – mattina Ci sono messaggi talmente orrendi che è impossibile scriverli o dirli a voce. Eppure il loro contenuto va trasmesso. Allora chi vuole mandarli li trasforma in atti, e chi assiste a tali atti recepisce il messaggio. L’assassinio di John F. Kennedy, almeno per quanto riguarda l’Occidente attuale, ha inaugurato questa pratica (secondo me). Ma anche nell’antichità troviamo qualcosa del genere: l’incendio di Roma del 64 d.C., per esempio. Quello di Nerone. Sto dicendo che il mondo è un quaderno, e che chi ha il potere di farlo ci scrive sopra affinché chi ne ha l’interesse lo legga e si regoli di conseguenza. Sto dicendo, cioè, che la nostra vita (come la nostra morte, e tutto quel che sta nel mezzo: gioie e dolori, speranze e paure, felicità e dannazione) è pura sintassi, grammatica, alfabeto e interpunzione – insomma mero inchiostro, da un certo punto di vista. Con buona pace di Kant, che così formulava – anche – il suo imperativo categorico nella Critica della Ragion Pratica: “Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo.” Invece no. Per chi ha l’interesse a farlo e il potere per farlo, la persona nostra e quella di chiunque altro è trattata puramente come mezzo. Specificamente, come mezzo di comunicazione. Forse è perché i messaggi scritti possono essere falsificati, o quelli a voce intercettati. Forse perché tutti i potenti ormai hanno paura di roba come Anonymous e Wikileaks, forse perché nell’era dell’interconnessione mondiale, del villaggio globale e delle reti all-news h24, una cosa si fa prima a farla che a dirla e così sei sicuro che la vedano tutti quelli che la devono vedere – ma il fatto è che (secondo me) buona parte di quello che succede al mondo succede piuttosto per un’intenzione ‘semantica’, di chi lo fa succedere, che non per il valore intrinseco dell’atto stesso. Ma chi è che usa il mondo come un quaderno, l’Umanità come vocali e consonanti e il nostro sangue come colore? Il Potere, come sempre. Solo che oggi come oggi – ‘oggi come oggi’ sta per ‘da qualche decennio’ – il Potere non è una cosa unitaria (semmai lo sia stato), ma tutt’altro: è un sistema di poteri coesistenti, spesso divergenti, spessissimo conflittuali tra loro. Di unitario, dal punto di vista dell’osservatore (come me e voi ora, in questo piccolo lusso di analisi nel flusso della vita tribolata di sempre – tutt’altro che contemplativa), c’è giusto il ‘titolo’ da dare a questo sistema contemporaneo. E il titolo che mi piace, e che uso già da un po’, è: modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati. Il Modo. Quindi questo Modo, l’ho già scritto da qualche parte, non è un soggetto (come credono quelli che descrivono i fatti del mondo come la trama di una specie di Spectre malvagia, alla James Bond: i ‘dietrologi puri’), ma più che altro un’arena. E’ l’arena in cui si fronteggiano molti grandi soggetti d’interesse e di potere privato, con strategie cangianti (a ‘geometria variabile’), che hanno obiettivi di profitto e accumulazione differenti, talvolta convergenti e più spesso concorrenti tra loro. E la Storia che emerge – la storia pubblica, globale e locale, quella che va sui notiziari prima e poi sui manuali e i saggi (infatti ha la S maiuscola) – è proprio la risultante reale delle forze in relazione, competizione e conflitto in quell’arena che è il Modo. Quanti sono gli esseri umani protagonisti nell’arena? Più o meno lo 0.1% dell’Umanità (secondo molti). E quanti sono (siamo) quelli ridotti a mero strumento, effetto, accessorio, delle forze in campo? Facile: il restante 99.9%. E per quanto sembrino davvero pochi sul totale (sette miliardi), i protagonisti assoluti del gioco sarebbero sempre la bella cifra di 7.000.000 di unità. Ma per far parlare tra loro sette milioni di voci in uno spazio di incontro e scontro tanto importante da determinare il mondo e la Storia, è evidente che occorra un metodo sicuro: un metodo grazie al quale chi deve dire è certo di essere ascoltato e chi deve comprendere è certo di aver capito, e grazie al quale – soprattutto – chi invece non deve né dire né ascoltare né comprendere né capire, ma solo esistere come massa materiale per il funzionamento della ‘macchina’ (noi, il 99.9%), non si metta di traverso facendo domande o peggio facendo resistenza. Questo metodo – ho esordito così – è appunto quello di trasformare i messaggi in atti. Specie, ripeto, i messaggi il cui contenuto è talmente orrendo che sarebbe impossibile scriverli o dirli a voce. Anche perché il 99.9% dell’Umanità probabilmente si ribellerebbe a leggerli o ad ascoltarli, e invece così semplicemente non li capisce. Al limite si spaventa, il che non guasta. Ma li capisce chi conosce il metodo – poiché fa parte dello 0.1% –, li capisce e agisce di conseguenza. E l’arena prosegue il suo corso, il Modo va avanti, il sistema dei poteri contemporaneo si estrinseca. Kant è messo a tacere. Tecnicamente, i sette milioni di umani che guidano lo stato di cose presente costituiscono un ‘gruppo super-razionale’. Che è cosa ben diversa da una ‘stanza dei bottoni’ (mi dispiace per i complottisti ingenui), perché in una stanza dei bottoni classica – tipo appunto la Spectre – i potenti basta che si parlino e decidano il da farsi, mentre invece abbiamo appena visto che le cose non stanno così. Un gruppo super-razionale è un insieme di soggetti che non hanno la possibilità (per tanti motivi, compresa la mancanza di tempo, fiducia o semplice voglia) di stabilire concordemente una strategia unitaria qualunque verso un qualsiasi obiettivo – per due fondamentali motivi: nessuno di essi ha modo di conoscere esattamente le intenzioni di tutti gli altri, e nessuno di essi è certo di avere le informazioni in possesso di ogni altro (e comunque, di avere tutte le informazioni) –, ma ciononostante è un insieme dal quale una strategia complessiva comunque emerge, con una sufficiente stabilità nel tempo. E la strategia stabile del gruppo in questione – lo 0.1% dell’Umanità, i protagonisti del Modo – è visibilmente l’autoconservazione di se stesso in quanto élite, e la conservazione dei propri metodi e del Modo in generale. La prima volta che ho incontrato il concetto di gruppo super-razionale fu, mi pare, in un articolo di Martin Gardner, un divulgatore americano di matematica, da Le Scienze. Tanti anni fa. Lui lo applicava come soluzione al tipico gioco logico detto ‘Dilemma del Prigioniero’ (non entro nel dettaglio, qui non importa), per uscire dal quale dilemma per tutti gli attori coinvolti – diceva – l’unica è comportarsi come se ognuno sappia cosa conviene a tutti, anche se nessuno può parlare con nessun altro per sapere davvero ciò che pensa o ritiene sia conveniente, tantomeno ciò che farà. Se i giocatori – concludeva Gardner – individualmente decideranno di cooperare, come se si fossero messi d’accordo prima, allora usciranno dal gioco senza effetti negativi: così si saranno comportati come un gruppo super-razionale. L’applicazione del concetto era ‘a fin di bene’. Per questo mi piacque, infatti me la ricordo ancora. Ma come vedete trattasi di concetto del tutto tecnico, che come tale può incarnarsi in sfumature morali assai differenti. Tanti anni fa non leggevo solo Le Scienze ma anche, per esempio, Robert M. Pirsig con il suo piccolo grande successo dell’epoca: Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. E con lo Zen stiamo più o meno nella stessa zona dei gruppi di Gardner, ossia sempre dalle parti dei messaggi scambiati a suon di fatti nell’arena del governo del mondo. Infatti un maestro Zen non ti dirà mai cosa dovresti fare, non risponderà neanche a una delle tue domande su cosa sia la sua disciplina e come tu debba interpretarla. Un maestro Zen invece che parlare, o scrivere, farà una certa cosa, magari apparentemente scollegata dal contesto, come pesare una libbra di tè o tagliare del telo di canapa, o come colpirti con una verga, e poi starà a te afferrarne il senso, in quel contesto e più in generale. I maestri, dice Pirsig, non si parlano quasi mai tra loro – e senz’altro non parlano mai e poi mai dello Zen. Agiscono, si comprendono, modificano e affinano così la propria dottrina e la pratica – anche didattica, verso i discepoli –, e la loro comunità procede nel tempo e nella Storia. Alcuni conoscitori dell’antica civiltà indiana ritengono che questa forma di comprensione intuitiva (a livello individuale, e super-razionale per il collettivo – come abbiamo visto) sia addirittura precedente al buddhismo zen, che risalga agli ultimi testi sacri induisti: le Upanisad, del secolo VIII a.C., coeve del Libro di Isaia, Vecchio Testamento, e redatte qualche generazione prima di personaggi storici o leggendari come Talete, Pitagora, Zoroastro, Buddha, Confucio e Lao Tse. Quello che so io – perché l’ho intuito, diciamo così – è che il metodo di trasformare i contenuti discorsivi in atti concreti, e scambiarsi così punti di vista tra protagonisti e suscitare effetti per dominare il mondo, l’ho visto all’opera tante volte coi miei occhi: la più clamorosa l’11 settembre 2001 a New York, la più recente il 7 gennaio 2015 a Parigi. Quindi, ricapitolando. Il sistema dei poteri contemporaneo è un’arena di interessi in competizione e comunica al proprio interno sulla pelle del mondo e dell’Umanità, è composto più o meno da un millesimo di tutti gli esseri umani e persegue l’obiettivo di autoperpetuarsi sulle spalle dei restanti 999 millesimi e del pianeta. Ma – ne deduco, e mi avvio a concludere – se lo 0.1% dell’Umanità è il suo governo (benché conflittuale, come un governo di coalizione di pura tradizione europea continentale), allora il 99.9% è praticamente l’Umanità stessa. Il quale 99.9% se fosse davvero in grado di autodeterminarsi, così come fa l’élite, io credo che lo farebbe direttamente: anzi che l’avrebbe già fatto, spogliando di ogni potere precostituito l’élite globale di cui sopra. E invece non lo fa: il 99.9% non si determina in alcun modo che non sia la mera e problematica sopravvivenza del qui e ora. Noi, se ci pensate, stiamo in questa esatta condizione: campiamo. Dunque, in altre parole, il governo dello 0.1% surroga la naturale anomia (anarchia, sregolatezza, caoticità) del pianeta in sé – cioè del 99.9% degli umani più la Natura – istituendo con il potere (risultante dalle forze in competizione nell’arena del Modo) una qualche regola. Perciò dal mio punto di vista la questione davvero fondamentale non è “come può il 99.9% appropriarsi dell’autogoverno?”, domanda oziosa, ma diventa: “la regola con cui l’élite governa mi piace?”. E poiché la mia personale risposta a questo interrogativo è un “no” deciso, la logica conseguenza di ciò è porre subito un altro piccolo gruppo di questioni: “come cambiare quella regola?”, “chi può farlo?”, e “con quale nuova regola governare la Terra?”. Le risposte sono paradossalmente facili – almeno in termini astratti. Come cambiare la regola presente? Togliendo il potere allo 0.1% protagonista, o almeno contendendoglielo al punto di determinare dialetticamente una regola differente per governare il pianeta. Chi può farlo? Evidentemente un altro e diverso 0.1% di Umanità, almeno per avviare il processo di trasformazione (poi altre frazioni matureranno, io spero e confido, e si aggregheranno nel tempo all’obiettivo dell’autogoverno di tutti): una ben differente élite che emerga dal ‘grosso’ del pianeta dalla quale tutti gli esseri umani (il 99.8%, a questo punto) possano aspettarsi un’azione di contesa efficace rispetto all’azione conservatrice dell’élite storica e attuale. E con quale nuova regola dev’essere sostituita quella di ora (e degli ultimi secoli)? Qui è a gusti. Il mio gusto l’ho detto e scritto non so più quante volte: con la regola dell’umanità – ma inteso come sostantivo di valore e non come denominazione collettiva. Più precisamente: la regola dell’Umanesimo Socialista. Stiamo sempre là. L’ultima domanda – ultima davvero – forse la più interessante, è la seguente: chi può, anzi deve, costituire questo nuovo 0.1%, soggetto antagonista nello stato di cose presente? La risposta dipende dalle suggestioni culturali di ognuno. Chi ricorda meglio Lucas dirà “i Cavalieri Jedi". Chi Platone, "i filosofi". Chi Gramsci, "il Partito". Ma le risposte non son tutte equivalenti. Perché le cose cambieranno: è sicuro che cambino. Infatti se gli umani che hanno interesse a modificare il sistema sono 1000 contro 1, ebbene lo cambieranno, poiché la forza del numero più la forza del tempo danno una risultante che nessun sistema di poteri può contrastare all’infinito. Però – qui è il problema – senza il soggetto giusto, senza l’attore idoneo a orientare il cambiamento, lo stato di cose muterà non secondo un progetto intenzionale, bensì di nuovo caoticamente. Ossia: impredittibilmente se in meglio o in peggio (ancora) di come stiamo messi adesso. E se non ci manca l’idea-forza rivoluzionaria per armare le scelte del soggetto, la quale sommata al numero e al tempo conduce davvero la Storia in una qualche direzione voluta (e l’ultima idea-forza capace di analizzare la realtà e di organizzare masse rilevanti è stata quella socialista, né io ne vedo altre buone all’orizzonte – motivo per cui l’ho fatta mia, con ogni precauzione di esaltarne la componente ‘umanistica’ su quella ‘burocratica’), tuttavia ci manca qualcosa di forse ancor più essenziale all’atto dello scontro nell’arena: la disciplina rivoluzionaria. La raggiungeremmo, io credo, se potessimo almeno comunicare in modo efficace tra tutti coloro i quali hanno interesse al cambiamento radicale. Ma è impossibile. A meno che non impariamo anche noi un po' di Zen. 9 gennaio 2015 – pomeriggio Mentre scrivo si conclude (la prima fase, almeno, di) quest'ultimo, più recente 'messaggio fattuale' di qualcuno a qualcun altro fra i soggetti del sistema dei poteri contemporaneo, che compongono come dicevo un gruppo super-razionale dalle abitudini un po' zen nello scambiarsi informazioni e comunicazioni. E si conclude con una doppia scena. Il primo teatro degli avvenimenti è a una quarantina di chilometri a nord di Parigi, dove si erano rifugiati i fratelli Kouachi che da ieri sono dati per sicuri esecutori della strage al Charlie Hebdo, verità questa supportata dal ritrovamento della carta d'identità di uno dei due nella macchina usata per la fuga dalla redazione, e che tuttavia non trova definitiva conferma – ed è strano, in ricorrenze come queste – per la mancanza dell'autoaccusa rituale ed esaltata dei fratelli riguardo alla 'vendetta religiosa contro i vignettisti blasfemi' (così stentoreamente declamata in favore di telefonini l'altro ieri dagli esecutori mascherati). Vi si erano rifugiati o perché sapevano di essere braccati per la strage, e con un passato di coinvolgimenti con ambienti terroristici non era il caso di fermarsi a dire 'non siamo stati noi', o perché ne erano davvero gli autori, nel qual caso non riesco a capire perché dopo un giorno e mezzo di fuga lontano da Parigi siano tornati indietro per chiudersi in trappola. E il secondo teatro è appena fuori dal centro di Parigi, in un supermercato di osservanza ebraica dove si era asserragliato una vecchia conoscenza dei servizi francesi, Coulibaly, cittadino francese di origine africana, forse lo stesso che ieri ha ucciso una vigilessa parigina (o forse no, sarebbe stata sua moglie Boumedienne, o forse neanche lei, nessuno dei due; Boumedienne si dava per presente e armata col marito nel supermercato, poi fuggita, poi mai stata sulla scena, tuttora non c'è alcuna certezza su questo dettaglio – ma tale incertezza sul punto, così come sul senso degli spostamenti dei Kouachi, è certamente parte del contenuto del 'messaggio', almeno a quest'ora). La doppia scena finisce con la morte di tutti e tre. E di quattro degli ostaggi nel supermercato. Chi avrebbe potuto dare maggiori elementi di verità al quadro, adesso non potrà più parlare. Sui titoli di coda, l'immagine bellissima e commovente di un neonato portato in salvo fuori dal negozio kosher. Delle fermissime prese di posizione contro ciascuna di queste sciagurate azioni, da parte delle voci più autorevoli dell'Islam europeo, si dà molto meno conto – almeno sui notiziari nostrani. Venti morti, quasi altrettanti feriti, anche gravi, assoluta catalizzazione dell'opinione pubblica mondiale per tre giorni, sparigliamento presente e futuro di ogni tema sensibile alla coesistenza di individui, popoli e Stati, in Europa e non solo, scomparsa di ogni altra vertenza dall'agenda politica e socioeconomica locale e globale. E Boumedienne è libera? Boumedienne c'entra qualcosa? Ma Boumedienne esiste? Forse il messaggio era più lungo di quanto sembri oggi a quest'ora. Intanto domenica ci saranno tutti i capi politici d'Europa, a sfilare a Parigi 'contro l'attacco sferrato alla Francia'. Vedremo. ____________________________________________________________ STORIA E COLORI
dice "ma tu riporti tutto alla politica! cioè all'economia!! cioè alla lotta di classe!!!" e certo, rispondo io! per esempio. alla fine la differenza tra i macchiaioli e gli impressionisti è solo paul durand-ruel più nadar, cioè la terza repubblica, cioè la (strage della) comune di parigi. infatti: se nella toscana degli anni '60 del XIX secolo le condizioni a contorno del lavoro dei rivoluzionari pittori del momento fossero state tali da far girare tanti soldi da potersi sviluppare un mercantilismo artistico come quello gestito dal suddetto durand-ruel e un movimento di opinione abilmente inaugurato dall'espositore parigino nonché fotografo pioniere, e se più in generale esse fossero state le condizioni tipiche di una rivoluzione borghese, industriale e finanziaria, consolidata come quella della terza repubblica francese a guida 'di sinistra' (come può esser di sinistra il pd, per intenderci), che per stravincere sul campo della storia non aveva esitato a schiacciare nel sangue il lampo comunardo e comunista, sparando con l'esercito su fratelli civili, allineando decine di migliaia di morti tra i proletari e i popolani, donne e uomini del ventre di parigi nel maggio del '71 - ebbene, sono convinto che noi oggi parleremmo, così come parliamo da più di un secolo di pissarro, monet, degas e caillebotte, invece di fattori, lega, morelli e signorini. ma è solo per dirne una. rosso, sempre! sei gennaio duemilaquindici CIAO PINO Io che ho visto la terra bruciare e la gente che mi entrava in casa io che ho visto tutto oggi sono vero Io che ho visto un uomo e una campana stare insieme e gridare per ore ieri che ho visto il mare oggi sono stanco Ma voglio di più di quello che vedi voglio di più di questi anni amari sai che non striscerò per farmi valere vivrò così cercando un senso anche per te Ed ho visto prestare le mani solo in cambio di un po' di rumore mentre a Sud il caldo t'ammazza e hai voglia di cambiare ed ho visto morire bambini nati sotto un accento sbagliato ieri mi sono incazzato ed oggi sono vero Ma voglio di più di quello che vedi voglio di più di questi anni amari sai che stillerò per darti colore sarò così sempre pronto a dire no Ma voglio di più di quello che vedi voglio di più di questi anni amari sai che non striscerò per farmi valere vivrò così cercando un senso anche per te https://www.youtube.com/watch?v=DVB8DY5X0fc cinque gennaio duemilaquindici U.F.O.
e così viene fuori, dopo cinquanta-sessanta anni, che la storia degli ufo era tutta una cazzata. ammette oggi la cia che gli oggetti volanti non identificati che ogni tanto venivano 'tanati' nei cieli americani e occidentali, facendo gridare ai marziani, altro non erano che prototipi dell'aviazione americana senza paragoni possibili con gli aerei civili o i jet militari conosciuti. ammette pure che la famosa area 51 del deserto del nevada, che ha riempito pagine di racconti e sceneggiature, cinematografiche e televisive, come il luogo dove l'intelligence teneva ben nascoste prove 'inconfutabili' del contatto con gli extraterrestri, invece era una base segreta e protettissima per la progettazione e costruzione di quegli 'ufo fatti in casa'. bene a sapersi. meglio tardi che mai. e lo stesso avranno fatto i servizi segreti di chissà quante altre potenze mondiali e regionali: urss, e poi russia, cina, gran bretagna, francia, germania, giappone, india... un viavai di ufo nei cieli della guerra fredda, su tutto il pianeta, che gli stati maggiori di ogni paese e i consigli di amministrazione di tutte le multinazionali riconoscevano reciprocamente per ciò che erano, e che però al grande pubblico venivano serviti su un succulento piatto di mistero. perché? per tre buonissimi motivi. per mantenere un minimo di guardia sullo spionaggio industriale, ed è il più banale. per vendere, secondo - per vendere qualunque cosa attinente alla cazzata: gadget piccoli e grandi (fino ai bunker sotto casa per ogni evenienza), libri e manuali e riviste, film per il cinema, serie tv e documentari, interviste e conferenze, intere carriere di personaggi altrimenti destinati (se idonei) a un lavoro utile e produttivo... e terzo, per dare alla gente qualcosa da pensare di fittizio ma emozionante, affinché non si mettesse (né si metta mai) a pensare davvero alla madre di tutte le emozioni reali: che di cento esseri umani presi a caso, io, umano qualsiasi, e altri novantotto come me, attraversiamo la vita (l'unica che abbiamo) nelle peste - e così sarà per i nostri figli e i figli dei nostri figli e i figli loro - a causa diretta del fatto che un solo altro essere umano di quei cento presi a caso invece se la spassa, e così i suoi figli e i nipoti e a seguire in saecula saeculorum! in tal modo, con gli ufo - anche con gli ufo, e con un'infinità di altre cosette - gran parte di quei novantanove pensa ad altro e non al succo della questione. grazie cia, per avercelo detto. vuol dire che ormai siete sicuri (o potenti del mondo, economici o politici o mediatici che siate) che lo stesso lavoro della cazzata lo svolge molto meglio qualcos'altro. tra un po' di secoli mi aspetto che qualcuno sveli lo stesso meccanismo a proposito di quell'altro fenomeno assai emozionante, quello che in quest'epoca storica chiamiamo 'democrazia'. e poi, ma ci vorranno millenni, che i servizi segreti del futuro - o come si chiameranno - finalmente ammettano con gli umani di allora (o con chi ci starà sulla faccia della terra, dinanzi al potere di un'élite) che ci fu quel tempo lunghissimo in cui alla gente venivano spacciate per vere storie di santi e di miracoli, e che si davano per nati e vissuti personaggi come maometto, cristo, buddha, confucio, abramo, e la gente ci s'indaffarava, e comprava e vendeva, e il mondo andava avanti come se lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo fosse normale - o non ci fosse proprio - e così la schiavizzazione feroce degli umani a danno degli altri animali e del pianeta vivente nella sua interezza. io non ci sarò, ma è come se già lo vedessi. buona domenica. quattro gennaio duemilaquindici FREGNONI
amici pubblici dipendenti, colleghi miei, vi siete fatti fregare alla grande! vigili romani, netturbini napoletani, medici fiscali - e adesso chissà che altra categoria da chissà dove sarà fatta uscir fuori -, ma possibile che non sapete nemmeno più riconoscere tra voi i cattivi consiglieri a pagamento, gli infiltrati del sistema? sì, intendo proprio tra voi lavoratori - magari tra i più giovani e meno 'strutturati', oppure tra i vecchi e navigati (e depressi, facili a lusinghe extra-salario), oppure tra i sindacalizzati 'di regime'... dico, non lo sapevate che il sistema non aspettava altro che una notizia del genere da dare in pasto agli spettatori, per aprire la nuova stagione della guerra senza quartiere al pubblico, al pubblico impiego, alla spesa pubblica, alla cosa comune - non lo sapevate? e perché questa guerra? (ma bisogna dirvi tutto, colleghi amici fratelli e sorelle!) perché serve alla grande privatizzazione di tutto quanto! serve perché la gente in questo paese sì d'accordo è stupida, ma non così tanto da non capire che il motivo principale della crisi infernale del sistema è giustappunto l'avidità privata, societaria, finanziaria, su piccola e grande scala. e quindi serviva, perché gli stupidotteri italici non ci sentissero puzza di bruciato, che il pubblico impiego facesse la più puzzolente figura di merda possibile - almeno da sfumare un po' la puzza del privato di cui sopra. e così è partita la catena dei sussurri. "dài, facciamo sega. chi ci dice niente! ci pagano una miseria. non ci fanno manco scioperare. seghiamoli noi così. tanto qualcuno che lavora ci sarà. e tanto non uscirà mica fuori il bubbone sulla stampa, coi cazzi che c'hanno già da pelare!" ci siete cascati, colleghi. proprio perché c'hanno già tanti cazzi, gliene serviva uno nuovo e diverso. be', siete stati voi. fregnoni. oltre che pagati una miseria, oltre che vincolati sotto i diritti basici - tutto vero, e lo so sulla mia stessa pelle - però pure fregnoni. e questo non va bene, colleghi fratelli sorelle: perché la guerra è davvero in atto. e in guerra bisogna stare con tutte le antenne drizzate, tutte le armi pronte e lucidate, tutte le fregne personali ricacciate in gola, a far da molla all'unico strillo collettivo contro il sistema avido, autistico e precarizzante: hasta la victoria! ma bisogna aver la voce pulita per urlarlo. daje! tre gennaio duemilaquindici QUINDICI
uh, madonna... è il quindici! non il duemilaquindici, ma il quindici e basta. siamo così avanti nel secolo che ormai non serve più dire duemilaeccetera, così come per il secolo scorso abbiamo detto il trentaquattro, il trentanove, il settantuno, il settantaquattro... mica millenovecentoeccetera. è il quindici, e siamo così avanti nel ventunesimo secolo che non possiamo più far finta che questo non sia il nostro presente consolidato ma invece ancora una specie di esperimento di futuro. no, il ventunesimo secolo è il nostro presente. e anzi, già per quasi un sesto di tutta la sua durata è il nostro passato! è il quindici, oggi, da qualche ora. è il presente, è reale: non lo stiamo leggendo su un libro di fantascienza né vedendo alla televisione in una serie. il secolo, anche questo, esce momento per momento dalle nostre mani - per davvero. e non si tornerà mai più indietro, così come è stato per tutti gli anni del secolo scorso: è la responsabilità dell'essere umano. la sua gioia, lucida. il suo retaggio comune. il quindici lo facciamo noi, questo secolo lo stiamo facendo noi. proviamoci meglio che possiamo! primo gennaio duemilaquindici UMANI (?)
un oscuro ma zelante e solidale deputato del pd, membro della commissione giustizia e antimafia, che non guasta, è andato a far visita in carcere al re della criminalità romana, nella sua cella in regime di carcere duro a parma - come provenzano e riina prima di lui, sempre là -, massimo carminati. lì lo ha omaggiato di una bella stretta di mano, avendo in risposta la solida rassicurazione - dal boss - che nonostante tutto sta bene, che non gli manca niente. invece, al clochard polacco di circa 40 anni, morto stecchito a roma per il freddo nottetempo - clochard è termine romantico e gentile per dire un'esistenza incolpevolmente sub-umana e indicibilmente sofferente, sulla quale (anche sulla quale, insieme a una quantità di altri aspetti della vita collettiva) gente come carminati e compari ha costruito ricchezze illegali stratosferiche -, a quel povero cristo nessun parlamentare ha fatto in tempo a chiedere per caso come stava. ma è solo perché al nostro bel ceto politico di palazzo difetta l'immaginazione, perché non intravede la possibilità di lucrare una tonificante mezza prima pagina in cronaca anche col volontariato (di facciata, non scherziamo!) tra i senza fissa dimora, i reietti nei gironi infernali. infatti, le nominate e i nominati in parlamento - i quali tutti non compiono mai un atto in cui umanamente credono davvero, ma interpretano sempre e solo gesti d'attore utili alla visibilità sulla pubblica scena e buoni a rinsaldare un patto tra gaglioffi con chi, tra gli elettori italiani, coltiva nel profondo i pensieri mostruosi che essi politici-attori mostrano a bella posta -, esse ed essi preferiscono la scorciatoia comoda di farsi trovare sul pezzo del momento, quello coi riflettori già accesi e le telecamere e i microfoni spianati. allora, per esempio, vedrete la senatrice molto romana del movimento 5 stelle che va a schierarsi col popolino di tor sapienza sobillato (dai fascistelli a libro paga del boss di cui sopra, poi scopriremo) contro i rifugiati, ricevendone pure qualche vaffanculo - ma va bene tutto, pur di esistere. vedrete il segretario della lega nord (ormai lanciata anche su scala nazionale) che va strumentalmente a prendersi fischi e sputi dai centri sociali mettendo in scena in provincia un razzismo anti-rom al quale (ne sono convinto) lui stesso non dedica in cuor suo più di tanti pensieri. vedrete il senatore di destra pittoresco (il più pittoresco, la cui fama si deve ormai più alle imitazioni che gli dedica il gran comico televisivo) cercare meticolosamente e assai professionalmente realizzare ogni occasione per dire e agire gli sfondoni su cui ha costruito una carriera politica ondivaga ma solida - come sa chi gli offre sempre un posto in parlamento, a intercettare audience comunque (che di più, costoro, non devono certo preoccuparsi di fare). così, il disperato muore nel freddo della notte - nel dolore sincero e composto dei tanti e tante che si smazzano girando coi furgoncini, coperte, panini e thermos, uscendo gratuitamente dalle proprie case, organizzati come possono nella notte delle nostre città (e di questi tempi) -, e intanto il teatrino plaudente e rabbioso insieme va avanti spedito: qualche centinaio di maschere che danno il peggio di sé, molti milioni di spettatori che scoprono che del peggio in sé non c'è più nemmeno da vergognarsi. e l'umanità fa un altro passo ancora in tutt'altra direzione da lì dentro così, giusto per rifletterci un attimo. e buona fine d'anno, gente mia. trentun dicembre duemilaquattordici PROSOKI' PARAKALO'
e infatti mi puzzava da subito la retorica del mainstream sull'eroismo dei soccorritori italiani e sul miracolo tecnico eseguito, nelle condizioni proibitive per il salvataggio, dalle nostre squadre. mi puzzava perché, primo, era ed è evidente che un soccorso prestato nel mediterraneo, anzi nell'adriatico, anzi a un braccio di mare dalla costa, non in pieno oceano, anzi a un bel traghettone di linea pieno di normali passeggeri sulla rotta di ogni santo giorno, non a una carretta del mare piena di migranti disperati che si butta alla cieca tra le onde, non può, proprio non può, richiedere due giorni e passa per completarsi, e, secondo, perché se fossi stato (e lo sono stato una quantità di volte, anche su quella stessa tratta) uno dei passeggeri comunissimi che attraversa l'adriatico su quella comunissima rotta avrei infinitamente preferito che nel caso di emergenza (che si è verificato, ciò che è tipico dell'emergenza: prima o poi capita, e devi prevederne e presidiarne i possibili effetti), ebbene che il vettore e le autorità applicassero un piano standard di soccorso, puntuale, completo, rapido e senza danni alle persone, anziché aspettare l'epifania degli eroi e dei miracoli. e la conta dei morti. 'sventurata la terra che ha bisogno di eroi', la citazione dal galileo di brecht la conosciamo (quasi) tutti. ma qui c'è di peggio, c'è l'intenzione di turlupinare l'opinione pubblica con la solita solfa dell'indomito spirito patrio a fronte della clamorosa, conclamata, imbarazzante, indecente incapacità altrettanto italica di gestire l'ordinario: l'ordinario flusso di informazioni, l'ordinario flusso di operazioni, l'ordinario flusso di decisioni. mentre scrivo esce fuori la notizia di tre morti italiani sui dieci accertati, che smentisce la notizia di prima che i quarantaquattro connazionali erano tutti illesi, e smentisce la notizia di prima che i morti erano otto, che smentiva la notizia di prima ancora che di morti ce n'era uno solo, buttatosi in mare per salvare la moglie (altro eroe, la cui vedova prontissimamente il mainstream intervistava sul letto d'ospedale e dava in pasto al pubblico col tg della sera). mentre scrivo esce fuori che tra i morti ci sono anche due soccorritori albanesi (i nostri eroi italiani al momento son tutti vivi: il mainstream ha altro filo per tessere la tela del miracolo tecnico nostrano, non come quello albanese tanto goffo), il che dice quanto poco standardizzate fossero le procedure di soccorso su una linea normalissima (perfino io, vacanziero qualunque, l'ho presa chissà quante volte) se per un incendio a bordo crepa non solo chi a bordo ci stava ma pure chi ci arriva nei pressi. mentre scrivo arriva la notizia che però il comandante della norman è stato l'ultimo a lasciare la nave, sottintendendo apertamente la differenza abissale dal caso del comandante della concordia, e così il mainstream è certo di consolare il pubblico dinanzi a questa tragedia (dimenticando però il particolare che lo stesso mainstream ha fatto e fa ancora di quel comandante incapace e vigliacco un personaggio da rotocalco e da interviste profumatamente pagate). mentre scrivo arriva la notizia che c'erano uomini a bordo, passeggeri, che malmenavano vecchi e donne per arrivare primi nella corsa per la salvezza, e che questi uomini erano per carità stranieri e quasi tutti musulmani, e anche questo il pubblico lo gusta con l'ammazza-caffè e con la certezza riconfermata che questa merda un italiano non la compirebbe mai (poi c'è la notiziola di spalla che un giovane di buona famiglia, italianissimo, e la sua ragazza bocconiana, italianissima, ieri hanno tirato dell'acido in faccia a un coetaneo a milano per futilissimi motivi, ma lasciam perdere). mentre scrivo si dice che a tutt'ora, adesso, sessanta ore dopo l'incendio, forse tante quante ne occorsero all'epoca per avere tutti i nomi dei morti delle twin towers e da lì cominciare quell'altra letteratura epica (ma almeno ben congegnata), nessuno può dire con certezza se ci siano o no dei dispersi, se siano numerabili a unità o a decine, se fossero passeggeri o clandestini, se la tratta nascondeva in realtà un traffico di esseri umani (d'ordinario intendo, non solo l'altro ieri). adesso, mentre scrivo, a me passeggero ordinario di quella e di chissà quante altre linee nel mediterraneo, a me che affido la mia vita, la mia sicurezza, la mia serenità, ad aspetti tecnici evoluti della civiltà occidentale in virtù dei quali le perdono temporaneamente i peccati infami di cui si è macchiata e si macchia per il proprio impianto strutturale di sfruttamento capitalista, a me arriva la notizia di fonte italiana (nota bene) che se c'è stata una manchevolezza in tutta la faccenda è senz'altro da attribuirsi alle primissime ore del disastro, quelle in cui la supervisione delle operazioni - dice la fonte nostrana - era ed è stata in mano greca. ti pareva, lo scaricabarile. altro canale, il premier magnifica le sorti della prossima riforma elettorale. che schifo, ragazzi. in questo paese del cazzo ogni regime, che prende il posto del precedente, ha la sua vergogna e la sua vigliaccheria. e chi - in favore di telecamera, beninteso - vi si oppone, ne condivide e l'una e l'altra. ma davvero il sistema vi piace così com'è? davvero non trovate il modo di dire come invece lo vorreste? e, una volta pensato e detto il modo, l'energia per farlo? prosokì parakalò, allora. siamo tutti a bordo. però io so nuotare. trenta dicembre duemilaquattordici REGIMI E QUALITA'
Alla fine il fascismo – così come la sua naturale evoluzione, la guerra – non è che un metodo tra gli altri per far digerire alla grande massa della gente il fatto che c’è un 10% di persone che se la passano molto bene, e l’1% più ricco di queste che se la passa davvero troppo bene, e il decimo più privilegiato ancora di quest’1% che se la passa assurdamente, indecentemente bene, mentre invece il restante 90% di tutti non se la passa mica tanto bene, tra cui una buona metà se la passa davvero male, o malissimo. Il tutto senza nessun motivo ragionevole. Col fascismo – e con la guerra, se il fascismo da solo non basta – viene fatta digerire alla tanta gente che per motivi intrinseci al sistema se la passa non bene, o male o malissimo, proprio l’estrema irragionevolezza della sua stessa condizione, e della condizione all’opposto di quei pochi che campano alla grande e alla grandissima. Come ci si riesce? Con le sciocchezze, con l’ignoranza, con l’insicurezza, col terrore. Che poi alla fine pure la democrazia formale – cioè: la forma giuridica e sociologica del mercato capitalista al tempo del non-fascismo e della non-guerra – non è che un metodo tra gli altri per ottenere la stessa cosa: che alla gente l’assurdo non sembri assurdo, bensì la norma. Solo che la democrazia – questa democrazia qui – di solito basta a raggiungere lo scopo se la distanza tra il livello al quale sopravvive la grande massa e quello al quale se la spassa la ristretta minoranza non è tanto enorme da non potersi più camuffare. Se invece lo diventa, se l’ordine di grandezza tra la mera sussistenza e il lusso e il potere rischia di diventare intollerabile in un regime di libertà formale e di pace apparente, allora il sistema ricorre al fascismo e alla guerra. E’ ovvio che le leve che il sistema userà in regime di democrazia e di pace per far digerire alla gente lo stato di cose presente (stato inalterabile, a meno di una rivoluzione sistematica) sono diverse da quelle che userà in regime di fascismo e guerra. Tipicamente, nel secondo caso userà la leva di coltivare nella gente e tirar fuori da essa il peggio che l’umano porta dentro sé. E avvantaggiati in questo lavoro passivo di mutazione antropologica in favore del sistema saranno gli stupidi e i violenti, i quali poi costituiranno lo zoccolo duro di tenuta del regime stesso anche a fronte dell’estrema assurdità sia delle sperequazioni economiche presenti sia delle scelte politiche – fino alle peggiori: il razzismo, la dittatura esplicita, la pulizia etnica, la guerra – adottate per tutelarle. Invece nel primo caso, più frequente nella storia contemporanea e in questa parte del mondo, non servendo arrivare a tanto – essendo meno intollerabile la sperequazione – il regime democratico formale coltiverà nella massa qualità meno brutali e grette, bensì conformiste a sufficienza perché il sistema non corra seriamente il rischio di esser messo in discussione dalle fondamenta. La differenza non è da poco: in democrazia e in pace si può studiare e comunicare e si può essere gentili, sinceramente, coi propri simili. Beninteso, se non si pretende di rivoluzionare la struttura profonda delle cose. Col fascismo e in guerra no, mai – nemmeno quello. Alla fine, è per questo che un comunista preferisce la democrazia formale al fascismo e la pace apparente alla guerra. Non perché uno dei due regimi sia buono e l’altro cattivo né perché uno dei due sia interno e l’altro esterno al sistema capitalista, ma perché fino al giorno prima della rivoluzione a noi servirà studiare e comunicare e piacerà essere gentili con chi sentiremo che lo merita. Ora però la sperequazione assurda e indecente sta aumentando ancora. Quindi la democrazia e la pace, mi sa, passeranno presto di moda. La domanda non-retorica è: in queste fasi un comunista che dovrebbe fare? ventinove dicembre duemilaquattordici PIANETA LAVORO
e adesso che col jobs act e derivati abbiamo liberalizzato il mercato del lavoro e smontato i polverosi concetti di contratto, collettività e diritto, il prossimo obiettivo è passare (tornare) dalla rigida pratica dello stipendio mensile e certo a quella efficace e snella di paga giornaliera, quantificabile a discrezione del padrone che giudica la produttività. il passo appresso sarà quello di rendere il salario orario stesso una variabile di borsa, come il prezzo di una qualsiasi azione e obbligazione, passibile di compravendite, scommesse, dividendi, futures e stock option. "quanto stanno in questo istante le ora-del-tornitore? e quelle della badante, del cameriere, del ragioniere dell'erario? dammene 5.000 di queste e 10.000 di quelle. domani le rivendo sul rimbalzo e poi ci buttiamo sulle ora-del-raccoglitore-pomodori e su quelle del maestro-elementare. è uno spasso! è o non è il mercato del lavoro?!? evviva la politica, evviva l'antipolitica!" benvenuti nel nuovo mondo. ventotto dicembre duemilaquattordici ACCUMULAZIONE
la cecità delle classi dominanti davanti alla crisi sistemica epocale non si spiega nemmeno con gli istinti predatori e patologici delle stesse. no. la guerra di classe verso il basso e quella del sistema verso il pianeta, che durano da quarant'anni e da un decennio sono evidenti a tutti, si possono capire a pieno solo come l'immensa fase di nuova 'accumulazione originaria' del capitale. come alla transizione tra età antica ed età moderna. il medioevo secondo (della civiltà occidentale, che ora è globale) arriva, è già qui. le élite si attrezzano a questo, i popoli sono sedati per evitare il panico. ai comunisti, se non riuscirà di orientare la trasformazione (e non ci riusciremo), toccherà il ruolo del secondo monachesimo. attrezziamoci almeno a ciò. e in bocca al lupo al futuro. ventisei dicembre duemilaquattordici E' FATTA
quasi. bisogna 'solo' arrivarci. ma per esempio sapendo come, e per esempio lungo una traiettoria del genere. 1. capo dello stato gino strada, sull'onda di una tale richiesta di popolo che il parlamento non possa ignorare. 2. dopo di che, strada alla prima difficoltà seria del governo renzi - e ce ne saranno, oh se ce ne saranno - si dichiara intenzionatissimo a sciogliere le camere e andare al voto in caso di sfiducia. le opposizioni sfiduciano - anche solo per non restare ingorgate nel disastro economico del paese, sperando di lucrarci così in gradimento -, una nuova maggioranza non si trova e la legislatura finisce. si va al voto col consultellum (che è quasi un proporzionale). 3. una coalizione di sinistra radicale si forma intorno a una proposta politica semplice e conseguente, e a una candidatura di premier e ministri-chiave attraente per forma e sostanza. la proposta politica è nel trittico lavoro, democrazia e pace (patrimoniale e imposta molto progressiva, tassa di successione, lotta feroce all'evasione ed elusione, taglio spese tav e f35, abolizione patto stabilità e rimozione spending review, stop alle privatizzazioni, pubblicizzazione cassa depositi e prestiti, spesa pubblica per lavoro produttivo su scala di massa con reddito minimo garantito, stampa di 'moneta' nazionale in parallelo all'euro, ri-contrattazione del debito; riforma elettorale proporzionale pura, stop al conflitto d'interessi, abolizione bossi-fini e chiusura lager, apertura all'immigrazione, ius soli e nuovi diritti civili; riscrittura trattati europei, riconoscimento palestina, uscita dell'italia dalla nato). e quanto alle candidature, la coalizione di sinistra radicale presenterebbe a gino strada - in caso di vittoria - un premier come milena gabanelli, un ministro dell'economia come landini, agli interni lirio abbate, agli esteri roberto bolle, alla cultura il maestro muti, all'ambiente don ciotti. 4. si vota, la gente impazzisce per noi, in massa la pianta di votare merda o non votare affatto, spacchiamo, governiamo e l'italia esce dalla preistoria. è fatta. no compagni? ventidue dicembre duemilaquattordici INTERSTELLAR
32 sono gli anni trascorsi da quando l'incremento medio delle retribuzioni dei dipendenti è stato più scarso di quello di quest'anno. 55 è la percentuale dei dipendenti, pubblici o privati, che non hanno avuto il rinnovo del contratto, e 36 sono i mesi trascorsi mediamente dall'ultimo rinnovo. 6 sono i milioni di italiani oggi in condizioni di povertà assoluta. 85 è la quota percentuale di contribuzione fiscale da parte dei dipendenti sull'intero ammontare dell'erario nazionale. e l'unica proposta da parte di una qualunque forza politica, la cui voce sia udibile in pubblico, attinente la distribuzione della ricchezza - ovvero, della povertà - è l'infamia della lega di salvini che vorrebbe un'unica aliquota al 15% per tutti: poveri, quasi-poveri, ricchi e straricchi. c'è uno spazio enorme, direi, per fare una proposta politica forte di giustizia sociale. una proposta di sinistra senza se e senza ma. però quello spazio è ancora e sempre spazio vuoto. come quello tra il sistema solare e la stella più vicina. ci pare quasi di toccarla con un dito, nelle notti limpide, e invece non la raggiungeremmo prima di 3.000 miliardi di anni da oggi - a queste nostre velocità. di comprensione, di organizzazione, di azione. venti dicembre duemilaquattordici L'ESATTO CONTRARIO DEL GIUSTO E DEL NECESSARIO
"abbiamo portato in borsa fincantieri e raiway, quest'ultima ci ha dato grande soddisfazione. nel 2015 saranno privatizzate anche poste, enav e ferrovie. saranno cambiate [cioè, smantellate] anche le regole per vendere gli immobili del demanio, e si procederà ad una valorizzazione [cioè, mercificazione] del patrimonio immobiliare dello stato. l'italia del 2015 sarà un'italia più efficiente, più semplice, nella quale circoleranno cittadini con più soldi in tasca [quelli con meno o senza, cioè quasi tutti, non circoleranno: li avremo gassati] e le imprese pagheranno meno tasse [cioè, zero]." l'italia del 2015 - la repubblica italiana - semplicemente non sarà. è un incubo? no, è padoan. che ha lo stesso ghigno di donald rumsfeld quando annunciava che l'onore d'america, per i morti dell'11 settembre, imponeva una guerra come si deve. padoan è in predicato di diventare il successore bipartisan di napolitano. e se così fosse, al pubblico del centrosinistra - che ormai è maggioranza (silenziosa) del paese, come all'epoca il pubblico berlusconiano e prima ancora quello democristiano - sembrerà cosa buona e giusta, e anzi batterà le mani (e le batterà pure qualcuno dei miei 'compagni' di strada) perché così avremo sbarrato la strada a berlusconi in persona o a uno dei 'suoi'. ma se non diventasse capo dello stato, padoan resterà comunque il comandante visibile (quelli invisibili sono anche peggio) delle strategie economiche e finanziarie nazionali, con le intenzioni da incubo che ho sopra virgolettato. questa è la portata dei mostri che ci guidano al disastro. e a vedere che i contrappesi a quei mostri - l'opposizione politica e sociale - sono i fascisti, salvini, grillo, vendola e civati, camusso, furlan e barbagallo, landini, rodotà, la spinelli e i 'movimenti', io nell'incubo sprofondo sempre di più. diciotto dicembre duemilaquattordici LA DIFFERENZA
la differenza tra me e zizek è questa. che per scrivere una certa cosa io ci ho messo cinque parole, circa tre anni fa, troppo poche, oppure 270 pagine, finendo il mese scorso, assolutamente troppe; lui invece ci ha messo due paginette fitte e perfette sull'ultimo numero di internazionale. le mie cinque parole erano 'socialism is a global peacekeeping', le 270 pagine sono 'il che (si legge che)'; e le sue sono pagina 37 e 38 di internazionale n°1081, articoletto dal titolo 'la solitudine del gendarme globale'. procuratevelo, è essenziale! diciassette dicembre duemilaquattordici BAMBINI
a peshawar dio muore. come a beslan. come sotto le chiglie dei barconi nel mediterraneo. come in ruanda. come a bhopal. come a sabra e chatila. come dappertutto. fino ad auschwitz. e oltre. sempre. non state a pregare perché risorga. non risorgerà per le preghiere. è lui che prega noi perché non lo uccidiamo ancora. sedici dicembre duemilaquattordici DECADENCE
a sidney ci stavano venti poveri cristi chiusi in un bar sotto tiro di un pazzo criminale. la televisione ha dato la notizia e allestito la diretta, e la gente che ha fatto? sono andati là davanti a farsi selfie smaglianti a cento denti, e ci hanno inzeppato i social per tutto il giorno. intanto dentro gli ostaggi crepavano di paura, due ci sono crepati davvero e alla fine la polizia ha crepato il matto e ha liberato i poveri cristi. fine del divertimento degli autoscatti 'io c'ero' e della pubblicazione in tempo reale sulla rete! questa è la bella società vostra: immagine, effimero, presenzialismo, sorridentoni. se vi avete un minimo ruolo, spero ci stiate facendo tanti soldini. almeno avrà avuto un senso, almeno per le vostre tasche, questo rinsecchimento umano indotto. anche perché serviranno, i soldi, a pagarsi qualche tutela rinforzata quando alle torme dei selfie e dei social non basterà più andare a vedere il disastro da vicino per dire 'io c'ero', ma provocarlo addirittura. e può essere non lontano da voi, o da me che non c'entro niente. bah. io c'ho tantissimi difetti, ma all'edificazione di questa civiltà 'transeunte' del cazzo non mai dato un pelo del culo. manco perdo tempo a guardarla! figurarsi, un gradino più severo di me in questo, c'è quello che considera bach un fischiettatore da talent-show. due gradini, chi dà a omero del furbetto story-teller. e tre gradini, quello per cui i graffiti di lascaux sono una sciatteria in serie alla keith haring. forse così è troppo. ma a sapere dei coglionazzi australiani di quest'oggi, c'ho una ripulsa per il contemporaneo sprecato che la metà basta. quindici dicembre duemilaquattordici DUE (PICCOLE) BUONE NOTIZIE
roma antifascista, roma antirazzista, roma benecomunarda, roma comunista. le compagne e i compagni di rifondazione comunista primavalle, insieme ad altri di tutta roma e ai dirigenti cittadini, hanno organizzato e svolto - ieri pomeriggio - il presidio antifascista e antirazzista per impedire la fiaccolata dell'estrema destra contro il campo rom di monte mario. con il mondo meticcio e solidale dei movimenti di lotta per la casa si è data una risposta ferma e determinata ai miserabili che tentano di alimentare la guerra tra i poveri e l'intolleranza. alle poche decine di fascisti, isolati dai cittadini e circondati dalle forze dell'ordine, è stato impedito di sfilare, di infettare il quartiere con il loro messaggio di odio. è stata la risposta giusta di chi ogni giorno attraverso il conflitto e l'auto-organizzazione sociale si oppone a quel sistema di potere che da un lato specula sui più deboli, i rifugiati, i migranti, i rom, e dall'altro tenta di scatenare contro di loro la rabbia dei cittadini colpiti da una crisi che genera povertà e frustrazione. nessuno spazio a fascisti e razzisti nei nostri quartieri! e sempre ieri si è svolto a roma il corteo dei movimenti della rete 'diritto alla città' per protestare contro mafiacapitale. il serpentone ha coperto il percorso da piazza vittorio a san lorenzo, con in testa gli striscioni 'questa città di chi pensi che sia?' e 'giù le mani dalla città'. molti hanno alzato i gonfaloni della 'libera repubblica di san lorenzo' con scritto 'sdogana reddito per tutti, diritti, welfare, beni comuni, scuola'. tra la gente anche militanti dei comitati per l'acqua pubblica e appartenenti al 'gruppo allaccio popolare'. al corteo, preceduto da una banda di ottoni, hanno partecipato diverse centinaia di persone; e tra gli attivisti anche alcuni immigrati dei centri di accoglienza e famiglie con bambini in passeggino. la grande scritta 'no privatizzazione' è stata lasciata sull'asfalto proprio ai piedi dei cancelli dell'atac in via prenestina. qualche centinaio qua, qualche centinaio là. non è il massimo in una città di tre milioni di persone. ma è un segnale che ci siamo, che non siamo tutte e tutti rincoglioniti e abbrutiti. hasta siempre, daje! quattordici dicembre duemilaquattordici ROMAFIA CRIMINALE
Con sprezzo del ridicolo, così com'è loro costume atavico, i fascistelli-mafiosetti della mia zona di Roma (nord) tentano di sviare la pubblica attenzione dal cancro criminale in corso di indagini e di sputtanamento, di cui essi sono il ruotino di scorta, provando l'ennesima chiamata 'popolare' di stampo abbastanza scopertamente razzista. Hanno infestato i muri delle mie parti col poster truce "Basta zingari! Basta degrado! Basta baraccopoli!", fingendo di dimenticare (e sperando che la gente dimentichi) che proprio il degrado (premeditato) e le baraccopoli (costruite a cazzo) e gli 'zingari' (mantenuti a livello sub-umano) risultano essere i primi canali di arricchimento indebito dei loro (dei fascistelli-mafiosetti) datori di lavoro! Il posteraccio esorta alla fiaccolata di protesta, oggi sabato alle 17.30, davanti a un campo Rom di Monte Mario. Di sera, quindi, così non si vedrà quanto pochi saranno quei fessi; e con le fiaccole, così se a qualche matto gli viene l'embolo alla (già scarsa) intelligenza, magari una scintilla casca sui tuguri gitani e il rogo è bell'e fatto. Chissà invece che una buona volta non ci si brucino direttamente le loro manine nulla-facenti (se non il furto con destrezza e il saluto romano)! Roma si riempie spesso dei manifesti di questa teppaglia, assai più di quanto essa non rappresenti proporzionalmente una qualche forza sulla scena politica cittadina. Ma i soldi per le grafiche e le stampe e gli attacchinaggi – mi sono sempre chiesto – chi glieli dà? Le briciole di Mafiacapitale! Ora sappiamo anche questo. Vi ricordate come è nato tutto questo? La cosiddetta 'insurrezione' di Tor Sapienza, a novembre, contro i rifugiati 'portatori di degrado'? Ora leggete questa breve intervista fatta ieri da Repubblica. Chi insufflò le prove di pogrom di Tor Sapienza? Chi doveva incassare i dividendi delle notti di fuoco, sassi e cocci di bottiglia di una borgata "rossa" che improvvisamente, a metà novembre, si era accesa al comando di saluti romani e ronde assetate di "negri" e "arabi"? Sono stati scomodati i sociologi per provare a dare un senso alla furia della banlieue di Roma. E invece, per raccontare quella storia bisogna cominciare da un'altra parte. Dagli appetiti mafiosi del Mondo di Mezzo. Dai Signori degli appalti del "terzo settore" Salvatore Buzzi e Sandro Coltellacci, oggi a Regina Coeli per mafia, dal loro interfaccia "nero" Massimo Carminati e dalla sua manovalanza del Mondo di Sotto. E da una coraggiosa donna salentina, Gabriella Errico, presidente della cooperativa sociale "Un sorriso", che in quelle notti ha perso tutto: il centro e i suoi minori, trasferiti nella struttura della Domus Caritatis all'Infernetto. Racconta Gabriella: "Un amico mi disse che Buzzi andava dicendo che ora 'mi aveva in pancia'. Sì, così diceva: 'Ora, ho in pancia quella lì del Sorriso'. Mi infuriai. E per un attimo pensai che a Tor Sapienza solo la mia cooperativa era stata assediata. Come mai le strutture nell'orbita di Tiziano Zuccolo, grande amico di Buzzi, che pure ospitavano migranti adulti non erano state sfiorate dalla rivolta? Dissi al mio amico che Buzzi non aveva in pancia proprio un bel niente". E però, dopo poco, Buzzi si fa vivo. "Mi fissò un appuntamento per il 4 dicembre alle 11. Mi disse che era venuto il momento di sedersi intorno a un tavolo e discutere di come intendeva 'dividere la torta dei minori stranieri non accompagnati'. Pensava evidentemente che, dopo Tor Sapienza, fossi finalmente pronta a cedere. Per fortuna, il 2 dicembre lo hanno arrestato". Questa è la verità. Con buona pace dei sociologi, e perfino di qualche 'possibilista' di certa pseudo-sinistra. E tanto peggio per la gente che davanti a quei conati di razzismo (adesso provatamente tele-guidati dal più bieco affarismo criminale) non vedeva l'ora di accodarsi dicendo "sì però in periferia si vive male, non c'hanno mica tutti i torti a lamentarsi." Meno male che qualcuno l'aveva detto subito, che invece... Meno male che resta tutto scritto e pubblicato. Eccone di seguito una piccola selezione. 13.XI Avevamo chiesto al sindaco Marino di disostruire i tombini, ma a Tor Sapienza l'ha fatto troppo bene: dalle fogne è venuta su tanta di quella merda... Lunedì la sassaiola di alcune decine di teste di cazzo locali contro il lager di Stato in cui sono rinchiusi i migranti come bastardi al canile - badate, sassaiola non contro il lager in sé ma contro i migranti, contro quelle persone che il mondo (compreso il nostro) ha torturato direi già abbastanza. Martedì sera il lancio di bottiglie (incendiarie?) e qualche bombacarta sempre contro i migranti da parte di una cinquantina di teste di cazzo pure incappucciate, contrastate meno male dalla polizia (che è rientrata con qualche agente ferito). E ieri notte un giovane del centro accoglienza rifugiati lasciato a terra con la faccia tagliata da un coltello. Oggi che altro faranno? Un linciaggio di negri come ai bei tempi? Li bruciamo sulle croci? Li impicchiamo ai lecci, e li lasciamo a spenzolare finché i corvi non gli mangiano gli occhi e qualche autore ci stacca su un blues amaro? La gente è davvero orrida. è resa orrida da un sistema che depaupera la mente e l'anima prima ancora delle tasche. E l'elemento dell'incappucciamento di tutte quelle merde razziste la dice lunga. Che si dia sfogo alla violenza fascista senza mostrare la faccia, oppure che si manifesti apparentemente contro il sistema con un passamontagna o con una maschera bianca rubata a un film, o che si stia dietro un computer a scrivere e confondere e aizzare senza che nessuno sappia mai davvero chi è che scrive e perché - questa è comunque l'epoca della grande vigliaccheria. Corsi e ricorsi: gli stadi di Norimberga, le Piazze Venezia, i cortei del Ku-Klux-Klan, sono sempre stati la fogna a cielo aperto per il galleggiamento naturale di vigliacchi e merde. E sono già pronti serpenti velenosi di una certa notorietà che vogliono andar lì a covarsi quelle uova che negano la civiltà, l'umanità. Be', compagni: se noialtri vogliamo contrastare quest'andazzo è l'ora di metterci la faccia, invece - e se serve, pure le manine. "Il centro di accoglienza per richiedenti asilo e per minori stranieri non accompagnati di Tor Sapienza è da anni una struttura modello nella quale quarantacinque minori stavano seguendo un utile percorso di formazione e di inserimento professionale. Grazie alle loro testimonianze raccolte dagli operatori sociali e confermate alle autorità di polizia, sono stati arrestati decine di scafisti ed altri criminali che in Italia o nei paesi di origine hanno sfruttato le condizioni di disagio dei profughi e di quanti fuggivano da situazioni di guerra o di estrema povertà. Nessuno di loro risulta coinvolto in episodi di microcriminalità nel quartiere o altrove. Quanto ai trentasei adulti ospiti del centro, si tratta di persone in attesa dei documenti che ne certifichino lo status di rifugiati, e che quindi non sono certamente interessate a creare disordini o tensioni con gli abitanti del quartiere." Chi parla è la Caritas, non degli antagonisti fanatici. "Scendete bastardi, scendete!" "Se ne devono andare!" Alla polizia: "Difendete noi, non loro, perché noi vi paghiamo le tasse e lo stipendio!" in un bar: "Qui non potete entrare, non è per voi!" "Trasferiscono i minori? A questo punto devono andarsene tutti! Devono proprio chiudere il centro. Sarà una vittoria solamente quando li porteranno via tutti. Non li vogliamo neanche nei dintorni!" Chi parla così invece sono i romani di Tor Sapienza, non degli automi vigliacchi e razzisti. Ma la differenza diventa sempre più piccola. I rifugiati in queste ore, a cominciare dai minori - ragazzi, bambini, soli -, sono spostati altrove. L'esilio violentato di questi figli di un dio minore, evidentemente, non ha fine. Che vergogna, oggi, essere romano. 16.XI La sinistra (né fa eccezione la sinistra romana) passa un sacco di tempo, da un sacco di tempo, a chiedersi accoratamente: 'Chi siamo? Cosa siamo? Che vogliamo? Come faremo?'. Col risultato che la gente è talmente poco e niente raggiunta da questo accorato auto-interrogarsi della sinistra (vera), che riesce in buona fede a credere che la sinistra in Italia sia un pezzo del governo, o comunque un pezzo del partito di governo, o comunque un pezzo della coalizione di cui fa parte il partito di governo in cui spadroneggia il premier! Assurdo, vero? Prendere per 'sinistra' quella roba là - che invece è puro neo-liberismo. ma d'altronde se la sinistra (vera) non dà segnali udibili e visibili di sé... Invece – Tor Sapienza docet – la destra non si interroga. Fa la destra, e basta: razzismo, qualunquismo, malafede, violenza - ricetta infallibile per far parlare di sé, per costringere le istituzioni a dialogare volenti o nolenti, per far credere alla gente (quella di cui sopra) che se c'è qualcuno che pensa ai problemi reali degli italiani e fa qualcosa di concreto, ebbene è la destra. Oh, dico: ne parla perfino il Papa da Piazza San Pietro! E noi? Noi di sinistra facciamo qualche riunione 'carbonara'. Ci facciamo domande. Non impariamo ancora - forse se non sappiamo più darne, dobbiamo prendere qualche schiaffo. 18.XI A Milano oggi due donne, due madri, scacciate dalle case in cui vivono da anni (case di padroni, case sfitte, puro lusso infruttifero a fronte di tanto bisogno sociale, vivaddìo occupate) per ordine di chi presiede all'ordine pubblico e al potere politico (dal questore al prefetto al sindaco), sono andate a mani nude davanti alla polizia schierata in quel suo modo brutto – caschi, scudi, manganelli e lacrimogeni in canna – a dirgli 'Come potete? Dove andiamo? Perché ci fanno questo?'; mentre invece a Roma sono giorni che nessuna donna, nessuna madre, nella periferia sotto i riflettori, è capace di fermare l'orrendo razzismo che sfoga contro gli innocenti l'impotenza di un disagio allestito dal sistema – anzi, la propaganda fascistoide sembra attecchire parecchio proprio sulle casalinghe di borgata che campano di junk-food e televisione. Compaesani, regolatevi. 2.XII Oggi a Roma trentasette arresti per fascio-mafia, anche tra funzionari e dirigenti delle amministrazioni di Comune e Regione (a gestione, rispettivamente, Alemanno e Polverini), per appalti sporchi, riciclaggio e contiguità con l'eversione. Io lo dico sempre che il problema 'fascismo', stringi stringi, è di ordine giudiziario e non politico. E lo è dalle origini, dalle squadracce che infestarono l'Italia intorno al 1920 su mandato di latifondisti e industriali terrorizzati dal risveglio operaio e contadino, e con l'avallo delle istituzioni monarchiche e dei mezzi d'informazione liberali consegnarono il Paese a Mussolini. Il problema 'fascismo', insieme gli analoghi problemi 'razzismo' e 'populismo', in un Paese normale abitato da gente civile sarebbero derubricati dal livello della lotta ideologica a quello della lotta al crimine puro e semplice, e come tali trattati e risolti mentre la collettività e le istituzioni affrontano i problemi veri della gente. Invece qui da noi – da sempre, e sempre di più con l'aumento dell'avvelenamento mediatico delle coscienze – essi occupano un rango addirittura elevato sulla scena politica: oggi Salvini non è mandato a processo per incitamento all'odio razziale ma va in televisione due volte al giorno – ascoltatissimo; negli anni 2000, Polverini e Alemanno, e Storace prima di loro, non sono indagati per abuso della credulità popolare sui temi della sicurezza e del malcostume o per i loro più o meno velati riferimenti nostalgici al fascistume, ma i talk-show ne fanno dei candidati credibili – tanto che sono eletti – alle massime cariche di governo locale; Bossi, inizio anni '90, non viene arrestato per disturbo alla quiete pubblica e vilipendio di tutti i simboli della legalità repubblicana, ma la televisione lo sdogana come il fenomeno nuovo della nuova Italia post-Tangentopoli; e Grillo... be', Grillo è la TV stessa ben prima di essere minimamente sfiorato dall'idea di fare il guru del web. In un Paese normale, abitato da gente civile – dicevo. 6.XII Perciò non è vero per niente che gli zingari non lavorano. Lavorano, invece, per i fascisti e per i mafiosi. Per i fascisti lavorano semplicemente esistendo, perché la loro stessa presenza nelle nostre città consente ai fascisti di farsi spazio in politica sventolando sotto il naso della gente da poco il cosiddetto 'problema degli zingari nelle nostre città'. E per i mafiosi lavorano semplicemente dimorando, dimorando come cani in quelle specie di canili che i mafiosi si fanno pagare profumatamente dal pubblico erario perché si costruiscano spazi abitabili, e invece ne fanno appunto canili per zingari. Quindi gli zingari lavorano. E in particolare a Roma, dove emerge che i fascisti e i mafiosi sono una razza sola, gli zingari lavorano per uno stesso padrone che così ci guadagna il doppio. Mentre invece loro non ci prendono un soldo, per il loro lavoro, anzi. Ma chi lavora gratis a casa mia si chiama 'schiavo'. Ergo: gli zingari sono gli schiavi dei fascisti e dei mafiosi, e a Roma in particolare dei fasciomafiosi. Adesso quando guardate uno zingaro o una zingara pensate a questo. 10.XII Salvini dice che per violentatori e pedofili ci vuole la castrazione (chimica). Le Pen dice che con i terroristi le torture sono ammesse. Farage dice che le donne non devono permettersi di allattare in pubblico. Grillo dice che la mafia aveva un suo codice d’onore, prima che la politica la rovinasse. I lavoratori e le lavoratrici delle cooperative ‘intrallazzone’ di Buzzi (e Carminati) dicono che non c’entrano niente col crimine, con la mafia e col fascismo. Che anzi loro fanno il proprio lavoro anche per motivi ideali, e quindi sono davvero parecchio incazzati coi vertici ora sotto inchiesta o già in galera. Bene, fateli uscire e metteteglieli davanti: ne facciano loro ciò che vogliono! Anzi, meglio: stanate trasversalmente tutti (e tutte) quelli di Mafiacapitale e portateli dinanzi a un tribunale di migranti, rifugiati e Rom – sulla cui pelle (e miseria) in modo indegno hanno fatto affari milionari, inoltre alimentando schifosamente il razzismo della gente (quella che vale poco o niente). Questo tipo di giustizia sommaria piacerebbe a Salvini? E a Le Pen? Questo ‘spettacolo pubblico’ garberebbe a Farage? Questa riaffermazione di onore convincerebbe Grillo? No, certo. Quei quattro e le loro corti – non importa ciò che blaterano per convincere i fessi – stanno sempre dalla parte del Potere. E la verità è che lo vogliono ancora più forte, più sciolto da vincoli di civiltà e democrazia: vogliono che tutti diventiamo sempre più feroci e più soli, e che la società si riorganizzi di conseguenza ancora peggio. E’ il loro (fetido) mestiere. E sarà la loro (doratissima) pensione. Ma voi? Ultimo flash, l'sms di Buzzi – fine anno 2012 – a tutti i suoi compari in orridi affari. “Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale!” E se non è uguale alla telefonata notturna tra palazzinari che alla notizia del terremoto a L'Aquila e in Abruzzo già se la ridevano per i soldi che avrebbero fatto sulla gente crepata sotto le macerie – forse è anche peggio. La morale di questo bel romanzo – eccola. Quindi era Carminati a governare davvero Roma. E passi che non lo sapesse la gente qualsiasi, ma come facevano a non saperlo quelli che la governavano per finta? Lo sapevano, lo sapevano. Ma se il governo di Carminati ha portato un sacco di soldi in tasca a tanta gente, non gente proprio qualsiasi ma la gente che ha dato sostegno a quelli che sono stati votati per governare Roma per finta, non si faceva prima a candidare direttamente Carminati? No. L'avete visto Carminati? L'avete sentito parlare? Se uno così va in televisione non prende un voto. E vincono i comunisti. Perciò: Carminati governi davvero, ma senza che lo conosca la gente qualsiasi; e in televisione a prendere voti ci vadano Marino e Alemanno e Veltroni e Rutelli, e Prodi, Berlusconi, Renzi, Vendola, Grillo, Salvini. Elementare. Capito questo, capito tutto! E se la gente dovesse stufarsi anche di questo giochino – nauseata dal troppo schifo, troppo perfino per gli Italiani tanto 'brava gente' – non c'è problema: è stato disegnato anche lo scenario di riserva... Infatti, come Tangentopoli e Manipulite ci scagliarono dalla Prima Repubblica alla 'Seconda', ho idea che Mafiacapitale ci butti presto o tardi nella Terza. Solo che non sarà una Repubblica. Berlusconi è stato il ciambellano di quella sotto-specie di democrazia ventennale; Renzi sta provando a essere direttamente il re di questa. Ma io credo che ciò che si prepara sia una più spiccia dittatura. Diceva l'altra sera la giornalista alla Prima alla Scala: "Mi spiace non poter dare altri dettagli sulle mise indossate stasera dalle signore. In effetti mancano non poche delle presenze abituali, e il motivo è che proprio stasera si tengono tre importanti feste private a St. Moritz." tredici dicembre duemilaquattordici LA (VERA) VIA MAESTRA
di valentina manusia http://www.esseblog.it/2014/12/la-vera-via-maestra/ Questo è Tsipras, questo è essere cittadini europei, questo è essere di sinistra. (E se non esistesse niente del genere, allora potrebbero anche passare per vere le fandonie per cui Renzi è di sinistra, Grillo e Salvini sono europei e Berlusconi è un cittadino. Ma invece esiste!) Dice Tsipras – il quale vincerà le elezioni anticipate in Grecia e il suo partito di sinistra radicale, Syriza, governerà il Paese – “Noi non vogliamo uscire dall’euro e tornare a fare deficit. Ma come primo passo chiederemo una conferenza internazionale per tagliare il nostro debito, come la Germania nel 1952: un 62% in meno che non andrebbe a penalizzare i crediti in mano ai privati, ma che dovrebbe essere concesso dalla Troika – Bce, Ue e Fmi – che hanno in tasca una fetta enorme del debito pubblico greco. Questo sarà il punto di partenza di una serie di riforme: elettricità gratuita e buoni pasto a 300.000 famiglie povere, ripristino della tredicesima per i pensionati sotto i 700 euro al mese, rialzo da 5 a 12 mila euro della fascia di reddito esentasse e da 586 a 751 euro al mese dello stipendio minimo, una supertassa sugli immobili di lusso e una battaglia contro l’evasione fiscale. Più qualche miliardo di investimenti pubblici per creare lavoro.” Compagne e compagni, basta copiare! Aggiungo solo che se non fosse sufficiente l’autoevidenza della giustezza – politica, etica, strategica, tattica – di tale posizione, c’è pronta la controprova del sistema mediatico nostrano il quale, nel parlare dell’accelerazione della crisi greca, non potendo più far passare Syriza e Tsipras per fenomeni marginali (com’è invece tuttora la nostra sinistra radicale, per ‘fuoco amico’ o per nemesi letteraria o per depressione da psicoanalisi), allora li dipinge o come degli antieuropeisti o come dei sognatori e descrive gli scenari più apocalittici per l’Unione Europea (Italia compresa quindi) nel ‘malaugurato’ caso Tsipras vinca davvero. Come a dire: “Italiani scontenti, continuate a baloccarvi alternativamente con (falsi) problemi come quelli dell’immigrazione o dei costi della politica, o della forma-nonforma da dare a ciò che sta a sinistra del PD o dell’esistenza stessa di una sinistra nel Centrosinistra; ma non vi azzardate ad andare al cuore della crisi, alle questioni del lavoro, del reddito, della distribuzione e della pianificazione!” E invece proprio questa sarebbe la Via Maestra, quella vera, per il cambiamento e – ora come ora, addirittura – per la stessa salvezza della democrazia italiana: fare, da parte dell’immenso blocco sociale che sta subendo da anni questa rovina e la guerra di classe dall’alto che ne è causa ed effetto insieme, fare come in Grecia! Ma non ce lo faranno fare. Non ce lo fanno nemmeno provare, progettare, volere, desiderare. Quos Deus vult perdere, dementat prius. dodici dicembre duemilaquattordici PAROLE E SCRITTURE
come spesso succede, moni ovadia mi regala un sapere che non avevo. talvolta addirittura una folgorazione. stamattina, da radio3rai, mi ha insegnato un nome, una traduzione, un senso, una conferma e una speranza. il nome è nathan andré chouraqui, scrittore francese ebreo di origine algerina, nato nel '17 e morto qualche anno fa. la traduzione è la sua, di chouraqui, del vangelo in francese (tradusse anche la bibbia ebraica, il resto del nuovo testamento e il corano - e per tutta la vita si è impegnato nel dialogo interreligioso, per una convivenza di pace nei luoghi delle scritture). e il senso è straordinario! è il senso nuovo che il traduttore - direttamente dall'ebraico (gesù, semmai sia esistito, parlava e predicava in aramaico - non certo in greco) - conferisce all'espressione 'beati' nel celebre e bellissimo discorso della montagna. chouraqui traduce ‘ash'rē non come usualmente dal greco makárioi, che in effetti significa beati, ma più letteralmente come un'azione del camminare: precisamente, en marche! e voi capite bene che con questo diverso e più fondato senso della parola, tutte le beatitudini di quel sermone - già meraviglioso, rivoluzionario - acquistano un tono addirittura esplosivo, quasi insurrezionale. leggiamole così, prima con matteo: in marcia gli afflitti, perché saranno consolati! in marcia i miti, perché erediteranno la terra! in marcia quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati! in marcia i misericordiosi, perché troveranno misericordia! in marcia i puri di cuore, perché vedranno dio! in marcia gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di dio! in marcia i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli! in marcia voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia! e poi con luca: in marcia voi poveri, perché vostro è il regno di dio! in marcia voi che ora avete fame, perché sarete saziati! in marcia voi che ora piangete, perché riderete! in marcia voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del figlio dell'uomo. rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione! guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame! guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete! guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi! stupendo: sembra la marsigliese, l'internazionale! quanto diverso - così - dal suggerimento al quieto vivere o peggio alla rassegnazione che arriva ai credenti da secoli per bocca di preti, vescovi e papi "cristiani". dicevo che moni ovadia stamattina mi ha regalato anche una conferma. la conferma che non ero del tutto fuori strada quando ho scritto... ...lo scandalo sta tutto qua: che a un certo punto gli uomini-uomo si sono visti mettere in discussione dagli uomini-strumento. per intenderci: gli uomini-uomo sono quelli che vivono da uomini, e sono una ristrettissima minoranza, gli uomini-strumento sono quelli (moltissimi, quasi tutta l’umanità storica e presente) che gli uomini-uomo condannano al livello di mera sopravvivenza o poco più, affinché essi uomini-uomo ne traggano le possibilità materiali per vivere come uomini appunto. essi soli, e tanto peggio per gli altri... ...questo scandalo lo manifestò, per esempio, gesù cristo (il più bel personaggio della letteratura mondiale). che gli uomini siano (invece) tutti uguali, è la sua bestemmia contro l’ordine costituito multimillenario. la sanzione fu la croce, la sanzione contro di lui. ma la sanzione contro la bestemmia fu il suo depotenziamento, il travisamento sistematico: gli uomini-uomo, appropriatisi come élite (come chiesa, come stato, come senso comune, come burocrazia e potere) di quelle parole scandalose, dissero (e dicono) agli innumerevoli uomini-strumento che gli uomini saranno forse sì tutti uguali, ma nel non-luogo dell’eternità. non certo qui e ora, dove tutto deve (invece) restare com’è – al netto di qualche procedura consolatoria. e la speranza, be' è che tanta altra gente come me stamattina abbia avuto la fortuna di sentire quelle parole su radio3rai, e abbia avuto il lusso di un po' di tempo per meditarci su come ho fatto io. buona domenica! sette dicembre duemilaquattoridici DISTINGUERE
perciò non è vero per niente che gli zingari non lavorano. lavorano, invece, per i fascisti e per i mafiosi. per i fascisti lavorano semplicemente esistendo, perché la loro stessa presenza nelle nostre città consente ai fascisti di farsi spazio in politica sventolando sotto il naso della gente da poco il cosiddetto problema degli zingari nelle nostre città. e per i mafiosi lavorano semplicemente dimorando, dimorando come cani in quelle specie di canili che i mafiosi si fanno pagare profumatamente dal pubblico erario perché si costruiscano spazi abitabili, e invece ne fanno appunto canili per zingari. quindi gli zingari lavorano. e in particolare a roma, dove emerge che i fascisti e i mafiosi sono una razza sola, gli zingari lavorano per uno stesso padrone che così ci guadagna il doppio. mentre invece loro non ci prendono un soldo, per il loro lavoro, anzi. ma chi lavora gratis a casa mia si chiama 'schiavo'. ergo: gli zingari sono gli schiavi dei fascisti e dei mafiosi, e a roma in particolare dei fasciomafiosi. adesso quando guardate uno zingaro o una zingara pensate a questo. ps.: dice che pure i personaggi di spettacolo e sport stavano in contatto con la cupola di fasciomafia a roma. dice che allora sono proprio tutti uguali, 'tutti rubano alla stessa maniera'. però io mi permetto di correggere: tra i politici coinvolti non c'è nessuno, nemmeno alla lontana, dell'area di 'repubblica romana' e 'sinistra per roma', cioè delle forze politiche e civiche (rifondazione comunista, partito dei comunisti italiani, partito pirata...) che sostennero la candidatura a sindaco di sandro medici; e tra i personaggi di arte&costume coinvolti non c'è nessuno, nemmeno alla lontana, di tutte le esperienze di occupazione e liberazione di spazi sociali e culturali (valle, angelo mai, palazzo, america, scup, volturno, spartaco, sans papier, pachamama...). ergo: col cavolo che siamo tutti uguali! la merda è una cosa, la cioccolata tutt'altra. sei dicembre duemilaquattordici 5.XII
cinque anni fa il noBday, l'esordio più clamoroso per un movimento d'opinione in italia a memoria d'uomo: il popolo viola. tanto clamoroso, l'esordio, quanto repentino il sipario: già pochissimi mesi dopo quel bagno oceanico di folla, il popolo viola non esisteva più. mentirei se dicessi che soggettivamente io non gli debba qualcosa. e non poco. il piacere grande di trovarmi là, allora, in mezzo a così tanta gente a volere e gridare tutti insieme la stessa cosa; 'berlusconi vattene! dimettiti!'. ossia la ri-abitudine a sperare almeno un po' nelle persone. l'occasione che ebbi così di conoscere non pochi cittadini validissimi - che poi sarebbero diventati compagni di strada anche dopo, sotto colori diversi; e amici sul serio, che frequento ancora. l'opportunità di salire, col popolo viola, su quel treno stranissimo che è l'attivismo - fatto di tanti e tanti vagoni, nei quali è più facile entrare se ci arrivi da quelli attigui che non dalla strada; e grazie a ciò percorrerne molti (qualcuno poi perfino crearlo) sempre affinando il mio personale percorso di emancipazione politica - che non si è concluso. però - oggettivamente - a guardarlo col senno di poi è stato un mezzo disastro. ha spianato abbastanza la strada al grillismo, quella breve fiammata del popolo viola. e non sarebbe mai andato di moda 'fare attivismo' col pc - o tablet o smartphone - sui social, se non fosse passata l'idea che a chiamare un milione di persone in piazza era stato 'san precario' da facebook. ha mezzo spianato la strada pure a qualcuno che stava là affianco con pensieri meno vergini dei miei, e già una mancetta di ringraziamento in tasca da parte di forze politiche ed economiche che proprio non potevano permetterci - a noi viola - di diventare 'adulti'. senza epica viola, l'essere 'fluidi', non si sarebbe insediata negli stessi cittadini attivi - già pochi - l'idea malsana che organizzarsi per far politica è 'vecchio' mentre vivere così di entusiasmo ed estemporaneità è 'nuovo': e il potere ringrazia, ovviamente, per questa sciocchezza; e ringrazia anche renzi, che con la retorica della rottamazione dei vecchi notabili di partito direi che pescava molto nel viola-pensiero; né, infine, con quel gran successo inaspettato di una chiamata tutto sommato estetica, al limite etica, ma certo un bel pelo sotto il livello della politica cosciente e conseguente, non ci sarebbe stata tanta confusione nella testa degli italiani tra i concetti di 'legalità formale' e 'giustizia sociale': che è uno dei motivi per cui la mia idea politica matura, l'umanesimo socialista come uscita dalla crisi, e la strategia per perseguirlo, una struttura e una lotta politica coerenti, non riescono ad essere popolari. berlusconi poi si dimise, quasi due anni esatti dopo - e non certo per merito di quel nostro corteo. comunque c'ero, e tutto sommato non mi dispiace: io devo ancora capire tante cose, ma probabilmente senza quella giornata e quel che ne è per me scaturito - dovrei capirne molte di più. cinque dicembre duemilaquattordici TASSONOMIA
tipo: Umani classe: Proletari ordine: Comunisti genere: Atei specie: Vegetariano quattro dicembre duemilaquattordici SOLO
soltanto corradino mineo ha votato no. il resto delle 'minoranze' pd ha votato sì 'con riserva'. e quindi la cambiale in bianco del senato al governo sul jobs act è passata. solo uno ha detto 'io non ci sto'. (sembra quando di tutti i professori universitari italiani degli anni '30, solo dodici dissero no al razzismo del regime.) intanto, il popolo inveiva nella piazza. solo che 'il popolo' erano cento persone, non di più. che sono pure andate addosso alla polizia schierata a difesa di palazzo madama, rimediando tre fermati e due feriti. cento cittadini. contro una roba che rovinerà la vita a milioni. solo che i milioni stavano a guardare renzi da mentana e alemanno da vespa e salvini dalla gruber e di battista non so dove. o a cliccare 'mi piace' su una presa di posizione stentorea come questa. e pure quei cento là, anime perse - si fa il sit-in e si ci si strilla in faccia con le guardie... solo che costruire il mondo nuovo è proprio un'altra cosa. tre dicembre duemilaquattordici ORDINI DIVERSI
oggi a roma 37 arresti per fascio-mafia, anche tra funzionari e dirigenti delle amministrazioni di comune e regione (a gestione, rispettivamente, alemanno e polverini), per appalti sporchi, riciclaggio e contiguità con l'eversione. io lo dico sempre che il problema 'fascismo', stirngi stringi, è di ordine giudiziario e non politico. e lo è dalle origini, dalle squadracce che infestarono l'italia intorno al 1920 su mandato di latifondisti e industriali terrorizzati dal risveglio operaio e contadino, e con l'avallo delle istituzioni monarchiche e dei mezzi d'informazione liberali consegnarono il paese a mussolini. il problema 'fascismo', insieme gli analoghi problemi 'razzismo' e 'populismo', in un paese normale abitato da gente civile sarebbero derubricati dal livello della lotta ideologica a quello della lotta al crimine puro e semplice, e come tali trattati e risolti mentre la collettività e le istituzioni affrontano i problemi veri della gente. invece qui da noi - da sempre, e sempre di più con l'aumento dell'avvelenamento mediatico delle coscienze - essi occupano un rango addirittura elevato sulla scena politica: oggi salvini non è mandato a processo per incitamento all'odio razziale ma va in televisione due volte al giorno - ascoltatissimo; negli anni 2000, polverini e alemanno, e storace prima di loro, non sono indagati per abuso della credulità popolare sui temi della sicurezza e del malcostume o per i loro più o meno velati riferimenti nostalgici al fascistume, ma i talk-show ne fanno dei candidati credibili - tanto che sono eletti - alle massime cariche di governo locale; bossi, inizio anni '90, non viene arrestato per disturbo alla quiete pubblica e vilipendio di tutti i simboli della legalità repubblicana, ma la televisione lo sdogana come il fenomeno nuovo della nuova italia post-tangentopoli; e grillo... be', grillo è la tv stessa ben prima di essere minimamente sfiorato dall'idea di fare il guru del web. in un paese normale, abitato da gente civile - dicevo. ma chi comanda in italia, da sempre, sa benissimo che queste due precondizioni non riguardano noi. credo storicamente. due dicembre duemilaquattoridici IL VINO
Ieri 29 novembre, a Piazza Farnese, Roma, mezzo-flop dell'Altra Europa (già Lista Tsipras). Più di mezzo, a dirla tutta. Altra notizia, sulla fatidica assemblea nazionale dell'Altra Europa. Pare si terrà a metà gennaio prossimo, con all'ordine del giorno - sulla scorta del pensiero di uno dei suoi mentori, il sociologo piemontese Revelli - l'avvio del processo costituente di un soggetto politico della sinistra e dei democratici. Sinistra e democratici: facevano prima a dire che senza Civati, Fassina e compagnia bella, quella 'sinistra' lì non se la sente di muovere un passo, ossia che l'opposizione al PD renziano sarà ancora e sempre un affare di famiglia! Bell'affare. D'altronde alle recentissime regionali la sedicente sinistra radicale ha preso l'1.6% in Emilia-Romagna - sarebbe il 4%, ma col 40% appena degli elettori alle urne il valore assoluto di quei voti questo fa - e in Calabria lo 0.6% addirittura. Allora continuiamo così? Facciamoci - ancora - del male? La gente italica si sta stufando della democrazia: almeno da quella interpretata da questi attori, su questa sceneggiatura, con questa regia, in questa trama; e la nostra gente - i lavoratori, i precari, i disoccupati, gli studenti, gli intellettuali - in questo Paese allo sfascio, non riesce a vedere perché si debba votare a sinistra-sinistra nemmeno per la più elementare delle motivazioni: la paura, che peggiorino ancora le condizioni dei ceti popolari e che il fascio-razzismo montante non abbia più argine. Parafrasando di nuovo Moretti - da altri contesti e altra epoca - con questo ceto politico-culturale pseudoradicale e con quei suoi metodi pavidi e confusi, noi la guerra di classe non la spunteremo mai! Hai voglia ad accettare qualunque 'compagno' di strada e qualsiasi scorciatoia. Vi piace SEL? SEL, che in Emilia sosteneva il candidato del PD e in Puglia - dopo un po' di scaramucce finte tra Vendola e il sindaco Emiliano - gioca alle primarie nel Centrosinistra, ha già indetto per gennaio un’assise nazionale dal nome tanto televisivo da sbellicarsi – Human Factor – alla quale invita, per la costituzione di un polo a sinistra del PD, nientemeno che i nostalgici dell’Ulivo come Rosi Bindi! Su, seri. Né ci convinceranno del contrario tutti i piccoli libri di un autore Piccolo, per quanti Bancarella gli facciano vincere e per quanta gente che pensa di essere di sinistra - magari perché Berlusconi gli è sempre sembrato un impresentabile parvenu - legga le sue cose e ci si riconosca! (Tra parentesi, un delizioso recente volumetto come Il comunismo spiegato ai bambini capitalisti - e a tutti quelli che lo vogliono conoscere, di Gérard Thomas, ovviamente in Italia non vince nulla e nessuno ne parla; però in Francia qualcuno ne scrive in questi termini: "Non siete comunisti? Lo diventerete. Siete comunisti? Questo libro vi renderà le persone più felici del mondo. Avete dei figli? Leggetegli questo gioiello e ne farete delle persone migliori. I bambini capitalisti quando nascono sono bambini uguali a tutti gli altri; non sono ancora dei bambini capitalisti, e non lo sono nemmeno nei primissimi anni della loro vita. Poi a un certo punto succede qualcosa nella loro testa, e invece di continuare a essere dei bambini uguali a tutti gli altri diventano dei bambini capitalisti.") Ragazzi, compagni, non ci siamo. In una vecchia produzione hollywoodiana, Il tormento e l'estasi, c'è quel pezzo in cui Michelangelo (Charlton Heston) depresso perché la volta della Sistina che sta creando gli pare confusa, appiccicaticcia, insincera, sta in un'osteriaccia tra i vicoli di Roma e ordina del vino; lo assaggia, si disgusta e lo sputa gridando all'oste: "Ehi, senti! Questo è aceto!" Silenzio tra i tavoli, e l'oste piccato: "Il mio vino, aceto? E' una botte nuova! L'ho aperta appena dieci minuti fa!" Charlton Heston: "Io non bevo questo veleno, assaggia tu stesso!". L'oste prende il suo stesso bicchiere, lo porta alla bocca... e sputa schifato. Gelo tra i tavoli. Al che l'oste si avvicina alla grande botte 'colpevole', prende una bella mazzetta e con un colpo secco fa saltare rubinetto e tappo; e il vino cattivo si rovescia a terra in un fiotto rosso scuro. Tripudio generale! L'oste conclude stentoreo: "Quando il vino non è sincero, si butta!" Michelangelo ride con gli altri avventori, poi capisce l'antifona: è folgorato! Torna di corsa sui ponteggi in Sistina, graffia via i cartoni freschi di apostoloni convenzionali e s'inventa quella meraviglia di profeti e sibille unica al mondo, che emoziona l'eternità per quanto è vera la sua ispirazione! E io questa scena me la ripasso a mente ogni volta che devo prendere una decisione su un progetto di vita - e politico soprattutto! Mi avete capito. trenta novembre duemilaquattordici UNA RISATA... PRIMA CHE CI SEPPELLISCANO
le compagne e i compagni del teatro valle ex-occupato, rientrati per una mattina almeno nel foyer dello spazio culturale e politico cui avevano ridato vita per oltre tre anni, giorno e notte, natale e ferragosto compresi, hanno per l'ennesima volta constatato che gli 'improcrastinabili lavori di messa in sicurezza e restauro' (per svolgere i quali - questa era la scusa - sono stati costretti a uscire, sotto minaccia di sgombero violento) che sarebbero dovuti partire già ad agosto, a tutt'oggi non sono neppure iniziati né si ha notizia di un progetto o di finanziamenti ad esso dedicati. il comune di roma, preso 'col sorcio in bocca', si difende magistralmente: "proprio l'intrusione nel foyer ha impedito che davanti all'ufficiale giudiziario quello spazio venisse riconsegnato alla proprietà permettendo così che il teatro di roma firmasse il contratto di affitto necessario a far partire i pochi lavori indispensabili a rendere agibile questo spazio." al che mi chiedo se siamo su 'scherzi a parte'. poi leggo il nome del privato proprietario del foyer, il marchese aldo pezzana capranica del grillo, e mi rispondo che sì: siamo su 'scherzi a parte'. compagne e compagni, lasciamoli perdere ai loro scherzi idioti. lottiamo la lotta - seria, da cui vogliono distrarci - che si può vincere, e che se si vince allora vince tutte le lotte insieme! ventotto novembre duemilaquattordici BENI RIFUGIO (INDOTTI)
di Valentina Manusia https://www.facebook.com/valentina.manusia?fref=nf ormai c'è rimasto solo questo: i figli. e quelli che i figli non ce li hanno? poveracci. è così. e se ne è accorta anche Hollywood. o è Hollywood che vuole che lo pensiamo? in Dracula Untold, il conte Vlad - che ha sulle spalle il destino del suo popolo - in realtà si sbatte (e tanto) per il destino del suo figliolo, figlio unico (cosa assai strana per quel buio periodo). e nella scena clou si rivolge alla bellissima Mirena con tono epico e dice: "abbiamo fatto il nostro dovere di genitori!" In Interstellar, Cooper non ci pensa due volte a lasciare la figlia Murph con il nonno per riprovare l'adrenalina di viaggiare nello spazio, con una passeggiatina in particolare si gioca 30 anni tutti insieme a causa della relatività. ma poi fa di tutto per tornare da lei e la ritrova vecchia ma amorevole e nella scena clou con tono commosso è lei a dirgli: "nessun genitore dovrebbe vedere i suoi figli morire" genti del XXI secolo, avete solo i vostri figli, e solo i vostri figli avrete a lungo. siete dei proletari. poveracci. ventisette novembre duemilaquattordici SHOCKS ACT
circa 500 morti ammazzati all'anno, dalla polizia americana. quasi tutti delle minoranze etniche. importeremo anche questo metodo, nel nuovo modello di flessibilità. ventisei novembre duemilaquattordici PICCOLI SOGNI SERRERANNO LE FILA
di Paola Pavese da http://foto-paolapavese.blogspot.it/2014/11/in-questi-giorni-una-cosa-ho-capito-una.html In questi giorni una cosa ho capito, una cosa i miei amici mi hanno insegnato: che non importa, adesso, che quello che vorresti sia fatto diventi materia, l'importante è dar vita al futuro, una stella filante, che colora il presente e lo invita a guardare in avanti. Lasciare una traccia è qualcosa, non è vero che non è nulla. E fare in modo che la traccia sia vista, ma ricordarsi che quello che vedranno gli altri, ora, sarà solo una traccia, che tu stai lavorando per il domani. Kurginyan, il mio caro Sergey, ha lavorato per decenni sospeso tra passato e futuro e ancora lo prendono per un tipo svitato, solo perché per lui è facile correre tra gli abissi del tempo. Ecco, questo è il punto. Succede che il presente ti apra gli abissi del tempo, ma non succede a tutti, non succede sempre. Ma questo non vuol dire che sia tua la responsabilità del futuro, come non è tua la responsabilità del passato. Quando mi accorgevo del modo in cui gli storici avevano la mente trasformata dallo studio di quella disciplina, pensavo rapita a quanta saggezza dovessero avere, nel guardare il presente, conoscendo il passato. Avevano già visto tutto e riuscivano a vivere. Ecco, ora un poco ho iniziato a far procedere i passi su quello stesso cammino. Io non conosco il passato, se non per frammenti. Però qualcosa ho visto, ho capito, ho sentito della vita dei miei amici di carta. E qualcosa ho visto, ho capito, ho sentito, vivendo. E ho capito che gli abissi sono solo un inciampo, quei vortici di cui cui ogni tanto sei preda, come Cassandra, sono solo tranelli. La strada va fatta, e anche quando corri a guardare in avanti, quando racconti tutto quello che vedi, quando inizi a inventare il futuro, devi ricordarti che stai danzando insieme a milioni di altre particelle. E devi continuare a correre senza sentirne il peso, di quei milioni di particelle, che restano indietro, perché è normale che sia così, la strada che stai percorrendo la sai solo tu, la costruisci mentre corri. Forse qualcuno starà al tuo fianco per un poco, il tempo di bere un caffè, di cantare una canzone, ma nessuno potrà correre tutto il tempo insieme a te. E questo non ti dovrà ferire, non dovrai sentirti né sola, né inutile, se lascerai tracce, perché vorrà dire che stai dando modo a chi vorrà guardarti e seguirti o incrociarti di farlo, con il suo passo. Sergey ha sbattuto la testa contro milioni di muri fino a trovare il modo per trascinare sulla sua strada futura un numero grande di altri esseri umani. Lui ha trovato le condizioni per farlo. Oltre alla poesia con la quale metteva insieme tutto ciò che sapeva ed aveva visto. Il suo popolo del resto è diverso dal mio. Ma sono sicura che oltre alla sua caparbia determinazione, abbia dovuto trovato il modo per non soccombere a quel senso di colpa, di infinita responsabilità che provava. Lui è riuscito a renderlo un dono, da condividere con tutti i russi. Quel terribile senso di colpa e di perdita che provava era lo stesso che provavano gli altri, tanti altri, era così, è stato davvero così. Qui da noi nessuno ha idea di avere un uguale senso di colpa e di perdita, del resto non lo provo neanch'io, gli italiani non provano mai simili sentimenti. Non siamo riusciti ad elaborare neanche la fine dell'Impero Romano, che pure fu alquanto evidente e che generò mutamenti che certo non puoi nascondere sotto il tappeto. Figuriamoci se ci mettiamo ad elaborare seriamente un piccolo lutto come quello della fine del Partito Comunista Italiano. Qui da noi è difficile che vengano condivise responsabilità, che le perdite possano essere distinte nei loro fattori di sopruso subito e di stanchezza condivisa, di confusione generata da tutti e dentro ognuno. L'unica cosa che sappiamo fare è andare avanti, cercando la linfa in qualcosa che fino ad ora non abbiamo mai perduto, tanto era profonda. Certo con la storia i conti non li abbiamo saldati, però siamo morti e risorti più volte. Io in questa traccia posso pormi: dare uno specchio in cui rimirare un frammento della nostra resurrezione. E quanto è più dolce e leggera questa responsabilità, quanto è più fertile e antica e vera. Questo è il compito che posso svolgere, da sola. Ed è l'unico, mi sembra, che possa aprirmi anche le porte degli altri frammenti di resurrezione che si stanno costruendo; che possa in concreto lenire la mia solitudine e così partecipare a qualcosa di più grande. Le persone accettano i regali più delle responsabilità, qui da noi. E forse preferiscono condividere le responsabilità solo dopo aver ricevuto un regalo. Staremo a vedere. Un grande partito si costruisce con tanti piccoli sogni che iniziano a riflettersi gli uni negli altri, se questi sogni provengono da una stessa, antica matrice e ancor meglio se quell'antica matrice si rispecchia in una nuova, grande esplosione, che avviene lontano a chiamare i piccoli sogni a serrare le fila. ventiquattro novembre duemilaquattordici IL NOME DELLA COSA
adesso va di moda podemos. e, per carità: ci sta tutta la standing ovation a lavoratori e studenti, cittadini e pensionati, disoccupati e precari spagnoli che sono riusciti a strutturare un movimento come gli indignados (o 15M o occupy) in forma di partito, e soprattutto a conquistare la scena politica nazionale - ed europea - usando tre carte semplici e intelligenti come la definizione di un programma chiaro (senza voler mettere le brache all'universo), l'organizzazione solida e perimetrata (un partito, appunto, non una roba fluida), e la scelta di un capo (pablo iglesias). tre carte tanto intelligenti e semplici che infatti devono apparire incomprensibili - e impercorribili le strade che ne deriverebbero - a chi invece si è auto-incaricato di rappresentare lavoratori e studenti e cittadini e pensionati e disoccupati e precari nel nostro bel paese! ma ora volevo dire un'altra cosa. cioè che va di moda podemos, in italia, non tanto per quello che ha fatto e può fare ancora, bensì - secondo me - perché si chiama 'podemos'. perché in italia la sinistra radicale se può evitare di dire ciò che vuole a proposito della società, dell'economia e - in ultima analisi - della vita della gente, è tutta contenta; se può caratterizzarsi e auto-definirsi piuttosto come uno 'stato d'animo' che non con un programma concreto e il nome conseguente (ciò che semmai spetterebbe proprio a un soggetto politico, e non a uno da psicoanalizzare!), allora è davvero rilassata: può tener dentro tutto e il contrario di tutto - cioè essere innocua, irrilevante, anche un po' imbarazzante, la macchietta della propria storia e del compito storico che gli spetta davanti al baratro della crisi, delle povertà e dei neofascismi. podemos vuol dire 'possiamo'. in spagna un partito, ma in italia un moto dello spirito. un guardarsi allo specchio la mattina. un cantare sotto la doccia. l'orgasmo dell'autoreferenzialità. e agli strateghi della sinistra-sinistra nostrana ciò vibra come un idillio d'amore. come - vi ricordate? - i vari 'popolo viola', 'se non ora quando', 'cambiare si può', 'io ci sto', 'la via maestra'... fino a 'l'altra europa' (quale altra? misteri della geografia!): tutti nomi della cosa di sinistra che accuratamente evitavano di qualificarsi per ciò che la sinistra pensa del mondo e chi lo abita (che a metterlo nero su bianco pare brutto, non sia mai che poi la gente ti dà retta, ti sostiene e te ne chiede conto), ma che pomposamente esponevano ed espongono l'insegna di ciò che la sinistra radicale pensa di se stessa (e ovviamente alla gente non gliene frega un cazzo). i partiti della sinistra europea hanno tanti nomi, che tradotti in italiano suonano come 'coalizione della sinistra radicale greca', 'fronte di sinistra francese', 'sinistra plurale spagnola', 'la sinistra tedesca', 'blocco di sinistra portoghese', 'partito progressista dei lavoratori cipriota', 'alleanza della sinistra verde nordica', 'partito comunista portoghese', 'partito comunista di boemia e moravia', 'partito socialista olandese'... perfino 'partito protezione animali tedesco'! hai voglia a scegliere, se vuoi dare un nome - e prendere un esempio concreto, soprattutto, per dire al popolo 'noi siamo quelli che vogliono questo e quello, e se ci sosterrete lo faremo' - un nome al benedetto soggetto politico italiano a sinistra del centrosinistra! ma invece adesso va di moda podemos, o al limite 'sinn fein' - che in irlandese vuol dire 'noi stessi', altro connotato riflessivo e non oggettivo (e in irlanda se lo possono permettere, con un secolo di lotta alle spalle, ma qui 'noi stessi' chi? per fare cosa? come? quando?) - però stiamo sempre lì: a guardarsi l'ombelico e basta, per non dover guardare fuori, giudicare, scegliere, agire. uno psicoanalista ortodosso - visto che dal piano politico, tutto ciò ci scaraventa al più sul suo lettino - direbbe che la sinistra-sinistra italiana è ancora e sempre nel pieno della sua fase anale. a me chiamatemi quando siete un po' cresciuti. ventidue novembre duemilaquattordici L'OTTIMISMO DELLA VOLONTA'
visto il batti e ribatti dei social nostrani sulle dichiarazioni di jp.morgan, mi ero quasi ricreduto sulla catatonia intellettuale e morale dei compatrioti contemporanei. poi qualcuno - impietosamente, o pietosamente - mi ha fatto notare che nessuno, nei post e contropost, scriveva 'jp'. ventun novembre duemilaquattordici UNIQUE SELLING PROPOSITION
L'Unique Selling Proposition (acronimo: USP), che in italiano potrebbe essere tradotto come "argomentazione esclusiva di vendita", è un modello teorico di funzionamento della pubblicità formulato da Rosser Reeves negli Anni Quaranta. Secondo tale principio una pubblicità, affinché possa essere efficace, deve puntare su "un unico argomento di vendita" (selling point). E per 'unico' s'intende una caratteristica propria di un prodotto che non è appannaggio della concorrenza. Facendo leva su un'unica ragione logica per la quale converrebbe acquistare un prodotto, sarebbe possibile eliminare rischi di dispersione e concentrare lo sforzo persuasivo su una sola proposta di vendita che il destinatario della pubblicità finirebbe per ricordare nel tempo e fare propria. L'USP fu formulato da Reeves portando all'estremo la filosofia pubblicitaria dell'Hard Selling di Claude C. Hopkins (l'HS è un tipo di pubblicità che mira a reclamizzare un prodotto in maniera schietta, senza troppi orpelli stilistici e senza troppe finezze intellettuali; privilegia i contenuti a scapito degli aspetti estetici) e fu sintetizzato nei seguenti punti: 1. ogni campagna pubblicitaria deve proporre un beneficio per il consumatore; 2. questo deve esser tale che la concorrenza non può offrirlo; 3. il beneficio deve essere così forte da poter spingere milioni di consumatori all'acquisto. L'USP è stato applicato sia in ambito commerciale sia per la propaganda politica. Ad esempio lo stesso Reeves impiegò il principio dell'USP per impostare la campagna elettorale di Dwight D. Eisenhower durante le elezioni presidenziali americane del 1952 (che Eisenhower - in ticket col vice Nixon - stravinse contro il democratico Stevenson, 442 Grandi Elettori contro 89). finché la sinistra-sinistra in questo paese non farà propria questa lezione - essenziale proprio perché le risorse di cui dispone sono pochissime - non andrà (non andremo, compagne e compagni) da nessuna parte. meno male: qualcuno l'ha capito, con http://ilchesileggeche.wordpress.com/ . (peccato che non conti niente.) venti novembre duemilaquattordici INFANZIA E DOPO
se le cose tra gli uomini si svolgessero secondo logica – perfino secondo la mera logica dell'interesse personale, purché logica – non servirebbe imparare nulla dopo i primi cinque anni di vita. i principi di identità, di non-contraddizione, di causa/effetto e del terzo escluso, le proprietà transitiva, associativa e commutativa, i criteri della similitudine, dell'analogia, della diseguaglianza e dell'opposizione, con tutto l'armamentario del raziocinio naturale, (anche senza saperne i nomi) li apprendiamo praticamente insieme al corretto uso dei nostri stessi sensi e alla capacità di prevedere – almeno a breve – vantaggio o danno come conseguenza di una nostra azione. eppure tutto questo non servirebbe a molto, se non imparassimo poi lungo la vita successiva all'infanzia – a forza di esperienza diretta, la migliore, o anche mediata dalle infinite varianti della narrazione – come comportarci dinanzi al più complesso dei misteri: che le cose tra gli uomini appunto non si svolgono (benché essi tutti siano certo forniti di quanto sopra detto), non si svolgono secondo la logica – neppure quella del semplice interesse personale. non dico che sarà così per sempre. magari è così adesso, perché siamo ancora preistoria più un po' di elettronica. ma è un fatto. almeno, io lo registro con assoluta chiarezza. e sto imparando, ovviamente, né dovrò mai smettere di voler apprendere. l'umanità è largamente pagana. e ai pochi monoteisti – mi si passi la metafora religiosa per il contenzioso tra illogicità e ragione – ai monoteisti non resta che governarla suo malgrado con mimetico cinismo, e forse anche eroico (ma ci vuol stomaco pari all'ambizione). oppure farsi un po' da parte, magari a coppie, pulirsi gli occhiali e studiare la musica e i bei fiori, amare gli animali. diciannove novembre duemilaquattordici MILANO-ROMA 2-1
a milano, come a roma, è la stagione degli sgomberi e della repressione. a roma è dall'inizio dell'anno che vengono soffiate via oppure spiaccicate le esperienze sociali e politiche 'non ortodosse' (valle, angelo mai, via delle acacie, america, volturno, movimenti...). e a milano, pur con ritardo, uguale. la differenza? perché allora 2 a 1? plasticamente: perché a milano oggi due donne, due madri, scacciate dalle case in cui vivono da anni (case di padroni, case sfitte, puro lusso infruttifero a fronte di tanto bisogno sociale, vivaddìo occupate) per ordine di chi presiede all'ordine pubblico e al potere politico (dal questore al prefetto al sindaco), sono andate a mani nude davanti alla polizia schierata in quel suo modo brutto - caschi, scudi, manganelli e lacrimogeni in canna - a dirgli 'come potete? dove andiamo? perché ci fanno questo?'; mentre invece a roma sono giorni che nessuna donna, nessuna madre, nella periferia sotto i riflettori, è capace di fermare l'orrendo razzismo che sfoga contro gli innocenti l'impotenza di un disagio allestito dal sistema - anzi, la propaganda fascistoide sembra attecchire parecchio proprio sulle casalinghe di borgata che campano di junk-food e televisione. - ma allora sarebbe milano-roma 2-0... sarebbe, sì. però almeno un punto roma lo segna. non certo grazie all'oggi, ma per la storia. perché che sto vedendo ora un documentario sulla resistenza... ed è a roma, in via adda, che nel settembre del '43 si riuniva la cellula originaria del c.l.n., il comitato di liberazione nazionale, la molla della resistenza, il motore della liberazione! un punto a roma per questo. e anche perché l'altro giorno mia madre mi ha detto (il giorno del suo 75mo compleanno) che uno dei suoi primi ricordi, di bambina romana figlia del proletariato marchigiano migrato nella capitale, nata ventiquattro giorni dopo l'attacco nazista alla polonia, cioè dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, e perciò cresciuta fino a cinque anni e mezzo nella pura e semplice apocalisse europea e mondiale - mi ha detto che uno dei ricordi più lontani che si ritrova è la festa di popolo intorno ai liberatori di roma il 4 giugno del '44. mi ha detto coi lucciconi che dalle finestre su via della giuliana, dai marciapiedi di via trionfale, vedeva tanta gente abbracciarsi felice. e finalmente era felice anche lei! solo per questo roma mi prende almeno un punto, nella partita di oggi con milano. per una roba di settant'anni fa. compaesani, regolatevi. diciotto novembre duemilaquattordici STRECCIA-NODI
ho provato a dare un suggerimento a paolo ferrero, segretario nazionale di rifondazione - alle prese con un brutto, prolungato, momento politico. il suggerimento è questo. ferrero, persa per persa l'armonia e la concordia nel partito, non giocare più in difesa: contrattacca! proponi al prossimo cpn - anzi, convocane uno straordinario - l'uscita immediata di rifondazione da ogni maggioranza locale 'a guida' pd. pensaci. questo implicitamente scioglierebbe molti nodi politici, e ne espliciterebbe altri ancora che secondo me è meglio conoscere tutti e subito piuttosto che vederseli arrivare nel tempo, durante questo infinito cupio dissolvi della sinistra radicale italiana. la sinistra-sinistra è qualcosa di radicalmente alternativo al centrosinistra, specie al tempo della crisi, specie al tempo in cui la destra becera rialza la testa e rischia addirittura di diventare 'senso comune', è alternativa oppure semplicemente non è. e non basta che sia alternativa al centrosinistra, occorre che lo sia visibilmente: a tutti i livelli, in maniera perfino manichea! perché la gente - oggi e per alcuni anni a venire - non è in grado di andare oltre una semplice elaborazione binaria: bianco o nero, dentro o fuori, sì o no, buono o cattivo. e noi, compagno ferrero, abbiamo bisogno di tutta la gente che possiamo convincere in modo semplice e chiaro (altrimenti - come sel, come il progetto 'altra europa' - qualunque tentativo di organizzazione politica a sinistra del centrosinistra, sconterà una natura di tiepida ambiguità del tutto irrilevante nella guerra di classe in corso). su, provaci. contiamoci! segretario, vuoi fare una mossa dirimente davvero? proponi l'uscita di rifondazione da tutte le maggioranze a guida pd o centrosinistra, e vedi chi ci sta. e con chi ci sta costruisci il soggetto nuovo! perderai qualche dirigente, qualche iscritto e qualche 'compagno' di strada, ma secondo me guadagnerai molta più gente e molto più risoluta. il resto su http://ilchesileggeche.wordpress.com/ se lo ritenete un buon suggerimento, e volete sostenerlo, è sia sulla pagina fb di ferrero https://www.facebook.com/pages/Paolo-Ferrero/88466229193?fref=ts sotto il suo post di ieri che comincia con 'Il Comitato Politico Nazionale...', e il mio commento - tra gli ultimi di oggi, a quest'ora - è a firma Nemo Tivù; e sia su controlacrisi http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2014/11/17/43035-rifondazione-parlamentino-boccia-documento-della-segreteria/ e il mio commento è a firma Pace lavoro Democrazia. grazie companeroas! #schienadritta diciassette novembre duemilaquattordici SINISTRA DESTRA
mi dispiace (quasi) dover auto-citarmi, ma tant'è. in 'il che (si legge che)' - pag.246-247 - dico: "E’ un po’ come per il ‘cambiamento del mondo’ secondo Gandhi, oppure un po’ come per l’interpretazione del Tao: mutatis mutandis, finché ti chiedi ‘cos’è la sinistra?’ ancora non stai facendo la sinistra; viceversa, quando la fai non te lo chiedi. E il problema della sinistra italiana è proprio questo: troppi – da troppo tempo, e con troppo poca buona fede – si chiedono cos’è. E viceversa, pochissimi si mettono a ‘farla’ davvero. La destra, al contrario, non si è mai posta una sola domanda su se stessa: ha semplicemente agito come tale. I risultati del suo dominio egemone, terribilmente efficace, si vedono tutti quanti." e i fatti brutti, bruttissimi, di tor sapienza a roma sono l'ennesima esemplificazione plastica dell'assunto. la sinistra (né fa eccezione la sinistra romana) passa un sacco di tempo, da un sacco di tempo, a chiedersi accoratamente: 'chi siamo? cosa siamo? che vogliamo? come faremo?'. col risultato che la gente è talmente poco e niente raggiunta da questo accorato auto-interrogarsi della sinistra (vera), che riesce in buona fede a credere che la sinistra in italia sia un pezzo del governo, o comunque un pezzo del partito di governo, o comunque un pezzo della coalizione di cui fa parte il partito di governo in cui spadroneggia il premier! assurdo, vero? prendere per 'sinistra' quella roba là - che invece è puro neo-liberismo. ma d'altronde se la sinistra (vera) non dà segnali udibili e visibili di sé... invece - tor sapienza docet, appunto - la destra non si interroga. fa la destra, e basta: razzismo, qualunquismo, malafede, violenza - ricetta infallibile per far parlare di sé, per costringere le istituzioni a dialogare volenti o nolenti, per far credere alla gente (quella di cui sopra) che se c'è qualcuno che pensa ai problemi reali degli italiani e fa qualcosa di concreto, ebbene è la destra. oh, dico: ne parla perfino il papa da piazza san pietro! e noi? noi di sinistra facciamo qualche riunione 'carbonara'. ci facciamo domande. non impariamo ancora - forse se non sappiamo più darne, dobbiamo prendere qualche schiaffo. sedici novembre duemilaquattordici C'E' VITA NELL'UNIVERSO?
venezia - blocco al magazzino, blocco del padiglione per le esposizioni... pisa - blocco del secondo turno alla multiservizi, blocco degli accessi all'aeroporto, sit-in davanti alla provincia... roma - bloccata la sede centrale dell'azienda che lucra sull'acqua, occupata la banca, uova al ministero dell'economia, colore rosso sull'ambasciata tedesca, invasione del grande ospedale, lavoratori sulle impalcature del colosseo con lo striscione 'no jobs act, no privatizzazioni'... napoli - occupazione contro la negazione del diritto di residenza, occupate le facoltà, corteo verso la sede degli industriali, blocco della tangenziale... torino - blocco di strade e metro, colore rosso sull'agenzia interinale, colore rosso sul ministero dell'istruzione, la polizia carica il corteo... milano - collegamento coi metalmeccanici belgi, grande corteo contro la precarietà, uova contro piazza affari... bergamo - occupata la sede del partito di governo, colore rosso sulla sede del sindacato di lotta e di governo, uova e palloni da calcio contro la banca... bologna - sigillo alle facoltà, colore rosso sull'ufficio universitario che sfrutta i ricercatori... cosenza - blocco dello svincolo autostradale, assemblea in piazza... rimini - la polizia impedisce agli studenti l’ingresso al centro della città... genova - blocco del casello autostradale, occupata l'università... padova - la polizia carica il corteo... terni - colore rosso sull'ufficio per l'impiego... olbia - blocco della strada statale... firenze - blocchi delle strade... palermo - uova contro la banca... ... ma allora non siete tutti morti! c'è vita, a sinistra, nell'universo del neo-capitalismo. meno male. credevo ne fosse rimasta solo tra la teppaglia razzista e la merdaglia fascista, abilmente orchestrate da chi non sa e/o non vuole fare niente contro l'impoverimento generale. (e come al solito aizza la piccolo-borghesia e il sotto-proletariato contro un 'nemico' qualunque - ricordate? - il negro, lo straniero, l'ebreo, il diverso, il frocio...) e facciamo che ne diamo ancora - eh, compagni? - di questi segnali all'universo! ma anche meglio, anche più organizzati, anche meno infiltrati. anche più determinati e politici, soprattutto. c'è vita. hasta siempre companeroas! 14N #scioperosociale quattordici novembre duemilaquattordici A VOLTO COPERTO, A CIELO APERTO
avevamo chiesto al sindaco marino di disostruire i tombini, ma a tor sapienza - roma - l'ha fatto troppo bene: dalle fogne è venuta su tanta di quella merda... lunedì la sassaiola di alcune decine di teste di cazzo locali contro il lager di stato in cui sono rinchiusi i migranti come bastardi al canile - badate, sassaiola non contro il lager in sé ma contro i migranti, contro quelle persone che il mondo (compreso il nostro) ha torturato direi già abbastanza. martedì sera il lancio di bottiglie (incendiarie?) e qualche bombacarta sempre contro i migranti da parte di una cinquantina di teste di cazzo pure incappucciate, contrastate meno male dalla polizia (che è rientrata con qualche agente ferito). e ieri notte un giovane del centro accoglienza rifugiati lasciato a terra con la faccia tagliata da un coltello. oggi che altro faranno? un linciaggio di negri come ai bei tempi? li bruciamo sulle croci? li impicchiamo ai lecci, e li lasciamo a spenzolare finché i corvi non gli mangiano gli occhi e qualche autore ci stacca su un blues amaro? la gente è davvero orrida. è resa orrida da un sistema che depaupera la mente e l'anima prima ancora delle tasche. e l'elemento dell'incappucciamento di tutte quelle merde razziste la dice lunga. che si dia sfogo alla violenza fascista senza mostrare la faccia, oppure che si manifesti apparentemente contro il sistema con un passamontagna o con una maschera bianca rubata a un film, o che si stia dietro un computer a scrivere e confondere e aizzare senza che nessuno sappia mai davvero chi è che scrive e perché - questa è comunque l'epoca della grande vigliaccheria. corsi e ricorsi: gli stadi di norimberga, le piazze venezia, i cortei del ku-klux-klan, sono sempre stati la fogna a cielo aperto per il galleggiamento naturale di vigliacchi e merde. e sono già pronti serpenti velenosi di una certa notorietà che vogliono andar lì a covarsi quelle uova che negano la civiltà, l'umanità. be', compagni: se noialtri vogliamo contrastare quest'andazzo è l'ora di metterci la faccia, invece - e se serve, pure le manine. "Il centro di accoglienza per richiedenti asilo e per minori stranieri non accompagnati di Tor Sapienza è da anni una struttura modello nella quale quarantacinque minori stavano seguendo un utile percorso di formazione e di inserimento professionale. Grazie alle loro testimonianze raccolte dagli operatori sociali e confermate alle autorità di polizia, sono stati arrestati decine di scafisti ed altri criminali che in Italia o nei paesi di origine hanno sfruttato le condizioni di disagio dei profughi e di quanti fuggivano da situazioni di guerra o di estrema povertà. Nessuno di loro risulta coinvolto in episodi di microcriminalità nel quartiere o altrove. Quanto ai trentasei adulti ospiti del centro, si tratta di persone in attesa dei documenti che ne certifichino lo status di rifugiati, e che quindi non sono certamente interessate a creare disordini o tensioni con gli abitanti del quartiere." chi parla è la caritas, non degli antagonisti fanatici. "Scendete bastardi, scendete!" "Se ne devono andare!" alla polizia: "Difendete noi, non loro, perché noi vi paghiamo le tasse e lo stipendio!" in un bar: "Qui non potete entrare, non è per voi!" "Trasferiscono i minori? A questo punto devono andarsene tutti! Devono proprio chiudere il centro. Sarà una vittoria solamente quando li porteranno via tutti. Non li vogliamo neanche nei dintorni!" chi parla così invece sono i romani di tor sapienza, non degli automi vigliacchi e razzisti. ma la differenza diventa sempre più piccola. i rifugiati in queste ore, a cominciare dai minori - ragazzi, bambini, soli -, sono spostati altrove. l'esilio violentato di questi figli di un dio minore, evidentemente, non ha fine. che vergogna, oggi, essere romano. tredici novembre duemilaquattordici BOLOGNINA venticinque anni fa esatti occhetto ha detto 'sta cazzata. e voi tutti appresso dodici novembre duemilaquattordici RIPOSIZIONAMENTI
a una tale velocità non li avevo mai visti. e dire che ho i miei anni. va bene la proverbiale memoria corta del pubblico italiano, ma così è perfino azzardato. guidano come pazzi. e minimo, tutto questo spostamento d'aria dà la cervicale. uscite di casa solo per gravi motivi. http://www.youtube.com/watch?v=TkUAtwbCEzE undici novembre duemilaquattordici NULLITA'
Bacchì? nove novembre duemilaquattordici NELLA NOTTE UN LAMPO
questo è stato. 'Il Governo Operaio e Contadino, creato dalla Rivoluzione il 24-25 ottobre [6-7 novembre] e forte dell’appoggio dei Soviet dei Deputati degli Operai, dei Soldati e dei Contadini, propone a tutti i Popoli belligeranti e ai loro governi l’immediato inizio di trattative per una pace giusta e democratica. Il Governo considera come pace giusta e democratica, alla quale aspira la schiacciante maggioranza degli operai e delle classi lavoratrici di tutti i Paesi belligeranti, sfinite, estenuate e martoriate dalla guerra, la pace che gli operai e i contadini russi esigevano nel modo più deciso e tenace dopo l’abbattimento della monarchia zarista, una pace immediata senza annessioni (cioè senza la conquista di terre straniere, senza l’annessione forzata di altri Popoli) e senza indennità. Il Governo ritiene che continuare questa guerra per decidere come le nazioni potenti e ricche devono spartirsi le nazioni deboli da esse conquistate sia il più grande delitto contro l’Umanità e proclama solennemente la sua decisione di firmare subito le condizioni di una pace che metta fine a questa guerra in conformità delle condizioni sopraindicate, parimenti giuste per tutti i Popoli senza eccezione. Il Governo provvisorio, operaio e contadino della Russia, indirizzando queste proposte di pace ai governi e ai Popoli di tutti i Paesi belligeranti, si rivolge anche e specialmente agli operai coscienti delle tre nazioni più progredite dell’Umanità, dei più potenti fra gli Stati che partecipano alla guerra attuale: Inghilterra, Francia e Germania. Gli operai di questi Paesi hanno reso i più grandi servigi alla causa del progresso e del Socialismo con i grandi esempi del Movimento Cartista in Inghilterra, delle numerose rivoluzioni di importanza storica mondiale compiute dal proletariato francese e, infine, della lotta eroica contro le leggi eccezionali in Germania e del lavoro, lungo, ostinato, disciplinato, per la creazione di organizzazioni proletarie dì massa in Germania, che è un modello per gli operai di tutto il mondo. Tutti questi esempi di eroismo proletario e di creazione storica ci danno la garanzia che gli operai di questi Paesi comprenderanno i compiti che stanno ora davanti a loro per la liberazione dell’Umanità dagli orrori della guerra e dalle sue conseguenze, giacché questi operai, con la loro attività molteplice, risoluta, devota, energica, ci aiuteranno a far trionfare la causa della pace e, ad un tempo, la causa della liberazione delle masse lavoratrici e sfruttate da ogni schiavitù e da ogni sfruttamento. La grande proprietà fondiaria è abolita immediatamente senza alcun indennizzo. Le tenute dei grandi proprietari fondiari, come tutte le terre demaniali, dei monasteri, della Chiesa, con tutte le loro scorte vive e morte, gli stabili delle ville, castelli e tutte le suppellettili sono messi a disposizione dei comitati agricoli e dei Soviet distrettuali dei Deputati contadini fino alla convocazione dell’Assemblea Costituente. Qualunque danno arrecato ai beni confiscati che da questo momento appartengono a tutto il popolo, è dichiarato grave delitto punibile dal Tribunale Rivoluzionario. I Soviet distrettuali dei Deputati contadini prendono tutte le misure necessarie perché nel corso della confisca della terra dei grandi proprietari sia osservato l’ordine più severo, per decidere quali appezzamenti, esattamente, e in quale misura, sono soggetti a confisca, e per la più rigorosa difesa rivoluzionaria di tutte le terre che divengono proprietà del popolo, con tutti gli stabili, gli attrezzi, il bestiame, le scorte dì prodotti, ecc. Le terre dei semplici contadini e dei semplici cosacchi non vengono confiscate. Il diritto di proprietà privata della terra è abolito per sempre; la terra non può essere né venduta né comprata, né data in affitto o ipotecata, né alienata in qualsiasi altro modo. Tutta la terra: del demanio, dei principi della famiglia imperiale, della Corona, dei monasteri, della Chiesa, dei benefici, dei maggioraschi, di proprietà privata, delle comunità contadine e dei contadini, ecc. è espropriata senza indennizzo, è dichiarata patrimonio di tutto il popolo e passa a tutti coloro che la lavorano. A coloro che sono danneggiati dal mutamento dei rapporti di proprietà è soltanto riconosciuto il diritto a un aiuto sociale durante il periodo di tempo necessario per adattarsi alle nuove condizioni di esistenza. Tutte le ricchezze del sottosuolo: minerali, petrolio, carbone, sale, ecc., come pure le foreste e le acque che hanno importanza per tutto lo Stato, passano in esclusivo godimento dello Stato. Tutti i piccoli fiumi, laghi, foreste, ecc. passano in godimento delle Comunità contadine a condizione che siano gestiti dagli organi amministrativi autonomi locali. Le terre a coltura intensiva: frutteti, piantagioni, vivai, semenzai. serre, ecc., non sono soggette a divisione ma vengono trasformate in aziende modello e passano in godimento esclusivo delle Comunità contadine o dello Stato, a seconda della loro entità e importanza. I terreni cintati che circondano le case, nelle città o nei villaggi, con frutteti e orti, rimangono in godimento dei proprietari attuali; una legge determinerà la superficie dei terreni stessi e l’ammontare dell’imposta per il loro godimento. Le fattorie equine, le stazioni di monta, le aziende statali o private per l’allevamento del bestiame, del pollame, ecc. sono confiscate, passano in proprietà di tutto il Popolo e vengono trasferite in esclusivo godimento allo Stato o alla Comunità contadina a seconda della loro entità e importanza. Tutte le scorte vive e morte delle terre confiscate passano senza alcun indennizzo in esclusivo godimento dello Stato o della comunità contadina a seconda della loro entità e importanza. La confisca delle scorte non concerne i contadini che hanno poca terra. Hanno diritto al godimento della terra tutti i cittadini dello Stato russo (senza distinzione di sesso) che desiderano coltivarla col loro lavoro, con l’aiuto della loro famiglia o in cooperativa. Le forme di utilizzazione della terra devono essere assolutamente libere: familiare, personale, della Comunità, cooperativa, in base a quel che sarà deciso nei singoli villaggi o borgate. Tutta la terra, dopo la confisca, passa al fondo agrario di tutto il Popolo. Il fondo agrario è soggetto a ripartizioni periodiche, secondo l’aumento della popolazione e lo sviluppo della produttività e delle colture.' e lenin stesso disse: 'La vita è la migliore maestra e mostrerà chi ha ragione. Anche se i contadini partiranno da un estremo e noi da un altro per risolvere questa questione, la vita ci obbligherà a riavvicinarci nel torrente generale della creazione rivoluzionaria, nell’elaborazione delle nuove forme statali. Noi dobbiamo seguire la vita, dobbiamo concedere piena libertà alla forza creativa delle masse popolari. I contadini hanno imparato qualche cosa durante gli otto mesi della nostra rivoluzione. Essi stessi vogliono risolvere tutte le questioni della terra. Abbiamo fiducia che i contadini sapranno risolvere meglio di noi, in senso giusto, la questione. L’essenziale è che i contadini abbiano la ferma convinzione che i grandi proprietari fondiari non esistono più nelle campagne, che i contadini risolvano essi stessi tutti i loro problemi, che essi stessi organizzino la loro vita.' buon anniversario, Rivoluzione d'Ottobre! sei novembre duemilaquattordici MACINE
amanda knox giornalista. cura una rubrica di spettacoli e cronaca locale per il settimanale west seattle herald. due volte condannata per l'omicidio di meredith kercher, ora le sue opinioni faranno opinione. il mainstream ingoia qualunque cosa. poi lo ricaga per noi. olindo e rosa devono essere davvero due zappe, sennò già stavano su qualche tele commerciale - in streaming dalla cella - a dare le ricette per cena alle italiane. cinque novembre duemilaquattordici PASQUINATA
ommini quarziasi... me fate un po' paura tante vorte, lo sapete? e meno male che pe' definizzione voi nun contate un cazzo! ve roderà er culo proprio pe' questo? che ne so. ma però, che razzaccia che sete più crescete! limortaccivostra. quattro novembre duemilaquattordici FATTORE TEMPO
c'è la proposta di riadattare il colosseo a spettacoli pubblici. a parte che mi sembra una cazzata in sé, a parte che mi puzza di svendita ai privati - però direi sì senz'altro a patto che lo spettacolo inaugurale preveda il combattimento all'ultimo sangue tra renzi, grillo e berlusconi vestiti da gladiatori, con la clausola aggiuntiva che chi dei tre scanna gli altri due nell'arena poi viene divorato da leoni tenuti a stecchetto da una settimana. allora sì! però coi tempi delle progettazioni e delle realizzazioni faraoniche soliti in italia, c'è da giurare che il colosseo sarebbe pronto quando ormai per tutti e tre i soggetti - perfino il più giovane - giustizia sia stata fatta già dal mero calendario naturale. per cui no, è inutile: è una cazzata, e una svendita. ...a meno che si possa usare, quando sarà, con lo stesso identico programmino inaugurale, però per i figli e i nipoti degli italiani qualunque che ieri e oggi (e domani) a renzi e grillo e berlusconi hanno dato e danno (e daranno) tanto credito. ...ma no, non si può fare uguale: sono troppi, tutta la rifatta arena a macinare budella per l'intera stagione non basterebbe. niente: è una cazzata, voto no. però è stato bello sognare. tre novembre duemilaquattordici LITURGIA DOMENICALE
I bigotti in cielo non ci guardano mai! Dovessero per carità trovarci dio quello vero! No, per loro meglio frugare tra disegnini e sindoni e stauette piangenti e chiodi arrugginiti, e scambiarsi teschi e reliquie rattrappite e santini, e indaffararsi tra pellegrinaggi e riti e olii e acque benedette e sacramenti e prescrizioni varie e leggende di miracoli e profeti, e tutto l'armamentario della superstizione - cantina buia dell'animo. Dio, quello vero... Perché ce ne stanno tanti, sapete? Tantissimi - a gradazioni di autenticità, dal falso come quella paccottigila al vero come l'essere stesso. Ce n'è tanti, di dèi. E io qui, per comodità, ve li raggruppo in tre classi. La prima, la più affollata, è la classe degli dèi inferiori. Quelli in cui credono i sempliciotti, quelli creduti dalla gente che - appunto - sta appresso a quella roba che dicevo all'inizio: miracoli e santi e reliquie e statue piangenti e muri parlanti. Sono poveri dèi, si vergognano di essere creduti da gente così, sono umiliati dal fatto che la loro divinità sia merce di scambio per favori e pretese molto personali - tipo i numeri al lotto o una guarigione o una buona riuscita nel lavoro o addirittura (eh già) una vendetta trasversale tra individui o tra comunità o tra popoli interi. Se ne vergognano davanti agli altri dèi, a quelli superiori a loro. Ma non è che possano pretendere più di così dalla natura, perché questi dèi minori (minori come quelli che credono in loro in quel modo tanto minore) non hanno alcun potere. Al più riescono a dare ai loro fedeli sempliciotti qualcosa cui pensare durante le rispettive tribolazioni quotidiane, dal cui tunnel non c'è praticamente nessuna possibilità che essi escano. Se continuano così, almeno. E inoltre - ma non è un potere davvero loro, semmai un'astuzia di una data classe di umani - essi incidono nella storia dell'Umanità nella misura in cui chi crede in loro crede anche nella necessità che la società abbia una certa forma che essi gradirebbero (di solito, la forma in cui c'è chi sfrutta e chi è sfruttato) e nella correlata esigenza che esista una casta che provvede a garantire il perpetuarsi di quella forma (di solito, la casta sono i ricchi o quelli pagati dai ricchi per fare questo lavoretto) tramite la corretta e insindacabile (pena sanzioni gravi) interpretazione della chissà che volontà di quegli dèi. C'è il dio del popolino che si dice cattolico, sta in questa classe insieme alla Madonna della tradizione e a tutti i santi. Ma anche il dio del popolino che si dice musulmano (che usa il proprio dio per restare attaccato al suo medioevo, a tutto vantaggio dei signori feudali - ma un po' meno dei poveracci che credendoci sul serio ci si ammazzano), e di quello che si dice ebreo (che usa il proprio per pura vanteria di stirpe e indebito possesso di suolo), e di quello che si dice buddista (ma invece prende del buddismo una versione da supermarket), e anche gli sterminati dèi del pantheon induista popolare (una tenerezza di sincero primitivismo - anche là, buono a coprire ingiustizie sociali assurde), e tutte le divinità dell'animismo di ogni continente e storia culturale, in purezza o in commistione con altre tradizioni sopraggiunte (con le buone o, più spesso, con le cattive della conquista coloniale e dell'egemonia sull'immaginario collettivo), e pure tutti gli dèi dei paganesimi e delle mitologie antiche - mediterranei, nordici, mediorientali, centroasiatici, precolombiani, egizi, oceanici... Quegli dèi là stanno tutti qui dentro, nella classe degli dèi impotenti e un po' umiliati, che si vergognano dei propri credenti, delle loro richieste e pure di se stessi. Io credo che se esiste un dio psicoterapeuta, questi dèi affollano il suo lettino ogni giorno a tutte le ore. Perché non è facile, per un dio, esser creduto solo da chi al dunque ha tanta poca fede, ma proprio pochissima - da non confondersi con un'estrema, quasi patologica suggestionabilità. Poi c'è la seconda classe. Più rarefatta e meno triviale della prima. E' la classe degli dèi superiori. Quelli in cui crede la gente che per cultura, per sensibilità o per privilegio - o tutte e tre le cose - riesce a guardare la vita anche al di là del confine ristrettissimo della propria e basta. Al di là in senso spaziale e temporale. Cioè: sono gli dèi creduti da chi ha cognizione degli umani in generale, non solo di sé (e parentame e clan), e ha cognizione della Storia umana anche prima e dopo l'esistenza biologica propria (e di babbo, mamma e figlioli eventuali). E questi dèi se la passano un po' meglio, in fatto di autostima - dal dio analista andranno molto meno spesso, semmai un training di self-empowerment ogni tanto. Gli viene richiesto, dai loro fedeli, perlopiù qualcosa di non materiale. Del tipo: la serenità d'animo o la pace nel mondo - se parliamo di cose reali (sta per: in linea di principio realizzabili eventualmente) - e la letizia per i defunti o il ricongiungimento nella resurrezione - se parliamo di cose irreali (sta per: irreali proprio). Ma tali dèi superiori ce l'hanno il potere di soddisfare davvero queste richieste? No, ovviamente. Però poiché trattasi di richieste che hanno una notevole componente psicologica, ossia di aspettative che possono nutrirsi di se medesime anche a lungo (voglio dire: se la pace e la giustizia nel mondo tu oggi non le vedi, ma credi che verranno perché il tuo buon dio le prepara, allora un po' è come se le vedessi già all'opera - o se i tuoi morti ti convinci che stanno bene, e che prima o poi vi rincontrerete, questo è un convincimento che al netto dei giorni più duri può reggere anche una vita), ebbene si può dire che questi dèi maggiori abbiano un potere equivalente alle profezie che si autoavverano: su spiriti, beninteso, non molto sottili dal punto di vista logico-speculativo, conferiscono in effetti ciò che promettono e per cui sono creduti. Ossia una certa dose stabile di serenità, assicurata la quale poi la gente con un po' di cultura e intelligenza e un po' di solidità materiale può pensare meglio a far girare ogni giorno la propria esistenza. Questi fedeli qui - che tecnicamente non sono bigotti - mi aspetto che almeno ogni tanto alzino gli occhi al cielo, il quale ogni tanto un sorriso di grato stupore gliel'avrà strappato. In questa classe di dèi superiori troviamo, tra gli altri: il dio del Vangelo (in tutte le declinazioni individuali che ciascuno gli dà secondo le proprie capacità di comprensione teorica e di ispirazione pratica - purché esercitate con buona volontà e retto pensiero -, il che configura dèi del Vangelo anche molto diversi gli uni dagli altri), il dio della Bibbia (idem), il dio del Corano (idem), l'entità superpersonale (il dio) del buddismo, quella dell'induismo, quella del taoismo (idem, idem, idem), e tutte le altre divinità apicali e il meno possibile antropomorfe o teriomorfe di ogni politeismo e animismo della storia (idem a piacere). (Come avrete notato, per esempio il dio cristiano sembrerebbe stare nella prima e pure nella seconda classe. E così in fondo tutti gli altri. Possibile? Sì, perché per esempio il dio cristiano - come tutti gli altri - non è una cosa sola bensì un insieme di entità sterminate, ciascuna con le caratteristiche che gli dà un dato fedele o un dato gruppo di fedeli. Quindi è possibile. Tutto dipende da chi è colui dal quale il dio è creduto: un umano senza fede e senza intelligenza, o un umano con l'una e/o l'altra e quanta di entrambe. Su questa ambiguità ci fanno la scarpetta tutte le dirigenze di ogni religione. Il papa dice "siamo un miliardo a credere in dio padre di Cristo", l'imam dice "siamo un miliardo a credere in Allah", i confuciani dicono "siamo centinaia di milioni"... ma come ho fatto notare, gli amministratori delegati delle confessioni mondiali celano il piccolo particolare che - per esempio - il dio padre di Cristo creduto dal teologo Hans Kung è simile al dio padre di Cristo creduto da me quand'ero al catechismo, e da qualcuno tutta la vita, come un diamante è simile a un collo di bottiglia sul muro. Quindi occhio: le statistiche sono parte integrante del marketing. Io, per non comparirci più, mi sono sbattezzato e pure scomunicato.) Infine, la terza classe. La terza classe è facile. Ne fa parte un solo dio. Il dio vero cui accennavo all'inizio. Che è il dio che non è creduto da nessuno. Pensa un po'. Infatti, non si crede a questo dio - che è l'essere, tutto intero, né più né meno. Lo si sa, e basta. E chi sa questo dio non gli chiede niente, perché sa che questo dio ha tutto il potere possibile. E' un paradosso? Tu sai un dio che può tutto e non gli chiedi niente? Non è un paradosso. Perché io so un dio che non solo può tutto, ma che è tutto. E quindi è me compreso, ed è ciò che voglio compreso, da sempre e per sempre. E che il suo potere lo esercita essendo, semplicemente. (Come dire che non ha alcun potere, come dire che non esiste alcun dio. Infatti.) Lo dispiega - meglio - dispiegando il tempo stesso in cui ciò accade (così correggiamo anche la precedente concessione antropomorfizzante alla sostanzialità del tempo), semplicemente essendo. Einsteinianamente e spinozianamente. (Immenso Baruch!) E non vuole, né progetta, né comprende, né valuta - e nemmeno desidera, tanto meno ama, odia, punisce, premia, né crea, o un'altra qualsiasi delle azioni dell'umano o di un qualunque altro vivente finito, che conosciamo o che possiamo fantasticare. Per carità, non facciamo il solito errore di trattare l'infinito come uno di noialtri mucchietti di atomi a spasso casuale nell'universo! Considerazione per me ovvia, ma giova qui ripeterla. Il dio vero è (ossia non-è). Punto. Fico, no? Occorre fede per sapere questo dio? Non direi. E cosa occorre? Non lo so. A me basta esser fatto di queste molecole qui, per esempio, e di queste cellule nervose e d'ogni tipo che hanno assorbito quello che hanno assorbito - come continuano a fare e faranno. Ma non credo sarebbe una risposta all'altezza della curiosità con cui mi venisse rivolta la domanda. Però non ne ho altre. E che vantaggi dà, sapere questo dio vero? A me, per adesso, pochini. In effetti, a saperlo siamo da millenni una sparutissima minoranza - in un mondo e in una Storia edificati a immagine e somiglianza perlopiù dell'enorme moltitudine dei bigotti degli dèi inferiori e, in misura assai minore, dell'élite dei fedeli degli dèi superiori. (Ma questa nostra minoranza da chi è composta? Prevedibilmente, da tantissimi degli scienziati, dei filosofi, dei letterati, degli artisti, dei rivoluzionari, degli umanisti in generale e dei liberi pensatori venuti a questo mondo - anche con scarsissimo calibro di pensatore, come me. Scarso, però libero. E poi, un po' meno prevedibilmente, dai 'capi degli uomini' - categoria variegatissima, ma ci siamo capiti - che pur sapendo il dio vero, utilizzano l'altrui credenza negli altri dèi come principio d'ordine delle società e delle comunità grandi o piccole che dirigono. Non è difficile da intuire, no? E infine, parecchio meno intuitivamente, ne fanno parte anche... i fondatori, i leader e le altre figure emergenti delle religioni che organizzano il culto degli dèi della prima e della seconda classe. Eh già! Come come?!? Chi ha creato il culto di Shiva non ci credeva? E Bergoglio non crede nel dio che descrive in pubblico? E Isaia non credeva in Jahveh? E i maestri coranici delle madrasse non credono nell'Allah che insegnano? E i baba, variopinti santoni, non credono nel karma universale? Già, io penso proprio questo - e così un sacco di altra gente migliore di me. E precisamente penso che questi fondatori e profeti e santi - quelli in buona fede, intendo - si siano sobbarcati un gran compito: la traduzione, per l'Umanità semplice, della non-religione dell'essere in qualcosa che sia alla portata di tutti i comprendoni. Nell'attesa che questa portata man mano si elevi, si amplii e si raffini col cammino della civiltà, con l'umanizzazione più diffusa. Quelli in buona fede, ripeto. Gli altri sono ciarlatani, sfruttatori della credulità popolare per i propri interessi. E fatevi da voi un'idea di chi sia di un tipo e chi dell'altro. Torno a me. Che non sono scienziato filosofo letterato artista rivoluzionario umanista capo d'uomini o fondatore di religioni.) Per me non è facile, oggettivamente, vivere col senso della vista in una realtà di massa che non lo concepisce nemmeno, e che si organizza di conseguenza (questo topos sta in tanti bei racconti). Ma non voglio far lagne. C'è chi è stato e sta molto peggio di me: un tempo, da queste parti, o anche oggi - appena distante da qui -, chi si sbilanciava o si sbilancia in una chiacchierata del genere il potere lo seccava e lo secca. Mentre io, ancora, sono in salute e in libertà. E pronto a studiare e lottare (non a pregare e sperare, quindi) per giustizia e pace. Oh, vediamo di non esser smentiti a breve. E in buona sostanza, per ogni essere umano trovarsi nella mente e nel cuore l'una o l'altra o l'altra ancora delle divinità di queste mie classi un po' didattiche, dipende esistenzialmente da una cosa concretissima come la reazione alla paura. Paura di vivere e di morire, di esser da soli ad affrontare tutto questo o di essere fin troppo accerchiati da altri esseri umani che scompostamente gridano e agiscono la propria, di paura. E io? Io forse non ho paura? Certo che ce l'ho. Ma degli umani ho un'idea comunitaria, cooperativa, evoluzionista - e questo già aiuta. E solo non mi ci sento mai, a camminare nelle temibili immensità dello spazio e del tempo: mi sento davvero in compagnia di ogni altro essere umano presente, passato o a venire. Ma non soltanto: c'è un sacco di altra bellissima gente che cammina con noi! Se vogliamo scoprire di chi si tratta, basta tornare un po' indietro nella scala delle ère terrestri e incontrare i fratelli e i cugini che sono nati come noi dallo stesso albero della vita - di tutti. A sei milioni di anni da qui, all’indietro, incontriamo bonobo e scimpanzé. A sette milioni di anni i gorilla, a 14 milioni di anni gli oranghi, a 18 i gibboni, a 25 le scimmie come i babbuini e i macachi, a 40 altre scimmie come i cebi, a 58 i tarsi, a 63 i lemuri, a 70 le tupaie, a 75 i roditori, a 85 i laurasiateri (cani, gatti, cavalli, maiali, pecore, orsi, rinoceronti, pipistrelli, foche, balene, delfini…), a 95 gli xenartri (bradipi, formichieri, armadilli), a 105 gli afroteri (elefanti, dugonghi, oritteropi), a 140 i marsupiali, a 180 i monotremi, a 310 i rettili e gli uccelli, a 340 gli anfibi, a 417 i dipnoi, a 425 i celacanti, a 440 i pesci ‘propriamente detti’, a 460 gli squali, a 500/550 le lamprede, a 550/600 gli anfiossi, a 600/700 le ascidie. Dopo incontriamo gli ambulacrari (oloturie, ricci di mare, stelle marine…), dopo i protostomi (insetti, ragni, crostacei, molluschi, anellidi…), dopo ancora i vermi piatti, dopo ancora le meduse e i coralli, poi gli ctenofori, poi i placozoi, poi le spugne, poi i coanoflagellati, poi i DRIPs, poi i funghi, poi le amebe, poi le piante, poi le alghe. A 2 miliardi di anni da qui abbiamo già incontrato tutti i discendenti da cellula eucariota. Dopo incontriamo i batteri (che in forma ‘non indipendente’ sono gli organelli delle cellule eucariote), dopo ancora i virus. E a circa tre miliardi e mezzo di anni da qui incontriamo l’antenato comune a ogni forma di vita sulla Terra – presente o estinta: una ‘matassetta’ di DNA protetta da una membrana proteica, entro la quale si muovono anche alcuni ribosomi che trasformano in proteine il codice genetico. Già che ci siamo, a 4 miliardi e mezzo di anni da dove siamo partiti, a ritroso, si forma la Terra: da un ‘disco’ planetario in orbita intorno al Sole. A 5 miliardi di anni si ‘accende’ il Sole, a partire dal gas interstellare in movimento intorno al centro della Via Lattea. A 10 miliardi si ‘definisce’ la Via Lattea nella materia dell’Universo in espansione. A 13 miliardi e mezzo di anni da oggi e da qui, il Big Bang. Ancora oltre non possiamo immaginare di incontrare alcunché. Ma pure solo così, direi che non è poco. Alla fine non c'è niente di cui aver davvero paura! Viceversa c'è tutto da amare davvero! Buona domenica. due novembre duemilaquattordici IUSTITIA MEMORIAE
volevo scrivere una roba sull'obelisco del foro italico di roma, che vergognosamente riporta ancora l'incisione verticale a lettere giganti 'mvssolini dvx', come se in una qualunque città tedesca non fossero state invece divelte tutte le testimonianze monumentali del nome e della carica di quell'altro demonio di hitler il fuhrer. e invece, sollecitato dal notiziario di rai3, scrivo di quest'altra vergogna. la thyssen (non contenta già di tutto il resto: le morti in fabbrica, i licenziamenti, l'inquinamento) oggi, primo novembre, non ha pagato ancora gli stipendi di ottobre agli operai. capite? non è che ha trattenuto la paga dei giorni di sciopero: non ha pagato per intero salari e stipendi, nemmeno quelli dei giorni effettivamente lavorati! i lavoratori, le lavoratrici delle acciaierie di terni - sì, quelli manganellati mercoledì - e le loro famiglie, sono oggi già quattro giorni che aspettano stipendi e salari che il 27 di ottobre (come di ogni mese) dovevano arrivargli ma invece non gli arrivano. e non gli arriveranno, dice la thyssen - il padrone -, finché continua lo sciopero in corso. è la costituzione italiana che sancisce il diritto allo sciopero. io non ho scritto della vergogna dell'obelisco bensì di questa, perché è vergognoso che la costituzione italiana venga stracciata da questi padroni, è vergognoso che questo succeda senza che nessun rappresentante delle istituzioni repubblicane dica una parola, è vergognoso che il notiziario di rai3 descriva il fatto senza prendere alcuna posizione. uno dei consiglieri economici di renzi, il serra rampante giocatore nella grande finanza, dice alla leopolda che il diritto di sciopero va rimesso in discussione. be', sta esattamente accadendo questo. primo novembre duemilaquattordici DIAMANTI
se solo qualcuno che conosce gino strada potesse farmi (e fargli, e farci - a tutti quanti) il favore di leggersi il mio lavoretto, sintetizzarlo in un quarto d'ora di ragionamento (non credo che strada possa sottrarre più tempo di così al proprio impegno) e parlargliene. lui è il primo diamante a cui penso, quando scrivo quella pagina... "Chi lo fa nascere? Dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior. Vero. Ma vero nel 1967, e forse ancora un po’ dopo. Adesso purtroppo no. Perché dal letame, invece, non nasce più niente. Perché il democidio, l’involuzione antropologica, il mainstream, matrix e il Modo, hanno fatto e fanno sì che la disumanità intrinseca che De André giustamente imputava al vertice della piramide sociale, infettasse e infetti pure larga parte della sua base. Da noi gente qualunque, stando così le cose, non nasce nulla. Nulla che poi abbia una qualche rilevanza ai fini del nostro discorso – se non, questo sì, sparuti lampi di grande dignità testimoniale. Almeno mi pare. E’ che dal 1967 a oggi è passata troppa società dello spettacolo, sono passati troppi quarti d’ora di celebrità, perché sia ancora vero che è sempre e solo dall’uomo comune che nasce spontaneamente qualcosa di buono. Tante e tanti a dire che servirebbe – come il pane – un nuovo soggetto politico organizzato e strutturato per far valere le ragioni degli ultimi e dei penultimi, contro chi comanda il grande gioco della crisi; e tante e tanti – quasi tanti, in verità, e quasi tante – a spendersi perché questo soggetto nasca come un fiore dalla terra, senza investimenti, senza pianificazioni, senza eccezionalità. Fiore da un seme donato dal vento alla terra – poeticamente. E anche io, a spendermi, fino a ieri. Ma siamo realisti! Perché esso non sia l’ennesimo fiorellino fragile che ammiriamo in pochi – i soliti pochi, pochissimi sul conto totale – che dopo poco comincia pure a starci antipatico per il suo impotente vocino stridulo, oggi non è più possibile sognare che sia dal letame che nascerà. Alla maggior parte della gente – perché è alla gente che tutto ciò deve parlare, sennò restiamo sempre i pochi che siamo – non gli interessa, non hanno tempo, non gliel’ha insegnato nessuno, non l’impareranno in tempo utile, ma soprattutto non gli interessa partecipare direttamente alla costruzione dal nulla dell’arma per vincere questa guerra. Loro vogliono solo cominciare a usarla. Ed è giusto che sia così, oggi. Allora: chi è che si immola? Poiché – lo sapete – chi si offra di dar l’avvio per costruire quel soggetto che manca, di sinistra e popolare, potenzialmente egemone, poi sarà il primo a cadere. Sotto il fuoco amico, come sempre. Dunque: chi è così tanto generoso? E’ per questo – non per altro – che tutti traccheggiano, che non si fa avanti ancora nessuno di quelli che potrebbero innescare la reazione a catena. Al più si affacciano sulla soglia di tanto ingaggio – Moretti coi Girotondi, Rodotà con la Via Maestra, Landini un po’ dappertutto ultimamente – ma poi, quando si richiederebbe loro e alle loro ‘creature’ di civismo attivo di fare il benedetto salto nel politico, essi si ritraggono e i movimenti loro inevitabilmente evaporano o peggio si istituzionalizzano. (La prova controfattuale di Ingroia che invece adotta l’impegno completo, da ‘Cambiare si può’ fonda il partito ‘Rivoluzione Civile’ e per questo è isolato, impallinato e sconfitto – spero vi sia sufficiente.) Chi sarà tanto generoso, tra quanti contano qualcosa, da far nascere Pace Lavoro Democrazia – e poi morirne di polemiche (beninteso, perché PA.LA.DE. sopravviva)? Serve un diamante, invece, mio Faber adorato. Più diamanti. Diamanti veri per intelligenza, energia, per riconosciuto disinteresse personale, intorno ai quali far esplodere di vita non solo un fiore ma l’albero intero, dalle radici al fusto ai rami alle foglie ai frutti! E io posso essere al più un pezzetto di corteccia, per di più caduca. E volentieri. Diamanti all’ascolto – fatevi sotto, vi prego." solo che questa è una di duecentocinquanta paginette (!), che stanno tutte qui http://ilchesileggeche.wordpress.com/ chi è che si prende questo compito? grazie, immensamente, chiunque tu sia! trenta ottobre duemilaquattordici NANI E SICARI
col comportamento di oggi davanti al ministero dello sviluppo economico, a fare da scudo tra la provocazione degli agenti in assetto da guerriglia urbana (e dei funzionari e dirigenti soprattutto) che avevano appena caricato e ferito gli operai, e la rabbia dei lavoratori che avevano individuato i responsabili del pestaggio e volevano cacciarli con la forza, col suo comportamento così pieno di forza democratica e non-violenta, di dignità operaia, di intelligenza politica - maurizio landini è apparso nella sua statura di gigante di questo nostro tempo sfortunato. io al solo immaginare lì al suo posto, in quella stessa condizione, gente della nanitudine di civati o di vendola, di grillo o di salvini - arrossisco di vergogna per il semplice fatto che essi sono italiani come me, e soprattutto come landini. delle cariche di oggi, come della chiusura di ogni possibilità di tutela dei diritti costituzionali del lavoro - mandante è renzi. ma a sua volta renzi (in compagnia di tutti i nani) è semplice sicario di interessi molto più grandi di lui e del suo partito: il mandante ultimo è il capitale. ventinove ottobre duemilaquattordici LA FAGLIA
diciamo che il problema sta tutto qua. che chi si candida a occuparsi ancora delle tribolazioni della sinistra radicale in italia è gente come marco revelli (un sociologo piemontese) che finora ha benissimo assolto al compito di affossare in pastoie metodologiche e rimandi sine die e consumo inutile di già scarse risorse, qualunque slancio politico e di determinazione sia faticosamente sorto a sinistra di sel (e continua imperterrito, il professore, ben coadiuvato dal mini-statomaggiore di 'l'altra europa' che ha l'identica regola d'ingaggio: addormentateli tutti! - leggete qui se avete fegato: http://www.listatsipras.eu/blog/item/2798-revellitesto.html ). e chi invece avrebbe per storia politica personale e di organizzazione, per onestà intellettuale e per appartenenza di classe, i requisiti per (e direi anche il dovere di) indirizzare utilmente le tribolazioni della sinistra radicale in italia (parlo di paolo ferrero, segretario nazionale di rifondazione comunista), sta dappertutto meno che là dove interessi alla stragrande maggioranza dei cittadini e lavoratori italiani: per esempio sta qui (e mi tolgo il cappello, capiamoci: solo che poi me lo rimetto e intorno a me non c'è nessuno tranne altri - pochi - innamorati di politica estera a quest'ora della crisi) http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2014/10/28/42832-kobane-viaggio-di-solidarieta-di-una-delegazione-della-se/ il problema sta qua. in questa schizofrenia: pervicacia più tatticismo da una parte, idealità più irrilevanza dall'altra. è una vera e propria faglia, e ci sta cadendo dentro tutta la sinistra italiana a sinistra di sel: cioè la sinistra tout court. il sistema ringrazia. il suo front-man gongola e s'incipria i nei. ventotto ottobre duemilaquattordici B.J. ACT
la boschi apre la bocca. e dice che tra berlinguer e fanfani preferisce fanfani. imprevedibile nostalgia della carfagna. che non diceva niente. ventisette ottobre duemilaquattordici IL SABATO DELLE SALME
il PD della leopolda ma anche il PD di san giovanni. oh, quando ti servono 'compagni che sbagliano' non li trovi mai. almeno dal palco CGIL avessero detto: 'qui in piazza c'è qualcuno che proprio non dovrebbe starci, che vi prende per il culo, che cerca di rubarsi tutte le parti in commedia, e ci riesce'. macché. non sarebbe fuffanna camuffo, l'avesse detto. venticinque ottobre duemilaquattordici APPLAUSI
gli apprendisti stregoni di 'striscia': dalla tv solleticano per anni l'italietta piccoloborghese e sottoproletaria, e poi arriva il giorno che la teppa gliele ridà con gli interessi! 'le iene' e 'porta a porta' non ci vanno pure loro a fare un giretto alla stazione termini? essù, beniamini del pubblico: fatevi battere le mani di persona. ventitre ottobre duemilaquattordici NOZZE GAY
'questi matrimoni s'han da fare', tuona il sindaco. 'il sindaco firma autografi', lo folgora il ministro. e ci sono trentadue cuori innamorati ostaggio dello sporco teatrino dei media, del twitter di lotta e di governo, dei vostri tempi da incubo. don abbondio oggi sarebbe un gigante. l'innominato, zeus in persona. triste, solitario y final. diciotto ottobre duemilaquattordici TAG
amici pentastellati, se avete una foto del genovese grillo beppe che spala il fango insieme agli altri angeli, vi prego mandatemela per posta. voglio incorniciarla e pregare un uomo giusto per il bene di questo sfortunato paese. tredici ottobre duemilaquattordici PARRESIA
o potenti del mondo, se voleste davvero disinnescare l'arma più potente nelle mani di chi porta guerra e terrorismo tra i popoli, basterebbe che diceste la verità - che conoscete bene. che dio non esiste - nessun dio. la gran parte della gente smetterebbe di spararsi addosso, o di farsi saltare per ammazzare più nemici possibile. resterebbero a farlo soltanto i professionisti dell'uccisione, o i sadomasochisti - comunque rami secchi, alla lunga, degli interessi umani. ditelo - correte il rischio di perdere così il potere sulle masse, il potere della credulità. ma avrete tolto di mezzo il principale ostacolo alla comprensione tra le genti e alla pace duratura. e poi - onestamente, muovendoci solo tra ciò che esiste e che è tantissimo, che conosciamo già o che abbiamo ancora da scoprire - proviamo ad affrontare i problemi reali della disuguaglianza tra le persone, tra le classi, tra i popoli, e quelli altrettanto urgenti del gravissimo stato di salute del nostro pianeta. l'umanità del futuro ve ne sarà grata, o potenti di oggi - per aver detto la verità. e alla lunga troverà conforto nella dignità della vita stessa, anziché in un sogno soprannaturale che viene agitato come un incubo. date questo scandalo, o altrimenti temo che di umanità nel futuro ce ne sarà ben poca. undici ottobre duemilaquattordici CONTAGIO
inerzia e ritardi contro la trasmissione dell'ebola. in italia, precedenti illustri: sono anni che nessuno fa niente contro quelle della de filippi. dieci ottobre duemilaquattordici SOLE BASSO
'sinistra' pd: indecisi a tutto. civati, un pagliaccio se non un infiltrato. i grillini, istituzionalizzati al 100%: dentro al palazzo, 'tutto'; fuori, non pervenuti. 'pronti a occupare le fabbriche', dice landini. bene, però... mai vista un'occupazione col preavviso. renzi è un nano. ma l'opposizione politica e sociale è talmente crepuscolare che l'ombra del nano si staglia lunghissima, e in questa oscurità i suoi veri padroni fanno gli ultimi affari. spolpano l'osso. tipico, dei momenti peggiori di questo paese. nove ottobre duemilaquattordici DISUSO
'internazionale' è sempre una miniera. in questo numero, 'troppo piccoli per ricordare' di kristin ohlson - di aeon - ne dice di interessanti! riporta che patricia bauer, psicologa all'emory university, ha dimostrato che 'possiamo perdere i nostri ricordi quando le sinapsi che collegano i neuroni si deteriorano per via del disuso: se non usiamo mai un ricordo, quelle sinapsi saranno usate per un altro scopo'. lo metto in relazione con ciò a cui sto pensando da un po', così. che ognuno di noi, almeno una volta, ma chissà quando, ha provato una netta empatia verso un altro essere umano in difficoltà non per un guaio temporaneo o privato o sanitario, ma strutturale e causato dal sistema socioeconomico vigente; che ognuno di noi, almeno una volta, ma chissà quando, ha formulato distintamente il pensiero che un essere umano in difficoltà per via del sistema socioeconomico vigente andava aiutato non solo con commiserazione individuale attiva, ma con la collettiva determinazione politica a cambiare quel sistema ingiusto; e che ognuno di noi, almeno una volta, ma chissà quando, ha sentito dentro di sé la speranza e il coraggio - insieme - che quel sistema si potesse cambiare davvero, non solo sognarlo, e che sarebbe cambiato anche grazie al nostro personale contributo. queste tre azioni interiori - l'empatia, il riconoscimento dello stato di cose, e l'impegno - ognuno di noi le ha di certo vissute. almeno una volta e chissà quando. chiamo 'compagni' coloro che le hanno vissute tante tante volte, e l'ultima di sicuro assai recente. però - ecco il collegamento - la stragrande maggioranza delle persone (e perfino qualche compagno) nell'età contemporanea è di fatto impossibilitata a usare con costanza le sinapsi che connettono i neuroni formando i ricordi di quelle azioni, con l'esito che le sinapsi si deteriorano per via del disuso: noi, non usando mai quei ricordi, destiniamo quelle sinapsi ad altri scopi. concludo con la mia tesi: la società dello spettacolo (cito i classici), il villaggio globale (ancora un classico) e l'era dell'ipercomunicazione (questo è contemporaneo), sono i mezzi allestiti dal sistema vigente affinché noi non abbiamo altro spazio neuronale né altro tempo sinaptico che quelli minimi per accogliere ed elaborare il corrente universo di dati e stimoli che ci provengono da ogni parte, col risultato che ci è di fatto impedita la periodica ricapitolazione dei ricordi di empatia, riconoscimento e impegno - che dunque perdiamo per disuso, forzati a destinare il nostro cervello ad altro. è per questo che io faccio tanta astinenza di quei mezzi terribili: perché so di essere vulnerabile, al pari di ognuno, e non voglio perdere i miei ricordi più umani. e se perciò passo per un reperto archeologico, non m'importa poi molto. cinque ottobre duemilaquattordici LA TRATTATIVA
visto stasera 'la trattativa' di sabina guzzanti. andate a vederlo tutti! è storia. c'è un pezzo in cui un ex-mafioso dice 'no, berlusconi non lo avremmo accettato come uno di noi. farci affari, li abbiamo fatti; fargli guidare la politica per governare noi dietro le quinte, lo abbiamo fatto. ma farlo essere mafioso no, non è abbastanza serio: sarebbe stato imbarazzante.' italiani, voi uno che è imbarazzante perfino per la mafia ve lo siete coccolato e votato e rivotato a milioni e milioni di preferenze per quasi vent'anni. un assassino può 'pentirsi' dei propri crimini e diventare un collaboratore di giustizia - ma un popolo riuscirà mai a farlo, rispetto alla propria follia? italiani, gente come falcone e borsellino, o scarpinato e ingroia e tutti gli altri servitori della comunità - voi deve guardarvi proprio come barbari, come alieni, come il virus dell'ebola. amici, andate a vedere 'la trattativa'! grazie a sabina guzzanti! grazie a tutti i suoi attori che ci hanno messo la faccia, l'intelligenza e il cuore! tre ottobre duemilaquattordici BRACCETTO
la gente di sinistra del centrosinistra dice 'il mercato del lavoro deve mantenere le proprie garanzie'. ed è comunque gran cosa rispetto a renzi e la sua corte. ma la gente a sinistra del centrosinistra, cioè la gente di sinistra punto, dice 'quello del lavoro non è un mercato, perché il lavoro non è una merce. ma una dignità.' punto. ecco la differenza. incolmabile. compagni della sinistra che vuole andare a braccetto col centrosinistra, a questo non pensate mai? ventinove settembre duemilaquattordici - NON E' UN PAESE FINITO
l'italia. ha detto renzi. https://www.youtube.com/watch?v=74CuDRzILlg ventisette settembre duemilaquattordici GIUDICI SUL COLLE
nel corso del processo sulla trattativa stato-mafia, esattamente un anno fa l'italia (il pubblico ministero) chiedeva che l'italia (il presidente della repubblica) potesse testimoniare in aula. ma immediatamente l'italia (l'avvocato dello stato) rispondeva che la sua testimonianza non sarebbe servita, e quindi di rinunciarvi. si potevano sentire distintamente sghignazzare sia i mafiosi reclusi nelle loro celle, sia quelli latitanti nei loro bunker, sia i loro padrini politici e finanziari tutti a piede libero e ai propri soliti posti di potere. ridevano come davanti alle scenette di franco e ciccio. perché questo non è un paese. perché noi non siamo un popolo. però oggi, un anno dopo, l'italia (la corte del processo) dichiara che invece la testimonianza dell'italia (il presidente della repubblica) rileva e la si prenderà al quirinale, così come richiesto dall'italia (il pubblico ministero) a dispetto del parere dell'italia (l'avvocato dello stato). rileva per conoscere la verità sulla trattativa stato-mafia. quindi oggi ridono pochissimo, mafiosi in galera e mafiosi latitanti e loro padrini politici e finanziari. meno male. perché oggi questo è un po' meno un non-paese. e noi siamo un po' meno un non-popolo. ma, lo stesso, una classe di magistrati come si deve non ce la meritiamo. infatti l'unica riforma su cui sono d'accordo tutti - renzi, berlusconi e pure grillo - è quella della giustizia. che non sarà riforma, ovviamente, ma museruola. specie dopo oggi. venticinque settembre duemilatredici PALAZZO DI VETRO
- segretario generale, aspetti: c'è ancora la delegazione italiana. - ah, sì. e chi viene stavolta? - renzi, matteo. - o numi! ma dall'italia, uno normale non ce lo mandano mai? eppure con quella grande storia... - segretario, ha mai dato un'occhiata alla loro televisione? ventitre settembre duemilaquattordici L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE
venti anni fa, quando avrebbe dovuto ammettere di essere stato messo lì per fare cose diverse dal bene del 'paese che amava' - cioè gli affari propri - berlusconi invece mischiò le carte lamentandosi pubblicamente che 'non lo facevano lavorare'. ce l'aveva coi suoi nemici, politici e giurisdizionali. oggi renzi, che dovrebbe ammettere di essere stato messo lì per fare cose diverse dal bene del 'paese che vuole cambiare' - cioè gli affari dei poteri forti - mischia le carte lamentandosi pubblicamente che 'provano a fermarlo'. l'evoluzione sta nel fatto che renzi invece ce l'ha con gli amici suoi. e la gente applaudiva l'uno allora e applaude questo adesso (così come riempiva all'epoca piazza venezia, così come riempì poi le urne di schede scudocrociate). io ho provato a sperare che questo paese migliorasse. ho provato perfino a dare una minima mano in tal senso. ma la spinta propulsiva della specie si è evidentemente esaurita. tirreno, adriatico, ionio - pensateci voi. ventun settembre duemilaquattordici GUERRA E PACE
ci hanno detto che questi, tredici anni fa, hanno fatto venire giù le torri gemelle. che hanno infilato un aereo nel pentagono. che hanno riempito di antrace il senato americano. ci hanno detto che dieci anni fa hanno fatto duecento morti alla stazione di madrid. che nove anni fa hanno fatto saltare la rete della metro di londra. e che per tutto questo tempo, da allora a oggi, si sono annidati negli avamposti dell'occidente in tutto il mondo: depositi di armi, laboratori, centrali strategiche, nodi di informazione e comunicazione. ci hanno detto che erano, sono e saranno il nemico giurato del mondo libero e civile, che l'isis è pure peggio di al qaeda perché è pieno zeppo di inglesi, francesi, americani, spagnoli e pure italiani. ci hanno detto e ci dicono tutto questo da tredici anni, e adesso questi qui - i mostri superpericolosi - per spaventare l'occidente non trovano nulla di più terrificante che riprendere qualche imbacuccato mentre taglia qualche collo in mezzo a chissà che deserto in culo al mondo?!? come il più sfigato dei predoni del tempo dei crociati?!?!? senza - che so - un dito su un circuito collegato a un deposito di scorie nucleari depredato, senza una mano su un'ampolla di ebola africano da stappare come il vaso di pandora, senza la minaccia di tenere nel mirino con il mega raggio laser rubato chissà dove il parlamento d'israele che gli sta a un tiro di schioppo?!?!?!? dopo tredici anni dalla prima performance che non mancò certo di fare rumore?!?!?!?!? e a voi vi torna? a me no, per niente. o era una cazzata la potenza nefasta di allora, o è una cazzata quella di oggi. ma la cosa bella è che tutto si spiega se si opta per la tesi che sono una cazzata tutte e due le cose. quella, dalle torri all'antrace, e questa, dal califfo alle scimitarre. occidente, capitalismo, mondo globalizzato - o come cazzo ti chiami - se vuoi fare la guerra falla, perché con la pace crepi di asfissia. però piantala di prenderci per il culo. diciassette settembre duemilaquattordici RENZI SAID
"questa è una società basata sull'apartheid. basta: noi la cambieremo!" infatti. basta con garantiti e precari: tutti precari. basta con pubblico e privato: tutto privatizzato. basta con sinistra e merda: solo merda. sedici settembre duemilaquattordici IL FESTIVAL DI FILOSOFIA DI MODENA (E CARPI E SASSUOLO)
(però quest'anno lo seguiamo alla radio.) ...ha come argomento la gloria. e ora stanno dicendo - parlando della gloria sportiva - che nell'età contemporanea il massimo della celebrità non è detto per niente che coincida col massimo del talento. fanno l'esempio di balotelli - e non si può non essere d'accordo. poi allargano il discorso agli altri campi - sempre della contemporaneità -: dallo spettacolo (pensate ai prodotti dei talent-show) alla letteratura (gli autori dei best seller stagionali), perfino alla politica (e in italia siamo l'avanguardia sperimentale d'europa: craxi è stato il primo leader, berlusconi il primo front-man, renzi il primo deodorante), e io non posso non essere d'accordo. poi allargano ancora. e dicono che tutto questo, che è un po' la caratteristica eminente della contemporaneità - cioè che il talento e la celebrità, e quindi il potere, non è detto per niente che siano proporzionali e nemmeno camminino in parallelo -, in fondo in fondo dipende dal gusto e dalle abitudini di ciascuno di noi, nodi dell'immensa rete che è il mercato delle idee, delle cose e delle persone. cioè: se non fosse per il mio gusto e le mie abitudini - moltiplicati per gli enne nodi che siamo tutti noi quasi-uguali a me - che attribuiscono celebrità e gloria a chi spesso non se li merita, allora sarebbe la selezione del puro talento (operata dalla koinè degli esperti - così come è la comunità scientifica, e non il pubblico anonimo, a riscontrare il valore della tal teoria e dei suoi autori) a fare giustizia del soffocante ciarpame, annullandone la sopravvivenza stessa nella memoria storica. ma così non è. ed è per via della democrazia, stanno dicendo - o meglio, della demagogia che ne è l'involuzione attuale (come previsto già da platone - per primo, credo). e non si può non essere d'accordo. tredici settembre duemilaquattordici MAINSTREAM
il mainstream è male. perché il sistema di cui siamo schiavi - che è il male -, pur con tutta la sua potenza di hardware, non resisterebbe a lungo se davanti ai nostri occhi, e nelle nostre menti, di utilizzatori/consumatori/produttori non girasse di continuo il software implacabile che ha il compito di non farci vedere il sistema per ciò che è, e noi stessi per come siamo ridotti in esso e da esso. appunto, il mainstream è quel software. tale verità, detta con largo anticipo (e infinitamente meglio di me) da gente come marcuse, pasolini, lukàcs, debord, e narrata in science-fiction, perché arrivasse anche agli schiavi non usi alla saggistica, grazie al talento di bradbury, orwell, andy e lana wachowski - tra gli altri e le altre -, tuttavia non supera la soglia dell'attenzione degli schiavi. o se vi riesce, pure non può contrastare l'incalcolabile pervasività del mainstream che ingloba perfino le denunce di tale verità, così come un software raffinatissimo gestisce e sfrutta - addirittura - i virus puntuali che per caso vi compaiano. se vogliamo lottare contro il sistema - con una minima, infinitesima, aspettativa di vittoria - non possiamo non tener conto della sua clamorosa egemonia nell'immateriale, nel pensabile stesso e nel desiderabile perfino. gramsci è stato in ciò davvero profetico - si consideri che ragionava nel tempo in cui il mainstream aveva una potenza di fuoco ridicola rispetto a oggi: all'epoca c'erano i giornali, che leggeva solo qualcuno, c'era la letteratura d'appendice con qualche diffusione, c'era il cinema dei primissimi decenni e c'era la nuova invenzione della radio - basta. e ora invece - be', lo vedete da voi. io sono mainstream - io pure, purtroppo. ho un lavoro impiegatizio abbastanza garantito, vivo in una casa in affitto abbastanza al centro della capitale, acquisto e consumo in modo ortodosso - abbastanza - rispetto alle indicazioni del sistema: i miei gesti concreti, insomma, sono tutti all'interno del perimetro disegnato per me dal software, e pertanto contribuiscono alla tenuta e all'autocostruzione incessante dell'hardware. non sono un clochard, non sono uno zapatista, non sono nemmeno uno che di facciata sta dentro al sistema ma dietro le quinte organizza la ribellione - con o senza la maschera bianca di v per vendetta. però ho queste parole - e dalle parole, che la mia mente e il mio cuore generano senz'altri meriti che la frequentazione di gramsci e di pasolini, di lukàcs e debord e marcuse, di bradbury e orwell e andy e lana wachowski (tra gli altri e le altre), a scapito benedetto della prossimità col mainstream pubblico dal quale mi astengo con ogni accortezza, da queste mie parole passano i virus della coscienza possibile. comunque. e dalla coscienza - chissà - alla ribellione di qualcuno meno compromesso di me. è ciò che posso fare. e lo sto facendo. dodici settembre duemilaquattordici TORCE
oggi sul web ho letto due cose entrambe sottoscrivibilissime, anzi per certi versi davvero apprezzabili. una su esseblog.it, di giuseppe d'elia. sulla fine conclamata del concetto stesso di centrosinistra (e per simmetria, anche di centrodestra) stante il fatto che dal novembre 2011 l'italia è governata da una coalizione di centrodestra e centrosinistra (a guida monti, prima, poi letta e ora renzi) e che renzi, il frontman attuale, ha già detto espressamente che la formula resta questa fino a giugno 2017 (i 'mille giorni') e solo dopo accetterà giudizi, critiche ed eventuali ribaltamenti rispetto a se stesso, alla formula e alle politiche progettate e realizzate. l'altra su controlacrisi.org, di cremaschi intervistato da fabio sebastiani, che quasi rispondendo alla domanda implicita di d'elia (ma questa coalizione di lungo termine a che serve?) dice che con renzi il sistema ha trovato l'uomo giusto al posto giusto al momento giusto (visto che - ancora - è molto gradito al pubblico) per attuare le direttive della bce prima di trichet e poi di draghi (smantellare il comparto pubblico e privatizzare) e quelle di jp.morgan (corrodere la costituzione e passare alla post-democrazia). condivido, e ringrazio gli autori e i redattori. tuttavia - sia d'elia che cremaschi coronano i propri ragionamenti ineccepibili con due mozioni (una per uno, rispettivamente) purtroppo irrealistiche: il primo dice che la scomparsa del centrosinistra (e del centrodestra) apre autostrade a sinistra, e che per sfruttarle bisogna far crescere (meglio) esperienze maturate come con 'l'altra europa'; il secondo dice che il blocco di classe che domina il paese per conto del sistema sovranazionale, si può fronteggiare col collegamento di tutto il sindacato conflittuale (a sinistra di cgil, e perfino di fiom). ma tali mozioni sono allo stato presente insensate, tanto quanto il mio semi-risibile tentativo di far nascere 'a freddo' il soggetto politico 'pace lavoro democrazia'. d'elia e cremaschi lo sanno - io credo - e però in qualche modo dovevano pur finire l'articolo e l'intervista. rispettivamente. e allora? allora ha da passa' 'a nuttata (o come si scrive impropriamente: 'adda passà'). il paese è questo qui, e il pozzo di inconsapevolezza in cui siamo caduti è talmente buio e profondo che non se ne esce in nessuno dei tre modi sopra menzionati - né l'attivismo diffuso e dal basso, né le piazze delle sigle 'contro', né la pianificazione politica a tavolino. e sarà grasso che cola (per citare il gaglioffo di palazzo chigi) se dal fondo del pozzo non scopriamo che si può perfino scivolare in un pertugio ancora più sotterraneo e barbaro: per esempio, se alla maggioranza silenziosa degli italiani andasse a genio addirittura una schietta svolta autoritaria, condita di razzismo e vittimismo dei bei tempi andati. da tremare, vero? io tremo. e intanto, un po' di situazionismo luminoso giusto per non far credere che sia davvero tutto mezzanotte: che so... se uno a settimana, qualcuno di buona volontà, grande ambizione e scarsi affetti, si desse fuoco davanti ai centri del potere e ai media schierati, gridando 'socialismo!'... brutto, lo so. ma è più realistico che invertire il corso della storia con uno dei metodi che abbiamo proposto fino ad oggi. tutti, me compreso. nove settembre duemilaquattordici LA FORMA
perché il mondo ha la forma che ha? la forma, dico - non la sostanza. (il mondo ha la sostanza che ha perché c'è scritto benissimo nei grundrisse di carlo marx, e io non mi azzardo nemmeno a mettere in discussione una virgola di quello che ha detto lui. ma la forma?) cioè: perché noi il mondo - che ha la sua sostanza così e cosà perché così e cosà - perché lo vediamo così e cosà? la mia risposta è: stringi stringi, perché nell'arco degli ottanta anni in cui un popolo esiguo ma culturalmente evoluto - il popolo ebraico del VI secolo p.e.v. - fu conquistato e confinato dal potente impero babilonese, i suoi intellettuali e le sue guide religiose intesero mantenerlo comunque unito e cosciente di sé riscrivendo per intero la narrazione delle sue origini mitiche e del suo sviluppo secolare. e già che c'erano, quegli intellettuali e quelle guide scrissero la leggenda completa del mondo: dalla creazione all'apocalisse, passando per tutte le fasi dell'emancipazione e del rapporto dell'umano col divino. ciò che noi - nei paesi cristiani - chiamiamo il vecchio testamento. ma basta questo fatto - parecchio circoscritto e tra l'altro chissà quante volte analogamente capitato in altri tempi e ad altre latitudini (vedi la sterminata produzione mitologica delle civiltà, comunque motivata) - basta a spiegare perché il mondo ha la forma che ha, cioè perché noi lo vediamo (prima ancora: lo pensiamo, e pensiamo noi stessi in esso) proprio così? non ancora: questo è solo il primo passaggio, sempre secondo me. ne mancano altri quattro - sempre 'stringi stringi'. il secondo passaggio - fondamentale - è il lavoro realizzato nel primo secolo dell'era volgare da una o più persone di grandissimo talento in campo pubblicistico e organizzativo, lavoro tradizionalmente attribuito a un solo uomo nato a tarso (oggi turchia, all'epoca impero romano) e morto ammazzato a roma: saulo nato ebreo, convertito al cristianesimo come paolo, martirizzato per il suo apostolato capillare e implacabile - sempre secondo la tradizione (non confermabile, poiché di saulo/paolo e del suo impegno non esistono tracce oggettive né testimonianze che non siano comunque di area cristiana). e questo super-lavoro da pubblicisti e da organizzatori - chiunque l'abbia fatto - cosa produsse? produsse intanto la riscrittura omogenea (e l'interpolazione, quando non l'invenzione di sana pianta) di una serie di fatti accaduti tra la galilea e gerusalemme qualche decennio prima, con la messa a punto della splendida figura di gesù di nazareth che da una parte realizzerebbe negli atti narrati e nelle stesse caratteristiche biografiche le profezie del vecchio testamento (immaginate e redatte dai quei teologi imprigionati per dar orgoglio al proprio popolo - ed ecco come il secondo passaggio della mia tesi si aggancia al primo), e dall'altra introdurrebbe con la sua personale buona novella (il vangelo) una rivoluzionaria visione del mondo improntata a perdono, speranza e resurrezione. ma poi (soprattutto - aggiungo io, nell'ottica della selezione delle idee nel corso del tempo) quel lavoro produsse una vasta e rapida diffusione di tale riscrittura presso molte comunità dei popoli facenti parte dell'impero romano di allora - diffusione di miti e riti che chiamiamo appunto cristianesimo - e che toccò prima gli strati sociali più bassi e dopo anche qualche ruolo e centro di potere, rispondendo evidentemente a una domanda esistenziale di massa e a un'esigenza di controllo sulla massa cui altre mitologie e ritualità concorrenti (vedi il mitraismo, peggio ancora il paganesimo antico) non rispondevano altrettanto bene. quindi: uno, alcuni arcaici e tenaci sacerdoti in esilio o in galera inventano una classe di leggende per non disperdere la propria gente in attesa della liberazione e, due, secoli dopo alcuni storytellers lavorano su quelle leggende inventando il più bel personaggio di tutti i tempi che rendono famoso in lungo e in largo nel mediterraneo. ma il terzo passaggio è più importante ancora del secondo, ed è doppio: l'impero romano si fa cristiano, e il cristianesimo si fa chiesa. senza questo doppio movimento noi oggi probabilmente vedremmo la mitologia cristiana come vediamo quella egizia o vichinga, oppure non coglieremmo affatto la consecutio tra quella cristiana e quella ebraica, o addirittura non saremmo proprio a conoscenza né dell'una né dell'altra così come non siamo certo a conoscenza di tutte le infinite narrazioni escogitate dalla specie umana riguardo a ciò che non rientra nel fattuale o nell'accertabile. insomma, anche senza il terzo passaggio noi non vedremmo il mondo come lo vediamo: cioè la forma del mondo - il nostro tema - sarebbe diversa. a farla breve, in uno dei centri di potere più importanti di tutto il mappamondo di quei tempi (ma non l'unico centro di potere: c'era un impero dei parti tra il tigri e l'indo, c'era il giovane impero in cina, c'erano imperi in sud america e regni in africa; e se anziché l'europa a colonizzare il resto del mondo nel millennio successivo fosse stato un altro continente, noi - di nuovo - staremmo qui a dare al mondo un'altra forma nella nostra testa), ebbene nel territorio dell'impero romano succede nel giro di pochi secoli che da una parte la narrazione delle gesta di gesù e della sua collocazione all'interno dell'intera narrazione umana (creazione e apocalisse comprese) riceve una sistemazione organica in teoria (selezione dei testi ufficiali, damnatio memoriae degli apocrifi, produzione teologica patristica, introiezione di un po' della cultura greca classica, antisemitismo - loro, da scrittura deìpara a razza deicìda) e un'organizzazione gerarchica in pratica (vescovi e comunità, concili e papi, ortodossia contro eresie, regole, precetti, ranghi, canoniche, saperi, soldi - tanti soldi), e dall'altra lo stesso potere statuale prima consente e poi addirittura adotta (con costantino) la nuova religione diventandone un veicolo di diffusione talmente efficace che nemmeno i più talentuosi comunicatori e agitatori 'para-paolini' si sarebbero mai sognati. cattedra e trono si saldano così di fatto, e nell'immaginario collettivo di masse sterminate in questa vasta parte del mondo non può esistere - e non potrà più esistere, almeno fino alla laicizzazione di una rilevante minoranza delle coscienze: roba recentissima - forma di esistenza e di convivenza umana che non riceva il crisma, insieme, dell'autorità visibile (che dà ordine e promette ricchezza) e della cristianità (che offre salvezza o minaccia dannazione). roba potente. tanto, che perfino chi nei secoli successivi a questo passaggio (cioè nel nostro medioevo) da altre zone dell'epistème si spingeva in questa parte del mondo (i barbari cosiddetti), magari strappava il tessuto politico e si sostituiva alla precedente autorità visibile, ma sempre e comunque agganciava il proprio nuovo centro di potere alla solida rete simbolica offerta da quella religione: si convertiva al cristianesimo. e tanto - potente - che anche l'unica esperienza antagonista alla cristianità europea (latina o greca che fosse) nata all'epoca e in espansione tutt'ora, l'islam, è com'è noto un'ulteriore gemmazione leggendaria dalla genealogia di miti che sto sommariamente descrivendo: gli scribi ebrei creano la storia del proprio popolo, i protocristiani creano la storia di cristo figlio del dio degli ebrei, l'universalismo dell'impero romano e della nuova chiesa trasformano il dio degli ebrei nel dio dell'umanità e suo figlio da messia di un popolo a redentore di tutti, e la mente più acuta ed energica della tribù più ricca e ambiziosa del deserto arabico - maometto, ovviamente - ritrasforma quel dio universale nel dio di un popolo, retrocede gesù da figlio unigenito a uno dei suoi profeti, e soprattutto insignisce il proprio popolo della missione moralizzatrice dell'umanità tutta (gli infedeli). quarto passaggio. e teniamo sempre a mente che questa è una cronistoria teleologica, cioè che si auto-avvera, cioè che ha senso in quanto io sto seguendo la linea (tra tutte quelle produttrici di forme del mondo - compresa la linea azteca o aborigena o sarmatica o bantù) selettivamente vincente almeno finora - e 'vincente' nel senso che questa è la cronistoria ideologica della parte di mondo che vince (finora) materialmente sul resto del mondo, cioè che vince nella e per la sostanza che ci spiega insuperabilmente karl marx nei grundrisse richiamati all'inizio. quindi ora siamo in europa, tra la fine dell'impero romano d'occidente e la riforma di lutero - questo è il quarto passaggio. anzi, questo passaggio non è per intero tutto il millennio che passa dal 476 al 1517 del nostro calendario, ma lo circoscrivo più o meno alla sua metà: quando in europa, dopo i regni barbarici e il monachesimo e dopo la stagione carolingia e il consolidamento ulteriore del potere temporale della chiesa, in alcune regioni specifiche (l'italia centro-settentrionale, la francia e la germania dei fiumi maggiori, le fiandre, l'inghilterra meridionale) la vita sociale, culturale e soprattutto economica, riprende gettando le basi di ciò che sarà di lì a non molto il mercantilismo, l'urbanesimo, il capitalismo, l'egemonia eurocentrica. senza quella ripresa niente umanesimo e rinascimento, niente accumulazione di risorse, niente finanziarizzazione del potere e delle dinastie, niente grandi esplorazioni, niente scoperte scientifiche, niente esplosione demografica, niente conquiste e colonizzazioni ai danni degli altri continenti. invece, con il successo in quelle regioni (all'inizio, e poi un po' dappertutto) dei modi di produzione e riproduzione della vita collettiva tipici dell'età comunale e del proto-capitalismo, e di una certa visione e simbolizzazione dell'esistenza di ognuno (centralità dell'individuo, ricerca della felicità, ambizione del ceto medio ed ereditarietà delle sue sostanze), avremo la fioritura di arti e lettere, l'accumulazione di fortune personali e societarie, la solvibilità delle corone, il finanziamento di viaggi e studi, il contrattacco sull'avanzata islamica, la tenuta perfino dinanzi a eventi potenzialmente estintivi come la peste del '300, e il rilancio dell'intraprendenza europea con le buone o con le cattive lungo tutti i paralleli e i meridiani. va da sé che la forma del mondo che hanno in testa gli europei - quella frutto dei primi tre passaggi di questa nostra storiella - si rinforza così a ogni conquista e si diffonde per ogni scalo commerciale. è perciò che quest'epoca è il mio quarto passaggio, è perciò che senza di esso oggi vedremmo ogni cosa e noi stessi ben diversamente. sub-finale. uno: i sacerdoti ebrei fantasticando buttano giù un libro che spiega tutto. due: saulo-paolo, o chi per lui, crea gesù e dice che è lui che dà senso a quel libro. tre: costantino dice di credere in gesù cristo e gregorio magno (per fare un nome) fa della chiesa di cristo una potenza. quattro: denaro, cristianesimo, sapere e potere viaggiano a braccetto in tutto il mondo conosciuto dall'anno 1000 in avanti. cinque. il quinto passaggio è l'ultimo - secondo me, e sempre stringi stringi - di quelli necessari e sufficienti a spiegare perché il mondo ha la forma che ha. arriva dopo la riforma luterana, agganciandosi stretto al quarto - cioè a quello in cui la linea vincente della narrazione del mondo è vincente in quanto è la linea narrativa della zona del mondo (ossia, della gente che vi abita) più efficacemente intraprendente per una serie di fattori oggettivi che chiamerei capitalismo originario. voglio dire - e forse neanche serve - che intorno a quell'epoca certo non c'è solo l'europa a recitare una parte sull'immenso copione della terra: c'è la grande area musulmana, compresa quella degli ottomani (che però - dicevo - sempre dall'albero genealogico gerusalemme-atene-roma discende distaccandosene solo dopo, all'altezza della mecca), c'è la dinastia ming nella cina che ha combattuto a lungo contro i mongoli, altro impero secolare, c'è il grande moghul tra india e persia, ci sono i regni dell'estremo oriente fino all'impero del sol levante in giappone, ci sono gli aztechi in nordamerica, gli inca al sud, e i maya nel mezzo sono scomparsi solo da qualche secolo, ci sono le nazioni pellerossa (finché non le stermineremo), ci sono regni e imperi in africa (mali, congo, etiopia, egitto, la costellazione masai) finché non li schiavizzeremo, e l'oceania perfino pullula di soggettività degnissime di dare la propria forma al mondo. ma l'europa, dal '500 in poi, farà la voce grossa. sempre più grossa: l'impero coloniale spagnolo, quello portoghese, la compagnia olandese delle indie, poi le conquiste della francia dei suoi grandi re, poi l'impero britannico che abbraccerà il pianeta - il tutto non senza il tetro condimento di guerre tra potenze, battaglie dinastiche, conquiste e perdite e riconquiste, disegno e ridisegno di confini, scrittura di trattati, smentita di trattati, matrimoni e divorzi tra reami; ma il tutto - soprattutto - assolutamente mai senza un lavorio dietro le quinte (mentre sulla scena va la storia di generali e principi che studiamo sui banchi di scuola), il lavorio dei latifondisti e dei banchieri, dei grandi mercanti e dei primi imprenditori, degli innovatori di produzione e organizzazione e degli strateghi del consenso di massa (sempre di più, con l'affacciarsi progressivo delle masse sui fatti della storia - necessario, per il progressivo articolarsi della società, dell'economia, della politica e della civiltà europea), né senza (infatti) il decisivo, clamoroso, spesso fatale lavoro fisico di incalcolabili quantità di uomini e donne senza nome. è a causa di un macchinario umano e strumentale, finanziario e normativo di questo tipo, immenso, che l'asse del mondo si radica sempre più a fondo in una regione tutto sommato circoscritta, e che gli altri popoli diventano satelliti, comprimari quando gli va bene e mero carburante quando male. il quinto passaggio è propriamente questo - lo dico un po' weberianamente, anche se non prendo quella tesi per oro colato: che dopo la rilettura luterana e calvinista del cristianesimo e l'opzione per la religione riformata (in uno dei vari modi) da parte di quelle che poi risulteranno le potenze più notevoli nell'allestimento della modernità (i tedeschi, gli olandesi, gli inglesi e infine la loro filiazione: gli statunitensi - l'impero contemporaneo per eccellenza), di nuovo teleologicamente rivive e prende la scena a dispetto di ogni altra la narrazione che viene giù dritta (si fa per dire) da quella cattività babilonese di duemilaseicento anni fa: dio. addirittura filosofi, artisti e scienziati - liberi pensatori per definizione - non possono non tener conto del giogo egemone di questa forma consolidata del mondo, perfino i massimi tra loro: da newton a mozart a kant a dostoevskij. i pochissimi che provano a smarcarsi o sono ostracizzati, come spinoza, o sono arsi come bruno, oppure celiano come einstein - o semplicemente non li conosciamo, ingoiati in un buco silenzioso (nietzsche ci impazzisce, per non caderci dentro; van gogh lo stesso). addirittura i più fieri contestatori del potere reale nel mondo moderno e contemporaneo, i socialisti scientifici (di cui marx è il patriarca, alla cui dottrina si abbeverano i fondatori di comunità anticapitaliste di centinaia di milioni di persone: lenin, mao e gli altri eroi, e in qualche misura perfino gandhi), scontano comunque un tributo all'idea - residuo di messianismo, benché de-spiritualizzato - che la storia umana ha per finalità e motore il progresso, la liberazione, la felicità. e anche adesso, oggi - trascorso il secolo-acme del potere occidentale, e delle sue lotte fratricide, il secolo XX secondo il nostro conto - oggi che dopo la globalizzazione l'asse del mondo si sta spostando sì verso oriente (e la crisi infinita, che il neoliberismo euroatlantico insieme provoca e subisce, ne è l'effetto), ma un oriente la cui visione (la forma del mondo, secondo lui) ha molto più a che fare con quella che giunse fin qui da quel lontano passato (ambizione e possesso, sfruttamento delle risorse, imperialismo delle multinazionali) che non con la forma che forse abitava la testa degli uomini e delle donne orientali prima che entrassero in contatto con la forza d'europa allora emergente, ancora oggi mi sento di poter dire che stringi stringi siamo sempre dentro la stessa narrazione in cinque passaggi. se la cina - o chi per lei - continuerà così, non serve scrivere un altro passaggio alla mia storia. se invece darà un'altra forma al mondo, chissà quale, allora qualcuno - tutt'altra storia avverandosi anziché questa - butterà intero il mio lavoretto e ricomincerà da capo. chissà da dove. io spero da una donna. quattro settembre duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-09-05/141294-la-forma EREDITA'
ma non è uno scherzo? no, è vero. è venuto giù un balcone al secondo piano di una casa all'aquila. non di una vecchia casa lesionata, ma una casa delle new town. quelle costruite nel 2009 tra fanfare e telecamere, costruite per resistere ai terremoti. è venuto giù da solo, al secondo piano di una casa della new town dopo cinque anni dall'inaugurazione. senza bisogno di nessun terremoto. il primo piano è stato evacuato, ora faranno verifiche strutturali dappertutto. questo è stato berlusconi. maledetto lui e le teste di cazzo che l'hanno votato per anni. il processo di leghizzazione di grillo si è completato. non è uno scherzo. oggi ha detto che se la polizia arresta qualcuno è del tutto inutile se poi esce di galera. deve restarci, questo deve fare il governo. e ha detto che i migranti portano le malattie. l'ha detto davvero. che l'italia non può permettersi di correre certi pericoli. oggi la costa d'avorio, che confina con la guinea e la liberia, e che non ha l'ebola in casa - ma posso immaginare quante risorse il suo sistema sanitario abbia rispetto a un qualunque paese europeo -, oggi ha aperto un corridoio umanitario per i malati dei paesi confinanti. e grillo dice che i migranti portano le malattie in italia, e vanno tenuti lontani. maledetto lui e le teste di cazzo che gli danno retta perché questo paese ha il cervello in pappa dopo il ventennio di quell'altro. tre settembre duemilaquattordici TROPPO
per un minuto ho rabbrividito al pensiero che sia alle figure istituzionali dello stato che tocca fronteggiare la più grave crisi della storia repubblicana. poi ho visto per caso in televisione renzi e la boschi, e il brivido mi è subito passato. mi resta comunque la domanda essenziale su a chi tocchi, allora. due settembre duemilaquattordici (SODDISFAZIONI)
kautsky chi? primo settembre duemilaquattordici NEMESI
Fidel Castro e il Che entravano vittoriosi a L’Avana, De Gaulle diventava Presidente della Quinta Repubblica, Alaska e Hawaii si univano come 49° e 50° Stato agli USA, nasceva la bambola Barbie, Aldo Moro era eletto Segretario della DC, si promulgava il primo Codice Stradale in Italia, Eisenhower e Kruscev a Camp David per il primo incontro tra le due superpotenze dalla fine della guerra, a New York era inaugurato il Guggenheim Museum di Lloyd Wright, Quasimodo vinceva il Nobel, Vincent Minnelli l’Oscar alla regia, la RAI mandava in onda L’Idiota di Dostoevskij con Albertazzi, Fausto Coppi soffiava su quaranta candeline in splendida forma. E l’Italia era in deflazione. Per l’ultima volta – da allora prima di oggi, che c’è tornata. Sarei tentato di vergognarmi per il mio Paese. Almeno per il suo ultimo venticinquennio. Ma non devo cedere a questo peccato di generosità, a questa hybris di pietà: invece io con questo schifo non c’entro niente, io l’ho sempre combattuto. E tanta brava gente con me. Però abbiamo perso. Perché siamo troppi di meno. ventinove agosto duemilaquattordici http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/nemesi/ FISICA
riina, intercettato nell'ora d'aria, ammette che andreotti invece lo incontrò (ma senza bacio). bella scoperta! e anche la storia del bacio, messa lì apposta per rendere implausibile per il grande pubblico il plausibilissimo - anzi: inevitabile, certo - cheek to cheek tra il grande statista e il grande anti-statista! considerazioni sui campi di forze. la prima repubblica fu quella in cui la forza dello stato e la forza della mafia dovevano incontrarsi ogni tanto, per coordinare insieme lo sfruttamento di popolo e territorio. la seconda repubblica è stata quella in cui appuntamenti clandestini non servivano più: la forza della mafia occupava direttamente gli scranni della forza dello stato. la terza repubblica è un po' come la teoria della relatività generale: la geometria stessa dello spazio pubblico (lo smantellamento costituzionale, la privatizzazione e la precarizzazione, l'impoverimento generale) è tale che tutte le mafie si rinforzano con i migliori affari nello sfruttamento di popolo e territorio italiano, chiunque incarni formalmente le forze dello stato. gli italiani sono ignoranti, ma chi li domina ha studiato bene la fisica. ventisette agosto duemilaquattordici SEMANTICA
non si dice più 'respingimenti'. si dica: dirottamenti. non si dice più 'privatizzazione'. si dica: meritocrazia. non si dice più 'sfruttamento'. si dica: flessibilità. non si dice più 'il peggior governo e l'opposizione più inutile della storia repubblicana'. si dica: il governo peggiore e la più inutile opposizione della storia repubblicana. italia: un paese diversamente democratico. 'italiano', diversamente popolo. compagni? ventisei agosto duemilaquattordici MANNAIA
i ricchetti. anzi, più precisamente: i figli, i nipoti dei ricchetti, quelli che manco hanno il 'merito' della predazione dei padri e nonni loro. che c'hanno solo le spalle coperte e che cascano sempre in piedi, e che lo sanno a istinto che hanno ereditato non solo e non tanto la ricchezzuccia di nonno e papà - senza manco il talento loro per l'accumulazione - ma la stessa quasi-totale immunità qualunque cosa facciano all'interno di un sistema come il nostro che pare fatto apposta (anzi, più precisamente: che è fatto apposta) perché i ricchetti, i figli dei ricchetti e i nipoti dei ricchetti caschino sempre in piedi e sempre le spalle coperte abbiano. i figli, i nipoti dei ricchetti giocano per un po' a fare la 'rivoluzione' (di destra, estrema) e poi nessuno gli chiede conto dei reati commessi giocando così: rientrano nel sistema, garantiti (tranne qualcuno - pochissimi -, che bisogna pur far vedere che la galera a qualcosa serve oltre a far male ai poveri cristi). i figli, i nipoti dei ricchetti, che seducono coi soldi e le macchinine belle, e stuprano e ammazzano nelle villette belle in riva al mare, ma prima di acchiapparli e darli alla giustizia hanno fatto già la bella vita in giro per il mondo. i figli, i nipoti dei ricchetti incapaci come sono, che giocano all'accumulazione e alla predazione pure loro, e per di più fanno casino anche nella loro specialità, che sarebbero i soldi, e falliscono e rovinano la gente (lavoratori, risparmiatori) e poi nessuno glieli fa risputare tutti quanti, quei soldi rubati goffamente, anzi magari un'autobiografia dorata e ne faranno altri ancora - mentre ai licenziati e ai rovinati il sistema mica pensa. i figli, i nipoti dei ricchetti c'hanno le spalle coperte e cascano sempre in piedi. quasi, sempre. ogni tanto (anzi, più precisamente: ogni tantissimo) qualcuno casca per terra, con la mannaia ancora in mano. anche se la vita a una poveretta di donna che lavorava in una zona di ricchetti, comunque non gliela ridarà nessuno. venticinque agosto duemilaquattordici LA TESTA
la gente non capisce un cazzo. e questo è vero in generale, in quanto esito fruttuoso di un lungo e meticoloso programma di sottrazione di saperi e depressione di capacità critiche, programma che trasforma (meglio: che ha trasformato) i cittadini italiani in spettatori/consumatori. in particolare, ciò è tanto più vero - cioè: la gente (non) capisce anche meno di un cazzo - in ordine a temi specialmente complessi e/o distanti dalla percezione quotidiana e continuativa della gente stessa. questi temi sono una vera manna dal cielo per le voci pubbliche - per dir così - che infestano il mainstream dell'informazione (ossia, più propriamente: dello spettacolo) col precipuo compito di far la propria parte nel perseguimento di quel programma di sottrazione e depressione, distrazione e trasformazione, nel contempo in cui altre importanti parti di esso programma sono poste in essere tramite l'intenzionale smantellamento economico di scuola, ricerca e cultura e l'atomizzazione strategica di luoghi e spazi di relazione sociale, crescita civile e costruzione umana. così che la gente - che non capisce un cazzo in generale, e anche meno in particolare sui temi della geopolitica, dell'ingegneria istituzionale o della macroeconomia (tanto per fare degli esempi) - viene tenuta se possibile ancor più all'oscuro delle sue proprie urgenze drammatiche (meglio: delle eventuali, benché remote, vie d'uscita dalle medesime - lasciandole, alla gente, solo il diritto di un costante risentimento, di un sordo rancore contro tutto e tutti, di una paura senza nome), all'oscuro proprio grazie alla distribuzione tra le voci pubbliche, e alla giornaliera esecuzione da parte loro, di un copione appositamente concepito per sviscerare temi macroeconomici, di ingegneria istituzionale o geopolitici (per esempio), di cui la gente non sa e non capisce un cazzo ma sui quali è allenata a convincersi di avere un interesse e un'opinione da trenta e passa anni di talk-show televisivi. le prese di posizione dei grillini sullo scontro di civiltà cosiddetto rientrano esattamente in questo schema. il terrorismo internazionale, se non esistesse, bisognerebbe inventarlo anche solo per far parlare qualcuno sul mainstream alla gente che fa così con la testa. ventiquattro agosto duemilaquattordici HANNAH E LE RANE
aristofane mette in bocca a euripide quanto segue: "se nella situazione attuale siamo nei guai, come non pensare che, facendo tutto il contrario, avremo la possibilità di salvarci?". poi però fa dire a eschilo che "le navi sono le vere risorse", e così dioniso decide che eschilo è il miglior tragediografo di sempre in una tenzone tra i due escogitata appunto dall'autore di 'le rane'. e invece aveva ragione euripide. da vendere! la situazione attuale è brutta, volgente al pessimo. e i decisori apicali che fanno? fanno le stesse cose di sempre. possibilità di salvarci, così, pari a zero. forse invece facendo l'esatto contrario... ma chi dovrebbe pensarlo, proporlo, pretenderlo - questo 'contrario'? direi: il 'contrario dei decisori', ossia i 'decisi': quelli cioè sulle cui teste vengono prese e attuate le decisioni nella situazione attuale. quindi noialtri gente comune: lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, migranti... hannah arendt, in 'la disobbedienza civile e altri saggi', dice tra l'altro che bisogna avere l'intelligenza, la volontà, l'onestà e il coraggio di "cambiare il mondo e dare inizio a qualcosa di nuovo". dice che si può, e che in certe occasioni lo si deve proprio. ma il problema della gente comune - quella che subisce le decisioni dei decisori, decisioni che continuano nello stesso solco che ha portato la situazione attuale al brutto volgente al pessimo - il problema è, a occhio e croce, che gli manca qualcuno dei requisiti richiesti da hannah per l'azione: o l'intelligenza o la volontà o l'onestà o il coraggio. è ben per questo che esistono le avanguardie: che sono sempre 'pezzi di gente comune', solo fatti di persone che per un motivo qualsiasi quei requisiti là ce li hanno. le avanguardie della gente comune che hanno l'intelligenza, la volontà, l'onestà e il coraggio di cambiare il mondo e dare inizio a qualcosa di nuovo - sono i compagni. sono i compagni e le compagne che pensano, propongono e pretendono tutto il contrario di ciò che pensano, decidono e attuano quelli che governano il sistema. cioè sono quelli che pensano, propongono e pretendono ciò che può dare a tutti la possibilità di salvarci stante la situazione attuale - lo stato di cose presente - in cui siamo nei guai di brutto. e però i compagni e le compagne io non li sento. voi? ma loro lo sanno il compito che gli spetta? di essere quelle avanguardie della gente comune? di dover cambiare il mondo e dare inizio a qualcosa di nuovo? lo sanno di essere 'i compagni'? lo sanno che nessun altro farà il lavoro al posto loro? che i decisori continueranno a fare sempre le stesse cose sulla pelle di tutti? che senza quel lavoro politico e rivoluzionario, lo stato di cose presente da brutto diventa pessimo? lo sanno. ma se lo sono un po' scordato. eccomi qui a ricordarglielo sempre, con sconfinato affetto! ventitre agosto duemilaquattordici PENTOLE E COPERCHI
tavecchio presidente e conte allenatore. che peccato dover aspettare quattro lunghi anni per poter tifare sulla massima ribalta. tifare contro, ovviamente. i mondiali quando ti servono non ci stanno mai. e non è antipatia preconcetta. il primo atto ufficiale di quel presidente è stato scegliere quell'allenatore - a quattro milioni netti a stagione - il cui primo atto ufficiale è stato quello di abolire il codice etico per la selezione dei giocatori in azzurro. e il secondo atto ufficiale, del presidente, è stato abolire la responsabilità oggettiva delle società per le offese e le denigrazioni dei tifosi per motivi di origine territoriale. logico. logico, pure, che brave persone come gigi riva o damiano tommasi non abbiano voluto avere niente a che fare con questa gestione. logico - anche se un po' triste - che piccole icone pop come fiona may invece vogliano averci a che fare: esattamente un posto a libro paga, come consigliere all'integrazione contro il razzismo. (il che conferma, su scala molto ridotta, quello che supponevamo già guardando ai più vasti scenari geopolitici - che non basta essere neri di pelle per essere specchiati d'animo.) comunque, questo è il paese. il paese in cui si spara a zero sui costi della democrazia e della pubblica amministrazione - e il pubblico beota batte mani e piedi - e nessuno fiata (tranne forse paolo ferrero, povera vocina inaudibile) sui costi pubblici dei carrozzoni sportivo-mediatici. d'altronde, se un pentolaro nostrano sta girando il mondo parlando a nome dell'europa e della sua storia - e il pubblico ebete lo scambia per uno statista - posso ben vedere conte e tavecchio là dove stanno. ventidue agosto duemilaquattordici AFFINITA' E DIVERGENZE
sto rimettendo in ordine un po' di cose che ho scritto e fatto negli anni zero e negli anni dieci del ventunesimo secolo. (fa effetto, detta così. vero?) e niente di che. non ci trovo né il letterato né il politologo - e nemmeno l'intellettuale o il militante. solo uno che scrive e fa tanto. però un sacco di coincidenze ce le trovo. tra quello che ho scritto - sia di fiction che di riflessione - e ho fatto, e quello che poi è successo o che sta succedendo. oppure con quello che ora è largamente richiesto che si costruisca, ma invano, e che io, per pura coincidenza, in semi-solitudine immaginavo chiedevo suggerivo progettavo (dal pecione che sono) dovesse costruirsi in base a ciò che intanto succedeva o che era prevedibile succedesse a breve - e che infatti è successo, o sta succedendo. coincidenze - ripeto. né divinazione letteraria, né profezia politologica - e manco buon senso da intellettuale a occhi aperti o giusta smania da militante motivato. la fortuna del 'principiante cassandra' - diciamo. 'principiante' di trentasei anni nel 2000, di cinquanta oggi. però sta tutto lì, scritto e 'youtubato' sulla rete. come un diario di parole date nemmeno al vento - che sarebbero andate più lontano - ma controvento, visto che me le ritrovo sempre tra i piedi dove ricadono quasi subito. rivedo che ho provato a stare tra la gente teoricamente interessata a ciò che immaginavo chiedevo suggerivo progettavo - ma dalla teoria alla pratica non c'è uno iato: c'è un mare intero. e colpa mia che non so parlare mentre nuoto - così che sembro pure più solitario di quel che sono. ho provato anche con facebook. da ridere. uscito una mesata fa, dopo sei anni di onorata carriera e quasi cinquemila contatti. ci resta una paginetta che si chiama 'le parole controvento', appunto, del sottoscritto. dove sono i link a quello che ho scritto e fatto negli anni zero e negli anni dieci del ventunesimo secolo - che è proprio ciò di cui sto parlando ora, e che mi diverte per la sua densità di coincidenze con la realtà che viene mano mano. dev'essere che a quindici anni sentivo tanto battiato. no - scherzo! non c'entra niente. comunque l'era del cinghiale bianco è un signor disco. e domani ventun agosto sono cinquant'anni esatti dalla morte di Palmiro Togliatti. che se non bastassero le tesi di lione, scritte con gramsci, le analisi perfette del fascismo del '28 e del '35, la svolta di salerno, il lavoro come vicepresidente del consiglio prima e come ministro di grazia e giustizia poi, tra '44 e '46, la costituente, il senso dello stato dopo le pedate di de gasperi, il sangue freddo e la saggezza politica dopo le pistolettate prese, l'intuizione della via italiana al socialismo - ebbene ci sta il fatto che togliatti nel ventennio dopoguerra e fino alla sua morte non ha 'tenuto' soltanto, in attesa di una qualche rivolta proletaria nella pancia dell'europa in corso di 'middleclassizzazione' americana con le buone o con le cattive, ma ha contrattaccato: creando il più grande partito comunista di tutto l'occidente - nel paese che nei decenni appena passati era stato largamente fascista, nel paese dove una rivoluzione di massa non c'è mai stata in secoli e secoli, nel paese da due millenni ospite dell'ingombrante e potentissima chiesa di roma. sarà stato bravo, Palmiro? sì, sarà stato anche bravo - direi. compagne e compagni, un abbraccio fraterno e sorerno. venti agosto duemilaquattordici PAROLA POTERE PACE
compagni dei movimenti, compagne femministe, compagni e basta, ferragosto fatto, ecco un modesto ma schietto suggerimento per l'autunno ennesimo di crisi: dalla presa di parola, alla presa di potere. un po' come diceva quello, "interpretarlo non basta, il mondo: va cambiato." perché ormai sono quasi cinquant'anni - compagne e compagni - che la parola ce la siamo presa, ma il potere quasi per nulla, mai. e infatti il mondo è com'è. non sarà che il 'potere' - quello costituito - ci lascia parlare per non farci far altro? programma d'autunno: presa di potere. possiamo. vogliamo? facciamo! mi si replica: "e poi col potere che ci si fa?" rispondo. ci si fa un presidio egemone di pace - di pace da comunisti, non da 'equidistanti' -, visto che con la recessione ormai anche in francia, con la stagnazione ormai anche in germania, le tentazioni del capitalismo di 'buttarla in guerra' diventeranno sempre più forti. e le occasioni - vere o strumentali - proprio non mancano: gaza, iraq, donbass... perché - compagne e compagni - io dei 'santini' appesi in sezione con le foto di rosa luxemburg, karl liebknecht e jean jaurès, non so che farmene se prima di dover piangere il martirio di comunisti così, non facciamo tutto, tutto, tutto quello che è in nostro potere per impedire l'ecatombe dei popoli per solita mano del capitale! e se il potere non ce l'abbiamo ancora, a maggior ragione non dobbiamo né piangerci addosso né perdere altro tempo inutile. però che il 'monopolio' della sottolineatura che l'epoca in cui viviamo è di fatto un'era di guerra mondiale - benché non dichiarata in modo ortodosso - spetti al capo della chiesa cattolica, e unito ad esso la sacrosanta indignazione e la preoccupazione feroce derivante, dice non solo l'acume politico di bergoglio e del suo staff ristretto, ma soprattutto l'inadempienza nostra di comuniste e comunisti di tutto il mondo occidentale nello svolgere quella che è semplicemente la nostra funzione storica. 'socialism is a global peacekeeping' - ecco quel che dovrebbe essere il nostro mantra. questo volevo dire, a ferragosto fatto. diciotto agosto duemilaquattordici E' TUTTO VOSTRO
due del pomeriggio. fermo ora davanti al teatro valle, 'recuperato' dalle autorità. (starei per dire 'pubbliche', se non fosse che queste autorità di pubblico non hanno nulla in quanto gestiscono poteri per conto di privatissime cordate.) ed è morto, spento. inerte come una qualunque vetrina vuota, sprangata dalla crisi a lisbona, atene, lione, milano, manchester, amburgo, bratislava. ora somiglia in tutto al resto della città di roma, questo quattordici di agosto. somiglia all'italia, di questo quattordici di agosto. somiglia all'occidente privatizzato, precario e agonizzante di questo ennesimo quattordici, di agosto, di una crisi che si vuole infinita. adesso che è stato 'liberato' dalla legge il valle è chiuso, muto e cieco come mai è stato un solo giorno in tre anni e due mesi di occupazione e attività 'illegali'. nemmeno a ferragosto. questo farà forse piacere ai tanatòfili che aspettavano con l'acquolina in bocca lo sgombero vindice e la conformata inedia. non certo a me, che invece amo la vita. ma ora il teatro valle è 'legale', come qualsiasi tavolo di marmo dell'istituto di medicina omonima. ed è tutto vostro, così. il nulla intonacato. enjoy your decadence, if you like it. quattordici agosto duemilaquattordici LUNEDI': GEOGRAFIA
nel senso che cambio appena fuso orario per un po', e stacco anche da qui. :) ci ritroviamo intorno a ferragosto. buon tutto e hasta siempre! quattro agosto duemilaquattordici DOMENICA: PSICOLOGIA
la maggior parte della gente, nello stato di cose presente ci sta da schifo. una minoranza privilegiata, invece, ci sta ben comoda. in quella maggior parte che sta male, chi vuole che lo stato di cose cambi è sano e chi vuole che resti così è alienato. viceversa, nella minoranza privilegiata chi vuole che cambi è alienato e chi vuole che lo stato di cose presente resti così com'è è sano. definendo 'destra' l'orientamento politico che vuole la conservazione e 'sinistra' quello che vuole il cambiamento, abbiamo quindi: i privilegiati di destra e gli sfruttati di sinistra che sono sani, e gli sfruttati di destra e i privilegiati di sinistra che sono alienati. poi c'è un'altra demarcazione rilevante, che riguarda la gente che non solo ha un orientamento politico ma fa anche attivismo politico. la demarcazione è tra chi fa attivismo politico anche per un tornaconto personale e chi lo fa in modo del tutto disinteressato (al netto della gratificazione immateriale, dell'autostima e queste cose qua). applichiamo anche questo parametro allo specchietto di prima, e avremo così otto categorie di persone: a. i privilegiati di destra che vogliono la conservazione dello stato di cose presente in cui stanno bene e che fanno attivismo politico anche per tornaconto personale: questa è la stragrandissima maggioranza della classe dirigente (politica, economica, culturale) del nostro paese e di ogni altro posto degli umani. b. i privilegiati di destra che vogliono la conservazione dello stato di cose presente in cui stanno bene e che fanno attivismo politico in modo del tutto disinteressato: questi sono alcuni ideologi della conservazione che non si spartiscono il bottino supplementare dello sfruttamento - oltre cioè quello oggettivo, strutturale, di classe - e che per pessimismo incoercibile sulla natura umana sono strenuamente contrari alla democrazia sostanziale. c. gli sfruttati di sinistra che vogliono il cambiamento dello stato di cose presente in cui stanno male e che fanno attivismo politico anche per tornaconto personale: questa è la stragrandissima maggioranza del (minoritario) ceto politico, sindacale, culturale, civico e di movimento, alternativo al potere costituito. d. gli sfruttati di sinistra che vogliono il cambiamento dello stato di cose presente in cui stanno male e che fanno attivismo politico in modo del tutto disinteressato: questi sono persone come me - un po' bislacchi: guardati con un tanto di sospettoso stupore da quelli della categoria c., valutati da quelli della categoria b. come l'eccezione che conferma la regola, e teoricamente molto temuti da quelli della categoria a. perché pare non ci sia prezzo per comprarseli (teoricamente - perché poi questi d. non fanno massa per definizione e quindi non spostano i rapporti di forza). e. gli sfruttati di destra che vogliono la conservazione dello stato di cose presente in cui stanno male e che fanno attivismo politico anche per tornaconto personale: questi sono i sicari. f. gli sfruttati di destra che vogliono la conservazione dello stato di cose presente in cui stanno male e che fanno attivismo politico in modo del tutto disinteressato: questi sono gli alienati tra gli alienati. g. i privilegiati di sinistra che vogliono il cambiamento dello stato di cose presente in cui stanno bene e che fanno attivismo politico anche per tornaconto personale: questi hanno sempre sognato di finire sui libri di storia come i buoni, e nel frattempo mettono da parte qualcosa. h. i privilegiati di sinistra che vogliono il cambiamento dello stato di cose presente in cui stanno bene e che fanno attivismo politico in modo del tutto disinteressato: questi sono dei santi - e gli a. li fanno fuori armando la mano degli e., perché i santi piacciono alla gente e lo stato di cose presente a causa di ciò rischia qualcosa. tre agosto duemilaquattordici SABATO: STORIA
e così sua maestà matteo I renzi sarebbe il nuovo? ma mi faccia il piacere! - diceva quello. leggete un po' qua. "riforma della burocrazia; cessione all'industria privata delle imprese industriali dello stato; abolizione degli organi statali superflui; soppressione di sussidi e di favori ai funzionari, alle cooperative e ai magazzini municipali, oggi posti in condizione di privilegio di fronte al commercio privato; semplificazione del sistema di imposte; riduzione delle tasse di successione, sugli affari e in certi casi sul lusso, perché esse giungono a distruggere la famiglia e la proprietà; eliminazione del deficit di bilancio, non aumentando le imposte, ma allargando il quadro dei contribuenti; aumento delle imposte di consumo piuttosto che delle imposte dirette... noi vogliamo spogliare lo stato di tutti i suoi attributi economici: basta con lo stato ferroviere, con lo stato postino, con lo stato assicuratore; basta con lo stato esercente a spese di tutti i contribuenti italiani ed aggravante le esauste finanze dello stato italiano!" e questo è il nuovissimo programma di governo annunciato pubblicamente, appena un mese prima della marcia su roma, da... benito mussolini. bella novità, quella renziana: il dimagrimento dello stato in favore dell'intraprendenza privata! (ultimora, di cui i media non parlano - occupati come sono a magnificare la riduzione dei costi della politica con lo smantellamento del senato della repubblica -: un altro pezzo della cassa depositi e prestiti venduto a investitori privati stranieri! la cassa depositi e prestiti che, al contrario, se si volesse attuare una politica di occupazione e di utilità sociali si dovrebbe semmai ri-pubblicizzare del tutto - come chiedono i partitini della sinistra antagonista e parecchi movimenti e comitati!) quindi sto dicendo che renzi è fascista? e no! ...troppo comodo metterla così, in burla anti-storica. sto dicendo che il fascismo è stato sì violenza e dittatura e razzismo e ciarpame - dal lato di maggiore visibilità e pena per la quotidianità del popolo italiano - ma che dal lato più profondo e strutturale, quello che interessava i poteri dominanti dell'economia e della finanza (i poteri nazionali, che nutrirono lo squadrismo degli albori profumatamente, e quelli internazionali che accolsero la dittatura in italia come un fattore di stabilizzazione antioperaia, antirivoluzionaria, antibolscevica), è stato essenzialmente la potente e feroce contromisura del capitalismo, del mercato, del profitto e della proprietà, avversi tutti all'emancipazione progressiva di una classe lavoratrice e proletaria - cioè praticamente dell'intero popolo italiano dell'epoca - che non già nella rivoluzione ma nella stessa costruzione di uno stato di diritto, in cui l'interesse pubblico contempera almeno i privati privilegi, intravedeva a fatica un orizzonte di equità sociale e di crescita civile. e renzi - cioè il pd dopo la mutazione, cioè il centrosinistra dopo la trasformazione - persegue la stessa strategia di contromisure di allora: fateci caso serenamente. e lo fa sempre nel nome - falso - dello snellimento dell'istituzione pubblica, e sempre nell'interesse - vero - del capitalismo, del mercato, del profitto e della proprietà: cioè della ristrutturazione globale di sistema, che approfitta della crisi più grave di sempre per far diventare politicamente inevitabile ciò che sarebbe inaccettabile socialmente. è nuovo? ma se è un disegno che ha più di novant'anni! anzi - che dico? ne ha molti di più. leggete anche qua, per favore. "questo giornale è lieto che il partito fascista ritorni alle antiche tradizioni liberali, si riabbeveri alla sorgente immacolata di vita dello stato moderno, e augura che esso non degeneri e concorra ad attuare seriamente il programma liberale senza contaminarlo con impuri contatti." questo fu il commento, a quel proclama mussoliniano del settembre 1922, pubblicato dal corriere della sera - firmato direttamente dal suo direttore albertini, senatore liberale, esponente della crème della borghesia, del notabilato italiano, della ricchezza atavica. di quella borghesia industriale che così fugava ogni dubbio sulla bontà del 'cavallo fascista' e ci saliva sopra - come già avevano fatto i padroni agrari sin dall'inizio, giacché le squadracce nere gli facevano il favore di bastonargli i contadini sindacalizzati e bruciargli le case del popolo e le sezioni socialiste in zona, così che potessero taglieggiare sui salari e aumentare gli orari di lavoro a piacimento. quindi il dogma 'privatizzare e precarizzare' che ci sovrasta oggi come un leviatano, anche se ha il sorriso suadente da pentolaro di fiera di matteo renzi, non risale solo al mussolini golpista e coccolato, ma molto più indietro: è il liberismo delle origini, è il 'sistema manchesteriano', è il capitalismo i cui effetti offendevano gli occhi di dickens, e che mossero marx e engels a rendere scientifica la lotta contro di esso. renzi insomma fa la sua parte per rottamare circa centocinquant'anni di storia occidentale. è solo una parte in commedia, la sua, non da protagonista - tantomeno da autore. gli autori sono altrove, e i protagonisti sono dove maggiore è la concentrazione dei poteri - e là certo non si parla italiano, tantomeno fiorentino. però pure il bel paese deve allinearsi - da sempre - per ciò che gli compete da mediopiccola potenza quasi periferica, sì, ma con un bacino di sessanta milioni di donne e uomini che merita attenzione. e merita attenzione soprattutto per la strana tendenza della gente di questo paese - non di tutti quanti, ma abbastanza da preoccupare il potere - a orientarsi e organizzarsi talvolta lungo linee di conflitto e di frattura nei confronti degli interessi dominanti e del privilegio secolare: il biennio rosso, la resistenza, il partito comunista, la cultura anticonformista... quest'azione di riallineamento periodico del grande gregge italico - con le buone o con le cattive - è stata svolta da personaggi assai famosi, portatori di potestà visibili o occulte, ma ritenuti slegati nell'immaginario collettivo: dopo mussolini e la nascita della repubblica toccò al partito unico della democrazia cristiana (nelle sue componenti di destra), poi al pentapartito col psi trasformato e soggiogato da craxi, poi da berlusconi che da un lato compitava il dettato di licio gelli e dall'altro immetteva nello stato massicce dosi di antistato mafioso, e poi - adesso - dall'asso pigliatutto matteo renzi. il bello - perché il potere non lascia niente al caso - è che oggi perfino l'opposizione più eclatante alla cappa renziana, che interpreta gli interessi transnazionali alla privatizzazione di tutto e tutti, è intrinsecamente allineata sulla sua stessa visione del mondo! pensateci: grillo non dice forse le stesse cose che diceva il mascellone nel virgolettato dell'inizio? ...riforma della burocrazia, abbattimento della casta, smantellamento dei carrozzoni statali e parastatali, abolizione degli organi pubblici superflui, ghigliottina sui costi dei funzionari e delle istituzioni, guerra alle cooperative perché tutte corrotte... stiamo messi così, gente mia - cioè male: il governo e l'opposizione in italia cantano e controcantano la stessa canzone. che per di più è tanto vecchia che puzzava di morto già all'inizio del novecento! (e per coprirne il puzzo, il sistema pensò bene di far salire acre il tanfo di veri corpi in decomposizione: i milioni e milioni di morti della grande guerra - cent'anni fa esatti il via.) oggi sono trentaquattro anni dalla strage di bologna. e servì pure quella - eccome! - per normalizzare un paese in cui si muovevano ancora troppe idee e troppe volontà capaci di ostacolare seriamente la guerra del capitale contro il lavoro e contro la democrazia. che tanto pasolini l'avevano già ammazzato. due agosto duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-08-02/136892-sua-maesta-renzi-sarebbe-il-nuovo IL BLOG E IL BRODO
dati di fatto. il 6 agosto l’istat rivedrà la stima di crescita del paese, e tutti danno per scontata una netta sforbiciata: il pil quest’anno segnerà un misero +0.2%, appena un quarto dello 0.8% strombazzato dal governo mesi fa (che poi era già una miseria – strombazzatevi cosa?). le reazioni. renzi, con padoan affianco, ammette che “le cose non stanno andando come si sperava”, che “nonostante gli sforzi per rilanciare i consumi rappresentati dal bonus irpef da €80 euro (ahahah!), la situazione economica in italia e nella ue è meno favorevole di quello che speravamo a inizio anno”, che “la situazione richiede un maggiore sforzo per la crescita e per il consolidamento dei conti pubblici”, che “i dati macroeconomici sono altalenanti”, che “lo spread si è abbassato vistosamente ma non è in grado di risolvere il rapporto debito-pil”, che “c’ho un’esame in ballo… e poi non sono stato molto bene (dicci cos’hai avuto di preciso) …che c’ho le papille gustative interrotte …c’ho il gomito che fa contatto col ginocchio.” considerazioni mie. ma i compagni e gli amici di sel – intendo quelli come si deve, quelli che credono onestamente a un futuro per l’altra europa (ex – lista tsipras) – che dicono? ce l’hanno o no presente che il problema, per i dirigenti del loro partito da quando col congresso di fine gennaio per un pelo sel ha deciso di fare le europee non con una propria lista ma con la lista tsipras, è un problema grosso e del tutto irrisolto? ed è: dentro o fuori dal centrosinistra? ossia: alla corte di re matteo (servo della gleb… del neoliberismo) o invece contro, a preparare gli stati generali e da lì magari alla bastiglia? per i compagni e gli amici di sel quelli come si deve magari sarà chiarissimo, certamente, se stare dentro o fuori. ma mi sa che appunto per questo essi non sono poi così dirigenti. avrete sentito vendola l’altro ieri, e ieri de pretis e fratoianni: ‘lo strappo del pd (sulle riforme) non sarà senza conseguenze’. traduco: se il pd va avanti di testa sua (con l’appoggio della destra) sulle riforme, allora rimettiamo in discussione l’alleanza strategica per le regionali e le locali di primavera. come a dire che se invece il pd concede qualcosa (preferenze, soglie) allora l’alleanza resta intatta. e avrete sentito soprattutto renzi, ieri: se sel non vorrà essere più nostro alleato in futuro, allora ce ne faremo una ragione. come a dire: al netto dell’opposizione parlamentare sulle riforme, io pd ho motivo di considerare sel a tutti gli effetti come un alleato strategico (al pari del psi di nencini e dei tabacciani) nel quadro del centrosinistra, sempre che non sia sel a ‘scartare di lato’ (e ‘cadere a sinistra’ – pensa renzi). quindi è chiaro che il mainstream di sel (quindi dico non la ‘corrente bandoli’, per esempio, che però vedo parecchio marginalizzata e senza la forza politica di compiere un altro miracolo come al congresso, cioè rispostare – per un pelo – il timone del partito su una rotta divergente da quella del centrosinistra) non ha affatto metabolizzato questo pd, questo governo, e il renzismo tutto, come l’avversario. ed è provato così che la paralisi del progetto l’altra europa non dipende tanto dalla mancanza di organizzazione, ma dalla difformità proprio su questo punto tra la componente sel e quelle di rifondazione e della ‘società civile’ (difformità che si butta come sporcizia sotto il tappeto, proprio non dotando il progetto di democrazia interna e incidenza esterna). appelluccio finale. amici e compagni di sel come si deve, prendetevi pure il tempo che volete per rifletterci e confrontarvi tra voi. ma se per voi è chiaro che renzi è l’avversario, ed è con questo spirito che state dando il vostro generoso apporto al progetto l’altra europa, io credo sia il caso anche per voi di considerarne ormai gli evidenti limiti come intrinseci. il mio abbozzo di percorso ‘pace lavoro democrazia’ parte invece su basi ben più rigorose, politicamente, e democratiche, metodologicamente. fateci un pensiero sereno sopra. dite la vostra scrivendo sul blog del progettino, questo http://pacelavorodemocrazia.wordpress.com/ e mettete in agenda magari che in ottobre ci si possa incontrare di persona per combinare qualcosa di concreto. ottobre è ‘domani’? se servirà, d’accordo: allungheremo un poco i tempi. ma non allungheremo il brodo! sennò sarà tutto inutile già in partenza, che di acquetta basta quella che c’è. primo agosto duemilaquattordici LA NOTTE DEI DESIDERI
[riporto alla lettera il comunicato stampa del valle occupato.] Siamo disponibili ad accettare i termini della proposta avanzata dal Teatro di Roma. Siamo disponibili ad indicare la data della nostra uscita dal Teatro Valle per il 10 agosto – La Notte dei Desideri – affinché si abbia il tempo per una serie di incontri con l’Assessorato e il Teatro di Roma per la Convenzione che ci è stata proposta. In particolare ci interessa definire il concetto di Teatro Partecipato. Da due giorni lavoriamo alla definizione di un documento che raccolga alcuni principi fondamentali che costituiranno la nostra proposta per una elaborazione condivisa del Teatro Partecipato, su cui il presidente del Teatro di Roma Marino Sinibaldi – nell’ultima assemblea cittadina – ha dato la disponibilità e manifestato il suo interesse. Siamo disposti ad uscire dal Teatro Valle perché non è nostra intenzione gestire questo teatro. Tre anni di impegno e di resistenza artistica hanno scongiurato la privatizzazione del Teatro Valle e ora vogliamo che i principi che hanno generato questa esperienza rimangano nel dna del nuovo progetto di Teatro Partecipato. Se il Teatro Valle ha ottenuto dall’Assessore alla Cultura e dal Teatro di Roma il riconoscimento del valore artistico, culturale e politico di questa esperienza, ci sono tutti i ragionevoli presupposti per discutere e sottoscrivere insieme i principi ispiratori della futura Convenzione. Crediamo sia necessario impegnarci vicendevolmente nella costruzione di un teatro per la città che sarà unico in Italia e una opportunità di innovazione per tutto il sistema culturale. In attesa di una risposta dalle istituzioni coinvolte, il Teatro Valle resterà aperto alla città, con i laboratori, le performance e gli eventi culturali che erano già stati programmati. Se oggi siamo qui a dirlo . dentro la sala stampa della Camera dei Deputati (ringraziando il gruppo parlamentare di SEL per la disponibilità della sala) – è perché in questi anni al Teatro Valle si è prodotto un percorso di elaborazione giuridica che ha generato un sistema di alleanze forte intorno all’idea e alla pratica dei beni comuni, coinvolgendo anche parte delle istituzioni. La Fondazione Teatro Valle Bene Comune trentun luglio duemilaquattordici EXIT STRATEGY
compagn* del valle e compagn* tutt* che mi leggete qui da roma, leggo con sconforto e rabbia ciò che peraltro conferma quello che si sa e si vede già da un po', e che anche al valle ancora l'altro ieri si diceva ragionando insieme: la finestra si sta chiudendo, e forse addirittura si è già chiusa. quella finestra attraverso la quale noi tutti e tutte (e voi occupanti del valle forse per prim*) pensavamo di poter passare per costruire un'uscita dalla crisi di qualità della vita e dei suoi 'luoghi, di prospettive per il futuro delle persone, di occupazione, di reddito, di consumi, di servizi, la più grave di sempre almeno in italia - esemplificando concretamente che un altro 'modo' (e un altro mondo) è possibile. invece si chiude perché il sistema sta riuscendo a diventare assoluto, unica realtà praticabile - e perfino pensabile -, proprio grazie alla pervasività di un potere tanto più antidemocratico quanto più rassicurante: non c'è più il mafioso nazionale alla guida dei destini della patria, non c'è più neanche l'oggetto alieno della tecnocrazia - ma c'è il giovane riformista, che informa di sé l'intera piramide delle potestà visibili (dal governo alle regioni ai comuni, come roma) perché la palude di quelle invisibili (al grande pubblico) continui a vincere e stravincere la guerra di classe verso il basso, a ristrutturare il capitalismo intero senza dar fiato nemmeno alla più remota delle possibilità antagoniste o solo alternative. come il teatro valle occupato - appunto. precarizzare e privatizzare, il dogma. dare un prezzo a tutto, poiché nulla ha valore - il paradigma. il valle fa scandalo, quindi va ghettizzato - prima - poi chiuso e sterilizzato. infine ri-normalizzato in ossequio all'assolutezza conseguita dal sistema, anche - purtroppo - nel senso comune. compagn*, se intendiamo resistere a oltranza io ci sarò. sabato ho postato su questo stesso piccolo (e inutile) blog le righe seguenti: ULTIMO ATTO? l'eliseo sotto sfratto, l'opera in liquidazione: a roma, capitale della bellezza e dei saperi, la cultura della forma-teatro è evidentemente l'ultima delle priorità di chi la amministra. consiglierei agli artisti, autori e tecnici che fanno vivere eliseo e opera, e che di eliseo e opera vivono, di dare vita a un altro modo di fare teatro e bellezza e sapere, occupandoli e liberandoli - come succede al teatro valle da tre anni di esperimento creativo, democratico e comunardo. glielo consiglierei se non fosse che poi quegli artisti, autori e tecnici dovrebbero guardarsi, prima ancora che da assessori, questurini e poliziotti, da altri artisti, autori e tecnici che fanno scelte diverse di vita e che li impallinerebbero come fanno coi compagni del valle. allora lasciamo tutto così com'è: nessuna accensione di libertà e comunanza per eliseo e opera. e che anche il valle si spenga, come sta per succedere - per volontà dei poteri, perché l'esperimento si estenua se la cittadinanza non lo sostiene, perché i saperi del cuore hanno abbandonato anche le menti di chi fa la bellezza. ma io non ci sto. io col mio piccolo corpo vado - al valle, all'eliseo, al teatro dell'opera - e resisto. il resto è silenzio. e le confermo tutte, compagn*, quelle righe - se così valuterete sia meglio procedere. ma la città non correrà in nostro aiuto - purtroppo. per quella normalizzazione raggiunta nel senso comune, per quel triste conformismo che la scalata al potere visibile da parte del giovane riformista ha come presupposto e insieme conseguenza. allora? allora pensiamo anche a un'altra strada - oltre alla resistenza a oltranza e oltre ai tentativi di interlocuzione, con tanto di piani operativi ragionevolissimi e garanzie di altissimo profilo, che state offrendo alle istituzioni e che però vi sono stati dispoticamente sbattuti in faccia. io non ho idee precise, e non sono nessuno per fare proposte... ma da stamattina ho una visione triste, come tetro è il momento - in generale, e in particolare. triste - però marcata, significativa, di intatta dignità politica, artistica, civile, umana. ed è la visione degli occupanti del valle che prima che arrivi lo sgombero, prendono tutto ciò che ha significato - di materiale e non materiale - aver dato vita a tre anni di occupazione, produzione, elaborazione, socializzazione, se lo caricano sulle spalle, ed escono dal teatro, da quello spazio che il sistema (e tanto, troppo senso comune) vuole invece vuoto di vita vera e pieno di attività fittizia. se lo riprenda, il sistema - che si veda la differenza, d'ora in poi! ne escono e trovano fuori, sulla strada, i soci, gli amici, i compagni, quei fratelli e quelle sorelle che non si sono ancora conformati - e non lo faranno mai. e tutti e tutte insieme ci incamminiamo per il centro della nostra città, con la testa alta e gli sguardi chiari in faccia a chi non ha mai capito (o invece ha capito fin troppo bene). magari cantiamo. magari questo recitativo corale di faber http://www.youtube.com/watch?v=xxo4vClmvrQ magari arriviamo in campo de' fiori, ai piedi del martire per eccellenza del libero pensiero... non lo so, compagn* tutt*. scusatemi - sono proprio sconfortato e arrabbiato. deciderete voi per il meglio. e io ci sarò. un abbraccio. ventinove maggio duemilaquattordici ULTIMO ATTO?
l'eliseo sotto sfratto, l'opera in liquidazione: a roma, capitale della bellezza e dei saperi, la cultura della forma-teatro è evidentemente l'ultima delle priorità di chi la amministra. consiglierei agli artisti, autori e tecnici che fanno vivere eliseo e opera, e che di eliseo e opera vivono, di dare vita a un altro modo di fare teatro e bellezza e sapere, occupandoli e liberandoli - come succede al teatro valle da tre anni di esperimento creativo, democratico e comunardo. glielo consiglierei se non fosse che poi quegli artisti, autori e tecnici dovrebbero guardarsi, prima ancora che da assessori, questurini e poliziotti, da altri artisti, autori e tecnici che fanno scelte diverse di vita e che li impallinerebbero come fanno coi compagni del valle. allora lasciamo tutto così com'è: nessuna accensione di libertà e comunanza per eliseo e opera. e che anche il valle si spenga, come sta per succedere - per volontà dei poteri, perché l'esperimento si estenua se la cittadinanza non lo sostiene, perché i saperi del cuore hanno abbandonato anche le menti di chi fa la bellezza. ma io non ci sto. io col mio piccolo corpo vado - al valle, all'eliseo, al teatro dell'opera - e resisto. e il resto è silenzio. ventisei luglio duemilaquattordici RADIAZIONI
ma questo è il mio paese? questa sei, gente mia? da tutte le televisioni, tutti i giorni, ogni ora - il passaggio della concordia sul mare, e tutti col naso in su come fosse il rex e noi i personaggi di amarcord sgranati gli occhi. ne fanno una festa, una parata - ed è stato la morte di trentatre persone, che si affidavano come tutti i viaggiatori alla perizia del trasporto. piume di pavone su una bara. eccola, l'italia. godard, nel nuovo mondo - secondo episodio di rogopag -, dice che c'è stata un'esplosione sotterranea, che la città sembra uguale ma invece è tutto cambiato, che non c'è più né logica né ragione nei comportamenti, nelle parole, nei pensieri di tutti. rimane solo un intellettuale misteriosamente scampato alla mutazione, che afferma che senza ragione né logica finisce anche la libertà umana. godard lo dice nel '63. e a voi, dopo mezzo secolo, sono riusciti a far credere che si è più liberi senza - la logica. sragionate. l'esplosione c'è stata, ma non sottoterra. le radiazioni vengono da quegli schermi - tutti i giorni, ogni ora. dal 2007 a oggi nel sud d'italia il pil è crollato di 47.7 miliardi, si contano 32.000 imprese in meno e oltre 600.000 i posti di lavoro persi. 114.000 persone sono in cassa integrazione, ma soprattutto 2 giovani meridionali su 3 sono disoccupati: il 66%. nel sud d'italia, dove vivono 20.000.000 dei 60.000.000 di cittadini italiani. è una priorità? no. il governo, il capo dello stato e i presidenti dei due rami faranno fare le ore piccole in pieno agosto ai parlamentari per la riforma del senato. e l'opposizione parlamentare urla ai quattro venti in che modo dare lavoro al sud e al resto del paese? no, non può. perché l'opposizione - sel, 5stelle e lega - ha idee diversissime al proprio interno sull'occupazione e il reddito. ammesso che ne abbia. quell'opposizione passeggia, da un palazzo all'altro del potere. c'è un'altra opposizione nel paese? (rispondete solo se siete sicuri e conseguenti, per favore.) ventiquattro luglio duemilaquattordici LA NUOVA PROPOSTA
la malattia della repubblica italiana è talmente grave, ed è da così tanto che è malata, che si è ammalata anche la sinistra – invece di esserne la cura. ciò che si tenta qui è la somministrazione della medicina all’una, e di conseguenza all’altra. a chi mi rivolgo? in generale, mi rivolgo a tutta quella gente di sinistra che mossa solo da buona volontà e retto pensiero – e quindi per definizione lontana anni-luce dai tatticismi di chi dice di combattere renzi e il renzismo, ma ben dentro il suo partito (civati, diciamo), di combattere questo governo e le sue politiche, ma ben pronto a intavolarci un dialogo alla bisogna (vendola, diciamo), di combattere il palazzo e la casta, ma ben lieto di esser diventato casta e palazzo a sua volta (grillo, diciamo) – ebbene, a tutta quella gente che non ha smesso di credere che un altro paese è possibile, che da questa crisi infame si può uscire ‘da sinistra’, che la via d’uscita è politica e ‘secondo costituzione’ e non rinunciataria o ribellista. per esemplificare ancora: mi rivolgo a quelli che si avvicinerebbero al progetto ‘l’altra europa’ (già lista tsipras) – o non se sarebbero allontanati – se esso non si precludesse di diventare un soggetto politico vero e proprio, e non solo un ex-brand elettorale o l’ennesimo ‘pensatoio’ della sinistra; ai compagni dei (piccoli) partiti della sinistra-sinistra – rifondazione comunista in testa – che non temono di uscire da qualche ‘ortodossia’ se provano a costruire qualcosa a sinistra anche oltre ciò che hanno immaginato le rispettive dirigenze politiche; ai cittadini attivi, e parecchio, nelle tante realtà del conflitto, della rivendicazione, delle vertenze, della resistenza – ma che si sono resi conto che senza uno strumento efficace per la connessione di tutte queste lotte, esse sviluppano meno della metà della loro forza. alle cittadine e ai cittadini, alle lavoratrici e ai lavoratori, alle compagne e ai compagni, alle sorelle e ai fratelli nati in questo paese o in qualsiasi altra parte del mondo, a noi che abbiamo tutte e tutti limpido il valore della vita, del retaggio del tempo trascorso, della responsabilità verso quello a venire – dico: che tutto ciò non sia solo ricordo e museo, ma coscienza e rivoluzione; la crisi ci ferirà ancora, il potere proverà ancora a dividerci, la stanchezza si farà sentire, la paura e la rabbia ci mal consiglieranno, ma noi abbiamo la chiarezza e la forza di tre parole che la storia di classe e la storia dell’umanità intera ci consegnano in modo esemplare. teniamole sempre con noi, misuriamo con esse le idee che ci circoleranno intorno e quelle che in noi sorgeranno. con esse forgiamo le nostre azioni. le parole sono: democrazia, lavoro, pace. inderogabili, non voltiamo loro le spalle – la nostra teoria e le nostre prassi siano salde su questi tre pilastri. e io chi sono? solo uno che scrive quello che pensa, quello che vede, quello in cui crede. ma pure - chi mi conosce lo sa – uno che se se ne danno le condizioni anche minime, dopo aver visto e pensato e scritto, fa. http://pacelavorodemocrazia.wordpress.com ventidue luglio duemilaquattordici FIGLI E PADRONCINI
questione piccola, se vogliamo, ma capace di suscitare fastidio e polemiche - ed è ben per questo che la pongo qui. detto e ridetto: in italia - come in altri paesi europei - al welfare di stato si va sostituendo, si è sostituito il welfare familiare. nel senso che se non ci fosse qualcosa messo da parte da genitori e nonni, a sostenere figli e nipoti disoccupati, precari o precarizzati, non solo gli indici di povertà reale schizzerebbero dall'alto all'altissimo, ma addirittura - secondo me - aumenterebbe sensibilmente il tasso di suicidi nel nostro paese triste, e tristo. quindi: grazie nonni e grazie genitori! grazie a tutti quanti? no. infatti, anche in questa partita entra in gioco la linea di demarcazione di classe - pure se in funzione non del tutto prevedibile. ossia, l'imprevedibilità consiste in questo: che non per forza i genitori e i nonni che lavorano - o, più spesso: lavorarono - dietro più alti profitti sono poi quelli che più sostengono i figli e i nipoti bisognosi. vuoi perché se a suo tempo imprenditori grandi e medi, ora sono semplicemente in un'altra parte del mondo a godersela senza più molti contatti con la madrepatria; vuoi perché se piccoli e piccolissimi imprenditori o commercianti di vario taglio e settore, avendo nella vita lavorativa giocato al ribasso per sgomitare con la concorrenza e quindi messo via il minimo per una terza età appena dorata, ora la discendenza loro deve far da sé potendo solo far tesoro dell'esempio (non già della solidarietà concreta); vuoi infine perché se professionisti di ogni disciplina, o imprenditori di se stessi o comunque partite iva (quando regolarmente aperte, perché pure quella è una specie di confessione dinanzi al fisco - vero lupo mannaro per tutta questa gente), ora stanno messi anche peggio dei dipendenti pubblici o privati che volenti o nolenti invece una pensione se la sono costruita magari con meno lustrini in gioventù, e quindi che figlio o nipote vuoi aiutare... ecco dunque che anche in questo - come un'onda lunga di antiche scelte o attitudini o abitudini o occasioni - in questo che è il destino presente e vivo di almeno un paio di generazioni di giovani e quasi-giovani cittadini italiani, a far la differenza è da che parte si è stati rispetto alla fatidica linea divisoria: padroni e no. chi no, chi non fu padrone, sotto padrone lavorava - padrone privato o padrone l'amministrazione pubblica. nel secondo caso i contributi versati con certezza e sempre, nel primo caso in base a coscienza e dignità di entrambi, e sempre al rapporto di forza reciproco che un contratto sanciva. due stili diversi, due diversi modi di esser cittadini - padroni e no. scelte, l'una o l'altra, imposte dall'esterno? io non lo credo per la maggior parte dei casi. non lo credo più. come che sia, il risultato eccolo. il welfare familiare è il conforto nello stato assente - reso assente da precise scelte dei governi degli ultimi vent'anni, indirizzati dagli interessi padronali dell'economia e della finanza. ma del welfare familiare - come si è detto - godono solo quelli i cui genitori e nonni padroni non furono mai. gli altri non possono che appendersi a quel poco che resta di welfare sociale - casse integrazioni, benefit di sostegno, sgravi - il quale, paradosso (!), sopravvive ancora e sempre dei contributi di quei genitori e nonni vissuti da dipendenti, costretti a far quadrare i conti, pagatori di tasse tutte fino all'ultimo, estranei intrinsecamente a qualunque corruzione, collusione, connivenza, sommersione e distrazione di profitti, trasferimenti di valori in qualche altrove defiscalizzato. morale: il padrone - di qualunque ampiezza e razza - ci ha derubato due volte, il passato e il presente. e ora ereditiamo i suoi figli e i suoi nipoti, per il presente e per il futuro! ma ci conosce: sa che ce ne prenderemo cura da buoni cittadini di uno stato che esso stesso padronato piccolo o grande smantella, tramite la propria classe politica di riferimento ventennale, per meglio pensare sempre e solo ai cazzi suoi. lo facciamo da cittadini, prima ancora che da compagni - ma perché siamo compagni. però, che fegato grosso. poi dici che non vuoi la rivoluzione! venti luglio duemilaquattordici A NOSTRA (?) INSAPUTA
ruby era minorenne, ma lui non lo sapeva. assolto, con tante scuse. punto. fine, non se ne parli più. e non si parli più delle notti di arcore, di quelle a palazzo grazioli a roma, delle notti e dei giorni in costa smeralda, delle ville e dei castelli un po' dappertutto sempre attrezzati per contentare le smanie del satrapo, dei suoi ospiti. non si parli più del piccolo esercito di strumenti umani selezionati e pagati per il piacere lecito e illecito di satiri e mandrucone. dei viaggi di stato paravento per mignotte, sadici argenté e droga a sassi. di una salò pasoliniana, sì molto meno violenta ma quanto più farsesca e imbarazzante, che ha occupato e infettato per anni e anni i luoghi in cui si decide il destino di milioni di cittadine e cittadini normali - che se solo sapessero che la loro perenne via crucis per arrivare a fine mese, è burla e sghignazzo in bocca a quelli che in pubblico giurano moralità sui figli e in privato si cavano ogni sfizio più sordido, allora forse sì sarebbe rivoluzione o almeno jaquerie... ma non se ne parli più, invece. la finestra sulla verità si chiuda. per sempre. perché ora il sistema ha bisogno di tutte le risorse disponibili. tutte quante, pure le più impresentabili. perché la crisi non passerà. perché le stime già basse del governo sono smentite al ribasso dall'istat che poi è smentito al ribasso a sua volta dall'fmi, perché i saldi non li compra nessuno, perché gli 80 euro chi mai li ha visti, come acqua tra le dita di una mano, perché l'esercito di riserva della disoccupazione non sarà mai più arruolato, nemmeno dal capitalismo più turbo della storia. e quindi ora, e in avanti, serve ogni pifferaio buono a suonare e radunare consenso, a distrarre e parlar d'altro - e quello, l'assolto, è maestro conclamato dell'arte sua. tanto che questo, il premier di successo in carica, l'ha studiato e incontrato spesso, il vecchio, e si sono coordinati e reciprocamente rassicurati: che tutto cambi perché nulla cambi davvero - è storia vecchia nel mio paese, da prima che nascesse come stato addirittura! la pax renziana - ha già ben scritto qualcuno - ha i suoi prezzi. e la sentenza di ieri non è altro che un costo di quelli. ora avanti tutta con lo smantellamento di ciò che resta della repubblica e della costituzione - anche questo s'è detto, ed è vero. perché sparisca dalla scena anche solo il rischio remoto che lavoratori, precari, cittadini organizzati possano far leva sulle sante prescrizioni della civiltà contemporanea - messe nere su bianco dai padri costituzionali, e poi da chi ne dedusse lo statuto dei lavoratori, i diritti sociali ed economici, le conquiste politiche e civili - far leva su quello che ad oggi è certezza, ma domani non più e chissà per quanto, per resistere a questa guerra di classe infame dall'alto verso il basso, del privilegio di pochi e della disonestà dei loro accoliti contro la quotidiana fatica di vivere secondo legge e coscienza, e mutua solidarietà perfino, di tanta gente afflitta. una colpa però sì, gente mia - vittima sacrificale sull'altare della reazione neoliberista al progressismo novecentesco - una colpa ce l'hai. tutto questo si vedeva. noi di sinistra, compagne e compagni - ci aspetta una guerra di posizione, lunga e difficile, non di movimento. e io prego tutti i nostri spiriti laicamente tutelari di darci la forza e l'intelligenza per combatterla meglio che si possa, che se ci non aiutano loro - anche noi (a nostra insaputa?) siamo bravissimi a rovinarci con le nostre stesse mani. p.s.: tra quei grandi spiriti ci sei anche tu, Paolo - trucidato oggi ventidue anni fa, insieme a Emanuela Vincenzo Walter Claudio. forse nemmeno di sinistra, ma non importa: desti la vita, e ti si condannò a morte, per aver tagliato teste di quell'idra che ancora ieri, assolta, ne ha rialzata un'altra delle sue. diciannove luglio duemilaquattordici IL SONNO DELLA RAGIONE
duecentoquarantotto morti nella striscia di gaza negli ultimi dieci giorni. duecentonovantotto morti in un solo istante nel cielo tra russia e ucraina. quasi tutti palestinesi, alcuni israeliani - gli assassinati a gaza, dove inizia in queste ore anche l'invasione a terra. più della metà olandesi, diversi australiani, statunitensi, malesi, a altre nazionalità ancora - gli ignari assassinati in volo. quando mi torna il fiato - dopo che mi si strozza in petto al solo pensiero (le immagini neanche servono) di tutta quella vita distrutta, di tutto questo dolore - ciò che riesco appena a mormorare è: "così comincia". chi ha il potere sul mondo - su un mondo costruito nei decenni affinché fosse docile a un dato tipo di potere, ai disegni di una data classe di esseri umani - prende atto che la crisi strutturale che esso stesso tipo di potere (essa stessa classe umana dominante) ha generato inevitabilmente e che si abbatte da anni sulla generalità degli umani, non ha soluzioni nelle ordinarie dinamiche della storia di controllo, consenso, distrazione e repressione, che costituisce la quotidianità del capitalismo mondiale. quindi è il momento delle misure straordinarie. il controllo col terrore mirato o indiscriminato che sia. il consenso e la distrazione dei nazionalismi contrapposti. la repressione su scala globale tramite i conflitti armati. e succeda quel che succederà. ciò che per noi, donne e uomini di buona volontà e retto pensiero, è 'orrore' - i mostri che genera quel sonno -, per chi si arroga il privilegio sul destino dell'umanità e del pianeta stesso, invece è 'affari'. e i mostri entrano in gioco appunto quando il bestiario abituale - il mercato, il profitto, la proprietà - non basta più a conservare lo stato di cose presente. la guerra è la continuazione del capitalismo con altri mezzi. l'unica possibilità di un'interposizione globale di pace è uscirne - dal capitalismo. ma se ne parlerà semmai dopo la fine della prossima grande guerra. tra chi sarà sopravvissuto. diciotto luglio duemilaquattordici LO SCANDALO
che poi il problema - lo scandalo - sta tutto qua: che a un certo punto gli uomini-uomo si sono visti mettere in discussione dagli uomini-strumento. per intenderci: gli uomini-uomo sono quelli che vivono da uomini, e sono una ristrettissima minoranza, gli uomini-strumento sono quelli (moltissimi, quasi tutta l'umanità storica e presente) che gli uomini-uomo condannano al livello di mera sopravvivenza o poco più, affinché essi uomini-uomo ne traggano le possibilità materiali per vivere come uomini appunto. essi soli, e tanto peggio per gli altri dicevo: ...mettere in discussione dagli uomini-strumento, i quali non è che abbiano messo in discussione niente e nessuno per il puro gusto teoretico di farlo, ma hanno solo cominciato a premere (esistenzialmente, cioè col proprio dolore cosciente e con la propria forza stracciona) alle mura della cittadella fortificata degli uomini-uomo, battendo con l'ariete del più semplice 'noi non siamo diversi da voi'. il quale ariete, aggiungo, neanche è stato concepito dalla gran massa degli uomini-strumento, inevitabilmente abbrutiti, ma da qualcuno degli uomini-uomo medesimi, illuminato da una qualche sensibilità intellettiva che gli rendeva insopportabile vedere così tanti uomini (-strumento) torturati nel destino di cani, somari, sementi, utensili o pietre, a tutto vantaggio degli uomini-uomo. questo scandalo lo manifestò, per esempio, gesù cristo. che gli uomini siano (invece) tutti uguali, è la sua bestemmia contro l'ordine costituito multimillenario. la sanzione fu la croce, la sanzione contro di lui. ma la sanzione contro la bestemmia fu il suo depotenziamento, il travisamento sistematico: gli uomini-uomo, appropriatisi come élite (come chiesa, come stato, come senso comune, come burocrazia e potere) di quelle parole scandalose, dissero (e dicono) agli innumerevoli uomini-strumento che gli uomini saranno forse sì tutti uguali, ma nel non-luogo dell'eternità. non certo qui e ora, dove tutto deve (invece) restare com'è - al netto di qualche procedura consolatoria. che poi il problema lo sollevasse un ebreo, come gesù cristo, è logico: già nel millennio precedente, gli ebrei si erano distinti rispetto alla norma (che sanciva da una parte l'esigua minoranza degli uomini-uomo nella cittadella dei privilegi assoluti, dall'altra l'enorme maggioranza degli uomini-strumento nel deserto dello sfruttamento assoluto). essi infatti avevano immaginato che ci fosse un dio - e che loro fossero la sua gente - rispetto al quale valeva non quell’abietta norma non scritta, bensì una serie di regole scritte per ridurre al minimo la differenza tra uomini-uomo e uomini-strumento: almeno tra loro, ‘popolo eletto’, e almeno in un luogo determinato, la 'terra promessa’. (d'accordo: oltre a queste regole basiche e rivoluzionarie si erano poi inventati un sacco di altre prescrizioni varie - rituali, quasi superstiziose, e di autodifesa. ma un popolo - lo sappiamo - lo tieni insieme solo così.) che poi questo scandalo degli ebrei (degli ebrei come fatto nuovo nell'autocoscienza dell'umanità; non come stato moderno di israele, che viola i diritti umani in palestina, né come uomini-uomo di confessione israelita, singoli o intruppati in lobby potenti, comunque insediatissimi all'interno delle mura del privilegio: altri contesti di analisi) - degli ebrei, dicevo, che rifiutano tendenzialmente lo schiavismo degli uomini-uomo sugli uomini-strumento, ebbene gliel’hanno fatto pagare per tutta la loro storia: dalla diaspora all’olocausto. ma tornando al punto - e per finire. una volta pronunciata la bestemmia (‘noi non siamo diversi da voi’), e riscontrata ancora una volta la nessunissima disponibilità degli uomini-uomo a smantellare, da dentro, le mura della cittadella dei loro privilegi per condividere un destino che fosse umano-e-basta anche con gli uomini-strumento (d’altronde - voi che leggete qui e ora, condividereste il vostro destino con dei cani, dei somari, delle sementi, degli utensili, delle pietre?), il problema dunque divenne: come abbatterle da fuori, per arrivare coi volenti e coi nolenti a un ordine nuovo umano-e-basta. e la risposta ad oggi più circostanziata a questo problema, secondo me, è stata data da karl marx e seguaci. perché credo questo? per esempio perché constato la spietatezza con cui gli uomini-uomo hanno difeso e difendono i propri privilegi dall'insidia teorica e pratica che gli arriva proprio dal socialismo (la creatura di marx per eccellenza), spietatezza che somiglia troppo alle sanzioni inflitte a suo tempo allo scandalo dell'egualitarismo di gesù cristo e, nel tempo, allo scandalo del non-schiavismo degli ebrei - spietatezza che si è manifestata e si manifesta in tutto ciò che storicamente la cittadella dei nostri secoli recenti, che si chiama capitalismo, escogita e attua per tentar di bruciare perfino le radici di ogni speranza e pratica antagonista (comunista, anarchica, altermondista...) al proprio ordine: finanche col fascismo, con la guerra, con lo stupro dell'intelligenza su scala di massa. insomma, la cittadella è ancora in piedi. scossa, ma solida - trincerata, armatissima, blindata. e la battaglia è in pieno svolgimento - anche se cambia forma, mezzi e fortune: da un lustro all’altro, perfino, e certo da una latitudine all’altra. a noi quindi, a ciascuno di noi, spetta di capire da che parte si sta, oggettivamente, rispetto alle mura. dunque, scegliere la propria battaglia. e poi avere il cuore, la mente e la voce per combatterla davvero. p.s.: all'inizio di questo mese ha ricevuto anche il crisma di un premio importante - come spesso succede ai lavori fintamente anticonformisti e realmente banali, in questo paese senza intelletto né anima - il volumetto già di contagioso successo "il desiderio di essere come tutti", di piccolo. invece io ho oggi ho comprato un libricino di cui non parla quasi nessuno: "il comunismo spiegato ai bambini capitalisti (e a tutti quelli che lo vogliono conoscere)", di gérard thomas per clichy. ne parla però libération, così: 'non siete comunisti? lo diventerete. siete comunisti? questo libro vi renderà le persone più felici del mondo. avete dei figli? leggetegli questo gioiello e ne farete delle persone migliori.' e questo il risvolto di copertina: 'i bambini capitalisti quando nascono sono dei bambini uguali a tutti gli altri. non sono ancora dei bambini capitalisti. e non lo sono nemmeno nei primissimi anni della loro vita. poi a un certo punto succede qualcosa nella loro testa e invece di continuare a essere dei bambini uguali a tutti gli altri diventano dei bambini capitalisti.' capite? qui si descrive un quadro totalmente capovolto rispetto a quello del romanzetto di italico successo: là 'tutti' sono i non-comunisti, e il percorso del protagonista (autobiografico) è l'abiura dell'iniziale comunismo 'di famiglia' per l'omologazione post-ideologica, qui - correttamente da ogni punto di vista - si dice che 'tutti' sono comunisti per nascita, e tantissimi lo restano, i non-privilegiati, la stragrande maggioranza della specie umana come dicevo prima, e che alcuni invece poi diventano 'un'altra cosa', ossia l'élite, ossia gli sfruttatori di tutti gli altri. ma al paese in cui vivo questa canzone sacrosanta non può che sembrare stonata, se non muta addirittura: è da troppo tempo in corso una riuscitissima opera di de-costruzione del sentimento comune e individuale. proprio ora, i primi cinque minuti interi - un'eternità, televisivamente - del tg rainews delle 17 sono stati dedicati esclusivamente al 'trionfo' della rimessa a galla della costa concordia nelle acque dell'isola del giglio: il conformismo al governo si punta la medaglia al petto, e dopo il naufragio della vecchia classe politica questa 'nuova' tornerà a farci andare col vento in poppa. la tragedia della metro di mosca con decine di morti, lo sfumare delle possibilità di tregua a gaza - tutto questo per il tg non ha diritto di esser raccontato al mio paese. e questo è uno scandalo. ma nel senso consolidato e deteriore del termine, totalmente. quindici luglio duemilaquattordici VASO DI COCCIO
la "soggettività politica in fieri" nota come 'l'altra europa' ha due appuntamenti importanti la settimana prossima: il presidio democratico davanti al senato martedì e l'assemblea nazionale sabato a roma. solo che non sono più "suoi" appuntamenti. infatti: martedì si affianca all'altra europa il movimento 5 stelle che intende manifestare in piazza il proprio dissenso rispetto alle riforme governative (nuovo senato, nuova legge elettorale), e sabato l'assemblea nazionale sarà "sussunta" da sel che avrà l'onore di ospitare alla propria festa cittadina alexis tsipras in persona che viene a roma per salutare i lavori assembleari. c'è di male? c'è di male. c'è di male a due livelli. il primo livello consiste nel fatto che se davanti al senato c'è l'altra europa e basta, è possibile (non certo, ma possibile) che ci siano tre giornalisti e una telecamera che chiederanno ai compagni perché stanno lì, mentre se ci sono l'altra europa e i grillini (di maio sicuro, grillo in forse) è certo che dieci giornalisti e tre telecamere saranno tutti e solo per i grillini, non bastasse lo spaziotempo che si prendono già in lungo e in largo nel mainstream; allo stesso modo, se tsipras viene a roma per l'assemblea dell'altra europa e basta è possibile (non certo, ma possibile) che l'assemblea stessa sarà "coperta" da tre giornalisti e una telecamera a beneficio della conoscenza della "soggettività politica in fieri" da parte della gente, mentre se sel invita tsipras sul proprio palco il giorno prima allora è certo che dieci giornalisti e tre telecamere daranno conto delle strette di mano tra tsipras e vendola, ma il giorno dopo all'assemblea non vedrai manco un taccuino. e il secondo livello è pure peggio. perché consiste nella constatazione che non puoi nemmeno rallegrarti del fatto che, sì, il "mediatico" sarà a vantaggio di grillo e vendola e non dell'altra europa ma almeno e comunque i contenuti "passeranno" chiunque li rappresenti dinanzi a stampa e tv; poiché invece no, non passerà alcun contenuto ma davvero soltanto i "contenitori" - 5stelle e sel, appunto - avranno la ribalta, i quali contenitori dei contenuti faranno carne di porco come si sa già: grillo sbraita in piazza ma poi ha una trattativa ben avviata con renzi sulle riforme che i compagni vorrebbero contestare col povero presidio di martedì, e vendola abbraccia tsipras a casa propria ma poi da settembre ha già pronto il rientro nei ranghi del centrosinistra con la falsa promessa di spostarne l'asse dal centro a sinistra. e i compagni dell'altra europa lo sanno tutto questo? chi li guida sì, ed è in malafede: mantenere il progetto allo stadio di vaso di coccio tra vasi di ferro è il compito che gli è stato chiesto di svolgere. la base no, o non lo so. ma so - per esperienza diretta - che finché ci stai in mezzo, tante sono le cose da fare e così pochi i mezzi per farle, che troppe risposte non riesci a dartele; così che non ti fai manco più le domande che invece occorre porsi. peccato. tredici luglio duemilaquattordici A MARTELLO (E FALCE)
compagni perdonatemi: forse - credo... sicuramente - mi ripeto. ma se non vogliamo essere elitari e meramente testimoniali, o eco sbiadita di proposte già in campo di altri con più voce di noi, allora dobbiamo dire ai milioni di cittadini italiani che subiscono gli effetti della crisi cose che essi capiscono im-mediatamente, anziché mediatamente tramite un ragionamento politico (le alleanze) o politologico (la forma-partito) o politico-istituzionale (le grandi riforme) o civicopolitico (i nuovi diritti) o politico-giudiziario (la corruzione) o storico-politico (la palestina) o politico-finanziario (il ttip) o geopolitico (l'ucraina). e le cose che gli italiani a milioni capiscono immediatamente, perché le scontano in modo basico e diretto sulla propria pelle, sono (e a lungo saranno): il lavoro, cioè il reddito. compagni, noi dobbiamo essere radicali e popolari e diversi da tutti gli altri (che hanno più voce di noi) dicendo ciò che vogliamo in ordine al lavoro e al reddito. punto. e dobbiamo dirlo a martello con tutta la voce che abbiamo, e sperare che almeno così - col massimo delle nostre (poche) risorse - ciò che diciamo superi la soglia dell'indifferenza e non si confonda con tutte le altre voci che parlano agli italiani. sperarlo, almeno. e ciò che dobbiamo dire è: pretendiamo la piena occupazione e il reddito minimo garantito. punto esclamativo. ovviamente dobbiamo aggiungere alla dichiarazione di ciò che vogliamo, anche la misura per ottenerlo. altrimenti la nostra non è una proposta politica, ma la lettera a babbo natale. la misura per ottenerlo, quella che abbiamo il diritto di rivendicare per la nostra storia e la nostra coerenza ideologica. la misura che nessun altro propone, e che pertanto ci distingue e - speriamo - arriva all'attenzione pubblica. eccola: noi non chiediamo l'occupazione e il reddito agli imprenditori e al mercato, cioè non chiediamo alle banche di aprire il credito all'impresa perché dia lavoro, cioè non chiediamo allo stato né all'unione europea di dare (altri) soldi alle banche private perché aprano credito all'impresa perché sul mercato dia lavoro e reddito, cioè non chiediamo a investitori e fondi di prestare soldi agli stati (comprandoseli, privatizzandoli) perché diano risorse al sistema bancario perché apra conti agli imprenditori perché diano occupazione e retribuzione secondo logiche di puro mercato. noi, compagni, non chiediamo tutto questo perché non è questo il nostro mestiere di compagni! misure così le chiede già qualcun altro, e sono annunciate progettate applicate, ma la crisi non accenna a finire. anzi aumentano il precariato e la recessione anzi aumenta la stretta sui consumi anzi aumenta il ricatto di banche e finanza anzi aumenta il potere della tecnocrazia a-democratica anzi aumenta la distruzione di ambiente e saperi anzi aumenta la minaccia alla pace. noi, compagni, è dallo stato italiano - in tutte le sue articolazioni - che vogliamo la piena occupazione e il reddito minimo garantito. im-mediatamente. dallo stato, cioè dalla collettività fattasi soggetto giuridico, politico, storico. cioè da noi, il popolo - per noi stessi, tutti. pianifichi, per conto della collettività. gestisca, per conto della collettività. produca, per conto della collettività. distribuisca, per conto della collettività. cioè: impieghi - lo stato, con tutto ciò che è pubblico e comune, dia lavoro non precario. quello su cui è fondata la repubblica secondo costituzione. e cioè: crei reddito, e reddito mai inferiore al livello costituzionalmente previsto per la libertà economica e la dignità del lavoratore e della sua famiglia. noi questo vogliamo. questa è la nostra proposta politica, adesso e finché c'è la crisi. punto. compagni. tutto il resto da dire - e ce n'è - però viene dopo. le alleanze la forma-partito le grandi riforme i nuovi diritti la corruzione la palestina il ttip l'ucraina - è in più. ora noi non abbiamo tanta voce, e nemmeno tanto tempo. cominciamo da questo, che è il nostro primo mestiere. il solo che sia solo nostro. piena occupazione e reddito minimo garantito, dallo stato: a martello, con tutta la forza che abbiamo. a falce e martello, mi viene di dire. nove luglio duemilaquattordici NUMERI
idee, persone, circostanze. le cose degli umani succedono - succedono bene o succedono male - o non succedono (affatto) sempre per una varia composizione di questi soli tre fattori. quindi, se l'idea è buona - e le persone pure - ma lo stesso la cosa non succede o succede male, allora aspetta o crea (se puoi) o spostati in (con idee e persone al seguito) circostanze differenti. però, sempre, coltiva anche l'ipotesi che l'ostacolo siano proprio le persone. e tu per primo. il mondo si divide, oltre che lungo tutte le altre linee di demarcazione, in risentiti e no. e pure i risentiti sono creaturedidio, ci mancherebbe. solo che un risentito e un no non dovrebbero mai fare niente insieme, non se ne cava niente di buono. quindi: risentiti coi risentiti, e no coi no. parlo di risentiti, non di antagonisti o di resistenti. che è tutta un'altra cosa. è morto robespierre. non è morto oggi, ma tipo duecentoventi anni fa meno venti giorni. però è morto ora, a pagina 556 del gran romanzo dei wu ming 'l'armata dei sonnambuli', che leggo invece di pranzare. e ora a me mi rode il culo. perché con la morte di robespierre - e saint-just - dopo che marat l'avevano già ammazzato, finisce la rivoluzione francese anche pauperista e proto-socialista e va avanti solo quella borghese, proprietaria e alla fine pure imperialista. lo so benissimo che non poteva che andare così, che il socialismo non aveva nessuna possibilità nemmeno di sperimentarsi se prima non si impiantava il modello capitalista borghese, che infatti dovremo aspettare tre quarti di secolo da allora per la comune di parigi e poi altri quasi cinquant'anni per la presa del palazzo d'inverno a pietrogrado, che il trionfo delle borghesie nazionali e del loro stesso modello mondiale nei due secoli successivi a quella decapitazione ha portato anche qualche vantaggio all'umanità e non solo disastri, che se invece con un atto tutto volontaristico e anacronistico si fosse forzata la creazione della repubblica platonica già allora prima del dispiegarsi storico della forza produttiva e simbolica delle classi e della società, e quindi prima che nascessero al suo interno la classe cosciente di sé per definizione e le condizioni oggettive per il superamento di quella stessa forza, forse saremmo addirittura tornati al medioevo - lo so benissimo. però lo stesso, ora che robespierre mi è morto davanti agli occhi, mi rode il culo. vabbè? oggi, decadì della decade II nel mese di messidoro dell'anno 222 della repubblica. io sono nato nel 172, in piovoso, nel tridì della III. pensavo. che già tifare attivamente per gli ultimi della terra (ultimi socioeconomicamente, ultimi storicamente, ultimi di genere) equivale ad abbonarsi alle partite della peggio squadra cuscinetto del campionato. e che se poi a un certo punto ti metti pure a essere animalista empatico e conseguente, allora vuol dire che tutte le partite te le vuoi vedere nel bel mezzo degli hooligan avversari. infine che se oltre tutto questo sei anche ateo e razionalista, cioè senza sconti e illusioni, è come se sapessi che tutti i campionati finché campi te li vedrai in mezzo a quei mostri che ti vogliono fare la festa mentre la tua squadretta le prende di santa ragione pure se davanti gli mettono riserve e primavera. ma almeno ti giochi contro al picchetto, per alzarci qualche euro facile? no. perché sei anche autisticamente onesto. da matti, no? eppure c'è gente così, sapete? e paradossalmente è contenta! che gente. si trovano, si riconoscono, stanno insieme. e cantano pure! otto luglio duemilaquattordici A VALLE DELLA POLITICA
quelli che il rispetto della legge prima di tutto. quelli che se non rispetti la legge non sei di sinistra. quelli che lo so io che c'è dietro le occupazioni. quelli là che però a far rispettare la legge con una bella denuncia in procura sui fatti che sanno loro, mica ci vanno. quelli che la legge prima di tutto su facebook. quelli là, che l'italia ne è piena. e infatti. un (altro) coraggio che bisogna avere, nel fare politica, è... farla. è, cioè, fare lo specifico che il 'politico' richiede, che non è detto che sia lo stesso specifico che richiede il nostro lavoro professionale: che sia giuridico, amministrativo, giurisdizionale, pubblicistico, artistico, produttivo, commerciale, imprenditoriale, pastorale, medico, accademico, artigianale, investigativo... 'il cinema è il cinema' diceva godard. e il politico è il politico. invece vedo, leggo e incontro mica pochi che considerano e interpretano il lavoro politico come il proprio lavoro 'proseguito con altri mezzi' (così cito pure von clausevitz). e sto parlando di quelli in perfetta buona fede, beninteso, non di quelli che 'fanno politica' per impinguare i profitti dei propri rispettivi lavori o per trovarselo, un lavoro, con la più classica delle scorciatoie. tuttavia anche quei primi scontano tale limite di 'immaginazione': fanno politica (onestissimamente) come se facessero gli avvocati, i funzionari, i giudici, i giornalisti, gli artisti, i produttori, i commercianti, gli imprenditori, i pastori, i dottori, i professori, gli artigiani, i poliziotti... cioè quello che sanno fare, che hanno studiato per fare o che l'esperienza li ha ammaestrati a fare. ma non funziona così. e i risultati si vedono. se la risposta è 'finiamola col valle occupato', è la domanda che è sbagliata. qualunque essa sia, per qualunque (buon?) motivo ve la poniate. questo è dirimente. e nessun* è costretto a 'fare quell* di sinistra', ci mancherebbe! ma per 'fare la sinistra' davvero - che già non è facile per niente - servono tutt* quell* che lo sono, appunto, davvero. e solo quell*. sinceramente, io in un collettivo politico de-regolamentato non sono tanto utile. perché basta che qualcuno là dia il peggio di sé e mi si tolgono (quasi) subito dalle palle: la nausea prende il sopravvento e mi porta a uscirne, pulendomi sulla soglia la polvere da sotto le scarpe. la nausea, ma pure il senso delle proporzioni. perché di solito un collettivo politico de-regolamentato non gestisce in realtà alcun potere, e quindi la misura del fegato da rovinarcisi standoci dentro insieme a quelli che danno il peggio di sé è realisticamente una misura piccola. almeno per me. diverso sarebbe se il collettivo de-regolamentato gestisse qualche potere, allora sì che varrebbe la pena sfegatarsi per non lasciarlo in mano ai peggio. perfino così, senza regole: alla 'chi strilla di più' e/o alla 'chi è più paraculo tra i paraculi'. ma se il collettivo gestisse qualche potere, allora stai sicuro che non lo lascerebbero a lungo nello stato di de-regolamentazione interna: nessuno vuole correre il rischio che un collettivo politico gestisca un qualunque potere in modo imprevisto e imprevedibile. le regole le scriverebbero magari a cazzo, ma ci sarebbero e verrebbero fatte rispettare. tipo un partito. ed è vero anche letto all'inverso: se un collettivo politico fa tanto da riuscire a darsi una regola, allora (e solo allora) può ambire a gestire un potere. e allora (e solo allora) anche se dentro c'è chi dà il peggio di sé, per quelli politicamente e intellettualmente onesti val la pena combattere (e combattere la nausea) e restarci dentro affinché regole alla mano si incida davvero su un certo aspetto politico della realtà (che poi è la mission del collettivo). quindi: se fai parte di un collettivo politico de-regolamentato, ma non ne fai parte solo perché sennò non sapresti che fare o come farti degli amici o cosa raccontare in famiglia oltre il lavoro o lo studio e/o il gossip o perché sei uno che gli piace litigare per litigare e deprimersi per deprimersi (ci sono pure quelli, mica pochi, dopo generazioni di 'processo del lunedì' 'forum' 'uomini&donne'...), bensì perché vuoi contribuire a determinare in un certo modo un certo aspetto della vita reale della comunità, allora la prima cosa da fare è far sì che il collettivo non sia più de-regolamentato (così che passi da una mission solo teorica a quella pratica). e, possibilmente, facendo parte di quelli incaricati dal collettivo di scrivere le regole - se sai come si fa, così sei sicuro che le scriveranno un po' meno a cazzo. ma a me, finora, sempre, in tutti i collettivi politici che ho frequentato in questi ultimi anni, prima che si arrivasse (forse, e dico forse) al fatidico momento del passaggio da de-regolamentazione a regolamentazione, e cioè dalla totale irrilevanza alla possibile gestione di un qualche aspetto politico utile alla vita comune, nel collettivo di volta in volta presente qualcuno ha dato talmente il peggio di sé che mi si sono tolti dalle palle - me e le mie ideuzze, tra cui questa qui esposta. precisi come orologi. ogni volta. mi sa che lo fanno apposta. ma lo prendo come un segno di stima assurdamente spropositata. piccolissimo contraltare di soddisfazione: un collettivo pervicacemente de-regolamentato schizza in faccia a chiunque come capita, pure a quelli al suo interno che vogliono a tutti costi che resti così senza regole, a quelli che ci stanno nonostante tutto e tutti (e anzi, 'più ci stiamo scomodi meglio è') e perfino ai nauseabondi per cui te ne sei andato - può capitare. e visto da fuori ti strappa un lieve sorriso. sette luglio duemilaquattordici MINORI A VITA
come, e nella stessa misura in cui, nella società bigotta la caratteristica saliente è - sotto un certo profilo - una classe di apparati e procedure colpevolizzanti e autocolpevolizzanti degli individui, così nella società secolarizzata la caratteristica saliente è - sotto un certo profilo - una classe di apparati e procedure deresponsabilizzanti e autoderesponsabilizzanti degli individui stessi. nella società bigotta è sempre colpa tua, di qualsiasi cosa - anche di ciò che non si può imputare tu abbia commesso, al limite è colpa in omissione. in quella secolarizzata non è mai colpa tua, di niente - neppure di quello che hai fatto in prima persona e, sembrerebbe, con tutte le intenzioni. in entrambe le società gli individui vengono mantenuti in uno stato di artefatta e prolungata minorità etica - ed è lo specifico motivo per la creazione e la messa a punto di apparati e procedure dell'uno e dell'altro tipo. in entrambe le società esistono classi di figure (reali e/o virtuali) intermediarie tra i singoli individui e la collettività, incaricate nella prima - quella bigotta - di rendere impossibile agli individui un esame razionale dei fatti e del proprio agire che li liberi dalla schiavitù della colpa moralistica, e nella seconda di rendergli impossibile lo stesso esame che li liberi dalla nemesi della morale irrilevanza. la linea di demarcazione tra la società bigotta e quella secolarizzata non è né lo spazio né il tempo: è impossibile dire 'prima c'era quella e ora c'è questa' o 'qui c'è l'una lì l'altra' - bensì, sotto un certo profilo, essa linea è la stratificazione socioeconomica. la società secolarizzata costa un po' di più, alle risorse sia private che pubbliche (sia materiali che non), quella bigotta è apparentemente gratuita: quindi i ceti inferiori e medio-inferiori subiscono e alla lunga introiettano apparati e procedure colpevolizzanti e autocolpevolizzanti, mentre quelli medio-superiori e superiori ne subiscono di deresponsabilizzanti e autoderesponsabilizzanti, introiettandoli alla lunga. ma il principio d'ordine in entrambi i casi ha un solo scopo: lega gli individui in colpa dinanzi alla società bigotta con la necessità del perdono e del condono, lega gli individui irresponsabili tutti della società secolarizzata con la pratica della mutua complicità. e così legati, i membri dell'una e dell'altra non possono mettere realmente in discussione le strutture e le dinamiche di potere delle rispettive società - allo stesso modo in cui a degli adolescenti, siano essi resi docili dall'autoritarismo della famiglia ovvero sostanzialmente estraniati dal suo permissivismo, è di fatto impossibile rendersi protagonisti nel mondo degli adulti, e perfino provare a diventarlo. la società socialista - a differenza di entrambe - è quella che ci vuole adulti, e che può renderci tali. è la società dell'etica, non del moralismo, quella della comunità e non della complicità, quella della libertà, dignità e responsabilità personali e di una reciproca, attiva, generalizzata, presa in carico - ossia, quella in cui apparati e procedure di colpa e di perdono e intermediari per giustificazione e per irrilevanza, non hanno più alcun senso né scopo. e se il potere, nello stato di cose presente, teme e combatte l'avvento possibile della società socialista per ovvi motivi macrostrutturali, gran parte della gente lo teme e combatte (e rifiuta, perfino, a priori), per questo: l'adolescenza prolungata all'infinito è la più seducente delle illusioni, tanto popolari quanto borghesi. sei luglio duemilaquattordici TEORIA E PRASSI
teoria. scrive gramsci - attaccando non velatamente bordiga - il 2 luglio del '25: "Tutto il periodo prerivoluzionario si presenta come un'attività prevalentemente tattica, rivolta ad acquistare nuovi alleati al proletariato, a disgregare l'apparato organizzativo di offesa e di difesa del nemico, a rilevare e ad esaurire le sue riserve. Non tener conto di questo insegnamento [di Lenin], o tenerne conto solo teoricamente, ma senza metterlo in pratica, senza farlo diventare azione quotidiana, significa essere massimalisti, cioè pronunziare grandi frasi rivoluzionarie, ma essere incapaci a muovere un passo nella via della rivoluzione." ora, questo pensiero mi sa che attraversa la mente di quei compagni (colti e) in buona fede che sposano la teoria e la pratica dell'inclusività-a-tutti-i-costi. che poi è invece, secondo me (umilmente, ma tignosamente), proprio ciò che impedisce alla sinistra-vera-italiana di passare dallo stadio eternamente adolescenziale e brufoloso a quello adulto con tanto di barba e baffi. cioè, sto smentendo gramsci? per niente. anzi, quell'analisi la sottoscrivo in tutto. e dico che in effetti essa è la rotta seguita passo passo, e coi risultati che gramsci prevede ed esorta. solo che chi la segue e la applica, e ci guadagna, è il nemico! leggetela così: tutto il periodo pre-reazionario si presenta come un'attività prevalentemente tattica, rivolta ad acquistare nuovi alleati inconsapevoli al potere costituito, a disgregare l'apparato organizzativo di offesa e di difesa dell'antagonismo, a rilevare e ad esaurire le sue riserve. ed è esattamente quello che succede, da anni ormai. i poteri ci disgregano, con l'inclusività che abbiamo introiettato, ci esauriscono, con l'inconcludenza cui ci siamo incatenati. così rilevano oggettivamente le nostre già scarse risorse, così fanno propri oggettivamente altri alleati che contavamo nostri! insomma è l'élite dominante che si muove gramscianamente nella guerra di posizione, e che sferrerà un attacco con disciplina bolscevica al momento del movimento reale. noi - la sinistra-in-fieri - pensando di non dover far altro che agglutinare numeri(ni) all'infinito, senza ordinarli in alcun modo, senza discernimento, giudizio, rigore, gli rendiamo molto facile la vita. il privato gusto del paradosso mi allevia appena questo forte bruciore politico. prassi. apertura, l'altro giorno a roma, dell'ennesimo 'spazio fisico-politico' per l'incontro tra le anime, le storie, le facce della sinistrasinistra. (che poi era una bella idea, promossa da compagni come si deve, tanto è vero che sull'appello originario c'è pure il mio nomazzo,) ma alla 'prima' non c'ero, non potevo ...e comunque l'ho detto e ridetto: sto un po' in 'sabbatico' da tutto. ma le foto le ho viste, le foto dell'evento, e ho letto qualcosina... ed è mai possibile che pure là, si vede e si sente, ci sta gente che con l'idea e la pratica della sinistra-che-manca-e-che-serve-come-il-pane non c'entra un accidente? forse che io vado alle riunioni di quelli che lo so in partenza che la pensiamo - e la viviamo - tutta diversa? ma questi qui, che invece stanno dappertutto - specie dove non dovrebbero -, che non ce l'hanno un lavoro? sì, ce l'hanno: appunto questo. dovremmo fare politica coi buttafuori. più in generale, promemoria per ogni prossima iniziativa tesa alla nascita di qualcosa di costrutto e sensato a sinistra in italia: mettere fuori dalla porta una bella lista di ospiti indesiderati, nome cognome e pure la faccia per non sbagliarsi; e anche una lista di 'parole indesiderate', sempre affissa proprio di fianco alla porta! e tanto meglio - tanto più seria mi sembrerebbe la cosa - se tra gli ospiti indesiderati ci fossi anche io, nominato e ritratto là in bella vista. e se tra le parole indesiderate leggessi pure le mie solite 'parole d'ordine'. (almeno sarebbe netto, pulito, così - pur con mio ovvio dispiacere.) allora - non prima, e non senza - mi sembrerà che possa cominciare qualcosa. perché tutto è meglio di questa politica à-la-facebook, nella quale da anni giochiamo solo a mipiaciare e mai a 'dispiaciare' che non c'è proprio il tasto. nella quale l'amicizia (leggasi: la con-militanza) si chiede e si dà ma guai a toglierla o negarla, che pare brutto. volevamo fa' 'a rivoluzione? impossibile, almeno fino a dopo l'ora del tè. carissim* possinammazzatte, passami un pasticcino... mmm, grazie car*! bah. ma tanto che lo scrivo a fa'? cinque luglio duemilaquattordici MADRIGALE
è ben possibile che io non abbia poi granché valore però è sicuro che io non ho né mai ho avuto un prezzo. ha i pro e i contro: scambiarsi, vendersi potrebbe portar buono alla tua causa che richiede più duttili utilmente animi e tempi della stolidità mia fuori mercato per farsi largo a forza in mezzo al mondo che appunto di scambio in scambio e causa in causa avanza. infatti le mie cause fiutando in breve la stolidità reggono un poco e dopo se ne vanno presso i servigi di chi più avvezzo e utile si apprezza (nel senso del prezziario generalizzato). è ben possibile che io non abbia né avrò mai valore e tuttavia su questo si lavora: ne val la pena, è vita bene spesa. sull'altro no. è inutile, è istinto, tara, tabe, predestinazione. non ce l'ho proprio la vertebra che serve all'incurvata non ho la falangetta che si apre non c'è più spazio sulla fronte - e dir che è vasta - per i numeri con virgola ovver senza. e se questa mia sciocchezza in finti versi che scrivo pensando ad oscar wilde e walter benjamin è una sciocchezza appunto, è a causa del valore scarso senza prezzo, per sovrammercato, per cui le cause mie poi se ne van. non so come finire, se non lasciando spazio a edmond rostand. orsù che dovrei fare?.... cercarmi un protettore, eleggermi un signore, e come l'edera, che dell'olmo tutore accarezza il gran tronco e ne lecca la scorza, arrampicarmi, invece di salire per forza? no, grazie! dedicare, com'usa ogni ghiottone, dei versi ai finanzieri? far l'arte del buffone pur di vedere alfine le labbra di un potente, schiudersi ad un sorriso benigno e promettente? no, grazie! saziarsi di rospi? digerire lo stomaco per forza dell'andare e venire? consumar le ginocchia? misurar le altrui scale? far continui prodigi di agilità dorsale? no, grazie! accarezzare con mano abile e scaltra la capra, e intanto il cavolo innaffiare con l'altra? e aver sempre il turibolo sotto dell'altrui mento, per la divina gioia del mutuo incensamento? no, grazie! progredire di girone in girone, diventare un grand'uomo tra cinquanta persone, e navigar con remi di madrigali, e avere per buon vento i sospiri di vecchie fattucchiere? no, grazie! pubblicare presso un buon editore, pagando, i propri versi! no, grazie dell'onore! brigar per farsi eleggere papa nei concistori che per entro le bettole tengono i ciurmatori? no, grazie! sudar per farsi un nome su di un picciol sonetto anziché scriverne altri? scoprire ingegno eletto agl'incapaci, ai grulli; alle talpe dare ali, lasciarsi sbigottire dal rumor dei giornali? e sempre sospirare, pregare a mani tese: pur che il mio nome appaia nel mercurio francese? no, grazie! calcolare, tremar tutta la vita, far più tosto una visita che una strofa tornita, scriver suppliche, farsi qua e là presentare?... no, grazie! grazie...no! no, grazie! ma, cantare, sognar sereno e gaio, libero indipendente, aver l'occhio sicuro e la voce possente, mettersi quando piaccia il feltro di traverso, per un sì, per un no, battersi o fare un verso! lavorar, senza cura di gloria o di fortuna, a qual sia più gradito viaggio, sulla luna! nulla che sia farina d'altri scrivere, e poi modestamente dirsi: ragazzo mio, tu puoi tenerti pago al frutto, pago al fiore, alla foglia pur che nel tuo giardino, nel tuo, tu li raccolga! poi, se venga il trionfo, per fortuna o per arte, non dover darne a cesare la più piccola parte, aver tutta la palma della meta compita, e, disdegnando d'essere l'edera parassita, pur non la quercia essendo, o il gran tiglio fronzuto salir, anche non alto, ma salir: senza aiuto! quattro luglio duemilaquattordici LA FEDE
a destra sono atei e nichilisti, ma fanno finta di credere nel dio popolare così possono intrupparsi tutti in una stessa chiesa e da lì dominare il mondo. a sinistra invece siamo credenti: nel solo vero dio, il deus sive natura, il dio-evoluzione, il dio-giustizia, il dio-pietà, il dio-umanità; e come tutti i credenti siamo intransigenti a tal punto anche tra noi, che non costruiremo mai una stessa ecclesia: il mondo si organizzerà nostro malgrado. il nostro dio è scontento di noi, il suo creato è preda di chi non ha alcuna fede; anzi, la irride. e il mondo in mano loro, è la nostra punizione. (leggermente off topic: bergoglio, in quella parte di intervista al messaggero di cui giorni fa parlavano tutti, dice una cosa giusta e una sbagliata. la cosa giusta è che sostanzialmente gesù di nazareth era un (proto) comunista. ed è talmente giusta (e come tale, rilevantissima) che tutte le tensioni interne alle classi direttive della comunità cristiana secolare (dai pauperisti tardomedievali agli scismatici, dai conciliari ai teologi della liberazione) hanno avuto come oggetto esplicito o implicito il rapporto tra chiesa e proprietà, tra evangelizzazione e denaro. questa sarà la contraddizione latente del cattolicesimo (come di ogni culto) finché esisterà sulla faccia della terra. la cosa sbagliata è "i comunisti ci hanno derubato la bandiera". perché il comunismo storico, invece, non si limita (come fa il cristianesimo 'buono') a dire "non è giusto che ci sia la povertà, sarebbe bello che ognuno rinunciasse al superfluo per offrire il necesario a chi non ce l'ha", ma analizza il motivo per cui la povertà esiste (la guerra di classe) e offre una strada politica per la sua progressiva sconfitta (la rinuncia al dogma della proprietà privata e del profitto privato come modello socioeconomico globale: la lotta al capitalismo). insomma: bravo papa francesco, se riesce a far sentire almeno un po' cacchette i sedicenti cristiani appartententi alle classe alte e medie, al cospetto dell'immensa umanità che soffre. però non confondiamo le acque: la caritas è una storia, le masse coscienti di sé e organizzate per la propria emancipazione sono tutta un'altra. e ancora: ci sono stati il Classicismo e i Lumi, il Romanticismo e il Titanismo, il Modernismo, le Avanguardie, lo Sperimentalismo, il Decostruttivismo, il Realismo Militante e la Cultura Pop. per quest'ultimo trentennio di occidente suggerisco agli storici del futuro un brand di facile memorizzazione. la Paccottiglia (degli sfigati) ovvero il Ciarpame (dei viziatelli). ciò stante, è appena doveroso che qui vada tutto in vacca. infine: ma già siete mortali, come fate pure a essere cattivi?) tre luglio duemilaquattordici AUT AUT, IN OR OUT
da guido liguori, che sul manifesto parla del futuro della 'lista tsipras', sottoscrivo - quanto ai contenuti: "[Occorre] un “programma fondamentale” della nuova forza politica che dica al Paese non le dieci cose che faremmo subito se ne avessimo la forza, ma quale tipo di società e di Stato proponiamo e ci impegniamo a propugnare non nel prossimo anno o alle prossime elezioni, ma per i prossimi due-tre decenni. La discussione di massa che dovrebbe mettere a punto questo programma fondamentale sarebbe forse anche la strada migliore per costituire un gruppo dirigente tendenzialmente omogeneo." e ancora, quanto al metodo: "Una nuova forza politica in nuce (la cui struttura è tutta da discutere) [...] dovrà essere diretta da “intellettuali autorevoli” autoproclamatisi tali e proclamati “nucleo nobile di rappresentanza”? Se [...] essi sono da tutti riconosciuti come punto di riferimento (gruppo dirigente), si sottopongano a una ovvia verifica democratica della base. Per evitare le fallimentari esperienze del passato, il principio è quello della nomina dal basso, secondo il principio “una testa un voto”. Altre strade non riuscirebbero a non essere o a non apparire autoritarie ed elitarie." bravo liguori! e però si evince con sempre maggior chiarezza - dalle pratiche adottate inflessibilmente nelle istanze collettive 'tsiprasiane' di ogni livello e territorio, e dalle parole inequivocabili espresse da garanti-uscenti come guido viale, blogger 'amici' come alessandro gilioli e coordinamenti zonali come quello di roma - che il 'progetto l'altra europa (con tsipras)' evita ed eviterà come la peste sia una discussione politica vera e propria sui contenuti generali ("quale tipo di società e di Stato proponiamo e ci impegniamo a propugnare non nel prossimo anno o alle prossime elezioni, ma per i prossimi due-tre decenni") sia una configurazione organizzativa idonea a passare dalla discussione, eventuale, a una qualunque democratica determinazione operativa e a una qualsiasi democratica indicazione per un direttivo mandatario del movimento a perseguire tale determinazione, eventuale. è così, è un fatto. per i rapporti di forza interni e consolidati ('colpa' di tutti: dei silenziosi ma pervicaci e dei brontoloni ma inerti - cioè anche mia, a suo tempo), non si cambia più. può piacere o non piacere. a chi piace, fa bene a restar dentro al progetto. a chi no, è bene che ne esca a far altro (per esempio, ciò che dentro non si può fare e che invece attrarrebbe una molteplicità di nuove intelligenze ed energie: non i soliti not-arell-i, la solita compagnia di gir-ett-o). o dentro così com'è, un 'pensatoio' progressista nel migliore dei casi, o fuori a fare la 'cosa rossa' nei modi in cui va evidentemente fatta. la terza via non esiste: è sterile sperarlo, puerile tentarla. due luglio duemilaquattoridici CATSARI
ma quanto ho fatto bene, ma quanto bene ho fatto, ma ho fatto benissimo a smettere di perder tempo col giocarello dell'altraeuropaaltraitaliaaltraroma un minuto dopo l'assemblea finta del 7 giugno in sala umberto! mi dico bravo. meno male che tsipras ha tante cose buone e giuste da fare a casa sua col suo partito, e in europa con le altre sinistre costrutte di tutti i paesi e di tutti i popoli (normali) di questo continente. così gli arriverà attutita e spero un po' confusa l'ennesima prova (un 'uno-due' formidabile) che la speranza nata a suo tempo in suo nome, qui dalle nostre parti (anormali) è già bella che diventata niente. peggio: un diversivo. uno: l'intervista frescafresca di guido viale (uno dei sei 'garanti' del 'movimento', lo stesso che ha convinto spinelli alla drammatica 'inversione a U' un minuto dopo il voto europeo grazie alla quale il brand medesimo ha perso la metà almeno della propria credibilità politica), nella quale intervista viale dice paripari che il progetto altraeuropaeccetera non, ripeto NON, deve diventare "qualcosa di solido, di sostanziale, di autosufficiente" perché l'idea stessa di un soggetto politico autonomo della sinistra italiana è uno spettro (!) da combattere. due: l'ultima trovata di 'autorganizzazione' del gruppo romano, pubblicata dal sitarello relativo, che fa sbellicare se non fosse che certifica la cremazione di qualunque possibilità seria di far diventare il 'movimento' (oh, quanto ci ho investito prima! ah, quanto ho fatto bene poi!) una cosa almeno pochinopochino simile in prospettiva a syriza o a izquierda unida, per esempio perché rifiuta la pratica e la stessa idea di una direzione (come 'verso' e come 'guida') politica purchessia - e quindi a me, di ridere, vien via tutta la voglia. evvabbe'. ne è passata tanta, a galla, sotto i ponti. passerà pure questa. companeroas - non smettete di pensare, di desiderare, di cercarvi. vince chi resiste un giorno di più! vale anche contro lo sciocchezzaio, naturale o in malafede che sia. ps.: FAN-TA-STI-CO! non è più firmata! un'ora fa, quando l'ho letta sul sito (la proposta di dis-organizzazione del gruppo romano), aveva nome e cognome (di uno che mi legge sempre). e mo' (dopo che ho pubblicato quanto sopra) NO. bellissimo, puerile da non credersi: un po' di ridarella mi è tornata. primo luglio duemilaquattordici SI STANNO CHIUDENDO
non lo so. io di solito sono ottimista. però mi sa che la finestra si sta già richiudendo. anzi: le, finestre. e ora dico quali, e che vuol dire. mettetevi comodi: sono quattro. in un crescendo pessimistico. se non volete guastarvi l’umore, arrivederci e ci leggiamo su altri spunti un’altra volta. la prima finestra. la finestra politica. la crisi sistemica del neoliberismo, o turbocapitalismo, data ormai sei annetti e qualcosa. e sta strapazzando di brutto donne e uomini di tutti i paesi occidentali, ad eccezione ovviamente della minuscola minoranza di garantiti a vita – che invece proprio con la crisi stanno facendo affari da favola e consolidando il privilegio proprio, di famiglia e di clan con una vera guerra di classe dall’alto verso il basso. però un fatto buono – mi ero detto, ci eravamo detti in tanti – la crisi lo porta: quanto più dure diventano le condizioni materiali della maggioranza della gente, tanto più si aprono condizioni politiche per creare un’alternativa di massa al sistema. la finestra si era aperta, infatti. no? la nascita degli occupy vari, degli indignados di qua e di là dell’atlantico, la ripresa delle forze politiche strutturate e sindacali di vera alternativa in tanti paesi d’europa (non in italia – qui c’è un’altra storia), la vittoria o la conferma di partiti e presidenti di sinistra in america latina… però francamente mi sa che il momento migliore è già passato: le forze della conservazione e della reazione hanno dispiegato tutti i loro mezzi potentissimi (conformismo, infiltrazioni, neofascismi…) per mantenere almeno in europa e in nordamerica l’antagonismo a uno stadio di eterna frammentazione, senza uno sbocco politico e democratico efficace al punto tale di diventare un vero fenomeno di massa – come invece di massa è il patimento sotto il tallone del capitalismo. e anzi, ci sono non pochi segnali che per fare piazza pulita dei rischi residui e per blindare in un principio d’ordine tassativo il sistema del privilegio, le classi dominanti possano ‘scaricare’ la crisi coi sistemi peggiori: l’autoritarismo, la paura, un po’ di guerra. insomma, quella finestra là (‘dalla crisi sistemica forse ne usciamo uscendo dal sistema stesso, verso un po’ di socialismo’) io la vedo che si chiude. mi sbaglierò. la seconda è la finestra storica. da metà ottocento in poi c’è stata la cosiddetta irruzione delle masse sulla scena della storia: non che sia cambiata troppo la ripartizione del potere reale tra i pochissimi che lo possiedono e se lo perpetuano e i tantissimi che lo subiscono e si perpetuano giusto lo sfruttamento, però almeno adesso (cioè da metà ottocento in poi) le masse hanno voce in capitolo. almeno un po’ le devi convincere, a farsi sfruttare (meglio: che non le stai sfruttando), e sennò ci devi fare i conti. si chiama democrazia, costituzioni, partiti politici, istruzione, opinione pubblica, sindacato, movimento operaio, pensiero socialista, lotte e conquiste, internazionalismo, diritti civili, ascensore sociale, informazione, sensibilità ambientalista… qua e là perfino ‘rivoluzione’. la finestra aperta, quella storica, sarebbe che dài e dài con tutti questi strumenti che il potere millenario ha dovuto concedere (sennò il sistema semplicemente s’inceppava), perfino la divisione stessa tra chi ha e chi non ha, chi sfrutta e chi è sfruttato, si poteva tendenzialmente rimettere in discussione a favore di un sistema di cooperazione e non di competizione, di emancipazione generale dell’umanità dalla fatica e dall’insicurezza croniche, di generale presa di coscienza di sé da parte di individui, gruppi, classi, un modello di pace duratura. il modello sociale europeo, nato anche sulla spinta esemplificativa di elaborazioni ed esperienze ancora più radicali, come i sistemi comunisti extraeuropei (russia sovietica compresa), secondo me è stata l’apertura massima della finestra, avendo messo insieme giustizia e democrazia, libertà e uguaglianza. troppo bello. infatti lo stanno finendo di smantellare: anche l’europa deve diventare una cosa come gli stati uniti d’america o il giappone (o la russia o la cina di oggi), insomma il dominio delle multinazionali e delle banche. tra lo scoramento misto a stupore delle masse suddette, e parecchio distratte da altro (gli extracomunitari alle porte!). così pure questa finestra mi pare si chiuda. magari non ‘domani’, come quella politica, ma tra non molto. terza, la finestra spirituale. che cosa ha di buono l’uomo moderno rispetto a quello arcaico? secondo me la compassione, la solidarietà. che forse per l’uomo antico era un lusso, e che infatti pure per quello dell’età attuale mica è vangelo per tutti. però prima con pochi visionari poi un po’ di seguaci loro, poi una discreta fetta dell’umanità in continua evoluzione sociale e culturale… insomma, da un certo momento l’attenzione alla felicità altrui – come riflesso, condizione della propria personale – è stata un concetto che ha preso dimora nella mente degli esseri umani, e da lì nella forma concreta del loro vivere e del loro organizzarsi collettivo. mentre precedentemente era del tutto naturale considerare l’uomo alla stregua di una bestia da lavoro o di un utensile, o l’oggetto per l’esercizio della crudeltà da intrattenimento puro. (e pure alla felicità personale, che ci pensava? un lusso, appunto.) da quando si dischiusa questa finestra? i cristiani penseranno di averla inventata loro, questa roba, e senz’altro il movimento nato dalla diffusione del pensiero dell’uomo noto come gesù di nazareth – la fratellanza universale, il perdono e la mitezza come regole di vita – è stato un punto importante nell’apertura del varco. ma diciamo che intorno al settimo secolo avanti cristo c’era già stato un buddha qui, un confucio là, seguiti a breve distanza da un socrate e un epicuro più dalle parti nostre… e possiamo indietreggiare fino al regno di akhenaton (il padre di tutankhamon) che verso il 1300 a.c. parla di un dio-sole di cui siamo tutti figli (cioè fratelli tra noi), e ancora indietro fino ad hammurabi babilonese, che quasi due millenni prima di cristo si è preso almeno la briga di mettere nero su bianco (anzi, di incidere su basalto nero) un codice di comportamento tra tutti i suoi sudditi. e non sarà la pietà incarnata, ma prima ancora c’era l’arbitrio più assoluto. dappertutto. e si chiude pure questa finestra qui? secondo me ce n’è il fondato rischio, purtroppo. certo, nei tempi storici – mica tra un mese o in questo decennio. ma insomma, oltre alla naturale tendenza egoistica dell’uomo (contro cui l’innaturale compassione prova a guadagnare un centimetro al giorno da tutti quei secoli), adesso c’è di mezzo anche l’atomizzazione anaffettiva indotta dalla tecnologia… e soprattutto c’è la chiusura – come ho detto sopra – delle altre due finestre: giacché secondo me (ed è il motivo per cui il mio sogno è l’umanesimo socialista) o la solidarietà tra gli umani gode di un consolidamento irrefrenabile tramite la forma sociale, politica ed economica che può dare soltanto la palingenesi globale (la ‘rivoluzione’), oppure resta un casuale prodotto di qualche anima particolarmente bella ma emarginata. e alla lunga, se la pietà deve lottare contro tutto e contro tutti, se ne perderà perfino la memoria. o credete nella provvidenza divina? io no. quarta, e ultima: la finestra umana. si sta chiudendo pure quella, sissignori. perché? banalmente, perché ci stiamo estinguendo come specie. ed è un peccato, perché eravamo – siamo stati, siamo ancora (spero) – un bell’esperimento del regno vivente del pianeta terra. siamo gente che legge e scrive, da un cinquemila anni, che coltiva e alleva da diecimila, che modella e dipinge da quarantamila, che gestisce il fuoco da ottocentomila, che migra intenzionalmente da un milione di anni e passa, che cogita su di sé e su tutto quanto da diciamo cinque milioni di anni a questa parte. e per quel che se ne sa, siamo tuttora gli unici – come specie – a fare tutte queste cose qui. in pratica, lo facciamo noi anche per gli altri animali, le piante e tutti i viventi microbi compresi: siamo un po’ l’occhio con cui il pianeta – e forse il sistema solare intero (su oltre non mi pronuncio: ci saranno sicuro altre intelligenze) – guarda se stesso, e osservandosi si studia e si emoziona e si sogna e si progetta. bello, no? una bella responsabilità. abbiamo fatto cose stupende, abbiamo fatto cose come omero e come mozart, come leonardo e come gandhi, abbiamo fatto ciò che fanno tutte le donne ogni giorno dalla mattina alla sera. l’abbiamo assolta, direi, la grande responsabilità. con alti e bassi, luci e ombre – senz’altro. soprattutto bassi e ombre nel passato remoto, violento, soprattutto alti e luce nel presente storico della civiltà – l’ho scritto prima e non lo ripeto. e però, niente da fare: ormai la finestra si richiude. ciò che era la speranza del pianeta, la specie che conoscendo e liberando se stessa avrebbe conosciuto e liberato la vita stessa di tutti e tutto, invece si suicida. e manca poco che contestualmente assassini la vita in sé della terra! non si sa, vedremo (vedranno, i microbi - e comunque non ci sarà nessuno che sappia applaudire a un tramonto). io la penso così, che abbiamo superato il fatidico punto di non-ritorno. peccato. mentre la finestra si chiude potremo, sì, fare qualche altra cosa bella – magari non eccezionale come quelle che speravo (giacché le altre tre finestre, pure loro…), però qualcosa: una scoperta ancora, un’esplorazione ancora, una creazione ancora, ancora un amore… poi basta, fine. si chiude. pazienti amici – pazientissimi – il succo è che: di qui a un pochetto non solo non avremo la sinistra che speravamo nella crisi del capitalismo, non solo non avremo la democrazia che costruivamo in seno al potere secolare, non solo ci scorderemo cos’erano pietà e solidarietà, ma non ci saremo proprio più nemmeno noialtri, donne e uomini e vecchi e bambini e gli animaletti amici che vivono solo di noi e con noi. me la sento così, che ci posso fare? l’avevo detto che c’era un filino di pessimismo nell’aria, no? perché? così. ma magari domani è un altro giorno. trenta giugno duemilaquattordici SARAJEVO
ci siamo arrivati. sono cento anni esatti. 28 giugno 1914, domenica. a sarajevo l'arciduca asburgico francesco ferdinando d'este, erede al trono imperiale austroungarico, e sua moglie contessa sofia chotek von chotkowa, vengono uccisi a pistolettate dal diciannovenne tubercolotico ultranazionalista bosniaco gavrilo princip. di lì a un mese l'austria-ungheria dichiara guerra alla serbia. scoppia la prima guerra mondiale. la grande guerra. e con un piccolo sfasamento sul computo astronomico, il XX secolo inizia. il secolo globale. il secolo delle masse. il secolo dei sistemi complessi. il secolo delle rese dei conti. questo secolo. che non è finito nel 1989, come dicevano i cattivi storici. che non è finito nel 1991, come - con competenza e onestà immensamente maggiori - ha scritto hobsbawn. questo secolo che non è finito ancora, il cui primo battito è rintoccato nel cuore d'europa cento anni fa esatti. e venticinque anni dopo, la seconda carneficina mondiale tra uomini in divisa e su civili inermi. applaudite entrambe, le ecatombi - almeno agli annunci, all'inizio -, da masse governate dai conoscitori dei sistemi complessi. masse afflitte da povertà e disoccupazione, e scientemente deprivate di strumenti idonei alla coscienza di sé e del fenomeno storico che esse inaugurano, prima, e incarnano dopo e fino a oggi. solo i socialisti conseguenti e poi i comunisti - tra le forze politiche - e gli anarchici di sinistra, vi si opposero, a quella prima guerra. benedetta perfino da tanti, troppi religiosi e da un'infinità di intellettuali. che la società intera degli uomini, l'epistème, non sia il regno della giustizia lo si sa da tanto tempo. chi vuole interrogarsi su qualcosa di profondo e reale, da sempre, su questo s'interroga. e per chi non si accontenta del fatalismo, la risposta non può che arrivare presto o tardi a delineare una palingenesi radicale, un'idea di rivoluzione. ma l'idea non basta. sul finire del secolo XIX - quello che va dal 1789 al 1914 (lungo centoventicinque anni, in barba ai giri del sole) - le cose cambiano, e l’idea rivoluzionaria si diffonde come fiamma su paglia: il privilegio minoritario che l'ingiustizia consente, teme davvero. ed è la prima volta da sempre - un trauma. in occidente, milioni di lavoratori e di cittadini si auto-organizzano nei sindacati e nei partiti socialisti. c'è pensiero, c'è azione antagonista. a migliaia aderiscono ai movimenti anarchici o comunque anticapitalisti. l’impero russo diventerà di lì poco un'altra cosa: novembre 1917, grazie ai bolscevichi il primo esperimento (dopo il lampo della comune di parigi) di autogestione dello stato da parte del proletariato, che si riprende la terra e sceglie subito la pace. e su quell'esempio, mettendo in luce la contraddizione - diciamo pure il tradimento - di quanti tra i socialisti europei appoggiarono la follia nazionalista e imperialista della grande guerra, nascono e si diffondono ovunque i partiti comunisti veri e propri. le grandi nazioni sentono allora il fuoco della rivoluzione a un passo dai confini, e perfino sotto i piedi, con le occupazioni di fabbriche e terre e con la rivolta sociale che sembra poter riuscire. e il capitalismo, che si è già disteso su tutto il pianeta - divorandolo, e non può certo nutrirsi attaccando la luna -, vive realmente un’ora buia come mai prima: la massa indistinta, la cui soggezione millenaria ha consentito l’edificazione del palazzo sui cui terrazzi una minoranza vive nel sole, dice adesso con voce di gigante: "questo non è giusto, questo non sarà più!" ma arriva la guerra delle potenze, a spezzare quella voce. due volte in trent'anni. la prima cento anni fa esatti, con la scusa di quelle pistolettate a sarajevo. il XX secolo dalla grande guerra in avanti - non importa ciò che vi raccontano - non è che la reazione alla fiamma etica e politica della rivoluzione per la giustizia tra gli umani: fascismo, nazismo, guerra fredda, conformismo, riflusso, consumismo, società dello spettacolo, terrorismo, atomizzazione sociale, finanziarizzazione&debito... e questo secolo non è finito ancora. l'ingiustizia socioeconomica è estrema, la depressione individuale e di gruppo è acuta, in europa la sfiducia nelle mediazioni politiche e istituzionali dei conflitti in un quadro almeno formalmente democratico, è massima. la presenza di clan e di personaggi pronti all'avventurismo autoritario è accertata. la pervasività dei mezzi di comunicazione di massa, idonei a far applaudire i milioni e le decine di milioni di afflitti e depredati perfino del senso di sé e di classe - è un dato di assoluta realtà. farli applaudire, beninteso, anche alla loro stessa rovina. socialisti conseguenti, comunisti, anarchici di sinistra - ossia pacifisti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolvere la crisi con le armi tra potenze, e al contempo resistenti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolverla con la dittatura dei governi sui popoli o con l'alienazione delle coscienze - ebbene ci sono anche quelli, per fortuna, ma non organizzati come occorrerebbe. e in italia, comunque, sono - siamo - pochini. i problemi del secolo che oggi compie cent'anni, stanno ancora tutti qui. perché sono le contraddizioni intrinseche del capitalismo a starci ancora sulla testa e in mezzo ai piedi. moltiplicate per l'interconnessione globale, per di più. e noi - donne e uomini di buona volontà e retto pensiero - dobbiamo essere sempre più vigili e attivi affinché nessuno possa realizzare la follia di un anniversario storico, con un'altra miccia esplosiva - qualsiasi - contro la vita e contro la libertà. il capitalismo non aspetta altro, non prepara altro - che questo. ci siamo arrivati. sono cento anni dall'attentato che dà il via al lungo presente. cittadine, cittadini, lavoratrici e lavoratori, compagne e compagni, sorelle, fratelli di tutti i paesi, noi che abbiamo tutte e tutti limpido il valore della vita, del retaggio del tempo trascorso, della responsabilità verso quello a venire - ecco, che tutto ciò non sia solo ricordo e museo: ma vita e coscienza, resistenza e rivoluzione. la crisi ci ferirà ancora, il potere proverà ancora a dividerci, la stanchezza si farà sentire, la paura e la rabbia ci mal consiglieranno. ma noi entriamo oggi nel centenario con la chiarezza e la forza di quattro parole, che la storia di classe e la storia dell'umanità intera ci consegnano in modo esemplare. teniamole sempre con noi, misuriamo con esse le idee che ci circoleranno intorno e quelle che in noi sorgeranno. con esse forgiamo le nostre azioni. le parole sono: lavoro, giustizia, democrazia, pace. inderogabili, non voltiamo loro le spalle - la nostra teoria e le nostre prassi siano salde su questi quattro pilastri. e se quattro vi sembran troppe, vi lascio con queste due - che riassumono quelle parole, e tutto quanto ho scritto finora. Umanità e Socialismo. buon anniversario, europa. buon anniversario mondo - mettilo a frutto buono. per la vita stessa del nostro pianeta. ventotto giugno duemilaquattordici LIBERO MERCATO E SALE DELLA TERRA
tre braccianti morte sull'autostrada (quella specie di autostrada) in calabria, più altri tre feriti (due donne, un uomo), perché il furgone che li portava a lavorare (come bestie) si è ribaltato. ne erano morti già sei (tre donne, tre uomini) non lontano da lì un paio di anni fa, sempre di incidente. d'altronde, li paghiamo profumatamente proprio per prendersi anche questi rischi. non come le misere provvigioni di chi spinge sul finanziario avanzato, che infatti corre al più il pericolo di restare chiuso in ascensore nei palazzi della city. il mondo al rovescio. proviamo a raddrizzarlo? un'ideuzza è che la COLLETTIVITA' sia proprietaria di campi produttivi e dell'intera filiera di trasformazione-distribuzione relativa ai prodotti di quei campi, che quindi chi ci lavora in ogni ruolo sia un dipendente PUBBLICO, e che la platea dei compratori-consumatori possa così scegliere se acquistare per esempio il 'pomodoro privato' (prodotto come ora, coi parametri di diritti/sicurezza/ecorispetto che ha ora, col prezzo maggiorato a ogni passaggio tra privati come adesso) o invece il 'pomodoro del DEMOS'. facile. quanto meno, stimolante. e però i 'rappresentanti della democrazia' (il nostro ceto politico) l'ideuzza non li stimola: non la propongono nemmeno. nessuno ci chiede mai se possa per caso piacerci o meno, non la troviamo in nessun programma elettorale o politico di nessun 'colore'! e sì che la fantasia non gli manca. strano, vero? perché in effetti l'idea minerebbe il MONOPOLIO assoluto dei rappresentanti dell'interesse privato. ma i rappresentanti della democrazia dovrebbero fregarsene, no? e invece è vero il contrario: i rappresentanti di questa democrazia - di ogni orientamento politico e partitico, tranne quello comunista (che però oggi in italia è impotente o rinunciatario) - sostengono anzitutto il monopolio dell'interesse privato, che ha già i propri sostenitori 'palesi' (confindustria, organizzazioni del commercio, banche eccetera), come fossero veri e propri 'infiltrati' nei luoghi dell'interesse collettivo. quindi la LIBERTA' di scelta concreta, in questo sistema, è una pura chimera: il profitto privato, tutt'altro che un 'libero mercato', è - ripeto - un monopolio rigidissimo. e l'idea stessa di 'benessere collettivo' (efficacemente perseguito, beninteso) è strappata via dal senso comune con la più vasta opera di persuasione di massa dell'età moderna. ci lasciano, sì, giocare coi 'santini' innocui: un abbozzo di teoria dei beni comuni, piccoli 'ghetti' per il commercio equo e solidale, qualche diritto civile ogni tanto, il dibattito farlocco 'euro sì euro no' o 'europa sì europa no' (per non dire di quello autistico su 'i costi della politica' o 'le forme della rappresentanza'), la finta alternativa 'rigore vs crescita'... ...ma io voglio poter scegliere proprio sul 'cuore' di ciò che conta: chi ha COSA e per FARNE cosa. poi magari saremo in pochi, a dire 'proviamo a cambiare', e allora pace. però almeno farla, la domanda - metterla, la proposta, in un programma! no, compagni? e tutto questo 'puzza', per caso, di espropri, nazionalizzazioni, autogestioni? anche. ma la nostra costituzione - quella vigente in italia, non quella bolscevica o maoista del '900 - lo prevede, espressamente. e infatti jp.morgan e gli altri 'padroni del mondo' dichiarano che gli sta sul culo, tremendamente! vogliono smantellarla del tutto. e le loro 'quinte colonne' qui in italia (le larghe intese al governo e la finta opposizione in parlamento) ci stanno provando di brutto. ma finché essa vige, in un paese formalmente libero e democratico, una forza politica che proponesse agli italiani cose del genere e raccogliesse un consenso tale da governare, certo che potrebbe attuare l'ideuzza! il mio stupore è proprio sul fatto che nessuno lo proponga. nemmeno nella sinistra radicale. sarà per estremo realismo? danno per scontata la sua irrealizzabilità? forse perché una cosa così comporta gradi di responsabilizzazione individuale e collettiva troppo elevati? impensabili nel contesto dell'intenzionale depressione diffusa dei livelli di autocoscienza e di coscienza civica, attraverso la disgregazione sociale, la distruzione della scuola pubblica e la privatizzazione delle altre necessità primarie? e però 'io' - proprietà collettiva di una qualsiasi filiera produttiva-distributiva (ora di proprietà privata) - comincerei semplicemente ad assumere personale a concorso, come per qualunque posto pubblico, titoli ed esami e periodo di prova, per ogni inquadramento e grado, dalla direzione e pianificazione all'esecuzione più routinaria. cioè, dico: per far andare la 'macchina' mica chiederei volontari o santi, ma solo gente che vuole un lavoro dignitoso dietro un reddito onesto e con diritti applicati. è così irrealistico? e vi prego di cogliere, ancora una volta, la sfumatura essenziale dell'ideuzza: la produzione-distribuzione NON si propone sia pubblica sull'INTERA offerta di beni/servizi, bensì sia INTERAMENTE pubblica per il DATO bene/servizio e CONCORRENZIALE con la produzione-distribuzione privata dello STESSO bene/servizio, che continuerebbe in parallelo a quella. niente 'dittatura del proletariato', insomma: così sarebbero i cittadini a scegliere liberamente sia dove OCCUPARSI (nel pubblico o nel privato, ovvero INTRAPRENDERE) sia cosa ACQUISTARE (dal pubblico o dal privato). è il mercato così com'è ora, invece, che NON è libero affatto! (così come - ricorderete - NON era libera la 'scelta' tra quattro opzioni di nome per la lista-tsipras NESSUNA delle quali conteneva la parola 'sinistra', così come NON era libero il 'referendum' grillino tra due destinazioni parlamentari ENTRAMBE di destra. ma questa è un'altra storia - giusto per fare un paragone.) in sostanza: l'ideuzza, questo 'start-up di socialismo', è anzitutto la liberazione del mercato del lavoro e delle merci. pensate un po'! la liberazione VERA, la liberazione dalla schiavitù più o meno celata del capitale e del profitto. ossia, è - sarebbe, vorrebbe essere - un inizio di emancipazione UMANA! comunisti - se non noi, chi? - la facciamo nostra quest'idea? so bene che esistono esperienze locali e volontarie come i gruppi di acquisto solidale, le mutue finanziarie sociali, gli orti urbani... e che quindi l'ideuzza può sembrare quasi un 'doppione' - di esperienze e pratiche tutte interessantissime, da non mollare affatto. però qui si dice una cosa un po' diversa. io dico che per via politica - ossia facendone il cardine di un programma di cambiamento generale sul quale si domanda il consenso democratico all'intero corpo elettorale, per poter applicare tale programma in caso di conseguimento della forza di governo - dico che per via politica, quindi non per sperimentazione tra singoli o tra piccoli gruppi, questa proposta io non l'ho ancora mai sentita formulare. e invece vorrei tanto. ma a formularla ovviamente non può che essere un partito. cioè quel soggetto - incardinato in costituzione, peraltro - che ha una visione 'generale' per statuto. gli elementi del 'problema', quegli esperimenti, quelle pratiche tra singoli o gruppi li trattano già egregiamente: vendita, prezzo, gestione, prodotti, consumi... ma tutti questi concetti devono entrare in un ragionamento complessivo che chiamerei 'pianificazione di scala', il cui output deve - ripeto - rappresentare la proposta onnicomprensiva di un certo (gran) numero di persone convergenti allo stesso fine di incidere sulla realtà, organizzate per perseguirlo con efficacia. e questa cosa qui si chiama 'partito'. nella fattispecie, per la natura della proposta in sé, si chiama 'partito comunista'. il quale - per quanto suoni strano al grande pubblico confuso ad arte - non solo è tutt'altro che demodé, ma può benissimo convivere con gli altri partiti in un sistema di 'libera concorrenza democratica' come il nostro (libero e democratico almeno sulla carta... costituzionale) e 'giocarsela' dicendo semplicemente alla gente cosa vuole, per l'interesse generale. ma dicendolo, però: forte e chiaro! compagni, noi vogliamo quella 'cosa' lì - la società equa e sostenibile, in sintesi - e quindi non possiamo non volere che esista lo strumento per conseguirla: il partito comunista italiano, unico e forte! e non possiamo non volere che esista proprio 'come' partito (e non come un'altra cosa): con una 'regola', degli 'organismi', un confine tra 'dentro' e 'fuori'... non è mica la luna, no? compagni? lo dico a voi, perché lo so che non partiamo da zero. ci mancherebbe! divulgare queste idee 'di stampo comunista' è infatti più facile tra chi già ora milita in (o simpatizza per) organizzazioni 'di stampo comunista' (per quanto piccole, per quanto tribolate), così che le idee stesse ne vengano arricchite. (e arricchire una qualunque idea mia è facilissimo!) così, magari un'ossatura di organizzazione di partito comunista, si può pure prendere a prestito da ciò che c'è già, da ciò che voi compagne e compagni avete custodito e alimentato per tanto tempo contro tutto e tutti! insomma, la chiudo qua. io non pretendo certo di riscoprire la tavola periodica degli elementi. vorrei solo mettere il cloro vicino al sodio, e riuscire così a salare l'acqua della pasta. compagni, non vi siete stufati che da anni è tutto un po' sciapo? be', secondo me la (meglio) gente sì - se ne è stufata: e aspetta il nostro sale. daje, ai fornelli! PS. vendola, civati e maltese insieme stasera alla festa romana di sel ('selfie', si chiama così: giuro, non li sto prendendo per il culo. provvedono da soli.) e giù dal palco, plaudenti, il 'meglio' dei decisori, rispettivamente, dei sellini padroni di casa, della 'sinistra' interna, internissima, al pd e dell'altra europa con tsip... con spinelli. ora, stiamo appunto dicendo in questi giorni, accoratamente, che ci vuole una parola di chiarezza, di onestà intellettuale, di generosità politica, per cominciare - almeno - a dare a questo paese sfortunato (ma colpevole) una sinistra degna di questo nome. e, meno male: il palco e il sottopalco di san giovanni, proprio con quelle commistioni scivolose, ci danno la parola chiara che chiedevamo. e la parola è: NON QUI, NON COSI', NON CON VOI. venticinque giugno duemilaquattordici ABBAZIA
pensa tu quanto posso essere lontano dal fluidalesimo. (del fluidalesimo parlo qui sotto, in una paginetta dell'undici giugno.) l'altra sera ho detto a un compagno iscritto a un partito - e pure dirigente locale - che non mi faccio la tessera perché il suo partito 'non è abbastanza una caserma'. nel senso che sì, là esistono spazi e metodi democratici per la discussione e la deliberazione - cosa che il fluidalesimo nemmeno si sogna - e però poi non c'è un vincolo troppo stringente su tutti i tesserati per l'applicazione di quanto deliberato democraticamente. ha confermato: 'un po' sono i tempi', ha detto. sarà. ma non mi rassegno. e mi sa che io sono anche più 'chiuso' di così. un partito-caserma mi sa che neanche mi basta: ora penso che vorrei un partito-convento! cioè, non mi basta nemmeno lo statuto e una tessera e la disciplina: io voglio una regola e i voti! come per i benedettini e questa gente qua. meglio ancora: come i francescani. non che il partito debba avere la stessa regola di un ordine monastico, e i suoi membri gli stessi voti di quelli. ma che lo spirito sia quello là, e l'adesione, lo slancio, l'urgenza. la fede, la gioia! (e tra parentesi: che abbia la stessa efficacia, la stessa incidenza storica, la stessa longevità di quegli ordini.) matto, vero? e forse sono ancora più matto di così. perché io credo che un movimento politico che si presentasse con queste caratteristiche, e fosse promosso da un nucleo iniziale di persone dalla 'fede' visibile e indubitabile, avrebbe - a causa delle difficoltà concrete dovute alla crisi, e dell'inconsistenza delle risposte ad essa da parte di governo e opposizione nel nostro paese e in quasi tutti gli altri paesi avanzati - avrebbe seguito di massa più di qualunque preteso tentativo 'fluido'. che infatti puntualmente abortisce, a tutto vantaggio dello stato di cose presente e degli attuali rapporti di forza di classe. è che la gente - diceva quello - 'sanno benissimo dove andare'. ma capisce altrettanto bene, la gente, come e quando non si va proprio da nessuna parte. e infatti ogni due per tre siamo sempre gli stessi a parlarci tra noi, dentro i partiti e dentro i movimenti così come sono ora. però - la gente - fatela invece credere in voi al contempo che in se stessa, e allora essa sarà la massa critica e dinamica: sarà la forza vostra, della causa, delle pratiche, della giustizia e della pace! io credo questo. una regola, prego. datemi degli abati atei, comunisti e incorruttibili. e i voti li prendo subito! ventiquattro giugno duemilaquattordici ESTATE
e mo' come faccio? sono finito. la mia speranza è finita! giorni che dico e scrivo quello che dovrebbe succedere, quello che vorrei che succedesse, quello che chi ha il potere e l'influenza che io non ho spero tanto faccia succedere - ancora ieri sera se n'è parlato tra infaticabili companeroas pure durante una festicciola casalinga -, e oggi leggo un blogger di quelli ufficiali che scrive più o meno quello che penso e dico io! - e il guaio dov'è? aspetta, pure le 'assemblee' del ex-nuovo soggetto in fieri della sinistrasinistra pare stiano rilasciando 'documenti' che più o meno sono in linea con quanto sopra! - ma allora che c'è che non va ??? non va che io non mi fido - e non 'a odore', ma a ragion vedutissima - di chi 'regge' quelle assemblee, e non mi fido per niente di quel blogger ufficiale e della sua 'corte'. non va che se questa gente sta dicendo e scrivendo che dovrebbe succedere quello che io volevo che qualcuno che conta (ma politicamente onesto) facesse succedere, allora è sicuro che non succederà mai. perché loro 'incroceranno' il naturale desiderio della gente sensata di far fare un bel passo avanti alla costruzione della 'cosa rossa' tramite gli accorgimenti che (umilmente) io indico da quel dì e che i sensati ormai pure intravedono, e che pertanto i politicamente disonesti non possono rischiare di far emergere naturalmente, onestamente, democraticamente, e l'affosseranno. lo fanno sempre. capito cosa c'è che non va? che se pure hai trovato la mappa del tesoro e ti stai sgolando per portarci più gente possibile, al tesoro (sì, lo so: narrativamente è eterodosso. ma noi comunisti siamo degli originaloni.), allora se è dalla 'radio' che cominciano a dire come ci si arriva, stai sicuro che quegli stessi faranno in modo che al tesoro non ci si arrivi mai, o che al suo posto c'è già un pupazzetto unto e bisunto. si sono allenati apposta, sono bravissimi. e niente, fine, tanto tempo per leggere. dei buoni, onesti libri. tipico dell'estate. ventidue giugno duemilaquattordici POSSIBILE?
- e tu che vuoi fare? - il socialismo. - il socialismo reale? quello brutto, autoritario? - no. l'umanesimo socialista, quello bello, democratico. - ok. e dove lo vuoi fare? - mmm... in europa! - tardi. l'europa ha appena votato, democraticamente non vuole il socialismo. - (secondo me non glielo abbiamo manco chiesto.) allora intanto in italia. - in italia? in italia è sicuro che non lo vuole nessuno! - dici? secondo me in italia è sicuro che nessuno ha chiesto a nessuno se lo vuole. - cosa? - l'umanesimo socialista. - uhm. e come lo vuoi fare il socialismo? - democraticamente: guadagnando all'idea il consenso, e poi in parlamento. - tu dici 'con la crisi, le masse'... - eh, dico appunto 'con la crisi, le masse'... - ma la massa, dalle crisi esce storicamente a destra! - e allora noi che facciamo? ce ne andiamo dove non c'è la crisi? - non si può. la crisi sta dappertutto. - appunto. allora proviamoci, a dire alla massa che dalla crisi si esce anche di qua. - 'di qua' a sinistra? - a sinistra, certo. ma più precisamente: con il socialismo. bello, democratico! - ok. e come glielo vuoi dire? - con un partito. - la vedo lunga. - tanto la crisi è lunga. e anche in italia per un po' mica si vota. - ok. e intanto che fa il partito? - cresce. perché dice e fa quello che la gente sa che è giusto dire e fare. - e chi lo fa il partito? - chi vuole il socialismo così in questo modo così. - e quanti sarebbero? - secondo me mica pochi. è che non gliel'ha più chiesto nessuno. - pure questo! 'nessuno chiede niente a nessuno', dici te. - eh, appunto 'nessuno chiede niente'. ci siamo disabituati a chiedere. - e basterebbe questo? - provare non costa niente. al punto in cui siamo... - mmm... va bene: io chiedo un po' in giro. - grazie! mi raccomando: sii chiaro, trasparente. sì sì, no no. di più non serve. - sei evangelico, oltre che umanista. per essere un socialista. - e chi perde tempo e ti fa perdere tempo, mollalo. ci riproveremo poi, casomai. - ok. non so se sei più matto te o sono più matto io. ma tanto... - eh, appunto. tanto, come stiamo messi. - va bene. tra la gente, forza! - forza! questo io me lo sogno di notte. possibile che sia il solo? venti giugno duemilaquattordici POLITICA E SCIENZA, SPUGNE E BANDIERE
perfetto. quando c'è da decidere su qualcosa che conta, come la ripartizione della 'ricchezza' (ehm... della povertà), i ranghi si serrano: sel di vendola e migliore e fratoianni, vota a favore del pd di renzi e orfini e civati. più bello ancora. in sostanza sel ha votato SI', al decreto renzi, che però bisogna leggere come un NO. e anzi. noi osservatori siamo diffidati (da titti di salvo, di sel alla camera) con perentoria dichiarazione: "non consentiamo a nessuno di leggerlo [il SI'] in modo diverso [dal NO]". "ma vai a cagare" allora come verrà letto? "vai a cagare, ma trattienila" oppure "vai a cagare, falla ma senza rumori"? ancora meglio. il fondo monetario internazionale, cioè l'azionista più potente (ehm... più infame) della troika, dice che il governo italiano (cioè il pd, di renzi eccetera, all'occorrenza sostenuto da sel, di vendola eccetera) sta andando nella direzione giusta, ma deve andarci più in fretta e più irreversibilmente. meglissimo. al quadro mancava, fino all'altro ieri, il puntello dell'opposizione-che-si-oppone-sui-tetti-e-davanti-alle-telecamere-ma-alla-camera-e-sotto-i-tetti-poi-un-accordo-si-trova: già, l'ineffabile grillo. e ora c'è pure quello. bellezze, il cielo s'è fatto di ferro. e noi abbiamo ancora leve di balsa per provare a sollevarlo. quando qualche giorno fa ho scritto qui e sul blog che il percorso, già complicato e lento di suo, della lista tsipras poteva leggersi come una fuga ciclistica (dei compagni in buona fede) alla quale il gruppone (i poteri dominanti, rappresentati dal pd) appiccicava dei finti fuggitivi (gli strateghi in quota sel e società civile) per frenare e mandarla in vacca, mi è stata obiettata la solita filastrocca anti-dietrologica. e adesso? altra 'prova'. dice furfaro (uno dei meglio di sel, uno che un pelo e stava a strasburgo per conto 'nostro'!): "Quello che pensavo, il mio scetticismo, nel merito, sul decreto Irpef e sugli 80 euro l'ho già detto sabato in assemblea. Il punto è che così non si va avanti. Le colpe non sono mai di una singola parte, le responsabilità sono collettive." cioè pure mie? ma che è successo alla testa della gente? mica dico a quelli che pronunciano insensatezze così - la loro testa funziona benissimo, non la loro coscienza politica. dico a quelli che gli conferiscono il minimo quantum di significatività, e per questo hanno perso e perdono tempo e non hanno guadagnato e non guadagnano un solo compagno di strada. anzi, ne perdono. e ne perderanno. quanto tempo ho già perso con i 'comitati', che sono inficiati da queste zavorre. ma quanto tempo ho guadagnato decidendo, ormai da giorni, di non filarmeli più di pezza! compagni veri - compresi anche i non pochi incolpevoli della base di sel e tra i 'cani sciolti' come me - mi ci fate fare qualcosa ora con questo bel tempo nuovamente libero? la facciamo la sinistra-come-si-deve senza infiltrati e/o parassiti? o non vi basta ancora? il fatto - drammatico - è che in tempi come questi, se chiedete a chiunque abbia anche un minimo ruolo politico a sinistra di individuare con precisione le responsabilità di un qualunque fatto (o, più spesso, misfatto) occorso nell'area, la sua risposta sarà (come è sempre, infallibilmente) talmente evasiva, elusiva e sfumata che è possibile che anche in qualcosa che riguarda circoscrittamente il vertice decisionale di un partito o movimento di questa 'sinistra', ci scappi fuori che in fondo in fondo un po' di colpa ce l'ha pure la famiglia del terzo igloo a sinistra nella strada principale della capitale degli inuit. e voi sapete che non sto dicendo una cazzata. ma questo andazzo, che più che di doppiezza morale ormai ci parla di un complesso nevrotico grave, mi ha irreparabilmente rotto il cazzo. "quello che ci mette nei guai non è quello che non sappiamo, ma quello che sappiamo per certo che non è così." lo dice mark twain. e lo fanno proprio perlopiù gli scienziati seri, quando capiscono che un 'paradigma interpretativo' (per dirla con kuhn) non calza più i fatti, e allora affrontano il rischio (e la gioia) di una nuova rivoluzione: nuove ipotesi, nuove teorie, nuovi esperimenti, nuove leggi, nuove pratiche. credo fermamente che ciò debba valere anche per la politica. questo, per rispondere ai tanti compagni e amici che mi hanno scritto e mi scrivono - con passione e intelligenza - riguardo alla mia decisione di non prender (altra) parte al percorso di costruzione della 'cosa rossa' finché tale costruzione (qualcuno farà in modo che) debba passare per comitati che discutono solo di se stessi, per assemblee che non decidono nulla, per la prossimità coatta tra chi ci crede davvero (ma potere, ne ha pochissimo) e chi non ci crede affatto né ci ha mai creduto (e invece ne ha parecchio). non sembri, questo, gettare la spugna. piuttosto, è liberarsi una mano per impugnare una bandiera. diciannove giugno duemilaquattordici UP AND DOWN
down. Internet, pubblicato "Songs in the Key of Life", l'impronta dell'uomo sulla Luna, scoperta "l'eco" del Big Bang, scoperta la struttura del DNA, liberazione di Auschwitz, pubblicata la "Recherche" di Proust, teorizzata la "tettonica a zolle", "Les demoiselles d'Avignon", primo cinematografo, pubblicato "Così parlo Zarathustra", l'economia politica di Marx, pubblicata "L'origine della specie", composto il "Requiem K.626", il criticismo di Kant, la macchina a vapore, attribuito il nome Homo Sapiens, "Etica" di Spinoza, inaugurato il metodo sperimentale, "Giudizio Universale" in Sistina, "riscoperta" dell'America, stampa a caratteri mobili, stesura della Divina Commedia, terminati i templi di Angkor Wat, avvistamento della cometa di Halley, Egira di Maometto, morte di Cristo, unificazione impero cinese, insegnamento di Socrate e Platone, predicazione di Buddha, redazione dell'Odissea, Grande Piramide di Gizah, invenzione della scrittura, invenzione della ruota, agricoltura-allevamento e ceramica, arte rupestre, controllo del fuoco, prime migrazioni, ominazione. deve essere successo da un'altra parte. o forse l'avevo solo sognato. anzi, chissà chi l'ha sognato. che sta sognando anche me. up. le stromatoliti hanno dominato il pianeta intero per tre miliardi di anni. e gli dobbiamo una cosetta come l'ossigeno nell'atmosfera terrestre. a noi il capitalismo ci fa una pippa. diciotto giugno duemilaquattordici FACILE FACILE
(il prossimo che mi invita a una roba che serve a 'incontrarsi e conoscersi e aprirsi e includere', gli riservo la risposta che do ai testimoni di geova, al parroco col chirichetto e all'arancione pelato e scalzo - pure se mi c'invita per la politica, e non per le cazzate. non mi serve un gruppo di autocoscienza, e soprattutto non credo serva a un accidente! mi serve fare le cose che so che vanno fatte, insieme a chi le vuole fare e le sa fare.) companeroas, proprio a voler fare qualcosa proviamo a fare una cosa che tenga conto di questo. che in questo 'mese elettorale', su 100 italiani, 44 non hanno trovato un motivo minimo sufficiente per votare validamente, 2 hanno votato la sinistra (tsipras alle europee, sel e/o rifondazione e/o civiche radicali alle amministrative), 22 il centro (il pd di renzi), 12 la destra (grillo&casaleggio), e 20 hanno disperso il voto per scambio e/o nostalgia (berlusconi, lega, alfano, meloni, verdi, di pietro, ex-montiani, etnicolinguistiche e liste civetta varie). ora: i 20 che votano per scambio e/o per nostalgia non possono essere il nostro target, e altrettanto i 34 che scientemente (perché ormai non può più esistere l'ipotesi del voto esplorativo: 'vediamo un po' che fanno') votano il centro conclamato di renzi o la destra conclamata di grillo. inoltre, è probabile che nei 44 che non si sono espressi ci siano un po' di italiani che 'si sentono' di centro e però renzi non gli sembra ancora centro abbastanza, un po' che si sentono di destra e però grillo non gli sembra destra abbastanza, e un po' che voterebbero per scambio e/o nostalgia se solo berlusconi, lega, alfano, meloni, verdi, di pietro, ex-montiani ed etnicolinguisti gli sembrassero abbastanza affidabili per un voto di scambio e/o nostalgico. ma è sicuro come la merda, companeroas, che almeno un po' di quei 44 astenuti si sentono di sinistra! e però giudicano che la nostra proposta non lo sia abbastanza per aderirvi, partecipare, militare, nutrirla, e alle scadenze votarla. un po' quanti? non ne ho idea. ma se anche fossero solo 2 (due!) e noi aggiustando il tiro li prendessimo con noi, semplicemente raddoppieremmo (x 2!) la nostra forza attuale. quella per cui ci siamo tanto autocongratulati. allora il mio consiglio, companeroas, se proprio si vuol fare qualcosa - altrimenti stare in finestra a vedere il passaggio rapido delle nuvole che scaricano su cose e uomini, va pure benissimo - è banalmente di fare qualcosa che sia evidentemente più di sinistra di quanto fatto finora. che cosa? come? voi lo sapete. lo sapete benissimo! e però, un po' vi siete intimiditi con gli anni (nemesi senile: i sensi di colpa, non si sa bene perché), e un po' vi dispiace togliere il saluto a qualcuno (nemesi giovanile: al muretto si sta tutti insieme, o guai). anyway, comrades, as you like. ...oh, piove. diciassette giugno duemilaquattordici IO SONO
non sono più intelligente di così. io sono rom. a roma. io sono ebreo, in europa orientale. io sono palestinese a gaza. io sono un migrante sui barconi. io sono negro tra i segregazionisti. io sono gay tra i sessisti. io sono un operaio nella cina rampante. io sono cristiano nei villaggi nigeriani. io sono una bambina tra gli stupratori in india. io sono povero nel capitalismo. io sono donna dappertutto. io sono un animale non umano - da sempre talmente torturato che seppure tutti gli animali umani diventassero vegani da oggi e per cento secoli, il mio urlo di dolore, di paura e di rabbia non si estinguerebbe. sedici giugno duemilaquattordici COMPANEROAS DIRIGENTES
allora, companeroas dirigentes di PRC e PDCI, me lo volete fare o no questo CSI? non vi piace 'la Comune della Sinistra Italiana'? allora vogliamo chiamarlo 'Comunisti e Sinistra Italiana'? nemmeno? avete un altro nome in mente? che so... Partito Comunista Unitario Sperimentale, che la sigla è PCUS e magari piace? companeroas dirigentes di PRC e PDCI, scegliete il nome e il simbolo che vi pare ma FATE IL PARTITO che SERVE ORA! o vogliamo aspettare un'altra 'chiamata' farlocca della 'società civile'? o vogliamo aspettare che qualcun altro approfittando che poi la gente se lo scorda che fine fa la democrazia quando non c'è un partito (vedi i 'garanti', vedi i 'voti' in rete), tra un po' tira fuori un'altra bella pensata per mettere insieme la sinistra 'dal basso', e basso basso ci fa perdere un altro annetto di tempo mentre renzi s-governa, berlusconi sfascia la costituzione e grillo s'infascia in europa? voi, companeroas dirigentes, c'è solo un 'basso' che dovete stare a sentire: le ISCRITTE e gli ISCRITTI, le militanti e i militanti dei vostri due partiti! e a occhio e croce, ce n'è tantissim* di qua e di là che si sono un po' stufat* di stare come stiamo adesso! non sarà l'unanimità dei vostri militanti, companeroas dirigentes? qualcuno ce lo perderemo, a fare questa cosa? ma qualche zuccone c'è sempre, cari miei, dappertutto. però sono convinto che con voi resterà la GRANDE maggioranza dei vostri rispettivi, e di sicuro i MEGLIO! comunque le guide siete voi: voi dovete fare il possibile per perderne il minimo. contate poi, companeroas dirigentes di PRC e PDCI, che c'è tutto un mondo di sinistra là fuori che NON si fida delle trovate estemporanee, dei professori, delle liste annacquate, tanto meno dell'antipolitica... tutte compagne e compagni che vogliono quello che è giusto volere, così come noi lo intendiamo, ma che non si avvicinano alle vostre strutture perché l'hanno capito anche loro che vanno superate per una cosa sola, grande, forte, efficace, che non aspettano altro che vederla nascere... e se non ci muoviamo troppo tardi, tutte queste e tutti questi li recuperiamo: e sono MILIONI! companeroas dirigentes di PRC e PDCI, fate la sola cosa sensata, la sola cosa politica, la sola cosa storica che lo stato di cose presente richiede con la massima evidenza - non aspettate, non delegate, non vi deresponsabilizzate: promuovete AL PIU' PRESTO e nel rispetto di tutti i PASSAGGI DEMOCRATICI, LA FUSIONE DEI COMUNISTI E DEI CITTADINI DI SINISTRA SUL SERIO in un solo soggetto politico efficace! promuovetela VOI, questa meraviglia, sennò non lo farà nessuno. che invece se fate partire la cosa, sono convinto che tanta altra bella gente, anche 'di peso', verrà: dal meglio di SEL al meglio degli ALTRI minipartiti comunisti, dal meglio dei MOVIMENTI al meglio dei 'cani sciolti'! insomma: voi fate PARTIRE LA RUOTA, che da sola non si muove, e la ruota troverà da sé la STRADA e i GUIDATORI. poi NON sarete più voi a guidare? forse. ma LA SINISTRA SUL SERIO, in italia e fuori, VE NE SARA' PER SEMPRE GRATA! chi mi legge è d'accordo? è il momento di dirlo, di far arrivare la nostra VOCE! SU, bellezze, non siate timidi. ps.: che bella cosa che hanno fatto, che stanno facendo, le compagne e i compagni di roma che si dimettono da ogni carica direttiva del pdci, lasciano il loro partito dopo anni di militanza e impegno, e mettono se stessi a disposizione di un percorso politicamente più avanzato, che il pdci ha evidentemente smarrito del tutto! hanno fatto, stanno facendo, secondo me, una cosa bella, coraggiosa e generosa. ora però è importante che l'altra struttura organizzata dei comunisti romani, la federazione cittadina di rifondazione, faccia qualcosa di notevole ed evidente, coraggioso e generoso altrettanto. e lo dico in punta di piedi e col rispetto dovuto a compagne e compagni che non hanno bisogno di consigli, specie da me che nemmeno sono iscritto. allora diciamo che mi piacerebbe, mi emozionerebbe, sapere che il partito romano della rifondazione aprisse subito uno spazio di agibilità politica concreta, paritario, per i propri iscritti e insieme per le compagne e i compagni usciti dal pdci, nel quale spazio quel gruppo coraggioso e qualificato possa dare senso alla propria scelta, al proprio mettersi a disposizione del percorso che dicevo - che, senza girarci tanto intorno, ha come meta la costruzione del partito unitario dei comunisti, all'interno di una soggettività politica della sinistra di alternativa, per incidere sulla realtà italiana ed europea nel cuore della crisi. questo spazio forse c'è già, è 'sinistra per roma'. ma va ricalibrato, intanto perché alla sua costituzione concorsero più un anno fa rifondazione e pdci roma in quanto tali, e ora appunto le compagne e i compagni ex-pdci non possono più utilizzare quella provenienza politica. e poi perché ci dev'essere, secondo me, un atto politico specifico, motivato e ben pubblicizzato, con cui i comunisti romani organizzati - cioè le compagne e i compagni di rifondazione - vanno incontro ai comunisti romani che hanno scelto di lasciare la propria organizzazione. così da un punto di difficoltà oggettiva può davvero nascere un'opportunità, un avanzamento e un esempio. non la faccio più lunga, e queste cose le ho già dette agli interessati. volevo ragionarci insieme anche qui, con voi. il fatto è che stiamo già messi così, con un'egemonia dell'orrore che toglie il fiato. e allora: nessun comunista deve essere lasciato solo (a meno che lo voglia). tredici giugno duemilaquattordici CHI TIRA E CHI FRENA
questa è un po' difficile, forse la capisce solo chi fa e/o segue il ciclismo. avete visto per quante volte ci si è provato, da quanti anni ci si prova, a far nascere il 'soggetto politico grande della sinistra italiana'? e avete visto che tutte le volte, compresa quest'ultima, qualcuno e/o qualcosa prova (e, fino alla penultima, è riuscito) a mandarla in vacca? be', è un po' come una fuga in una gara in bicicletta. dal gruppone compatto a un certo punto si stacca un gruppetto e parte, e prende vantaggio. magari minuti, che nel ciclismo è tanta roba. ora, se nel gruppetto in fuga non c'è nessuno che può davvero vincere la corsa (si sa chi ha le gambe per 'tenere la fuga' fino al traguardo, e chi no), oppure se la corsa è una tappa di un giro e se nel gruppetto non c'è nessuno che anche vincendo quel giorno può insidiarne la classifica generale, allora il gruppone sostanzialmente se ne frega: vadano pure i fuggitivi come vogliono. ma se invece nel gruppetto c'è qualcuno che si sa che oggi ha 'buona gamba' e/o c'è qualcuno che se la fuga arriva in fondo scala la classifica e minaccia la maglia del leader generale, allora dal gruppone parte il comando: mandate in fuga, con quelli che sono partiti per provare a vincere, pure le 'zavorre'! e che fanno questi? niente. 'niente' all'occhio profano. ma all'occhio del ciclista e del ciclotifoso, fanno eccome. le zavorre raggiungono il gruppetto e non danno 'i cambi'. che sembrerà una stronzata ma credetemi conta parecchio: non fanno il dovere di ciascun fuggitivo nel 'tirare' il gruppetto a turno, prendendo la testa e il vento. in modo fisico, quindi, non aiutano affatto la fuga (mentre dietro il gruppone si organizza per andare a 'riprendere' i fuggitivi), e in modo psicologico deprimono chi davvero voleva provare a guadagnarsi la giornata. e tanto basta per mandare in vacca la fuga? tanto basta, quasi sempre! ci sono zavorre occasionali e ci sono zavorre che trovi in tutte le fughe, quelli di cui i 'capitani' si fidano di più, quelli più bravi a frenare ogni tipo di fuga. e tutti sono ciclisti che prendono lo stipendio onestamente anche per questo. ora la metafora, se vi va, applicatela voi come volete. ma dimenticatevi il concetto di onestà. dodici giugno duemilaquattordici FLUIDALESIMO
ma che 'blogghino' sull'espresso o su repubblica, sull'huffington, il fatto, manifesto o micromega, che lo facciano da 'sciolti' su wordpress o weebly o che altro, che postino anche soltanto in facebook o tweettino di là - ebbene tutti quelli che hanno dato, stanno dando e daranno consigli, suggerimenti, diagnosi e terapie su come prendere o ri-prendere la strada giusta per la 'nuova sinistra italiana', o premettono un "io sono una merda" alla propria intelligentissima prosa oppure non sono meritevoli della minima considerazione. e manco è detto che basti quell'incipit schietto e sacrosanto, per dargli poi un po' di retta. semplicemente perché "anche se voi vi sentite assolti siete lo stesso coinvolti". tutti e tutte, care e cari. invito pertanto gli amici che mi leggono ad adottare questa piccola ma importante igiene preventiva nel selezionare così le 'encicliche' che sono già apparse, appaiono e appariranno nella fantasmagorica galassia della 'sinistra del pensiero indipendente ma anche no'. e io sono una merda, ovviamente. quindi, come tale, ho facoltà di rilasciare anch'io la mia enciclica diagnostica terapeutica sulle sorti della sinistra italiana post-listatsipras. la tesi è: col 'fluidalesimo' anche basta. basta col medioevo. a me datemi un partito, l'età moderna della politica. (e comunque meglio un piccolo partito di ieri e oggi, che ancora e sempre il fluidalesimo!) nel fluidalesimo i fluidatari ti dicono che uno vale uno, che non serve darsi una regola, che bisogna accogliere tutti tanto una linea di demarcazione tra dentro e fuori non c'è, che non c'è manco una linea (politica), e se c'è non c'è il luogo dove discuterla, e se c'è dove discuterla non c'è dove si decide (che le decisioni le prendono i fluidatari, che è già tanto se li hai mai visti e sai chi sono, figurarsi se puoi dire democraticamente se ti piace come fanno oppure no, figurarsi se per caso puoi contendergli sempre democraticamente il postaccio loro, e inventarti una linea tipo con un congresso, e una comunicazione tipo con una leadership visibile alla gente), no: ti dicono che il fluidalesimo è moderno e il partito è vecchio, che il fluidalesimo vince e il partito perde. be': 'sto cazzo. meglio un piccolo partito di ieri e di oggi, che il fluidalesimo. ma meglio ancora, moooooolto meglio, il grande partito di domani! datemelo. faccio la tessera, alzo la saracinesca della sezione, l'abbasso, voto. non chiedo di più. e chi non l'ha mai amato, il fluidalesimo, come immagino i militanti di partito, ora non deve più avere paura di dire che lo detesta, il fluidalesimo, che vuole il partito. il partito grande, di domani. sennò siamo complici per omissione. ed è anche per questo che stiamo messi tanto male. ma pure ammettendo che i militanti dei partiti abbiano sempre sinceramente difeso la forma-partito contro il fluidalesimo, tuttavia i loro capi, seduti ai tavoli coi fluidatari-capi a decidere la 'forma-nonforma' da dare alle cose in cui ci siamo ultimamente cimentati, sia voi militanti di partito sia noi militanti senza partito, ebbene tali capi dei partiti sono stati di un timido ma di un timido che perfino questi quattro radical-fluidi sono riusciti a fare come cazzo volevano praticamente su tutto quanto. rovinandolo, per l'ennesima volta. anche basta, no? perciò, militanti di partito: o vi votate dei vertici che mettano seriamente le palle e le ovaie nei tavoli delle trattative, e anzi esercitino il ruolo di guida che essere leader di partito gli dà, con la storia alle spalle e la democrazia praticata che sono proprie dei partiti appunto, o di nuovo siamo tutti complici per omissione. voi con partito e noi senza partito. colpevoli quasi quanto i fluidatari e chi gli va appresso. abbasso il fluidalesimo. datemi il partito. quello grande. o che almeno ci prova, a diventarlo. voglio entrare nell'età moderna! e ai non militanti, agli amanti in buona fede del fluidalesimo (che lo chiamano tipo 'politica partecipata' o 'democrazia dal basso' o 'la base è meglio senza vertici'), confesso che l'esperienza diretta mi fa dire che noi 'senza partito' nemmeno lo siamo, una base. che allo stato siamo una somma di voci diffuse e incostanti, ora udibili ora no, una somma di corpi mobili, ora presenti dove serve ora no, una somma di idee appena appena convergenti sui massimi sistemi ma ben distanti sulle concretissime cose da provare a fare per arrivare a quei sistemi là. perché una base è una coscienza condivisa, tipo una coscienza di classe, che allora sì può imporre la propria volontà ai vertici tramite la politica partecipata e la democrazia dal basso! ma noi non siamo una classe, e questa non è una ricchezza (come invece spacciano i fluidatari-capi): non ci lega ancora nessuna urgenza concreta condivisa, bensì aderiamo ora sì ora no ad alcune istanze politiche e ad altre no, fondamentalmente per ragioni etiche o estetiche. allora, stando così le cose, chi me lo darà il partito che sto chiedendo? io credo che di qui a un po' il partito, grande, verrà. ma per la pressione reale di urgenze dettate dalla crisi sistemica tutt'altro che passata e dalla clamorosa assenza politica di sinistra in italia. e che verrà dall'alto, anche se sarà fatto sembrare il contrario, per buona creanza. il che né mi stupisce né mi addolora. dunque là dentro al partito, che sarà il mio, con tutte le garanzie democratiche farò la mia battaglia. la battaglia per renderlo sempre più idoneo, il partito, affinché lui, grande, faccia la sua battaglia di fuori, con l'apporto mio e di tutti gli altri iscritti, per cambiare la società da sinistra. e la vita, prima che sia troppo tardi. io non credo minimamente possibile che il partito grande possa davvero venire dal basso, e soltanto così. e anche solo pensare di continuare a contribuire a che nasca dal basso così, senza alcuna garanzia di ordinata battaglia democratica all'interno e di utile visibilità all'esterno di una cosa che per definizione non ha un dentro né un fuori né ordine né democrazia né potenza, mi succhia ogni forza dalla mente e all'azione e pure tanto tempo. e anche questo effetto ritengo sia calcolato. quindi, basta stare a pensarci, basta fluidalesimo. basta flautulesimo intellettuale! basta fraudolesimo morale! aspettiamo fiduciosi. però datemi il partito della sinistra italiana, presto. che ci cambiamo la società e la vita! fine dell'enciclica. (anche per i trent'anni dalla morte di Enrico.) undici giugno duemilaquattordici PENSAVO
che se affermi cose stupide, più probabilmente avrai il consenso di persone stupide, che non sanno di esserlo e che prendono le tue affermazioni per intelligenti e te per onesto. a quel punto il gioco è fatto: le tue affermazioni e tu stesso, sarete difesi a spada tratta, dalle persone stupide che prendono le tue affermazioni e se stessi per intelligenti, dalle obiezioni delle persone intelligenti che prendono le tue affermazioni per stupide, così i tuoi sostenitori, e te per un bel furbo. è il principio della setta. le tue affermazioni stupide cammineranno col vento in poppa, diffuse dalle persone stupide che non sanno di esserlo presso altre persone dello stesso tipo, e tutte queste persone si stringeranno con tanta più forza a difesa di se stesse, delle tue affermazioni e di te, quante più persone intelligenti obietteranno a quelle tue affermazioni e alla loro diffusione tramite la setta: perché nessuna persona stupida vuol considerare l'ipotesi di non essere intelligente. il principio della comunità è l'opposto. affermi cose intelligenti e quindi più probabilmente avrai il consenso di persone intelligenti, che in quanto tali abbondano di spirito critico. e probabilmente né a difesa tua né delle tue affermazioni, s'innescherà alcuno spirito di corpo, né alcun meccanismo di diffusione automatica e virulenta delle tue affermazioni da persona intelligente a persona intelligente. perché appunto le persone intelligenti, alle obiezioni delle persone stupide che prenderanno le tue affermazioni intelligenti per stupide, e te o per stupido o per furbo, reagiranno coltivando almeno l'ipotesi che le tue affermazioni possano essere stupide, e te lo stesso, e in fondo anche esse persone intelligenti medesime. e la diffusione ne risentirà parecchio. la comunità ha vita difficile. sempre. invece la setta ha la strada spianata. per definizione. pensavo questo. e un minimo di osservazione sulla cronaca e sulla storia, e sui social, credo dia buoni supporti empirici a questo pensiero astratto. primo corollario. se t'interessa il successo dì' cose stupide. certo, ci vuole stomaco. sia perché tu stesso ascolti quel che dici, sia perché hai coscienza di chi ti sostiene e ci passi un bel po' del tuo tempo insieme. secondo corollario. idee intelligenti possono anche nascere di continuo e venir affermate da qualcuno o da molti, ma questo tipo di selezione naturale le penalizza, le falcidia letteralmente. idee e affermazioni stupide, invece, resistono benissimo in ogni condizione, e ci circondano letteralmente in ogni giorno della nostra vita sociale. scolìo al secondo corollario. se un'idea è nuova e gira parecchio, affermata e difesa da molti, facile che sia stupida. e che chi l'ha tirata fuori sia uno furbo che così vuole creare una setta, di stupidi, per i propri interessi. terzo corollario. se un'idea intelligente e la sua affermazione riescono a raggiungerci da un punto distante del tempo o dello spazio, allora si tratta davvero di idee-forza. sono la salvezza delle persone intelligenti e oneste e il pilastro di possibili, critiche, comunità. teniamocele più strette possibile, coltiviamole. facciamone l'intelaiatura e il conforto della nostra vita. dieci giugno duemilaquattordici BALLOTTAGGI E STORIA
mercurio à go-go nel tirreno, e nei pesci che ci campano, e nelle capocce dei costieri che se ne nutrono. quanto meno tra civitavecchia e livorno. abolite triglie e spigolette, ne caverete giovamento. la politica sicuramente! serio. in realtà noi non abbiamo ancora compreso il berlusconismo, come fatto storico. e non lo abbiamo compreso perché ne siamo ancora ben dentro: infatti il renzismo e il grillismo, col berlusconismo, sono un fenomeno unico 'a forma di Y' che interessa la storia d'italia ormai da quasi trent'anni, e direi che andrà avanti ancora un bel po'. il nome che gli daranno gli storici, al fenomeno 'a Y', non saprei dirlo né m'interessa. avrà a che fare senz'altro coi motivi profondi - socioeconomici - che hanno prodotto tale trasformazione politica, e antropologica pure. che l'hanno prodotta essendone poi a loro volta ri-operati, in un processo 'a feedback' che i grandi movimenti del reale presentano inevitabilmente. a me fa un po' vergogna viverci nel bel mezzo, e nella parte più significativa della mia (unica) esistenza, e non saperlo contrastare minimamente. nove giugno duemilaquattordici PROFESSIONISTI, CLASSE, CULO
la differenza tra professionisti e dilettanti sta qua: che i dilettanti fanno tutto il possibile per vincere, ma i professionisti ottengono la sicurezza di stravincere. noi siamo dilettanti. e abbiamo per avversari dei professionisti. i professionisti che vogliono che non nasca mai più - per i prossimi venticinque anni, così come da venticinque anni è scomparso - un soggetto politico di sinistra (vera) e di massa (tendenzialmente) nel nostro paese. se fossero come noi dilettanti farebbero il possibile per vincere. invece arrivano a conseguire la sicurezza di stravincere, di aver stravinto. 'il possibile per vincere' consisterebbe già nell'aver incatramato le sinapsi e il pericardio della gran parte dei nostri concittadini, compresa gran parte della nostra stessa gente di sinistra, tramite un 'senso comune' deteriorato e veicolato con tutti i mezzi di comunicazione ortodossi e non. ma essi si assicurano la più schiacciante delle vittorie mettendo ogni tanto a libro paga (paga materiale e non), e per tutto il tempo che occorre, qualcuno che si professi 'di sinistra' e intervenga dall'interno in ogni processo timidamente costituente del famoso soggetto di cui sopra, fingendo di orientarlo alla sua maturazione e invece azzoppandolo in ogni modo. (si fa leva, ovviamente, sull'incatramatura già ricordata - oltre che sull'isolamento coatto dei pochi che siano insieme svegli e onesti.) si butta lì qualche guastatore - e delle volte basta, è bastato. e ne abbiamo incrociati gli sguardi, e ne abbiamo stretto le mani. oppure si fa nascere un intero movimento 'alternativo' che si professa o di sinistra o 'oltre la destra e la sinistra', questo quando lo richiedono le condizioni oggettive che rischiano di favorire un dissenso di sinistra (conseguente e popolare) al pensiero unico dominante applicato. e mai sia! d'altronde l'autopatente 'di sinistra' o di 'nuovista' è facilissima da spacciare per vera. e poco più difficile è quella di 'comunista', che ne girano anche di questi - fasulli. i professionisti dovrebbero giocare le partite tra loro, in effetti. ma perché aspettarsi da loro uno spirito decoubertiniano, quando ci siamo noi dilettanti a offrire tanto docilmente la testa sul piatto? non lasciano niente al caso. questa è classe! e invero, è guerra di classe. il cui risultato ormai pluriennale, dalle nostre parti, è che la sinistra mondiale ha un bellissimo programma già scritto - dettato dalla realtà stessa: 'socialismo o barbarie, ecologia o estinzione'; che la sinistra europea si sta attrezzando per farne lotta politica e sociale; e che la sinistra italiana, di fatto, non è pervenuta ancora. non perviene mai. tirando le somme, a questo punto, se e quando la 'cosa rossa' sarà nata non so più grazie a chi (certo non grazie a me né grazie a voi che mi leggete qui - non a caso), e sarà nata con un inaspettato (oggi quasi inconcepibile) superamento delle gravi sciocchezze, tanto gravi da sembrare a volte - ripeto - sabotaggi mal camuffati (peraltro, sabotaggi quasi sempre simili a se stessi - scemi davvero noi che non li sgamiamo subito) che questi 'non so chi' hanno commesso, stanno commettendo e sembra proprio che continueranno a commettere, ebbene allora e semmai, la 'cosa' avrà il mio voto senz'altro. e guardate, avrà credo pure la mia 'tessera' e soprattutto la militanza di base - in un 'partito' finalmente sia radicalmente di sinistra nei contenuti, sia non elitario né settario nelle attitudini. ma fino a quel giorno, eventualissimo, solo in bocca al lupo a chi candidamente ci prova (ancora, o fresco-fresco) nonostante i non so chi. e perché io non più? perché un dito al culo candido, preso, mi basta e avanza. e de riffa e de raffa, son quattro anni e passa. chi invece vuole provare fino al polso, al gomito o alla spalla, si accomodi. massima libertà, massimo rispetto. io guardo, leggo, connetto, scrivo, parlo, scelgo, agisco. un cane sciolto. otto giugno duemilaquattordici QUOS DEUS VULT PERDERE DEMENTAT PRIUS
domani a roma c'è la prima assemblea nazionale dei comitati territoriali di 'l'altra europa - con tsipras', e ci andrò. ci andrò perché anche se il mantra del movimento è stato 'nessun verticismo partitico, ci auto-rappresentiamo dal basso', finora 'dal basso' abbiamo visto (noi che li abbiamo animati) più che altro le facce della gente cui chiedevamo di firmare ai banchetti, di dare un soldino, di scegliere i candidati migliori e di votarci - mentre le grandi questioni, tutte quante, da sinistra sì sinistra no nel nome a rosso sì rosso no nel simbolo, da candidiamo questi sì questi no a gue sì gue no per gli eletti, da sel sì sel no a spinelli sì spinelli no, da furfaro sì a forenza no, sono state affrontate e decise tutt'altro che in basso! normale, visto che non c'era e non c'è tuttora un organismo di direzione politica democraticamente rappresentativo del movimento, e visto che le decisioni deve pur prenderle qualcuno. solo che non sai bene chi. e quindi, se poi le decisioni si rivelano delle castronerie non sai manco con chi rifarti, tanto meno puoi chiedere a chi ha castronato di accomodarsi e lasciare il posto a qualcun altro che magari sbaglia meglio! allora all'assemblea di domani ci andrò perché praticamente è la cosa che somiglia di più - anche se da lontano, non essendosi costituita secondo alcuna metodica precisa - a un organismo democratico rappresentativo del movimento 'l'altra europa - con tsipras'. e chiederò di parlare - se gli interventi non risulteranno già 'chiusi' prima ancora di cominciare - e parlerò per un minuto solo. per porre all'assemblea una mozione semplice semplice. questa. chiederò che venga messa ai voti dei presenti - domani stesso, non in un futuro di 'interposto web' - la proposta di eleggere cinque persone tra tutte le militanti e tutti i militanti dei comitati territoriali di tutta italia, cinque persone come cinque sono i garanti ab-origine della lista, le quali cinque persone elette (se passerà la mia proposta, e una volta che saranno state indicate - per designazione, autodesignazione, raccomandazione, cooptazione, acclamazione o che so io - ed elette o dall'assemblea seduta stante o, questo sì, per interposto web nei pochi giorni a seguire) ebbene affiancheranno i cinque garanti in un tavolo di lavoro tecnico-politico, che tra un attimo dico a che serve. tavolo di lavoro che sarà completato da altre cinque persone, cinque dei settanta candidati (tolti cioè spinelli e argyris, che sono già garanti) che essi candidati sceglieranno anche loro a breve col sistema che vorranno. ecco, il tavolo tecnico-politico così composto di quindici membri - tutte e tutti paritariamente liberi e responsabili dinanzi al vasto corpo di questo processo politico che è 'l'altra europa - con tsipras' - avrà un solo compito: redigere in tempi rapidi la metodica di massima e di dettaglio con cui saranno convocati e celebrati a breve, pare il 19 luglio ma non si sa ancora dove, una cosa come gli 'stati generali della sinistra italiana': sorta di assemblea costituente, quella sì validata democraticamente ab-origine, per discutere e dettare pilastri come il nome, il simbolo, lo statuto, gli organismi e la 'linea', di quella 'cosa rossa nazionale' che tutti diciamo di volere ma che per ottenere la quale nessuno ancora riesce a muovere il passo fatidico nella direzione giusta! andrò all'assemblea, chiederò di parlare e chiederò questo. non potrò parlare? l'assemblea si qualificherà da sé così. parlerò e la mia proposta sarà bocciata? io avrò perso un minuto del mio tempo, e il processo poltico avrà perso qualche altro mese dei prossimi. perché lo scrivo qui ora? perché dei tanti - e tante - compagni e amici che stanno sempre a dirmi 'non mollare', vorrei che almeno qualcuno domani sostenesse la mia proposta apertamente, avendo potuto ragionarci con calma già da adesso. fraternità. .............................................................. non ho potuto parlare. è così. pertanto, da ora torno ad essere - semmai io sia stato qualcosa di diverso - il più qualsiasi dei cittadini di 'sinistrasinistra' che anelano alla nascita anche in italia di un soggetto politico di 'sinistrasinistra', conseguente nei programmi e di massa nelle aspirazioni, senza che però essi cittadini riescano minimamente a incidere di persona (malgrado ogni sforzo individuale) sull'orientamento del percorso che ad essa nascita porterà. non sono un fanatico della democraticità astratta dei processi politici, ma sono un fanatico dell'efficacia nel perseguimento dei loro risultati. e credo che i decisori del processo noto come "l'altra europa" non tanto difettino nell'applicare la democrazia al suo interno, trattenendo per sé un potere senza delega né statuto, quanto difettino nell'essere efficacemente orientati ai risultati - come dimostra la 'caduta tendenziale del saggio' di gradimento pubblico del percorso da essi adottato: se su 120 elettori di "l'altra europa con tsipras" uno solo non ci avesse votato, noi saremmo rimasti sotto lo sbarramento, mentre appena due mesi prima se su 120 firmatari della lista fin anche 40 non l'avessero sottoscritta, noi avremmo lo stesso raggiunto la soglia. stanno sbagliando. e non ho modo di impedirlo, malgrado ogni sforzo. da qui la mia volontà, di tornare ad essere eccetera. che poi spero sia io a sbagliare. spero che i decisori mi smentiscano poi nei fatti. spero che il soggetto politico di 'sinistrasinistra' invece nasca - certo, finché siamo in tempo - con la loro strategia (se ne hanno una) e non grazie a proposte che con oggi ho smesso di provare a fargli giungere nelle istanze che io credo (ma essi no, evidentemente) idonee, democratiche ed efficaci. spero di sbagliarmi io, sì, e non loro. e - se è così - quando la 'cosa rossa' sarà grazie a loro nata, con un inaspettato superamento delle gravi sciocchezze (tanto gravi da sembrare a volte sabotaggi mal camuffati) che comunque essi hanno commesso, stanno commettendo e mi sembra proprio che continueranno a commettere almeno a breve, ebbene la 'cosa' avrà il mio voto senz'altro. guarda, credo pure la mia militanza di base. ed essi, i decisori di ieri e di oggi, avranno le mie scuse. ma fino ad allora, solo in bocca al lupo. ps.: ora, come forse è normale che sia, sono quasi tutti alle prese col lato politico-umano della questione all'ordine del giorno: la ritrattazione della spinelli, lo scorno subito da furfaro. e però a me sta ancora più a cuore il suo lato politico-funzionale, perché sono le gravi lacune di questo che mi muovono alla mia decisione. allora ecco un ulteriore spunto in merito, ribadito in estrema sintesi. dico che in ogni caso una discussione democratica sul caso spinelli non si sarebbe potuta svolgere, né una decisione collettiva si sarebbe potuta prendere, per il semplice motivo che sin dall'inizio del percorso politico, da parte dei decisori (garanti, coordinatori, 'consiglieri') è stata rifiutata anche solo l'ipotesi che il 'movimento' si desse una struttura e una regola purchessia, idonee a elaborare, condividere, decidere su una qualunque cosa. e ciò, a dispetto delle tante richieste e proposte in tal senso giunte dalla 'base'. ma - ciò che è peggio - io non ne do la 'colpa' ai soli garanti-coordinatori-'consiglieri', poiché questo incantamento della fluidità, dell'orizzontalismo, dell'inclusione e dell'antipartitismo (incantamento venefico, come si vede anche stavolta e che circola perfino in queste ore sì convulse ma 'a prova provata') ha preso dall'inizio tanta più parte della base stessa, a dispetto dei lucidi ('nec dementes' - vedi titolo) richiedenti e proponenti di cui sopra. dunque il vertice ci ha solo fatto 'la scarpetta'. richiedenti e proponenti tra cui, ovviamente e umilmente, io stesso. e per fortuna c'è parecchio di scritto qui (da giorni, settimane e mesi) a futura - inutile - memoria. tutte le volte che dici 'società civile', un panda muore. ora lo sai. non hai più scusanti. that's all. sei-sette giugno duemilaquattordici LETTERA APERTA ALLE CANDIDATE E AI CANDIDATI DI "L'ALTRA EUROPA - CON TSIPRAS"
A Barbara Spinelli, Moni Ovadia, Curzio Maltese, Giuliana Sgrena, Marco Furfaro, Eleonora Forenza, Gano Cataldo, Oktavia Brugger, Claudio Riccio, Paola Morandin, Fabio Amato, Dino Di Palma, Lorella Zanardo, Mario Cicero, Nicoletta Dosio, Antonio Mazzeo, Elena Ledda, Franco Arminio, Sandro Medici, Ivano Marescotti, Lello Ferrara, Luis Somoza, Domenico Finiguerra, Luca Casarini, Alessandra Quarta, Loredana Lipperini, Ermanno Rea, Silvana Arbia, Nazzarena Agostini, Tonino Perna, Tommaso Fattori, Olga Nassis, Teresa Masciopinto, Francesco Gesualdi, Riccardo Petrella, Raffaella Bolini, Mimmo Gattuso, Enzo Di Salvatore, Alfio Foti, Valeria Parrella, Stefano Lugli, Anna Lucia Bonanni, Camilla Seibezzi, Roberto Mancini, Lucia Maddoli, Simona Lobina, Antonio Di Luca, Niccolò Ollino, Adriano Prosperi, Antonella Leto, Isabella Cirelli, Piergiovanni Alleva, Costanza Boccardi, Annalisa Comuzzi, Diana Pavlovic, Daniela Padoan, Assunta Signorelli, Maria Cristina Quintavalla, Carla Mattioli, Carlo Salmaso, Felice Pizzuti, Stefano Sarti, Andrea Padovani, Lorena Lucattini, Anita Giurato, Gigi Richetto, Eddy Salzano, Rossella Rispoli, Pino Viola, Argyrios Panagopoulos e Mauro Gallegati Care e cari, anzitutto grazie, per aver accettato di candidarvi per “L’Altra Europa – con Tsipras”, per aver ‘incarnato’ con tanta generosità e intelligenza in lungo e in largo per il Paese i contenuti e i simboli di questa proposta, e per aver favorito con ciò la realizzazione di un risultato difficile e importante come la presenza della ‘nostra’ lista al Parlamento europeo al fianco delle rappresentanze di sinistra degli altri Paesi e popoli d’Europa. Noi siamo solo cinquanta tra le cittadine e i cittadini che hanno votato la lista, che prima ancora hanno fatto circolare come meglio possibile la sua conoscenza tra la gente, che prima ancora si sono adoperati per la raccolta delle firme necessarie alla sua presentazione, e che prima ancora hanno fatto proprio il progetto sintetizzato nel programma di Alexis Tsipras e nell’appello per la costituzione in Italia della lista di cittadinanza in suo nome. Ma in virtù di questi ‘titoli’, per l’auspicio che condividiamo con tante cittadine e tanti cittadini di sinistra in Italia, siamo a chiedervi di fare il possibile – anzi, il necessario – perché, come detto e scritto anche da molte e molti di voi, il risultato così raggiunto sia non una meta bensì la partenza di un percorso. Vorremmo che al più presto nascesse anche in Italia – come in Grecia con Syriza, in Francia col Front de Gauche, in Spagna con Izquierda Unida – una soggettività politica plurale ma coesa, chiaramente visibile all’opinione pubblica, schiettamente orientata a sinistra e in contrapposizione netta con le politiche economiche e sociali, e di stravolgimento costituzionale, del governo Renzi e dei suoi alleati dichiarati o meno che siano. Siamo consapevoli che la realtà non è un laboratorio, e che i tempi e gli esiti della maturazione eventuale di un disegno siffatto non possono certo determinarsi da parte nostra né, onestamente, da parte vostra – candidate e candidati, anime e corpi di “L’Altra Europa – con Tsipras”. Tuttavia ci è chiaro questo: che se c’è una possibilità per innescare quel circuito virtuoso che coinvolga a tal fine organizzazioni politiche, forze sindacali, movimenti vertenziali, collettivi culturali, e ancora tanti contributi individuali, senza che il percorso s’impantani entro breve in questioni identitarie o formaliste, ebbene questa possibilità è la vostra assunzione di responsabilità – ancora una volta generosa – nell'essere collettivamente le prime e i primi a convocare a questo scopo tutti gli altri soggetti interessati. Perché voi? Perché voi siete la manifestazione reale – e visti i risultati, vincente – della trasversalità fra molte sfumature diverse della sinistra italiana, e siete la ‘prova’ della riuscita compattezza fra esse per il non breve periodo di formazione e lavoro di centinaia e centinaia di comitati territoriali, nei quali migliaia e migliaia di cittadine e cittadini – militanti in organizzazioni differenti, e spesso in nessuna – hanno avuto modo di conoscersi reciprocamente, di stimarsi e di sostenersi, comprendendo plasticamente che le ragioni dell’unità sono di gran lunga maggiori, e assai più gratificanti, di quelle della divisione. Specie nella crisi sistemica corrente, specie dinanzi alle pessime terapie predisposte da chi governa il Paese e l’Europa. Per questo lo chiediamo a voi, care e cari: a tutte e tutti, prescindendo ora dalle rispettive quantità di consenso elettorale assommato. Vogliate costituirvi – vi chiediamo – in Comitato Garante (o come vorrete chiamarlo) e redigere un appello politico chiaro: un pubblico invito a tutte le organizzazioni che hanno sostenuto fin qui “L’Altra Europa con Tsipras”, a tutti i collettivi più o meno strutturati che hanno fornito risorse al progetto, e a tutti i comitati territoriali sorti espressamente allo scopo, affinché si indìca e si realizzi (nel più breve tempo che il ‘far bene’ consente) un’Assemblea Costituente della Sinistra Italiana – o come vorrete chiamarla. Sarà poi tale assise, sovranamente, a determinare i primi passi concreti – di contenuto e di metodo – verso quella soggettività politica che manca, che vogliamo, di cui c’è così urgenza in Italia. Può anche darsi che i passi dopo il primo siano pochi, che il percorso finisca presto in nulla di fatto – o addirittura che nemmeno il primo passo, quell’assemblea, riesca a muovere. Ma dobbiamo provarci – dobbiamo almeno convocarla, e sperimentare. Se sarete voi a proporlo, succederà. Se sarete voi a farlo, sarà ben fatto. Ci sta a cuore il bene comune – più di qualunque altro parametro d’interesse personale o di appartenenza. E sappiamo – ce l’avete appena dimostrato, ancora una volta – che lo stesso è per voi. Perciò siete la nostra speranza. Fraternamente. PS: Confidiamo che questo nostro sincero indirizzo alle vostre menti e ai vostri cuori possa esser contributo concreto ai lavori della vostra imminente assemblea, che sappiamo avere come fulcro all'ordine del giorno appunto il prosieguo del cammino politico di collaborazione che abbiamo tutte e tutti noi con voi percorso, fino alla sua più ricca e doverosa maturazione. Buon lavoro! [seguono cinquanta firme: nome cognome, città, e-mail] ventinove maggio duemilaquattordici TSPRITZAS PER TUTTE E TUTTI
ah sì, oggi ci si congratula e si festeggia anche un pochino, giusto! ma... ...ma una mezza cosetta accigliata inter nos me la fate di'? che montale io lo amo e lo venero come poeta, ma per fare la buona politica lasciatelo perdere: anzi, non fatene un alibi! sarebbe? sarebbe che se avessimo cominciato SUBITO a dire quello che volevamo per la vita delle persone (occupazione, reddito, equità, democrazia, pace), anziché BUTTARE i primi due mesi per dire quello che NON eravamo ('non siamo un partito, né i vecchi partiti', 'non siamo i - soliti - comunisti', 'non siamo - solo - la sinistra'), di SICURO il mammatrone stanotte a conta' fino all'ultima scheda NON ci veniva! adesso che si parte per la rotta lunga e affascinante, quella vera, quella per cui stiamo tutti qui, quella per cui io mi spolmono, companeroas e amigoas ricordiamoci sempre di dire QUELLO CHE SIAMO e QUELLO CHE VOGLIAMO! è onesto, è facile, è comprensibile, è vincente! controesempio? "l'italia è un paese di pensionati", dice sprezzante. e io non ci sputerei sopra, perché il welfare familiare ha sostituito di fatto il modello sociale progressista smantellato dai governi di centrodestra e centrosinistra. e questo è possibile solo perché e finché molti genitori (e nonni) possono togliersi qualcosa dal loro per far campare figli (e nipoti) precarizzati a vita. anche e soprattutto dal jobs act renziano! quindi, caro comico ex-pigliatutto, è normale che i pensionati italiani pesino sulla vita pubblica nazionale! ma non come pensi tu. già, tu non pensi mai in termini reali - di conflitto, resistenza, emancipazione, liberazione - e segui invece una tattica di distrazione di massa appresso alle tue sciocchezze del tutto marginali (postdemocrazia telematica, rinuncia agli indennizzi politici, autarchia nazionale), marginali rispetto ai problemi della gente. la quale un po' se n'è accorta. ora noi - la sinistra italiana - abbiamo il problema di far sì che i cittadini si accorgano che anche renzi non può certo essere la soluzione ai loro problemi, perché anzi lui e la sua politica sono IL problema! potremo riuscirci se manteniamo saldo il timone del nostro progetto sulle cose reali, sulle esigenze concrete, sulle proposte strutturali per la costruzione di un modello sociale di welfare e democrazia, di comunitarismo e solidarietà - come tra l'altro dice la nostra splendida costituzione! se tsipras è il nemico pubblico numero 1 secondo der spiegel, la costituzione italiana nata dalla resistenza e dalla liberazione dal nazifascismo, scritta dal meglio del pensiero e della pratica comunista, socialista, azionista-laica e cattolico-sociale, è il nemico pubblico numero 1 secondo j.p.morgan. teniamo insieme queste due suggestioni, compagne e compagni, diamoci un profilo, una voce, un simbolo, una struttura, un programma, una visibilità e una presenza tra la gente in carne e ossa, e non ci ferma nessuno! ventisette maggio duemilaquattordici LA NOTTE, E IL GIORNO DOPO
alcide giulio renzi si è insediato nel povero cuore della mia gente. tiriamo fuori un qualche palmiro enrico, per la sua mente. su 100 italiani: 43 non votano 23 votano renzi 12 grillo 10 berlusconi 3 e mezzo la lega 2 e mezzo alfano 2 TSIPRAS 2 meloni mezzo i verdi mezzo monti mezzo di pietro e mezzo scarti vari ma un posto abitato per il 98% da freaks va bene per un video di michael jackson. allora noi persone normali che ci stiamo a fare? QUESTO: unmilionecentoottomila di GRAZIE! e ottomiladuecento STRAGRAZIE, senza i quali finivamo sotto il 4%! 8.200, su 50.600.000 elettori: sembra un'inezia, e invece... invece OGNI singolo voto conta, l'abbiamo detto SEMPRE! conta ogni singola voce, che parla a un altro che parla a un altro che parla a un altro... ogni buona volontà conta, ogni retto pensiero - specie per un progetto politico come il nostro che non ha né soldi né media né vip né protettori! e conta e conterà da oggi in avanti ogni personale IMPEGNO - ogni contributo di intelligenza politica, di sensibilità sociale, di capacità di vertenza, di energia nel conflitto, di sintesi realistica e di potenza immaginativa! personale, l'impegno, ma pure organizzato - perché per fare la SINISTRA VERA, POLITICA, SOCIALE, PLURALE, COESA, CONSEGUENTE, insomma per fare SYRIZA in italia - c'è bisogno di tutti e di tutto: singoli e collettivi, storie e strutture! basta che sappiamo dove vogliamo andare! basta che sappiamo riconoscere chi vuole andare dove andiamo noi, e chi no! basta che sappiamo cominciare a fare - non solo a dire - e a FARE SUL SERIO! e basta che lo facciamo con CALMA: con lo strapotere renziano e la cuccia per grillo e berlusconi, qui non succede niente (di buono) fino al 2018. ergo, c'è TUTTO il tempo! GRAZIE ancora companeroas! DAJE, perché questo NON è un video: è la vita!! HASTA LA VICTORIA!!! ventisei maggio duemilaquattordici IL GIORNO PRIMA
in controtendenza rispetto a tante e tanti che pure mi sono prossim* nella mente e nel cuore, dico che questa campagna elettorale europea mi è piaciuta. poche volte, in passato, mi era successo di poter distinguere tanto nettamente - come stavolta - le buone ragioni della mia parte e i torti brutti delle parti avverse. e quindi mi è piaciuta. perché io mica chiedo all'attività politica di divertirmi o di sedurmi o di arricchirmi o di 'rapirmi' - per quello ci sono la letteratura e la poesia, la buona musica, il grande cinema, il grande teatro, le arti immortali, le vette della scienza e della filosofia, al limite lo sport. io le chiedo di dare plastica concretezza all'idea astratta, che mi nasce nell'animo da che ho memoria, che qualcosa di giusto tra gli umani esiste - in un vasto territorio di errore -, che io sono in grado umilmente di discernere l'uno dall'altro, e che non sono solo. per cui, bella così. BELLA TSI'! ma poi alla fine, che è da ottobre che parlo e scrivo e 'mi agito', qualche mezzo voto l'avrò spostato o no? boh. comunque grazie a tutte e tutti per la santa pazienza con cui mi leggete, la cortesia con cui interloquite o la signorilità con cui mi ignorate! ora stacco giusto qualche ora. ricordiamoci solo che domani non è un'esercitazione, ma è sul serio! che le retribuzioni sono ferme come non succedeva dal 1982, che a due terzi delle lavoratrici e dei lavoratori non è stato rinnovato il contratto, che le vendite al dettaglio sono crollate del 3.5% rispetto all'anno scorso e per la spesa alimentare addirittura del 7%, che i negozi chiudono a un ritmo mai registrato da quando esistono le serie statistiche, che i precari i migranti i malati eccetera eccetera eccetera. ci vuole molto più di un programma politico, per uscire da tutto questo senza farsi tanto male. (ci vuole di più. ma sicuramente non se ne può fare a meno: non basta strillare o ammiccare - e ogni riferimento è puramente non casuale!) ci vuole di più: ci vuole un sogno! ma io un sogno ce l'ho. la sinistra degna di questo nome ce l'ha. le comuniste e i comunisti di tutto il mondo ce l'hanno. e chi altri si trovasse un giorno nelle saccocce quel tanto di fantasia e di voglia per venire a scoprire di che si tratta davvero, vi assicuro che a capirlo non rimarrebbe deluso. parlo per esperienza personale, di tanti anni fa. bon, non riesco mai a tirarla via in due parole. ciao bellezze. daje! ventiquattro maggio duemilaquattoridici HANNO AMMAZZATO FALCONE
hanno ammazzato falcone. segue bozza di ragionamento un po' borderline. l'assunto è: la struttura profonda dell'ordine socioeconomico deve cambiare il meno possibile. la motivazione plausibile: alle élite dominanti ci sono voluti molti secoli per strutturare tale ordine, diciamo dai comuni tardomedievali all'apogeo degli imperi coloniali, ed è normale che vogliano goderselo più a lungo possibile. il più potente fattore di cambiamento profondo è un'opinione di massa orientata contro l'ordine socioeconomico vigente, una coscienza di classe diffusa - diciamo -, il sapere (da parte della gente) come stanno davvero le cose unito alla ragionevole speranza che ci sono sia un altro modo in cui le cose potrebbero stare, sia un percorso realistico per passare da questo attuale modo d'essere delle cose a quell'altro diverso. ordinariamente, l'acquisizione da parte della massa di quell'orientamento contro l'ordine vigente (di quella coscienza di classe, di quel sapere unito a speranza) avviene con grande difficoltà e riguarda avanguardie minoritarie, poiché è ostacolata con ogni mezzo dalle élite dominanti che spingono la maggioranza a volere altro dai propri stessi interessi (metodiche dell'ignoranza, della paura, del conformismo), e questa lentezza, difficoltà, limitatezza nell'emancipazione delle masse dominate è la miglior garanzia di invarianza profonda dell'ordine socioeconomico il più a lungo possibile. i movimenti politici, sindacali, civici e culturali dell'egualitarismo - diciamo, ci metto dentro tutto: dalla democrazia al socialismo al comunismo all'anarchia - sono le forze storiche che innescano e nutrono quell'emancipazione, che però le élite riescono a recintare in un ambito di minoranza e in rapporti di forza a sé favorevoli. tuttavia, può darsi a volte un ingrediente straordinario che scompone il quadro. e questo ingrediente è perlopiù l'apparizione sulla scena pubblica di una figura che per una serie di circostanze e cause, fortuite ovvero intenzionali, rende molto più facile il compito storico della massa (e dei movimenti) ossia ripeto: l'emancipazione generale, il cambiamento della struttura profonda dell'ordine socioeconomico, il rovesciamento dei rapporti di forza e delle sorti della guerra di classe - diciamo. l'apparizione di figure come queste è un potente antidoto all'ordinaria strategia delle élite, che mantengono la maggioranza alienata dai propri stessi interessi, poiché esse 'bypassano' l'apparato di ignoranza, paura e conformismo, e arrivano direttamente al cuore della gente - diciamo - innescando un circolo virtuoso di sapere e di speranza che, se lasciato maturare nella massa, può realizzare quel percorso realistico per transitare più o meno pacificamente da questo attuale modo d'essere delle cose a un altro diverso. il sistema di controllo dell'ordine socioeconomico vigente effettua un costante monitoraggio sull'emersione di questi potenti fattori di cambiamento. laddove riscontra un rischio accettabile lascia correre, al limite potenzia le contromisure di delegittimazione, ghettizzazione e censura riguardo a queste figure e alla loro attività eventualmente pubblica. ma se valuta un rischio maggiore, o una maggiore resistenza o una 'viralizzazione' già troppo sviluppata nel consenso della massa verso tali figure, allora ne dispone l'eliminazione (perché se la potenza simbolica del martire è un fatto, lo è altrettanto e di più la corta memoria della maggioranza - e questo le élite lo sanno, lo alimentano incessamente). martin luther king, bob kennedy, salvador allende, pier paolo pasolini, aldo moro, oscar romero. falcone e borsellino. viceversa - ma con identico processo logico-storico - le élite provvedono a monitorare l'eventuale emersione di figure che possano costituire il perfetto antidoto all'emancipazione di massa, che benché lenta e difficile è sempre e comunque sia un costo che un pericolo per la tutela dei loro secolari interessi. e quindi, una volta individuata una figura che possa, per doti naturali e ambizione personale, potenziare straordinariamente l'adesione usuale della maggioranza agli interessi delle élite (cioè contrari ai suoi propri) e garantire il mantenimento della struttura profonda dell'ordine socioeconomico, i rapporti di forza così come sono e le sorti della guerra di classe invariati, ebbene tale figura verrà presa per mano - diciamo - da un raffinatissimo sistema di poteri reali e simbolici, e tramite i suoi requisiti (incalcolabilmente potenziati da tale sistema) l'alienazione della massa da se stessa procederà spedita. reagan, wojtyla. e ad altitudini immensamente minori: berlusconi, grillo, renzi. l'avevo detto che era un ragionamento borderline. e pure in bozza. Giovanni Francesca Vito Rocco Antonio. per voi. ventitre maggio duemilaquattordici IL GIOCHINO, IL SAPERE , LA FEDE
e guardate, il giochino della disinformazione e dell'indottrinamento è di una semplicità diabolica. prendo un tg a caso, quello di mentana su la7 ieri sera ore 20. apre col titolone 'casaleggio: se vinciamo le elezioni potremmo andare al governo noi due [lui e grillo] in persona. seguono smentite.' seguono poi altri titoli allarmatissimi sui 'processi web', sempre di grillo contro politici e pennivendoli. ed ecco il trucco: mentana NON dice ciò che il più analfabeta dei giornalisti dovrebbe dire a commento. cioè, che l'ipotesi di costituire un nuovo governo in italia in seguito al voto europeo - addirittura ponendo un sì o un no ad alcuni nomi tra i ministri - è una non-notizia, è un bigliettino della salute, è una scorreggia uscita dai polmoni di casaleggio (furbescamente) anziché dal solito tubo. e non dice neppure che il processo web di chicchessia ai danni di chicchessia è rilevante sulla realtà giudiziaria, istituzionale, politica e sociale, quanto - chessò - il fantacalcio sul campionato di serie A. anzi, mentana sottolinea la 'notizia' tra il tremolante e l'indignato. risultato: il pubblico - in parte - pensa che se vota grillo alle europee cambia il governo, che se vota grillo alle europee ci sarà finalmente una specie di ghigliottina per i cattivoni; e quella parte del pubblico che vuole cambiare il governo e punire i cattivoni (precondizione: quella parte del pubblico che vuole questo e che non sa quasi nulla - ma sono tantissimi!), sentendo il tg7 rinforza la propria idea di votare grillo domenica. è perché mentana è grillino? no. è perché la proprietà dell'emittente la7 è grillina? macché! aspettate. a sentire queste cose al tg7, la parte del pubblico che invece NON vuole né un cambio di governo né le gogne in piazza (sia che si tratti di pubblico che non sa quasi nulla - e sono sempre tantissimi - sia che si tratti di cittadini che sanno che non c'è nessun automatismo tra voto europeo e il resto, epperò capiscono che il pubblico del capoverso precedente ci cascherà e oggettivamente 'farà massa'), ebbene s'impaurisce per il populismo montante e rinforza per reazione la propria idea di votare la stabilità, cioè il pd di renzi. capite? così crescono ENTRAMBI gli schieramenti! è perché mentana è renziano? no. è perché la proprietà è renziana? macché! è perché la proprietà di la7 - cioè i padroni (anche) di mentana - e, in generale, la classe proprietaria di qualunque cosa in italia (e non solo) vuole il mantenimento di QUESTA paralisi, garantita appunto dal fatto che simultaneamente si rinforza un governo che NON governa (né i processi sociali, né la crisi economica, niente) e una simmetrica opposizione che NON si oppone (nè ai processi sociali, né alla crisi economica, a niente). ma non basta, scusate - perché questi vogliono essere proprio sicuri di disinformare e di indottrinare! infatti c'è sempre la possibilità che una parte del pubblico, anche davanti a quel titolone e alla studiata reazione del giornalista ormai 'familiare' (titolo e reazione che ho preso a puro esempio, tra sterminati diversi che passano a tutte le ore del giorno da tutti i canali d'informazione tv, stampa, radio e web, apparentemente lontanissimi per posizionamento 'ideologico' e proprietario - con una potenza di fuoco incalcolabile), ebbene può essere che non segua NE' la prima suggestione ('forza grillo antisistema!') NE' la seconda ('forza renzi antigrillo!'). no problem: le cose vengono (sempre) presentate in modo tale che comunque suscitino una reazione (auspicata, desiderata) anche nella parte del pubblico che detesta SIA l'uno CHE l'altro campione, parte che quindi rinforza la propria idea di correre tra le braccia del TERZO contendente ('forza silvio anti-quei-due!'); il quale terzo campione non c'è alcun dubbio che sia tutt'altro che alternativo al sistema presente, tanto è vero che ne costituisce il protagonista principale da così tanto tempo che quando vivaddìo berlusconi sarà scomparso non riusciremo a capacitarcene per un altro bel tratto ancora! eppoi, infine, ciliegina sulla torta: c'è il fattore 'schifo'. titoli così, così a 'cazzo di cane', oltre a rinforzare i grillini insensati, a rinforzare i renziani allarmati, a rinforzare i berlusconiani spaesati, comunque non si sprecano in nulla perché vanno ad alimentare (e sono studiati apposta, come tutto il resto) ANCHE il puro e semplice schifo in quanti scoprono ogni giorno di averne le palle davvero piene; costoro, in seguito alla presa di coscienza di tanto raggiro manifesto (manifesto a loro, non certo ai primi tre gruppi del grande pubblico), abbandonano sconfortati anche la sola idea che qualcosa possa cambiare in questo paese. ed ecco il quarto pilastro (il non-attivismo o non-antagonismo o non-voto) che così si rinforza, affinché si realizzi l'immobilismo perpetuo italiano! immobilismo nel quale chi tribola tribolerà SEMPRE, e chi se la gode se la godrà SEMPRE. be', scusaci mentana ma a noi non c'inculi. né tu, che non sei più cattivo degli altri, né tutto il mainstream, né i vostri padroni noti e ignoti. noi siamo un'altra cosa! noi siamo un'altra cosa, e ce lo stiamo dicendo dappertutto e anche qui - riconoscendoci. siamo quelli che vi tolgono il sonno, anche solo esistendo. siamo di quella razzaccia che scoppia di sapere e di fede. di sapere E di fede, sissignore! e per questo sapere sudato e per questa fede benedetta, vi rispunteremo sempre tra i piedi - vi manderemo a pallino il sogno di aver vinto la partita per sempre grazie ai vostri grillo, renzi, berlusconi e ai rinunciatari indotti e/o cronici. 'per sempre', con noi, non esiste. il nostro 'sempre' è un giorno ancora di lotta, un'ora in più di resistenza, un passo nuovo verso la liberazione! vi piacerebbe che fosse tutto e solo gregge, davanti a voi - da tosare e da macellare. ma vi ha detto male: ci siamo anche noi. rinasciamo SEMPRE! e saranno cazzi. vi metteremo tutto il nostro sapere e tutta la nostra fede su per le narici, e vi faremo allegoricamente saltare quelle testacce di cartapesta! ventidue maggio duemilaquattordici UN GIORNO PIENO
sc-scientifici (cit.): do un'occhiata alle liste per la circoscrizione italia-centro degli altri partiti (rigurgito, nun te temo!)... ...PD: bonafè, sassoli, costa, bettini, gasbarra... M5S: il nulla... Forzaitalia: ciocchetti, guzzanti (padre), mussolini (nipote), tajani... NCD: lorenzin, angelilli, antoniozzi... Lega: salvini, borghezio... Fratelliditalia: meloni... Sceltaeuropea (ex-montiani): il nulla... IDV: il nulla... Verdi: syusyblady (cioè il nulla)... MAIE: che? poi scorro i NOSTRI: spinelli, zanardo, casarini, fattori, furfaro, gesualdi, pizzuti... e accarezzo con gli occhi i 'miei': FABIO AMATO, SANDRO MEDICI, RAFFAELLA BOLINI. ...e la giornata prende una bella luce! perché sento che andrà bene, perché so che abbiamo messo insieme il meglio davvero, perché credo che quello che verrà dopo il voto sarà ancora più bello e più importante per la sinistra italiana - e quindi per il mio paese - del lavoro importante e bello che abbiamo fatto fin qui tra tante compagne e tanti compagni, tanti amici, tanti cittadini, tante persone per bene! a fine pasto il bambino più ricco avrà il dolce, quello più povero no: starà a guardare il suo amico che se lo mangia. non è un romanzo di dickens, è la decisione del sindaco di pomezia per le mense scolastiche. sindaco grillino, insospettabilmente. ma che gentaccia è questa? mi ci fate stare un quarto d'ora in una stanzetta tranquilla? oggi vi ho impegnato già molto, allora adesso stacchiamo un attimo parlando di cinema. a cannes applauditissimo l'ultimo dei dardenne, con una super cotillard che interpreta... un'operaia. ecchelallà! non solo: fa un'operaia licenziata dal padrone (!), operaia e famiglia che nessun welfare sostiene (!!), e licenziata dopo voto libero dei colleghi (!!!) che devono scegliere tra segare uno di loro e avere qualche euro in più in busta paga (!!!!) o qualche euro in meno e stringersi per solidarietà all'operaia a rischio (!!!!!). vedete? anche volendo staccare e parlar d'altro, di fiction, di festival, di cannes, d'arte, è la natura testarda dello stato di cose presente che non si lascia tanto comprimere. ed essa, questa natura, anche (o soprattutto) quando passa per il talento creativo di un autore, ci dice implacabilmente da che parte sono le ragioni e da che parte i torti. meno male! fine della ricreazione. da massimo recalcati, intervistato da christian raimo: "Ogni rivoluzione, ripeteva Lacan agli studenti del ’68, tende a ritornare al punto di partenza e la storia ce ne ha dato continue e drammatiche conferme. Anche Grillo si caratterizza per essere animato da quel fantasma di purezza che accompagna tutti i rivoluzionari più fondamentalisti. Egli proclama a gran voce la sua diversità assoluta dagli impuri: si colloca con forza fuori dal sistema, fuori dalle istituzioni, fuori dai circuiti mediatici, fuori da ogni gestione partitocratica del potere, dichiara che la sua persona e il suo movimento non hanno nulla da spartire con gli altri rappresentanti del popolo italiano che siedono in Parlamento, invoca una democrazia diretta resa possibile dalla potenza orizzontale della rete che renderebbe superflua ogni altra mediazione, ritiene che l’Italia debba uscire dall’Europa e dall’euro, giudica l’esistenza dei partiti un obbrobrio, proclama la trasparenza e la collegialità assoluta di ogni scelta politica del suo movimento, adotta l’insulto al posto del dialogo, pensa che dedicare la propria vita alla politica sia di per sé un fatto anomalo e sospetto che bisogna impedire, teorizza una permutazione rigida di tutti gli incarichi di rappresentanza; il suo giudizio sulle classi dirigenti del nostro paese fa di tutta l’erba un fascio ritenendo che sia da mandare in toto al macero, alimenta sdegnosamente l’odio verso la politica accusata di affarismo mercenario. Tutti questi giudizi – senza entrare nel merito del loro contenuto, che si può anche in parte condividere – sono ispirati da un fantasma di purezza che troviamo al centro della vita psicologica degli adolescenti." bingo! il sistema ha reso gli italiani intellettualmente meno che minorenni, come tali essi si orientano in scelte nelle quali invece dovrebbero auto-qualificarsi come adulti. come adolescenti essi parteggiano per la (pretesa) purezza di grillo, o per la (asserita) concretezza di renzi, o per il (fittizio) vittimismo di berlusconi, o per la (bronciosissima) scorciatoia del 'sono tutti uguali, non ci casco, me ne frego, diserto'. e se si trattasse di scegliere a bimbumbalegiù chi sta con chi a pallone, questo infantilismo di ritorno andrebbe benissimo. ma è che così si determinano i lineamenti di tutta la nostra vita di cittadini, di persone. e non da oggi, ma da almeno una generazione. mi sarò pure un po' rotto il cazzo? e così scajola non ha solo dato del rompicoglioni a biagi (ammazzato), ma avrebbe omesso intenzionalmente gli atti idonei a non farlo morire. bene. ma andiamo oltre? oltre la colpa penale e politica eventualmente in capo a quel galantuomo (don't forget) ministro della polizia durante la morte di giuliani, la macelleria della diaz e le torture di bolzaneto. vogliamo dirlo che biagi serviva proprio da morto, al sistema padronale della disintegrazione dei diritti del lavoro? biagi - come d'antona prima di lui, e tarantelli prima ancora - non vengono ammazzati da chi contesta la deregolamentazione del lavoro a causa dei loro studi in tal senso, ma al contrario vengono fatti ammazzare da chi vuole quella deregulation, quello smantellamento del welfare, quell'essiccamento della democrazia, e ha assoluto bisogno di mettere in coda a un testo di legge il nome del morto, di due morti, di più morti ammazzati possibile. perché in italia si sa, il morto non si discute. così col tabù innalzato sulle coscienze della brava gente, finisce la repubblica. e comincia un'altra cosa, che va in onda tutte le sere e gira su twitter e impiastra la rete. questo, un giudice riuscirà mai a dimostrarlo? be', la storia - per chi non si è bruciato il cervello col gossip - già l'ha fatto. ventuno maggio duemilaquattordici I PEGGIO
"La disuguaglianza diventa una ricetta per il declino economico, l'avversione all'innovazione, la corsa alla rendita, il peggioramento delle condizioni di lavoro e il degrado dei servizi pubblici. I ricchi diventano sempre più ricchi, e distaccati dalla società di cui fanno parte, semplicemente perché hanno la fortuna di avere in mano un capitale che nel tempo rende più dei salari. Possibili soluzioni? Un'imposta dell'80% sui redditi più alti, una tassa di successione più efficace, una vera tassazione sugli immobili, una tassa internazionale sulla ricchezza." lo dice un comunistaccio? no, lo dice un economista borghesissimo - ma intellettualmente onesto: thomas piketty, in 'le capital au XXIme siècle'. e non spetta certo agli economisti far diventare ricette come queste, gradite o almeno accettate dall'opinione pubblica. spetta agli uomini politici - stanno lì per questo, per guidare la società verso il suo bene col consenso (o almeno senza l'aspro dissenso) dei suoi componenti, noi cittadini. ora, i nostri tre uomini politici col più alto indice di ascolto non propongono nessuna delle soluzioni che piketty individua come probabili fattori di salvezza del sistema (badate: non come rivoluzione del sistema, infatti è un borghese, ma come sopravvivenza e almeno parziale ri-umanizzazione del sistema presente in agonia). infatti essi propongono, variamente: '80 euro a pioggia', 'pagheremo le tasse con l'sms', 'dentiere per tutti', '1000 euro alle casalinghe', 'napolitano vattene', 'processi web per la casta'... e questi tre sono le nostre guide pubbliche. le guide dell'italia nella tempesta perfetta. c'è di peggio. nessuno dei tre crede minimamente che tali idiozie siano risolutive dei problemi del paese e di noi cittadini, e nessuno dei tre crede che siano neppure utili a fare gli interessi della loro stessa 'enclave' socioeconomica a danno della massa - talmente è idiota ciò che propongono e dispongono, come sanno bene essi per primi. ma lo dicono perché... perché pensano sia questo ciò che voi volete sentirvi dire, per mantenere alto il loro indice di ascolto e gradimento, per continuare a stare sulla scena - sostenuti da voi - mentre nessuno fa niente di buono per nessuno (letteralmente) e tutto va a rotoli. quindi - dal principio alla fine - sta a voi. pensateci. venti maggio duemilaquattordici PIANO PIANO
questo è vangelo. attenzione: "«Psicopatia» è un termine molto utilizzato dagli psichiatri per definire il disturbo mentale di persone prive di empatia e che non hanno il minimo scrupolo a utilizzare mezzi distruttivi per affermarsi. Per esempio, i «corporate psychopaths»: gli psicopatici di successo, che non compiono necessariamente azioni delittuose. Sono persone cresciute in ambienti favorevoli, che hanno potuto sviluppare una notevole competenza sociale e riescono a perseguire i loro fini manipolativi e distruttivi senza dare l’impressione di essere psicologicamente disturbati. Gli psicopatici, infatti, non sono soltanto i serial killer o i mafiosi che uccidono i figli dei pentiti senza il minimo turbamento (o magari con piacere). La categoria più diffusa tra gli psicopatici si trova, semmai, tra le persone di potere, dalla politica alla finanza, fino all’industria. Gli psicopatici sostengono che il mondo è fatto di predatori e prede e hanno un’affettività superficiale, ma sono in grado di disperarsi per il danno recato a una loro proprietà, come un incidente all’automobile o la morte del loro cane. Le alte capacità cognitive, di solito, permettono loro di sapere esattamente come devono comportarsi nelle situazioni sociali e, quindi, sono in grado di fingere di provare emozioni ed empatia in caso di sofferenze o problemi degli altri, facendosi così passare per normali. I peggiori, secondo lo specialista Robert Hare, sono gli psicopatici aziendali: «I serial killer rovinano famiglie - spiega - mentre gli psicopatici ai vertici dell’economia, dell’industria e della politica rovinano società intere». Gli psicopatici dal colletto bianco usano il fascino, l’inganno e la manipolazione perché amano il potere e amano vincere, e questo significa che una gran parte di loro riuscirà a posizionarsi in cima alla scala sociale, con danni enormi per intere società. Insomma, Hare ritiene che i maggiori problemi dei sistemi politico-economici derivino proprio dal fatto che al potere ci vanno gli psicopatici, che sono così messi nella condizione di creare danni incalcolabili." [da lastampa.it del 23.4] __________________________________________ ora. di questi psicopatici di successo è pieno il mondo che conta, sono pieni gli organigrammi, sono piene le stanze dei bottoni. i loro nomi non li conosciamo. ma ne sono pieni anche i notiziari: sono gli psicopatici di successo 'pubblici' che gli psicopatici di successo 'occulti' ritengono utili (reciprocamente) per orientare l'opinione pubblica, sedandola o allarmandola a seconda delle necessità. ma psicopatici sono tutti gli uomini (e tutte le donne) di potere. perché questo tipo di potere è intrinsecamente disumano e disumanizzante. noi - che proviamo ogni giorno a diventare un po' più umani, e a rimanerlo - noi siamo i sani di mente. non abbiamo alcuna speranza di scalare il potere, se il sistema prevede un potere così. e non abbiamo alcuna speranza di affidarci a qualcuno di questi psicopatici pubblici perché tuteli la nostra vita - non se ne cureranno, per definizione. noi invece dobbiamo sovvertire il sistema disumano e pazzo che si sostenta tramite un apparato di potere disumano e pazzo e che seleziona e premia uomini e donne disuman* e pazz*. abbiamo cominciato a farlo sul serio un secolo e mezzo fa, e continuiamo e continueremo a farlo. senza paranoie e senza follie. senza 'monomaniacalizzare' la nostra esistenza per questo - nemmeno per questo. perché noi siamo sani. noi viviamo. gli sfigati sono loro. noi amiamo. e siamo molti, molti di più. piano piano, ma si arriva. buona vita, gente bella! diciannove maggio duemilaquattordici ALLE CANDIDATE E AI CANDIDATI
...di "L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS" una proposta (e tre motivi) a una settimana dal VOTO: PROPOSTA: i/le candidat* della 'lista tsipras italiana' all'indomani del voto si riuniscano in COMITATO GESTIONALE PROVVISORIO del soggetto politico costituendo della sinistra radicale e plurale nazionale, e convochino a breve una prima ASSEMBLEA COSTITUENTE del medesimo, invitandovi tutti i COMITATI TERRITORIALI della 'LISTA TSIPRAS' sorti sia nella fase della raccolta firme sia nella campagna elettorale vera e propria (i quali comitati vedranno poi da sé con che metodica autorappresentarsi all'assemblea). MOTIVI: A) questi comitati hanno già INTRINSECAMENTE natura trasversale e collaborativa tra una quantità di soggetti organizzati e di figure individuali indipendenti, ed hanno dato ampia prova di MATURITA' POLITICA e FIDUCIA RECIPROCA tra le varie 'anime' del percorso e del progetto, e probabilmente sono ora la cosa più simile a quell'AGORA' concreta della sinistra italiana dalla quale può scaturire quello che stiamo cercando da tanto tempo, ma che non otteniamo per residui meramente identitari e (peggio) di disincanto e/o diffidenza tra gruppi e tra persone. B) se a convocare un'assemblea così composta saranno proprio i/le candidat* della lista - ai/alle quali tutt* noi, indistintamente, abbiamo dato fiducia (corrisposta) negli ultimi mesi di bel lavoro politico comune -, allora le probabilità che il meccanismo NON si incagli sulle solite questioni 'ma tu chi sei, ma tu chi rappresenti, ma tu per quali finalità lavori', credo onestamente siano il massimo che in qualunque ALTRA possibile strategia operativa di cooptazione, inclusione, sommatoria eccetera. C) politica è (anche) essere assertivi; nello specifico, è asserire di voler fare - se benedetti dal consenso popolare - quelle cose che i cittadini non sanno neppure di volere anch'essi, prima di sentirle da noi, ma che una volta ascoltate le scoprono, le comprendono, le riconoscono, le condividono, le vogliono e perciò conferiscono al nostro asserire il consenso popolare, democratico, per la rappresentanza nelle istituzioni; allora, NOI - la sinistra radicale italiana, nella sua intrinseca natura e ricchezza PLURALE - asseriamo di volere: LAVORO, EQUITA', DEMOCRAZIA, AMBIENTE, SAPERI e PACE; e asseriamo di saper come ottenere tutto questo, tramite una RICONVERSIONE generale e profonda dell'attuale modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati. ma per poter anche solo DIRE tutto questo (e tanto più per CONVINCERE chicchessia riguardo a tutto questo) serve COME IL PANE innescare un circolo virtuoso che arrivi presto alla costituzione (senza alcuna esclusione preconcetta né scioglimenti, tantomeno traumatici, di nessuna organizzazione ora esistente e vitale) del SOGGETTO POLITICO COESO E PLURALE DELLA SINISTRA (vera) ITALIANA - ut supra memoravimus. diciotto maggio duemilaquattordici OMICIDI
trecento lavoratori ammazzati in turchia. il sicario, una miniera. mandante, il capitale. migliaia e migliaia di migranti ammazzati. il sicario, un braccio di mare. mandante - ancora - il capitale. quattordici maggio duemilaquattordici BUON COMPLEANNO REFERENDUM
Quarant'anni fa esatti le cittadine e i cittadini migliori di questo Paese, insieme, regalavano a se stess* e alle generazioni future una conquista di civiltà: vincevano i NO nel referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio, e la possibilità di divorziare restava norma in Italia. Erano anni di progresso, dalle nostre parti. Per esempio. 1970, Statuto dei lavoratori (quello del famoso articolo 18). 1970, legge Fortuna-Baslini sul divorzio. 1973, i cosiddetti 'decreti delegati' sulla democratizzazione della vita scolastica. 1974, referendum sul divorzio - oggi, buon compleanno! 1975, vittoria del Partito Comunista e delle sinistre in generale in molte elezioni comunali (come a Roma). 1975, nuovo diritto di famiglia, sul ruolo della donna e lo status dei figli. 1976, miglior risultato di sempre del PCI alle politiche. 1978, leggeBasaglia sulla fine delle torture manicomiali. 1978, legge sull'aborto. 1979, primo voto per il Parlamento europeo. 1981, referendum proposto dal sedicente 'Movimento per la vita' contro la legge sull'aborto - sconfitto a furor di popolo. Perché lo eravamo, un popolo! Lo siamo stati - sapete? Prima di diventare 'la gente'. E c'è una bella differenza. La gente non si occupa del 'politico' (diritti dei lavoratori, diritti delle persone, scuola, città, famiglia, malati, europa, ambiente...), ma solo del 'privato'. E se proprio deve impicciarsi di qualcosa che vada oltre il proprio 'particulare', la gente certo non si interessa di, né s'informa su, tanto meno si mobilita per i diritti civili, economici, politici, sindacali, di genere o generazionali che riguardano i milioni e milioni di donne e uomini che la costituiscono (che costituiscono 'la gente', appunto), ma semmai si accalora sullo stipendio, le diarie, le pensioni, i benefit, i mezzi di trasporto, la 'rottamazione' e il gossip tra le lenzuola, di quelle poche centinaia di mascherine che occupano la scena mediatica, proprio perché la gente pensi a loro - anziché il popolo a se stesso e al proprio bene. Ci fecero diventare 'la gente' - da popolo che eravamo - perché come popolo facevamo paura al potere. Come gente, invece, ne siamo la garanzia migliore di sopravvivenza. Lo fecero in modo quasi impercettibile, ma implacabile, a partire dalla fine degli anni '70 - stingendo la nostra testa in una morsa fatta di 'riflusso' (disimpegno, mode e soprattutto televisione), di paura (del terrorismo, soprattutto - e del 'diverso' in generale), di disincanto (verso forme nuove, socialiste per esempio, di convivenza) e di depressione (verso noi stessi: mista alla 'furbizia individualista', il qualunquismo se ne nutre). E in meno di dieci anni l'opera era compiuta: la nostra testa aveva assunto la forma che voleva il potere. Quella forma - fateci caso - ce l'ha ancora, per milioni e milioni dei nostri contemporanei. (Non la disegnerò per non scadere nel facile triviale.) Bene. Purtuttavia io confido che noialtr*, le donne e gli uomini migliori di questo paese OGGI, possiamo dare un buon contributo - e anche abbastanza rapido - affinché l'Italia torni a essere abitata da un popolo (non da gente), capace cioè di consapevolezza ed emancipazione come quelle di quegli anni - da un popolo di tanti colori e lingue e storie e intelligenze, ma di un'unica chiara e forte idea di dignità, equità, democrazia e progresso. Nel frattempo, di nuovo: BUON COMPLEANNO REFERENDUM! (E GRAZIE a voi tutte e tutti, di quarant'anni fa!) dodici maggio duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-05-12/128679-buon-compleanno-referendum SYRIZA PER NOI
di domenica sera, a tre settimane esatte dal voto, voglio farmi due conti. due conti politici, non aritmetici - quelli li lascio ai sondaggisti. due conti politici che dicono cosa e chi, dal 26 maggio, potrebbe (dovrebbe) mettersi in marcia per la realizzazione di una syriza italiana - auspicabilmente sull'onda bella di un buon risultato di 'lista tsipras' alle europee. potrebbero (dovrebbero) farlo - senza stare ora a distinguere tra organizzazioni politiche, organizzazioni sindacali, movimenti, associazioni, comitati e centri vertenziali, e senza alcuna pretesa di minima esaustività: 1. la componente di rifondazione comunista che è più vicina all'attuale segretario ferrero, 2. quella più vicina a chi aveva emendato le tesi congressuali nel senso della rapida unità dei comunisti, 3. quella dei cosiddetti trotskisti di 'falce e martello', 4. quella dei cosiddetti 'autoconvocati-e', 5. la componente maggioritaria del partito dei comunisti italiani, più vicina all'attuale segreteria nazionale, 6. quella più vicina a chi aveva emendato le tesi congressuali in senso meno identitario, molto presente per esempio a roma, 7. sinistra anticapitalista, 8. almeno parte del restante progetto di ross@, 9. il partito comunista dei lavoratori, 10. il partito comunista - sinistra popolare, 11. la componente di sinistra, ecologia e libertà che non accetterà di confluire nella 'sinistra' del pd (cioè non con migliore&c, che finiranno insieme a civati&c a far nulla), 12. alba (alleanza lavoro, benicomuni e ambiente), 13. alternativa, di giulietto chiesa, 14. giovani comunisti-e, 15. la federazione giovanile comunista italiana, 16. il fronte della gioventù comunista, 17. la mozione minoritaria del congresso cgil, di cremaschi, 18. la fiom, 19. i cobas, 20. l'unione sindacale di base, 21. il movimento no tav, 22. quello no muos, 23. quello per la casa, 24. quelli per il reddito di cittadinanza e per il reddito minimo garantito, 25. quello per la ristrutturazione o la cancellazione del debito, intorno all'associazione 'sbilanciamoci', 26. quello per la pubblicizzazione della cassa depositi e prestiti per il finanziamento della spesa pubblica, intorno all'associazione 'attac', 27. quello per l'acqua pubblica e l'applicazione dei risultati referendari del 2011, 28. la rete di 'le città in comune', che collega le liste politiche, civiche e civicopolitiche della sinistra di alternativa in molti comuni italiani, 29. la rete 'patrimonio comune', che collega comitati, associazioni e vertenze (come per esempio a roma il valle, l'angelo mai, lo scup...) per la riconversione delle politiche economiche e finanziarie in termini di uso pubblico del patrimonio e beni comuni diffusi, 30. associazioni per l'antimafia e la giustizia sociale, come 'libera', 31. associazioni per la legalità e la democrazia, come 'libertà e giustizia', 32. associazioni per la libera e onesta informazione, come 'articolo 21', 33. le associazioni antirazziste, antisessiste, antifasciste e ambientaliste disponibili a un lavoro politico meta-tematico, e mi fermo a 33 items perché 33 è un bel numero - ma si potrebbe continuare, integrare, modificare. ora, questi due conti fatti mi dicono due cose: a. che è più facile sbagliarlo che farlo, il gol di un buon risultato di 'l'altra europa con tsipras' alle imminenti europee - purché certo i nostri strateghi nazionali in questa campagna elettorale, arrivino a sollecitare tutte le cittadine e tutti i cittadini (le compagne e i compagni, per capirci) che si riconoscono nelle identità, nelle lotte e nelle sensibilità di almeno uno dei moltissimi soggetti sopra elencati, e b. che se syriza in grecia è nata dalla coalizione di 13 soggetti (politici, sindacali, vertenziali, civici - reciprocamente litigiosi, ci dicono, ma pure qui mica scherziamo!) ed è saltata in tre anni dal 3% al 30% del consenso elettorale, noi in italia - perdurante la crisi, e perdurante la conclamata incapacità delle forze di governo nel farvi fronte e quella delle forze di opposizione parlamentare nel proporre alternative sensate - possiamo davvero fare tanto e fare bene. purché lo vogliamo sul serio. ma appunto, compagni - amici: io voglio bene a voi (cioè a noi) e lo dimostro nei fatti, voglio bene a ventotene e al suo manifesto, voglio bene a questa nostra traslitterazione di tsipras in italiano. però - riconosciamolo, tra noi - lo sbarco in ventotene di oggi non ha propriamente sfondato sui media. ora noi possiamo - come fatto un po' mestamente a milano l'altro ieri, e come si farà credo altrettanto a roma domani - dolerci con la rai brutta e cattiva per questo. oppure fare politica, in queste tre settimane che ci separano dal voto. e politica è anche essere assertivi. nello specifico, è asserire di voler fare - se benedetti dal consenso popolare - quelle cose che i cittadini non sanno neppure di volere anch'essi, prima di sentirle da noi, ma che una volta ascoltate le scoprono, le comprendono, le riconoscono, le condividono, le vogliono e perciò conferiscono al nostro asserire il consenso popolare, democratico, per la rappresentanza nelle istituzioni. ci proviamo, almeno un pochino? anche solo per un gusto decoubertiniano alla partecipazione agonistica, dico. daje! buon lavoro e buona lotta a tutte e tutti noi. quattro maggio duemilaquattordici TRAPPOLONE
compagne e compagni, vi dispiace tanto se penso e affermo che non c'è proprio niente - non dico di sovietico, o socialista, o anche solo di sinistra, o perfino di democratico appena - niente di civile (intendendo per 'civile' il frutto del tri-millenario percorso, e il percorso stesso, del pensiero europeo e della pratica europea sulla convivenza umana arricchiti l'uno e l'altra anche dalle risultanze del movimento operaio nella lotta di classe, cui siamo secolarmente costretti dal capitale) nella strategia imperialista del neo-zar vladimir putin? al di là delle informazioni e delle intenzioni di tante e tanti semplici cittadini ucraini, quella macelleria è l'esito del confronto tra due esaltazioni nazionaliste sapientemente orchestrate dalle rispettive cabine di regia dei due poveri popoli coinvolti. orchestrate con cura che il massimo sdegno colga il grande pubblico dell'europa 'civile' - la vedemmo già all'opera tante volte, questa tattica: prima delle twin towers, prima di beslan, in quei puri orrori e anche dopo, ovunque - e venga solleticata la furia della 'guerra democratica', che i poteri dell'occidente non vedon l'ora di scatenare per uscire ancora più a destra dalla più grave crisi capitalista di sempre. e putin e jaceniuk, in questo sì, sono entrambi perfettamente 'occidente' - malgrado il destino atroce dei loro sudditi rispettivi. ma 'occidente', in tal senso, e 'civile' - per non dire 'democratico', o 'di sinistra', o 'socialista', o 'sovietico' - stanno proprio in due vocabolari separati e lontanissimi. quindi, compagne e compagni, vi dispiace tanto se penso e affermo che dovreste proprio voi piantarla di fare il tifo - pur con le migliori intenzioni antifasciste e antinaziste, che condivido con tutto me stesso - per uno dei due nazionalismi in campo, cadendo così nel trappolone 'stile sarajevo 1914'? noialtri comunisti europei, o sappiamo costruire le condizioni perché qui - a valle del percorso tri-millenario di cui sopra - si realizzi quel socialismo che è l'unica vera forza mondiale d'interposizione di pace, o è inutile che sprechiamo tempo, energie e credibilità altrove: chiediamo con forza un intervento umanitario alle organizzazioni apposite, e facciamoci i cazzi nostri. non siete d'accordo? vi stracciate le vesti per questa mia equidistanza? e allora, che vi devo dire... speriamo che ci sia una bella guerra di putin contro l'imperialismo (come se fossero due cose diverse), e noi comunisti europei ci arruoleremo tutti con l'armata rossa! e state pur sicuri che putin ci schiererà in prima linea insieme ai compagni russi, però telefonando alla nato per dargli la nostra posizione esatta. così alla fine, il capitalismo di qua e di là dell'europa e dell'atlantico sarà uscito dalla sua crisi come usa fare, con la guerra e l'autoritarismo necessario a una guerra, putin e obama avranno fatto quel po' di ammuina per consentire alle multinazionali di riprendere gli affari. e di comunista - europeo o russo che sia - non ne resterà nemmeno uno vivo. compagne e compagni italiani, la storia ci entra e esce dalle orecchie, invano. a noi, che per statuto dovremmo cibarcene. pensa tu agli altri! come la vedo male. tre maggio duemilaquattordici LA MOSTRA
vista la mostra su hogarth, reynolds e turner. e a parte che gainsborough e constable non sono acci per niente, quasi pre-preimpressionisti, e a parte che turner come al solito gli fa un furto a tutti quanti, tipo sta un secolo avanti - ciò che fa riflettere è vedere quelle 'istantanee' dell'età in cui la rivoluzione borghese diventa adulta, con le innovazioni tecniche, le scoperte scientifiche, le esplorazioni oceaniche, la riorganizzazione sociale, la concentrazione finanziaria, l'espansione metropolitana, tutto come in uno storyboard nel quale la classe allora all'avanguardia descriveva se stessa e si specchiava, un attimo prima del salto nell'età dell'imperialismo vero e proprio. fa effetto. perché nasce abbastanza tutto da lì, dal tardo '700 inglese - al pari del tardo '700 francese, solo che questo è molto più frequentato dall'immaginario collettivo per via che la storiografia per le masse si concentra sui grandi eventi, come la bastiglia, e sui grandi uomini, come napoleone. nasce abbastanza tutto da lì il nostro mondo contemporaneo, la sua radicale diversità rispetto a quello 'solo' moderno, i suoi conflitti tra classi e tra popoli, le sue dinamiche e tutto il diagramma che da allora ci porta fino a qui, a oggi. davanti a quei quadri mi chiedo: lo sapevano? sapevano questi borghesi scienziati, questi borghesi imprenditori, questi borghesi affaristi, di determinare con le proprie azioni il corso di una storia incalcolabilmente più vasta del destino della loro filanda, della loro dinastia, della loro personale gratificazione? di 'agire' la storia dell'umanità a tal punto che il prima e il poi rispetto a quella stagione, meriterebbero una datazione 'avanti' e 'dopo' più ancora che la nascita di cristo - lo sapevano? no, non credo. avranno seguito come tutti, sempre, il semplice ma potentissimo impulso alla soddisfazione dell'immediato e alla messa in sicurezza di quel poco di futuro che s'intravede negli occhi di figli e nipoti. però la storia, come i disegni degli stormi in cielo, poi si compone del numero enorme di questi micro-input e rivela un disegno organico, fatto di correnti profonde - che alla distanza giusta e con un po' di scienza, si riescono a interpretare. e perfino a prevedere. è rarissimo che gli stessi protagonisti o contemporanei di un fenomeno - anche grandioso e quasi-planetario, come l'avvicendamento storico di una classe sull'altra - lo afferrino per intero, tanto meno ne leggano le ulteriori conseguenze. occorre essere geni completi, per riuscirci - tipo carlo marx. la mostra è ben esposta. la consiglio. due maggio duemilaquattordici UNA BELLA RESPONSABILITA'
Secondo me un Piano Europeo per l’Occupazione può funzionare davvero. 100 miliardi all’anno per 10 anni, per dare (buona) occupazione ad almeno 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati: tanti quanti hanno perso il lavoro dall’inizio della crisi. Nessuna Grande Opera, ovviamente, di quelle che devastano il territorio e che creano poca occupazione – come la TAV e le trivellazioni nel mediterraneo e nelle aree protette. Invece: creazione di un’agricoltura biologica, riassetto idrogeologico dei territori, valorizzazione non speculativa del nostro patrimonio artistico, potenziamento dell’istruzione e della ricerca, cultura e accoglienza, servizi base come salute e mobilità e servizi avanzati come infrastrutture tecnologiche e metodiche immateriali - il tutto, con una transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili. Il tutto, Stato per Stato, di proprietà e programmazione e gestione e utile esclusivamente pubblici: bene comune. Solo il ritorno del lavoro, buono, non precario – e di conseguenza il ritorno di redditi dignitosi e onesti -, scaccia dall’Europa di oggi i fantasmi orribili di ieri: i fascismi, i razzismi, i populismi, le tentazioni autoritarie delle élite, quelle militariste per risolvere i conflitti (creati ad arte, tra l’altro). Lavoro, quindi reddito, quindi dignità, quindi democrazia, quindi pace, quindi libertà, quindi futuro. Questo propone L’Altra Europa con Tsipras. Ed è per questo sopra ogni altra cosa, che la sostengo. E l’urgenza di una revisione radicale dello stato di cose presente è evidentissima. Poiché il sistema, un flop dopo l’altro, si sta fermando. Non c’è verso di non accorgersene. (Apparentemente off-topic: perfino la canonizzazione dei due Papi, in quanto fenomeno di massa e traino economico e iniezione d’entusiasmo, è stata ben al di sotto delle aspettative! Che poi – tra l’altro – Papa Giovanni, inventore del Concilio Vaticano II, la cosa più bella tra i cristiani dai tempi di Francesco d’Assisi, messo lì a far da scudo umano al Wojtyla integralista e reazionario che sappiamo in molti… Eppure la Chiesa va avanti così, mischiando un po’ di valore a tanta robetta, da duemila anni. E funziona, credo, proprio per questo: perché è la rappresentazione in scala collettiva e planetaria e storica, di quel mediocretto dell’animo umano. La Chiesa cattolica – così come qualunque altra religione, superstizione, fideismo, irrazionalismo. La spinta dell’umanesimo – razionalità, compassione, socialismo, gratuità… sottolineate voi gli aspetti che volete – invece attrae solo una ristretta minoranza di cittadini del mondo: quelle e quelli nel cui animo la robetta è, con fatica quotidiana, relegata all’angolo da quel tanto di valore che costoro recepiscono dal meglio che l’Umanità ha prodotto, che offre oggi e lascia intravedere per domani. E che s’impegnano a coltivare e far fruttare per il prossimo e per il postero. Ma comunque 800.000 pellegrini a Roma, dei milioni attesi, e per di più a mordi e fuggi, è un bel flop: la crisi morde – meno male – pure la santa creduloneria.) Non ci sarà ripresa, fermi restando i paradigmi economici, sociali, politici e culturali correnti. Questa è la verità. E il lavoro, la produzione e lo scambio – ciò cui le politiche ottimistiche e i grandi eventi ambiscono, invano – torneranno a crescere in questa parte del mondo soltanto con un salto di qualità radicale. Per stabilizzare il quale le persone – in stragrande maggioranza - dovranno acquisire un abito mentale parecchio nuovo. Ci vorrà tempo – ma non c’è altro verso. Tempo affinché sia diffusamente compreso che non si è più felici avendo ottenuto di vivere in case più grandi del necessario, ma forse avendo più padronanza delle infinite sfumature di colore dei fiori; non avendo una macchina in più, ma forse conoscendo una storia in più da raccontare, una musica in più da intonare, un mistero in più da esplorare; non aprendo una scarpiera zeppa di paia diverse, ma sapendo aprire più spesso le braccia per accogliere un altro essere umano o accarezzare un altro animale. Ed è mia ferma convinzione che tutto questo non può nascere dalla rivoluzione isolata di un’anima, moltiplicata per un numero enorme di volte, ma da un’organizzazione socioeconomica profondamente diversa da quella ora in agonia: mediante scelte strategiche e investimenti prioritari, travasi di ricchezze con tanto di resistenze anche aspre – mediante una guida consapevole verso la trasformazione, cioè verso la salvezza. La politica serve a questo. Ciò che facciamo perfino nel nostro piccolo, per la campagna elettorale di queste europee, sostenendo la proposta che nasce simultaneamente in tanti Paesi, dalle porzioni più evolute delle rispettive opinioni pubbliche – dovrebbe servire a questo. A indicare un traguardo, e una strada per arrivarci. Il lavoro, la produzione e lo scambio torneranno se tutto si riconvertirà dalle case ai colori, dalle macchine alle storie, alla musica e ai misteri, dalle scarpe agli abbracci e alle carezze, dal volere al sapere, dall’avere all’essere – non è uno scherzo! Sembra impossibile? Non più di quanto apparisse impossibile trasformare lavoro, produzione, scambio e abiti mentali da prima a dopo il fuoco, da prima a dopo la ruota, da prima a dopo la semina, da prima a dopo la schiavitù, da prima a dopo il vapore, da prima a dopo Internet. Un flop dopo l’altro, questo sistema si sta fermando. E’ evidente. E le persone comuni, con buona pace di De Gregori, al momento sanno solo benissimo cosa non fare. Chi ha un’idea di cosa invece occorra fare, ha una bella responsabilità storica – se non lo dice con tutta la forza che possiede. E pure se lo dice. Perché l’alternativa alla riconversione è semplicemente orrenda. “…Realizzare una unità organica di tutte le forze della borghesia in un solo organismo politico sotto il controllo di una unica centrale che dovrebbe dirigere insieme il partito, il governo e lo Stato …nel campo economico agire come strumento di una oligarchia industriale e agraria per accentrare nelle mani del capitalismo il controllo di tutte le ricchezze del paese…” Non ci suona fin troppo familiare? Eppure è prosa antica: sono le tesi di Gramsci e Togliatti a proposito del fascismo, elaborate per il congresso del Partito Comunista (in Italia già braccato) svolto a Lione nel 1926! E cos’è che evoca, ancora oggi? Cos’è che non riusciamo a vedere, nonostante sia proprio davanti ai nostri occhi? Che fanno ogni giorno le maschere onnipresenti del circo mediatico nostrano? Ci distraggono, ci piegano. Ieri due dei tre democìdi di successo – Grillo e Berlusconi – hanno occupato sapientemente la scena (tanto sapientemente che c’è da supporre che si telefonino per darsi i tempi di battuta). Uno ha detto che se prenderà un parlamentare europeo in più di Renzi andrà da Napolitano chiedendogli Palazzo Chigi, né mi distraggo – appunto – ad argomentare l’insensatezza politica, politologica, istituzionale e costituzionale dell’asserita pretesa. L’altro ha detto che Napolitano – sempre lui, mi sa che lo avvertono prima – aveva il dovere morale di dargli la grazia, e lo ha detto proprio il giorno in cui si rendeva pubblica l’abiezione raggelata delle sue nottate di orgia e additivi. Il terzo democìda – Renzi, il giovane – ci guadagna di tempo indisturbato, per continuare l’opera di snaturamento del tessuto connettivo della Repubblica, sempre lei: quella nata dalla Resistenza al nazifascismo, dalla Liberazione e dalla Costituente; che se questi, che ci dominano i giorni e gli incubi da mesi e anni, potessero estirparla – la Repubblica, e la Costituzione, e la nostra dignità di demos - con rastrello e roncola, dalla Storia e dall’anima, anche strappandoci insieme gli occhi e il cuore, lo farebbero godendo. Anzi – perché uso il periodo ipotetico? Sta accadendo. Ma la fortuna – se è quella che vogliamo attendere ancora – la fortuna non è mai in nostro favore. Serve il protagonismo nella lotta. …The odds are never in our favor… Ce la deve spiegare un blockbuster come Hunger Games la lotta di classe? Dalla stagione del riflusso - proprio in coincidenza con l’esordio del neoliberismo, ormai più che trentennale - ci hanno inoculato l’ideologia secondo cui partiamo ad armi pari e che il merito premia sempre, e quindi che chi non ce l’ha fatta non aveva i numeri; suo corollario recente è che basta togliere di mezzo la casta pubblica, e così saremo tutti liberi. Un’evidente sciocchezza – una sciocchezza interessata: la vera casta non è quella data in pasto al pubblico, per definizione. La sperequazione tra chi ha e chi non ha va avanti da millenni, da secoli ha un nome preciso; e da molti decenni avrebbe pure qualche contromossa già approntata. Compagne e compagni, noi ne conosciamo – ma cos’è questo pudore nel cantarle ai quattro venti? Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Torno a bomba, e chiudo. Il percorso politico europeo di alternativa radicale, che in Italia si sostanzia nel progetto di L’Altra Europa con Tsipras, è qualcosa che ha molto a che fare con quel protagonismo nella lotta che dicevo. Si sta muovendo, bene come può in considerazione degli ostacoli oggettivi e soggettivi che la realtà impone al volere umano. Qui da noi, sono felice di darne atto – rispetto alle mie osservazioni più recenti e critiche -, un’evoluzione è visibile: lo striscione per il 25 aprile a Roma, con la scritta su democrazia, pace e lavoro; la campagna nazionale con slogan come ‘prima le persone’ o ‘sanità pubblica e gratuita‘; la bella descrizione sul sito web ufficiale, dell’affratellamento della Lista Tsipras con tutte le altre sinistre radicali; il preannuncio di eventi elettorali con ospiti gli altri leader e candidati europei… Tutto questo è bene, è responsabile, è connesso. E sì, quella benedetta direzione politica vera e propria di tutto il movimento ancora non si formalizza – né forse si formalizzerà da qui al 25 maggio. Magari dopo, speriamo subito dopo. Però la strada giusta per dire le cose che vanno dette, e come dirle, io la comincio a vedere! ADELANTE, COMPANEROAS: HASTA LA VICTORIA! ventinove aprile duemilaquattordici http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/una-bella-responsabilita/ LIBERAZIONE E' SEMPRE
"Ora vedete, io ho poco da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli. E a sapere intendere dietro questi articoli, ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo: nell’articolo 2 «L’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale» o quando leggo nell’articolo 11 «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli», «la patria italiana in mezzo alle altre patrie» ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini. O quando io leggo nell’articolo 8: «Tutte le confessioni religiose, sono ugualmente libere davanti alla legge» ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’articolo 5 «La Repubblica, una ed indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali» ma questo è Cattaneo! O quando nell’articolo 52 io leggo, a proposito delle forze armate «L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», l’esercito di popolo, e questo è Garibaldi! O quando leggo all’art. 27 «Non è ammessa la pena di morte» ma questo è Beccaria!! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione voi dovete vedere giovani caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i Partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione." da Piero Calamandrei, 1955 (Discorso sulla Costituzione). __________________________________ Ed è questa Costituzione - figlia della Resistenza vittoriosa al nazifascismo, della Liberazione che celebriamo domani, della sintesi più alta tra le istanze ideologiche del cattolicesimo sociale, del progressismo laico e liberale, del sindacalismo, del socialismo e del comunismo italiano, della spinta popolare per la costruzione di una nazione libera e giusta - è questa nostra Costituzione che intralcia i disegni conservatori, o peggio reazionari, del grande potere transnazionale, dell'affarismo disumano e miope, della finanziarizzazione violenta delle vite e dell'ambiente, della guerra di classe verso il basso, della crisi sistemica del neocapitalismo che paga la gente comune, del circo mediatico con le sue armi di distrazione di massa, dei sorrisi plastificati dell'élite che nasconde appena il pugno di ferro dei populismi e dei neofascismi in europa e in Italia. Difendendo la nostra Costituzione, lottando per la sua piena applicazione, elaborando tutte le conseguenze che ne derivano - noi facciamo politica, nel senso più alto ed efficace che questi tempi bui consentono e richiedono. E lo facciamo insieme - le tante anime della sinistra italiana, quella vera - costruendo una consuetudine comune, una reciproca fiducia e una speranza bella, che ci porteranno fino al voto europeo del 25 maggio e soprattutto dopo. Ma intanto, domani è il 25 aprile. La Liberazione, che ci aspetta in tutte le piazze del Paese. E Liberazione - è sempre! ventiquattro aprile duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-04-24/127191-liberazione-e-sempre DETTO TRA NOI
Se non tra noi, e qui, allora dove? E con chi? Quindi, ecco. Sono membro dei comitati per “L’Altra Europa con Tsipras” del municipio I e del municipio XII di Roma, e come tale ho lavorato alla raccolta delle firme necessarie alla presentazione della lista in tutte le circoscrizioni elettorali; sono tra i venticinque firmatari dell’appello che ha convocato oltre due mesi fa la prima assemblea cittadina per la costituzione di un coordinamento romano per la lista; sono tra i primi sottoscrittori – credo intorno al numero 40, dei circa ventimila complessivi – dell’appello ‘Spinelli & C’ pubblicato in gennaio dal Manifesto e da Micromega a sostegno della candidatura Tsipras e della formazione di una lista unitaria di cittadinanza; prima ancora – almeno dal mese di ottobre 2013 – ho detto e scritto in tutte le sedi e occasioni che l’occasione di presentare una lista unitaria della sinistra italiana alle Europee del 25 maggio non doveva esser sciupata in alcun modo; ho partecipato a – credo – tutte o quasi le iniziative e le riunioni pubbliche, semipubbliche e ‘dietro le quinte’, di partito (benché non iscritto a nessuno), di movimento e di cittadinanza ‘semplice’, o un mix di tutto, che si sono svolte in merito finora a Roma; ho quotidianamente utilizzato i miei (piccoli, artigianali) canali di informazione sui social per sensibilizzare, motivare e mobilitare riguardo a questo progetto politico – che guarda alle elezioni e pure dopo – ricevendone un bel riscontro, anche da parte di amici e conoscenti non ‘schierati geneticamente’ sulle tesi della sinistra anti-neoliberista; si era perfino raccolto un centinaio di persone (il doppio del minimo richiesto) che hanno formalizzato e trasmesso ai garanti della lista (Spinelli & C, appunto) la proposta della mia personale candidatura nella circoscrizione Italia Centro, proposta vagliata dai medesimi e poi – giustamente – accantonata in favore di altre proposte più significative e più capaci di attrarre un consenso diffuso nella difficile campagna elettorale appena iniziata; ho contribuito ‘da creativo’ all’elaborazione e alla diffusione di qualche slogan e qualche grafica di tutto ciò che ha girato e gira sulla Rete per rendere il nostro progetto più familiare all’opinione pubblica, ‘rappresentandone’ anche qualcuno sulla pubblica piazza; e sono tuttora in campo ‘a pieno servizio’ per sostenere come potrò sia il progetto che la lista, e sia una terna di candidati/e che ritengo più vicini/e al mio sentire politico e alla mia visione dell’Europa (e del nostro Paese). Diciamo quindi che ho qualche titolo, almeno, per provare a capire tutto quello è successo, che sta succedendo e che succederà dentro e intorno a “L’Altra Europa per Tsipras”. E invece non è così: c’è qualcosa che non riesco a capire. Qualcosa di rilevante. Ora, è sempre possibile che io sia semplicemente come Bouvard e Pécuchet – gli enciclopedici protagonisti dell’ultimo fantastico romanzo, incompiuto, di Flaubert – che sanno pressoché tutto ma non comprendono pressoché nulla. E se così fosse, peggio per me – e per chi mi stima. O al contrario, è possibile che ci sia qualcosa di oggettivamente molto difficile a comprendersi nel passato, nel presente e nel futuro del progetto. La domanda che mi pongo – e la cui risposta non trovo nei comportamenti tattici e strategici di chi sta ‘guidando’ il processo elettorale (e non solo), motivo per cui mi sorge il dubbio espresso riguardo alla intelligibilità delle cose ovvero all’intelligenza mia personale – è la seguente: ma noi, noi della ‘lista Tsipras’ (chiamiamola così per brevità), vogliamo vincerle le elezioni europee? Ossia: vogliamo conseguire il risultato di superare appena il quorum del 4%, stabilito da una norma insensata ma vigente, passato il quale porteremo due/tre parlamentari a Bruxelles e Strasburgo, oppure ambiamo a raggiungere lo status di quarto polo dell’opinione politica nazionale – dopo il PD, Forza Italia e Movimento 5Stelle – diciamo con un 10% di consensi che ce ne farebbe portare fino a sette ma, soprattutto, metterebbe in moto l’agognato processo di rinascita della sinistra radicale italiana a partire da un grande viatico di massa e non da un mero affacciarsi nelle istituzioni ‘per il rotto della cuffia’? Io voglio la seconda. Ovviamente. E come me, da quel che sento tra i compagni d’avventura, tutte e tutti lo vogliono. Ovviamente. Però volerlo non basta: è necessario lavorarci. Ovviamente. E lavorarci davvero – numeri alla mano – significa moltiplicare per un fattore considerevole lo sforzo fin qui fatto per la raccolta delle firme. Infatti abbiamo presentato 230.000 firme – qualcuno dice che se ne siano messe insieme anche di più (non dice quante), ma atteniamoci ai dati reali – ed è una grande cosa, specie a considerare che ci si è riusciti in poco tempo: un mese di ‘banchetti’, più un altro mese – prima – per conoscerci e organizzarci un po’ tutti nel lavoro che toccava. Abbiamo tirato giù liste di nomi plausibilmente interessati, abbiamo dato fondo a telefonate e sms, mail e messaggi facebook; abbiamo sollecitato parenti e amici, colleghi e conoscenti, e poi cittadini e passanti qualsiasi nei mercati e nelle piazze, davanti ai cinema e alle librerie; abbiamo informato e ‘tampinato’, abbiamo sottratto tempo a noi e a tutti, e ci siamo pure abbastanza divertiti nel farlo; abbiamo dislocato vere e proprie task-force nelle zone più ‘a rischio’, e in questo le strutture organizzate di partito (specie di Rifondazione Comunista) sono state imprescindibili; abbiamo usato il (sopravvalutato) web… Insomma, abbiamo replicato con (buon) successo una modalità organizzativa e comunicativa sperimentata con (enorme) successo nella stagione referendaria sull’acqua pubblica e sui no al nucleare e al legittimo impedimento del 2011. Ma per arrivare al 10% dei voti validi espressi alle elezioni del 25 maggio, dobbiamo convincere molti più cittadini di 230.000 unità: tra i due milioni e mezzo e i tre milioni – dipende dall’affluenza al voto, se più vicina al 50% o al 60%. Cioè: uno sforzo circa dodici volte maggiore di quello fatto finora! E nelle sole quattro settimane di lavoro residue. Chi invece volesse ‘accontentarsi’ del superamento appena del quorum, comunque avrà il problema di raggiungere tra il milione e il milione e duecentomila voti, ossia moltiplicare l’impegno fin qui profuso da tutte e tutti di un fattore quattro o cinque. E come si fa ad ‘aumentare i giri’ di cinque volte (ipotesi minima) o di dodici volte (ipotesi massima, ipotesi a detta di tutti preferita – e a detta degli analisti dei flussi d’opinione, teoricamente realizzabile) in una ‘macchina’ che così com’è va già a pieni giri? E’ impossibile – in quattro settimane, poi. Serve una macchina diversa. Serve una modalità organizzativa e comunicativa intrinsecamente differente da quella della prima fase del lavoro, conclusasi con la presentazione delle firme certificate. Una modalità nuova nella quale trovi spazio anche questa in cui ci siamo (relativamente) auto-organizzati nei territori e sulla Rete, molecolarmente – un valore di ‘lavoro fianco a fianco’ e tra le gente che non va disperso affatto –, ma che aggiunga molto più valore, molta più efficacia, molta più esperienza e molta più politica a tutto ciò che la prima macchina ha già ‘macinato’. Lo capisce chiunque dotato di retto pensiero e buona volontà – credo. Però, dagli ultimi orientamenti manifestati dai ‘responsabili apicali’ del processo – e ri-trasmessi dai ‘coordinatori di zona’ alle assemblee locali, come la mia di Roma alla quale ho rappresentato ciò che scrivo – emergerebbe che la macchina non cambierà, perché “squadra che vince non si cambia”. Che cioè continueremo, e dovremo certo potenziarci, con le liste di parenti e amici, colleghi e conoscenti, con telefonate e sms, mail e facebook, coi volantini, con la militanza di base delle strutture organizzate, con la creatività, col passa-parola, col web, con qualche evento e con l’entusiasmo del sentirci tutte e tutti coinvolti personalmente, protagonisti dal basso ed emancipati da gerarchie burocratiche. Sic. Capite forse allora meglio, il pungolo della mia auto-domanda: ma noi vogliamo vincerle le elezioni, con la lista “L’Altra Europa con Tsipras”, e da lì partire meglio possibile per la costruzione tanto attesa della sinistra radicale italiana – che allinei anche il nostro agli altri Paesi europei nei quali la sinistra anti-neoliberista ha un seguito di massa, politicamente spendibile per uscire dalla crisi sistemica in altra direzione che sia l’autoritarismo, o la guerra –, oppure vogliamo portare a casa il minimo indispensabile tanto per giustificare gli sforzi fatti finora e poi smontare tutto e ‘ognuno torna al suo lavoro’, oppure ancora non vogliamo nemmeno affacciarci al benedetto, infame, quorum del 4%? Io a questo punto, pur dopo l’assemblea di cui sopra, non so rispondere. O meglio, non riesco a decrittare dai comportamenti concreti di troppi dei protagonisti del percorso, la risposta di fatto del vertice del movimento a questa domanda retorica, perfino banale. E sì che, come ho detto, di cose ne so e ne ho viste e ne ho agite in prima persona! Allora, sono come Bouvard e Pécuchet? Forse. Il tentativo di rispondere tocca a voi, ora, se volete. Ed è il motivo per cui mi son risolto a scrivere, qui. Io, socializzata la questione – e diciamo così, alleggerito –, farò un’altra cosa. Da adesso al 25 maggio farò – continuerò a fare – tutto ciò di cui sono capace per la miglior riuscita di “L’Altra Europa con Tsipras”, perché credo che tale lista sia oggettivamente (volenti o nolenti almeno alcuni dei suoi ‘funzionari’) la contingente espressione elettorale di un progetto politico più ampio e gratificante, e di basilare importanza! Ma la miglior riuscita davvero: col conseguimento di ben più del 4% dei voti validi espressi e con l’elezione, tra tutti i candidati, di quelle e quelli di cui son certo che si tratti di compagne e compagni, cittadine e cittadini, donne e uomini di – ripeto – buona volontà e retto pensiero. Come se votassi per me stesso, insomma. E per fortuna, candidati e candidate così ce ne sono. Ci vediamo nelle piazze e sulla Rete! Grazie per la paziente attenzione. ventitre aprile duemilaquattordici http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/detto-tra-noi/ UN COLPO D'ALA
lo so che è pasquetta. e lo so che tipo l'ho già scritto. ma la novità è che è uscito il 'programma' di grillo per le europee, e guarda un po' di 'scappare' dall'euro e dall'europa non si parla più. perché vabbè che è un bandito, grillo, però mica è scemo. problemi dei 'boccaloni' che gli andavano appresso nella vecchia idea di giocare a monopoli con la liretta e dell'autarchia tardo-albanese! ma problemi pure nostri - della sinistra. perché ora quel 'programma' di grillo dice: no al fiscal compact e riscrittura di tutti i trattati. pari pari il nostro, di programma, così come è uscito dalla penna dei 'professori' - 'in translitterandum' i dieci punti di tsipras! ora, tsipras avrà altri guai - tipo il neofascismo montante in casa - e soprattutto syriza ha ben altra forza rispetto alla nostra 'società civile' impegnata per "un'altra europa", e quindi lui fa bene a dire quello che dice nei suoi dieci punti. ma qui noi abbiamo il guaio anzitutto di 'dover esistere' - tra renzi che regala 80 euro, un chilo di pasta e una scarpa prima del voto, e promette di dare l'altra scarpa e la pummarola dopo, e grillo che tutto di un botto fa il coro a un programma antineoliberista, anziché a un antieuropeismo che lascia in mano alla lega - e poi abbiamo pure il guaio che i nostri professori e i nostri coordinatori hanno badato bene a 'potare' la comunicazione e la strategia da certe cosette che potevano suonare 'troppo di sinistra': via perfino dal nome stesso e dal simbolo della lista! però adesso le chiacchiere stanno a zero, come si dice. ora o ci caratterizziamo come LA sinistra - l'unica vera - in lizza alle elezioni europee del 25 maggio, oppure non c'è un solo motivo per cui la gente (la 'tanta gente' di cui parlano sempre barbara spinelli e i suoi 'ripetitori' nei coordinamenti locali, la gente che 'non aspetta altro che noi a prescindere dallo schieramento ideologico' - mah!) debba preferirci all'antineoliberismo fresco fresco di un campione dell'audience come grillo e allo sgargiante neopauperismo di un vincente su tutta la linea come renzi! professori, coordinatori, strateghi - convincetevene! dovrete mandar giù il rospazzo, e dire subito e poi scrivere e poi promettere di fare davvero 'qualcosa di sinistra' - tipo: 'piena occupazione', 'patrimoniale vera', 'esproprio e nazionalizzazione', 'socialismo', 'autogestioni', 'reddito e casa', 'bene-comunismo' - se volete che il nostro gran bel progetto politico "l'altra europa - con tsipras" (ribadisco NOSTRO) non sia un altro bimbo morto in culla. e probabilmente l'ultimo, tra l'altro: perché non è che la gente di sinistra (quella vera) in italia, ha gameti infiniti - che quelli come voi possono ogni volta prendere e spiaccicare con le suole firmate radical-chic. quindi, forza! di tempo, un po' ce n'è ancora. cominciamo subito, però, dalle manifestazioni in tutta italia del 25 aprile! striscioni unitari ovunque, e parole d'ordine chiare e connotate. l'ideologia non è una bestemmia. ma far finta che non serva più - poiché il nemico invece se ne serve a piene mani - è la sublimazione dell'autolesionismo. tafazzi docet! e pure noi compagni italiani, di errori in groppa ce n'avremo sì... ma star sempre a balbettare delle scuse - manco stalin fosse stata colpa nostra! no? insomma: professori e coordinatori, la gente - quella migliore - aspetta il vostro colpo d'ala. non la deludete. non CI deludete! e già che ci state, non deludete neanche me. DAJE! ventun aprile duemilaquattordici RESURREZIONE
Guardate, io posso pure crederci che le persone che stanno proprio in cima al mondo, quelli che decidono davvero come va tutto quanto, siano persone miti e umane, siano colti e non-violenti, perfino disinteressati al proprio tornaconto che si trovano là per nascita e intelligenza e forza morale, e cercano di portare avanti il genere umano e tutto il pianeta meglio che possono. Può pure essere. Solo che per farlo, loro - il segmento più alto della piramide, i cui nomi e le cui facce noialtri gente comune nemmeno immaginiamo -, usano una seconda specie di persone: gli uomini e le donne del potere visibile. E questi qua, interessati al proprio tornaconto e oltremodo ambiziosi certo che lo sono! Stanno lì appunto per ambizione e spregiudicatezza, oltre che per intelligenza e anche un po' per nascita. Ma soprattutto perché la gente - noialtri - li conosca e riconosca, e li ami o li tema. O entrambe le cose. E guardate, io posso pure credere che questi qui - il secondo segmento a scendere, della piramide del potere - siano tutt'altro che sadici, che non farebbero male a una mosca, e che se vedessero ogni giorno le conseguenze concrete, sulla pelle della gente, delle proprie decisioni economiche, finanziarie, politiche, magari gli verrebbe uno sturbo. E infatti non glieli fanno vedere, tutti gli effetti di quello che dispongono governando, sfruttando, accumulando (sulla scorta, sempre beninteso, dell'orizzonte di massima dei decisori supremi: quelli del vertice invisibile della piramide): è qualcun altro che provvede a renderle concrete, a inciderle diciamo sulla pelle della gente e del pianeta, le loro deliberazioni. Sono gli uomini del terzo e ultimo segmento del potere. E questa è genìa tosta. Sono quelli ambiziosi, ma pure perfidi. Io direi dissoluti, degenerati - e credo che così li giudichino anche lassù gli 'efori' della cima piramidale. Sono quelli cooptati nei ranghi a partire da qualunque nascita, anche la più triviale, purché siano abbastanza abili ed energici e del tutto a-morali, in-colti. Ce n'è tanti, purtroppo, e di categorie e mansioni diversissime, tante quante sono le articolazioni del controllo concreto del potere sulla gente. Sono quelli che strozzano la vita degli uomini e ne vedono tutte le conseguenze, quotidianamente, senza scomporsi - anzi gli piace. Quelli che ingannano se c'è da ingannare, che desertificano se c'è da desertificare, che intrallazzano, che insozzano, che diseducano, che menano se c'è da menare - in tutti i sensi. Quelli che si auto-ingannano in ogni pensiero. L'umanità - come sentimento - li ha abbandonati, e quindi loro non considerano degna di alcun rispetto l'Umanità né il pianeta che la nutre e la sopporta. Questi fanno brutto a vederli, a saperli. Anche quando tatticamente mettono da parte la violenza. Terribili - anche perché sono quelli che più somigliano a chiunque di noi. Dal mio punto di vista, sono malati profondamente. Vittime, se vogliamo. Ma intanto sono i nostri aguzzini - e quindi la resistenza, almeno, ci sarà concessa! E magari una controffensiva ogni tanto. Ecco come la vedo. Schematizzando parecchio, certo - e scusatemi. Ma perché - per concludere, quasi - quelli su in cima, quelli così miti e umani, colti e non-violenti, disinteressati al proprio tornaconto, straordinari per nascita e intelligenza e forza morale, che per senso del dovere cercano di portare avanti il genere umano e tutto il pianeta meglio che possono, perché diavolo hanno dato - e sempre riconfermano - il potere visibile agli ambiziosi, i quali lo esercitano storicamente con la guerra di classe verso il basso, avvalendosi peraltro di bruti o poco più per far sentire il pugno di ferro in bocca alla gente come noi? Perché? Io credo: perché i sommi decisori, della gente, hanno paura. Hanno paura che senza questa piramide, senza questi metodi - anche i pessimi tra i metodi -, noi, il popolo, la stragrande maggioranza, il 99.9% del genere umano, i sommersi diciamo, possiamo fare anche peggio di così: che possiamo fare peggio a noi stessi, alla Terra, alla storia! Hanno paura, e nessuna stima. Nessuna fiducia, nessuna visione progressiva, nessuna fede nell'uomo. Nessuna fede. Poveri - li compatisco: tutto il potere in mano, e tutta questa insanabile, paralizzante disperazione! Li compatisco - ma non potrei essere più di così in disaccordo con loro, sia in via teoretica sia perché la loro anti-fede diventa ogni giorno il potere reale che schiaccia proprio me in quanto uomo e cittadino del mondo, me e chi e ciò che amo. E quindi - di nuovo - ho ben diritto alla resistenza e, perché no, a una controffensiva ogni tanto! Tale resistenza si chiama democrazia, la controffensiva si chiama socialismo. Ecco due parole spiegate - spero. Però - fratelli umani, sorelle umane - la cosa in assoluto più importante è che noi, coi nostri comportamenti e coi nostri pensieri, smentiamo l'assunto terrorizzato (e di conseguenza terroristico) del vertice del potere, ossia che l'uomo sia in sé pessimo e incapace di far altro che male a sé, e a tutto: noi non dobbiamo essere l'auto-avveramento della loro triste profezia. Dobbiamo invece essere - noi, i popoli, il 99.9% di tutte e tutti - la donna migliore e l'uomo migliore che vorremmo incrociare, la donna migliore e l'uomo migliore che vorremmo avere affianco, che vorremmo poter dire di aver conosciuto, che speriamo incontrino i nostri figli nel corso della vita. E tutto questo è cultura, sennò la cultura è niente - peggio: un'arma. Ecco un'altra parola spiegata. Tiro le somme: dobbiamo essere senza paura, senza ambizione, con tanta volontà, con tanto amore - solo umani. Si può fare! Buona resurrezione, laica. Di civiltà. diciannove aprile duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-04-18/126694-resurrezione IL MODO (MO.NEO.CA.GLO.PRO.SCA.BE.SI.)
Che poi noi – noi di sinistra, quella vera – mica ce l’abbiamo col ‘sistema’ (o capitalismo o globalizzazione finanziaria o potere dell’1% o neoliberismo o società dello spettacolo, o chiamatelo come vi pare – ci siamo capiti) perché il sistema ci sta antipatico. E non è vero nemmeno che noi vorremmo che non fosse mai apparso lungo la storia dell’Umanità. Al contrario, noi – di sinistra, quella vera e conseguente, marxisti quel tanto che basta e umanisti per il resto – noi siamo quelli che pensano che se il sistema capitalista, se il culto della proprietà, dello scambio e del profitto (diciamo così), non fosse spuntato fuori tanti secoli fa e poi non si fosse insediato un po’ dappertutto, con le buone ma più spesso con le cattive, ebbene un bel tratto di sviluppo materiale e immateriale della civiltà umana (aumento della durata media della vita, emancipazione dalla fatica, dalla miseria, dalla malattia, dall’ignoranza, facilità negli spostamenti su tutto il pianeta, quantità di scambi culturali tra masse sempre più numerose di donne e di uomini, aumento delle sensibilità non materiali – antropologiche, animaliste, ambientaliste) – be’, quello sviluppo non l’avremmo mai neppure immaginato. Con le buone ma più spesso con le cattive, ripeto: l’orrore del colonialismo, dello schiavismo, l’estirpazione di intere civiltà secolari, la propensione alla guerra tra Stati e tra popoli come metodo di risoluzione delle crisi economiche e dei conflitti tra sfere d’influenza… Tanto per ricordare qualcosa del peggio. Però bisogna anche ammettere che se la maggior parte dei cittadini del mondo oggi può inorridirsi dinanzi a quelle pagine nere, se cioè esiste ed è diffusa una coscienza morale che accompagna lo status di cittadini – anche al netto di credenze religiose o tendenze spirituali – noi di sinistra (della sinistra vera, conseguente, marxista un po’, umanista un po’) crediamo che ciò sia dovuto appunto all’elevazione etica e intellettuale media resa via via possibile da quell’affrancamento medio dalla miseria, dalla fatica e dall’ignoranza il quale, onestamente, è uno degli aspetti vincenti del moderno rispetto all’arcaico. (Infatti non ci è noto di alcun Homo sapiens che in epoche pre-moderne abbia fatto scioperi della fame – o formato partiti e movimenti, o anche solo raccolto firme e petizioni – per denunciare il genocidio dei neanderthaliensis, lo sterminio dei mammuth, le ritualità cannibalesche o comunque assassine, lo snaturamento dell’ecosistema di Nilo, Indo, Tigri ed Eufrate, l’estinzione delle civiltà precolombiane, l’esaurimento delle risorse alimentari per mancata pianificazione, la condizione di assoggettamento della donna, lo spietato sfruttamento minorile – per dire.) E allora: perché, adesso, noi ce l’abbiamo col capitalismo? Forse perché, a noi di sinistra il sistema ci tiene fuori dalle stanze dei bottoni? Per smanie di potere? Per invidia sociale? Per spocchia intellettuale? No. Noi ce l’abbiamo, con lui, perché a causa sua negli ultimi decenni è successa – sta ancora succedendo, sempre – una cosa gravissima, senza precedenti nella storia dell’Umanità. E’ successo (sta succedendo) che il sistema si è reso talmente pervasivo e complicato – in termini di quantità di umani che ne fanno parte e di interazioni che lo costituiscono – che gli atti posti in essere dal sistema medesimo (ripeto: dal culto della proprietà, dello scambio e del profitto, tradotto in organizzazione socioeconomica – la struttura – e in egemonia politicoculturale – la sovrastruttura) per la propria produzione e riproduzione, non sono più la risultante degli atti intenzionali (o anche fortuiti) della ristretta porzione di Umanità che ne occupa i posti di comando; bensì che, poiché la quantità di interconnessioni reali tra produttori, beni, consumatori, merci e denari ha raggiunto e ormai superato un determinato valore critico, gli atti da compiersi per prodursi e riprodursi il sistema li decide da sé, e li realizza, per aver assunto in virtù della propria complessità umanamente quasi inconcepibile, una sua propria soggettività autonoma. Il capitalismo attuale, insomma, pensa. E agisce. Da sé. Fantascienza? Ma perché? E’ così – ed è pacifico – che si verifica lo scoccare dell’autocoscienza di un organismo qualunque delle nostre scienze biologiche: come effetto del superamento di un certo numero limite delle cellule nervose e delle sinapsi tra loro, dopo il quale l’animale pensa ‘io’ per la prima volta – e da quell’istante in poi non si tratterà più di una colonia per quanto sterminata di cellule, tessuti e organi, bensì di un essere senziente e consapevole. E volitivo – ciò che più conta. E insomma sta succedendo proprio questo, che il sistema globale in cui viviamo dal primo all’ultimo giorno della nostra esistenza, pensa. Come un animale superiore. Ma che c’è di male? Be’, nulla ci sarebbe di male – se non fosse che il sistema capitalista globale, lui, temiamo non abbia sviluppato alcuna di quelle sensibilità antropologiche, spirituali, olistiche che invece tanti di noi umani hanno il gioioso compito di coltivare ogni giorno e di tradurre in comportamenti nei confronti di tutti gli altri, e dei viventi, e del pianeta, e del futuro; quelle sensibilità che – diciamo – fanno di noi umani degli umani propriamente, e che se speriamo sempre alberghino nelle persone che incontriamo nella quotidianità tanto più confidiamo che siano le caratteristiche eminenti di quelli tra noi tutti affidatari di qualunque responsabilità di gestione, governo, potere sugli altri. (La democrazia, in effetti, vorrebbe essere il metodo per selezionare chi governa, in base al giudizio che la collettività dà sul possesso o meno di tali caratteristiche da parte dei candidati al governo, e non in base a un diritto di nascita – ossia in base al puro caso – com’era prima della sua invenzione.) E più che temerlo – che il sistema della globalizzazione finanziaria non possieda quelle doti tanto cruciali – lo si può dar per certo, purtroppo. Esso infatti è praticamente appena nato, davvero da pochi centesimi di secondo rispetto ai tempi della vita sulla Terra, misurabili in ere ed eoni – e anche se stiamo parlando dell’entità più potente che sia mai esistita, l’unico senziente il cui potere possa paragonarsi a quello dello stesso ecosistema planetario (di Gaia, tanto per dargli un nome già diffuso), esso è un perfetto idiota. Idiota dal punto di vista strategico, cioè riguardo alle conseguenze dei propri atti, e da quello etico, sul senso dei medesimi. Il sistema – questo immenso neonato – sa soltanto pensare ‘io voglio’, mai ‘io devo’; e soltanto ‘io voglio, ora’. Brividi? Un po’. Di nuovo: che c’è di male? Forse che io, umano senziente e autoconsapevole e volitivo, mi pongo il problema del destino individuale di ciascuna delle mie singole cellule nel perseguire un qualunque mio desiderio? Sinceramente, no – e vorrei vedere! E allora non avrà lo stesso diritto il sistema, il Modo, ormai che per la propria incalcolabile interconnettività interna è scoccata la sua soggettività d’insieme che prescinde dalle sue parti componenti, di fregarsene delle stesse? Ecco, c’è di male che noi umani non siamo propriamente delle cellule: e fregarsene di noi non è bello, diciamo. Noi pensiamo, noi soffriamo, noi godiamo, noi prevediamo, noi ricordiamo, noi vogliamo, noi amiamo! Le singole cellule, per quel che se ne sa, no. Ma non solo: sempre in virtù delle succitate conquiste secolari del mondo moderno, noi umani (magari non tutti, ma ne conosco tanti – e comunque tutti noi della sinistra così) pensiamo e soffriamo e godiamo e prevediamo e ricordiamo e vogliamo e amiamo non soltanto in ordine al nostro individuale destino, separato da quello di ogni altro, bensì pure in ordine alle sorti del nostro prossimo, e dell’Umanità nel suo complesso, e dei viventi in generale, e della Terra stessa. Ecco dunque che c’è di male. Che il Modo – disumanizzato, amorale e cieco al futuro – è ora oggettivamente il principale avversario mio in quanto singolo, e di ogni altro umano, e dell’Umanità tutta, e della generalità dei viventi, e del nostro pianeta! Ricapitolo, e concludo. Il MOdo NEOCApitalista GLObale di PROduzione e SCAmbio di BEni e SIgnificati (ecco spiegato il titolo) costituisce un salto di qualità inaudito nella serie di modelli socioeconomici vincenti da molti secoli a questa parte. Quelli del passato, i migliori tra i nostri avi li hanno avversati per motivi di classe o per motivi umanitari, o ambedue, inventando e utilizzando una cassetta degli attrezzi buonissima ancora oggi: ci stanno dentro la democrazia e l’egualitarismo, la solidarietà e il socialismo, per esempio. Ma questo sistema presente è, per la prima volta, autodeterminantesi – e visibilmente lo è a dispetto (o, nella migliore delle ipotesi, in totale indifferenza) dei bisogni primari della stragrande maggioranza degli umani, della vita, della Terra. E’ di fatto ingovernabile da parte della stessa ristrettissima élite che detiene il potere reale, pur se immenso: non sanno assolutamente che pesci prendere, come si vede dall’andamento della crisi generale. Pertanto, il Modo è il nemico nostro – in quanto noi persone, e non meri ingranaggi. Non ci è antipatico. Non più di quanto ci sia antipatico un virus letale, o un automa impazzito. Ma dobbiamo combatterlo. E se il Modo – ripeto per l’ultima volta – altro non è che la traduzione in struttura socioeconomica e in sovrastruttura politicoculturale del culto della proprietà privata, dello scambio di merce e moneta e del profitto individuale, ebbene noi siamo appunto quelli che per vincere il nemico mineranno quel culto (costasse anche qualcosa – o parecchio – in termini di confortevole e radicatissima abitudine di pensiero e di esistenza, anche a noi come singoli cittadini). Siamo quelli che studiano forme diverse di civiltà umana – alcune già tratteggiate in teoria e perfino tentate in pratica – e che chiederanno, con le metodiche della lotta politica, a molti altri di volerle sperimentare. Siamo quelli di sinistra! Ora spero sia più chiaro in che senso. E cosa ne sarà, posta pure la sconfitta del mostro? Che ne sarà del mondo? Chi può dirlo? Sarà vita solidale e sostenibile, in termini generici, io spero e confido e credo. Una specie di comunismo. Ma poi lo vedranno le donne e gli uomini di quel presente. Marx stesso non si spinse in profezie di dettaglio. Però ora bisogna disinnescare la bomba. La presente trincea è questa. Qualsiasi altra analisi è ancora tutta ben dentro al sistema. diciotto aprile duemilaquattordici http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/il-modo-mo-neo-ca-glo-pro-sca-be-si/ LA REGOLA D'ORO
E’ talmente tutto perfetto, razionale, efficace… La decerebrazione indotta per tanti e tanti anni sul cittadino italiano medio, ad opera perlopiù del sistema mediatico di distrazione di massa guidato dall’uomo più ricco d’italia – pluriinquisito – ora pregiudicato – disistimato ovunque nel mondo – leader del Centrodestra, produce oggi il più vasto consenso popolare nei confronti del leader del Centrosinistra – imbonitore da fiera – ex-sindaco sciovinista – ex-chirichetto – dagli intrallazzi economici tutti da scoprire. Uno staff di sceneggiatori di political-fiction non l’avrebbe pensata meglio: vuoi far arrivare decine di milioni di persone ad applaudire uno come Renzi, che applica le ricette per la loro rovina già congegnate da uno come Berlusconi? Allora falli passare per un ventennio di regime politico berlusconiano, e prima ancora per un altro decennio di preparazione all’abbrutimento mentale per via catodica. Ameranno/odieranno l’uno, subendolo come una paralisi notturna, e poi ameranno/odieranno l’altro, subendolo allo stesso modo. E chi sta dietro tutto questo farà affari lungo questa notte dell’incubo intera. Che dura generazioni. Un plot perfetto, razionale, efficace. Ma non devo per forza farmi sedurre dall’interpretazione del ‘disegno intelligente’. Anzi, perlopiù la scarto e la condanno quando è applicata dai credenti ai fenomeni biologici o cosmici! Dicono che la vita è talmente ben congegnata che non può essere scoccata a caso sulla faccia della Terra, che l’universo stesso ha leggi fisiche e chimiche così armoniose che non può essersi fatto da sé. E invece – lo sappiamo bene, con certezza – universo e vita non hanno alcun bisogno di un creatore e di un disegno per essere come li andiamo conoscendo! Sono il prodotto del tutto casuale di: tempo più regole di organizzazione interna alla materia. E il fatto che a noi sembri tutto perfetto dipende semplicemente dall’ovvietà che non possiamo avere termini di paragone: della non-vita, del non-universo, ci è impossibile avere esperienza – neppure mentale – per definizione! Così per la storia politica italiana recente. Forse non c’è da ipotizzare una strategia prestabilita decenni or sono, e applicata diligentemente dal Centrodestra prima (complice il Centrosinistra che mai volle una legge sul conflitto d’interessi) e dal Centrosinistra poi (complice il Centrodestra delle larghe intese, e da ultimo anche il Movimento 5 Stelle – perfetto imbuto del dissenso residuo, reso inservibile a un’alternativa sistemica reale). No. Quello che vediamo – e che subiamo – può ben essere il prodotto del tutto casuale di: tempo più regole di organizzazione interna alla società. Come i disegni degli stormi in cielo, come i fenomeni meteorologici. Allora la previsione fatta a suo tempo da chi deteneva e detiene ancora tutti gli interessi concreti nel Paese – e, quella sì, applicata come regola d’oro da chi ha il potere di orientare le opinioni della massa – sarà stata: lascia andare le cose a se stesse, non governare neppure, galleggia sulle teste delle decine di milioni di donne e uomini, e continua a fare affari. Per questo – concludo – invece voler governare i processi, e prima ancora studiare per comprenderli, è in sé progressista. Anzi, visto lo stato di cose presente, rivoluzionario. Per questo, la Sinistra radicale o si pone questo doppio obiettivo – capire, guidare – oppure è sempre tutta interna alla naturalità regressiva, reazionaria, delle forze in campo. Ossia: semplicemente, non è. undici aprile duemilaquattordici http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/la-regola-doro/ MATRIX
Noi qui ridiamo e scherziamo, ma là fuori c'è un migliaio di uomini e donne che hanno occupato le due Camere del Parlamento italiano senza alcuna legittimità democratica e stanno cambiando la nostra Costituzione. Com'è possibile? Perché siamo immersi in matrix. Ma puoi uscirne. E cambia tutto! Infatti appena smetti di farti riempire tutti gli interstizi neuronali da Fazio, Floris, Santoro, Gruber, Formigli, Annunziata, Lerner, Paragone, appena smetti di farti di rassegne stampa mainstream col caffè la mattina presto e l'ammazza-caffè la sera tardi, appena smetti di chiederti perché Renzi ridacchia così mentre parla, perché Grillo sbava a quel modo, perché Brunetta sibila quella data cosa, perché Napolitano non va in pensione, perché la Boschi semplicemente esiste, appena smetti di farti mangiare i quarti d'ora e l'energia da chiacchiere e polemiche reali o virtuali coi tuoi sfortunati simili che di politico non hanno nulla ma sono, diciamo così, luogocomune-addicted (da mainstream, e da circo e media e mugugno), appena insomma smetti di guardare la vita del tuo Paese attraverso le goffe ombre cinesi riflesse sul fondo della caverna o irredimibilmente schiave intorno a te - e invece ti alzi ed esci fuori, e con un occhio guardi la vita vera e con l'altro studi le parole di chi conobbe e conosce la realtà - be',allora è un attimo: la prima riflessione che fai è "era così facile!", la seconda è "quanto tempo ho perso", la terza è "ma c'è tanta gente qui fuori...", la quarta e ultima: "ora possiamo fare qualcosa, insieme!" E poi - dopo quell'attimo - cominci a farlo, lo fai - lo fate. Lo facciamo. Appena fuori da matrix, appena nel luogo dove pensi con la tua testa - perché finalmente hai il tempo di farlo - vedi le cose diversamente da come te le hanno inoculate per anni direttamente nei lobi temporali. Per esempio, tra le tante nuove scoperte, ti accorgi che il peccato originale della sinistra radicale italiana non fu l'ambizione, in sé, di comporre un partito di lotta e di governo, ma quello di averlo fatto - nel 2006, a sostegno del secondo governo Prodi (dopodiché la sinistra alternativa italiana prese la china delle sconfitte, dall'Arcobaleno a Rivoluzione Civile, e dell'autolesionismo e della depressione) - senza aver posto a condizione per parteciparvi la rimessa in discussione di un modello tutto-privatistico della gestione economico-finanziaria nazionale, così come si era andato configurando in Italia (dalle privatizzazioni degli anni '90 targate Ulivo e DS), in Europa (dalla 'terza via' del New Labour di Blair e Giddens) e in generale in Occidente (dall'abolizione del Glass-Steagall Act di Roosevelt, firmata da Clinton nel '99). Concedo: all'epoca, nel 2006, i danni sistemici - e su scala di massa - di quel modello non si erano ancora palesati così drammaticamente come dalla crisi del 2007/2008 in avanti. Però mi piace pensare che i comunisti-e-dintorni siano sempre quelli che guardano più lontano e pensano più velocemente - e così non posso giustificarli del tutto, per la miopia politica di allora. Ma ora, una sinistra conseguente che non ponesse questo superamento del modello - questa rivendicazione di una socialdemocrazia vera, tanto per cominciare - al centro dei propri programmi, sarebbe proprio imperdonabile. Per fortuna, il progetto di Tsipras per la Grecia e per l'Europa - al quale aderiscono tante anime della buona sinistra italiana, organizzate o meno, politiche o civili - al centro del programma mette proprio questo. Anche se matrix - il buon vecchio universo fittizio allestito per noi e quotidianamente riprodotto - farà di tutto per non farcelo sapere. E in effetti, uscirne non è facile. Sul serio. Esso è potente. Molto. E implacabile. Ieri sera ho acceso il televisore, è apparso il canale 48 del digitale terrestre. Ho sentito notizie per tre minuti e ho letto i sottopancia scorrevoli. Prima di spegnere, sono passato sul canale 1 per alcuni secondi. Poi sul 2, poi sul 3, il 4, il 5. Fino al 20. Poi non ce l'ho fatta più. Perché provavo pietà - insostenibilmente. Come se avessi visto un unico documentario, ripreso da un aereo che vola su villaggi diversi e sgancia bombe. E le bombe erano le loro menzogne e sciocchezze, e i villaggi le vostre teste e i vostri cuori. E' la prima volta che mi capita. Non devo più farlo - intenerirmi. Almeno non fino a quando non sarò sicuro che la pietà verso i telespettatori italiani non smorza la mia energia nel combattere la loro deleteria massa inerziale, che si oppone al cambiamento dell'esistenza mia, di chi amo e di cosa ha valore per me. Perché noi qui ridiamo e scherziamo. Ma quelli fanno atrocemente sul serio. dieci aprile duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-04-09/125846-matrix GEMINI
"la crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati." gramsci, quaderni e siamo così, esattamente. l'ho detto ieri in una tavola rotonda e lo ripeto qui: il vecchio (sistema, neoliberista) muore, e il nuovo (modello sociale, democratico sostanzialmente ed equo economicamente) non può nascere. non riesce a nascere perché gli manca ancora un effetto di trascinamento 'ostetrico' che solo un'adesione di massa consente, adesione di massa che - a sua volta - solo un'organizzazione di tipo politico può veicolare. speriamo sia questa, che stiamo provando a costruire, quell'organizzazione. anche perché, aggiungevo, tra "i fenomeni morbosi più svariati" oggi c'è questo - in italia, in europa. che dal corpo del vecchio morente possono uscire in realtà due figli - anzi: o uno o l'altro. uno è il nostro modello, dell'umanesimo socialista. ma l'altro è un mostro: sono i neofascismi che si stanno coagulando ovunque, nutriti dall'antipolitica comunque declinata. e quest'altro parto, orrido, purtroppo è più avanti: se ne vede già la testa deforme, tra le cosce del capitalismo in guerra contro la democrazia. le donne e gli uomini di buona volontà e di retto pensiero, in italia e in europa, hanno dunque una responsabilità storica davanti a sé. abbiamo - una responsabilità storica. siamo pronti. al lavoro e alla lotta! otto aprile duemilaquattordici AVANZA, ADAGIO
la verità è che ogni processo di emancipazione è un processo storico, lungo o lunghissimo. e le prime manifestazioni di un processo di emancipazione sono necessariamente minoritarie, e appaiono eversive, eretiche, iconoclaste, e in quanto tali sono bollate dalla maggioranza - pur in buona fede - come episodi di fanatismo ingiustificato. è normale: l'emancipazione, rispetto a una qualunque arretratezza, quando per motivi imponderabili (senza particolari meriti individuali: per sorte, genetica o ambientale che sia - spesso un mix di entrambe) si palesa nella coscienza di pochi battistrada e diventa il loro comportamento sociale, quindi visibile, interroga di per sé profondamente la coscienza di tutti gli altri, e genera in essi una resistenza più che prevedibile a mettersi in discussione, a reimpostare radicalmente vita e valori. per restare all'occidente, è stato (ed è ancora) così per i primi ambientalisti e animalisti, com'è così per gli anti-omofobi, fu così per le suffragette del voto alle donne, per i primi indagatori dell'inconscio, per gli antisegregazionisti e prima ancora per gli abolizionisti riguardo allo status degli afroamericani, per i socialisti e gli anarchici ovviamente, per i primi vaccinatori contro le malattie epidemiche, per i primi sterilizzatori contro l'infezione all'epoca neppure ipotizzata, per tutti quelli che si schieravano contro tortura e pena capitale, per i primi tolleranti e libero-pensatori, per i formalizzatori dello stesso pensiero scientifico, per i primi atei, per i solidaristi concreti, i riformatori agrari, gli antischiavisti e in generale i non-violenti. e su su nel tempo, un po' dappertutto nell'epistème, è stato così per i grandi fondatori di sistemi etici e spirituali, sempre messi in catene o a cicuta o in croce dal potere, con l'avallo della massa, e più su ancora fu così per i primi refrattari a pratiche come incesto, sacrificio umano e cannibalismo, le quali solo grazie al loro scandalo urlato divennero poi tabù per tutti. è stato sempre così. tuttavia l'umanità avanza - con una lentezza estenuante, se vista dall'orologio e col calendario di un singolo essere umano. però avanza, siamo onesti. alla giusta velocità, direi, per un macro-vivente che conta già alcune decine di migliaia dei nostri anni. e il fanatismo di oggi diventa, per fortuna, il senso comune di domani. quindi, gente, per tutte le arretratezze odierne da cui non vi siete ancora emancipati - dalla superstizione alle religioni, dal conformismo al capitalismo, dallo specismo al sessismo, dal razzismo al nichilismo -, noialtri vi aspettiamo. :) io? io da poco sono vegetariano. molto semplicemente, da un certo giorno in poi - dopo cinquant'anni di vita onnivora (e carnivora in particolare) - ho realizzato che potevo ben fare a meno di qualche 'in più' della mia voluttà purché un'altra vita non si spezzasse. per esempio: fare a meno del sapore prelibato dell'abbacchio - che mi farebbe impazzire tuttora - se questo consente a un cucciolo di pecora di diventare grande, o fare a meno della porchetta - che ci andrei a piedi fino ad ariccia e ritorno - se questo fa campare un maialino, o fare a meno del trancio di tonno scottato - anche se misi su una compagnia teatrale intera quasi soltanto perché uno di loro si sceglieva il meglio tonno su piazza e ce lo imbandiva da dio alle prove - se questa piccola rinuncia risparmia a un bel tonnone la mattanza. eccetera eccetera eccetera. perché? perché per me questi son tutti piaceri 'in più', la cui mancanza la vita certo non me la cambia. mentre per loro - per le bestie - questo fa la bella differenza tra la morte e la vita: l'unica che hanno (tanto quanto me). e devo giustificarmi per essermi deciso? facciamo finta di sì. e allora. ho visto pochi fotogrammi a casaccio di "earthlings", un documentario del 2005 che mostra il rapporto tra la specie umana e tutte le altre nel corso della storia. confesso, sono una mammoletta: non sono riuscito ad andare più avanti, né indietro - ho chiuso il link quasi subito (e spero di non incrociarne più per caso, di testimonianze visive così: mi sono insostenibili). ma le immagini non mi servono: avevo già deciso. o forse è il fatto - nuovo - che la mia casa è allietata dalla presenza di due mici, della cui salute fisica e mentale cerco di aver massima cura. e oggettivamente trovo assai arduo immaginare differenze tra i bisogni e i diritti loro e quelli di una coppia di individui di qualunque altra specie di mammiferi - e per estensione, di vertebrati. e per estensione ancora, di animali in genere... ma poi gli esperimenti ideali neanche occorrono: non credendo io (A) all'anima insufflata da chissà che dio nell'essere umano (che porrebbe noialtri al vertice dei diritti su tutto il 'creato', e ogni cosa 'creata' in posizione di dovere rispetto a noialtri), né (B) che l'essere umano sia tra tutti i viventi il solo in possesso della facoltà di provare, registrare, memorizzare, presentire la sofferenza e il piacere, né (C) a una qualunque gerarchia ipostatizzata all'interno della stessa specie umana - non devo star tanto a girarci intorno, ma deduco logicamente quanto segue: 1. tutti gli esseri viventi in grado di provare, registrare, memorizzare, presentire la propria sofferenza, hanno pari diritto di tentare di mettersene al riparo; 2. tutti gli esseri viventi in grado di provare, registrare, memorizzare, presentire (anche) la sofferenza altrui, hanno il dovere di tentare di metterne al riparo (anche) tutti gli altri; 3. tutti gli esseri viventi in grado di provare, registrare, memorizzare, presentire il piacere altrui, oltre al proprio, sarebbe assai elegante che contemperassero la ricerca del proprio esclusivo con l'analoga altrui, e anzi favorissero questa concretamente (semmai ridefinendo il proprio piacere voluttuario, appunto, con sobrietà); 4. l'essere umano che chiamiamo 'borghese' - passatemi tutte le sfumature e tutti i limiti del termine, ci siamo intesi (diciamo: i borghesi sono quelli che scrivono e leggono su schermi o visori come questo) - ebbene, è assolutamente in condizione di perseguire sia il dovere di cui al punto 2 che l'eleganza di cui al 3. il mio essere da sempre tendenzialmente socialista e il mio aver inaugurato un regime alimentare vegetariano - credo discendano entrambi da tali deduzioni. e ciò sia detto senza nessun intento catechizzante, ma solo come promemoria per me. (anche perché, che ti vuoi catechizzare? c'è sempre qualcuno più 'a sinistra' di te! per l'alimentazione - e in generale il rapporto col mondo animale - ci sono gli umani che rifiutano di utilizzare qualsiasi prodotto della cattività di altre specie: non mangiano né uova né formaggi, non indossano né calzano pelli... sono i 'vegani'. ci arriverò? ma s'impara prima a camminare, poi a correre. e io forse sto ancora gattonando!) concludo. i would prefer not to. preferisco di no, tutto qui. preferisco non uccidere né far uccidere. non schiavizzare né far schiavizzare. non sfruttare né far sfruttare. non raggirare né far raggirare. non inquinare né far inquinare. preferisco di no. no a dio e agli dei. no all'immortalità individuale. no al dualismo materia-spirito. i would prefer not to. tutto qui. e davvero devo giustificarmi con delle ragioni qualsiasi? o piuttosto non sarebbe giusto che fossi io a chiedere conto delle altrui 'ragioni' contrarie, e retrograde, la cui massa inerziale dà l'alibi al potere nella sua forma storica, quale l'hanno presa tutte le alienazioni dominanti e che impongono le coordinate al mondo reale e concreto in cui vivo - spesso asfissiando, come ogni minoranza d'avanguardia? e vi converrebbe se cominciassi a farlo - a chieder conto a voi che non contate nulla, come me? no. diciamo allora che l'umanità avanza, adagio. col contributo di ciascuno - come ognuno può. e per ora, tra noi - salva la lotta contro il potere, sempre - facciamocelo bastare. perché, ripeto, per tutte le arretratezze odierne da cui non vi siete ancora emancipati - dalla superstizione alle religioni, dal conformismo al capitalismo, dallo specismo al sessismo, dal razzismo al nichilismo -, noialtri vi aspettiamo. ma nel frattempo, bellezze, non state pure a romperci i coglioni. :D sette aprile duemilaquattordici CINQUANTA GIORNI
Mancano cinquanta giorni alle elezioni europee. La lista italiana “L'altra Europa con Tsipras”, dopo un buon inizio nei sondaggi, ora sembrerebbe sfiorare appena la soglia di sbarramento fissata al 4% per avere propri parlamentari a Strasburgo e Bruxelles. E forse neanche. L'impegno collettivo per la raccolta delle 150.000 firme, necessarie alla presentazione della lista in tutte le circoscrizioni elettorali macroregionali italiane, ha dato e sta dando i risultati sperati e perseguiti generosamente da organizzazioni e singoli, sia come quantità di sottoscrizioni ottenute sia come fatto in sé di collaborazione e sinergia tra componenti diverse del progetto. Però non sfondiamo. 150.000 adesioni sono una grande cosa, ma il progetto politico della sinistra italiana vive se potrà contare su qualche milione di consensi. Non altrimenti. E al momento, di milioni non se ne vedono. Serve una direzione politica. In entrambe le accezioni del termine: una direzione intesa come verso, obiettivo, traiettoria, e una direzione intesa come gruppo dirigente plenipotenziario. Non tanto per noi volontari, che un po' artigianalmente o un po' più scientificamente (quelli avvezzi alla militanza organizzata e alla comunicazione politica) stiamo portanto avanti il tamtam sulla lista, dalle firme alla raccolta fondi, sui dieci punti di Tsipras (il programma del progetto plurale delle sinistre europee), sui simboli e su qualche spunto creativo per diffondere e fissare il messaggio nell'attenzione pubblica, magari anche divertendo e divertendoci. No, per tutta questa prima fase – pur con inevitabili sviste e goffaggini – direi che il modello organizzativo referendario (si rifà appunto all'esperienza metodologica pulviscolare, e vincente, del 2011: i referendum su acqua, nucleare e legalità) è stato funzionale allo scopo: sottoscrizioni e fondi, e conoscenza reciproca tra tutti gli aderenti al progetto. Ma adesso – visti pure i sondaggi, e sentito un po' in giro – serve un cambio di passo, dinanzi all'opinione pubblica più vasta. Serve una direzione. Serve tradurre l'intero progetto in qualcosa di estremamente comprensibile, un traguardo di cui si possa dire “ecco: votare per Tsipras significa avere questa precisa speranza, questo desiderio ben connotato, questa vision della propria esistenza in quanto cittadini europei che solo con una piena affermazione della lista Un'Altra Europa – e delle altre liste sorelle, delle sinistre continentali – potrà tradursi in un reale fatto politico, e magari anche storico, per decine e decine di milioni di donne e uomini”. Una cosa chiara come fu, all'epoca, “l'acqua deve essere pubblica” o “il nucleare non lo vogliamo”. Una cosa netta, serve, come “usciamo dall'Europa” o “torniamo alla lira” o “frontiere ancora più chiuse”: slogan orridi come orridi sono i movimenti politici che li propugnano – ma facilissimi da comprendere, utilissimi a un'identificazione con un certo tipo di cittadino italiano (ed europeo). Oppure una cosa anche meno chiara, come “meno austerity, più crescita” - che all'orecchio evoluto appare il semi-nulla che è, e però al grande pubblico suona come una possibile speranza, rinforzata dal fatto che viene ripetuta da tanti volti ora sulla breccia e rilanciata dal mainstream mediatico, allineato a falange. Ma noi, una cosa così, non ce l'abbiamo – ancora. O meglio – cioè, peggio – sembra quasi che non vogliamo averla, generarla, distillarla, usarla. Che nel progetto politico di Alexis Tsipras, e della sua Syriza, della Sinistra Europea che l'ha candidato a presidente della Commissione, e della sinistra conseguente diffusa in tutti i Paesi del continente, la vision chiara e connotata di un altro modello sociale, certo che c'è – e c'è da anni, decenni, ab origine: è il socialismo, europeo, moderno, economico e ambientalista, culturale, democratico – l'umanesimo socialista, che correttamente legge la Storia come conflitto di classe, la crisi come una guerra dall'alto verso il basso, ne elabora la via d'uscita tramite la necessaria riconversione globale e su questo cerca il consenso del maggior numero di donne e uomini che scontano la crisi e il conflitto sulla propria pelle. I nostri slogan, quindi, sono già lì – pronti all'uso: “piena occupazione”, “giustizia sociale”, “democrazia sostanziale”, “buon vivere sostenibile”, “diritti civili”, “saperi condivisi”, “pace”. Battere su questi – così come fanno i populisti e gli antieuropeisti, o i commessi dei poteri forti, con i propri slogan – darebbe plastica evidenza alla direzione che il nostro progetto politico muove in tutta Europa. E renderebbe subito comprensibile perché noi vogliamo smantellare cose come i trattati e i vincoli e gli obblighi debitòri: perché con questi obblighi e vincoli e trattati, è impossibile ottenere il lavoro, l'equità, la democrazia, l'ambiente... Lo capirebbe chiunque. Ci seguirebbero in molti. Moltissimi. Allora perché, con “L'altra Europa con Tsipras”, non si imbocca questa strada? Perché non si vede – ancora – una direzione? (Prima accezione del termine.) Perché – io credo - manca una direzione. (Seconda delle due accezioni che dicevo.) Una direzione politica vera e propria, un ristretto gruppo dirigente plenipotenziario che goda della stima di tutti i componenti – collettivi e singoli - dell'intero movimento, e che sia riconosciuto credibile come tale dalla (e in quanto tale si renda man mano familiare alla) pubblica opinione più vasta, tramite i grandi mezzi d'informazione nazionali. E' il gruppo dirigente politico, è la voce ufficiale del movimento, è il volto che raggiunge tutti per mezzo di tv e stampa – quel che può, e deve, concepire e dire “noi vogliamo questo, semplicemente, e noi faremo questo, semplicemente, se ci date la forza per farlo!”. Senza direzione però, ripeto, la direzione non si vede – seppure ci fosse. Ma questa direzione politica non può essere certo la sommatoria dei candidati – una settantina di persone, validissime tutte, delle quali il grande pubblico già conosce forse cinque nomi, non di più. I quali candidati si stanno peraltro muovendo autonomamente sui rispettivi territori, né danno l'impressione di un soggetto molto unitario benché plurale. Non può essere il piccolo tavolo dei garanti (superstiti): Spinelli, Gallino, Revelli e Viale – nessuno di loro è una guida politica, né congiuntamente la incarnano, e con grande onestà intellettuale hanno sempre declinato inviti in tal senso. Né può esserlo – non scherziamo! – Alexis Tsipras in persona, la guida politica della sinistra italiana: a lui, sì, guardiamo come un esempio per la lotta e la crescita della sinistra in Grecia, e come un'opportunità per coagulare in Europa tanti diversi modi di volere il cambiamento, ma proprio non possiamo chiedergli anche di surrogare da remoto la nostra campagna elettorale – di più: la nostra identità collettiva di sinistra nazionale, che vogliamo superi ampiamente il 25 maggio e che veda le elezioni non come traguardo ma come trampolino di una storia nuova. Può nutrirsi, questa direzione politica che ci manca e occorre, di uno dei gruppi dirigenti strutturati delle componenti organizzate che afferiscono al progetto? Non credo. SEL ha perso parecchio appeal per le vicissitudini amministrative del suo leader e per la sua ondivaghezza di partito nel rapporto storico col PD, e inoltre non ha ancora sciolto la riserva sul punto basilare della collocazione dei futuri eletti, tra i propri, al Parlamento Europeo (GUE – cioè la sinistra vera - o PSE di Schulz e Hollande e... Renzi, o terra di mezzo?). Vero è, comunque, che SEL è forse l'azionista di maggioranza in termini numerici di consenso, tra tutte le componenti. Rifondazione Comunista è alle prese con un travaglio interno che parte da lontano, né si è risolto – anzi – con la lunga ed estenuante fase congressuale (e pre- e post-), e le energie individualmente grandi ma collettivamente esigue dei compagni di RC devono ancora spartirsi tra l'obiettivo europeo e quello nazionale di riunificare tutti i comunisti (impresa per nulla facilitata dalla chiusura dei rapporti tra il progetto europeo con Tsipras e il PDCI – la seconda organizzazione dei comunisti in Italia). A.L.B.A. - che pure dà tante risorse umane al progetto complessivo, dal volontariato di base a non pochi elementi nei coordinamenti zonali e centrali – sono sicuro che come soggetto e come acronimo sia del tutto sconosciuto alla grande maggioranza di chi mi legge (il che è già una risposta), e inoltre gli amici albigesi non sono proprio tagliati per una guida politica che sia più di un onesto funzionariato. E il resto è associazionismo, circoscritto e vertenziale, radicato ed efficace. Ma la guida politica di un movimento, specie nella sua fase aurorale, è tutt'altro mestiere Stiamo messi così. A differenza dell'immenso Faber, per cui “quello che non ho è ciò che non mi manca”, a noi di “L'altra Europa con Tsipras” ciò che non abbiamo ci manca, occorre sul serio. E anche rapidamente. Dunque? Dunque non ho la soluzione. Ho posto un problema, a cinquanta giorni dal voto. L'ho posto a chi sa più e meglio di me. E spero in qualche risposta. Non a me, beninteso, ma alle cose – e nelle cose. Io, i prossimi cinquanta giorni li passerò come le settimane scorse – a fare dal basso ciò che serve e che posso e so fare, per la migliore riuscita del nostro intendimento politico nazionale ed europeo. Ma al contempo li passerò pure come i mesi ancora precedenti – sto per dire, gli anni. A ragionare spassionatamente, e a chiedere un confronto a tutti gli altri appassionati ragionatori, sulle condizioni e sulle prospettive di una sinistra conseguente e popolare in questo Paese: per il socialismo come l'ho descritto prima – e tante altre volte, prima ancora. cinque aprile duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-04-05/125451-cinquanta-giorni MAI SPRECARE UNA BUONA CRISI
(Dicono così - e se non tutti lo dicono apertamente, lo pensano tutti - i nostri avversari. Eppure, per quanto sembrino smisurate le loro ambizioni, sono perfino timide - rispetto alle nostre!) "Siamo unanimi [il board BCE] nell'impegno a ricorrere anche a misure non convenzionali contro il periodo troppo prolungato di bassa inflazione." Ma quello che non capisce Draghi (il virgolettato è suo, di ieri) è che potrebbe anche stampare euro a tonnellate e farli piovere con gli elicotteri sulle città, ma la gente non si rimetterà per questo ad alimentare un sistema di consumi di cui non si fida più - che gli ha rovinato la vita, che gli ha minato la salute impiastrando l'ambiente, che gli ha tolto la speranza nel futuro di tutti e specie delle nuove generazioni. Sì, potrebbero anche stampare soldi e regalarli porta a porta - la BCE, la Fed - ma il lavoro non tornerà per questo, la comunità non rinascerà per questo, la civiltà non avanzerà per questo. Puoi portare i cavalli all'acqua - come si dice - ma non puoi costringerli a bere. Bisogna riconvertire il sistema nella sua globalità, invece. Perché abbiamo superato il punto a gravità zero - come si dice - e la realtà è tirata verso il nuovo modello. Il vecchio, l'attuale - pur con tutte le pezze a colore che possono inventarsi -, non ha più capacità attrattiva. Ma per fortuna, per pensare e realizzare la riconversione generale non partiamo proprio dal nulla. Allora si tratta di darci dentro - di studio, di esperienza, di immaginazione e di formazione. Che il socialismo verrà. Poco ma sicuro. E verrà per via democratica, con il consenso informato della grande maggioranza della gente. Non dico che non costerà tribolazioni, arrivarci. Ma verrà, non ci piove. E intanto, ognuno faccia il lavoro suo. Quelli - talmente sono obnubilati dalla sete di profitto, possesso e potere - stanno involontariamente facendo di tutto per convincere la gente che il sistema attuale fa schifo, proprio blindandolo. Il bello è che pensano così di perpetuarlo, e con esso i loro privilegi - infami. Ma fa schifo, tanto più blindato - e se ne accorgono sempre più persone. E noi dobbiamo solo pensare bene come dovrà essere, il socialismo, quando verrà. Ma bene bene. Perché dovrà funzionare - sennò sai che disastro! E soprattutto: non smettiamo mai di ricordarlo a tutti, che c'è quest'altra strada che ci aspetta. Che esiste davvero, che la percorreremo tra un po' e poi per tanta storia a venire - finalmente. A ognuno il mestiere suo. Ok? Non lo vedrò, il socialismo, con questi due occhi qui? Ma con la mente e il cuore - e un'ambizione, questa sì, degna del nome - è già un gran bel vedere! quattro aprile duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-04-04/125302-mai-sprecare-una-buona-crisi HO VISTO IL FILM
Senza giri di parole. Veltroni, nel suo film, mira pesantemente a dare patenti di legittimità storica e politica - cioè a far dare, dagli spettatori, patenti di legittimità - a quegli aspetti della lunga e complessa opera teorica e pratica di Berlinguer i quali, guarda caso, possano essere in qualche modo assimilati al suo stesso (di Veltroni) progetto politico: la costituzione di un soggetto interclassista dei progressisti italiani, epurato da ogni riferimento alla lotta di classe tra capitale e lavoro e alla prospettiva di costruzione di un socialismo democratico. E, specularmente, mira a circoscrivere (quando non proprio a denigrare - pur con la maschera della bonomìa della voce fuori campo) tutti gli altri aspetti del Berlinguer storico, propriamente comunisti - benché di una via italiana al comunismo, che della democrazia avanzata in quanto configurata dalla nostra Costituzione antifascista, socialdemocratica e solidale, fece giustamente un valore universale - dei quali aspetti invece la parabola politica del PD (sommatoria di DS e Margherita, cioè dei conservatori tra i postcomunisti e dei moderati tra i postdemocristiani) è la negazione stessa. Normale. Veltroni fa il film su Berlinguer, Veltroni se la canta come più gli conviene. Sta a noi, spettatori, fare la tara - come di ogni opera di storiografia soggettiva. Due appunti tecnici - non di tecnica cinematografica, bensì storiografica -, eccoli: Uno. Nel film non c'è la gente. Tranne che nell'incipit, con quella brutta operazione del regista di lasciar intendere che se Berlinguer riguadagnerà il proprio posto nella Storia sarà grazie al film, non ai propri quarant'anni di attività politica (dall'incarcerazione per antifascismo a Sassari alla morte sul palco a Padova) che una selezione strumentale di pareri del/la giovane qualunque ignora totalmente o irride. La gente, poi, dovrebbe aver la voce di Lorenzo Jovanotti? Ma bene. Due. Il film è nato vecchio. Tutto intero l'orizzonte politico in cui si muove - che poi è quello per cui fu varato lo stesso progetto PD, che poi è quello incarnato dal governo attuale, che poi è ciò che ha in testa Veltroni da sempre - potrebbe andar bene in quello che era lo stato di cose presente tra la fine degli Anni '90 e i primi Anni 2000: moderazione e interclassismo. Ma ormai che siamo al sesto anno di crisi sistemica, plastica evidenza della guerra del capitale contro il lavoro, contro il welfare, contro la democrazia - e direi pure contro la pace -, la ricettina delle larghe intese (che il film somministra senza voler dare troppo nell'occhio) spacciata per il nuovo modo di esser di sinistra in italia, non fa nemmeno più rabbia: fa tenerezza, quasi. Comunque, questo io ho visto. E, grande Enrico, grazie comunque. trenta marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-31/124795-ho-visto-il-film L'EFFETTO CHE FA
Fate conto che al mondo si fronteggino alcune armate per il completo esercizio del potere sugli esseri umani, sulla natura vivente e sullo stesso pianeta. E fate conto che questa guerra senza quartiere vada avanti già da un bel po', almeno da quando le conquiste scientifiche, tecnologiche e organizzative hanno reso tutta la terra un solo luogo, con un solo tempo valido ovunque. E infine fate conto che ci siano, nel mezzo della guerra, prima milioni poi decine di milioni poi centinaia di milioni poi alcuni miliardi di cittadini del mondo che non intendono prendervi parte, e anzi: o supplicano perché finisca questo scempio insensato, o imprecano contro i responsabili del medesimo. Bene. Questo non è un esercizio di immaginazione, perché le cose stanno esattamente così! Gli eserciti schierati sono quelli transnazionali del profitto. La guerra è quella che per qualche decennio si combatte nelle borse mondiali, e sulla pelle di tutti, poi nei conflitti locali veri e propri, e infine esplode in un grande olocausto come le guerre mondiali. E i cittadini del mondo che si sottraggono o si ribellano a tutto questo - be', siamo noi. L'oceano dei poveri cristi. Ora, realisticamente, la natura umana forse non muterà tanto da far sì che questa follia di egoismo si estirpi alla radice e per sempre. Magari è nei nostri geni, come nei geni dei pesci c'è scritto di avere le branchie. Ma qualcosa si può e deve fare, comunque. Non foss'altro che per il fatto che di tale stato un bel po' di noi soffre di brutto, e - più importante ancora - che rischia di morirne il pianeta. Allora il socialismo non è altro che questo, da sempre: è il progetto per la costituzione di una forza globale di interposizione di pace. Efficace nella misura in cui non si limita a pregare contro la guerra o a colpire qualche stato maggiore, ma semplicemente disarma gli eserciti - togliendo almeno un po' di valore alla proprietà privata, ciò per cui quelli si ammazzano tra loro e soprattutto ammazzano noi. Ed è un progetto per cui val la pena spendere anche la vita intera, solo per assistere a un suo piccolo avanzamento. Almeno secondo me. Non potrei essere più chiaro e, insieme, più accorato di così. E sono abbastanza sicuro che sarei compreso molto bene da tanta gente in quasi tutti gli altri Paesi d'Europa e del mondo. Anzi: quasi dappertutto avrei tanto da imparare, da prendere buoni esempi per la realizzazione efficace di quel grande, bellissimo progetto. Che poi non è che il progetto di una qualunque sinistra degna di questo nome. Chissà invece che effetto faccio nell'Italia di oggi. ventisei marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-26/124409-leffetto-che-fa I TRE LATI DEL PRISMA
La luce sui fatti del presente si sfrangia nella Storia e si ricompone. Farvi venire voglia di scimmiottarli è stata la loro più grande vittoria. Il bisogno indotto di comprare una cosa qualsiasi – arma pur potentissima, e impiegata senza pietà per alimentare il sistema – è niente, rispetto al bisogno indotto di essere come loro. Così, la minuscola classe economicamente dominante ha vinto la guerra contro l'immensa classe dominata: estinguendola come classe, trasformandola in massa di individui che odiano i propri pari e amano i propri padroni. Loro, classe lo sono da sempre. Voi ne avete perfino dimenticato il concetto astratto. Date al vostro dolore il nome di fantasia di sfortuna, quando invece è sconfitta. Ma la guerra non è ancora finita. E ribaltarne il corso è sempre possibile. Sta – ancora – a voi, o moltitudini. La vita stessa sul pianeta, così come la conosciamo, dipende da questo. "In ogni rivoluzione, si insinuano, accanto ai suoi rappresentanti autentici, individui di tutt’altro conio; alcuni sono superstiti di passate rivoluzioni e ne conservano il culto; non comprendono il movimento presente ma conservano ancora una grande influenza sul popolo, per la loro onestà e il loro riconosciuto coraggio, o per la semplice forza della tradizione. Altri non sono che semplici schiamazzatori, i quali, a forza di ripetere per anni la stessa serie di stereotipe declamazioni contro il governo del giorno, si sono fatti passare per rivoluzionari della più bell’acqua. Anche dopo il 18 marzo [1871 - sollevazione di Parigi e nascita della Comune], si videro riemergere alcuni tipi di questo genere, e in qualche caso riuscirono a rappresentare parti di primo piano. Nella misura del loro potere, essi furono d’ostacolo all’azione della classe operaia, esattamente come uomini di tale stampo avevano frenato il libero sviluppo di ogni precedente rivoluzione. Questi elementi sono un male inevitabile; col tempo ci si sbarazza di loro, ma alla Comune non ne venne lasciato il tempo." Karl Marx - Indirizzo del Consiglio Generale dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (30 maggio 1871) Le compagne e i compagni - io l* chiamo tutt* così, né credo gli dispiaccia - che da settimane strappano il tempo a morsi dai propri impegni quotidiani, che si auto-organizzano con la sola guida dell'intelligenza e della sensibilità messe a fattor comune, che sostengono anche di tasca propria all'occorrenza le spese di una campagna d'informazione e mobilitazione condotta solo perché ci si crede davvero, e che continueranno a farlo per altre settimane, fino all'ultimo giorno utile per la raccolta delle firme, inventandosi competenze di attivazione e coordinamento e talenti comunicativi e creativi che nessun* forse pensava nemmeno di possedere nella propria vita ordinaria, ebbene quelle compagne e quei compagni sono i veri garanti del progetto politico nazionale che chiamiamo L'altra Europa con Tsipras, la cui messa in opera fa sì che anche dal nostro popolo emerga e si aggiunga a quelle già udibili, strutturate, efficaci, di tutti gli altri popoli europei, la voce di una sinistra diffusa, plurale ma coesa, che dice "voglio l'Europa, e la voglio giusta!" Questo seme darà fiori e frutti anche dopo il 25 maggio. Io credo questo. E ringrazio come non so dire, chi - con qualunque misura di impegno e coinvolgimento - sta avendo cura di quel seme tanto prezioso. venti marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-20/123588-i-tre-lati-del-prisma PER CHIARIRCI
info di servizio, e qualcosina in più. Il partito della Sinistra Europea (S.E.) raggruppa oggi 26 partiti membri e 7 osservatori da tutta Europa, tra cui - membri - Rifondazione Comunista (Italia), Izquierda Unida (Spagna), Bloco de Esquerda (Portogallo), Die Linke (Germania), Partidul Alianta Socialista (Romania), Syriza (e prima Synaspismos, Grecia), Parti Communiste Français e Front de Gauche (Francia), Vasemmistoliitto (Finlandia), Partito della Libertà e della Solidarietà (Turchia), Partito della sinistra unita “Un mondo giusto” (Bielorussia), Partito Comunista Vallone e Partito Comunista Fiammingo (Belgio), e - osservatori - Partito dei Comunisti Italiani (Italia), Alleanza Rosso-Verde (Danimarca), Partito Comunista Tedesco (Germania), Giovani Socialisti (Polonia) Dal 2010, è Presidente di S.E. Pierre Laurent, segretario del Partito Comunista Francese. All’interno del Parlamento, gli eurodeputati della Sinistra Europea siedono tra le file del Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica: GUE/NGL. Come scritto nel preambolo dello statuto, la Sinistra Europea unisce tutte quelle forze che si battono per un’Europa diversa: un’Europa anti-militarista, aperta al mondo e alle diversità culturali, ma contraria ad un processo di globalizzazione egemonizzato dal pensiero capitalista. Aspira alla creazione di un’Europa democratica e dei popoli, capace non solo di difendere – e rinnovare – lo stato sociale e di redistribuire potere e ricchezza, ma anche di riportare la politica nelle strade e nelle piazze e di renderla responsabile di fronte ai cittadini. ora. è QUESTO PARTITO - sinistra europea - che nel suo congresso di dicembre a madrid ha chiesto ufficialmente ad alexis tsipras (segretario di syriza - unione della sinistra radicale) di voler accettare la candidatura a presidente della commissione europea per le elezioni di maggio 2014. ufficialmente, perché poi è già dall'estate 2013 (almeno) che si svolgono incontri tra i partiti nazionali che fanno parte di sinistra europea, e tra tutti e syriza, per arrivare a questo progetto plurale e coeso. al quale progetto rifondazione comunista ha ufficialmente aderito già dall'ottobre 2013 e, chi prima chi dopo, hanno aderito anche tutti gli altri partiti della sinistra radicale nei paesi europei. che hanno costituito o stanno costituendo liste di candidati per le elezioni. come noi qui con 'l'altra europa con tsipras'. solo che, per una serie di motivi politici e storici, altrove non è stato necessario mettere sullo sfondo - ma parecchio, tanto che non si vede - la connotazione SINISTRA nel simbolo e negli slogan, come invece qui da noi. ma va bene uguale. ognuno c'ha la prospettiva che evidentemente si merita. e quindi. per pura verità storica e politica. io non smetterò mai di ringraziare gli estensori dell'appello 'di società civile' che in gennaio ha raccolto tante adesioni intorno alla candidatura tsipras - e che forse estenderà il raggio del consenso per questo progetto anche oltre i confini tradizionali della sinistra radicale italiana. MA: questo progetto E' di sinistra radicale, questa candidatura E' di sinistra radicale, questo programma per l'europa E' di sinistra radicale, io - per quel che conta - SONO di sinistra radicale. e mi piace pensare che il risultato - tutto specifico del nostro qui e ora, altrove è diverso beati loro - sarà alla fine non tanto quello di aver esteso il raggio del consenso per questo progetto anche oltre i confini tradizionali della sinistra radicale italiana, BENSI' quello di aver ampliato direttamente quei suoi confini. e STABILMENTE. ciò detto, compagni e amici: al lavoro e alla lotta - ognuno come gli va! diciannove marzo duemilaquattordici LITIGHIAMO O SI FA POLITICA?
In garbato ma netto disaccordo con l'opinione di alcuni tra i commentatori politici più trendy del web, io non credo che ci sia un elevato tasso di litigiosità all'interno del progetto politico noto come “L'Altra Europa con Tsipras”, né – tantomeno – credo che le contrapposizioni strategiche e tattiche che pure vi sussistono siano un altro effetto del fenomeno antropologico noto come berlusconismo, che caratterizza la vita pubblica del nostro Paese da ben oltre un ventennio. Non sono d'accordo. E infatti io non sono né trendy né à la page, pertanto sono ben poco letto e influente. (E per nulla stipendiato per l'esternazione delle mie opinioni, e sarà un caso?) Diciamo invece che sì – è berlusconismo il diffuso dividersi del pubblico tra chi seguirebbe Grillo sulle braci ardenti (se lui, in una resipiscenza di buona fede, vi camminasse davvero), e chi lo getterebbe legato sulle braci per impedirgli di far danni ulteriori; è berlusconismo il virale differenziarsi del pubblico tra chi sente già di voler bene a Renzi per la sapidità con cui promette mirabilie, e chi comincia a detestare perfino tutte le incolpevoli magnifiche cose e persone di Toscana a causa di quel gaglioffo; ed èovviamente berlusconismo il pandemico contrapporsi del pubblico a favore o contro il condannato con sentenza definitiva, che nessuno (nemmeno tra i suoi stessi tifosi) capisce perché non sia ancora ridotto in pene detentive benché alternative al carcere ordinario. A mio parere, questi tre fenomeni epidemici di amore e odio irrazionali quanto superficiali, sono in effetti riconducibili a una stessa matrice di regressione collettiva – profetizzata quasi mezzo secolo fa da Pasolini – per la quale il cittadino-massa estende anche all'analisi di ciò che attiene alla vita della polis (e quindi di se stesso) e alle scelte conseguenti all'analisi, assai importanti, i meccanismi deteriori del più futile e puerile tifo sportivo: VIVA o ABBASSO quello là! Coi risultati, sulla bontà delle scelte di massa, che lo stato comatoso della Repubblica italiana sta lì a testimoniare mestamente. Non era così, prima dell'involuzione antropologica. Cittadine e cittadini, perfino con un tasso medio di istruzione più basso dell'attuale, distinguevano gli stadi calcistici dalla vita quotidiana e si regolavano rispettivamente di conseguenza. Così l'Italia – nei trent'anni successivi alla fine della guerra – crebbe in diritti e civiltà, al pari dei fondamentali dell'economia, e un capitalismo 'dal volto umano' fece buoni affari trattenendo con lungimiranza i propri 'spiriti animali'. Poi questo lusso è finito. Il capitale ha capito che, per una serie di fattori e cause, per non smettere di lucrare doveva ricominciare a fare il duro contro il lavoro, contro l'ambiente e contro la democrazia; e anzitutto si è assicurato la distrazione del pubblico dalle cose importanti che si apprestava a porre in essere (smantellamento del welfare, privatizzazioni a catena, globalizzazione feroce), regalandoci a forza con la televisione (e ora la Rete) prima l'individualismo sfrenato e la disumanizzazione atomizzata e poi la politica-spettacolo, la politica-derby, quella in cui il giudizio razionale e assennato non ha corso legale e la cui dialettica visibile si risolve esclusivamente in leaderismo, bipolarismo muscolare, tifo per o tifo contro. Grillo, Renzi, Berlusconi sono sì – qui hanno ragione, ripeto, i commentatori trendy – tuttora i campioni di questa modalità, le tessere di questo domino spacciato agli italiani per politica. E la litigiosità sorda con cui gli italiani si dividono sull'uno o sull'altro personaggio – lasciando beninteso sul remoto sfondo le proposte politiche effettive e realizzabili, o realizzate e misurabili, di ciascuno di loro (tutte congiuntamente e disgiuntamente pessime, per il sottoscritto) – è davvero, per usare una figura sola, berlusconismo dall'onda lunga. Ma “L'Altra Europa con Tsipras” che c'entra? Le contrapposizioni all'interno del (nostro, mio) progetto e percorso politico in questione, non facile né facilitato dal mainstream mediatico (per questo non capisco perché ci si mettano pure gli 'amici' tra le penne à la page, ma vabbè), ebbene attengono tutte e solo al merito politico vero e proprio. Giammai al tifo! Noi – compagne e compagni, cittadine e cittadini, un po' come quelle italiane e quegli italiani di prima dello sviamento di massa di coscienza – in questi giorni ci siamo divisi, ci dividiamo e ci divideremo sull'opportunità di usare o non usare parole come 'sinistra' e 'socialismo' nella nostra comunicazione politica ed elettorale, di dichiarare o non dichiarare preventivamente in quale gruppo parlamentare europeo le nostre elette e i nostri eletti condurranno le battaglie per nostro conto, di accettare o non accettare che nella stessa lista circoscrizionale siano posti alla ricerca del consenso elementi della vita sociale che non hanno condotto la stessa vertenza – e anzi – sulla medesima emergenza del territorio, di transigere o non transigere sull'apparentemente inevitabile fastidio reciproco tra i rappresentanti delle organizzazioni politiche vere e proprie e quelli della cosiddetta società civile più o meno organizzata; eccetera eccetera eccetera. Ci siamo divisi, ci dividiamo e ci divideremo – ma con interi la testa e il cuore, non con la sola pancia o le zanne! - Ma su un valore, non su una faccia! E, se e quando in grado di farlo, abbiamo ricomposto e ricomponiamo e ricomporremo le antitesi su punti di sintesi sempre più pregiati. Perché questa è la politica fatta con un'idea in testa (e non con una mano in tasca). Ed è litigiosità, questa? E' – horribile dictu – berlusconismo? Secondo me, no. Tutt'altro, come credo di aver argomentato. E' invece, questo, provare a fare ciò che non si è più fatto da tanto tempo nel nostro Paese, e in cui pertanto è e sarà difficilissimo riuscire. Ma che è necessario – proprio stante la crisi e del capitalismo dal volto umano, ormai storica, e di quello bieco e istintivo, scagliata da qualche anno in mezzo alla vita di tutte e tutti. E', questo, fare la sinistra in Italia. Epica impresa? Tragica? Titanica? Velleitaria? Lo vedremo – lo stiamo vedendo. Ciò che è importante chiedersi è semmai: à la page o no, chi dà una mano? diciassette marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-17/123122-litighiamo-o-si-fa-politica UN ALTRO MODO E' POSSIBILE
in salvador vince le elezioni sanchez ceren, per la sinistra, ex guerrigliero col farabundo martì. poi abbiamo, sempre in america latina, morales in bolivia, rousseff in brasile, bachelet in cile, correa in ecuador, ortega in nicaragua, lo splendido mujica in uruguay e maduro, successore di chavez, in venezuela. più, variamente tipizzati, abbiamo il costa rica, l'argentina, il chiapas messicano e cuba. una bellissima gamma di sfumature di socialismo in tutto un continente. ogni anno ne nasce una nuova - un mese dopo l'altro resistono ai diversi attacchi del sistema turbocapitalista circostante. e non per nostalgia, ma come la risposta migliore ai complessi problemi della contemporaneità. né per imposizione di avanguardie antidemocratiche, ma per il consenso di qualcosa come 200.000.000 di donne e uomini! ora - come chi mi legge anche distrattamente sa già - qui si fa di tutto per portare un po' di socialismo anche in europa. e speriamo, e lavoriamo. chi vi dice che sarà impossibile, perché il socialismo sarebbe morto per la storia e lontanissimo dalle menti e dai cuori della gente, non è detto che sia in malafede. è sufficiente che sia un somaro in geografia. adelante companeroas, hasta la victoria! tredici marzo duemilaquattordici UN BATTESIMO CHE CI PIACE
La prima uscita politica della bandiera di L'ALTRA EUROPA - CON TSIPRAS, lunedì davanti a Montecitorio per dire "NO all'italicum, porcellum mascherato!" E che c'entra l'Europa - e la sinistra che va in Europa per cambiarla - con la riforma elettorale italiana? C'entra moltissimo! Perché questa pessima proposta di riforma non è che l'ennesimo attacco da parte degli interessi dominanti sulla scena globale, contro i diritti democratici e le tutele per i lavoratori e gli spunti di progresso sostenibile che la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza contro il nazifascismo, consacrò quasi settant'anni fa e ha presidiato finora. Il potere vero, quello del capitalismo finanziario transnazionale, quello che smantella il welfare da più trent'anni, quello cui sta stretta la democrazia stessa - e ormai anche la pace tra i popoli -, l'ha detto espressamente: «ultimo ostacolo al pieno esercizio dei privilegi del neoliberismo, sono le costituzioni dei paesi del sud-Europa ancora troppo intrise di quel po' di socialismo e solidarismo che servì alla ricostruzione, ma che ormai è d'impaccio alla guerra di classe dall'alto». Infatti, la classe politica che ci dis-governa da anni - ora con l'accordo esplicito tra i due poli cosiddetti di centrodestra e centrosinistra (e con la foglia di fico fresca dell'opposizione anti-tutto grillina, lì apposta per tenere in piedi il sistema senza disturbare i manovratori veri) -, ha già manomesso la Costituzione, le leggi sui diritti, lo Statuto dei lavoratori, la pratica dei beni pubblici e la teoria di quelli comuni, e soprattutto la testa della gente col suo formidabile apparato delle armi di distrazione di massa. Quindi, fategli calcinare definitivamente - perfino in peggio, rispetto a oggi - pure l'istituto massimo di autogoverno del popolo, cioè il metodo di formazione democratica del legislativo, per di più tra gli applausi - come si trattasse di una conquista -, e i banchieri mondiali alla JP Morgan e i burocrati continentali alla Merkel o Lagarde, non avranno più remore a chiudere storicamente la partita con l'Europa stessa dell'Umanesimo, speranza di giustizia del mondo intero! Per questo, noi sostenitori romani della lista L'ALTRA EUROPA eravamo in piazza contro l'italicum! Per questo la nostra bandiera, in prima uscita politica vera e propria! Perché la lotta per un'altra Europa passa e passerà per tutte le piazze del continente, fino al voto di maggio - in ogni specifica vertenza di diritti ed equità, democrazia e occupazione, pace e cultura. Ed è propriamente il fatto che finalmente torniamo a unirci, a camminare insieme verso lo stesso obiettivo - donne e uomini, compagne e compagni, lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini di sinistra di tutti i Paesi europei - è questo che forse essi, i detentori di potere e interessi e privilegi, non avevano messo nel conto. Ma è appunto solo questo, questo comprendere insieme e insieme agire, ciò che - se vinceremo, se arriveremo a cambiare l'Europa - ce l'avrà reso possibile! undici marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-11/122241-un-battesimo-che-ci-piace COLONNELLI
oggi davanti a montecitorio si sono fermati alcuni ragazzi in visita a roma, a chiederci per cosa stessimo manifestando. abbiamo detto che il sit-in era contro la riforma elettorale italicum e perché. qualche ragazzo ha capito, qualcuno no - colpa nostra -, qualcuno si è subito disinteressato. qualcuno ha replicato che 'tanto là dentro sono tutti uguali, e saranno sempre tutti uguali con qualunque legge elettorale'. 'allora che proponi tu?' ho chiesto io. 'che l'esercito entri là, arresti tutti quanti, e l'italia sia governata per un po' come si deve, dai militari.' fatalità, stasera proiettiamo 'z: l'orgia del potere' al cineforum. sul colpo di stato che nel 1967 instaurò in grecia il regime dei colonnelli. dice la storia - quella reale - che "i colonnelli preferivano riferirsi al colpo di stato del 21 aprile come a una rivoluzione per salvare la nazione; la loro giustificazione ufficiale fu che cospiratori comunisti (benché il partito comunista - KKE - fosse stato da tempo dichiarato illegale) si fossero infiltrati nella burocrazia, nelle università, nei centri di comunicazione ed anche nell'esercito, rendendo quindi necessaria un'azione drastica per proteggere la grecia da un rivolgimento; così la principale caratteristica della giunta fu un implacabile anticomunismo; il termine 'anarcocomunisti' fu spesso usato per indicare tutti coloro con idee di sinistra; in quest'ottica la giunta influenzava l'opinione pubblica anche mediante la creazione di nuove parole che esprimessero i concetti chiave della sua ideologia come 'vetero-partitismo' e 'la grecia dei veri cristiani'; e i dittatori stessi, i vertici militari, si presentarono come 'amici dell'uomo qualunque'." ragazzi. stateci attenti. qui di mestatori in malafede contro la democrazia siamo fin troppo pieni. e più sembrano nuovi, di metodi e contenuti, più se vedi bene sono di un vecchio che mette i brividi. dieci marzo duemilaquattordici UCRAINA, RUSSIA. E SINISTRA
La differenza tra il moderno e il contemporaneo sta propriamente in qualche metro. Moderna è la corda annodata tra la bestia e l'oltreuomo, tesa sopra l'abisso – un periglioso andar dall'altra parte, un periglioso voltarsi indietro, un periglioso star fermi e rabbrividire. Contemporanea, invece, è la corda posta appena al di sopra del suolo. Pochi centimetri. Essa sembra destinata piuttosto a far inciampare, che non ad essere perigliosamente percorsa. Passano appena trentacinque anni, e non più di qualche centinaio di chilometri, tra il posizionamento della prima corda in alto e quello della seconda un po’ più in basso. Eppure è trascorso un mondo intero. Ora, chi vuole approfondisce – e su Zürau non ci torno più. La foto di un Obama scamiciato che telefona (ci dicono) a Putin per dirgli “non si fa così” l'abbiamo vista tutti. E ora in Occidente, in Italia, ci si spartisce nelle due classiche fazioni: i 'Barack, diamo una lezione a Vladimir' contro i 'Vladimir, da' una lezione ai fascisti ucraini'. E tifando si smette di pensare. Né l'opinione pubblica nostrana di sinistra è immune dallo schierarsi d’istinto: perlopiù i progressisti generici stanno con USA e Unione Europea (NATO compresa) contro il Putin 'miglior amico di Berlusconi', mentre la galassia comunista e antagonista sta con la Russia contro il teppismo locale e il neoliberismo globale (e anche perché un po' di eccitazione à la 1956 d'Ungheria smuove qualche fondo). Ma questo fotogramma di curve da stadio contrapposte è esattamente il miglior regalo che la sinistra italiana, europea, possa fare a chi detiene il potere reale nello stato di cose presente. Perché? Perché nello stato di cose presente gli Stati Uniti (e il suo Presidente) esistono a malapena: esistono invece la Coca-Cola, Microsoft, la Monsanto. E non c'è propriamente la Russia (e il suo Presidente): c'è Gazprom. L'Europa (dei popoli) non c'è: ci sono HSBC, Volkswagen, Carrefour, Enel. Non esiste nemmeno la Cina, pensate un po': Sinopec esiste. E quindi le dinamiche generali e locali seguono in verità la composizione degli interessi reali (e o-sceni: fuori scena) di questi soggetti – non certo delle ideologie, 'libera autodeterminazione' o 'socialismo campanilista', né tantomeno delle bandiere nazionali o dei campioni individuali. Tuttavia, nella trappola perfetta noi tutti stiamo inciampando. Sinistre europee comprese, per la gioia del Potere. Stiamo dimenticando la lezione della grande Rosa – e di Karl Liebknecht. (Riaprire i sacri testi, prego.) D'altronde siamo nel 2014 – e sarà un caso? Centenario dell'anno in cui è cominciato il vecchio secolo, che non è finito ancora. 2014, 1914. 28 giugno 1914, domenica. Ricordate? A Sarajevo l'arciduca asburgico Francesco Ferdinando d'Este, erede al trono imperiale austroungarico, e sua moglie contessa Sofia Chotek von Chotkowa, vengono uccisi a pistolettate dal diciannovenne tubercolotico ultranazionalista bosniaco Gavrilo Princip. Di lì a un mese esatto l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia: scoppia la Prima Guerra Mondiale. Vi si oppongono solo i socialisti conseguenti, i comunisti, e i pacifisti intellettuali e religiosi. Il resto è storia. E cent'anni dopo da allora, com'è il mondo? E' un mondo ricco. Perché dal 2000 a oggi la ricchezza planetaria è più che raddoppiata, raggiungendo il nuovo record di 241.000 miliardi di dollari di patrimonio reale complessivo. Solo che il 46% di questo immenso patrimonio lo detiene il solo 1% dei nuclei familiari, di tutte le famiglie umane - papà mamma figlioli, e variazioni sul tema - presenti sulla Terra. E quindi è un mondo strano. Infatti è in fibrillazione. In crisi, nera. Per esempio, in ventidue paesi dell'Unione Europea – in Europa, nel mondo storicamente privilegiato – negli ultimi quattro anni è aumentato del 75% il numero di persone la cui sopravvivenza dipende dalle distribuzioni alimentari filantropiche. Per esempio, nella Germania pilota d'Europa i contratti di lavoro salariato stipulati dal 2008 in avanti, per più della metà sono precari, a breve termine, privi di controprestazioni di sicurezza sociale; in Germania, locomotiva continentale, 1.3 milioni di lavoratori non possono provvedere ai propri bisogni (lavoratori, non disoccupati o pensionati), 5.5 milioni di cittadini sono diventati poveri di recente, e la classe media – tradizionale fattore di stabilità politica e istituzionale – ha perso 1/9 della propria consistenza. Per esempio, nel 2014 in cinque Paesi europei la disoccupazione giovanile supera ampiamente il 50%: in Macedonia, in Bosnia, in Serbia, in Grecia, in Spagna; nell'Italia meridionale ormai lo sfiora, ed è raddoppiata in Croazia, in Cechia, in Polonia, in Estonia, Lettonia e Lituania. “Le conseguenze a lungo termine di questa crisi non si conoscono ancora – dice la Croce Rossa – e ci chiediamo se, come continente, comprendiamo veramente a cosa andiamo incontro.” Per esempio nel 2014 registriamo l'aumento del tasso di suicidi in molti Paesi europei; del 40% in Grecia, e di più del doppio tra le donne greche. Per esempio in Russia i miliardari in dollari sono appena centodieci, però detengono il 35% dell'intera ricchezza nazionale. E la Cina entra nel 2014 abolendo la legge che impone il figlio unico, con un PIL dell'8% e una propensione al consumo di risorse e alla creazione di rifiuti che farà impallidire il ricordo dell'invadenza statunitense sulle dinamiche mondiali, materiali e simboliche. In compenso, l'Africa è povera come sempre: il 30% degli Africani si stipa tutto nel decimo più misero dell'intera popolazione mondiale. Mentre dall'America Latina arrivano segnali di socialismo, che infatti i decisori apicali del capitalismo transnazionale tengono sotto stretta osservazione pronti a tirare le corde dei flussi di risorse e di democrazia, e a strozzarli. [dati e citazione reperibili su Le nouvel Observateur] Questi sono solo alcuni elementi reali dello stato di cose presente – questi, non la camicia di Obama né i muscoli di Putin né le agenzie da Kiev e da Odessa. Stato di cose, sovrastato dall'impossibilità del sistema di riavviare a guarigione se stesso senza o snaturarsi per volontà di popolo (diventare – magari! – altra cosa dal neoliberismo che ha dato forma alla storia globale dell'ultimo cinquantennio) o rinfrancarsi col metodo che il sistema applica in casi di crisi insanabile: la guerra tra Stati e tra genti. Ora, questo mio 'blogghetto' Zürau prova a parlare alla e della sinistra italiana – la sinistra ‘work in progress’, beninteso, non quella che si definisce tale nel circo politico e mediatico. E credo che questa pagina d’esordio non vada fuori tema, poiché appunto la divisione indotta tra fazioni riguardo alle ragioni e ai torti dei fatti di Ucraina è per me l’ennesima manifestazione di autolesionismo della sinistra suddetta, laddove invece qui proviamo appunto a dire (a dirci) – benché con voce oggettivamente flebilissima – che così non funziona, che così non si va da nessuna parte: che autolesionisti e auto-contrapposti noi – sinistra italiana – non siamo né moderni né contemporanei. Quella corda di cui all’incipit noi così né l’attraversiamo né l’aggiriamo, ma la offriamo agli interessi dominanti perché ce la si annodi al collo. Il fatto saliente, invece – rispetto al quale non dovremmo farci distrarre da nulla –, è che al neoliberismo sta ovunque stretto il welfare, e l’abbiamo scoperto da tanto, e ovunque sta stretto il lavoro coi suoi diritti. E dalle note pubbliche dei più grandi banchieri d’affari sappiamo anche che gli sta stretta ovunque la democrazia, specie quella configurata e presidiata dalle Costituzioni dei Paesi d’Europa che sconfissero il nazifascismo con la Resistenza. Ma ormai – come dinanzi alle grandi crisi degli Anni ’10 e degli Anni ’30 del XX Secolo – al capitalismo sta stretta la pace stessa, tra gli Stati e tra i popoli. Questa è la terribile novità. Su questo vi chiedo di riflettere. Però la guerra è una cosa troppo grande perfino per i grandi decisori da soli: i quali, per scatenarla, hanno bisogno dell’opinione favorevole delle masse. Masse in larga parte rese docili da implacabili armi di distrazione, rese rabbiose da povertà e disoccupazione crescenti, scientemente deprivate degli strumenti idonei alla coscienza di sé, in quanto classi e in quanto Umanità – masse agitate dietro a bandiere posticce come i bambini di Hamelin appresso al pifferaio. L’antidoto a questa orribile china è uno soltanto: una sinistra europea lucida e conseguente – politica, sindacale, civica, culturale, di senso comune – che si arricchisca dei contributi delle sinistre solide di tutti i suoi popoli, quello italiano compreso. Ecco il nesso col mio tema. Concludo, perorando. Compagne e compagni italiani, noi non appoggeremo l'ingerenza del regime di Putin nella fisionomia politica e socioeconomica del popolo ucraino così come non appoggiamo l'ingerenza del sistema capitalista occidentale nella stessa fisionomia. Non smetteremo di indagare e giudicare, nel nostro Paese e dappertutto, i rapporti di forza tra capitale e lavoro e tra ingiustizia e liberazione, solo perché una nuova mossa di Risiko viene squadernata davanti agli occhi nostri e dei lavoratori, dei cittadini di tutta Europa. Non lasciamoci ingoiare nel gioco di ruolo che poteri e sistemi, regimi e cosche – solo apparentemente contrapposti, ma tutti interessati al mantenimento dello stato di cose presente, anche a costo di una guerra globale – nel gioco che tutti sembra stiano allestendo nel pieno della crisi generale. La nostra responsabilità è grande. Quella di capire correttamente e di agire conseguentemente. Ma anche la nostra forza lo è – nostra, di sinistra italiana diffusa, e connessa a quella delle sinistre di tutta Europa ora prossime all’appuntamento elettorale, coese nel sostenere la candidatura di Alexis Tsipras a Presidente della Commissione Europea e nel dare massimo peso nel Parlamento Europeo ai gruppi a sinistra dei Socialisti e Democratici. Noi Europei abbiamo limpido il valore della vita, del retaggio del tempo trascorso, della responsabilità verso quello a venire, delle lotte sociali, della coscienza civile, di costituzioni e leggi, della solidarietà, dell'uguaglianza, dello spirito millenario della polis, dell'umanesimo: che ciò non sia solo ‘museo’! Tanto meno, bottino di guerra. E il momento di dimostrarlo è arrivato. La crisi ci ferirà ancora, il Potere proverà a dividerci, la stanchezza e la rabbia ci mal consiglieranno. Ma abitiamo questo delicatissimo 2014 con la chiarezza e la forza di quattro parole, che la storia di classe e quella dell'Umanità intera ci consegnano in modo esemplare. Misuriamo con esse le idee e le pratiche che circoleranno intorno a noi e quelle che in noi sorgeranno quest'anno. Senza farci fuorviare da niente! Le parole sono: lavoro, giustizia, democrazia, pace. Che diventino senso comune, egemonia, seconda natura! E se ci sarà guerra – a breve o dopo – noi obietteremo. Noi diserteremo. Noi disarmeremo. Ma saremo tantissimi! Socialism is a global peacekeeping. Grazie per la paziente lettura. Dalla seconda uscita – se non mi segano – Zürau sarà meno ‘pistolotto’. Promesso. Però era importante. sei marzo duemilaquattordici http://www.lindro.it/blog/2014-03-06/121026-ucraina-russia-e-sinistra SOCIALISMO FOR DUMMIES
(ma possibile che non ci arrivano quelli bravi? bah.) 1. il lavoro produce valore, e ricchezza; i prestiti producono debiti; il prestito dei prestiti produce fallimento, e miseria. 2. il consumo per il consumo (di merci) crea: rifiuti non più smaltibili, diseguaglianze tra individui e tra popoli, insicurezza e alienazione; la produzione per la produzione (di merci) crea: esaurimento delle risorse naturali, divisione mondiale del lavoro e suo sfruttamento, compressione dei diritti dei lavoratori (o disoccupazione). e ciclicamente: crisi, autoritarismi e guerre. invece, la produzione per la necessità e il godimento (di servizi, di significati) non ha controindicazioni né per l'individuo né per il lavoro né per i popoli né per la terra. 3. la proprietà privata di una parte dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci, tenetevela (con le vostre sole forze di privati - imprese, lobby e banche - finché ci riuscite, ma NON col sostegno delle risorse pubbliche già scarse). comuni diventino, per scelta democratica - ossia della maggioranza dei cittadini chiamati a esprimersi su un programma di riconversione in tal senso (PURCHE' QUALCUNO BENEDETTO LO PROPONGA! TIPO 'LA SINISTRA POLITICA'!) - e progressivamente, la proprietà e la gestione di tutti i mezzi di produzione e distribuzione di servizi e significati (cioè, del valore e dei beni di diritto) e, in libera concorrenza con la proprietà privata di cui sopra, la proprietà di parte dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci, ma secondo logiche di piano e di interesse generale. 4. comune e proprietà privata 'se la giochino' sul mercato. i cittadini determineranno la diffusione dell'uno e la contrazione dell'altra, o viceversa, e in quale misura reciproca. fine. che ce vo'? ce vo' LA SINISTRA! primo marzo duemilaquattordici RENZI AL SENATO
ahò non si è preparato niente, non ha detto un cazzo e si è rivolto solo al pubblico televisivo. è il presidente del consiglio perfetto per gli italiani. passavi da piccolo giù al mercato trionfale, mario? sei di balduina, no? dico il mercato duro e puro, non quello lastricato e coperto e coi neon e l'aria condizionata di adesso. dico quello coi banchi di legno e gli ombrelloni sopra, che piove, sole o nevica i venditori stavano là all'aperto, tra quattro stradine ortogonali e una sghemba, manco asfaltate, coi gatti e i sorci che ballavano tra le cassette buttate e l'unica fontanella. il mercato trionfale dei primi anni '70. be', io ci andavo da bambino. mia madre o mia zia col carrello di stoffa floscia, io che volevo olive dolci o a san giuseppe lo zucchero filato. i personaggi che c'erano, tra quei banchi! un mondo, per un bambino curioso. ma i più magici, che mica c'erano sempre, erano i venditori di biancheria. magnetici! con un megafonino accroccato sotto il mento, in piedi su una sediola, ingoiati in un delirio di lenzuola e federe e tovaglie e tovaglioli (da tagliare!) e cellophane, con uno o due ragazzini di bottega a tirare gli acquisti alle massaie e soprattutto a ritirare rapidi monete o banconote del prezzo pattuito. mi fermavo a guardarli in quel loro spettacolo di trattativa instancabile al ribasso, di promesse mirabolanti, di ammiccamenti e scene madri... erano mostri di bravura istrionica. unico problema. spesso gli veniva la bavetta. insopportabile. a quel punto me ne andavo. raggiungevo mamma che chissà perché non mi aveva ancora chiamato con l'altoparlante (ah, ma all'epoca il cercabambini nei mercati all'aperto mica c'era!). te li ricordi mario, gli imbonitori del mercato trionfale? non dicevano niente davvero, eppure vendevano quasi tutto. perché non vendevano lenzuola, in realtà, ma un 'tempo spettacolare' a noialtri grandi e piccini in cerca di scampoli di 'emozioni collettive'. ecco, il nuovo premier degli italiani è uno così. nemmeno la 'statura delinquente' di quello prima. aspetto solo la bavetta. poi spengo. ventiquattro febbraio duemilaquattordici BLAIRIZZAZIONE
fatta la squadra di renzie! joanie alle pari opportunità. potsie economia, ralph malph agli esteri e richie alla cultura. papà howard agli interni, ma solo col fez di giaguaro in testa. e la dolce marion al lavoro, che là serve una lacrimuccia facile. al, il buon vecchio alfred con tutto il suo baretto, rapporti col parlamento. pensavo fosse una scoreggia, invece era il governo. seriamente. io vedo solo i notiziari rainews, sia per la comodità dell'all-news sia (fino a un po' di tempo fa) per l'ideologia sottostante. ma è cambiata, parecchio: un servizio prime time sull'albergo dove soggiorna a roma renzie&thefamily! e se lo fa rainews - questo lavoro di familiarizzazione del neopremier col grande pubblico - figuratevi il resto del circo mediatico! blairizzazione. si chiama così, e qui lo abbiamo già detto tante volte. però fatto in questo modo sguaiato, addirittura, è quasi un plagio. vi ricordate lo storytelling di tony&cherie a downing street? e tutti quei figli e animaletti? preparatevi, italiani. i buddenbrock sono un pallido ricordo. ventidue febbraio duemilaquattordici PORTACI IN EUROPA
ci sono amiche e amici, compagne e compagni - in tutto un centinaio - che in poche ore hanno messo insieme i propri nomi e li hanno scritti sotto al mio, e a una generosa descrizione delle mie virtù, perché il mio nome arrivasse all'attenzione dei garanti del progetto politico "un'altra europa - con tsipras" e loro le valutassero (le mie virtù) se meritevoli o meno di conferirmi il rango di candidato per le elezioni europee di maggio, appunto con la lista della sinistra radicale a sostegno di alexis tsipras. fatto, mandato. grazie! e proposte di candidature, come la mia, ne saranno partite molte centinaia da tutta italia. ma i 'posti' nelle liste delle cinque circoscrizioni elettorali sono poche decine. chiaro quindi che la probabilità di dar soddisfazione a quest'atto di fiducia nei miei confronti - per me emozionante e gratificante come non so dire - è purtroppo bassissima. ne sapremo di più il 27, quando le liste saranno ufficializzate. come che vada, però: tre cose. - così abbiamo messo insieme una piccola comunità d'intenti, e io m'impegno ad animarla con l'energia e l'entusiasmo che ho per informare tutte e tutti di ogni passo del cammino del progetto - chiunque sia a incarnarlo, se non me - che porterà nei luoghi dove si fa l'europa chi l'europa della giustizia e del lavoro, della democrazia e della pace, la vuole davvero. - ringrazio con tutto il cuore - e perfino un felice pudore - le amiche e gli amici, le compagne e i compagni, che hanno generosamente speso il proprio nome a sostegno del mio, e che per questo hanno compiuto un altro passo ancora verso la sostanza politica del progetto della sinistra europea, pur senza nessuna garanzia che io ne risulti un esponente 'ufficiale'. - con l'animo confuso per tanta espressione di affetto e di stima - davvero - abbraccio forte le sorelle e i fratelli che in queste ore si sono spes* al mio fianco per raggiungere altr* amic* e compagn*, dar loro notizia del mio tentativo e chiedergli di dare fiducia a una speranza che evidentemente hanno radicata nell'animo: il cambiamento è possibile, e io posso dare una mano. è un bel giorno, questo, per me. ventun febbraio duemilaquattordici ESSEBLOG&ME SULLA 'LISTA TSIPRAS'
http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/lista-tsipras-un-passo-indietro-su-nome-e-simbolo-nellascolto-e-nel-rispetto-reciproco/ qui sopra, ragionamenti lucidi e sensati. e davvero vòlti al bene dell'intero progetto. grazie d'elia e grazie esseblog! di mio aggiungo solo che così come sulla scelta del simbolo e del nome, e sulla collocazione degli eletti (speriamo tanti) dall'italia a sostegno di tsipras, anche sulla stessa dinamica di proposte di candidature individuali (cioè insomma sulla formazione concreta delle liste elettorali, che tra l'altro ha un termine a brevissimo: venerdì 21 febbraio) sussistono non poche ambiguità, fraintendimenti e (a pensar bene) crassi dilettantismi. credo si debba al fatto che un burocrate è un burocrate e che un passacarte resta un passacarte, anche se appoggiano un progetto politico di buona sinistra, e che una persona intelligente e onesta è tale perfino :) se appoggia un progetto politico di buona sinistra. cionodimeno continuo a pensare - perché tra l'altro lo penso e lo dico, e nel mio piccolo lo agisco, da almeno un anno - che: per la sinistra italiana (la sinistra vera) la scala dell'azione politica debba essere la scala europea, che il modello di elaborazione e organizzazione plurale ma coesa debba essere quello delle esperienze come syriza, front de gauche, izquierda unida e simili, che l'appuntamento elettorale di maggio sia l'occasione che aspettavamo, che la candidatura tsipras unificante le sinistre di tutto il continente sia una benedizione, e che al netto delle ambiguità, dei fraintendimenti, dei dilettantismi e dei burocratismi, valga largamente la pena per le persone intelligenti e oneste (che perfino nella sinistra italiana sono tante :D ) dare il proprio contributo alla lista, al progetto, ad alexis tsipras, alla costruzione di un'altra europa. vinciamo, prima! e poi semmai faremo i conti tra noi. per cui, companeroas de roma: stiamo mettendo su un gruppuscolo corsaro di liber* sostenitor* di tsipras. senza né intralciare il lavoro nascente del comitato romano per la lista tsipras (o come si chiamerà), del quale molt* di noi fanno parte, né quello delle organizzazioni politiche e civiche che a quel comitato hanno aderito (organizzazioni in cui alcuni di noi peraltro militano). ma solo perché ci piace stare insieme tra noi, sorseggiando ouzo al suono di sirtaki e rebetika! :D e anche un pochino perché vorremmo far arrivare ai garanti nazionali delle liste tsipras qualche proposta di candidatura da esaminare, senza pestare i piedi a nessuno (che il tempo è talmente poco che perderlo a dire 'ops, scusami' a ogni passo, è un lusso fuori luogo). :) companeroas de roma, se siete interessat* scrivete senz'altro (e de corsa) a [email protected] ;* diciannove febbraio duemilaquattordici RENZIE SKETCHES
"L’unica fonte (chiedo a tutti di riflettere su questa specificazione che spiega tutto: l’unica, l’unica, l’unica) del potere renziano è il risultato delle primarie dell’8 dicembre 2013, in cui ha sconfitto i due candidati alternativi, Cuperlo e Civati. Io contesto (posso farlo tranquillamente: l’ho fatto da sempre) il valore legittimante, in senso democratico-rappresentativo, delle cosiddette primarie. Le primarie possono avere un valore orientativo per la scelta di un candidato di coalizione in presenza di una prova elettorale. Sono un’aberrazione inenarrabile quando ne derivano la carica di Segretario di un Partito, e il pratico, conseguente impossessamento di questo (maggioranza assoluta in direzione, ecc. ecc.). Sarebbe come se gli organi dirigenti della Shell o dell’Eni fossero scelti dai passanti che si trovano a transitare in un giorno casualmente scelto nella strada sotto le loro sedi. Se tale procedura, per giunta, è stata messa in statuto, affaracci loro, e cioè degli stupidi uomini della Shell o dell’Eni, o di quel partito di cui stiamo parlando. Ma se il meccanismo viene trasferito di peso alla formazione di un Governo, che dovrebbe rappresentarci tutti, non sono più affaracci loro, sono affari nostri. Che c’entriamo noi con l’arroganza e insieme con la stupidità del gruppo dirigente del Pd, passato e presente? Di conseguenza io contesto duramente anche la legittimità di un Governo che sulla base di codeste procedure fondi la genesi della sua costituzione come formazione di potere nella gestione delle cose italiane, cioè le nostre. E’ la prima volta che accade nella storia dell’Italia repubblicana. Perfino il Cavaliere è andato più volte al Governo con la forza del voto. Quando non ne aveva abbastanza, li comprava. Ma al dunque, comprati o no, sempre voti in Parlamento erano. I voti su cui Renzi fonda la propria pretesa di andare ipso facto al Governo sono quelli della massa che politicamente non si esprime, resta a guardare, è capace soltanto di quel gesto plebiscitario che affida a qualcuno, il Predestinato, le proprie sorti." alberto asor rosa, il manifesto il democidio contiua. con l'avallo delle massime istituzioni di garanzia democratica del paese, con la foglia di fico di un'opposizione parlamentare inconcludente, col concerto mediatico o all'unisono col nuovo capo o in finto controcanto, con la distrazione delle forze antagoniste prese più che altro a rimbeccarsi su chi sia la più antagonista di tutte. l'onda lunga del regime. quello berlusconiano, e prima craxiano, e prima democristiano, e prima fascista, e prima savoia. l'italia. gli italiani. compagne e compagni, o sappiamo lottare come minoranza strutturale - ma conseguente e coesa - o meglio andarcene. "Poiché Cesare mi ha amato, io piango per lui; poiché era fortunato, ho gioito per questo; poiché era valoroso, lo onoro; ma, poiché era ambizioso, lo uccisi. Ci sono lacrime per il suo amore, gioia per la sua fortuna; onore per il suo valore; e morte per la sua ambizione. Chi è qui così servile da essere schiavo? Se c'è qualcuno, parli, poiché lui io ho offeso." per cui, bimbominkia, in campana a parlar tanto d'ambizione. che tu ti sarai pure formato sulla ruota della fortuna, ma qualcuno di noialtri i classici li conosce e ce l'ha ben presenti. renzi da oltre un'ora al colle. i mercati apprezzano, lo spread scende in tempo reale: sta a 195. a quota 100, napo e renzie possono anche smettere di giocare a scopetta. che postaccio. bimbominkia dice 'una riforma al mese!' invece che un ciclo di riforme, le riforme del ciclo. che postaccio. e due. 'renzi, ultime ore da sindaco' due parole di meno, e mi piaceva. ah, facciamo a capirci. io nel '94 dissi 'quello è un bastardo', e ci sono voluti venti anni perché arrivasse a dirlo anche tanta altra gente. ora dico 'quello è un coglione'. che non vi venga la faccia tosta di presentarvi tra vent'anni ad ammettere la cecità di oggi: non sarò un affabile uomo maturo, allora, paziente e sfumato come mi conoscete - ma un isterico incazzato in piena terza età, e se vi tirerò una roncola appresso mandandovi a fanculo sarà ancora poco. quando diciamo che le persone di buona volontà e di retto pensiero vorrebbero in italia anche 'solo' l'avvio di un processo storico, politico, culturale e sociale che abbia come obiettivo un nuovo umanesimo, qualcuno fa spallucce e risponde "umanesimo?!? tutto qua?". ma se quello cui assistiamo da ore è la caduta di ogni velo residuo rispetto alla dinamica sostanzialmente feudale che presiede e sottostà all'apparenza di democrazia in questo paese, allora la lotta per l'umanesimo ecco che non sembra più una mezza misura da moderati! renzi, grillo e berlusconi tirano i fili visibili della nostra vita collettiva. mi sentirei molto più sicuro in mano a urar, veroandi e skuld, le tre streghe di macbeth. dice che è una farsa. però dopo vent'anni di farsa io la chiamo tragedia. diciassette febbraio duemilaquattordici POTERE PAROLE
e così, unici in europa, noi italiani di sinistra andremo a sostenere la candidatura tsipras con un simbolo e un nome di lista che non contengono alcun equivalente delle parole izquierda, gauche, left, linke, aristerà, che invece - com'è logico che sia - caratterizzano i nomi e i simboli di lista di tutti gli europei che sostengono tsipras come presidente della commissione, oltre a contrassegnare la stessa coalizione continentale (sinistra europea, gue, ngl eccetera) che ha offerto al giovane compagno greco (leader di syriza = unione della sinistra radicale) di catalizzare più consensi possibile nell'opinione pubblica anti-neoliberista europea. immagino che tutti gli altri ora diranno: 'gli italiani, perfino i compagni, mai cresciuti: prenderli così, o mollarli al loro destino'. e del fatto che non ci mollino, nemmeno adesso, io li ringrazio chino fino a terra. in pratica, senza 'sinistra' nel simbolo per queste europee è come se andassimo a giocare a rugby insieme agli altri - correttamente attrezzati - pretendendo di indossare noi soli le scarpette da bowling. ma va così. non saremmo, altrimenti, il paese che siamo (stati, ma pure adesso) da un trentennio. e dunque io ci sto, comunque. voterò da bravo il meno peggio dei nomi/simboli proposti, seguendo le indicazioni metodologiche del sito, e poi (come sto dicendo da quando avevo ancora quarant'anni e un po') mi farò il mio bravo culo per tutta la campagna elettorale! perché? perché ci metto meno a far venire - magari - voglia a qualche italiano (di sinistra) di votare per una lista che sostiene il campione della sinistra europea (e però non contiene la parola 'sinistra' nel simbolo), che a far capire a chi (di sinistra?) si è inventato i quattro simboli così congegnati, che ha fatto - diciamo così - una puttanata. quindi, daje. PER L'ALTRA EUROPA, CON TSIPRAS! state con me, compagne e compagni? quattordici febbraio duemilaquattordici ORA E QUI
va tutto esattamente come volevamo che andasse? no. va tutto esattamente secondo un'idea astratta di perfezione? no. ma la verità è che sono questi nostri tempi - e da tanto - ad essere tutt'altro che perfetti, tutt'altro che come noi vorremmo che fossero. allora usciamone prima possibile, da questi tempi. proprio per non dover più misurare tutta questa distanza tra come le cose vanno e come invece vogliamo che vadano - come dovrebbero andare. e il movimento della sinistra europea, cui forse riusciremo ad agganciarci - nonostante le cose vadano un po' così, e anzi forse proprio per questo -, ma ad agganciarvici con un'adesione di massa e non dei soliti pochissimi ma buonissimi che siamo, è l'unico spunto reale per sperare di uscire da questi tempi. e di entrare in tempi diversi. ma il movimento sta partendo, è partito. dappertutto. e ora dobbiamo partire anche noi, compagne e compagni italian* - dobbiamo muoverci! adesso tocca a noi. (è talmente tanto tempo che qui e sul mio blog e parlando con tutti, dico 'facciamo come in europa che c'è izquierda unida, linke, front de gauche, coligaçao, facciamo come in grecia che c'è syriza, chiediamo a tsipras di venire ad allenare la nostra squadretta e hai visto mai!' - sarà un anno e mezzo minimo, davvero -, che mi sento tipo giovanni battista che gira nel deserto e mangia locuste, e dà fastidio a erode e moglie e figlia, e però poi intravede sul giordano gesù cristo e dice 'ora posso pure tramontare, ora il mio tempo è compiuto!'. tipo.) ma quel che conta è che se ci muoveremo, insieme a tutte e tutti gli altri compagni in tutta europa, allora potremmo vincere davvero. e vinceremo tutte e tutti insieme - i compagni che non sbagliano mai, quelli che ogni tanto sbagliano ma sempre un po' meglio, quelli che sbagliano tanto con generosità. solo i compagni che sbagliano sempre allo stesso modo, sterilmente, quelli che non si muovono finché tutto non è come dicono loro - ossia astrattamente perfetto -, solo quelli non vinceranno stavolta. perché quelli non vogliono vincere mai, e gli sta bene così. ADELANTE COMPANEROAS, HASTA LA VICTORIA! oggi alexis tsipras viene a roma, al teatro valle occupato - e che bello che sia proprio lì! riempiamogli il teatro, allora, e la strada e tutto il centro storico - gioia, determinazione, canti e bandiere che manco per la finale di champions! il movimento passa sotto le nostre finestre, ora - e non capita spesso. andiamogli incontro col cuore aperto e la mano tesa, gli occhi accesi e la voce pronta. siamo - dobbiamo essere, lo vogliamo - quel movimento! http://www.youtube.com/watch?v=aopOzstj2IU sette febbraio duemilaquattordici IN NOME DEL POPOLO SOVRANO
Ieri sera sono stato alla bella assemblea di EsseBlog, sul possibile dialogo efficace tra sinistra politica e sinistra sociale, e mi ha colpito l'osservazione di un giovane compagno di Rifondazione: “La sinistra italiana ha perso la parola; le tante piccole porzioni della sinistra d'alternativa parlano molto, ma essenzialmente ad uso interno, per gli iniziati, da cui l'esiguità costante; e la grande forza della sinistra di governo, quella che sa parlare ai milioni, invece si è del tutto omologata alle parole, cioè ai pensieri e alle opzioni strategiche, dell'avversario, col risultato che ai milioni arrivano solo parole di destra, di centro e di un'altra cosa che non so se è destra o centro ma sinistra di sicuro non è.” Pensando a questo, alle parole da dire – e che non sappiamo dire, come sinistra –, per non so che cortocircuito mi è venuto in mente un passo evangelico. Il passo è da Matteo: “Sia il vostro dire sì, sì; no, no. Il di più viene dal maligno.” Sì, sì. No, no. E se fosse questo l'uovo di Colombo? Se la sinistra d'alternativa in Italia provasse a uscire fuori dai club e andare incontro al Paese dicendo molto semplicemente, molto comprensibilmente cosa vuole e cosa non vuole, rispetto ai problemi immensi della gente? Non è difficile, credo. Quello che vogliamo, penso, lo sappiamo. E quello che non vogliamo lo sappiamo di sicuro.No alla legge Bossi-Fini, per esempio, no ai CIE lager, no alla Fini-Giovanardi, no alle Grandi Opere inutili, sì al piano di salvaguardia ambientale, sì all'investimento pubblico per la rivalutazione del territorio, delle specificità locali, sì alla spesa pubblica, no all'austerity imposta dalla Troika, sì all'Europa dei popoli e dei saperi, sì ai beni comuni, no ai Trattati, no al fiscal compact, sì alla piena occupazione, sì al salario minimo garantito, no alle privatizzazioni, no alle delocalizzazioni, no all'evasione fiscale, sì alla progressività delle imposte dirette, sì alla laicità dell'istruzione e della cultura, no al monopolio di fatto dell'informazione, sì alla democrazia sostanziale come prevista dai Padri e dalle Madri costituenti, no al democidio in tutte le sue forme! Così, tanto per dire. Invece la cosiddetta sinistra di governo – seppure lo volesse – non può pronunciare nessuno di questi sì e questi no con chiarezza: smetterebbe di governare col centro e con la destra un minuto dopo. E noi di sinistra d'alternativa anziché dire come vogliamo che sia il Paese, cioè la casa di tutti, è un po' che diciamo – sempre tra noi, perché ad altri è normale che interessi poco – solo come vogliamo che sia la sinistra, cioè casa nostra. Controprova: quando abbiamo detto dei no semplici e chiari relativi alla vita della gente – no alla privatizzazione dell'acqua, no al nucleare, no al legittimo impedimento – i milioni, a decine, altroché se hanno risposto all'appello! Ma che c'entra tutto questo con il nostro comitato 'In Nome del Popolo Sovrano', col nostro appello 'Italicum: il Porcellum mascherato'? C'entra. Perché è stato proprio un bel no spontaneo, quello che ci ha uniti subito attorno al desiderio di far qualcosa! Il 20 gennaio con la replica di Renzi alla Direzione del PD si è delineata la proposta di riforma elettorale, e la sera stessa il mainstream dell'informazione ne dava conto già come dell'unica delle riforme possibili, perché (miracolo!) metteva d'accordo i due protagonisti della vita politica italiana – vista sempre con la lente del bipolarismo muscolare, che in questi vent'anni infiniti lutti addusse a noi tutti più che quell'ira funesta agli Achei! Ma noi, cittadine e cittadini semplici – di sensiblità e sfumature politiche anche diverse, ma tutti in cuor nostro innamorate e innamorati della Costituzione, e tanto basta – sapevamo bene che questa specie di tenaglia non si stava chiudendo col consenso dell'intera opinione pubblica, che il dissenso c'era e ci sarebbe stato, che bisognava far qualcosa per dargli un'evidenza possibile. Volevamo dire NO, e che si sentisse – che altri potesse dire NO altrettanto! Il 22 abbiamo scritto il nostro appello, abbiamo aperto il blog http://innomedelpopolosovrano.wordpress.com/ perché girasse un po' e abbiamo immaginato di vederci a breve per un'iniziativa di conoscenza e di discussione, e magari anche di decisione. E nell'appello, appunto, noi diciamo NO. No alla proposta di riforma elettorale Renzi-Berlusconi – perché vìola le regole fondamentali della democrazia e dello stato di diritto, perché contraddice lo spirito della Costituzione e l’alta lezione storica dei Padri e delle Madri costituenti, perché ignora e beffa la sentenza della Consulta sul Porcellum e le sue motivazioni. E perché crediamo che la crisi profonda di questo Paese – crisi istituzionale, politica, civile, culturale, sociale, economica, occupazionale – debba essere affrontata da una rappresentanza forte di un potere costituente democraticamente attribuito dal popolo sovrano. E che tale potere possa esser conferito solo da una legge elettorale che consenta agli elettori – a tutti gli elettori – di scegliere e di contare, e non cancelli la sovranità popolare con i trucchi delle liste bloccate, dei premi di maggioranza, delle soglie di sbarramento. Ma invece, lo sapete: premio di maggioranza del 15% a chi prende il 37%, altrimenti doppio turno per un 52% di parlamentari a chiunque vinca, sbarramento al 4.5% per i coalizzati e 8% per i singoli, salvacondotti alla Lega e alle candidature multiple, nessuna libera preferenza. E' un cappio che si stringe al collo della Repubblica! Al nostro appello, di cittadine e cittadini comuni, hanno via via aderito – con nostra grande soddisfazione – collettivi e organizzazioni come (in ordine alfabetico) Alba Nodo Roma, Alternativa, Angelo Mai Altrove Occupato, Azione Civile, i Comitati BOicotta il Biscione, la Federazione romana di Rifondazione, quella del PdCI, la Fondazione Luigi Pintor, Giuristi Democratici, LiberaCittadinanza, Movimento Antiberlusconiano Italiano, Repubblica Romana, Sinistra per Roma, Sinistra Unita, Verdi Federazione Romana, Viva La Costituzione Roma. E a nostra volta, come comitato 'In Nome del Popolo Sovrano', abbiamo subito aderito all'appello importante pubblicato il 26 gennaio dal Manifesto, a firma Stefano Rodotà e altri giuristi e ricercatori. Quindi il dissenso c'era, quindi è uscito fuori, quindi avevamo visto giusto! Gaetano Azzariti, Pietro Adami, Claudio De Fiores, Anna Falcone, Giovanni Russo Spena, Antonello Falomi, Giulietto Chiesa, Massimo Siclari, Raul Mordenti, Ivano Di Cerbo, Raniero La Valle, Gianfranco Mascia - alcune delle voci importanti che stanno dicendo insieme a noi: In nome del popolo sovrano. No al democidio, no pasaran! Ci vediamo martedì 11 febbraio alle 18, davanti a Montecitorio, in simultanea con la discussione in aula dell'Italicum. Per 'La Notte Bianca della Costituzione'. http://www.youtube.com/watch?v=IThhTVq4r-c http://www.youtube.com/watch?v=sKRr4Rnac74 http://www.spreaker.com/user/radioredonda/intervista-a-paolo-andreozzi http://www.libera.tv/legge-elettorale---seminario http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/02/02/italicum-ce-chi-dice-no-giuristi-e-associazioni-fermatevi-e-incostituzionale/263915/ http://www.youtube.com/watch?v=99mme7ir1Gk primo febbraio duemilaquattordici LES ITALIENS
nichi è rimasto a tolkien, vuole abitare la terra di mezzo. e pure fare vendola è un mestiere, specie in tempi di crisi. come fare civati, e altri personaggi così. finché trovano datori di lavoro. but not in my name. e da mo'. scusatemi, ma perché ci capisca qualcosa pure io, perfino io, domando a chi ne sa e ci capisce più di me: al congresso sel di riccione è successa quale di queste tre cose? 1. il congresso di sel ha dato indicazione ai propri militanti elettori simpatizzanti di votare sostenere contribuire a creare una lista unitaria della sinistra di alternativa, insieme a prc pdci societàcivile movimenti..., che appoggia la candidatura tsipras e i cui eletti confluiranno in gue? 2. il congresso di sel ha detto che il partito creerà una propria lista di sostegno a tsipras, al fianco dell'altra lista plurale di alternativa ma distinta, i cui eletti confluiranno in gue? 3. il congresso il congresso di sel ha detto che il partito creerà una propria lista di sostegno a tsipras, i cui eletti non confluiranno in gue bensì in pse o in altro gruppo parlamentare europeo da crearsi ad hoc? lo chiedo perché leggo di tante felicitazioni reciproche tra compagne e compagni anche del mio stesso spazio politico fluido e poroso, e però mi feliciterei anche io senz'altro se solo appurassi quale di queste tre cose sia davvero successa. e in specie se fosse capitata la n.1! in subordine la n.2. ma se è la 3, compagne e compagni, di che vi felicitate? io non ho alcun potere individuale né per favorire la formazione di una lista unitaria della sinistra alle europee, né per ostacolarla. ciononostante, quasi autisticamente, saranno mesi che praticamente non scrivo altro - su fb, sul mio blog, nei commenti ai testi altrui dappertutto - e non dico altro ai miei pazienti interlocutori in off-line, se non 'facciamo come syriza: coalizziamo la sinistra politica e sociale e civile anche in italia!'. e poi, da quando si profila la candidatura tsipras, non scrivo e non dico altro che 'facciamo nascere una lista plurale e coesa, per sostenere tsipras e portare il maggior contributo al gue, per un'altra europa!'. scrivo e parlo e faccio, da mesi in questo quasi-unico senso. ma non posso nulla. tranne sperare. poi però leggo - da chi ha infinitamente più potere di me sull'orientamento delle dinamiche politiche e sull'opinione pubblica - che nel bel mezzo di questo difficile percorso di costruzione, difficile ma che finalmente vede una buona concretezza sui contenuti (con l'appello spinelli&c, con le posizioni di prc e anche di pdci, col programma licenziato a madrid dalla sinistra europea), leggo da vendola che l'argomento del giorno diventa 'si sta con tsipras ma non si sta con il gue, cioè non si sta contro il pse'. il che oltre a essere un ossimoro in sé, oltre a essere in esplicito contrasto col programma di tsipras stesso, è oggettivamente il sasso perfetto infilato nel nostro paziente ingranaggio - poiché già assorbe da ieri, e oggi, e vedrete domani e dopo, la maggior parte del tempo e dell'energia disponibili per farla, la lista benedetta, invece per tentare di capire cosa volesse dire vendola: se è utile, se è dannoso, se fa stare insieme i pezzi, se fa saltare il tavolo. quindi - compagne e compagni, amiche e amici che da ieri invitate tutte e tutti all'unità e alla benevolenza - non sarebbe meglio rivolgere le giuste e accorate petizioni alla coesione e all'efficacia, anziché genericamente a tutte e tutti noialtr* povericristi che portiamo l'acqua alla causa con delle manine piccole piccole, a chi invece con una sola dichiarazione la causa la sta semplicemente sabotando? l'equidistanza è un disvalore - come la meritocrazia - quando i punti di partenza sono tanto sperequati. quando da una parte c'è chi crede alla causa con disinteresse personale cristallino, e dall'altra c'è non so che astrusa tattica - né ho tempo per scoprire quale. mi sbaglio? ripeto - chiedo a chi ne sa più di me di avere la bontà di spiegarmi come e quanto. pubblicamente. ventisette gennaio duemilaquattordici ISTANTANEE DAL NAUFRAGIO
ho la fortuna di frequentare - de visu o on line - il meglio della cittadinanza attiva di questo paese. il meglio politicamente parlando, militanti organici o semplici brave persone. (ed è tanto 'il meglio' che non so nemmeno perché io mi meriti di frequentarlo. davvero.) ma è da qui che misuri il disastro epocale dell'italia: questo è il meglio, pensa tutti gli altri! l'onda lunga del democidio - mica scherzi. mentre alcuni compagni continuano sul web un congresso finito un mese e mezzo fa, mentre altri compagni dichiarano che la prima trincea è contro quei compagni attaccati al posto, mentre altri compagni ancora dichiarano in splendida solitudine che il gran partito è rinato... ...compagni, malgrado noi tutti e la nostra spiccata intelligenza politica, a roma per esempio succede che centinaia di antagonisti auto-organizzati fanno scavalcare i tornelli della metro a cittadine e cittadini, bloccano la stazione, invadono vie e piazze, manifestano davanti ai palazzi del potere. l'italia è un paese ambidestro. bravi tutti, missione compiuta. amiche e amici della sinistra pd (per voi non è un ossimoro, e io uso l'espressione come fareste voi), la direzione del vostro partito ha approvato la relazione e la replica di renzi - cioè la sua proposta di riforma elettorale, cioè il suo idem sentire con berlusconi e le sue coorti - con la schiacciante maggioranza di favorevoli su pochi astenuti. e nessun contrario. nessuno. fate voi. e comunque il modo in cui fa pippa tutta la sedicente opposizione interna al centrosinistra, davanti alla rotta imposta dal grande timoniere bimbominkia, mi fa un'invidia... compagne e compagni, cazzari immaturi e indisciplinati che altro non siete (forse siamo): quelli, tutti, c'inculeranno sempre! e pure senza godere troppo. è chiedere troppo che tutta quella bella società civile sentinella della costituzione, tutta quell'intellettualità impegnata nella costruzione di una proposta per l'europa, tutti quei dirigenti e militanti delle piccole ma vocianti organizzazioni politiche di sinistra, tutti quei cittadini ordinariamente di centrosinistra ma adesso indignati per i noti fatti del nazareno, tutti quei movimenti resistenti all'omologazione neoliberista in italia, tutti quei lavoratori e quadri sindacali che non accettano il ruolo subalterno rispetto ai diktat del capitale, tutti quegli studenti e quei precari o disoccupati che conoscono i propri diritti e sanno come combattere per essi, tutte quelle zone di marginalità sociale che si auto-organizzano in giuste e legittime vertenze, tutti quei migranti o rifugiati in questo nostro paese impazzito che si orienta a macinarli o espellerli - è chiedere troppo che tutte e tutti costoro, tutti NOI, ci si dia un unico grande appuntamento a breve, a brevissimo, magari già SABATO 25, magari a ROMA, in PIAZZA DEL POPOLO, per manifestare visibilmente e univocamente il fatto che NON possiamo tollerare lo stupro delle regole basilari della democrazia e dello stato di diritto, dello spirito della storia patria e dell'altissima lezione dei padri costituenti, e della lettera stessa della recente sentenza della consulta, così come va configurandosi con la proposta di riforma elettorale di renzi e berlusconi & co? è chiedere troppo? a me sembra il minimo indispensabile! ma non posso certo farla da solo, questa chiamata. disponibile a tutto ciò (il poco) che posso per realizzarla - la mobilitazione. o voci ben più udibili di questa mia, CHIAMATECI ALLA PARTECIPAZIONE! ventun gennaio duemilaquattordici (90 anni fa moriva lenin, 93 anni fa nasceva il pci) TANTO REALISMO DA SOGNARE
"c'è profonda sintonia tra pd e fi su tre aspetti: riforma del titolo V, trasformazione del senato, riforma elettorale per un bipolarismo ancora più accentuato." renzi, dopo l'incontro con berlusconi. e come dicono quelli che ci capiscono di calcio, 'l'inerzia della partita ormai ha preso quella direzione'. cioè: a dispetto della buona fede e dell'energia 'resistente' di chi milita nell'area del centrosinistra - di governo (pd) o di opposizione (sel) - e di chi lo sostiene e di chi è semplicemente orientato in quel senso secondo i sondaggi, la guida della politica italiana è e resterà saldamente (e incomprensibilmente, per gli storici a venire - che però con l'italia saranno abituati) in mano a matteo renzi, quale terminale visibile e popolare di un complesso d'interessi fortissimi, che ne farà ciò che vuole. compreso un patto scellerato con chi - amiche e amici del centrosinistra - pensavate di aver visto finalmente sparire dalla scena pubblica nazionale, insozzata per una generazione intera. l'opposizione interna del pd (fassiniani, bersaniani, civatiani...) non può e non potrà nulla per invertire l'inerzia della partita. e a lungo. così come a lungo (quindici anni almeno) nessuno, interno al centrosinistra, poté cambiare i rapporti di forza politica inaugurati da quell'altra mossa di legittimazione dell'antistato che fu la bicamerale 'à la d'alema'. parlo quindi non ai militanti, tanto meno ai 'quadri' - non presumo di modificarne le scelte di accettazione perfino di tanto 'scandalo', dettate forse da qualcosa di diverso dalla semplice idealità -, ma a cittadine e cittadini semplici (come sono io) che finora hanno riconosciuto al centrosinistra sì tanti difetti ma almeno il ruolo di unico contraltare spendibile al grumo di potere berlusconiano (eversivo, massone, mafioso, e tutto quello che si sa da sempre), e che in virtù di questo ruolo hanno accettato di 'turarsi il naso' - semmai - ma votare centrosinistra in ogni occasione per non 'disperdere voti' dall'unica trincea apparente contro l'antistato, appunto. amiche e amici, ora siamo in un'altra fase della partita. la trincea non c'è più. l'intelligenza col nemico - come si dice - ormai è palese. anzi, di nemico non si può più neanche parlare! e a nulla - permettetemi - vale dire a se stessi di essere però, nell'area del centrosinistra, quelle e quelli che ci stanno 'per bersani, per civati, per prodi', o che ci stanno perché comunque sel fa opposizione in parlamento. l'inerzia della partita è un gorgo, ormai - bisogna prenderne atto. e qualunque posizione sedicente 'eccentrica' rispetto alla conduzione renziana della politica, delle riforme, delle scelte strategiche, non solo non produrrà alcuno spostamento 'a sinistra' della medesima, ma legittima quella conduzione col più banale (ma purtroppo efficace, in un popolo come il nostro - un pochino superficiale) dei 'paraventi': "sì, c'è renzi che si accorda con berlusconi, c'è letta che governa con alfano. ma c'è civati, c'è vendola - io sto con loro!" ci siamo diventati vecchi, amiche e amici, raccontandoci fole così. e intanto il paese - realissimamente - ci è stato sbriciolato sotto i nostri passi. sbriciolato al punto che è emerso - e ha acquisito un largo consenso, altra nota gustosa per gli storici futuri - come terzo polo, rispetto a questa finta alternativa tra centrosinistra e centrodestra, quel mostro puro e semplice che è il grillismo. amiche e amici della parte più nobile del centrosinistra - quella che porta con sé gli ideali di progresso civile e di giustizia sociale, quella consapevole della portata della crisi sistemica e dei rischi per la stessa tenuta democratica del paese, quella che conserva la lucidità di sentire che l'europa è ancora un'opportunità e non una pietra al collo (purché sia un'altra europa - beninteso) -, vi chiedo di avere tanto coraggio verso qualcosa di nuovo quanta rassegnazione avete avuto verso il vecchio. cosa volete difendere, ormai? cosa sperare dal vostro consueto 'recinto'? qualcosa di nuovo ('anzi di antico' - forse, ma non è male che lo sia in parte) si muove in europa e per l'europa: di convincente e di vincente addirittura, rispetto ai poteri che ci hanno scagliati nella crisi (e che muovono dietro le quinte anche gli accordi come quelli nascenti tra berlusconi e renzi). ma ci vuole che passi dallo stadio di una buona idea, di una buona pratica di mera testimonianza (sempre per gli studiosi che verranno, affinché scrivano 'qualcuno c'era in italia e in europa, che disse di no al caos - di sì alla visione. ma furono pochi.'), a quello di un movimento possente di opinione, capace di avere una voce all'altezza delle parole che sa e può dire e di incidere sulle scelte generali nelle ore decisive di un paese, di tanti paesi, di tutto un continente. senza di voi, amiche e amici del centrosinistra, che siete milioni e che forse non pensavate neanche più possibile qualcos'altro dallo scenario trito e ritrito che passa dai media ogni giorno e a tutte le ore (la 'triangolazione di fuoco': centrosinistra, centrodestra, cinquestelle), senza di voi che però a una chiamata chiara e puntuale come quella dei referendum del 2011 rispondeste splendidamente, senza di voi che io continuo nonostante tutto a pensare come 'la gente mia' - non ci sarà alcuna forza popolare in grado di contrapporsi a questa inerzia triste e congelata. io vi chiedo di guardare le cose con tanto realismo da sconfinare nella capacità di sognare - ancora. non è un paradosso. è la possibilità che abbiamo - forse l'unica - per una stagione concreta di lavoro, di giustizia, di democrazia e di pace. per il progresso, per l'equità, per il buon vivere. il meglio dell'italia per l'europa! la sinistra vera con alexis tsipras! amiche e amici, compagne e compagni - niente 'a scatola chiusa', niente passività: seguite la definizione dei programmi di questa nuova proposta, la formazione delle liste elettorali per il maggio, l'elaborazione della 'campagna', il consolidamento delle alleanze con le sinistre degli altri paesi... non siamo più spettatori, 'matrix' non ci confonda più! ora tocca a noi, tutte e tutti, in prima persona: HASTA SIEMPRE! diciotto gennaio duemilaquattordici ANGELUS
oggi a roma si svolgono incontri importanti: tra la delegazione di syriza - il partito di alexis tsipras -, il ('nuovo') vertice di rifondazione comunista, il gruppo firmatario dell'appello per la lista italiana pro-tsipras (spinelli, d'arcais...), e altri soggetti politici e civicopolitici interessati a questo processo decisivo (movimenti, associazioni, vertenzialità, intellettuali...). saranno incontri bilaterali, non si è riusciti ancora a mettere tutte e tutti intorno a uno stesso tavolo con un unico ordine del giorno. per tanti motivi, che chi segue la questione (anche solo dai miei richiami qui) conosce o capisce facilmente. ma è comunque un inizio concreto, finalmente - come in tante e tanti auspichiamo da mesi, e diciamo ai quattro venti -, per arrivare in tempo utile all'appuntamento con l'europa. diffidenze, distinguo, preferenze ideologiche, talvolta mere scorie personalistiche... oggi i partecipanti agli incontri dovranno fare i conti anche con cose così, purtroppo (non bastassero la difficoltà politica intrinseca e la potenza di fuoco oggettiva del sistema degli interessi consolidati: la troika in europa, le larghe intese in italia, il capitale finanziario transnazionale). allora io chiedo - sogno, quasi - 'soltanto' questo. che per un giorno intero, sulle teste e nei cuori delle donne e degli uomini che oggi si incontrano a roma, si scrutano, si conoscono e ragionano insieme - e anche di noi che semplicemente osserviamo e speriamo -, si muova una specie di angelo: l'angelo dell'intelligenza, della buona volontà, della generosità e della pazienza. quello che sedeva nelle riunioni dell'assemblea costituente italiana. quello che ha guidato la mano di chi scrisse il manifesto di ventotene. quello che teneva insieme con le proprie ali le barricate dei comunardi a parigi, finché poté. quello che ha fatto nascere sulle labbra di un umano, tanto tempo fa, la determinazione delle parole 'ciò non è giusto, ciò non deve più essere!'. quello che ci suggerisce di dire sempre, anziché 'tu non mi capisci', 'io voglio comprenderti'. per il lavoro, per la giustizia, per la democrazia, per la pace: cominciamo, adesso e bene. compagne e compagni, amiche e amici, donne e uomini - siamo con voi! quattordici gennaio duemilaquattordici FACCIAMO, SUL SERIO
c'è un modo sbagliato di andare contro l'europa sbagliata. anzi, molti modi diversi - sbagliati. e c'è un modo giusto. uno. questo. ______________________________________________________________________ [estratto dal Documento finale del IV Congresso del Partito della Sinistra Europea] L’austerità e l’autoritarismo sono gli strumenti di una strategia delle oligarchie europee per dominare i popoli. Mentre le banche sono state salvate, i dipendenti pubblici vengono sacrificati e la disoccupazione esplode. Mentre le tasse per le imprese e per le grandi fortune vengono sistematicamente ridotte, le tasse ingiuste ricadono sulle popolazioni. I salari si abbassano ma i profitti delle imprese aumentano e con essi la disuguaglianza. A causa della speculazione immobiliare, intere famiglie non hanno più un tetto sopra la testa. L’utilizzo non sostenibile delle risorse continua ad essere praticato, anche con modelli agricoli, di pesca e di allevamento intensivo e con la speculazione sui mercati agricoli, mentre i piccoli contadini e pescatori non hanno di che vivere e il cambiamento climatico minaccia l’umanità. Mentre gli atteggiamenti mentali progrediscono verso l’uguaglianza, vi è una recrudescenza dello sfruttamento, delle violenze e del traffico di donne. Accade lo stesso per tutte le forme di violenza rivolte agli orientamenti sessuali o alle identità di genere. Mentre crescono le aspirazioni a una maggior democrazia, aumentano gli attentati alle libertà e la repressione. E quando la pace sembrerebbe più necessaria che mai, i dirigenti europei scelgono la via dell’atlantismo, della Nato e degli interventi militari. Noi proponiamo una rottura e un altro progetto europeo basato sull’interesse dei popoli e il rispetto della loro sovranità, al fine di ridare un senso alla costruzione europea. Per noi non si tratta di aspettare il crollo dell’Unione europea, da cui potrebbero nascere mostri, nè di promuovere soluzioni nazionaliste mettendo i popoli gli uni contro gli altri. La sinistra europea che noi rappresentiamo è internazionalista e solidale. Si tratta di un’alternativa socialista, di una civiltà libera dal capitalismo, dallo sfruttamento, dall’oppressione e dalle violenze che ne conseguono. La nostra visione garantirà una ripartizione delle ricchezze in favore del lavoro, un modello di sviluppo avanzato tanto sul piano sociale che su quello ambientale, l’uguaglianza e i diritti democratici di tutti i cittadini e le cittadine europei/e. È in quest’ottica che noi ci battiamo per una rifondazione dell’Europa, cioè di una nuova definizione dei suoi obiettivi, delle sue politiche e delle sue strutture, un modello economico produttivo, sociale ed ecologico completamente differente, fondato sulla solidarietà, la giustizia sociale e le sovranità popolari. È il senso che diamo all’esistenza del Partito della Sinistra Europea (SE). La SE unisce delle forze anticapitaliste, comuniste, socialiste, ecologiste, femministe, ecosocialiste, repubblicane e altre democratiche, e apre allo sviluppo di proposte, di azioni e di spazi di confluenza. È il nostro marchio di fabbrica nell’ambito di un paesaggio politico europeo dominato dalle forze che promuovono il neoliberismo e agiscono al servizio degli interessi del gran capitale. Il nostro obiettivo è di rompere questo consenso attraverso la convergenza nell’azione di forze politiche variegate che esistono nei paesi europei, che lottano nella strada e nelle istituzioni, con una prospettiva anticapitalista. I principali responsabili della conversione dei debiti privati in debiti pubblici, di fronte al rifiuto delle loro scelte politiche da parte dei popoli, cercano a tutti i costi di impedire qualunque dibattito veritiero sulle alternative e di ridurre al silenzio i contestatori. È la ragione per la quale la Commissione europea ha rifiutato di registrare la proposta avanzata dalla SE nell’ambito dell’ “iniziativa cittadina europea”: “Creare una banca pubblica europea esclusivamente dedicata al finanziamento di investimenti orientati allo sviluppo sociale e alla transizione ecologica” in controtendenza ai mercati finanziari grazie a prestiti a tasso di interesse basso della BCE. Una proposta che avrebbe potuto essere un primo passo in un processo di intervento dei poteri pubblici nel settore finanziario. L’Europa ha una responsabilità che oltrepassa le sue frontiere. L’esistenza di cooperazioni regionali progressiste può essere strumento per la lotta globale. Così la battaglia attuale per la rifondazione della Ue è da mettere in relazione con la dimensione internazionalista del nostro combattimento. La SE intende mettere in opera le battaglie politiche e le cooperazioni necessarie all’emergere di un nuovo modello di sviluppo. I popoli non si rassegnano di fronte alla degradazione delle loro condizioni di vita. Siamo entrati in un nuovo ciclo internazionale di proteste nelle quali convergono le lotte delle diverse sfere sociali che rimettono in questione gli aggiustamenti strutturali e l’ordine neoliberista. Le esigenze dei lavoratori si uniscono alle esigenze di cambiamento profondo che vengono da quello che è stato chiamato il movimento degli “indignati”. La SE considera che la lotta economica e politica, che rimane centrale, è naturalmente legata alle lotte per la democrazia, la giustizia sociale, per le libertà individuali e collettive, per l’emancipazione delle donne, per una cultura al servizio di tutti e cerca di stabilire un fronte comune per una causa comune: quella della maggioranza sociale dell’Europa. Queste mobilitazioni popolari e la crescente coscienza della necessità di uno sviluppo rispettoso dell’essere umano e del pianeta si scontrano con le logiche capitaliste del “vecchio mondo”, e ai loro strumenti di predazione, di guerre, di dominazione. I cittadini, gli elettori possono cambiare opinione, ma solo se una sinistra alternativa – connessa con importanti mobilitazioni sociali, lotte dei lavoratori e degli scioperanti, i movimenti antifascisti e antirazzisti – esiste e cresce, affrontando così il consenso neoliberista e impedendo la crescita del fascismo. In quanto forze progressiste e antifasciste, il nostro obiettivo è di aiutare i popoli europei ad essere vittoriosi nella lotta di classe più intensa che attraversiamo dopo la crisi finanziaria del 1929 e la Seconda Guerra Mondiale. Ci consideriamo come uno strumento al servizio dei popoli impegnati nelle lotte contro l’ingiustizia e lo sfruttamento. Perseguiamo la nostra ambizione a costruire un fronte europeo, politico e sociale, contro l’austerità e per l’alternativa di sinistra. Sono stati intrapresi passi verso un coordinamento europeo delle lotte. Considerato il livello europeo come un livello essenziale della lotte di classe, l’articolazione delle lotte a livello locale, nazionale ed europeo è cruciale. Durante la crisi sono avvenuti cambiamenti in seno ai movimenti sociali. Si moltiplicano iniziative di coordinamento e di ricerca di posizioni e azioni comuni delle forze critiche in seno e tra i paesi della UE e dell’Europa. La sinistra in tutte le sue componenti sta superando i propri ostacoli storici e i suoi limiti per resistere all’offensiva del capitale e formulare un progetto comune per il futuro dell’Europa. Stiamo costruendo un nuovo tipo di alleanza che permette il lavoro e le azioni comuni rispettando le culture, gli spazi e il ruolo di ciascuno. I social-democratici, che partecipano a diciassette governi/maggioranze parlamentari in Europa, hanno sperimentato una riduzione progressiva dei loro risultati elettorali. Non rappresentano nessuna speranza, non hanno nessuna visione alternativa per le società e applicano l’agenda neoliberista nel continente. Sostengono il gran capitale e condividono con la destra la concezione neoliberista del mondo. I partiti membri della SE cercano con tutti i mezzi di cui dispongono, nei loro paesi e a livello europeo, di mettere in scacco le politiche di austerità, compreso prendere in considerazione, quando la questione di potere diventa una realtà concreta, la non applicazione delle politiche di austerità, il rifiuto di firmare un trattato o un accordo intergovernativo come il pareggio di bilancio, e la disobbedienza ai trattati europei e alle loro conseguenze, sulla base della democrazia e della sovranità popolare. Attraverso le sue pratiche e teorie, questa sinistra alternativa permette la convergenza e l’unione di forze politiche diverse. Nell’immediato, la sinistra europea promuove l’idea di organizzare una convenzione europea sui debiti pubblici, che proporrebbe l’abolizione di una gran parte di questi debiti insostenibili degli Stati sovra indebitati, una revisione delle scadenze e delle condizioni di rimborso con, per esempio, una “clausola di crescita”. Sempre nell’immediato, proponiamo di creare un’istituzione europea controllata e amministrata democraticamente con lo scopo di finanziare a bassi tassi, cioè a tasso zero, la spesa pubblica degli Stati membri e degli investimenti di impresa che sviluppino l’impiego, nel rispetto di criteri sociali ed ecologici precisi, con il contributo monetario della BEC (art. 123-2 del Trattato di Lisbona) e le ricette della Tobin tax. Ci battiamo per proibire i prodotti finanziari tossici, i paradisi fiscali e per l’abolizione di ogni piano di creazione delle “zone economiche speciali” sul suolo europeo. I ricchi devono pagare la crisi! - Produrre in Europa e produrre in un altro modo. Lanciare una dinamica di riappropriazione pubblica dei settori strategici, nuove cooperazioni e innovazioni industriali, per garantire l’impiego, con un alto livello di diritti per i salariati, l’uguaglianza donna/uomo di fronte al lavoro, e applicare la transizione ecologica per far coincidere i bisogni sociali con i limiti ecologici all’uso delle risorse naturali. - Difendere e sviluppare i servizi pubblici. Ci opponiamo alle privatizzazioni dei sistemi di sanità, di educazione e di tutti i servizi pubblici poiché aumentano ogni forma di discriminazione e le disuguaglianze. - Salari minimi in Europa devono permettere una remunerazione decente. Abbiamo bisogno di pensioni minime, anch’esse decenti e escludendo qualunque disuguaglianza di genere. Occorre ridurre i tempi del lavoro senza ridurre i salari o allungare l’età della pensione, armonizzare i salari e il livello di protezione sociale verso l’alto. - Agire per la transizione ecologica: promuovere azioni contro il cambiamento climatico, sviluppare le energie rinnovabili e applicare misure di risparmio energetico. Ogni passo verso il progresso sociale deve rispettare il nostro ecosistema. - Riequilibrare i poteri nelle istituzioni: il potere alle assemblee elette nazionali ed europee. Deve essere messo in atto un trasferimento dei poteri della Commissione verso i parlamenti nazionali ed europei. Il ruolo della Commissione deve essere limitato a delle responsabilità esecutive. - Sviluppare l’intervento popolare e la democrazia partecipativa nelle istituzioni e nelle imprese includendo i referendum, i budget partecipativi. Sostenere la democrazia di genere attraverso differenti azioni e disposizioni come le quote, per avere una rappresentazione realmente ugualitaria tra uomini e donne. - Smantellamento della Nato, promozione del disarmo e delle attività anti belliche, eliminazione delle basi militari straniere sul territorio della UE. La SE si oppone fermamente alla guerra e al militarismo. Cento anni dopo la prima guerra mondiale imperialista, consideriamo come un dovere impegnarci nella lotta per la giustizia globale e il disarmo. - Nuovi rapporti economici e commerciali con il resto del mondo: la sicurezza si costruisce attraverso lo sviluppo. - Difesa dei valori di solidarietà, giustizia e uguaglianza con un’attenzione speciale alle violenze fatte alle donne durante le guerre e le occupazioni militari. - Abolizione degli accordi di Shengen e del piano Frontex. - Rifiutare il Grande Mercato transatlantico. Queste, in sintesi, le nostre proposte. Questo il programma elettorale dei Partiti della Sinistra Europea per l'appuntamento di maggio 2014. ______________________________________________________________________ oh! e mi scuserete la pippa torrenziale di contenuti che ho trascritto qui dal documento congressuale della sinistra europea, votato a madrid a dicembre insieme alla candidatura tsipras alla presidenza della commissione europea. http://www2.rifondazione.it/primapagina/?p=10004 ma è che sto davvero soffocando di provinciale ombelichismo a leggere e sentire tutti quelli che in italia, invece di parlare di cosa vogliamo, si stanno spellando le dita e la gola su quelli che ci dovrebbero oppure no stare vicini, e vicini ad alexis tsipras, fino alle elezioni di maggio e pure dopo. non se ne può più! QUESTO che ho estratto qui sopra, è QUELLO che pensiamo e vogliamo - noi europei di sinistra. e per decidere chi ci sta e chi no affianco, e affianco a tsipras, basterà vedere chi PENSA e VUOLE oppure no le STESSE cose! fine. semplice. ieri la grecia ha assunto formalmente la presidenza dell'unione europea. tra quattro mesi e mezzo un greco, un compagno, assumerà formalmente la carica di presidente della commissione europea. DAJE!!! nove gennaio duemilaquattordici RADIOTELEVISIONEITALIANA
oggi sono sessant'anni esatti che gli italiani guardano la televisione. il che vuol dire che per trovare un italiano sano di mente devi cercarlo tra gli ultraottantenni che si siano formati nella giovinezza i propri strumenti cognitivi e di relazione, e che dopo abbiano resistito al processo del loro smantellamento inaugurato con le prime trasmissioni catodiche. i quali vegliardi, però, sarebbero poi gli stessi che il regime fascista programmò di irreggimentare bambini e ragazzi nel conformismo pacchiano e brutale. ciò che rende praticamente un miracolo incontrare un italiano con una tempra morale e intellettuale tanto solida da esser sopravvissuta a entrambi i fenomeni di liquidazione di massa dello spirito individuale e sociale! parlo di popolo italiano, beninteso: dei milioni, delle decine di milioni. non della ristretta élite autoconservativa, che né il fascismo né la televisione ha subito bensì ha utilizzato (utilizza), entrambi, per orientare l'opinione e dominare il consenso dei milioni, appunto - delle decine di milioni. gli italiani dell'élite sono sì sani di mente. solo che non sono italiani - sotto un certo rispetto. e dunque i membri del popolo, in senso proprio, con quella tempra morale e intellettuale tanto solida da, credo alla fine siano gli emarginati. i vecchi nei cartoni sotto i portici. i 'matti'. l'italia che conosco, storica e presente, non so spiegarmela altrimenti. tre gennaio duemilaquattordici ANNO NUOVO, SECOLO VECCHIO
bene. è cominciato. è cominciato l'anno nuovo. è appena cominciato l'anno nuovo, centenario dell'anno in cui è cominciato il vecchio secolo. che non è finito ancora. 2014, 1914. 28 giugno 1914, domenica. ricordate? a sarajevo l'arciduca asburgico francesco ferdinando d'este, erede al trono imperiale austroungarico, e sua moglie contessa sofia chotek von chotkowa, vengono uccisi a pistolettate dal diciannovenne tubercolotico ultranazionalista bosniaco gavrilo princip. di lì a un mese esatto l'austria-ungheria dichiara guerra alla serbia. scoppia la prima guerra mondiale. la grande guerra. e con un piccolo sfasamento sul computo astronomico, il XX secolo inizia. il secolo globale. il secolo delle masse. il secolo dei sistemi complessi. il secolo delle rese dei conti. questo secolo. che non è finito nel 1989, come pensava fukuyama. che non è finito nel 1991, come - con competenza e onestà immensamente maggiori - ha scritto hobsbawn. questo secolo che non è finito ancora. questo secolo vecchio. di cui nell'anno nuovo appena cominciato rintocca il centenario. com'è quest'anno? com'è nel mondo? è così, il 2014 - nel mondo. è un anno ricco. perché dal 2000 a oggi la ricchezza mondiale è più che raddoppiata, raggiungendo il nuovo record di 241.000 miliardi di dollari di patrimonio reale complessivo. però il 46% di questo immenso patrimonio lo detiene il solo 1% dei nuclei familiari, di tutte le famiglie umane - papà mamma figlioli, e variazioni sul tema - presenti sulla terra. quindi è un anno strano. e quanto, lo è! è un anno in cui, per esempio, in ventidue paesi dell'unione europea esaminati allo scopo - in europa, nel mondo storicamente ricco - negli ultimi quattro anni è aumentato del 75% il numero di persone la cui sopravvivenza dipende dalle distribuzioni alimentari filantropiche. e, per esempio, nella germania pilota d'europa i contratti di lavoro salariato stipulati dal 2008 in avanti, per più della metà sono precari, a breve termine, privi di controprestazioni di sicurezza sociale. in germania, locomotiva continentale, 1.3 milioni di lavoratori non possono provvedere ai propri bisogni (lavoratori, non disoccupati o pensionati), 5.5 milioni di cittadini sono diventati poveri di fresco, la maggioritaria classe media - fattore di stabilità politica e istituzionale - ha perso 1/9 della propria consistenza. in germania, e questo vale per tanta gente - sempre di più -, o si mangia o si paga l'affitto. nel cuore ricco dell'europa. nel cuore d'europa. nel continente in cui ha pulsato il primo battito della grande guerra cento anni fa esatti. e poi ancora venticinque anni dopo, per la seconda carneficina mondiale tra uomini in divisa. il primo battito, e il secondo. applauditi entrambi dalle masse, governate dai conoscitori dei sistemi complessi. masse afflitte da povertà e disoccupazione, e scientemente deprivate di strumenti idonei alla coscienza di sé e del fenomeno storico che esse inaugurano e incarnano. solo i socialisti conseguenti e poi i comunisti, vi si opposero. alla prima guerra. nel 2014, in cinque paesi europei la disoccupazione giovanile supera ampiamente il 50%: in macedonia, in bosnia, in serbia, in grecia, in spagna. nell'italia meridionale ormai lo sfiora. ed è raddoppiata in croazia, in cechia, in polonia, in estonia, lettonia e lituania. dice la croce rossa: "le conseguenze a lungo termine di questa crisi non si conoscono ancora. ci chiediamo se, come continente, comprendiamo veramente a cosa andiamo incontro. non solo sempre più persone cadono nella povertà, ma i poveri sono sempre più poveri, e sembra che il divario tra i più ricchi e i più poveri sia sempre in crescita." che la società intera degli uomini, l'epistème, non sia il regno della giustizia lo si sa da tanto tempo. chi vuole interrogarsi su qualcosa di profondo e reale, da sempre, su questo s'interroga. e per chi non si accontenta del fatalismo, la risposta non può che arrivare presto o tardi a delineare una palingenesi radicale, un'idea di rivoluzione. ma l'idea non basta. sul finire del secolo XIX - quello prima di questo che dura ancora oggi 2014, quello che va dal 1789 al 1914 (lungo 125 anni, in barba ai giri del sole) - le cose cambiano, e l’idea rivoluzionaria si diffonde come la fiamma sulla paglia: il privilegio minoritario che l'ingiustizia consente, teme davvero. ed è la prima volta da sempre - un trauma. in occidente, milioni di lavoratori e di cittadini si auto-organizzano nei sindacati e nei partiti socialisti. a migliaia aderiscono ai movimenti anarchici o comunque anticapitalisti. l’impero russo diventa il primo esperimento (dopo il lampo della comune di parigi) di autogestione dello stato da parte del proletariato. novembre 1917. poi, su questo esempio, e sulla contraddizione - diciamo pure il tradimento - di quanti tra i socialisti europei appoggiarono la follia nazionalista e imperialista della grande guerra, nascono e si diffondono ovunque i partiti comunisti veri e propri. le grandi nazioni sentono allora il fuoco della rivoluzione a un passo dai confini, e perfino sotto i piedi, con le occupazioni di fabbriche e terre e con la rivolta sociale che sembra poter riuscire. e il capitalismo, che si è già disteso su tutto il pianeta - divorandolo - e non può certo nutrirsi attaccando la luna, vive realmente un’ora buia come mai prima: la massa indistinta, la cui soggezione millenaria ha consentito l’edificazione del palazzo sui cui terrazzi una minoranza vive da allora nel sole, dice adesso con voce di gigante: "questo non è giusto, e questo non sarà più!" ma arriva la guerra delle potenze, a spezzare quella voce. due volte in trent'anni. nel 2014 entriamo accompagnati dall'aumento del tasso di suicidi in molti paesi europei. del 40% in grecia, per esempio, e di più del doppio tra le donne greche. in russia - immensamente estranea ormai a quel lontano esperimento - i miliardari in dollari sono appena centodieci, però detengono il 35% dell'intera ricchezza nazionale. la cina entra nel 2014 abolendo la legge che impone il figlio unico, con un pil dell'8% e una propensione al consumo di risorse e alla creazione di rifiuti che - data la crescita economica e demografica - farà impallidire il ricordo dell'invadenza statunitense sulle dinamiche mondiali, materiali e simboliche, protagonista della parte centrale del XX secolo. al momento la disuguaglianza delle ricchezze in cina è relativamente debole. la sua classe media si distingue da quella indiana schiacciata, questa, da un numero enorme di ultrapoveri e uno non indifferente di ultraricchi. dice il crédit suisse: "ciò è dovuto all’assenza quasi totale, in cina, di patrimoni ereditati e a una divisione relativamente uguale tra terre agricole e habitat privato. le disuguaglianze sono però in forte crescita, a causa dell’arricchimento di imprenditori e investitori." i problemi sono dietro l'angolo. l'africa entra nel 2014 povera come sempre. il 30% degli africani si stipa tutto nel decimo più misero dell'intera popolazione mondiale. dall'america latina segnali di socialismo. e pure qualcosa in più! prendere nota e tenere a mente per l'eventuale espatrio volontario e definitivo, senza rimpianti. il XX secolo, dalla grande guerra in avanti - dalla fine di quell'ecatombe il cui centenario scocca ormai a pochi mesi da oggi -, non è che la reazione alla fiamma etica della rivoluzione per la giustizia tra gli umani. fascismo, nazismo, guerra fredda, conformismo, riflusso, società dello spettacolo, austerity. e questo secolo non è finito ancora. anche se proprio da stamattina scriviamo 2014 in fondo alle date. l'ingiustizia sociale è estrema, la depressione individuale e di gruppo è acuta, in europa la sfiducia nelle mediazioni politiche e istituzionali dei conflitti in un quadro almeno formalmente democratico, è massima. la presenza di clan e di personaggi pronti all'avventurismo autoritario è accertata. la pervasività dei mezzi di comunicazione di massa, idonei a far applaudire i milioni e le decine di milioni di afflitti da povertà e disoccupazione, scientemente deprivati della coscienza di sé e di classe - è un dato di assoluta realtà. farli applaudire, beninteso, anche alla propria rovina. socialisti conseguenti e comunisti - ossia pacifisti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolvere la crisi con le armi tra potenze, e al contempo resistenti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolvere la crisi con la dittatura dei governi sui popoli - ebbene ci sono anche quelli, per fortuna, ma non organizzati come occorrerebbe. e in italia, comunque, sono - siamo - pochini. è cominciato l'anno nuovo. volevo dir solo questo. l'anno nuovo, centounesimo di un vecchio secolo. e i problemi del secolo stanno ancora tutti qui, perché sono le contraddizioni intrinseche del capitalismo a starci ancora sulla testa e in mezzo ai piedi. moltiplicate per l'interconnessione globale, per di più. e noi - donne e uomini di buona volontà e retto pensiero - dovremo essere quest'anno ancora più vigili e attivi affinché nessuno possa realizzare la follia di un anniversario storico, quello dell'attentato di sarajevo di cent'anni fa, con un'altra miccia esplosiva contro la vita e contro la libertà. cittadine, cittadini, lavoratrici e lavoratori, compagne e compagni, sorelle, fratelli di tutti i paesi, noi che abbiamo tutte e tutti limpido il valore della vita, del retaggio del tempo trascorso, della responsabilità verso quello a venire - ecco, volevo dir questo: che ciò non sia solo ‘museo’. tanto meno, bottino di guerra. e il momento di dimostrarlo – se mai se ne desse uno – è arrivato. la crisi ci ferirà ancora, il potere proverà ancora a dividerci, la stanchezza si farà sentire, la paura e la rabbia ci mal consiglieranno. ma noi entriamo nel 2014 con la chiarezza e la forza di quattro parole, che la storia di classe e la storia dell'umanità intera ci consegnano in modo esemplare. teniamole sempre con noi e misuriamo con esse le idee che circoleranno intorno a noi e quelle che in noi sorgeranno quest'anno. le parole sono: lavoro, giustizia, democrazia, pace. inderogabili, non voltiamo loro le spalle - la nostra teoria e le nostre prassi siano salde su questi quattro pilastri. e allora la reazione secolare non avanzerà. ma, invece, noi contrattaccheremo! volevo dire questo. l'ho detto. buon anno nuovo! buon resto di secolo! [dati da http://rue89.nouvelobs.com/] primo gennaio duemilaquattordici ULTIME ORE A POMPEI
non è il solito agghiacciante sondaggio sulle intenzioni di voto - quello che dà, su cinque elettori: uno a renzi, uno a berlusconi, uno a grillo e due che non sanno o non votano. (vomitevole ve'? be', guardatevi intorno... e schiaffeggiate passanti a casaccio: bassissima probabilità di colpire un innocente!) no, questo è perfino peggio. dice che... dice che il 70% degli italiani si fida delle forze armate, e il 7% del parlamento. un rapporto 10 a 1 che manco il centrafrica di bokassa. che in tre anni è scesa di 1/6 la quota degli italiani che vogliono più sanità pubblica, e che funzioni, e di 1/3 la quota di chi vuole più scuola pubblica, e che funzioni. diamo tutto ai privati: bravi. che in otto anni, dal 2005 al 2013, l'indice di fiducia in generale verso le istituzioni (comune, regione, unione europea, stato, quirinale, parlamento, partiti) è crollato dal 41% al 25%. cioè, chi volesse abolire l'intero stato di diritto costituzionale troverebbe adesso tre sostenitori e un solo avversario. che negli stessi otto anni, è crollata dal 54% al 30% la quota di chi chiede al potere pubblico più servizi, mentre è salita dal 46% al 70% quella di chi chiede solo di non pagare le tasse. ma sì, estinguiamoci come repubblica proprio - come società. e che in cinque anni, dal 2008 al 2013, è cresciuta di 1/6 la quota degli italiani che ammettono che in certe circostanze, alla convivenza regolata da principi democratici sia da preferirsi un regime schiettamente autoritario. questa è l'italia. così l'ha ridotta chi ha il controllo del comune sentire, attraverso i mezzi del potere materiale (quello di non risolvere i problemi della gente) e del culturale e del simbolico (il potere di creare ad arte i capri espiatori dei problemi non risolti, anzi peggiorati). la storia accuserà i responsabili di tutto ciò, di democidio. e aggettiverà il popolo italiano alternativamente come vittima, carnefice di se stesso, e semplice stronzo collettivo. ancora tre numeri. la povertà aumenta, è al record degli ultimi ventisei anni: il 12.7% delle famiglie italiane è in seria difficoltà. e negli ultimi cinque anni i giovani disoccupati sono cresciuti del 14%. però la borsa chiude il 2013 con un bel +16%. con questi pensieri, con questi dati, voglio lasciare quest'altro anno perso. stasera ci saranno i discorsi ufficiali in tv e i controdiscorsi controufficiali sul web o non so dove - ma gli uni e gli altri, tutti, non faranno che rinforzare esattamente il quadro che ho tratteggiato. perché questo è il loro specifico obiettivo, al netto delle differenze di facciata del tutto strumentali. ora esco da qui, schiaffeggio un po' di gente e mi preparo per un 2014 che mi dà pochissime speranze. scusatemi. trentun dicembre duemilatredici FUORI DAI DENTI
rientrati oggi dopo una ventina d'anni un po' di volumetti del tenore di 'lineamenti di storia del pcus' di ponomariov, 'il mondo di berlinguer' di rubbi, 'le origini del socialismo' di lichtheim, 'nascita e avvento del fascismo' (I e II) di tasca, 'cultura e rivoluzione' di lukàcs, 'marxismo e teoria della scienza' di barletta, 'teorie sull'imperialismo' di monteleone... radici, strumenti di primo soccorso. “I Democratici hanno portato il liberalismo storico a qualcosa di simile al suo punto finale. Ora abbiamo bisogno di alternative. Dovremmo chiamare queste alternative socialiste? Nel momento in cui la destra considera ogni misura di sicurezza pubblica, la protezione delle forniture d’acqua, persino l’esistenza della previdenza sociale e delle scuole pubbliche, come manifestazioni del demoniaco socialismo, forse la parola e l’idea più grande possono essere recuperate.” paul buhle, storico. usa, maggio 2011. ma se sostituite a 'democratici', 'centrosinistra, largheintese, centrodestra', e attualizzate dal maggio 2011 in usa a oggi in italia e in europa, il succo non cambia affatto: "la parola e l’idea più grande -'socialismo' - possono essere recuperate"! guardate la faccia come il culo di confindustria, che vorrebbe chiudere 40.000 imprese partecipate dall'amministrazione pubblica! anzi, le vorrebbe 'cedute': svendute all'investitore privato, al padroncino o padroncione. con la scusa che 'costano' miliardi ed 'elargiscono' lavoro. come se esistesse una sola azienda - pubblica o privata - che non ha voci spese ('costano') e non impiega forza lavoro ('elargiscono')! e se poi la scusa è che queste imprese pubbliche non sono abbastanza efficienti, ma vogliamo ricordarci della merda al collo che si ritrovano tutti i capitalisti privati - grandi, medi e piccoli, produttori e distributori, beni e servizi - che non ci affogano del tutto solo grazie ai miliardi e miliardi di euro pubblici che dall'europa sono passati all'italia, e dall'italia alla finanza privata e da questa ai bilanci delle società? ma non ci far ridere, confindustria inetta e ladra! la crisi del capitalismo italiano e internazionale è la pagella della vostra somma incapacità di imprenditori privati - vostra, e del ceto politico che vi consente di campare a spese nostre, dei lavoratori, dei precari, dei pensionati, dei cittadini qualsiasi. be', è finita! la proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci e dei servizi, tenetevela pure. ma con le vostre sole forze di privati, signorini, e solo finché ci riuscite - sennò fallite e vaffanculo! che postaccio che avete creato, nei decenni, per farvici vivere coglioni e contenti. eh, ma nemmeno voi potete mettervi di traverso alla storia! essa lavora. poi passeremo col monnezzaro, per raccogliere i vostri resti e toglierli di mezzo. odio il fascismo, odio il razzismo, odio il sessismo, odio il maschilismo, odio il militarismo, odio l'imperialismo, odio il capitalismo, odio il conformismo, odio il fondamentalismo, odio il fideismo, odio il clericalismo, odio il nazionalismo, odio il populismo, odio il teppismo, odio l'idiotismo, odio il fancazzismo, odio l'egoismo. per l'amore ripassare in un altro anniversario. gelindo antenore aldo ferdinando agostino ovidio ettore. genoeffa e alcide. i miei nonni furono adolescenti nel primo decennio del secolo scorso. e i loro nonni lo furono molti anni prima dell'illuminazione elettrica. così, con due soli turni di nonni, siamo già alle spalle di qualunque cosa somigli lontanamente alla vita come la conosciamo in occidente - e ormai in tutto il mondo. siamo cioè ampiamente nella storia passata, quella che è durata secoli. lontani, e lontanissimi. eppure - come si vede dal mio piccolo esperimento - essa è così vicina che avremmo potuto conoscerla per via di testimonianza diretta, o quasi. oltre che dalle narrazioni documentali degli studiosi. la storia. la storia non siamo noi - anche se quella è una canzone bellissima. la storia siamo anche - noi. noi siamo l'orecchio che la riceve, l'occhio che ne indovina il dopo, la mano che lo plasma, il passo che vi cammina, e la voce che la racconterà a un orecchio che deve ancora nascere. la storia siamo anche - noi. il che non è mica più facile. specie per come ci hanno ridotti. e oggi, su un muro di roma: SOCIALISMO E LIBIDINE oh, forse je l'amo fatta a imbrocca' la campagna giusta. daje, costanti e conseguenti! serio, e chiudo. tra cinque mesi esatti votiamo in europa. vi siete decisi o no a farla, questa lista? centocinquanta giorni. non sono un cazzo, non so se è chiaro! vedete di decidervi, e chiamatemi per attaccare i manifesti e dare i volantini. ventotto dicembre duemilatredici PER ESEMPIO
la leggenda vuole che oggi sia nato un grand'uomo. e della leggenda io prendo la grandezza, appunto: la rara potenza dell'esempio. lasciando ad altre sensibilità e tradizioni la questione della genealogia del simbolo e dell'umano. perché vedete, credo sia un lusso che noi non possiamo permetterci quello di rinunciare a priori a un esempio tanto luminoso e radicato: così pochi sono i suoi consimili, più o meno leggendari e più o meno storici - da buddha a gandhi, da socrate a spinoza, da francesco d'assisi a gramsci... e se l'elenco rischia d'esser monogenere, è solo perché il diritto d'autore della storia (e delle storie) è appannaggio da millenni ai maschi che la (e le) scrivono, che solo da un'alba il buon diritto della donna a firmare i propri testi e atti è anche soltanto materia di lotta e di conquista. ma questa è un'altra faccenda. oggi è nato un grand'uomo, un uomo grande - al netto appunto della veridicità, e dell'uomo e dell'anagrafe. ma vero e sacrosanto è il dovere nostro, di tutte e tutti, di capirne il simbolo e l'esempio. e sacrosanto e vero il piacere - perché la rettitudine e l'umanità sono piaceri in sé (che altrimenti rientriamo nello scambio di favori così poco cristiano, così troppo cattolico - ossia pagano) -, il piacere di una possibile, pur fragile e distante, emulazione. buon compleanno gesù di nazareth! buon natale a tutte e tutti. venticinque dicembre duemilatredici CARO BABBO NATALE
caro Babbo Natale, non ti chiedo niente per me. ma non per generosità o modestia, al contrario! perché se sono qui a domandarti qualcosa per milioni di donne e uomini che vivono intorno a me, è esattamente per il mio personale bene che te lo chiedo. infatti, io starò bene - la qualità della mia vita sarà buona, e così quella delle persone che amo - solo se tu porterai in dono a questo paese le condizioni concrete perché ci siano equità sociale, democrazia sostanziale, progresso civile e benessere sostenibile. ed è ovvio, no Babbo? senza queste cose sarà il peggioramento della crisi, sarà l'incattivimento della gente, sarà la propagazione del caos, sarà l'instaurazione dell'autoritarismo. e insomma, per me sarà un pessimo 2014. quindi, egoisticamente: non portarmi niente, Babbo Natale - pensa all'italia! consiglio, Babbo - se posso. in italia siamo tante e tanti, e forse nemmeno tu hai così tanti regali da dare a ciascuno quello che serve per costruire equità sociale, democrazia sostanziale, progresso civile e benessere sostenibile. e poi c'è tutto il resto del mondo a cui pensare! ...allora riflettendoci bene, ecco la mia richiesta riformulata e definitiva. caro Babbo Natale, porta a duecento tra donne e uomini di questo paese la scatola di montaggio e le istruzioni per l'uso di una cosa che potrei chiamare 'Sinistra Affermativa' - così ci capiamo - e dàgli la forza, la costanza e il coraggio di costruirla e farla funzionare presto e bene nell'anno nuovo. ma che siano tutte e duecento persone speciali: intelligenti, preparate, influenti e buone! scegli tu quali, tu che conosci il fuori e il dentro di tutti quanti. e se almeno un centinaio di loro accetteranno il regalo - se avranno la voglia di giocare col tuo dono (perché la voglia, lo so, è l'unica cosa che non puoi regalarci: quella dipende da ciascuno di noi) - allora un po' alla volta il resto verrà da sé: le condizioni concrete per equità e democrazia, progresso e benessere, e la buona qualità della vita mia e di chi amo. io capirò al volo, e darò una mano col poco che posso - però tutto, senza riserve! questa è la mia letterina per te, caro Babbo Natale. saluta per me tutti i bambini del mondo! e abbracciami forte tutti quelli che soffrono, chi sta da solo, chi sta per andarsene. ventiquattro dicembre duemilatredici SE QUESTI SONO UOMINI
hanno modellato la parte metallica di un accendino per fare l'ago. poi hanno usato il filo preso da una coperta di fortuna. e si sono cuciti le bocche. otto africani, quattro marocchini e quattro tunisini - otto uomini come me. al centro di accoglienza immigrati di ponte galeria, a roma. mentre il vicepresidente del consiglio e ministro dell'interno narra alla camera delle torture fisiche e morali del centro di lampedusa. ma di che cosa stiamo parlando? le anime belle in parlamento e nei consigli comunali - come al campidoglio - dicono, nei ritagli di tempo, di rivedere la bossi-fini. di rivederla. come un vecchio amico. quelle brutte sono anche di più. e nemmeno parlano - stanno agendo, da anni, per far diventare sempre più brutti tutti quanti. la sorte gli arride. considerate questo. nel mercato unico mondiale, grande conquista della contemporaneità, indiscusso come un dogma, i soldi devono girare, e quel che deve succedere succederà. "è la globalizzazione, bellezza!" e invece, quando parliamo di esseri umani che si spostano - a loro prepariamo l'inferno. i muri armati, come quelli tra messico e stati uniti o a gaza. i respingimenti coatti, come quelli nel mediterraneo. gli arresti preventivi nei luoghi di partenza, operati da polizie orrende pagate sopra e sottobanco dai governi dei paesi di arrivo, che non vogliono problemi. i lager puri e semplici. e tutto questo con la scandalosamente ipocrita motivazione che "il flusso delle persone non può essere lasciato a se stesso, va razionalizzato, va ingegnerizzato, bisogna creare i campi di identificazione, bisogna che non si superino i tassi di occupabilità, bisogna esser sicuri che non ci tiriamo in casa gentaglia..." bastardi sepolcri imbiancati! che mille azioni scambiate al secondo tra qui e l'altro emisfero determinino la chiusura di una filiera industriale in questo paese, con la messa sul lastrico di centinaia di migliaia di famiglie, su questo non dite una parola perché il libero mercato è così! ma che entri nel vostro quartiere a cercare lavoro un ragazzo del sud del mondo, e che la concorrenza per un salario (povero e precario - a causa proprio della vostra globalizzazione) tra lui e uno nato qui sia un rischio per tutti - questo, ipocriti, lo denunciate subito all'opinione pubblica come spauracchio per alzare i vostri muri! ora, dinanzi a tutto questo, io non mi accontenterò più di mezze misure. io dico: abrogare tutto, chiudere tutti i lager e giù ogni barriera! tendiamo le mani verso chiunque da qualunque provenienza! ogni essere umano cammini libero su tutto il pianeta! e quel che deve succedere succederà. se a qualcuno ciò sembrasse troppo radicale, ingestibile, irreale, risponderò solo: "è l'umanità, bellezza!" chi vi prospetta meno di così o altro da questo - fosse pure un prete, un nero o un compagno - è un buffone nella migliore delle ipotesi, nella peggiore un razzista. considerate questo. voi che vivete sicuri / nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici: la famiglia umana è una soltanto. tutta intera! e ogni decisione - di più: ogni emozione perfino - deve discendere da questo assunto. o vi si sfaccia la casa, / la malattia vi impedisca, / i vostri nati torcano il viso da voi. ventidue dicembre duemilatredici CAMPAGNA ELETTORALE LUNGA
e ecco qua! napolitano ha messo il cappello pure sulle elezioni europee di maggio 2014. dice che si sceglierà tra rigore e crescita. tradotto, dice che si sceglierà (solo) tra le liste nazionali che in europa entrano nel ppe (leggi: merkel) del rigore, e le liste nazionali che in europa entrano nel pse (leggi: hollande) della crescita. e questa è contemporaneamente una mezza (appena) verità e una menzogna intera: cioè, detta dal capo dello stato, è un'infamia. una mezza verità perché napolitano pretende di inscatolare anche a livello europeo il monopensiero dominante in italia, per cui si può scegliere solo tra la moderazione di centrodestra (cioè i berluscones e i postberluscones nostrani) e la moderazione di centrosinistra (cioè il pd , le sue correnti interne e i suoi alleatucci esterni). quando invece, in un sistema elettorale vivaddìo proporzionale, non schifosamente maggioritario com'è il nostro da vent'anni, in europa non esiste il fetido voto utile, ma ogni voto vale se stesso e le idee e le speranze di chi le esprime! e una menzogna intera perché napolitano spaccia dall'autorevolezza del suo ruolo la fandonia per cui ppe e pse rappresentano due concezioni e due politiche diverse dal punto di vista del modello sociale. quando invece per esempio la merkel, popolare, e la lagarde, socialista, portano avanti di comune accordo lo stesso progetto di distruzione dei diritti e dell'equità! quando invece in tantissimi paesi d'europa i diktat della troika vengono applicati da maggioranze di governo che tengono insieme centrodestra e centrosinistra! altro che 'o rigore o crescita': il dualismo ppe/pse, cioè centrodestra/centrosinistra, rappresenta e rappresenterebbe sempre e comunque la conferma del rigore senza equità, della crescita dei grandi patrimoni privati, della svendita degli asset pubblici, dello stupro del territorio, della ghettizzazione del dissenso, della liquidazione della democrazia sostanziale! a napolita'. ma questa sua entrata a gamba tesa la dice lunga, primo su quello che dovremo sopportar di sentire per mesi fino al voto europeo perfino dalle massime istanze di garanzia democratica nel nostro paese, e secondo su quanto conta e conterà quel voto rispetto al quale dovremo tutte e tutti essere ben informati sulle proposte in campo, sulla fiducia da accordare alle liste e ai programmi, sulle campagne di mobilitazione in cui impegnarci! non c'è da scegliere tra rigore e crescita. che cazzata! c'è da scegliere tra europa - la buona europa, dei diritti e del lavoro, dei popoli e dell'ambiente - e il caos della lotta di classe dall'alto che ci ha già scagliati nel pozzo della crisi, e che ora pretende pure di sedurre gli scontenti con le false chimere dell'antieuropeismo e del populismo e con la solita merda dei fascismi locali e del razzismo verso gli extraeuropei. napolitano, con noi non attacca. qui non passate - cari pd e centrodestra, sel e forzaitalia, fratelliditalia e sceltacivica, lega e radicali, destra e 5stelle, e tutto il vostro circo mediatico h24! noi stiamo con alexis tsipras candidato presidente della commissione, stiamo con le liste nazionali della sinistra europea, con syriza, col front de gauche, con izquierda unida, con linke, con la coligaçao, coi rossoverdi scandinavi, stiamo con la disobbedienza ai trattati e l'abolizione di tutti i respingimenti e tutti i lager, con la smilitarizzazione e con la piena occupazione, con la scuola pubblica e gratuita e con l'assistenza e la previdenza garantite, con la patrimoniale e le imposte progressive, con la salvaguardia del territorio e la valorizzazione ambientale, con la ricerca e i saperi, la cultura e l'internazionalismo, con la socialità e con la sobrietà, con le pratiche di autogoverno e le verifiche di democrazia sostanziale, con le ripubblicizzazioni senza se e senza ma, stiamo con l'orizzonte per tutte e tutti antineoliberista, anticapitalista, altermondista, antagonista, benecomunardo, solidarista e comunista, stiamo facendo una lista di sinistra davvero, per l'italia in europa! diciannove dicembre duemilatredici BERGOGLIO, TSIPRAS E UBALDO RIGHETTI
ubaldo righetti magari avrebbe voluto crescere ancora un po', avere più partite e più esperienza nelle gambe, essere più sicuro di sé e dell'affetto della gente giallorossa, magari avrebbe preferito che quella cavolo di partita con quei cavolo di tempi supplementari con quei cavolo di calci di rigore con quella cavolo di palla ferma sul dischetto ad aspettare solo il suo tiro abbastanza decisivo - avrebbe preferito che tutto questo avvenisse dopo, dopo un altro anno, dopo altri cinque anni, al culmine della sua carriera, magari da capitano di lungo corso della magica roma, magari una sera in cui si sentiva ancora più in forma psicofisicamente, perché è chiaro che puoi sempre pensare che in un altro momento starai più in forma che nel momento in cui stai appunto pensando - sì: un'altra sera e non quella cavolo di sera del 30 maggio 1984, quando ubaldo righetti aveva 21 anni e nemmeno tre mesi ed era solo la più giovane promessa del calcio romano, davanti al destino di dare o non dare alla roma la coppa dei campioni nello stadio olimpico di roma ma non poteva sceglierlo, non poteva scegliere che la prova più importante della sua vita fosse altrove e altroquando piuttosto che proprio lì e proprio allora. la storia passava in quel punto e in quel momento, e lui o ci stava o non ci stava. decise di starci. tirò. la sinistra radicale, alternativa, antagonista italiana - invece - ho paura che si stia orientando a fare la scelta di falcao. "mi danno del marxista? bene, non mi sento offeso!" questo è bergoglio papa francesco, proprio oggi. e questo è - tra l'altro - karl marx. "il capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi. il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. questo comunismo è la vera risoluzione dell'antagonismo tra la natura e l'uomo, tra l'uomo e l'uomo, la vera risoluzione della contesa tra l'esistenza e l'essenza, tra l'oggettivazione e l'autoaffermazione, tra la libertà e la necessità, tra l'individuo e la specie. è la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione." ora, io non so se bergoglio si riferisca esattamente a questa dottrina, e alla pratica rivoluzionaria conseguente, accettando sorridente che lo si chiami marxista. né so se anche questa sua sorprendente ironia sia in realtà un programma di auto-accreditamento presso parte del grande pubblico. certo è che quando parla di società ed economia, questo gran papa non recita mai la solita giaculatoria farlocca 'della casta cattiva e della gente buona' - pur sapendo che farebbe tanta audience -, ma parla sempre e solo di chi ha cosa e di cosa ne fa (!). questo è avere la schiena dritta dinanzi alla realtà e alle interpretazioni possibili della realtà, che de 'sti tempi populisti e forchettari!... e inoltre, uno che conta (non poco) che finalmente rida in faccia alla stronzata della trickle economy ('lasciamo che i ricchi si arricchiscano, e gocce di ricchezza pioveranno anche sui poveri') con cui le classi dominanti hanno narcotizzato i dominati per trent'anni... vivaddìo, è moooolto più a sinistra del superpartito di renzi, letta, napolitano, grasso, boldrini e vendola, in italia, e dello stesso pse (pdsel+spd+psf+pasok...) in europa! a me basta e avanza, pure se francie non ammetterà mai di avere la foto del che e una stampa di quarto stato allo studiolo su piazza san pietro! infine, di sicuro il marxismo è ampiamente uscito dal cono d'ombra della storia! è riuscito ormai a scrollarsi di dosso lo stigma dell'appestato, com'è ovvio che fosse sotto la pressione della realtà dei fatti: della crisi profondissima del capitalismo, dell'introiezione della stessa da parte della medesima cultura egemone. quindi, a vergognarcene siamo rimasti solo noi di sinistrasinistra in italia. aspettiamo ancora un po', per toglierlo dalla naftalina, finché passi di moda un'altra volta? i fascisti dicono rivoluzione, i forconi dicono rivoluzione, grillo dice rivoluzione, berlusconi dice rivoluzione, renzi dice rivoluzione, il vaticano dice rivoluzione... gli unici a non dirlo (più, né ancora) siamo noi marxisti! ultimora. alexis tsipras è ufficialmente il candidato alla presidenza della commissione dell'unione europea, per tutte le sinistre radicali del continente! con l'84,1% dei voti dei delegati, il congresso della sinistra europea gli ha conferito il mandato di aiutare tutte tutti noi a continuare ed estendere le lotte contro l'austerità e per cambiare l'europa e a far vivere tutto ciò nella prossima campagna elettorale. a caldo ha commentato: "la mia candidatura è una candidatura collettiva. del sud d'europa insieme a tutti i cittadini, i lavoratori, i popoli d'europa. da una parte austerità e troika dall'altra noi, la speranza!" DAJE ALEXIS! DAJE COMPAGNE E COMPAGNI DELLA SINISTRA EUROPEA E DEL GUE/NGL!! DAJE IN ITALIA COMUNISTI, BENECOMUNARDI, ALTERMONDISTI, SOCIALISTI CONSEGUENTI, SOLIDARISTI CONCRETI, ANTAGONISTI ATTIVI, ANTINEOLIBERISTI, ANTICAPITALISTI!!! andiamo tutte e tutti insieme a tirare quel rigore! quindici dicembre duemilatredici LUSSI E RIFLUSSI
fusaro tra i neofascisti. non è un titolaccio a effetto, è quello che è successo oggi pomeriggio a roma, io c'ero. quindi: andreozzi e fusaro tra i neofascisti. solo che io me ne sono andato appena ho capito dove stavo, anche perché non avevo alcun ruolo se non di spettatore. fusaro no, immagino sia rimasto fino alla fine - di sicuro stava là quando dopo cinque minuti sono andato via. ma il punto è un altro. il punto è che un gruppuscolo di neofascisti romani si auto-riabilita tanto da riuscire a invitare nella propria sede - un pelino camuffata - filosofi ed economisti per parlare di europa e di euro, e che la saletta si riempie dei loro (giovani azzimati dagli occhi stupidi, più qualche vecchio reduce tronfio di quel raduno) più un ospite sprovveduto (fusaro, marxista sulla cresta dell'onda) e uno spettatore - per cinque minuti soli - ignaro (io), e che il tipo che fa l'introduzione riesce a infilare concetti anche condivisibili ('questa non è l'europa che vogliamo') insieme alla paccottiglia ('i popoli, le tradizioni, via dall'euro') insieme alla merda ('in questi giorni stiamo uscendo finalmente dal cono d'ombra, ci chiamano forconi...' - al che mi alzo e me ne vado, cercando lo sguardo di fusaro e compatendolo). la confusione è massima sotto il cielo. ma la situazione non è affatto eccellente. lo sarebbe se - come da citazione appena accennata - a fronte della confusione ci fosse un intellettuale collettivo come il partito comunista cinese di mao tse tung. ma qui e ora non c'è quel partito, né quel timoniere. c'è solo la confusione. e c'è un pubblico, decine di milioni di italiane e italiani, al quale per trent'anni e più è stata quotidianamente inoculata la dose minima di confusione logica, etica, estetica, esistenziale, pratica - funzionale esattamente allo scopo di fargli, al pubblico, ingoiare e assimilare prima il pentapartito poi manipulite poi berlusconi&bossi poi d'alema veltroni prodi poi monti poi grillo poi letta&napolitano poi vendola&renzi, senza che mai nessuno (del pubblico) si chiedesse 'ma cosa sta succedendo davvero alla mia vita?'. quindi capite che la confusione ha raggiunto livelli ragguardevoli, e ora - come prova la mia (e di fusaro) esperienza del pomeriggio - può capitare di tutto. specie se si dà spago all'ovvio tentativo strumentale di qualcuno - della destra peggiore, politica o sociale - di incarnare un qualche ruolo in un copione in cui, invece, 'more geometrico' dovrebbero andare in scena (e finalmente) solo il capitale oppressore e il lavoro (o il precariato o il non lavoro - comunque, la 'forma ideologica' di tutto ciò: la sinistra) oppresso. è ben per questo che dico che ora la priorità non è fare della sociologia, del fairplay intellettuale - diciamo così - e dichiarare che 'in effetti i forconi manifestano un disagio oggettivo', che 'il nemico principale è la plutocrazia, e la risposta è trasversale', che 'le piazze hanno sempre e comunque ragione, a guardar bene'. non è il tempo della sociologia, e nemmeno della ricerca della verità storica - questi son lussi da anni di vacche grasse, e noi evidentemente non ce li siamo meritati. questo invece è il tempo della lotta. della lotta per la vita, della vita della classe - della vita della democrazia. è il tempo della facilitazione a comprendere, e della suscitazione delle consapevolezze spendibili - della mobilitazione! lo ricordo a me stesso. che poi è una formula diplomatica per dire che lo ricordo ai dirigenti di partito, agli opinion maker, agli intellettuali in vista - che non si guadagneranno una medaglia alla memoria, se avranno regalato altra legna da ardere sul fuoco della reazione e dell'eversione col proprio illuminato, oggettivo parere. no! la reazione e l'eversione vanno denunciate come tali - a corpo, non a misura! e tanto peggio per la nostra reputazione di storici. come ho già scritto a una cara compagna - che ha capito, del che la ringrazio sempre -: per la verità storica citofonare, semmai, a guerra finita. fusaro, dovevi andar via. chierici, non state sempre a tradire! e nessuno - di sicuro non io - nega il valore speculativo di filosofi come fusaro o preve, sociologi come revelli, intellettuali critici come viale, giornalisti come... sono troppi! ma è il contesto, l'occasione, il teatro di guerra - ripeto -, la scena in cui ci muoviamo volenti o nolenti. come negli '70, per capirci. però questo, gli opinion maker - e le loro 'groupies' sterminate, in cerca dell'originalità 'seriale' - non se ne danno per intesi. sul punto sbaglia pure il segretario ferrero - pensa tu! tredici dicembre duemilatredici A CHI TOCCA
- ma visto che diciamo da sempre 'no alle privatizzazioni', perché non cominciamo a dire 'sì alle nazionalizzazioni'? - eh già, e allora lo stato che si sarebbe squalificato a fare agli occhi del popolo italiano? - vero, sono trent'anni che la classe politica fa di tutto per essere odiata. il risultato è che la gente odia pure lo stato in sé. - è quello che volevano. sono menti raffinate. li mortacci loro. ieri, ai magazzini popolari di casalbertone, il partito dei comunisti italiani di roma ha organizzato e realizzato un confronto sulle prospettive politiche generali dopo le grandi manifestazioni di ottobre. con la rifondazione comunista di roma, con la fiom, con l'usb, con il coordinamento romano per l'acqua pubblica, con il movimento abitare nella crisi, con libera. e c'ero anche io, ad ascoltare. e sono stato contento, intanto anche solo di sapere che ci fosse questo bell'incontro, e poi di potervi partecipare. pertanto ringrazio, da 'compagno della sinistra diffusa', le compagne e i compagni 'di partito' per aver realizzato un (il) primo dialogo tra le piazze del 12, del 18 e del 19 ottobre! solo, però, non avrei voluto - né, sono sicuro, nessun altro compagno di buona volontà e retto pensiero avrebbe voluto - arrivare a dover prima sentire questa pessima 'eco di weimar' nel paese, che da giorni risuona e chissà fino a quando. noi dobbiamo. dobbiamo, dobbiamo - tutte e tutti i comunisti, i benecomunardi, i solidaristi concreti, gli altermondisti, gli antineoliberisti, i socialisti conseguenti - allestire al più presto uno spazio politico solido e visibile, chiaro e plurale e coeso, per dare le risposte che questa crisi richiede. e di cui è evidente che il popolo italiano ha tanto bisogno che, se non le trova in un simile spazio, attacca e attaccherà le mani nude alla lama del primo rasoio che gli passa accanto appena appena a galla, pur di non affogare! io vi invidio, con grande affetto, voi comunisti di partito ('partiti' - allo stato attuale), perché la storia politica di questo paese vi darà ragione. perché un fronte comune a tutte e tutti quelli di cui sopra si farà, perché un asse importante e portante di tale fronte sarete proprio voi, perché questo fronte acquisirà largo consenso per il semplice fatto che dirà le cose che vanno dette e farà le cose che vanno fatte durante l'agonia infame del turbocapitalismo, perché costituirà l'unico argine efficace alla lotta di classe dall'alto e (se non subito, dopo) il solo contrattacco vincente contro la reazione eversiva e autoritaria nutrita dal qualunquismo, dal neofascismo e dal teppismo. e perché tutto questo sarà stato possibile perché per anni - e per qualcuno, per decenni - le cittadine e i cittadini italiani comunisti sono rimasti tali contro ogni egemonia dis-culturale, accettando di traversare il deserto e perfino di spellarsi le mani contro le mura del ghetto in cui sono stati rinchiusi, in questo paese! vi invidio e vi ringrazio - guardando il futuro (nemmeno troppo lontano). e mi accodo - mi sono già accodato - da buon soldato dietro il vostro esempio e la vostra guida, per un'italia e un'europa di equità sociale, democrazia sostanziale, progresso civile, buon vivere sostenibile. io questo lo vedo nitidamente, e così ve lo descrivo ora. ma voi tutte e tutti, compagni sorelle e fratelli nella lotta - voi pure lo vedete? lo sapete? e volete, ma davvero, agirlo? 'oltre un milione e mezzo di greci sono disoccupati. questo non può essere risolto dal governo. non siamo un regime comunista, mica siamo costretti a dare del lavoro ed un piatto di cibo alla gente!' così michàlis tamìlos, ieri, deputato nea dimokratia della regione di trikala. appunto. riesce a pronunciarlo senza problemi perfino un parlamentare greco della destra liberalconservatrice. allora, compagne e compagni, perché ci siamo imposti di non dirlo proprio noi? forza! rigiriamo la frase in positivo, superiamo l'insania di questa autocensura, guariamo dalla sindrome di stoccolma!! e siamo tranquilli, determinati e conseguenti!!! NOI VOGLIAMO UN MODELLO SOCIALE COMUNISTA, QUELLO CHE ASSICURA A TUTTI LAVORO E BENI ESSENZIALI, DIGNITA' E REALIZZAZIONE, CULTURA E AMBIENTE, GIUSTIZIA E DEMOCRAZIA, SOLIDARIETA' E PACE! A CIASCUNO SECONDO I SUOI BISOGNI, DA CIASCUNO SECONDO LE SUE POSSIBILITA'!!! visto? era così difficile? tredici dicembre duemilatredici LOGICA
l'uruguay produce e vende l'erba! questo taglia di un colpo secco tutta la filiera criminale del narcotraffico. so che un sacco di gente che conosco la pensa così, se ne rallegra e lo penso e me ne rallegro pure io! se lo stato producesse e vendesse qualsiasi altra cosa, bene o servizio, si taglierebbero di un colpo secco tutte le filiere criminali punto. questo è il socialismo. so che un sacco di gente che conosco e che pensa che sull'erba l'uruguay faccia bene, tuttavia non la pensa come me sulla produzione e vendita socialista di qualsiasi altra cosa. per esempio, perché noi non siamo l'uruguay e dei nostri politici non ci si può fidare come di pepe mujica e del suo governo. ma i nostri politici li abbiamo espressi e confermati e riconfermati e ririconfermati proprio noi - anzi, li avete espressi eccetera proprio voi (che forse vi fidereste di pepe mujica ma non vi fidate dei vostri politici). più in generale, si danno cinque casi: a. non vi rallegrate per la scelta dell'uruguay e non siete per il socialismo. siete coerenti. b. vi rallegrate per la scelta dell'uruguay e non siete per il socialismo. siete incoerenti ideologicamente. c. vi rallegrate per la scelta dell'uruguay e siete per il socialismo, ma non in questo paese della cui classe politica non vi fidate e però l'avete in qualche modo espressa. siete incoerenti politicamente. d. vi rallegrate per la scelta dell'uruguay e siete per il socialismo, ma non in questo paese della cui classe politica non vi fidate anche perché non l'avete in alcun modo espressa, e basta. siete coerenti logicamente e politicamente, ma passivi. e. vi rallegrate per la scelta dell'uruguay e siete per il socialismo, non vi fidate della classe politica di questo paese, e infatti non l'avete in alcun modo espressa, e costruite per questo paese le condizioni del socialismo esprimendo una classe politica - cioè di autogoverno democratico - all'altezza. siete coerenti logicamente e politicamente, e attivi. le donne e gli uomini di cui al caso e., e loro soltanto, sono i miei compagni! mi bastano. undici dicembre duemilatredici LETTERA APERTA E BREVE ALLE AMICHE E AGLI AMICI...
...alle amiche e agli amici della sinistra del 'centrosinistra' (se si chiami ancora così non lo so), insomma dell'area civati-barca-mineo più sel. intanto, vi prego, rileggiamoci insieme questa paginetta di gramsci. http://www.antoniogramsci.com/scimmie.htm ma ecco: non vogliate consegnarci tutte e tutti - voi compres*, vostro malgrado son certo - al nuovo fascismo. solo questo. il fascismo verrà - se verrà - per incapacità delle forze sane a contrastarlo, cioè delle misere forze di cui faccio consapevolmente parte (e che voi incomprensibilmente avversate, o nella migliore delle ipotesi irridete), ma almeno sappiate che c'è stato un tempo in cui la vostra intenzionale collocazione politica ne ha oggettivamente favorito l'eventuale avvento. e questo tempo è ora. la responsabilità - o la colpa, per essere più diretti - delle misere forze eccetera l'ho ammessa subito, vedete. né faccio altro qui e altrove che tirarci la croce, a noi misere forze, per una sindrome di stoccolma o viceversa un titanismo identitario che comunque impediscono l'emersione di una bella soggettività alternativa per il (credo ancora) vasto popolo della sinistra che non si riconosce nell'area cui mi riferisco qui scrivendo. ma il fatto - il problema vostro, dell'area appunto - è che il centrosinistra globalmente inteso più ancora che "interpretare (e parlare a) gli interessi complessi del mondo di oggi", ne incarna proprio tra quelli più retrivi. e dunque non può combatterli: sarebbe innaturale. e quindi, voi di quell'area eccetera - pur con le migliori intenzioni del mondo (tra voi so che c'è chi è in perfetta buona fede, no?), di combattere il moloch neocentrista dall'interno - siete il perfetto 'scudo umano' perché quegli interessi continuino a marciare (benissimo) sulle gambe del grosso (grossissimo) del centrosinistra. e io non mi do pace - tutto qua, problema mio - a osservare come chi di voi è in buona fede, e contemporaneamente intelligente, riesca ancora a darsi una qualche buona ragione (incomprensibile per la mia modesta intelligenza, forse, o a questo punto e mio malgrado modestamente in buona fede) per non togliersi prima di subito da lì! undici dicembre duemilatredici PROVE TECNICHE DI POSTDEMOCRAZIA
"no ai partiti. no ai sindacati." questo è fascismo. "no alle tasse." e questo, se lo dicono commercianti e partite iva, è furto alla collettività e ai lavoratori dipendenti in particolare. e se oggi lo dicono quelli, tra commercianti e partite iva, che per dieci anni - dall'arrivo dell'euro alla crisi dell'europa - hanno rubato finché hanno potuto su prezzi e parcelle, è furto con scasso. del cazzo. mo' basta. invento. renzi ha telefonato a grillo, gli ha chiesto di spararne un'altra delle sue - ma grossa - e quello ha messo il cappello sui forconi di cristo, e così renzi può ricompattare il suo centrosinistrasenzasinistra (da alfano a letta a civati a vendola) davanti a un altro lupo mannaro. contenti i centrosinistrisenzasinistra, contenti i grullini, contenti (solo per oggi) i povericristi, contenti (sempresempre) i poteri reali. ma non vi siete rotti i coglioni di farvi prendere per il culo? i poliziotti si sono tolti i caschi? ma quando davanti ai poliziotti c'è un'idea diversa di società, state sicuri che i caschi non se li tolgono. e se questa diversa teoria-pratica sociale si autocensura atti di lotta aspra, i poliziotti si limiteranno a calpestare le nostre rose. quando invece la nostra lotta per la giustizia possa davvero esser vincente, allora sarà diaz. allora sarà bolzaneto. allora sarà alimonda. il capo dei forconi: "per ora niente marcia su roma" il capo dei grulloni: "poliziotti, unitevi alla protesta" compagne e compagni, dài che tra un po' ci divertiamo: finalmente si smette di spaccare il capello in quattro sulle sorti del comunismo, e si difende la costituzione antifascista e la democrazia repubblicana facendo un po' di sano sport popolare! ma intanto, a causa di questi stronzacci, la normale dialettica della partecipazione civica attiva è già saltata! leggere il comunicato dell'anpi di roma di poco fa: "Carissimi, da alcuni articoli di quotidiani e da altre fonti altamente attendibili, apprendiamo che domani 11 dicembre il movimento dei "forconi", che ha una chiara matrice reazionaria, potrebbe cercare di arrivare a Montecitorio addirittura con dei TIR. Minacce e riuscita dei loro intenti a parte, sicuramente ci saranno straordinarie misure di sicurezza che potrebbero impedire anche a noi la riuscita del presidio e del volantinaggio contro il disegno di legge costituzionale con cui si vuole stravolgere l’art. 138 della Costituzione e per chiedere ai parlamentari di non votare le previste modifiche. Dall’11 dicembre la Camera dei Deputati potrà votare la citata riforma ma di sicuro questa votazione non avverrà l'11 dicembre. L’Anpi continua ad essere pronta alla mobilitazione in difesa della Costituzione vigilando sui lavori parlamentari, che stante i fatti suddetti viene riconvocata ad una data plausibile col senso e la riuscita della stessa, senza incorrere nel rischio dell'anonimato o peggio ancora della strumentalizzazione della nostra iniziativa. Cari saluti VF Polcaro Presidente ANPI prov.le di Roma" capite? l'ANPI è costretta a rimandare la propria azione in difesa della COSTITUZIONE, per colpa del TEPPISMO fascistoide (e subito strumentalizzato dal populismo EVERSIVO di grillo e casaleggio) che le forze dell'ORDINE sembrano non aver ben compreso - a voler essere sfumati. COMPAGNI, E' CHIARO DI COSA STIAMO PARLIAMO? C'E' UN MOVIMENTO, C'E' UN SINDACATO, C'E' UN PARTITO CHE POSSANO ORGANIZZARE UNA RISPOSTA DI VIGILANZA DEMOCRATICA NON-VIOLENTA ALL'ALTEZZA? ma per capire tutto questo - la storia passata, la cronaca recente e le povere parole con cui ho cercato di raccontare entrambe - occorre anzitutto possedere un concetto semplice e potente: il concetto di classe. che infatti è il primo che il potere ha provveduto a rottamare, a cancellare dalla mente e dall'animo dei singoli e delle masse (tolti - beninteso - alcuni e alcune resistenti, immuni a oltranza). weimar. ma lì e allora almeno c'erano brecht, grosz, il kpd. weimar. e io saranno due anni che lo dico e scrivo e agito, ma giustamente non mi si caga nessuno - tranne quei pochi che hanno già capito da sé per altre vie - non essendo io né brecht né grosz. né essendoci alcun kpd atto alla mobilitazione. io so, come diceva un - lui sì - grande comunista italiano. so e parlo, e da tempo, ma ora mi è di zero consolazione. infine. "Il dipartimento organizzazione della Cgil, visto il degenerare della situazione, ha inviato una nota a tutte le proprie strutture nella quale si dispone il rafforzamento dei presidi nelle sedi sindacali e si chiede di innalzare il livello di vigilanza." questa è la prima risposta agli attacchi scomposti ma coordinati di oggi dei forcasci alle camere del lavoro in puglia. forcasci che hanno fatto irruzione in una libreria per bruciarne i volumi, che hanno intimidito i negozianti che non volevano abbassare le serrande, che inneggiano a una giunta militare a guida del paese, che prendono ordini dai loro stessi padroncini nel lasciare i posti di lavoro per mobilitarsi, che hanno già avuto le benedizioni dei pregiudicati capipopolo berlusconi e grillo, lo spalleggiamento delle organizzazioni di estrema destra e antisemite e delle curve violente e razziste, e il cui portavoce nazionale si sposta in jaguar. chiaramente la grande stampa s'interroga su quanta colpa abbia la sinistra in tutto questo. chiaramente le massime istituzioni non ne parlano se non minimizzando. chiaramente il pd non vede l'ora di lasciar agitarsi questo spettro per serrare i ranghi dei propri stessi delusi dalla svolta neocentrista. chiaramente qualche intellettuale ci trova comunque un valido spunto di analisi sociologica e per un saggetto ben pagato. COMPAGNE E COMPAGNI, LAVORATRICI E LAVORATORI, CITTADINE E CITTADINI CHE AMATE LA COSTITUZIONE ANTIFASCISTA E LA DEMOCRAZIA REPUBBLICANA, IN GUARDIA! E VISIBILMENTE!! GLI INGREDIENTI PER IL PEGGIO CI STANNO TUTTI!!! dieci dicembre duemilatredici SALTI DI QUALITA'
iqbal masih e bob kennedy, trockij e il che, falcone e borsellino, anna politkovskaja e rosa luxemburg... il braccio armato del potere del privilegio secolare a un certo punto dispone che donne e uomini (e ragazzini) così vengano soppressi fisicamente, non tanto perché essi abbiano compreso la natura profonda del potere medesimo né (solo) perché abbiano dimostrato di possedere anche la volontà, oltre che l'intelligenza, per combatterli - il potere e il privilegio. ma, essenzialmente, perché queste donne e questi uomini (e perfino questi ragazzini) hanno in qualche modo, e in tutti modi diversissimi l'uno dall'altra, dimostrato di piacere alla gente. a molta più gente di quanta potesse essere quella naturalmente sensibile alle loro rispettive battaglie contro il potere e il privilegio e scientemente concorde con le loro rispettive impostazioni ideologiche, visioni prospettiche, determinazioni strategiche. piacevano. loro, non solo e non tanto le loro idee. piacevano, e quindi avrebbero potuto - anzi, potevano: lo stavano appunto facendo - trainare verso la trincea della battaglia al potere del privilegio secolare una massa di umani consistentemente maggiore dei soldati prevedibili per la causa della giustizia sociale, della democrazia sostanziale, della crescita civile. il cui numero - dei soldati 'naturali' - il potere prevede e mette in conto e gestisce come un rischio d'impresa, a patto però che qualcosa o qualcuno non minacci di farlo esplodere con una reazione a catena di consenso popolare, ben al di là del recinto ordinario degli uomini e delle donne più informate e consapevoli e attive (cioè della classe). quando ciò succede, il potere del privilegio secolare dà mandato al proprio braccio armato (multiforme oltre la mia stessa immaginazione), e luxemburg e politkovskaja e borsellino e falcone e guevara e trockij e kennedy e masih e gli altri e le altre, muoiono. costeranno al potere meno come martiri che come voci ed esempi viventi, purtroppo. questo il potere lo sa. perché sa che la gente - intesa come massa indistinta - s'innamora e si disinnamora secondo il vecchio adagio 'lontano dagli occhi lontano dal cuore', a differenza della classe (tutt'altro che indistinta, dunque) che sposa una causa e sostiene i suoi - cioè i propri - capi anche nel caso malaugurato in cui essi siano fisicamente liquidati ed essa, la causa, venga posta più o meno brutalmente fuori moda. dico tutto questo (e lo dico, me ne scuso, mescolando locale e globale, eterodosso e ortodosso, macro e micro) per avvalorare ancora una volta la tesi che il potenziale antagonista a disposizione, non solo della classe che combatte scientemente e organizzatamente il potere del privilegio secolare, ma pure della grande massa degli umani in quanto tali, è immenso - se il potere si dà tanta pena e investe tante risorse per, appunto, depotenziarlo. ma noi semplici umani non ci pensiamo mai abbastanza, purtroppo. e anzi, inverando le profezie di foucault e di debord, sembra proprio che non riusciamo a fronteggiare le strategie differenziate con cui il potere e il privilegio qui ci sorvegliano, là ci puniscono, là ancora ci terrorizzano, là infine ci distraggono. la classe, sì, ci riesce - organizzata e consapevole, con una trasmissione abbastanza efficace del pensiero e delle modalità di azione politica al proprio interno, attraverso il tempo e i luoghi - ma la gente no. la gente - se e quando il potere uccide un leader dell'antiprivilegio o abbatte le torri gemelle in mondovisione o rende gli oppiacei droghe di massa o genera, o arruola, i populismi a ogni latitudine o sponsorizza la diffusione di spiritualismi abborracciati e sedativi - fugge dal tracciato di autoemancipazione che con grande fatica gli veniva indicato dagli esempi più nitidi della secolare lotta al privilegio, tracciato al quale si andava accostando piuttosto per la potenza del contagio emulativo che non per la presa di posizione consapevole (ma ciò basta a cambiare i rapporti di forza, e il potere lo sa benissimo), e rientra nei ranghi che la storia del dominio e dello sfruttamento le assegna. la quale storia, in tal modo, si prolunga ancora. dieci dicembre duemilatredici RENZI E ALTRE PROFEZIE
tre notizie del giorno: 1. una teppa di padroncini e fascistelli sta cercando di bloccare il paese e di alzare il livello dello scontro con lo stato, 2. il quale stato davanti a loro si è appena tolto i caschi, e invece ha messo sotto accusa il movimento no-tav per terrorismo e per tentato omicidio, 3. omicidio - simbolico, ma concretissimo - dei resti di welfare state e democrazia, che sta per attuare il nuovo leader della società dello spettacolo tra gli applausi. cittadini, lavoratori, precari, migranti, compagni - se vogliamo aspettare motivazioni più forti di queste per organizzare una sinistra conseguente di massa, pura e semplice, allora ci vediamo dopo la caduta del meteorite. che aria. sembra dopo roma-lecce. ora è conclamato: c'è un governo che attua politiche di destra merkeliana, retto da una maggioranza di destra conservatrice con l'apporto principale di un partito di destra moderata guidato da un leader di destra trasformista, e l'opposizione parlamentare è quasi in tutto appaltata alla destra eversiva e alla destra populista, mentre di destra notabile è il capo dello stato e tutto il sistema è viziato dall'incostituzionalità della legge elettorale scritta dalla destra xenofoba. nel paese serpeggiano rigurgiti di destra neofascista. così, per chi è di sinistra in italia limitarsi a cercar di resistere come fatto finora, equivale al puro suicidio. la guerra di posizione è finita. contrattacchiamo! finiamola di leccarci le ferite e gridare contro il destino cinico e baro. nei piani alti, dove stanno i poteri, la sinistra - comprese le sue versioni più annacquate possibili e immaginabili - non c'è più. però ce n'è al livello stradale, dove camminano e tribolano e sperano e agiscono le persone in carne e ossa: incontriamola, questa sinistra, e ci sentiremo meno impotenti e meno incazzati! per chi sta a roma, in settimana c'è: - martedì 10 al valle, alle 18 una riunione per organizzare una grande assemblea sul diritto alla città; - mercoledì 11 davanti alle transenne di montecitorio, alle 10.30 un sit-in informativo contro la modifica dell'art.138 cost.; - giovedì 12 ai magazzini popolari di casalbertone, alle 17.30 l'incontro pubblico organizzato dal pdci tra gli organizzatori del 12, del 18 e del 19 ottobre; - sempre giovedì 12 allo scup di via nola, alle 19 la presentazione di un bellissimo documentario sui rifugiati politici in fuga dal ciad, attraverso libia e lampedusa, fino al centro di pisa; - venerdì 13 allo studentato occupato di tor vergata, alle 17.30 la 'seconda visione' del documentario - sempre insieme agli autori e ai rifugiati; - ancora venerdì 13 alla sezione prc camilla ravera, alle 18.30 la presentazione del gap di monteverde, per la produzione e l'acquisto equo e sostenibile; - sabato 14 alla casa della pace di testaccio, alle 10 l'assemblea nazionale di ross@. basta sindrome di stoccolma, basta aspettare gli eterni equilibristi e gli specchietti per le allodole! in basso a sinistra c'è tanta vita nell'universo: daje! (poi, certo, c'è da organizzarla e magari renderla pure egemone... ma un passo alla volta!) nove dicembre duemilatredici CONGRESSO
la dico così. sono stato due giorni (su tre) a seguire il congresso nazionale di rifondazione comunista, e ho visto - e so, e capisco - che i suoi esiti possono essere stati soddisfacenti magari solo in parte per chi vive in quel partito. perché ognuno delle persone che ci vive - e lo fa vivere - ha le idee molto chiare su ciò che vuole dal partito perché la società vada verso l'idea che ha di come debba essere, e in base a ciò giustamente valuta e misura. e su questo non dico niente - io un partito non lo vivo e non lo faccio vivere da quando non c'è più il pci. però dico che da non iscritto, da 'comodo', da uno che semplicemente ci prova senza obblighi di militanza e disciplina, senza doveri di 'buon vicinato' col compagno o la compagna di sezione o circolo che magari proprio non ti ci prendi e però ci lavori fianco a fianco, da uno che 'per programma' c'ha di andare là dove succede qualcosa di anche solo vagamente conflittuale e anticapitalista (e nei giorni fortunatissimi, di marxista) a dare una mano e capire e amplificare e connettere, ma se e come e quando si stufa o 'gli puzza' che il gioco non valga la candela prende e saluta senza rancori né rimpianti - ebbene, dico che è stato tutto bellissimo! anche solo per questo: gli interventi dei delegati nazionali, di un quarto d'ora l'uno - due volte quello che pensiamo sia possibile 'digerire' quando facciamo le assemblee tra noialtri indipendenti o 'naif', tre volte quello che durava la passerella alla leopolda (tanto per dire un up-to-date) -, non ce n'è stato uno per cui ascoltandolo mi chiedessi 'ma perché l'ha fatto?'. (caso raro - credetemi - per me che 'bazzico' collettivi e dibattiti di ogni ordine e grado, e che ho pure una certa 'pretesa' di contenuti!) potevo non essere del tutto d'accordo, ma ne capivo bene il senso e lo scopo e l'urgenza e il percorso: c'era un pensiero, e prima ancora un'esperienza, e insieme a questa uno studio, e quindi c'era una volontà, e la forza per socializzarla anche davanti a chi non era detto affatto la condividesse (e certo non se la sarebbe tenuta dentro!) - quando sarebbe tanto più facile mugugnare tra sé e sé, come fanno a decine di milioni in questo paese! e a parlare non erano 'politici' (oddìo, che brutta parola ti hanno insegnato - popolo italiano), ma un maestro che fa politica, un'operaia che fa politica, un migrante che fa politica, un pensionato che fa politica, una poetessa che fa politica, un avvocato che fa politica, una precaria che fa politica, una cassiera che fa politica - i quali tutti non facevano quindi valere il proprio essere indistintamente 'gente' (disinformata, imbolsita nella mente e rancorosa, come è stata fatta diventare la gente in italia e come si proclama debba essere appunto per contare: 'pura gente', e invece puramente oggetto), ma al contrario si sforzavano di mettere a frutto comune il proprio irripetibile essere individui - e però assimilati da un'idea, da una fatica e da una meta condivise. insomma, erano bravi. che i dirigenti politici siano bravi te l'aspetti, ma lì erano bravi e brave tutte! un'offerta collettiva di pensiero circostanziato e di visione lunga e di buona volontà e di disinteresse personale che - tra l'altro - era 'solo' l'emersione ultima e democraticamente validata di un cammino lungo settimane, dalla scrittura dei documenti strategici e metodologici alla celebrazione dei congressi di piccole unità territoriali, a quella delle assise su scala cittadina e provinciale, alla scelta di delegate e delegati: un movimento reale di migliaia e migliaia di italiane e italiani, e di figlie e figli del mondo che vivono e lavorano (o cercano di lavorare e campare) in italia, concepito e reso possibile da tutte e tutti mentre ciascuno di loro continua a mettere insieme il pranzo con la cena, a tribolare, a sperare, a educare chi entra nella vita, a sorreggere che ne esce. incazzati o soddisfatti - o le due cose contemporaneamente, spesso. e innamorate e innamorati, sempre! ecco: i comunisti - tutti i comunisti, di qualunque tessera o nessuna - amano. i comunisti esperiscono sulla propria pelle, i comunisti riflettono, i comunisti studiano, e studiano le cose giuste, i comunisti si confrontano, i comunisti collaborano, i comunisti vincono la ritrosia e parlano, i comunisti si ascoltano, i comunisti si scazzano, i comunisti vogliono, e vogliono le cose giuste, i comunisti si prendono il tempo che ci vuole e decidono, i comunisti vincono e perdono, e quando (spesso) perdono ci pensano e ricominciano. i comunisti non ci guadagnano niente - non se lo pongono proprio il problema! probabilmente vengono da k-pax. e io non so come ringraziarli per aver accettato il fatto di essere inchiodati a questo qui e ora, e per darsi tanto da fare per rendere il mio qui e ora meno insopportabile! http://www.youtube.com/watch?v=XZ4A6JA5uvA&feature=youtu.be otto dicembre duemilatredici R.I.P.
Mahatma, ci sei? sei tu?... sì Madiba, sono io. siamo qui. vieni, passeggiamo insieme. andiamo verso le altre e gli altri, ci sono tutti sai? ...ciao Che, ciao Volodia, ciao streghe!... è arrivato Madiba! sei dicembre duemilatredici PROPORZIONALE, SUBITO!
porcellum incostituzionale! e sul giudizio tecnico di incostituzionalità della legge elettorale vigente nessuno può né potrà dir più nulla. c'è solo da aspettare di leggere le motivazioni della sentenza, a settimane. intanto però c'è un giudizio tutto politico che non si può non ricavare, per pura onestà intellettuale e rispetto storico dei fatti. e poi anche qualche direzione di marcia per la sinistra - diciamo così. se il porcellum è tecnicamente e inemendabilmente incostituzionale, allora politicamente anche la camera e il senato sono composti in modo incostituzionale! 'questi' camera e senato, e quelli prima - dal 2006 in avanti! ergo: sono politicamente incostituzionali tutti i provvedimenti, decreti, leggi, riforme ordinarie e soprattutto costituzionali, manovre finanziarie e accordi internazionali votati da questo parlamento e da quelli prima - dal 2006! ergo: governo incostituzionale, questo e quelli prima, perché incostituzionale la maggioranza, questa e quelle prima! ergo: incostituzionale pure il capo dello stato, questo e quello prima - che poi è lo stesso! ergo - addirittura! -: sono politicamente incostituzionali sei su quindici dei giudici costituzionali in carica, in quanto o eletti da uno dei tre ultimi parlamenti, incostituzionali politicamente, o designati da questo presidente o quello prima - che poi è lo stesso. (sì e no resta costituzionale il popolo italiano, che però si è digerito placidamente questo capo dello stato doppio, questo e quei governi, questa e quelle maggioranze, questo e quei parlamenti e tutte le loro leggi, decreti, accordi, finanziarie e riforme - e tutte le idiozie spacciate dal circo mediatico dal 2006 a oggi, come fosse alta politica e non soltanto una tragica farsa mentre il potere si faceva e si fa i peggiori affari suoi! ergo: sarà pure costituzionale, questo popolo, ma una bella incapacità di intendere e volere se la becca tutta - dalla storia!) insomma ho vissuto sette anni della mia vita in uno stato non-di-diritto, preso io per eccentrico insieme a pochi e poche altre, in mezzo a tanta, troppa gente addestrata invece ad accettarlo per buono, questo stato - per l'unico paese possibile. ma al di là di questo, il problema è serio quanto mai prima nell'interia storia della nostra repubblicana. quanto mai prima. il caos totale è a un passo. la crisi istituzionale senza precedenti, di illegittimità complessiva del sistema - compresi i suoi organi supremi di garanzia e legittimità -, sommata alla crisi economica senza precedenti, italiana e europea, sommata alla crisi di disaffezione del popolo italiano rispetto agli istituti democratici ordinari, evoca scenari da brivido. c'è bisogno di una (fase) costituente. nel senso più alto del termine. ma una costituente noi l'abbiamo avuta, finora, solo dopo aver pagato il prezzo altissimo della guerra civile e di liberazione! la sinistra. una sinistra che si rispetti, intendo, allora che deve fare? deve chiedere con tutta la forza che possiede - e magari ne reperirà altra, di forza, proprio nell'atto di avviare questa campagna essenziale - una 'via pacifica alla costituente'. non può far altro. deve chiedere che il popolo italiano torni ad esprimersi democraticamente al più presto, e nel solo modo che una fase costituente prevede: con una legge elettorale proporzionale pura, con preferenze e senza soglie di sbarramento! non è distante dalla legge che la sentenza di ieri delinea: il porcellum senza liste bloccate e senza premio di maggioranza, è già una proporzionale. ma conserva ancora lo sbarramento del 4% alla camera e dell'8% al senato (al netto di ulteriori astrusità in caso di coalizioni e regionalismi vari). la sinistra deve avviare una campagna di mobilitazione di massa per la cancellazione anche di quelle soglie e per il voto immediato con il proporzionale puro, grazie al quale il popolo elegge un parlamento che è il più possibile la sua 'riproduzione in scala' e che quindi è l'unico organo legittimato storicamente e politicamente a porsi al centro della necessaria, ineludibile fase costituente della repubblica italiana! (la seconda, dopo quella prima figlia della resistenza.) e a nulla dovranno valere le stolide obiezioni, prevedibilissime, dei troppi aventi interesse che tutto resti com'è e tanto peggio tanto meglio: "con la proporzionale non si governa, è da prima repubblica, non assicura la stabilità". a parte che la palla di vetro non ce l'ha nessuno, e nessuno può dire se un nuovo voto - senza porcellum - polarizzerà una proposta egemone, o negarlo. ma soprattutto, preoccuparsi di governabilità e stabilità, del numero ordinale della repubblica in cui ci troveremmo adesso, al punto in cui siamo, è come pensare a pettinarsi con la testa già sul ceppo della ghigliottina! sensibilizzazione e mobilitazione, quindi, per una proporzionale 'senza se e senza ma'. ma c'è una sinistra conseguente che può cimentarsi in tanto? la sinistra organizzata 'a sinistra di sel' ha percentuali risibili nei sondaggi, e quella 'diffusa' dei movimenti e del civismo attivo non sembra capace di coagularsi in una proposta politica coesa... e però. però fino a ieri c'era quasi metà dell'elettorato che, appunto stando ai sondaggi, non avrebbe saputo per chi votare o che non avrebbe votato proprio. ma anche perché, secondo me, una legge elettorale così come quella finalmente liquidata, toglieva parecchi buoni motivi per andare a votare. perfino - ecco il nodo - tra la gente 'naturalmente' di sinistra, che si è allontanata dall'esercizio del diritto di voto (secondo me) per ciò, oltre che per l'inconsistenza da anni di una proposta politico-elettorale di sinistra 'vera'. ergo: ora ci sono due buoni motivi per crearla e renderla consistente! la crisi economica, alla quale si può rispondere solo con proposte di sinistra 'vera' per l'italia e per l'europa - a meno di volerci lasciar tutti suicidare dal blocco moderato centrosinistra più centrodestra più populismo in italia e dalla troika neoliberista in europa -, e la rinascita di un sistema elettorale che può avvicinare al voto molti milioni di cittadini di sinistra che negli anni se ne sono allontanati. ora, nella fase costituente. ora si può - ora si deve! ma come si crea una proposta politico-elettorale di sinistra 'vera'? intanto, volendolo. e come la si rende consistente? intanto, volendolo. il caos è a un passo. e la storia, compagne e compagni, ci chiederà conto semmai della nostra inerzia e della nostra stoltezza. cinque dicembre duemilatredici TRE EPIFANIE DI UN (VECCHIO) COLPO DI STATO
l'altro ieri è stata una sentenza di cassazione il 1° agosto a toglierci dal culo berlusconi, non sono stati né i partiti suoi avversari né le piazze di ogni colore possibile e immaginabile! e dopodomani forse sarà una sentenza della consulta, dichiarando anticostituzionale il porcellum, a toglierci dal culo questo parlamento in blocco, per essere tutti i senatori e tutti i deputati eletti così a cazzo di cane! ora, se scappa da qualche laboratorio un virusello selettivo intelligente che mi toglie dal culo un buon 90% della gente che vegeta in questo paese rovinato del cazzo, e lascia campare tutti i migranti, tutti i rom, un po' di poeti e un po' di comunisti, be' la letterina a batto natale non serve manco che gliela scrivo! oggi, 11 a.m. costituziona', facce la grazia! oggi, 7 p.m. porcellum incostituzionale! ergo: camera e senato composti incostituzionalmente, questi e quelli prima - dal 2006! ergo: incostituzionali tutti i provvedimenti, decreti, leggi, riforme, finanziarie, codici e accordi internazionali votati da questo parlamento e quelli prima! ergo: governo incostituzionale, questo e quelli prima, perché incostituzionale la maggioranza, questa e quelle prima! ergo: incostituzionale pure il capo dello stato, questo e quello prima - tanto è lo stesso! sì e no resta costituzionale il popolo italiano, che però si è digerito placidamente questo capo dello stato doppio, questo e quei governi, questa e quelle maggioranze, questo e quei parlamenti e tutte le loro leggi, i decreti, i codici, gli accordi, le finanziarie e le riforme - e tutte le idiozie spacciate dal circo mediatico dal 2006 a oggi, come se fosse alta politica e non soltanto una tragica farsa mentre il potere si faceva e si fa i peggio affari suoi! ergo: sarà pure costituzionale, questo popolo, ma una bella incapacità di intendere e volere se la becca tutta - dalla storia! godo. ho vissuto sette anni della mia vita in uno stato non-di-diritto, preso io per eccentrico insieme a pochi e poche altre, in mezzo a tanta, troppa gente addestrata invece ad accettarlo per buono, questo stato - per l'unico paese possibile. godo. è finita! quattro dicembre duemilatredici SOCIALISMO AS ANTIMAFIA
la teoria e la pratica socialiste, in italia, il potere le rifiuta anche perché se invece provasse a sperimentarle - e prima ancora a fargli avere un po' di consenso, come idee, nella testa della gente - non saprebbe come far riciclare i soldi ai criminali. solo l'anno scorso - dice la luiss - le mafie hanno tirato su circa 800 milioni di euro da droga, prostituzione, contraffazione, armi, gioco d'azzardo, usura, estorsioni, rifiuti e tabacco. e quasi tutti quei soldi - dice la direzione nazionale antimafia - rientrano in circolo con l'apertura di nuove attività apparentemente 'pulite' che ammazzano il mercato e da cui le mafie spremono poi altrettanti soldi 'onesti'. con la crisi che c'è non vi sembra strano che negli stessi quartieri o interi comuni dove le serrande storiche si abbassano per sempre e le partite iva di una vita s'impiccano, aprano invece nuovi negozi, ristori, franchising, inizino nuove attività, professioni, che riescono a campare pure con quel poco di clientela che le nostre saccocce sempre più vuote consentono? e nessuno che conti dice niente - che è il sistema in sé, malato! al contrario, con la crisi che c'è il potere dovrebbe internalizzare intere filiere produttive, distributive e dei servizi, e perseguire l'obiettivo della piena occupazione, dell'autogestione territoriale dei lavoratori e dei cittadini, del controllo stringente su cosa si crea e perché, e su cosa diventa rifiuto e come. insomma, dovrebbe fare un po' di socialismo! eh, già. ma dopo chi li farebbe più gli affari criminali? e come si olierebbe la macchina del ceto politico e dell'apparato mediatico? o pensate che i salotti buoni della finanza e i loro 'outlook' e i pizzini scritti nei bunker sottoterra appartengano a mondi poi così diversi? la cosiddetta inderogabile libertà d'impresa, concittadini miei, l'architrave concettuale dell'intero capitalismo, è la carota che vi agitano davanti da sempre. ma quanto bastone dovete ancora sentire per aprire gli occhi, almeno perdurando questa crisi senza confronti e senza rimedi, per spostare il culo in fiamme da là? quindi, il socialismo non solo è a livello globale - come scrivo sempre - una forza d'interposizione di pace (in quanto rende la guerra tra stati e popoli, in ultima analisi effetto di lotte per la conquista di risorse e mercati, controbilanciata dall'assunzione di massa di un modello di vita fondato sulla cooperazione e non sulla competizione), ma a livello regionale è il più efficace dei pool antimafia in quanto essicca alla radice la redditività delle attività criminali che solo nell'anarchia dell'individualismo mercantilistico hanno senso e fortuna. nitido, logico. però, non va di moda. ancora. aspettiamo. trastullatevi un altro po' fra primarie, decadenze e vaffaday. aspettiamo. tanto dove cazzo andate? primo dicembre duemilatredici DECADUTO DUE. ESSENDO PIU' CHIARI.
ieri ho scritto qui quella cosetta sul fatto che una SINISTRA, acclarata l'incandidabilità del 'nemico pubblico numero uno', potrebbe finalmente ricominciare a raccogliere l'adesione operosa di quante e quanti per anni hanno 'accettato' di sentirsi rappresentati dal CENTROSINISTRA sostanzialmente per paura di berlusconi. questo pensiero ha ricevuto il sostegno di tante e tanti compagni di SINISTRA - meno male! - ma non ancora espressioni di confronto circostanziato da parte degli amici e amiche di CENTROSINISTRA - evvabbe', arriveranno. ma ha suscitato pure, la mia cosetta, qualche franca parola un po' pessimista sullo scenario presente, nel quale - dicono questi amici e compagni - anche dopo berlusconi è comunque già pronto un nuovo 'nemico pubblico numero uno' idoneo a mettere paura agli amici di CENTROSINISTRA così che non si consentano ancora di seguire il proprio orientamento profondo di SINISTRA - laddove esso ci sia. e questo lupomannaro sarebbe GRILLO, e il suo populismo autocontraddittorio quanto basta. vero: grillo è un nemico della sinistra. vero: è un nemico potente, il tentativo dei grillini di porsi alla (dis)attenzione pubblica come l'unica opposizione possibile, dentro al e fuori dal parlamento, rientra perfettamente nella pluriennale strategia di uso delle armi di distrazione (e confusione) di massa. vero: lo stato di cose presente NON è ancora - per nulla - ottimale per noi di SINISTRA, nonostante la decadenza del delinquente. TUTTAVIA io credo invece che non ci sia da essere pessimisti, non oggi più del solito! perché da sempre la SINISTRA subisce questo accerchiamento egemonico, da sempre è confinata nel 'cordone sanitario' orchestrato dagli interessi dominanti e agito da tante maschere. ma DA SEMPRE la sinistra è appunto - per definizione - il movimento che si pone come obiettivo il SUPERAMENTOdello stato di cose presente! quindi, compagne e compagni, basta con le sindromi di stoccolma! noi non chiediamo sconti a NESSUNO: come sempre, AL LAVORO e ALLA LOTTA! ventotto novembre duemilatredici DECADUTO. MA SOPRATUTTO.
berlusconi sarà incandidabile per i prossimi sei anni, senza contare che privo dell'immunità parlamentare potrebbe per una qualsiasi delle sue gravi questioni penali aperte finire dentro, o cautelativamente o in giudicato. quindi, è vero che si possono fare gli interessi di una fazione e attrarre consenso popolare da fuori del parlamento (vedi grillo o renzi), ma è vero pure che il bacino elettorale di quella destra lì ha dimostrato per vent'anni che senza berlusconi in lista (vedi elezioni regionali e locali, che il centrodestra ha sempre sofferto per questo) il 'brand' ci perde parecchio e non fa più (una fottuta) paura. (badate: non che gli italiani non siano in gran parte 'naturaliter' berlusconiani, ma quelli che lo sono sono così ottusi che se non vedono berlusconi sulla scheda facile che non vadano proprio a votare, nemmeno per la sua 'creatura'!) tutto questo per dire una cosa sola, agli amici 'migliori' del centrosinistra (cioè: simpatizzanti della sinistra pd e di sel). che gli anni (tanti, pensateci!) che avete trascorso convincendovi - e provando pure a convincere noi compagni di sinistrasinistra, o in alternativa commiserandoci come 'inutili anime belle' - che l'unico modo per controbilanciare il terribile potere attrattivo di berlusconi (il mafioso, l'eversore, l'antisociale) fosse ingoiare rospi di ogni peso colore forma e dimensioni, e restare intruppati nella grande 'cosa (molto moderatamente) rossa' che si è chiamata man mano pds ds pd e/o ulivo unione centrosinistra, ebbene sono finiti! (non entro qui neppure nel merito di cosa, dalla fazione cui volenti o nolenti avete dato appoggio, sia stato fatto dei vostri voti 'utili' pluriennali, in termini di politiche economiche sociali ambientali culturali e di ingegneria istituzionale: lo sapete tutti, lo vedete da voi, immagino ne soffriate come qualunque persona per bene in questo paese.) sto dicendo solo che adesso potete (anzi, peggio: che siete abbastanza costretti a, per rispetto di voi stessi) guardarvi dentro con onestà intellettuale e politica e porvi la fatidica domanda: "ma io, in un paese non più sotto il ricatto del consenso oceanico all'antistato potentemente mediatizzato, al dunque sono davvero di sinistra come ho sempre ritenuto? ma io, pensando liberamente e liberamente desiderando - per me, i miei cari, la mia terra -, intendo continuare ad accontentarmi di un'italia e di un'europa così come la profilano gli interessi e il blocco sociale che dominano l'una e l'altra da tanto tempo, e cui il centrosinistra nostrano ab origine e ancora aderisce perfino dichiaratamente, o invece voglio qualche altra cosa ('di sinistra', appunto)?" rispondere schiettamente a questa (doppia) domanda, e poi parlare e agire di conseguenza, risolverà un'ambiguità di fondo che si replica da tanti anni in centinaia di migliaia di cittadine e cittadini italiani - alcune centinaia dei quali conosco personalmente, e in molti casi stimo sul serio, e non aspetto altro di abbracciare per cominciare anche con loro a fare quello che deve esser fatto, perché l'italia diventi un paese normale e l'europa un continente di popoli e di diritti. amici del centrosinistra migliore, se (evaporata questa ventennale autogiustificazione tutta 'politicista', e immagino anche intimamente frustrante) vi ricorderete o vi accorgerete di essere tra quelli per cui pubblico è meglio di privato, lavoro meglio di precarietà, sociale e comune sono meglio di mercato e profitto, rispetto e solidarietà meglio di stabilità e crescita, per cui la democrazia dev'essere sostanziale, il progresso civile, la società equa, il benessere sostenibile - be', insieme a tante care compagne e cari compagni veri, io sto qua. date una voce? ventisette novembre duemilatredici UN'ALTRA MUSICA: LE CITTA' IN COMUNE
Dalla protesta alla proposta. L'abbiamo sentito dire tante volte, l'abbiamo detto tante volte. E alcune volte abbiamo perfino sperato, ma sul serio, che succedesse. Be', stavolta è successo! Il frutto maturo dei lavori di studio e assembleari, svoltisi in tre giorni nelle aule universitarie di Pisa dove si sono auto-organizzati in convegno gli 'spazi politiciindipendenti' di un buon numero di città grandi e piccole, è appunto questa lieta sorpresa: proposta, organizzazione, unità. Cominciamo dalla fine. E' nata 'Le Città In Comune', rete delle 'liste di cittadinanza' unite per un’altra idea di città. Ne fanno parte ad oggi le realtà che hanno dato vita alla tre giorni pisana, intitolata 'Un'altra musica in comune', cioè i collettivi di Firenze, Ancona, L'Aquila, Brescia, Brindisi, Messina, Feltre, Gioiosa Ionica, Imperia, Roma e ovviamente Pisa. I quali condividono una medesima 'partitura' civicopolitica: la disobbedienza al Patto di Stabilità, la rigenerazione e valorizzazione sociale del patrimonio immobiliare in disuso, la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici. 'Le Città In Comune', oltre a un bel nome (e logo, ancora in bozza – non sveliamo nulla in anticipo), possiede già qualche strumento sia di elaborazione democratica che di comunicazione all'interno della propria community, e soprattutto verso l'esterno. Infatti l'orizzonte strategico di questa neonata rete è tutt'altro che identitario e autoreferenziale, ma di apertura e inclusività, confronto operoso e arricchimento reciproco, insomma di collaborazione con altri 'nodi' locali a venire in tutto il territorio nazionale. Purché, ovviamente, la collaborazione tra i molti e i diversi si fondi su un convinto schierarsi fianco a fianco nel fronte di questo 'altro mondo possibile' (e necessario): pubblico vs privato, sociale e comune vs mercato e profitto, rispetto e solidarietà vs stabilità e crescita, lavoro vs precarietà, sinistra (vera) vs larghe intese. Come ci si è arrivati? Da lontano. La primavera scorsa, per la tornata amministrativa 2013, tante liste di cittadinanza si erano già formate in tutta Italia ponendo nel cuore dei rispettivi programmi il 'paradigma' di cui sopra. Non molte, purtroppo, hanno conseguito consiglieri municipali, e tra i comuni maggiori una sola – l'esempio luminoso di Messina – ha eletto un proprio sindaco, Gaetano Accorinti. Tuttavia l'esperienza ha lasciato ovunque semi buoni, come la voglia di restare in ascolto e collegamento tra compagne e compagni, cittadine e cittadini, e di attivare una rete di pratiche – dentro, o più spesso fuori da, le sedi istituzionali – di monitoraggio e controproposta rispetto alle politiche locali attuate dalle giunte e dalle maggioranze uscite dalle urne. Mesi di contatti, scambi di saperi, radicamento nel territorio al fianco dei movimenti grandi e piccoli, presenza concreta nelle vertenze conflittuali sui temi dei servizi, della casa, dell'ambiente, del lavoro, dei diritti – finché è giunto il tempo di darsi tutte e tutti, singoli e 'sigle', un appuntamento per fare il punto. E ripartire. 'Un'altra musica in comune' è stato questo appuntamento. Abbiamo ascoltato, abbiamo parlato, abbiamo immaginato, abbiamo progettato, abbiamo – osando – deciso. Abbiamo ascoltato Guido Viale e Grazia Naletto sul tema dei bilanci, strozzati dal Patto di Stabilità, e delle possibilità di controproporre tutt'altra impostazione di finanza pubblica locale. Abbiamo ascoltato Ornella De Zordo e Sandro Medici sulla loro 'eresia amministrativa', che esemplifica quanto sia falsificabile il dogma del pensiero unico dominante ossia che 'non c'è vita fuori dalle larghe intese', o – se preferite – che extra troika(m) nulla salus. Abbiamo ascoltato le proposte concrete, redatte da compagne e compagni in articolati pronti all'uso per il confronto serrato con le istituzioni, in termini di delibere e interrogazioni, piani alternativi di destinazioni d'uso, bandi no-profit e varianti di impegno economico. E abbiamo parlato, confrontandoci tra noi liberamente sul metodo stesso del nostro essere insieme e – benedetti contenuti! – sulle campagne di sensibilizzazione e mobilitazione da sostenere e da realizzare a breve. Tre giorni di tavoli di lavoro, di studio e di assemblee. Fino alla plenaria conclusiva di domenica che ha lanciato dei segnali chiari, e lasciato questi segni. 'Le Città In Comune' esiste, ed è vitale. Sarà sul territorio, come rete i cui nodi sono le città e le liste che l'hanno concepita e le altre che si aggiungono man mano. E sarà sul web, inevitabilmente, come sui social network. 'Le Città In Comune' fa proprio un orizzonte strategico semplice quanto inequivoco e determinato: le città sono di tutte e tutti coloro che le abitano; servizi essenziali e spazi pubblici sono proprietà collettive da amministrare per il bene delle e dei cittadini, non per quello delle banche e dei costruttori; e questo 'bene' lo si difende anche tramite azioni di 'forzatura legislativa', se necessarie; è un valore l'autonomia della politica dall’economia di mercato, è un valore e un terreno la lotta culturale e politica ai vincoli di bilancio imposti alle amministrazioni locali, è una sfida l'obiettivo che siano le città il teatro di un’alternativa vincente e convincente alle politiche di austerità e alle larghe intese. 'Le Città In Comune' aderisce convintamente alla campagna contro la povertà promossa da Libera, 'Miseria Ladra', e a quella per la ripubblicizzazione della Cassa Depositi e Prestiti, potenziale risorsa finanziaria contro il cappio della stabilità 'senza se e senza ma'. E lancia tre distinte campagne nei territori e presso le istituzioni: la prima centrata sul dovere dei sindaci di fare fronte all’emergenza sociale e di tutelare la sicurezza idrogeologica del territorio e delle scuole, superiore al mandato di rispettare i vincoli del Patto di Stabilità; la seconda sul federalismo demaniale e sul patrimonio immobiliare pubblico e privato da riutilizzare – a partire dalle caserme in dismissione – per creare lavoro, cultura, nuovo welfare e rispondere all’emergenza abitativa che cresce nelle città; la terza su ripubblicizzazione e trasparenza di gestione dei servizi essenziali – come acqua, trasporti e gestione dei rifiuti – attraverso mobilitazioni, interrogazioni, proposte di delibere e di modifiche degli Statuti comunali, per attuare in ogni città le intenzioni quasi plebiscitariamente espresse nell’esito referendario del giugno 2011 ma tuttora disattese largamente. Questo è successo, a Pisa tra venerdì 22 e domenica 24 novembre. E a Pisa non a caso: teatro infatti, appena il 16, di una manifestazione eccezionale – per chiarezza politica, creatività e cultura, partecipazione e umanità – contro la sottrazione dell'Ex Colorificio alla disponibilità popolare, alla socialità, all'autogoverno organizzato efficacemente, al bene comune appunto. Anche nel 2014 ci sarà una scadenza comunale importante, andranno al voto Firenze, Bari, Perugia e Potenza tra i capoluoghi di regione, tra le province Padova, Modena, Pescara, Bergamo, Pesaro, Caltanissetta, Trento, e ancora Sanremo, Giugliano, Guidonia, Casale Monferrato tra gli altri. 'Le Città In Comune' si apre a tutto ciò che di nuovo emerga da oggi fino ad allora, come strumento di ascolto e condivisione tra liste di cittadinanza già nate o solo in bozza, come 'cassetta degli attrezzi' di pratiche di resistenza e controproposta pronte all'uso, come spazio politico plurale, in progress ma coeso nei chiari intenti e valori comuni. Un'altra musica è possibile. Cominciamo a suonarla da qui? venticinque novembre duemilatredici (CONTRO) IL VERTICE LETTA-HOLLANDE
art. 17 cost. "I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica." ora. mica è colpa dei decisori centrali, che si conoscono solo tra loro, che vanno dritti allo scopo di distruggere il modello sociale europeo e l'annessa democrazia sostanziale. fanno il loro mestiere. e mica è colpa degli attori, che invece conosciamo tutti, che impersonano le parti scritte affinché quelle decisioni vengano digerite dal pubblico come le uniche sostenibili e perfino pensabili. fanno il mestiere loro pure quelli. e non è colpa delle forze dell'ordine, i cui caschi e scudi riconosciamo da lontano (le facce no, quelle non si vedono se non da vicinissimo), che con le buone o le cattive respingono la rabbia di chi contesta. fanno ovviamente il loro mestiere. e manco è colpa di quelli che contestano, e che contestano appunto un po' rabbiosamente - ma lo farei (e l'ho fatto, lo faccio) anch'io se come loro mi trovassi nel cul de sac del contarsi ed esser pochi, e quei pochi pure già nervosetti di suo, dinanzi ai caschi e scudi di cui sopra mentre il disinteresse generale sembra non scalfirsi. fanno il loro mestiere, a condizioni date, anche loro. ma allora la colpa è vostra. voi che (pur potendolo) non siete in piazza a dire no alle decisioni centrali, ma a dirlo col vostro numero e con la vostra assennatezza - soli fattori buoni a diluire quel nervosismo naturale e quel senso d'impotenza, cattivi consiglieri -, e che poi vi trovo qui al calduccio a scrivere 'che cattivi i rabbiosi contestatori!'. voi che non vi viene mai in mente che scudi e caschi possano anche - ripeto: anche - essere mossi come strumenti non di pubblica sicurezza bensì di privilegio privato, se così si ordina dall'alto (da genova a ovunque). che vi bevete la commedia inscenata dagli attori - 'premier', 'ministri', 'parlamentari', 'opinionisti' - e il massimo che fate è mugugnare contro tutto e tutti ma senza agire pubblicamente nulla, mai. che non vi scomodate a informarvi, a studiare, a cercare, a confrontarvi, a pensare, a dubitare, a supporre, a elaborare - voi che rifiutate a priori la fatica di sapere chi e cosa c'è davvero dietro tutto quello che succede, e perché. voi, concittadini: siete voi a non fare il vostro mestiere! e siete i soli, benché tanti. fateci caso - o maggioranza silenziosa, puntello opaco di ogni regime. tanto è vero che vi stanno man mano licenziando dal mestiere della cittadinanza, al quale cui vi trovaste assunti fin dalla nascita ma senza merito (per merito di padri e madri costituenti, che rinnegate, e di difensori conseguenti di un modello di vita equo e solidale, che offendete senza ritegno). vi licenziano da cittadini, e vi selezionano con cura come sudditi. ed è tutta un'altra storia - lo vedrete e sarà sempre peggio! contenti voi. gli 'incidenti' di via dei giubbonari. chi avesse dato del razzista a un contestatore di qualche anno fa còlto nell'atto di strillare 'stronza!' a condoleezza rice, avrebbe commesso un errore marchiano. perché condoleezza rice condivide, è vero, la stessa pigmentazione di martin luther king. ma E' una stronza. e strillarglielo in faccia sarebbe stato politica, non razzismo. e infatti nessuno della comunità afroamericana ha mai stigmatizzato le contestazioni al segretario di stato di bush figlio, sotto tale qualifica erronea e fuorviante. invece, si stracciano le vesti i militanti e i simpatizzanti del pd - e perfino alcuni cittadini coatti a ripetere ciò che dice la televisione - per la scritta 'bastardi' davanti alla sede pd di roma centro. la quale sede, incidentalmente, condivide con un pezzo di storia patria nobilissima una targa in marmo lì affissa. ma il pd E' un frutto bastardo dell'involuzione antropologica della sinistra nostrana, lo si evince da che fine sta facendo fare alla costituzione figlia della resistenza. e scriverglielo in faccia è politica, quindi, non leso antifascismo. è talmente chiaro, che un po' degli autostracciatori di vesti ci fanno di sicuro. e gli altri ci sono. ma non so chi è peggio. dunque, non c'è stato alcun assalto ad alcun simbolo della resistenza. io c'ero. (e sarà bene - come argomentato - che prossimamente ci siate pure voi.) approfondendo. 'fascismo' è categoria storicopolitica troppo importante al fine di comprendere l'età contemporanea, per sciuparla attribuendone la varia aggettivazione a chiunque e per qualsiasi motivo alzi la voce davanti a una divisa o imbratti un muro o rompa una fioriera sulla pubblica via o accetti la rissa con un avversario politico. infatti ci sono, spiccatissime, nel fascismo propriamente detto - quello originale, storico, e quello delle sue manifestazioni di odierno rigurgito autocertificato - componenti di culto della violenza in sé, di idolatria della guerra di conquista, di ambizioni imperialiste piccoloborghesi, di razzismo e sessismo da teppaglia, di conformismo alle ideologie tradizionali e tradizionaliste, di corporativismo trucemente antilaburista (tutti ingredienti funzionalissimi a fare delle squadracce fasciste i perfetti cani da guardia del potere economicofinanziario contro le spinte rivoluzionarie degli anni '20 e '30, e a farne la minaccia perfetta oggi in un'europa strozzata dalla crisi e in cerca a fatica di un'organizzazione trasnazionale della sinistra conseguente), componenti che nulla hanno a che fare col ribellismo dei cosiddetti antagonisti estremi di sinistra che turbano le nostre passeggiate in centro o la nostra visione del telegiornale. gli atti violenti sono, al contrario, ben contemplati anche in qualunque teoria strategica di risposta dura a un potere duro, nel quadro di una lotta tra predominio e liberazione, specie quando il potere ha tutte le armi dell'egemonia materiale e simbolica e comprova la propria tremenda efficacia nella sostanziale quiescenza della maggioranza pur dominata. li si può accettare - tali atti di violenza necessaria allo scopo, esercitata controvoglia, come estrema ratio, senza alcuna vertigine di potenza -, li si può condividere. o li si può rifiutare, li si può temere, li si può contrastare. ma non è corretto ricomprenderli nella categoria del fascismo. è facilone, è sciatto, è inutile, è fare i pappagalli - spesso è malafede strumentale. la conferenza stampa del vertice ha visto, in apertura, un garrulo letta esprimersi in buon francese per compiacenza del suo ospite - e come primo argomento trattato, l'importanza della qualificazione congiunta delle nazionali di calcio di italia e francia ai prossimi campionati mondiali in brasile. il mordace barzellettiere berlusconi è ad appena un passo da qui. e questo, oltre tutto il resto, fa davvero prudere le mani. venti novembre duemilatredici IL PIEDE E LA MANO
comincio così, da questa cosa che ha scritto oggi la compagna valentina manusia - che poi è mia moglie. Accarezzavo la gatta con un piede, distrattamente. E distrattamente ho pensato che le stavo facendo un torto, ad accarezzarla con una "mano di serie B". Ma per un gatto non c'è differenza tra mani e piedi, ci sono solo le carezze. Allora ho pensato a quanto sanno essere limitati gli umani, nel voler applicare le proprie categorie di valore, ciascuno, a tutti gli altri. Come quelle mamme, piene d'amore per i loro figli, che non sanno immaginare di poter dare lo stesso amore ai figli di qualcun altro; fino al paradosso di chi, madre di due femmine, non riesce ad immaginarsi madre di un maschietto. Fino alle aberrazioni che sfociano in ogni tipo di razzismo. Poi ho pensato che i migliori tra gli umani sono quelli che invece riescono a sentire il dolore degli altri, che lo fanno proprio e che hanno bisogno che tutti stiano bene per essere felici. E per questo lottano come possono per sconfiggere le ingiustizie e rendere il mondo migliore. Allora ho pensato che i migliori tra gli umani sono comunisti, anche se a volte non sanno di esserlo. conitinuo così, linkandovi un articolo di alfonso gianni. ma solo se siete sicuri di non aver perso nemmeno una battuta dell'appassionante dibattito precongressuale pd, o dell'avvincente disfida post-scissione nell'ex pdl, o delle scuse-smentite-sdegnazioni peritelefoniche di vendola e cancellieri, o della girandola di trovate di grillo per uscire dall'euro e dalla galassia centrale - solo se avete fatto i compiti da bravi sulle materie serie, allora vi meritate di riposarvi con questa sciocchezza. http://temi.repubblica.it/micromega-online/capitalismo-finanziario-globale-e-democrazia-la-stretta-finale/ ancora. argomento che in basilicata ha votato il 47.6% degli aventi diritto. percentuali da partecipazione all'assemblea condominiale. che questo dato smentisce una volta per tutte la fandonia che ci viene propinata tutto il giorno, tutti i giorni, da anni, dal sistema mediatico uniformemente difforme, via tv radio stampa e web, mediante sondaggi notiziari interviste dibattiti scoop e gossip. ossia smentisce che le cittadine e i cittadini di questo paese, alla prova dei fatti, colleghino alla propria sorte concreta le vicende assurde dei personaggi principali di quella fandonia incessante e pervasiva: napolitano letta alfano berlusconi epifani renzi vendola grillo maroni cancellieri casini eccetera eccetera eccetera. che quindi c'è lavoro da fare per noi, compagne e compagni! e non stiamo tanto a guardarci ancora l'ombelico, né a sospirare paradisi lontani. la politica è qui e ora, i programmi coerenti da scrivere e descrivere bene servono qui e ora, le 'linee' e i 'capi' sono da scegliersi democraticamente e appassionatamente qui e ora, e soprattutto la fiducia da conquistare tra la gente sarà qui e ora oppure mai più né - per noi, comunisti benecomunardi socialisti antineoliberisti antagonisti solidaristi italiani - in alcun luogo. e facciamolo, questo lavoro: basta con la sindrome di stoccolma! concludo. sabato a pisa valentina e io abbiamo visto un sogno politico, un obiettivo organizzativo e una promessa di umanità, farsi corpi e voci e passi percorsi insieme. esaltante, intelligente, commovente. ecco il nostro video https://www.youtube.com/watch?v=Hi9oyPT2MHk ma soprattutto sappiamo che pisa, napoli, susa, parma e gradisca, hanno segnato cinque bei punti contro chi pensa e fa credere che un'altra vita è impossibile. sono i cinque sensi di uno stesso corpo immenso. sono le cinque dita di una mano - sinistra, stretta a pugno! diciotto novembre duemilatredici IL MODO (moneocaglo proscabesi)
Che poi noi mica ce l'abbiamo col 'sistema' (o capitale o mercato globale o potere dell'1% o chiamatelo come vi pare) perché ci sta antipatico, o perché ci tiene fuori dalle 'stanze dei bottoni', o perché vorremmo che non fosse mai apparso nella storia dell'Umanità. Al contrario, noi siamo quelli che pensano che se il sistema capitalista - se il culto della proprietà e del profitto - non fosse spuntato fuori e non si fosse insediato un po' dappertutto nei secoli scorsi, un bel tratto di sviluppo materiale della civiltà (aumento della durata media della vita, emancipazione dalla fatica, dalla miseria, dalla malattia, dall'ignoranza, facilità negli spostamenti su tutto il pianeta, quantità di scambi culturali tra masse sempre più numerose di donne e di uomini, aumento delle sensibilità non materiali - antropologiche, animaliste, ambientaliste) be', quello sviluppo non l'avremmo neanche mai conosciuto. D'accordo, anche questa 'bella pagella' del sistema non fu senza costi: basti dire l'orrore del colonialismo, dello schiavismo, dell'estirpazione di intere civiltà secolari. Ma se la maggior parte dei cittadini del mondo oggi può inorridirsi dinanzi a quelle pagine nere, noi crediamo che sia proprio per l'elevazione culturale e spirituale media dovuta a quell'affrancamento medio dalla miseria, dalla fatica e dall'ignoranza che - di nuovo - è uno dei 'voti più alti' da dare al mondo moderno nonostante tutto. (Infatti non ci è noto di alcun homo sapiens che, decine di migliaia di anni fa, abbia fatto uno sciopero della fame per protestare contro il genocidio dei neanderthaliensis o lo sterminio dei mammuth.) Allora: perché 'adesso' ce l'abbiamo col capitale? Perché negli ultimi decenni è successa - sta succedendo - una cosa senza precedenti nella storia millenaria. E' successo che gli atti posti in essere dal sistema - ripeto, dal culto della proprietà e del profitto tradotto in organizzazione socioeconomica e in sovrastruttura politicoculturale - non sono più la risultante degli atti intenzionali o fortuiti di tutte le sue componenti, cioè di noi umani, e nemmeno di quella ristretta porzione (l'1%) che in effetti occupa i posti 'che contano'. E' successo che la quantità di interconnessioni reali tra produttori, beni, consumatori, merci e denari ha raggiunto e superato quel 'numero critico' oltre il quale il groviglio stesso delle connessioni assume una sua propria soggettività autonoma. (Un po' come si definisce lo 'scoccare dell'autocoscienza di un organismo' l'effetto del superamento di un 'numero limite' di cellule nervose e di sinapsi tra loro, dopo il quale l'animale pensa 'io' per la prima volta - e non è più una colonia incosciente di cellule; o un po' come si può calcolare la massa critica di atomi instabili ridotti in un piccolo spazio, superata la quale s'innesca la reazione atomica o nucleare a catena e qualcosa esplode di brutto!) Sta succedendo proprio questo, che il sistema 'pensa'. Che c'è di male? Be', nulla - se non fosse che il sistema capitalista globale, lui in quanto soggetto, di certo non gode di alcuna di quelle sensibilità antropologiche, spirituali, olistiche che invece tanti di noi umani hanno il gioioso compito di coltivare ogni giorno e di tradurre in comportamenti nei confronti di tutti gli altri, e dei viventi, e del pianeta, e del futuro. Giacché infatti il sistema è appena nato, veramente da pochi centesimi di secondo rispetto ai tempi della vita sulla Terra - e anche se è l'entità più potente che sia mai esistita, l'unico 'senziente' il cui potere possa paragonarsi a quello dello stesso ecosistema planetario, esso è perfettamente idiota dal punto di vista etico e da quello strategico. Il sistema - questo immenso neonato - sa solo pensare 'io voglio', mai 'io devo', e soltanto 'io voglio ora'. Di nuovo: che c'è di male? Forse che un singolo umano, dal momento in cui ha coscienza di sé e dei propri desideri, si pone il problema del destino individuale di ciascuna delle sue singole cellule nel perseguire e i desideri e in generale la propria sussistenza? E non avrà allora lo stesso diritto il sistema, ormai che per la sua incalcolabile interconnettività interna è scoccata la sua soggettività d'insieme che prescinde perfino da noi componenti umane? C'è di male che noi umani non siamo propriamente delle mere cellule. Noi pensiamo, noi soffriamo, noi prevediamo, noi vogliamo. Le singole cellule, per quel che se ne sa, no. E non solo: sempre in virtù di quelle conquiste secolari del mondo moderno, noi umani (magari non tutti, ma ne conosco tanti) pensiamo e soffriamo e prevediamo e vogliamo non soltanto in ordine al nostro individuale destino separato da quello di ogni altro, ma anche a quello dell'Umanità nel complesso, e dei viventi in generale, e della Terra stessa. Ecco che c'è di male! Che il sistema - amorale, e 'cieco al futuro' - è ora oggettivamente nemico dei singoli umani, e dell'Umanità, e dei viventi, e della Terra. Dobbiamo produrne qui le prove? O vi basta sfogliare a memoria gli album di foto delle guerre regionali e internazionali, quelle dei disastri ecologici, quelle delle crisi sociali ed economiche sempre più frequenti e profonde, quelle delle migrazioni 'bibliche', quelle delle emarginazioni 'neo-megalopolitane', quelle dei volti - a centinaia di milioni - di donne e di uomini costretti a scegliere tra la depressione da stress della vita 'concorrenziale' e quella da espulsione dalla vita attiva 'codificata'? Crediamo vi basti. Allora, ricapitolando. Il MOdo NEOCApitalista GLObale di PROduzione e SCAmbio di BEni e SIgnificati (tecnicismo, ma il 'sistema' o il 'potere' van bene lo stesso) costituisce un salto di qualità inaudito nella serie di modelli socioeconomici 'vincenti' da molti secoli a questa parte. Quelli del passato, i nostri avi migliori li hanno avversati per motivi di classe o per motivi umanitari - ma per onestà dobbiamo ammettere che il fatto che fossero appunto vincenti su quelli davvero arcaici (e grazie anche all'opera di 'temperamento' in senso democratico e socialista riuscita alle classi lavoratrici organizzate nei confronti di questi modelli), be' ha fatto sì che noi oggi siamo qui a scrivere anziché probabilmente in catena di montaggio. Ma questo sistema presente è, per la prima volta, 'autodeterminantesi' - e visibilmente, lo è a dispetto (o nella migliore delle ipotesi: in totale indifferenza) dei bisogni primari della stragrande maggioranza degli umani, dei viventi, del pianeta stesso. Pertanto è il nemico nostro, in quanto noi persone e non meri ingranaggi. Non ci è antipatico. Non più di quanto ci sia antipatico un virus, o un automa. Ma dobbiamo combatterlo. E se il sistema - ripeto, e concludo - non è altro che la traduzione in organizzazione socioeconomica e in sovrastruttura politicoculturale del culto della proprietà privata e del profitto individuale, ebbene noi siamo appunto quelli che per vincere il nemico mineranno quel culto (costasse anche qualcosa - o parecchio - in termini di confortevole e radicatissima abitudine di pensiero e di esistenza, a noi come singoli cittadini). Siamo quelli che studiano forme diverse di civiltà umana - alcune già tratteggiate in teoria e perfino tentate in pratica - e che chiederanno a molti altri di sperimentarle. Cosa ne sarà, posta pure la sconfitta del mostro? E chi può dirlo? Sarà vita solidale e sostenibile, in termini generici, ma poi lo vedranno le donne e gli uomini di quel presente. Però ora bisogna disinnescare la bomba. La presente trincea è questa. Qualsiasi altra analisi è ancora tutta ben dentro al sistema. dodici novembre duemilatredici RIVOLUZIONI
leggevo ieri sera, da uno storico della rivoluzione francese, che la celebre e splendida dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 venne emanata nella nota formulazione in diciassette articoli (e non diciotto) a causa del voto contrario, a maggioranza dell'assemblea costituente, sulla proposta di un articolo 18 fatta da sieyès (padre famoso dell'espressione "che cos'è il terzo stato? tutto. che cos'è stato finora nell'ordinamento politico? nulla. che cosa desidera? diventare qualcosa", deputato parigino agli stati generali e poi giacobino nell'assemblea nazionale e alla convenzione). che diceva quella bozza di articolo 18? che tra i diritti dell'uomo e del cittadino c'era il lavoro. la maggioranza dell'assemblea, frutto di quella fantastica rivoluzione (borghese, né poteva essere altrimenti), la bocciò. e così la dichiarazione del 1789 contiene i diritti fondamentali alla sicurezza e alla libertà personale, alla proprietà, all'espressione, alla resistenza all'oppressore, e i principi generali di legalità e di separazione dei poteri. ma niente che riguardi il lavoro. né l'associazione tra lavoratori. né il diritto di sciopero, tantomeno. ci sono voluti, da allora, centocinquantanove anni perché una costituzione non solo menzionasse il lavoro tra i diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino, ma lo ponesse come fondamento stesso dell'identità democratica di una nazione intera: ed è, lo sapete bene, la costituzione italiana del 1948. centocinquantanove anni. ma soprattutto ci son voluti: la nascita e le lotte del movimento operaio e sindacale, l'elaborazione socialista - prima utopistica e poi scientifica -, la 'primavera dei popoli', le associazioni internazionali dei lavoratori, la comune di parigi, le battaglie contadine per le terre, la rivoluzione russa (oggi, novantasei anni fa), l'epidemia insurrezionale dopo la prima guerra mondiale, la nascita dei partiti comunisti di massa, la resistenza al fascismo in italia e in spagna, la vittoria contro il nazifascismo alla fine della seconda guerra mondiale. tutto perché si potesse aggiungere, ai diritti borghesi conquistati dalla rivoluzione contro l'assolutismo, anche il diritto al lavoro - alla sua dignità e alla sua tutela, alla giusta retribuzione e allo sciopero, in generale il diritto all'equità sociale per tutti i cittadini e al sostegno concreto per quanti il libero gioco delle forze economiche lascerebbe indietro, o fuori. è esattamente questa conquista - costa così enormemente tanto! - che il sistema neoliberista vuole distruggere, a livello nazionale e continentale. libertà e proprietà e democrazia formale, per chi se le può permettere - ma niente di più: si vuole farci tornare indietro di oltre un secolo e mezzo. se chi fa politica oggi - e chi di politica oggi racconta o s'informa - non mette in evidenza questo, non è di sinistra. qualunque colore o stemma indossi in pubblico o nel cuore. se chi fa politica oggi non costruisce un fronte per combattere su questo punto il neoliberismo nazionale e continentale, occupa - nella storia - lo stesso posto dei deputati alla costituente del 1789 che bocciarono la proposta di sieyès. ed è politicamente mio avversario, oggi, qualunque colore o stemma indossi in pubblico o nel cuore. la tentazione di tanti - anche tra quelli che se la sentirebbero di costruirlo, quel fronte - è quella di dire, prima di tutto, "fuori dall'euro, polpetta avvelenata del potere! fuori da quest'europa dei banchieri e dei padroni!" ma io dico: prima di fare a meno dell'europa, facciamo a meno di quelli che la governano così. e governiamola come l'europa che nella storia va da atene a firenze, dalla magna charta alla bastiglia, da gramsci a olof palme! perché ciò che è davvero sotto attacco sin dall’inizio della crisi mondiale, è il cosiddetto modello sociale europeo – quello in cui le donne e gli uomini condividono un patto di civiltà per cui la collettività fa fronte comune ai casi e ai momenti negativi dell’esistenza individuale: la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte. ma senza un'europa dei popoli, solida nell'episteme - nessuna difesa possibile per il suo, il nostro, modello sociale! perché questo modello è sotto attacco? primo, perché in termini finanziari costa molto (anche se in macroeconomia riporta indubbi vantaggi, nel progresso umano e nella sicurezza diffusa – ma teoricamente si può far finta di non vederli). e secondo, perché nell’era dell’interconnessione planetaria il sistema teme sul serio che il modello sociale di un continente da mezzo miliardo di persone vada a ‘contagiare’ gli altri sei miliardi e mezzo di umani – e visto che non può permetterselo, allora attacca direttamente il ‘focolaio’. altro passo indietro nella storia, perdonate. è ai primi dell’ottocento che la 'scandalosa moralità' - quella in virtù della quale l'uomo pronuncia la frase meravigliosa "non è giusto!" - scocca una freccia potente: ecco che gli uomini morali cominciano a pensare che l’ingiustizia potrà essere sanata solo attaccando l’esistenza stessa della casta dei 'garantiti economici'. fu niente di meno che mettere in discussione, per la prima volta in senso concreto (ossia progettuale, non solo 'letterario' o filosofico o mistico), il dato originario della divisione dell’umanità tra i pochissimi che si perpetuano in una condizione di benessere e di libertà reale e le masse sterminate di sopravviventi. il socialismo, e così l’anarchismo, nascono qui – è chiaro. ma finché essi restano nelle stanze fumose degli analisti della società, o perfino degli alfieri della rivoluzione – però senza seguito di popolo –, questa freccia (sebbene diretta al cuore del problema) non impensierisce davvero il potere: è lenta, come un cerino che passa da una mano all’altra, che si spegne spesso e quindi occorre accederne uno nuovo, ricominciare. sul finire del secolo XIX le cose cambiano, e l’idea rivoluzionaria si diffonde come la fiamma sulla paglia: il privilegio teme davvero, per la prima volta! in occidente, milioni di lavoratori e di cittadini si auto-organizzano nei sindacati e nei partiti socialisti. a migliaia aderiscono ai movimenti anarchici o comunque anticapitalisti. l’impero russo diventa il primo esperimento (dopo il lampo della comune di parigi) di autogestione dello stato da parte del proletariato. il 7 novembre 1917. poi, mi ripeto: nascono ovunque i partiti comunisti; le grandi nazioni europee sentono il fuoco della rivoluzione a un passo dai confini e perfino sotto i piedi, con le occupazioni di fabbriche e terre e con la rivolta sociale che sembra poter riuscire. e il capitalismo, che si è già disteso su tutto il pianeta e non può difendersi attaccando la luna, vive realmente un’ora buia come mai prima: la massa indistinta, la cui soggezione millenaria ha costituito lo scavo di fondamenta per l’edificazione del palazzo sui cui terrazzi una minoranza vive da allora nel sole (e ivi lavora e produce, e crea conoscenza e bellezza – non lo nego), dice adesso, e con voce possente e collettiva, “questo non è giusto, e questo non sarà più!”. il novecento, dalla grande guerra in poi, non è che la reazione a tutto ciò. da un certo punto di vista, in tutti i campi dell'umano. dal fascismo al nazismo, dallo stalinismo alla seconda guerra mondiale, dalle avanguardie ai conformismi, dal new deal al riformismo, dall’anticolonialismo alla guerra fredda, dai colpi di stato al sessantotto, dal welfare alla società dei consumi, dall'emancipazione femminile all'ambientalismo, dalla strategia della tensione a quella della televisione, dal neoliberismo alla globalizzazione – il ventesimo secolo è, detto in estrema sintesi (e superficiale, me ne scuso), la complessa dinamica di 'risposta di sistema' alla sollecitazione inaudita della 'scalata al cielo' da parte della porzione più consapevole del 99.9% di specie umana da sempre 'fuori quadro'. ora, fermiamo il fotogramma circa a metà del '900. “gli europei sono il problema – avrà, più o meno, detto a se stesso il capitalismo intorno agli anni ‘40 del secolo scorso – dunque l’europa sia la soluzione: dategli il loro modello sociale, le loro riforme, dategli tutto il keynes che possiamo accettare: purché la piantino di elaborare la rivoluzione! stiamo ancora tirandoci bombe perché le dittature che avevamo favorito per contrastare l’esperimento sovietico, ad alto rischio contagio, sono diventate quasi peggio dei comunisti: quando sarà finita non vorremo certo ricominciare da capo! ci è andata bene che a mosca comandi ormai un nuovo zar, tutt’altro che un rivoluzionario; e abbiamo fatto comunque affari producendo aerei, corazzate e carri armati; stiamo affinando scienza e tecnologia, organizzazione e propaganda, e questo ci servirà ad ogni modo d’ora in poi… ma gli europei, evolutisi come sono in classi coscienti, sono pazzi abbastanza da tornare a volere la giustizia in terra! allora diamogli una cosa che ci somigli, teniamoli buoni mezzo secolo almeno e facciamo affari lo stesso. dopo vedremo.” e 'dopo' è proprio adesso. ma è 'adesso' da più di trent'anni. infatti (la strategia di 'dominio morbido' del capitale) è durata meno del previsto, perché – in soldoni – da una parte lo stesso welfare, prevedendo un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e contestualmente una diffusione di buoni livelli di istruzione e di canali efficienti di intercomunicazione tra gli individui e tra i ‘corpi intermedi’, ha favorito proprio quell’autocoscienza montante degli umani (il cui culmine mitopoietico fu il 1968) che il sistema vede abbastanza come la peste (pur esso richiedendo, per lo svolgimento di molte mansioni previste dalla divisione locale e globale del lavoro, l’oggettiva emancipazione dei singoli e dell’organizzazione produttiva – ma questa contraddizione è il fulcro stesso del moto della storia, nella nostra chiave di lettura), e dall’altra parte è durata meno perché si è manifestato per la prima volta dall’epoca della rivoluzione industriale lo spettro dell’esaurimento delle risorse energetiche indispensabili a tutta la ‘piramide’, con la crisi petrolifera del 1973, il che costrinse i pensatori di cui sopra a riconsiderare rapidamente la lunghezza del filo da cedere o meno all’aquilone del costoso modello sociale europeo. riconsiderarono allora di tirarlo giù. però lentamente, senza provocare contraccolpi – vedi: movimenti di rivolta popolare o di diserzione fiscale o di moratoria dei consumi – ancor più onerosi. e ‘lentamente’ voleva dire: con una doppia manovra simultanea – che pertanto avrebbe richiesto del tempo. sarebbe? azione ‘uno’: smontare pian piano il nostro modello sociale essiccandone le risorse sia dinamiche (riducendo la contendibilità – benché già limitata – del potere delle élite da parte dei partiti e dei sindacati, pur blandamente, anticapitalisti) sia economiche (con la giustificazione ‘oggettiva’ della minor ricchezza generale disponibile – madre questa della immane deregulation reaganiana e thatcheriana e prodromi sperimentali, come la dittatura cilena, ed epigoni vari, come il berlusconi nostrano). azione ‘due’: diffondere un paradigma dis-valoriale, e acquisire presso i popoli consenso attorno ad esso, tale che la giustizia e la solidarietà sociale fossero man mano scalzati dall’egoismo e dalla diffidenza (a ciò si provvide un poco lasciando libertà di manovra al terrorismo quel tanto che serviva a disincentivare l’impegno politico di base, e moltissimo con l’esplosione del sistema mediatico al centro esatto del ‘buon senso comune’). a guardarsi intorno, sembrebbero aver vinto irreparabilmente. a guardarsi intorno, la moralità scandalosa sembrerebbe perduta. ma invece - concludo - a guardar meglio l’europa è qui, ancora. deve esserci! ancora (per poco) al centro di una dinamica planetaria epocale, e quindi (ancora per poco) in condizione di mettere la propria singolarità – il ‘sogno dell’umano’ a lungo praticato – al servizio di quei sei miliardi e mezzo di cittadini del mondo che europei non sono, né peraltro possono blindarsi come élite nei luoghi e nei privilegi del potere, nel mezzo del caos che viene. l’europa è qui, ora. siamo noi, europei di buona volontà e retto pensiero! ed è adesso che deve - che dobbiamo! - rendere in termini di capacità progettuali e organizzative, al mondo che ha depredato nei secoli del colonialismo (e che ci conforta esso stesso con ‘prese di coscienza’ regionali e pratiche conseguenti – come le primavere arabe, le rivendicazioni democratiche indocinesi, i movimenti latinoamericani per la terra e la legalità): rendere la materia di cui si è nutrita. ne ha fatto cultura e spirito, immersi nei quali siamo cresciuti fino a tanta grazia – ha pasciuto me, e gente come me. ne sprema adesso fino all’ultima goccia tutta la forza politica. che non è poca. (ancora.) in europa abbiamo istituzioni democratiche, almeno formalmente, in ogni singolo paese e nella giovane unione continentale; abbiamo dinamiche di partecipazione dal basso, consolidate; abbiamo organizzazioni rappresentative dei lavoratori, comunque intesi, che almeno in teoria hanno statuti tali da poter trattare con i consigli di amministrazione e le loro federazioni; abbiamo partiti – nei paesi d’europa – nel cui dna, almeno lì, è scritta una missione di progresso e di equità, di solidarietà e di giustizia; abbiamo movimenti, associazioni e collettivi che fanno da battistrada al mondo nel riconoscimento e nella tutela dei nuovi diritti della persona e dell’ambiente; abbiamo un parlamento europeo, e una commissione che funge da organo esecutivo dell’unione – benché con limitate potestà di governo. il tutto pensato dai suoi primi cantori - gli italiani antifascisti reclusi a ventotene - per tutt'altre finalità da quelle perseguite oggi da chi governa la politica (e la finanza) del nostro continente. soprattutto abbiamo limpido il valore della vita, di ogni vita; e del retaggio del tempo trascorso; e della responsabilità verso quello a venire. ecco: tutto questo non sia solo ‘museo’. tanto meno, bottino di guerra. e il momento di dimostrarlo – se mai se ne desse uno – è arrivato. dopo la rivoluzione francese. dopo la rivoluzione russa. la rivoluzione europea - democratica, non-violenta, socialista! concludo davvero - classicamente 'a cerchio'. lavoro! cent'anni fa (meno qualcosa) la parola d'ordine delle organizzazioni e dei movimenti dei lavoratori, operai contadini proletari intellettuali, di tutti i paesi sviluppati fu: PACE! e questo segnava la linea di demarcazione tra partiti e sindacati sedicenti socialisti, ma invece disposti per mille motivi ad accodarsi alle borghesie guerrafondaie e imperialiste, e partiti e sindacati socialisti sul serio - che infatti di lì a poco si chiameranno variamente comunisti. oggi, che le contraddizioni della parabola storica nata allora - passata per la prima guerra mondiale, per la rivoluzione russa e le prove insurrezionali in occidente, per la crisi del '29 e la reazione nazifascista, per la seconda guerra mondiale, per il welfare e il consumismo, per la guerra fredda e la decolonizzazione, per la deregulation e la caduta del muro, per il neoliberismo e la crisi sistemica attuale - arrivano al fatidico scoccare del centenario, vogliamo provare a darci anche noi contemporanei una sola parola d'ordine per la sinistra (senza centro) italiana, e una stessa parola d'ordine per le sinistre conseguenti europee e occidentali, che segni ovunque la linea di demarcazione tra le forze di sinistra (senza centro) e le forze variamente moderate (o populiste) che rincorrono gli slogan (che so?) della crescita o della legalità o della meritocrazia o del reddito o della sicurezza o della 'vendetta' - parola d'ordine intorno alla quale unire immediatamente e 'traducibilmente' tutto ciò che si oppone allo strapotere delle élite dominanti e al disastro globale verso cui esso ci conduce? la mia parola d'ordine - per tutto quello che si è scritto - è: LAVORO! la vostra? sette novembre duemilatredici EUROPA 2014: FOUR STEPS TO A SIMPLE QUESTION
first step 16 ottobre il blog di grillo ha sciolto le riserve: m5s si presenterà alle elezioni europee del 2014. ovviamente la decisione è stata presa dopo lungo e articolato dibattito aperto a tutti gli aventi il diritto di decidere democraticamente le sorti del movimento. cioè grillo, casaleggio e chi li paga da dietro le quinte - il primo come speaker, il secondo come guru. le destre fanno il proprio mestiere, bene come al solito. tanto nell'italia del qualunquismo razzista pentastelluto o leghista, quanto nella francia del corporativismo xenofobo di marine le pen. ma non è questo il punto. il punto è che fanno il proprio mestiere, e bene pure loro, anche le sinistre europee. quelle politiche, quelle sindacali, quelle culturali, quelle popolari. in grecia, in spagna, in francia, in portogallo, in germania. e il punto quindi è che dovremmo cominciare a fare il nostro mestiere anche noi qui - la sinistra italiana. ovviamente in tempo utile per la stessa scadenza, importantissima, delle elezioni di maggio prossimo. per l'europa. il nuovo parlamento europeo sarà nettamente polarizzato, dicono i sondaggi, tra le due ali ideologiche - destra populista e sinistra anticapitalista - con relativa contrazione del grande centro (i liberalconservatori, i cristianopopolari, i socialdemocratici) che conserverà sì la guida della macchina ma, anche per le nuove regole di funzionamento delle istituzioni europee, non potrà non subire gli effetti di una dialettica politica vera con le opposizioni. e - sempre dai sondaggi - il gruppo che crescerà di più in proporzione a oggi sarà quello della sinistra unitaria europea. ci stanno syriza, front de gauche, linke, izquierda unida, coligaçao, i rossoverdi scandinavi e pure i 'peggio comunisti' che non si sentono a casa loro con nessuno (tipo il kke). chi manca? un po' di italiani, indovinato. se votassimo ora non ci sarebbe, nel gran bel gruppo della sinistra europea, un solo parlamentare eletto da noialtri in italia! ora. abbiamo tutti (coloro ai quali sto parlando, chiaro) aspettato, sperato, perfino lavorato personalmente al fine, che il grande movimento per l'applicazione sostanziale della nostra costituzione, sorto con l'appello dei cinque arcinoti garanti e denominato 'la via maestra', potesse dichiarare tra i propri obiettivi - vista la bella partecipazione popolare alla sua prima uscita pubblica, e ciò pure grazie a noi - anche quello di costruire davvero un soggetto politico plurale, una coalizione che chieda al popolo il consenso democratico, un cartello elettorale che riunisca tutto ciò che rigetta le larghe intese in italia, il dominio della troika in europa, il turbocapitalismo e la globalizzazione neoliberista nel mondo, e che vuole invece la realizzazione di un modello socioeconomico ispirato all'equità sociale, al progresso civile, al buon vivere sostenibile. un cartello, una coalizione, un soggetto spendibili già da subito - o quasi: di sicuro per le elezioni europee di maggio 2014, ossia da ufficializzarsi prima della fine di quest'anno 2013. abbiamo aspettato, sperato, lavorato, ma pare proprio che non arriverà nemmeno per questa via la buona novella, tanto attesa. allora io propongo un passo in una direzione un po' diversa. cominciamo noi. senza garanti che non se la sentono, verranno poi semmai. senza per forza avere l'accordo preventivo di tutti i possibili compagni di strada, si aggiungeranno via facendo. senza star sempre ad aspettare una visibilità, non si sa bene grazie a cosa visto che non si è conquistata finora, ma che arriverebbe sì in risposta alla notizia concreta che una benedetta coalizione - o meglio, la sua componente di avvio - si è infine costituita. però 'noi' chi? ma è facile! 'noi' appunto quelli che hanno aspettato, sperato, perfino lavorato personalmente al fine che non si è raggiunto per la 'via maestra', quelli la cui bella partecipazione e generosa ha contribuito al successo di quel movimento e della sua prima uscita pubblica. più - attenzione! - quelli che, come noi, rigettano le larghe intese in italia, il dominio della troika in europa, il turbocapitalismo e la globalizzazione neoliberista nel mondo (e che vogliono invece la realizzazione di un modello socioeconomico ispirato all'equità sociale, al progresso civile, al buon vivere sostenibile) ma che, a differenza mia e di tanti, non hanno sperato mai che i cinque garanti potessero dire ciò che infatti non hanno detto, che pertanto non hanno partecipato al percorso organizzativo né a quello fisico del corteo, e che però starebbero tutti ben dentro a un progetto chiaro sin dall'inizio, senza dover aspettare la voglia di nessuno, senza tirare giacchette o cavare promesse, un progetto con finalità di cambiamento dei rapporti politici di forza, ma non con opera di vago lobbysmo bensì con la più schietta delle regole d'ingaggio: "noi vogliamo un'europa tendenzialmente socialista. la vuoi pure tu? votaci e facci votare!" e non siamo pochi, in italia, che rientrano nel primo o nel secondo capoverso qui sopra. per niente. cominciamo noi. ma non velleitariamente, con una pagina facebook o con una petizione online. cominciamo piuttosto dalle strutture politiche organizzate che già esistono, e che nella grande piazza di sabato hanno riempito di rosso la via maestra. parlo del partito della rifondazione comunista e del partito dei comunisti italiani. e parlo a entrambi da indipendente quale sono. il pdci ha appena svolto il proprio congresso, rifondazione sta per svolgerlo - il tema della riunificazione dei comunisti in italia è stato affrontato, lo si sta affrontando nei rispettivi campi e in alcune istanze di ragionamento comune, e io non sono nessuno per dire efficacemente la mia. ma al di là di una riunificazione formale o meno, appare o no essenziale per la dirigenza e la militanza di entrambe le strutture offrire agli italiani la possibilità di eleggere parlamentari europei afferenti al gruppo della sinistra unitaria? son quasi certo di sì. come sono sicuro che rifondazione e pdci, per i profondi rapporti che li legano alle forze politiche della sinistra antiliberista degli altri paesi, saprebbero benissimo come sprovincializzare la messa a punto di un programma elettorale - e la campagna e la comunicazione relative - in modo tale da diventare insieme davvero un polo di attrazione per quei (tanti) compagni di strada che non aspettano altro che qualcuno cominici a incamminarsi per la via giusta. e anche per altri, per quelli che in italia alle ultime politiche (e pure alle amministrative) hanno ancora deciso in base al dogma del voto utile e al controdogma dell'antiberlusconismo, ma che intanto stanno sperimentando con le 'larghe intese' a chi e a cosa sia stato davvero utile il loro voto, e inoltre che guardando in europa potrebbero anche fare la propria scelta in modo finalmente strategico, perfino identitario (identitario di una sinistra 'senza se e senza ma'), e non più chiuso nell'asfissia tatticista delle alleanze possibili o nel consolatorio teporino del 'meno peggio su piazza'. almeno, io lo credo - credo valga la pena provarci. fine. tutto questo per dire, più direttamente, alle compagne e ai compagni dirigenti e militanti di prc e pdci: datelo voi il segnale, che si va in europa, si va a portarci il nostro cuore socialista, si va a metterlo insieme a quello di tante e tanti altri compagni di tutto il continente, e si va tramite una lista ricca e aperta, a cittadine e cittadini di valore, iscritti e non iscritti, portatori di visioni e competenze, storie vere e buone pratiche, idee di conflitto e spunti di soluzioni! datelo voi il segnale per primi - insieme! date il via, e tante e tanti altri verranno a camminare intorno. noi verremo. noi ci stiamo già! second step 24 ottobre la più bella notizia di ieri - a giudizio mio e di tante e tanti compagni con cui ho parlato - è stata una 'doppia' proposta, rilanciata in italia da rifondazione: 1. di far convergere alle elezioni europee di maggio 2014 le liste di sinistra di tutte le nazioni su una stessa candidatura alla presidenza della commissione europea, la candidatura di alexis tsipras di syriza, 2. di costituire allo scopo, in ogni paese, una sola lista unitaria di tutte le forze di sinistra (partiti più movimenti). (ho perfino avuto modo di dirlo personalmente a paolo ferrero, durante il presidio di porta pia, che ero davvero contento per questo! e lui ha risposto dicendo che un progetto del genere o raccoglie l'entusiasmo fattivo 'dal basso' nella sinistra anche diffusa e indipendente, o resta un'idea 'delle segreterie' e muore subito. d'accordissimo!) la proposta originale è del 'consiglio dei presidenti', organo di 'sinistra europea' che è parte (rilevante) del gue-ngl, il gruppo parlamentare di 'sinistra unitaria europea' che conta oggi 35 unità a strasburgo ('sinistra europea' più 'rossoverdi' scandinavi più altri comunisti come il kke) e che per i sondaggi potrebbe raddoppiare o quasi. e tale proposta sarà (spero tanto) ratificata, e sviluppata nelle sue conseguenze politiche operative, nel congresso di 'sinistra europea' a madrid, il 13-15 dicembre prossimo. il presupposto alla sua fattibilità, per noi italiani di sinistra, è che i due partiti comunisti nostrani (rifondazione, che fa parte di 'sinistra europea', e pdci, che ne è al momento 'osservatore' avendo rapporti più stretti col resto del gue - kke soprattutto) siano entrambi d'accordo con la proposta! però leggo oggi che il responsabile esteri di pdci pone qualche distinguo, come 'il pericolo del leaderismo' o la mancata consultazione preventiva delle altre forze gue che non rientrano organicamente in 'sinistra europea', ma che - distinguo a parte - il pdci sonderà tutte le forze che fanno parte di 'sinistra unitaria europea' e altre componenti comuniste o di sinistra italiane ed europee per valutare la proposta 'senza pregiudizio e con spirito unitario'. allora io (che non sono iscritto né a rifondazione né al pdci) chiedo alle compagne e i compagni del pdci - quelli di roma, che conosco e stimo molto - di fare tutto il possibile perché il loro partito svolga effettivamente questa ricognizione e questa analisi 'senza pregiudizio e con spirito unitario', e faccia al più presto sentire anche la propria voce affianco a quella di rifondazione e di tante e tanti indipendenti come me, per la costruzione della lista unitaria per le europee 2014 convergente con tutte le altre liste unitarie di sinistra (partiti e movimenti) di ogni paese sulla candidatura di alexis tsipras a presidente della commissione europea! insomma compagni, vi prego, non facciamo cazzate. third step 4 novembre da alexis tsipras, al comitato centrale di syriza del 20 ottobre: "Oggi non sono solo le persone in basso che non vogliono i memorandum [austerity, patto di stabilità, spending review, smantellamento del welfare...], ma anche quelli al vertice, che non riescono più a contenere le loro conseguenze. Non ce la fanno più. E questo è di enorme importanza. Più diventa lampante come i governanti non possano gestire la situazione, più pericolosi essi diventano. Stanno marcendo le istituzioni necessarie per assicurare la normalità democratica e l’equilibrio sociale. Governi che sono sostenuti con le stampelle straniere, con il risultato che la stessa democrazia è compromessa. Governi che devono completare il progetto di demolizione per cui sono stati selezionati: la grande occasione non solo per aumentare ma per consolidare i profitti dei grandi interessi capitalisti transnazionali, e per esercitare un controllo soffocante, totalitario e assoluto. Possiamo quindi aspettarci il peggio. E dobbiamo essere pronti ad affrontare il peggio con calma e determinazione, con perseveranza democratica e la consapevolezza del fatto che tutti i mezzi saranno utilizzati per impedire alla sinistra e ai suoi alleati di conquistare il consenso e il governo. L’altro giorno a Madrid, il Partito della Sinistra Europea ha deciso di nominare il presidente di Syriza come proprio candidato alla presidenza della Commissione europea. Questa proposta ci onora molto. Io non sto parlando di me stesso, per il quale l’onore è evidente. Mi riferisco, soprattutto, a Syriza e naturalmente al nostro paese e alle lotte del nostro popolo, che sono riconosciute dai partiti della sinistra europea come avanguardia della resistenza popolare in tutta Europa. Molti mi hanno chiesto, dopo la nomina di ieri: Dove porterete avanti la vostra lotta, in Grecia o in Europa? Rispondo: l’Europa è in guerra. Una guerra economica con milioni di vittime. Le nostre nazioni non sono in lotta tra di loro. I popoli e le persone che lavorano sono in lotta contro il sistema finanziario internazionale, il capitale aggressivo e i banchieri. Il fronte su cui si sta combattendo questa guerra è nel sud Europa, in Grecia. Quindi, se i nostri compagni ci hanno onorato con la mia designazione a guidare la battaglia delle elezioni europee, una battaglia decisiva per l’esito della guerra, non è per rimuovermi dal fronte, ma per rafforzare il fronte. Qui, allora, dovremo combattere la battaglia. Sul fronte, in prima linea. Una battaglia che combatteremo nel nostro paese a nome di tutti i popoli d’Europa. Una battaglia contro l’austerità e i memorandum. Una battaglia per cambiare i rapporti di forza in tutta Europa, in modo che nessuna nazione dovrà sperimentare ciò che il popolo greco sta attraversando a causa dei memorandum. Una battaglia per fermare l’ondata di riaggregazione nazionale che si esprime in alcuni Paesi con movimenti di destra o di estrema destra. È la decisione e l’aspettativa della Sinistra Europea che costruiremo un contrappeso alle politiche della signora Merkel. Che organizzeremo un blocco di forze per salvare l’Europa dalla austerità. Più forte è il blocco, meglio è per il popolo greco. Più forte è il blocco, peggio per quelli in ogni paese che hanno implementato e applaudito i memorandum. Il messaggio è dunque questo: come la politica dei Memorandum e la sua austerità devastante è iniziata in Grecia, sarà dalla Grecia che sarà spianata la via per una nuova Europa, di giustizia sociale, lavoro per tutti e crescita al servizio dei bisogni dei popoli." tanto per esemplificare, sinistra europea è la componente maggiore del gruppo GUE-sinistraunitariaeuropea dei parlamentari a strasburgo, tra i quali soren søndergaard - maestro e operaio danese - che ha appena pubblicato il suo dossier sugli sprechi (e i furti ignobili) delle istituzioni italiane nel dopo-terremoto dell'aquila! le nuove case troppo care, i fondi comunitari spesi male, i materiali scadenti e le norme violate, gli immancabili sospetti sugli appalti: a l'aquila ogni appartamento è costato il 158% in più del valore di mercato, il 42% degli edifici è stato realizzato con i soldi dei contribuenti europei (e non con quelli del governo italiano, come ha sempre sostenuto berlusconi), solo il calcestruzzo è stato pagato 4 milioni di euro in più del previsto, e 21 milioni in più i pilastri dei palazzi; la situazione del centro storico rimane sostanzialmente invariata: in quattro anni (quattro!) solo un paio di edifici (due!) sono stati ricostruiti nella cosiddetta zona rossa. companeroas, diamo forza al GUE-NGL! diamo forza a sinistra europea! costruiamo anche in italia una lista unitaria per le europee 2014 che sostenga la candidatura tsipras (che l'ha accettata, vivaddio! senza opporre ragionamenti del tipo 'no, servo di più ai miei e continuo a fare il mio lavoro', che abbiamo sentito fin troppo spesso qui da noi...) alla presidenza della commissione europea! in competizione col pse, che non è di sinistra - pse di hollande e lagarde, dell'spd che governa con merkel, del pasok, del centrosinistra nostrano (sel compresa). non più di quanto lo sia il mio piede destro! l'indicazione dei partiti comunisti italiani (rifondazione esplicita, pdci allo studio - e compagn* del pdci, mi raccomando!) già c'è, ora dobbiamo costruire la rete efficace delle alleanze anticapitaliste, antineoliberiste, antagoniste attive, altermondiste, benecomunarde, socialiste conseguenti, solidariste concrete... tutti i soggetti che si stanno già muovendo, e bene, nel nostro paese! insomma, companeroas... FAMO 'STA LISTA E SPACCHIAMO!!! LA ROTTA E' INDICATA. NON C'E' PIU' UN ALIBI PER NESSUNO. QUINDI AL LAVORO E ALLA LOTTA! fourth and last 6 novembre succede in venezuela. "Daka, Mundo Samira, Jvg, Pablo Electronics, Ivoo, Dorsay… serrande chiuse di molti grandi magazzini di elettrodomestici, dove è comparso questo cartello: «Gentili clienti, stiamo aggiustando i prezzi (al ribasso), riapriamo lunedì. Grazie per la vostra comprensione». Le ispezioni del governo hanno infatti riscontrato grosse irregolarità nelle vendite. Commercianti o imprenditori che per importare i prodotti mancanti sul mercato locale scambiano bolivar contro dollari al tasso ufficiale agevolato, previa autorizzazione della Commissione di amministrazione della moneta (Cadivi), l’organismo di protezione della divisa nazionale deputato al controllo dei cambi. Poi, però, gonfiano i prezzi e finanziano titoli da prima pagina sui grandi quotidiani (in mano ai privati, dunque all’opposizione) per accusare il governo di inefficienza: soprattutto prima delle scadenze elettorali. Il presidente Nicolas Maduro – l’ex autista del metro, deciso a proseguire sulla via del «socialismo del XXI secolo» come il suo predecessore Chàvez – denuncia da mesi la «guerra economica» intentata dai poteri forti con la speculazione. Il Venezuela bolivariano è infatti ancora un paese a economia mista – con un certo numerodi imprese a proprietà statale o controllate dai lavoratori – ma in cui il settore privato (abituato al parassitismo e all’evasione fiscale) controlla circa il 60% del Prodotto interno lordo (Pil), riceve finanziamenti dal governo e muove grosse masse di capitali pronti a cercare lidi migliori." succede in italia. nel passaggio dalla lira all'euro, l'impennata dei prezzi al consumo non fu sostanzialmente governata da nessuna istituzione (tra i primi atti del governo berlusconi del 2001 si nota la soppressione dell'agenzia apposita, costituita precedentemente da prodi). imprenditori, distributori, commercianti e partiteIVA lucrarono bellamente per anni, a spese delle tasche dei consumatori. e guai a chiunque dicesse che si trattava di un arricchimento ingiustificato: si veniva accusati di porre limiti 'blasfemi' alla religione del libero mercato! e questo già fa schifo. ma lo schifo si eleva al quadrato se solo si considera che adesso - a crisi conclamata, e che palese è l'incapacità della classe politica di farvi fronte se non con altre sofferenze della popolazione (specie quella a reddito fisso, da lavoro dipendente) - ci sono forze politiche come le destre e i populismi, rappresentanti gli interessi di tanta classe di imprenditori, distributori, commercianti, lavoratori autonomi (che infatti le hanno votate in massa, non sapendo più a chi chiedere favori), che hanno la faccia come il culo di mettere in croce proprio l'euro come la madre di tutti i disastri, e di chiedere l'uscita dell'italia dall'eurozona senza se e senza ma! tanto questa gente - e lo sanno tutti, e lo sa chi galleggia sul loro rancore antisociale e vive politicamente di questo - saprebbe inventarsi il modo di rubare anche se tornassimo al baratto. che odio. invece l’euro, in sé, di male non ha niente. è solo il più facile dei capri espiatori. è che l’europa viene governata – col consenso miope al limite dell’autolesionismo di larghe fasce di europei – senza nessuna idea o pratica di equità sociale, democrazia sostanziale, progresso civile e buon vivere sostenibile! uscire dall’euro è il disastro oltre il disastro. la scommessa dev’essere fare dell’euro la moneta forte di un continente ‘liberato dal neoliberismo’: l’europa del lavoro, l’europa dei popoli, l’europa dei saperi, l’europa dell’ambiente. ma destre e populismi da quest'orecchio non ci sentono, ovviamente. per loro 'tanto peggio tanto meglio!'. e il centro moderato nemmeno - gli sta bene quest'europa del profitto e del mercato, del privilegio e della disuguaglianza. quindi tocca alla sinistra. lo sforzo per il cambiamento tocca tutto a noi! e oggi, un altro fatto abbastanza dirimente: il pd ufficializza il sostegno alla candidatura schulz alla presidenza della commissione europea per le elezioni di maggio 2014, e conferma che chiunque vinca le primarie al ruolo di segretario e come che sia composta la classe dirigente dopo il congresso, il pd entrerà a strasburgo nel pse. ed è dirimente in questo: vendola conferma o no che anche gli eletti per sel confluiranno nel pse? e anche per questo: rifondazione ha già dichiarato la volontà di contribuire a creare una lista unitaria per sostenere la candidatura tsipras alla presidenza della commissione, lista italiana che entrerebbe nel gruppo gue al parlamento europeo. il pdci è d'accordo o no? e i movimenti? e se ci saranno queste due opzioni chiare e distinte - da una parte pd e sel nel pse per schulz, per una politica di mero contenimento(nella migliore delle ipotesi) del neoliberismo continentale; dall'altra prc, pdci e movimenti nel gue per tsipras, per una politica di radicale alternativa al neoliberismo medesimo - è troppo dirimente chiedere qui CHI, oltre me, sceglierà e sosterrà la seconda? grazie per le risposte: è importante! allego sondaggio recente e completo (sprovincializziamoci, almeno un po'): http://sondaggiproiezioni.blogspot.it/2013/11/verso-le-europee-2014-simulazione-della.html e qualche istruzione riassuntiva per orientarsi: 1. a strasburbo eleggeremo circa 750 parlamentari europei. 2. l'italia ne elegge 73. 3. si dividono praticamente in otto grandi gruppi inter-nazioni: - estrema destra (AENM) - euroscettici (EFD) - liberalconservatori (ECR) - popolari&cristiani (PPE) - liberalriformisti (ALDE) - socialisti&democratici (PSE) - verdi®ionalisti (ALE) - sinistra (GUE) più un gruppetto misto 4. per capirci, la collocazione dei partiti italiani nei gruppi sarebbe: - estrema destra: fratelli d'italia, destra di storace - euroscettici: 5stelle, lega - liberalconservatori: scelta civica - popolari&cristiani: pdl (forzaitalia), udc - liberalriformisti: radicali - socialisti&democratici: pd, sel - verdi®ionalisti: verdi, autonomie locali (svp...) - sinistra: comunisti (prc, pdci), antineoliberisti... 5. in italia si vota col proporzionale, e sbarramento al 4% 6. per i sondaggi attuali il prossimo parlamento avrebbe, più o meno: - 30 deputati alla destra estrema (+30 rispetto a oggi) - 30 euroscettici (=) - 40 liberalconservatori (-20) - 220 popolari&cristiani (-50) - 80 liberalriformisti (-10) - 220 socialisti&democratici (+25) - 40 verdi®ionalisti (-20) - 60 alla sinistra (+25) - 30 gruppomisto (+30) 7. per la prima volta le liste nazionali di tutti gli orientamenti dovranno dichiarare quel è il loro candidato alla presidenza della commissione europea (il 'premier' continentale). al momento si conoscono le candidature di martin schulz (spd tedesca) per i socialisti&democratici e di alexis tsipras (syriza greca) per la sinistra. 8. per i sondaggi attuali, nessuno dei 73 europarlamentari eletti dall'italia apparterrebbe al gruppo della sinistra con tsipras candidato (anche perché il 'laboratorio' per una lista di sinistra in italia ancora non si è manco ufficializzato). 9. tuttavia, a sinistra non c'è il 'vuoto quantico': rifondazione comunista si è già dichiarata per la costituzione plurale - di partiti (prc, pdci...), movimenti e singoli - di una lista unitaria proprio per smentire il sondaggio e riempire quel vuoto (purché si superi ovviamente il 4% di sbarramento). 10. e, per quello che conta, io - da indipendente - farò questo e poco altro nei prossimi mesi: contribuire alla costituzione di quella lista e invogliare tutta la gente di sinistra che conosco a sostenerla. perché a maggio in europa il voto utile - il voto del meno peggio, il voto a naso turato, il voto contro qualcuno - davvero non ha senso! nel 2014 per strasburgo si vota in libertà, secondo coscienza di cittadine e cittadini dell'europa come la vorremmo. e come faremo il possibile che diventi! sei novembre duemilatredici DIREFARE
il voto sarà palese, la decadenza è certa. il re(probo) è morto, viva il re(nzi). niente di nuovo nella metodica storica dell'avvicendamento delle figure apicali del ceto politico italiano. ora renzi è pronto, berlusconi non serve più. quando fu pronto berlusconi, non servì più craxi. e prima, craxi subentrò ad andreotti. prima, andreotti a fanfani. prima ancora, fanfani a de gasperi (avvicendamento imposto dalla natura, in effetti). niente di nuovo nel fatto che la profondità dell'incompletezza della nostra democrazia - in quanto delineata dalla costituzione - sia appena sfiorata da questi movimenti di superficie, che tendono essenzialmente a conservare la struttura dell'iniquità sociale così com'è col succedersi delle stagioni politiche e delle generazioni biologiche. di nuovo c'è che in questa stagione e per questa generazione - grazie al potentissimo impero egemonico del senso comune indotto e reso conforme - avvicendamenti come questi vengano scambiati per la struttura profonda delle cose, non per la loro superficie illusoria. con la conseguenza che anche un'ipotetica agenda politica alternativa resta fuori dalla stessa pensabilità da parte del grande pubblico. siamo soggetti a una triste alienazione. alienata è la politica che parla sempre solo di se stessa. ed è pure alienante, quindi va maneggiata con cura. la mia personale speranza è che sia anche alienabile - ma in fretta! nel senso che la si venda al primo offerente che la porti lontano da qui... basta che ce la toglie dal cazzo, mentre noi - cittadine e cittadini, compagne e compagni - rimettiamo mano alla politica che parla della vita! io non mi farò inculare i prossimi anni combattendo contro questo rampante pupazzo toscano come i precedenti inculati a combattere contro il grasso e vecchio pupazzo lombardo. il tema, da cui i pupazzi e chi li muove vogliono distrarci, è il conseguimento del consenso popolare a un'alternativa vitale al vigente modello socioeconomico di distruzione dei diritti, di stupro dell'ambiente, di negazione del futuro - e io mi atterrò al tema. e secondo me, l'alternativa al vigente modello è il socialismo. che sia vitale dipende dalla popolarità del consenso rispetto ad esso. e per conseguire progressivamente tale consenso bisogna essere capaci di mediare. la politica senza mediazioni e sintesi non si può fare - giusto. (qualcuno chiama mediazioni e sintesi, 'compromesso'. a me non piace la parola, ma il senso è quello - purché l'orizzonte sia quello alto e avanzato e la motivazione personale sia disinteressata e nobile.) la mediazione che propongo per favorire il perseguimento del consenso all'alternativa socialista al vigente modello disumano, è la seguente. (la cito direttamente da una sorta di decalogo che ho scritto un po' di tempo fa.) "La proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci, tenetevela (con le vostre sole forze di privati, finché ci riuscite); comuni diventino, per scelta politica - ossia della maggioranza dei cittadini - e progressivamente, la proprietà e la gestione dei mezzi di produzione e distribuzione di servizi e significati (cioè, del valore e dei beni di diritto). Comune e proprietà privata concorrano liberamente sul mercato; i cittadini determineranno la diffusione dell'uno e la contrazione dell'altra, o viceversa, e in quale misura reciproca. Beni di diritto (cioè servizi e significati, cioè valore, cioè fonte e frutto del lavoro comune) s'intendono, senza alcun ordine gerarchico: l'acqua e il cibo; gli indumenti; la dimora; la salute del corpo e della psiche; l'esercizio della libertà fisica; la protezione da parte della giustizia applicata; l'istruzione; la cultura; l'informazione; i mezzi di comunicazione; l'espressione delle opinioni individuali e di gruppo; la fruizione dell'arte e dello spettacolo; la ricerca scientifica e intellettuale; il godimento dell'ambiente naturale e dell'ambiente antropico, della loro bellezza e funzionalità; la mobilità a corto e a lungo raggio; l'accoglienza e la solidarietà; l'assistenza agli anziani, ai diversamente abili, a chi ha bisogno; i servizi ai lavoratori, alla donna, all'infanzia; il riposo e lo svago; e quanto venga così rubricato dai cittadini, nei modi e nelle forme di legge." so che questo può sembrare comunque, al pari dell'impostazione socialista classica (data per morta e sepolta dal senso comune egemonizzato dal potere), un restringimento degli spazi di libertà individuale - della libertà, però, concepita come siamo stati indotti a farlo per alcuni decenni di atomismo competitivo capitalista. tuttavia rileggete, ma a mente sgombra da pregiudizi. e soprattutto, considerate che quando saranno perduti altri (milioni di) posti di lavoro dipendente e quando saranno chiuse altre (migliaia di) posizioni di lavoro autonomo - bruciati in olocausto al dio paranoico del liberismo - ci si accorgerà che l'unica alternativa alla pura legge della giungla sarebbe stata implementare un sistema razionale di cooperazione, programmazione, autogestione e condivisione di tutti gli aspetti del vivere sociale e civile. ma sarà tardi. e, amici del blog, famose a capi'. io qui non ci penso affatto a dire 'il perché delle cose che accadono'. per quello ci sono foreste amazzoniche ridotte in pagine di libri e riviste, pagine antiche ma sempre valide e nuovissime sul mondo che ci cambia sotto i piedi. io ne lessi e ne leggo; forse lo faceste e lo fate anche voi, forse no. ma per dibattiti teorici io non sono all'altezza, e forse manco voi. quindi non provate a tirarmici dentro qui, che non è proprio cosa. lassamo perde: studiamo, invece, e forse ci becchiamo in biblioteca o ai seminari. zitti a imparare da chi seppe o sa. io qui provo semmai a dire 'perché dobbiamo mettere anche la nostra azione intenzionale', sulla scena delle cose che accadono. capite la differenza? ma, di nuovo, non mi ci tirate dentro al dibattito virtuale sul fare o non fare una certa azione intorno agli accadimenti. perché? perché mentre dibattiamo qui su fare o non fare, è certo per definizione che non stiamo facendo! ci seghiamo una possibilità di scelta, proprio facendo finta di ragionare equanimemente di entrambe; e questo magari sarà pure il vostro obiettivo recondito, o forse no. ma il mio proprio no. no. no. semmai venite fuori da internet e fate insieme a me, sicuramente meglio di me - così io imparo da voi e farò, grazie al vostro fare, meglio di prima. oppure non venite perché non vi piace quel mio fare, né il fatto che io qui provi a motivarlo - a invogliarne l'emulazione, senza alcuna pretesa teoretica per carità. risultato: né sulla teoria né sulla prassi io dibatto sulla rete. mi dispiace. anzi no! fare fuori da internet. sono abbonato a internazionale, e non mi pare di aver mai trovato - prima - nelle pagine iniziali, quelle con le foto grandi sulle notizie mondiali della settimana, qualcosa sui movimenti italiani. e invece su questo numero la prima di quelle fotografie è l'immagine della manifestazione-presidio di porta pia del 19-22 novembre! gran bella foto, tanta gente nella luce del crepuscolo, in primo piano lo striscione 'riprendiamoci la città' in rosso su fondo giallo, all'orizzonte i merli delle mura antiche, l'aria tesa di voglia e di lucida determinazione... sembra tahrir, o taksim o puerta del sol! ecco dunque che non ci manca la capacità di mobilitarci, e che se lo facciamo non ci manca neppure la 'sponda mediatica indipendente' - quella che fa bucare lo schermo dell'indifferenza pubblica. ci manca ancora, però, la capacità di trasformare tutto questo in forza politica - che è l'unico modo per passare dalla vertenza particolare alla messa in discussione dell'intero sistema, e dalla resistenza obbligata alla possibile vittoria. per esempio. anche oggi a roma ci si è mobilitati. però. il dito è che i più precipitosi tra i ragazzi dei centri sociali che sostengono la sacrosanta battaglia per il diritto alla casa hanno giocato a acchiapparella con la polizia intorno a fontana di trevi. la luna sono milioni di metri quadri sfitti, centinaia di migliaia di donne e uomini senza casa, il 12.7% di disoccupazione in generale, oltre il 40% di disoccupazione giovanile, i poveri raddoppiati negli ultimi cinque anni, impegni miliardari per grandi opere inutili, nessuna patrimoniale, nessuna applicazione degli articoli 41, 42 e 43 della costituzione italiana, nessuna flessione del pensiero unico dominante, nessuna vergogna. e ora vi racconteranno nei minimi dettagli il dito. ma io no, pure se c'ero. perché io vorrei che invece fissassimo la luna. sì: che ci sparassimo un razzo contro, alla sua faccia di formaggio. socialismo possibile. solo questo. ma niente di meno che questo! trentuno ottobre duemilatredici MATRIX
appena smetti di farti riempire gli interstizi neuronali con fazio floris santoro gruber formigli annunziata lerner, appena smetti di 'farti' di rassegnestampa mainstream col caffè la mattina presto e l'ammazzacaffè la sera tardi, appena smetti di chiederti perché brunetta sibila quella cosa perché santanché urla quell'altra perché grillo sbava a quel modo perché cazzo renzi ridacchia così perché letta parla prendendosi sul serio perché napolitano non va in pensione, appena smetti di farti mangiare i quarti d'ora e l'energia da chiacchiere e polemiche reali o virtuali coi tuoi sfortunati simili che di politico non hanno nulla ma sono luogocomune-addicted da mainstream e circo e media e mugugno, appena insomma smetti di guardare la vita del tuo paese attraverso le goffe ombre cinesi riflesse sul fondo della caverna o irredimibilmente schiave intorno a te - e invece ti alzi e esci fuori, e con un occhio guardi la vita vera e con l'altro studi le parole di chi conobbe e conosce la realtà - be', è un attimo: la prima riflessione che fai è "era così facile!", la seconda è "quanto tempo ho perso", la terza è "ma c'è tanta gente qui fuori...", la quarta e ultima: "ora possiamo fare qualcosa, insieme!" e poi - dopo quell'attimo - cominci a farlo, lo fate. approfondimento. l'ascolto delle altrui ragioni, specie quelle più distanti, come elemento basilare nel processo di formazione delle proprie, e delle decisioni concrete effetto delle ragioni così formate, è pratica sacrosanta. teorizzata da socrate in buonissima fede e resa popolare da voltaire con altrettanta onestà intellettuale. però. però sicurissimamente socrate, e altrettanto voltaire, prescrissero quest'ottima pratica come base di un dialogo reale tra opinioni, posizioni, ragioni difformi. non la dettarono come un vezzo morale. tanto meno come vizio. dialogo, quindi. e reale. sottolineo questo, perché oggi - molto tempo dopo voltaire, moltissimo dopo socrate - il processo di formazione delle nostre opinioni e decisioni conseguenti (politiche, etiche, esistenziali) ha pochissimo a che vedere con la dinamica del dialogo reale, e moltissimo con quella del monologo di qualcuno o di qualcosa, rispetto al quale ciascuno di noi è mero (e muto) ascoltatore. e il peggio è che invece ciascuno di noi è (stato) persuaso di esser lo stesso parte di un dialogo, e quindi (socraticamente, voltairianamente) ognuno si sforza di osservare con generosità la buona regola di ascoltare le opinioni altrui, per farsi un'idea propria. ma in realtà ci si espone a un contagio, a una colonizzazione della mente e dell'animo - da parte di chi sa esattamente come condurla a successo, e perché. infatti, il dialogo reale tra due individui richiede due presupposti: uno, definitorio addirittura, che il dialogo sia effettivamente tra due 'ricetrasmittenti', l'altro che i due ricetrasmittenti abbiano entrambi l'opportunità di convincere l'interlocutore - pari opportunità, sarebbe il massimo, o almeno comparabili per capacità di argomentazione, di comprensione, di resistenza, di penetrazione. ma al contrario, nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa, le opinioni individuali si formano in modo assolutamente minimale per via di 'confronto tra pari' e in modo drammaticamente preponderante per via di 'senso comune', ossia di egemonia 'culturale' dei soggetti possessori delle 'chiavi' di quei mezzi di comunicazione. cioè dei soggetti 'proprietari', in (prima e) ultima analisi. non solo. i possessori delle chiavi non utilizzano, nei confronti del loro pubblico, le usuali 'armi' della conoscenza approfondita del tema e della capacità oratoria, verbale e non - cioè le 'arti' del dialogo vero e proprio, quello cui si riferiscono socrate e voltaire -, bensì una vera e propria scienza della persuasione di massa, che mutua teorie e prassi dalla consolidatissima scienza della pubblicità commerciale ma applicate alla sfera dei 'valori', rispetto alla quale l'individuo comune è destinato a soccombenza certa. in altre parole: nel cosiddetto dialogo politico tra figure pubbliche e cittadini, noi cittadini non siamo interloquenti affatto - ma puri e semplici consumatori, inconsapevoli. assodato tutto questo, l'unica difesa possibile è il non-ascolto. quindi, e in concreto: tenetevi le vostre buone idee - al confine col pregiudizio, addirittura - rispetto a renzi, grillo, alfano, letta, napolitano, draghi, marchionne e compagnia cantando. idee di disistima radicale, ovviamente. e non sfidate temerariamente l'esposizione al fuoco infetto delle loro voci assordanti, che formano il senso comune contemporaneo e lo dominano con la capillarità di tutte le interviste, tutte le immagini, tutte le imitazioni, tutte le ricondivisioni (termine assai facebookiano), tutti i talkshow (anche quelli più apparentemente 'in controcanto' - insidiosissimi), e insieme a tutti gli scoop, a tutto il gossip, a tutte le caleidoscopiche 'piste' del grande circo mediatico (anche quelle più apparentemente lontane dai temi politici e civili - dal glamour allo humour, alla volgarità e all'aggressività spacciate per libertà d'espressione). il quale 'tutto', precotto e tossico, compone propriamente la cappa di piombo del pensiero unico dominante: che il presente è immutabile nelle sue profonde strutture di grandi e grandissimi numeri, strutture di profitto e sfruttamento, di mercato e privilegio, che il presente può esser solo oggetto - semmai - di sterile e isolata ribellione, comunque estemporanea e irrazionale, contro i suoi aspetti più superficiali. tenetevi invece i vostri sacrosanti pregiudizi - lo farebbero voltaire e socrate, pure, valutate le forze in campo - e non date (altro) ascolto: ma studiate e agite. accettando il rischio di far così qualche eventuale errore, o commettere qualche piccola 'ingiustizia' sul piano personale, però... ...però chi per presunzione nei propri mezzi, o per stanchezza o accidia, si espone al contagio - è perduto. e io ho visto - e voi potete vedere ovunque - 'le menti migliori della mia generazione' fornire, a causa di quella soccombenza, un qual credito alle tesi 'democide' del pensiero unico e dei suoi rappresentanti, feroci o suadenti che siano. non sono diventati sciocchi o cattivi, questi nostri cari - ma sono stati avventati (e dunque distratti). davanti al mainstream, chiudete occhi e orecchie! e parliamoci - tanto - e studiamo e creiamo tra noialtri persone: che il presente viceversa si può cambiare, alla radice e organicamente - logicamente! perfino divertendosi, tirando fuori e condividendo tutta la propria umanità, e allietandosi alla luce dei grandi umani e generosi - tra i quali di diritto, certamente, socrate e voltaire che abbiamo qui tanto scomodato. il cambiamento è possibile, è a portata di mano. se non ne fossero convinti, e inconfessabilmente terrorizzati, anche quelli che hanno tutto l'interesse contrario, quelli che dettano i passi e le battute a renzi, grillo, alfano, letta, napolitano, draghi, marchionne, brunetta e santanchè, che commissionano le interviste, le immagini, le imitazioni, le ricondivisioni, i talkshow, i fazio floris santoro gruber formigli annunziata lerner e le rassegnestampa mane e sera, che elaborano e realizzano gli scoop, il gossip, il caleidoscopico circo del glamour, dello humour, della volgarità e dell'aggressività, che alimentano le chiacchiere e le polemiche reali e virtuali, i mugugni e i luoghi comuni, che ci inchiodano lo sguardo a quelle ombre cinesi da incubo, essi non spenderebbero quest'enorme quantità di tempo, mezzi, casting e denaro per tramortirne in noi perfino il sogno - della rivoluzione. il sogno, beninteso, operoso. post scriptum della sera. tornato a casa ho acceso il televisore, è apparso il canale 48 del digitale terrestre. ho sentito notizie per tre minuti e ho letto i sottopancia scorrevoli. prima di spegnere, sono passato sul canale 1 per alcuni secondi. poi sul 2, poi sul 3, il 4, il 5. fino al 20. poi non ce l'ho fatta più. ho provato pietà. come se avessi visto un unico filmato ripreso da un aereo che vola su villaggi diversi e sgancia bombe. è la prima volta che mi capita. non devo più farlo. almeno non fino a quando non sarò sicuro che la pietà verso i telespettatori italiani non smorza la mia energia nel combattere la loro deleteria massa inerziale, che si oppone al cambiamento dell'esistenza mia, di chi amo e di cosa ha valore per me. ventinove ottobre duemilatredici PD
questi sono i giorni di renzi. e io per dire la mia su renzi e sul pd parto dall'australia. dal newcastle herald, australia. che racconta che ivan macfadyen, marinaio, ha ripetuto la traversata del pacifico effettuata dieci anni fa. ma allora fra l’australia e il giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. stavolta due sole prede in tutto. dice che dal giappone alla california l’oceano è un deserto assoluto, solo acqua e rottami. nessun animale. non un solo richiamo di uccelli marini. solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia. nulla di vivo per oltre 3.000 miglia nautiche. rottami, rottami grandi e piccoli ovunque: impossibile perfino accendere il motore. rottami non solo in superficie ma anche sui fondali, come si vedeva chiaramente nelle acque cristalline delle hawaii. e poi plastica, rifiuti di plastica dappertutto. dice che uno dei pochissimi esseri viventi incontrati era una balena solitaria, che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sulla testa. il pacifico è quasi morto – it's broken, per usare l’espressione di macfadyen – e lo sta uccidendo un modello di sviluppo senza intelligenza e senza amore. di quest'ordine di grandezza sono sia la scala dei problemi sia le urgenze temporali per chi, senza possedere il potere economico o militare atto a guidare questa folle realtà verso un qualche porto sicuro, può provarci solo tramite un'attività politica democratica e popolare. una politica di sinistra - cioè - stante che il modello di sviluppo autistico e anaffettivo di cui sopra è espressamente il risultato del blocco di potere trentennale delle destre in tutto il mondo occidentale. in italia la mistificazione è massima. quello che qui il pubblico chiama sinistra, sinistra non è affatto (ma ha un potere nelle istituzioni e un seguito di massa, quindi una quota di egemonia sul senso comune); e invece quello che è sinistra, il pubblico non sa nemmeno che esiste (perché non ha alcun potere nelle istituzioni, microscopico seguito di massa, egemonia sul senso comune pari a zero - si riscontra, anzi, pessimismo disfattista perfino tra i suoi pochi seguaci). in italia stiamo messi così. da tanto e ancora. (ancora per poco - è la mia scommessa e la mia battaglia!) stiamo così perché c'è il pd. più correttamente: perché è esistita - ed esiste tuttora - la parabola trasformista di un polo politico attrattore del consenso genericamente progressista, il quale polo si è chiamato nel corso degli anni: pds, ulivo, ds, unione, pd, centrosinistra. e questo polo, nel corso dell'ultimo ventennio e più, ha ammazzato con immensa doppiezza politica e per mero interesse venale, non dico l'anelito comunista o socialista di massa, ma perfino il più moderato degli orizzonti socialdemocratici che animava ancora la stagione estrema del partito comunista italiano post-berlingueriano. ora questo polo, che governa il paese in prima persona con letta dopo averlo governato per interposta persona con monti - e dopo aver ingaggiato battaglie di pura facciata contro lo speculare polo berlusconiano, a volta vinte (come con le premiership prodi, d'alema, amato, ancora prodi) più spesso perse - ma comunque senza mai mettere affatto in discussione l'impostazione granitica del modello di sviluppo elaborato e implementato dalle destre socioeconomiche occidentali (neoliberismo, privatizzazioni, smantellamento del welfare, guerra di classe dall'alto verso il basso), ora si appresta ad avere anch'esso quel 'campione' di popolarità che la destra politica italiana ebbe e in parte ha ancora in berlusconi: renzi, appunto. possibile che il pubblico progressista cada in questa (ennesima) trappola? possibile, proprio perché è l'ennesima. perfino l'intelligenza si usura. e il bombardamento dell'idiozia è stato continuo, spietato. discuto spesso con gli amici che in buona fede tentano di invertire la rotta di questo pd - meglio: di questo centrosinistra - sostenendo dall'interno le forze a loro dire 'di sinistra davvero'. civati. vendola. civati propone, contro le larghe intese, una coalizione 'che va da prodi a rodotà'. ma prodi, da presidente dell'iri e da premier, rivendica di essere stato 'il campione delle privatizzazioni' in italia. invece rodotà, da accademico teorico e da figura politica, è noto a tutti come 'il fondatore del diritto dei beni comuni'. gli antipodi proprio. vendola rassicura che con renzi in sella, non per questo abbandonerà l'orizzonte strategico della collaborazione col pd contro il centrodestra (!). e intanto, come governatore della puglia, non fa neanche cenno alla possibilità di risolvere il caso ilva con la pubblicizzazione 'senza se e senza ma' (che la costituzione permette senz'altro). ora io lo so che agli occhi dei giudiziosi cittadini che accettano il centrosinistra - questo centrosinistra, e pure quello di renzi che viene - come il male minore, specie in funzione antiberlusconiana ('si berlusconi n'existait pas, il faudrait l'inventer!'), noialtri di sinistra-senza-centro passiamo per matti settari. ma stavolta è proprio palese che il senno l'abbiano perso altri. il pd è in marcia spedita verso le primarie più stupide che io abbia mai visto e il congresso più falso, e intanto sta stretto al governo col pdl per l'esecuzione col gas di un modello sociale popolare e democratico già in agonia indotta, e al popolo variamente appellabile socialista o benecomunardo o comunista o altermondista o anticapitalista o solidarista viene imputata la scissione dell'atomo, la separazione dei quark. quello che volete, certo: ci sfottiamo amaramente noi per primi, per questo brutto vizio di spaccare il capello in quattro (e facilmente spaccarci tra noi). ma se il suo contrario, l'aggregazione per via di superficialità, invece produce l'orrido buco nero che è il centrosinistra, allora evviva la fisica nucleare! ma dai nostri vizi - e dai crimini altrui - impariamo. la sinistra italiana - io spero e credo - si riunirà, né per doppiezza né per interesse. bensì per dare a milioni di lavoratori, cittadini, esseri umani in questo paese, uno strumento efficace per far valere i propri sacrosanti diritti. e, per restare al subatomico: c'è un sacco di spazio là sotto - per creare e organizzare! per chi voglia dare anche una mano, oltre che consigli... ma appunto la domanda è: perché tante e tanti bravi cittadini progressisti non si accorgono che sostenere il pd e il centrosinistra non è più (da tempo) 'fare la sinistra'? perché si guardano allo specchio e vedono ancora una persona sinceramente di sinistra, e quindi pensano che la loro percezione di quale sia l'identità politica reale delle forze in campo non possa essere drogata fino al punto di prendere una tale cantonata. invece io credo che non si sia di sinistra a vita solo perché lo si è stati convintamente, così come - per puro esempio - il battesimo del neonato non dice proprio nulla sull'adesione consapevole dell'adulto allo spirito evangelico. sei di sinistra - io credo - giorno per giorno, se e solo se: - condividi (ancora) la fiducia negli strumenti analitici di comprensione della società elaborati nel secolo e mezzo (e di continuo aggiornati) di storia socialista; - resisti (ancora) alla tentazione del puro tatticismo politicista, che è tutt'altra cosa dalla valutazione/azione politica in una strategia di realismo efficace; - ti poni (ancora) l'obiettivo della modifica dello stato di cose presente e cerchi le forze individuali e collettive per conseguirlo tramite la costruzione di un progetto integrato di democrazia sostanziale, equità sociale, progresso civile, buon vivere sostenibile. e francamente, l'orizzonte prossimo del centrosinistra italiano (non servisse ancora a dimostrarlo la sua storia ormai ventennale) - con tutta la buona volontà dei civati, dei barca, dei vendola e di chi li supporta anche solo come 'il meno peggio' - non imbrocca nemmeno una delle tre condizioni necessarie e sufficienti di cui sopra. insomma, non basta - io credo - essere nati di sinistra, figli e nipoti di sinistra, aver 'puzzato' di sinistra e sezioni e colla di manifesti e libri 'giusti' in casa per tutta l'adolescenza e anche dopo, per esserlo e agirlo essenzialmente anche ieri, oggi e soprattutto domani. non basta - ed è un 'non basta' di dimensioni stellari - essere antiberlusconiani. sì, certo: per tutta l'epopea berlusconiana, di antistato nello stato, i confini dell'essere di sinistra si sono estesi - anche giustamente - all'intero fronte di pubblica opinione che vi si opponeva. così come durante la resistenza, nel combattimento alla morte contro la dittatura nazifascista, tante e tanti italiani moderati, repubblicani, liberali, azionisti, hanno dato un contributo grande - spesso eroico - al fianco delle organizzazioni socialiste e comuniste, e il loro segno è profondamente presente nell'impianto costituzionale e istituzionale della repubblica nata dopo la liberazione. ma nell'ordinario tempo degli ordinari rapporti di forza tra élite socioeconomica dominante e classi socioeconomiche dominate, sono propenso a confermare le mie tre 'condizioni' suddette, per definire l'essere di sinistra e il non esserlo - fare la sinistra o fare un'altra cosa. specie ora, che la dialettica tra i poteri del capitale e del lavoro è così sbilanciata e che l'uscita dalla crisi che il capitale sta imponendo è tanto antisociale! il fatto è questi ultimi vent'anni - oltre agli altri guasti prodotti - ci hanno messo in testa di essere tutti commissari tecnici della politica. io invece sono di sinistra 'semplice semplice': il ct lo faccia chi ne ha le straordinarie capacità, io voglio solo giocare come so - meglio che so. stop, controllo, passaggi, tackle, corsa, cross, gol se possibile. compagne e compagni, posate il telecomando e (ri)mettetevi gli scarpini - solo questo vi chiedo! renzi, pessimo. renzi è uno che ti fa divertire. come grillo. come berlusconi. è il processo del lunedì messo al posto del pensiero politico, dell'azione politica. in modo tale che mentre tu ti diverti (o t'indigni, magari) a sentirli, le cose accadono. le peggiori. quando invece: sospensione del pagamento del debito, profonda riforma agraria, pubblicizzazione delle principali filiere produttive, avanzata di tutti i diritti civili... di che parlo? del programma del centrosinistra - tory: letta epifani renzi, o radical: civati barca vendola - oggi davanti alla crisi capitalista epocale? non direi. sono i primi atti di governo di salvador allende, presidente cileno giusto 43 anni fa. furono esattamente quelle le cose che la sua visione socialista rese realtà per il popolo che l'aveva liberamente eletto. e sono le stesse cose che occorrerebbe fare ora, in italia e in europa, per non perdere tutto e nel modo più tragico. ma per quegli atti allende fu assassinato di lì a tre anni, il cile libero fu rovesciato in una dittatura orrenda, la società cilena divenne il laboratorio del neoliberismo più sfrenato. con la benedizione delle multinazionali e degli stati occidentali (usa in testa) che non potevano tollerare la buona riuscita di un socialismo democratico e popolare. il neoliberismo poi - lontano dall'america latina - si è messo il vestito bello, con reagan e con la thatcher, dopo con l'europa della troika e - da noi - con berlusconi prima e con le larghe intese ora. ma persegue da sempre e ancora dappertutto gli stessi obiettivi: mai troppi diritti civili, privatizzazioni più possibile, il debito come dogma e tabù, maggioritario e presidenzialismo. vi ricorda niente? e il socialismo bisogna perfino saperlo desiderare, ormai. ma io lo desidero. e in tante e tanti lo desideriamo. aggiustiamo l'oceano. ventisette ottobre duemilatredici GOLPE E SILENZI
non so da chi sarà composta la 'commissione dei 42', incaricata da questo parlamento (per 3/4: manca solo un passaggio alla camera, dei quattro previsti) di stravolgere la nostra costituzione. ma so - perché è storia - da chi era composta la 'commissione dei 75', quella incaricata dall'assemblea costituente della neonata repubblica di redigere la bozza di testo che poi sarebbe diventata la costituzione italiana. di quei settantacinque madri e padri costituenti, tutti grandi, voglio ricordare qui venti nomi eccelsi: einaudi, ruini, lussu, calamandrei, paratore, taviani, mortati, moro, la pira, dossetti, merlin, basso, pertini, marchesi, grieco, amendola, iotti, di vittorio, terracini, togliatti. adesso accostate queste madri e padri della patria ai nomi di venti senatori qualunque tra quelli che ieri hanno votato a favore del golpe bianco. per esempio ai seguenti: augello, bernini, bonaiuti, casini, della vedova, finocchiaro, formigoni, gasparri, giovanardi, ichino, idem, lanzillotta, la torre, minniti, puppato, quagliariello, razzi, sposetti, tremonti, zanda. imbarazzante, vero? e feroce. feroce che l'opera di calamandrei e dossetti e pertini e di vittorio - col sacro impulso della volontà popolare, tramite il referendum istituzionale e l'elezione dell'assemblea - possa essere smontata col voto di un razzi, di un gasparri, di una puppato (che con la massima disonestà intellettuale manifestava solo dodici giorni fa per 'la via maestra'), e senza che la volontà popolare possa minimamente esprimersi col referendum confermativo previsto nel caso in cui il golpe fosse passato, sì, ma con soli quattro voti in meno di quelli registrati ieri! ma imbarazzante è anche - e soprattutto - un'altra cosa. e non vi farà piacere. che - venti madri e padri costituenti, venti zimbelli prezzolati dal potere, e - venti o poco più eravamo, cittadine e cittadini, ieri pomeriggio davanti al senato a denunciare questa infamia. coi fazzoletti della resistenza, con gli articoli della costituzione, con le bandiere rosse. ventiquattro ottobre duemilatredici PORTA PIA, ROMA, MONDO Trattativa conclusa. Ma prima questo. Pasolini avrebbe scritto a squarciagola: Alì dagli occhi azzurri. Borgatari e sottoproletari. Facce e ritmi del Corno d'Africa. Voci e lingue del Vicino Oriente. Mani battenti e fischi maghrebini. Intellettuali del partito comunista della diaspora. Bambini aztechi. Sciarpe vietnamite. Occhi russi e moldavi. Barbe della stazione. Solidaristi e benecomunardi. Giornalisti e bloggari. Cittadine e cittadini che non gli basta star tranquilli loro. Ciclisti. Indignati ma senza divano. Per due ore filate a cantare e aspettare e strillare e abbracciarsi. Perché siamo ancora qui, perché siamo arrivati qui, perché finalmente abbiamo sbirciato che succede a Porta Pia. Succede la lotta in festa. Mentre la delegazione tratta col ministro, col sindaco e gli altri. 'Tratta' - ma in realtà afferma. Afferma che non si torna indietro. Che le vertenze sono saldate insieme. Che in discussione è il modello intero. Che la televisione su queste teste non ha potere. Che il carburante è la pelle stessa e il suo bruciore. Che non si batte la scorciatoia del piccoloborghese: il vaffanculo. Che si vuole un'altra vita, con la tenacia che questo richiede. La condivisione, la pazienza, la bramosia, il sudore, la danza, la fede. La delegazione dei popoli e dei diritti afferma cose del genere - ho immaginato. Ma ministro, sindaco e gli altri, abitano in un altro mondo. Trattativa conclusa. E il succo è meno della frutta raccolta, la frutta còlta è meno di quella nata dal cuore dei fiori sui rami infiniti. Perché la terra ha preso voglia di esser generosa, i semi non cadono sul cemento - finalmente - né tra atomi virtuali. Questa terra è grassa di realtà. Reportino: Il presidio di Porta Pia si inabissa stasera. Il movimento no, affatto. Il sociale, il politico, l'umano - camminano insieme, ormai. Il 31 a Palazzo Chigi, prossimo appuntamento. Il resto lo trovate sui giornali, facendo la tara. Perché gli abitanti di quell'altro mondo del pensiero unico e dei privilegi capiscano sempre meglio, col muso strusciato sulla nostra ragione, che il mondo è questo qui: dei borgatari comunisti alì dagli occhi azzurri. http://www.youtube.com/watch?v=NrDNSqn1RCI ventidue ottobre duemilatredici COMUNISTI
che bello, lo shutdown è finito: l'amministrazione pubblica americana torna a vivere. che bello, il default è scongiurato: il debito pubblico americano può sfondare il limite prescritto. ...ma, scusa, la modernità non era invece che l'amministrazione pubblica può pure andare al macero e che caschi il mondo ma il debito pubblico deve restare al guinzaglio? non è proprio su questi dogmi che si muove la legge di stabilità triennale del governo letta-alfano tanto contenti di avercela raccontata in televisione? non erano proprio questi i pilastri che l'europa degli interessi dominanti e dei poteri forti ci ha sbattuto in faccia dicendo - a noi, alla spagna, all'irlanda, alla grecia, al portogallo - "o è così e state dentro, oppure andate a morire ammazzati di fuori?" paradossi del neoliberismo globale. la verità è che senza stato non si sopravvive. che solo di mercato si crepa. che la società esiste eccome. che gli individui da soli durerebbero il tempo di uno schiocco di dita. ma queste verità diventano diritti solo al centro dell'impero - e solo se e quando è in difficoltà. invece a noi europei, quaggiù in periferia - chiusi sottocoperta -, tocca restare incatenati ai remi della grande menzogna. e ci tocca pure cantare, mentre portiamo avanti la galera. ogni tanto qualcuno ci resta secco. lo buttano a mare senza troppo garbo. e me ne legano accanto un altro, gli occhi già infossati. sono contento di non avere uno specchio. ma quel che vedo è che a occhio e croce ci sono oggi 50.000.000 di adulti italiani che si stanno lamentando della legge di stabilità fresca fresca, ironizzando specie sul previsto aumento medio di euro 14 circa sullo stipendio/salario mensile. (di sguardi più ampi di così, sui problemi veri che questo dis-governo crea, difficile trovarne.) eppure, tra questi 50.000.000 di adulti ci sono i 10.000.000 che hanno votato centrosinistra, che ora governa col centrodestra, più i 10.000.000 che hanno votato centrodestra, che ora governa col centrosinistra, più i 9.000.000 che hanno votato grillo, che ha deliberatamente agito perché governassero centrosinistra e centrodestra, più gli 11.000.000 che non hanno votato proprio, dichiarando implicitamente che gli sta bene tutto così com'è. in tutto fa 40.000.000 di adulti italiani che, quindi, hanno da prendersela prima di tutto con se stessi. morale: 4 su 5 di voi che celiate e frignate, non dovreste rompermi tanto i coglioni. zitti, e ai remi. scricchiola. e va bene che contro i comunisti in italia tutto è consentito (dalla cacciata del pci dal governo di de gasperi, imbambolato dai dollaroni del piano marshall, in avanti fino all'estinzione dei comunisti in parlamento con la bella invenzione del pd di veltroni - passando per ricatti, epurazioni, minacce, arresti, processi-farsa, attentati, infiltrazioni, calunnie e pura e semplice ghettizzazione), ma che anche il quotidiano progressista del ceto medio riflessivo si presti oggi a dare ampissimo spazio ai deliri ante-mortem del nazista la cui carcassa vaga ancora da queste parti e alla meschina tattica di autopromozione del suo legaluccio con microfono e videocamera, può voler dire che l'anticapitalismo conseguente comincia a mettere davvero paura al potere. paradosso dei paradossi: siamo solo noi, proprio noialtri, che non ci crediamo abbastanza. diamoci una contata domani e dopodomani, nelle manifestazioni antagoniste di roma. per provocatori e infiltrati è previsto un aperitivo a buffet il pomeriggio di venerdì e colazione continentale sabato mattina. fate pure un po' casino, quello per cui vi pagano, però non ci interrompete le due manifestazioni contro i vostri datori di lavoro e per l'equità sociale. l'avete già fatto il 15 ottobre 2011, ma adesso vi riconosciamo a vista. hasta la victoria siempre! diciassette ottobre duemilatredici INVECE, NOI
la legge di stabilità del governo delle larghe intese si sintetizza in quattro parole: meno stato più mercato. che novità. però su una cosa questi c'hanno ragione - 'questi' sta per: i padroni, gli oligarchi, i tiranni, i poteri forti, gli interessi dominanti, il pensiero unico, il circo mediatico, la società dello spettacolo, lo stato imperialista delle multinazionali, la casta, l'1%... chiamateli come vi pare. c'hanno ragione su questo. che se in 35 anni da che in occidente si è insediato il neoliberismo, voi tutti - sottilmente sfruttati, variamente precarizzati e ormai pure praticamente affamati - non avete fatto da nessuna parte non dico una rivoluzione (a chi va di farsi male per primo?), non dico manco uno sciopero generale a oltranza (chi può fare a meno del salario?), non dico neppure un rifiuto metodico all'acquisto compulsivo (questo li farebbe impazzire, però chi è che rinuncia a darsi oggi il nostro gadget quotidiano?), ma nemmeno una piccola sortita fuori dal recinto in occasione delle tantissime chiamate (in 35 anni, in tutti i paesi occidentali) a quella partecipazione indolore di cittadinanza attiva che poi sono le elezioni politiche (infatti, se e quando avete votato, avete sempre in stragrande maggioranza votato chi pur con sfumature diverse - e simulando avversità reciproche all'ultimo sangue - restava ben dentro il dogma socioeconomico modellizzato ovunque: repubblicani o democratici in usa, thatcher o blair o brown o cameron in uk, kohl o schroeder o merkel in germania, chirac o jospin o sarkozy o hollande in francia, aznar o zapatero o rajoy in spagna, pasok o nea dimokratia in grecia, centrodestra o centrosinistra o lega o grillo in italia), allora facciamo prima a dire che quel neoliberismo antico e rampante di meno stato più mercato, uguale a questo neoliberismo di meno stato più mercato - solo, agonizzante -, embè vi piace proprio. sì d'accordo. vi piace come può piacere la roba a un tossico - non sto dicendo che siate capaci d'intedere e volere, è palese il contrario. ma sta di fatto che voi occidentali, compatrioti miei italiani in particolare (giacché sto qui), visto che nessuno di 'quelli' (i padroni, gli oligarchi, i tiranni, i poteri forti, gli interessi dominanti, il pensiero unico, il circo mediatico, la società dello spettacolo, lo stato imperialista delle multinazionali, la casta, l'1%...) ha interesse a darvi l'interdizione dai diritti politici attivi e passivi per conclamata 'neoliberismo-dipendenza', ma anzi tutti costoro hanno interesse a confermarvi proprio così come siete conferendovi ogni giorno un'informale patente civica - cioè ammaestrandovi al consumo autistico, al lavoro precario, al consenso estorto, alla frustrazione solitaria -, voi democraticamente (di questa democrazia formale che il neoliberismo spaccia per quella sostanziale, che invece sopravvive ancora solo nei primi 54 articoli della nostra costituzione - se fossero applicati) determinate insieme, con una stessa crocetta sulla scheda elettorale (o disertando le urne, identico risultato), la loro fortuna, la vostra rovina, e l'impotenza mia e di chi vede e vive le cose come me (cioè gli antiliberisti conseguenti, i socialisti, i bene-comunardi, i comunisti... chiamateci come vi pare). vi piace, su questo c'hanno ragione. e questo è un dato di realtà. ora, io non so bene cosa direttamente ne consegua sulle strategie e sulle tattiche da adottarsi da parte nostra (gli antiliberisti conseguenti, i socialisti, i bene-comunardi, i comunisti...), che siamo costretti a condividere la stessa società con voi. strategie e tattiche, intanto, per evitare la rapida rovina generale incontro alla quale andiamo tutti a causa della vostra incapacità d'intendere, volere e resistere agli ammaestramenti di 'quelli' (che si salveranno comunque, alle brutte con le astronavi); in secondo luogo, per non dover trascorrere tutta la vita (l'unica, irripetibile) in un ghetto minoritarissimo di sensatezza, etica, umanesimo, mentre l'occidente - semmai sopravviva - è il regno della disumanità capitalista; e in terzo luogo - ma è un lusso solo pensarlo - per ribaltare i rapporti di forza oggi esistenti e insediare in europa (e dove sennò?) un modello socioeconomico basato non sul possesso ma sulla condivisione, non sulla competizione ma sulla cooperazione, non sull'individualismo ma sulla socialità, non sul potere ma sul sapere, non sull'avere ma sull'essere. non lo so bene, ripeto. ma dal dato reale bisogna partire. ne discuteremo tra noi, in italia e pure fuori. e gli esiti - credo, a questo punto - li vedrete direttamente. sedici ottobre duemilatredici LA VIA MAESTRA: IL MIO BILANCIO POLITICO
premesso - e confermato - che il bilancio umano è magnifico. si vede bene dal video, e nel mio cuore. oggi il governo comincia a discutere la famosa legge di stabilità (una volta si chiamava 'la finanziaria'), che stavolta impegnerà la dinamica del bilancio nazionale per il prossimo triennio (non solo per l'esercizio finanziario 2014, quindi). perciò, ricapitolando: - un governo presieduto e composto da premier e ministri esponenti di partiti ora alleati di fatto, ma che al contrario hanno chiesto il voto agli italiani col 'giuramento' di essere l'uno alternativo all'altro; - che ha ricevuto la fiducia da un parlamento eletto con una legge che la consulta dichiarerà incostituzionale - e che lo stesso ideatore chiama 'una porcata' - e nel quale gli italiani vedono il peggio di sé fatto istituzione; - che non fa un solo passo senza l'egida morale e politica di un capo dello stato 'prorogato', per la prima volta nella storia repubblicana, dal parlamento di cui sopra, e che per sua stessa ammissione non può - per motivi anagrafici (né noi lo vorremmo, per pura decenza) - impegnare il paese in una qualunque strategia di lungo termine; ebbene, questo governo - che in un paese normale (e anche un tantino men che normale) non azzarderebbe manco la pianificazione di un torneo di freccette ad halloween per non stracciare il principio di legalità democratica in base a quanto sopra ricapitolato - invece programmerà nel dettaglio la vita di 60.000.000 di donne e uomini per i prossimi tre anni. (e orridamente, dal mio punto di vista - ma ora mi limito a parlare di legittimità formale, neanche dei contenuti smaccatamente iniqui e regressivi.) allora tanto varrebbe imporci di costruire piramidi a mani nude, piani inclinati e slitte. però i migliori e le migliori che abbiamo su piazza - che ho visto e invocato personalmente sabato pomeriggio a roma, insieme ad affetti, a compagni, ad amici e a tanta gente per bene - dicono che i cittadini e le cittadine possono indignarsi e chiedere al governo di non farlo: di non fargli tanto male e tanto illegittimamente. "potete chiederglielo", hanno detto. anzi: "dovete". è che io non so se al governo ci si rivolga col tu, col lei o col voi. e tanti, come me, non lo sanno. dev'essere questo, a cui non han pensato rodotà, landini, ciotti e gli altri. così il governo, il parlamento e il quirinale continueranno a tiranneggiare, su mandato stretto del sistema dei poteri reali. e non è colpa di nessuno. già. fuori di ironia. se nessun opinion leader si prende la responsabilità di dire qualcosa in più che "potete e dovete chiederglielo", ma (che so?) "all'altra italia, antagonista e non-violenta, offro io un modo concreto perché si organizzi", allora per l'accensione delle luci di scena sull'antagonismo 'non-nonviolento' non c'è che da attendere. e pure poco. dopo di che però sarà repressione generalizzata e chiusura degli spazi politici non-conformizzati. tutti. e pure col favore dell'opinione pubblica di maggioranza. vogliono questo? il potere sì, sicuro! ma le migliori e i migliori? analizzando lucidamente: i cinque promotori hanno chiamato all'appello la gente per bene, sabato 12. e noi ci abbiamo messo la faccia, ci siamo incamminati lungo la via maestra. ora non possono chiederci di fermarci, no? al contrario! ma tra quello che vogliamo e quello che dal 12 ottobre in avanti sono disposti quei cinque a fare per aiutarci a ottenerlo, c'è ancora uno scarto. il video che segue ha l'obiettivo di mostrarlo. le foto sono di valentina manusia. e qualche altra foto è di beatrice clementi e di ferruccio gibellini. riprese e montaggio, miei. si chiama "SINISTRAperROMA sulla VIA MAESTRA: il FATTORE UMANO" http://www.youtube.com/watch?v=2d4Co109ySY ultimora. dal sito di libertà e giustizia (zagrebelsky è tra i cinque firmatari del grande appello di agosto, bonsanti ha coordinato l'assemblea di settembre - entrambi erano sul palco sabato): "Un altro colpo alla Costituzione, a manifestazione ancora calda. Un altro voto a maggioranza blindata e con tempi contingentati, ignorando quella piazza che ha chiesto di non ridurre (anche) la Carta a collante delle larghe intese. Tra oggi e domani, il Senato approverà in seconda lettura il ddl costituzionale 813-b, che affida a un comitato di 42 parlamentari (20 senatori e 20 deputati, più i presidenti delle commissioni Affari costituzionali) il compito di riscrivere i titoli I, II, III e V della seconda parte della Costituzione: Parlamento, presidente della Repubblica, governo, Regione, Province e Comuni. Di fatto, metà del testo. Per bruciare i tempi, il ddl stravolge anche l’articolo 138, la valvola di sicurezza della Costituzione, dimezzando da tre mesi a 45 giorni l’intervallo tra le due letture con cui le Camere approveranno la futura legge di riforma. A nulla sono valse le proteste di tanti cittadini e molti costituzionalisti." cosi si avverano tutti i miei (nostri) timori: ora è evidente a tutti - e anche a voi, cari promotori - ciò che i più conseguenti tra i partecipanti alle varie fasi della 'via maestra' prevedevano fin da agosto e settembre e ancora durante il corteo. e cioè che rassicurandoci voi da quel palco che il semplice fatto che fossimo là in tante e tanti avrebbe cambiato i rapporti di forza tra istituzioni e popolo, pur senza dare nessuna continuità organizzativa e politica alla nostra lotta per la costituzione sotto la vostra alta garanzia intellettuale e morale, ci avete un po' preso - intenzionalmente o meno - per il culo. meno male che a scriverlo siete voi stessi. complimenti. concludo. non di forma, ma di sostanza. oggi pomeriggio prende avvio la legge di stabilità, concordata dal governo delle larghe intese con la multinazionale dei capitali e dei mercati: il cappio che il neoliberismo stringerà al collo dei lavoratori, dei precari, degli studenti, dei pensionati, delle famiglie di questo paese per tre anni. per vedere poi, tra chi sarà sopravvissuto all'asfissia, come ricominciare a produrre cose inutili da far comprare a gente rimbambita coi pochi soldi che guadagna mentre chi è ricco lo è sempre di più. oggi faremo un altro bel passo verso la grecizzazione della struttura socioeconomica italiana. con la differenza enorme che in grecia c'è syriza che sfiora il 30% e combatte (tra l'altro) perché i greci non si italianizzino quanto a struttura cardio-cerebrale, mentre qui c'è poco più che il nulla - anche se a volte è un quasi-nulla molto applaudito. quindi diventeremo greci. nel senso più sfortunato del termine. cantami o musa dell'italico popolo la demenza funesta che infiniti addusse lutti a esso stesso e alla terra sua quindici ottobre duemilatredici LA VIA MAESTRA E' LA COSTITUZIONE, LE RAGIONI DEL 12 OTTOBRE
l'idea è questa. a tutte e tutti gli amic* e i compagn* che parteciperanno alla manifestazione, magari venendo a roma apposta, ma che o non fanno parte di sigle specifiche e quindi non saranno nel corteo all'interno di un determinato 'spezzone' oppure semplicemente hanno voglia una volta di 'mescolare un po' le carte', valentina e io diamo un appuntamento per partire e muoverci tutte e tutti insieme, insomma per vivere insieme quella gran bella giornata di cittadinanza attiva! ok? daje: starci è importante! e unit* è più divertente! ma prima di dare le coordinate dell'appuntamento, ecco qui alcune considerazioni in ordine quasi sparso. 'tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.' questa è la nostra costituzione, articolo 49, la più bella del mondo, quella in difesa della quale tutti noi ci siamo mobilitati mille volte, quella per la cui piena e sostanziale applicazione scenderemo in piazza appunto sabato, e ancora e ancora e ancora finché servirà, quella che invochiamo quando il potente si sottrae alla legge, quando il capitale schiaccia il lavoro, quando i nostri diritti essenziali vengono ignorati e offesi, quando il ceto politico e in generale la classe dirigente si dimostrano drammaticamente incapaci o pervicacemente disonesti. questa è la nostra costituzione, che all'articolo 49 dice espressamente che i partiti in quanto associazioni di cittadini sono l'eminente strumento di espressione democratica e di determinazione concreta degli ideali di autogoverno della collettività nazionale. lo dice la costituzione, frutto altissimo dell'opera dei padri e delle madri costituenti. maturato grazie al sacrificio di figli e figlie d'italia nella resistenza alla e nella liberazione dalla barbarie nazifascista. però quest'articolo, i miei concittadini perlopiù non lo amano. fanno finta che non sia. sono riusciti a farglielo guardare con sospetto. sono riusciti a fargliene vergognare. infatti, da tanti anni - e ancora proprio oggi - il senso comune, il pensiero dominante, il conformismo indotto da chi ha i mezzi per e l'interesse a orientare l'opinione pubblica, a pervertirne i valori, a smemorarla delle proprie radici civili e politiche, fanno sì che a contrastare, a travisare, a svilire ogni sforzo di qualunque cittadino per la mobilitazione collettiva con lo scopo di un risveglio democratico, basti rivolgergli questa semplice 'accusa': 'tu vuoi fare un partito'. e la fatica fatta fino a quel momento da chiunque, per sensibilizzare, per aggregare, per elaborare insieme, s'infrange contro questa lama gelida inserita dal conformismo dominante nel cervello della pubblica opinione, e da essa fatta propria organicamente e acriticamente, come un ipse dixit, come un dogma minacciato dalla peggior bestemmia. 'associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico'. sarebbe questa la bestemmia, gente mia? la nostra costituzione bestemmia? bestemmia semmai e certamente contro lo scandalo del potere senza limiti né scrupoli. fu scritta per questo, per questo è stata puntellata dalla generosità del meglio dell'italia repubblicana, sopravvive (ancora) per questo a tutti gli attacchi più feroci. e fateci caso: coloro che vi hanno messo in testa quell'incredibile, autolesionistica, distopia ('fate quel che vi pare, cittadini-sudditi, ma non un partito: mai!'), e che non passa giorno che non la rinforzino con mezzi sterminati di cattiva informazione, sono proprio i rappresentanti di quel potere scandaloso, illimitato e senza scrupoli. quello che odia la costituzione, nel testo e nello spirito, perché gli impedisce (ancora) di sfrenarsi in una lotta intestina tra potenti, e soprattutto nella guerra barbara dei potenti coalizzati contro cittadine e cittadini semplici. infine, care e cari, facciamo caso anche a questo: costoro, gli alfieri ab origine e tuttora della tesi che 'partito è male, partito è spreco, partito è privilegio, partito è antidemocrazia', sono vent'anni che non fanno altro che fondare e rifondare partiti, o comunque conservarseli stretti! da forza italia al pd al cinquestelle (con buona pace di fumisterie non-statutarie, che imbarazzano l'intelligenza media purché onesta), dalla lega alla destra variamente denominata, dal centro imperituro ai pannelliani (sedicente 'antipartitocrazia' ante litteram, eppure partito pure loro), dai dipietrini a sel. perché (gli uomini e le donne del potere, in atto o ambìto) lo sanno, che - a costituzione vigente - solo i partiti arrivano 'a determinare la politica nazionale'. i partiti, loro, se li fanno eccome! e li agiscono a dovere nel gran concerto delle altre potestà reali. e intanto vi soffiano nell'anima che noi, un nostro soggetto politico - virtualmente diversissimo dai loro, nel cuore e nella pelle, ma 'partito' in quanto eventualmente destinatario di preferenze elettorali -, non dobbiamo neanche pensare di farlo nascere. e così, vecchia tattica: davanti all'eresia non vale neanche discutere del merito. così dunque perfino spalle quadrate come quelle di rodotà, di landini, di don ciotti, non appena tacciate di quella 'eresia' sono costrette a tralasciare il merito della loro (nostra, mia) splendida proposta, e a curvarsi in una smentita al microfono o al taccuino - pena il bruciarsi, su un rogo preventivo, di un movimento che invece deve crescere e crescere per la piena applicazione proprio della costituzione italiana, articolo 49 compreso! questa - del potere - è la più diabolica impudenza. ma funziona solo nella misura in cui noi - cittadine e cittadini semplici - continueremo a esserne sedotti. svegliamoci, vi prego, da questa orrenda malìa! eppure, con l'ottimismo della volontà, io credo che landini e rodotà e gli altri l'abbiano messo in conto, di fare prima o poi la cosa giusta, l'unica pienamente sensata: diventare cioè i garanti non di un semplice strumento di pressione esterna sulla politica (obiettivo che farebbe perfin comodo ai partiti ora in parlamento), bensì di un soggetto politico (plurale e confederale, a geometria variabile e inclusiva quanto si vuole) in concorrenza con gli altri, e distinto da quelli (non già per un aristocratico rifiuto a priori dell'agone della democrazia: il voto - bensì) per ciò che a palazzo oggi non ha nessuno, ciò di cui la politica italiana accreditata nei sondaggi è miseramente orfana e che invece interesserebbe milioni di cittadine e cittadini: un pensare lungo e ampio, una visione avanzata e coerente della società, un programma di governo democratico, popolare e (perché no?) socialista. il tutto unito indossolubilmente a un'etica cristallina sia dei candidati e sia dei sostenitori. ma certo che lo faranno! infatti: pensate voi solo se, nei rispettivi contesti e con la fatica fatta a elaborare pensiero politico e a capillarizzarsi nella società reale, pensate se le compagne e i compagni poi costituitisi in syriza in grecia o in izquierda unida in spagna o in front de gauche in francia o nella coligacao in portogallo, le quali formazioni politiche viaggiano tutte con percentuali di voto largamente a due cifre - pensate voi, dicevo, se anziché scegliere la via maestra (appunto) della ricerca del consenso democratico avessero scartato l'ipotesi più sensata e si fossero messe a cercare di fare lobbying esterno sul pasok, sui socialisti spagnoli eccetera! una pazzia, no? un suicidio. per cui io credo e spero che 'la via maestra' voglia dire sì che la via maestra è la costituzione da applicare integralmente - articolo per articolo, come nessuna maggioranza di governo ha mai saputo o voluto o potuto fare da oltre sessant'anni a questa parte - ma pure che la via maestra della democrazia è sempre e comunque quella per cui chi ha un'idea di società, presto o tardi rivolge la più semplice delle domande ai propri concittadini : 'ti piace? allora mi voti che la realizziamo insieme?' (e c'è una scadenza che parrebbe fatta apposta - per una 'syriza' italiana: le elezioni europee di fine maggio 2014! non basta? c'ho anche il nome, della coalizione da costruire da sabato in poi: 'le ragioni del 12 ottobre'! per gli amici, 'le ragioni' e stop.) ma se è così, se questo hanno in mente rodotà e landini e gli altri grandi primi firmatari di quello splendido appello, allora sì, io ci sto: sto con loro, anima e corpo, fino in fondo! e sono convinto che voi che mi leggete - e che manifesterete insieme a noi - la pensiate allo stesso modo. quindi: facciamo che questa manifestazione sia una cosa talmente oceanica, che segni un punto di non ritorno nella storia di questo strano paese! un punto a partire dal quale sia ben chiaro - infallibilmente chiaro - chi sta dalla parte della democrazia sostanziale, dell'equità sociale, del progresso civile e del buon vivere sostenibile. e chi sta contro. l'occasione - vedete - è davvero ghiotta. e irresponsabile sarebbe perderla, data la straordinaria potenza e volontà di dominio degli avversari. tutti! perché nel grande circo mediatico - giacché l'arena di scontro del potere reale è altrove, oscena (direbbe, tra gli altri, pasolini) in quanto oscenamente dentro la nostra carne ma sottratta ai nostri occhi 'spettatorizzati' - perfino il ruolo del buon letta è preordinato: è il terriccio umido dove avviene la cova... di chi? del serpente morente, di berlusconi - che però ha già deposto le sue uova gemelle: grillo e renzi. la grande tenda del circo poggia infatti su questi quattro pilastri: il serpente, la terra, un uovo, l'altro uovo. tutto si svolge sotto la tenda, tenda (che poi è napolitano) e pilastri compresi, davanti a noi. eppure, niente di reale vi si svolge. niente, tranne l'obbligata formazione del senso comune e della pubblica opinione in questo paese che è democratico in questo, che il potere reale considera vantaggioso dispiegarsi non con la pura violenza ma con un sapiente e sapientemente variabile mix di consenso (di massa), sviamento (del dissenso residuo) ed emarginazione (dei pochi riottosi e lucidi). e quando costerà troppo questa strategia, passerà a quell'altra. a meno che - ecco l'occasione di sabato prossimo - una porzione sufficientemente ampia del popolo italiano riesca prima a uscire dal circo, a guardare finalmente la propria carne e quel che c'è sotto, e a contendere spazio al potere - ma nell'ambito reale e in nome della civiltà stessa! non mi fraintendete. lo spazio della politica è irreale non intrinsecamente, bensì perché occupato da chi ho sopra menzionato e con l'inconfessabile obiettivo di occultare i veri rapporti di forza e, con essi, gli striminziti (purtroppo) varchi di liberazione rispetto ad essi. quindi non dico affatto di ignorare le dinamiche democratiche istituzionali (i passaggi elettorali, insomma - come invece fanno i movimentisti 'duri e puri' o i rinunciatari puri e semplici). io dico: usciamo dal circo, guadagniamo terreno nella lotta reale - nella società, nei conflitti economici, occupazionali, ambientali, nell'autoconsapevolezza popolare - ma subito dopo rientriamo nell'arena politica, e per la via maestra: aprendo gli occhi a tutti, e contando quanti siamo così! perché l'italia è una democrazia formale, l'europa è una democrazia formale - e di questa locuzione doppia non dobbiamo affatto perdere il sostantivo (l'oltre-democrazia è puro velleitarismo, che liscia la strada al caos autoritario che quel circo auspica e prepara) ma invece aggiungere all'aggettivo tiepido un altro bello caldo: sostanziale! ma potrebbe essere una specie di profezia che si autoavvera, o invece il mio è solo un sogno utopistico? dipende... per esempio: ora che - dicono in televisione - 'un ventennio si è concluso', e cioè ora che (deduco io) non si deve più rinunciare per forza a essere radicali e identitari 'perché la priorità assoluta (non) è (più) fronteggiare l'eversore, e ogni alleanza verso il centro (non) va (più) bene (a tutti i costi)', allora adesso - chiedo - non la si potrebbe piantare con quella cosa loffia, tatticista e moderata che è da vent'anni il centrosinistra italiano? ancora: adesso quindi che il prioritario nemico (lo dice sempre la tv, e quindi fa senso comune) è abbastanza alle corde, non si potrebbe ricominciare a pensare diffusamente cose come 'io sono di sinistra per questo e quel motivo' e 'io invece sono di centro per questo e quel motivo', e poi 'io voglio un programma di sinistra e un partito / una coalizione di sinistra che lo realizzi e voterò per quella sinistra là' e 'io invece voglio un programma di centro e un partito / una coalizione di centro che lo realizzi e voterò per quel centro là'? no? si potrebbe, non vi pare? magari per tutto ciò che di grande e impegnativo abbiamo in mente - e che ho cercato di condividere qui con voi finora -, ci sono già bell'e pronti (quasi) milioni di cittadine e cittadini che hanno capito dove va la storia, ben prima e meglio di chi pretende ancora di avere in pugno la loro stessa capacità di desiderare, e che ci prova e ci prova ancora senza ritegno con la reificazione costante di un pensiero unico dominante, fattosi piombo e stridore, a suon di clamorosi sviamenti concettuali, inaudite banalizzazioni, veri e propri falsi storici e - in generale - di un calare violentissimo, sugli occhi dell'intelligenza e dell'animo, di una cappa vischiosa di asserita immutabilità del presente e di irredimibilità della nostra condizione di sudditi, sipario dal quale perfino gli spiriti più grandi del nostro tempo faticano a divincolarsi! e invece - io credo, e penso lo crediate anche voi - con la costituzione, se si osa, si vince! perché nella storia di questo strano paese l'applicazione della costituzione è proprio ciò che ha permesso conquiste fondamentali di civiltà e giustizia, come lo statuto dei lavoratori, il decentramento amministrativo, la democrazia in scuola e università, i diritti al divorzio e all'aborto, la chiusura dei manicomi, la riforma del diritto di famiglia... tra l'altro, tutte conquiste merito di una sinistra politica (e sindacale e sociale - ma politica 'partitica' certamente) di classe e di opinione, organizzata e di massa! non a caso gli stessi firmatari del bellissimo appello che ci porta in piazza, sono tutti soggetti 'vincenti' nelle loro rispettive battaglie proprio grazie all'applicazione dello spirito e della lettera costituzionale! sul lavoro, la fiom; sulla legalità, libera; sui diritti, emergency; sull'informazione, libertà&giustizia... e infine - ripeto - ora che l'alibi del 'leviathan-caimano' è parecchio sfumato, il pubblico italiano progressista secondo me può ben essere attratto e mobilitato non più sempre e soltanto dall'indignazione 'interclassista' per il mancato rispetto dell'art.3 ('la legge è uguale per tutti') e dell'art.54 ('i ruoli istituzionali vanno non occupati ma esercitati'), bensì anche e finalmente per l'applicazione di tutti gli altri articoli basilari di equità civile, sociale ed economica, dall'accoglienza dei migranti al ripudio integrale di ogni iniziativa bellica, dallo sviluppo dei beni comuni alla confisca di proprietà private antisociali! è per questo che l'ultima parola è per voi - compagne e compagni 'dai mille distinguo'. vi sto dicendo: adesso lottiamo insieme! i nostri nemici sono diavoli. e avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza, di tutta la nostra forza, di tutta la nostra umanità - di tutte e tutti noi! ma ecco, care e cari davvero, come promesso: l'appuntamento. A ROMA, SABATO 12 ALLE ORE 13 IN PIAZZA DELLA REPUBBLICA DAVANTI ALL'INGRESSO DELLA BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI STENDEREMO A TERRA UNO STRISCIONE 7x1.5 BIANCO CON SCRITTA ROSSA: 'SINISTRA PER ROMA - LA COSTITUZIONE E' LA VIA MAESTRA'. ALLE 14 SI PARTE, NEL CORTEO ALL'ALTEZZA DOVE CI DIRA' L'ORGANIZZAZIONE E OGNUN* SFILERA' CON ADDOSSO I COLORI CHE PREFERISCE E CHE PIU' L* RAPPRESENTANO (PER DIRE, VALE E IO 'SIAMO' DI SINISTRA PER ROMA. MA CI PORTIAMO 'A MANTELLO' PURE LE BANDIERE DI SINISTRA EUROPEA E DI SYRIZA'!) PERCORSO: VIA BARBERINI, VIA SISTINA, PINCIO. ALLE 15.30 IN PIAZZA DEL POPOLO COMINCIANO GLI INTERVENTI DAL PALCO E IO NON DISPERO AL MOMENTO CHE SI POSSA DAR LETTURA DAL PALCO ANCHE DI UNA BREVE DICHIARAZIONE PLURALE SU TUTTO QUEL CHE ABBIAMO RAGIONATO INSIEME! fine. A SABATO, 'LE RAGIONI'! DAJE!!! nove ottobre duemilatredici NEMESI DEL CENTROSINISTRA
domandine sempliciotte. ma... mo' che - dice quello - "un ventennio si è concluso", e cioè mo' che (deduco io) non si deve più rinunciare per forza a essere radicali e identitari "perché la priorità assoluta (non) è (più) fronteggiare l'eversore, e ogni alleanza verso il centro (non) va (più) bene (a tutti i costi)", allora mo' - chiedo - non la potreste piantare con quella cosa loffia, tatticista e moderata che è da vent'anni il centrosinistra italiano? e, mo' quindi che il prioritario nemico (lo dicono loro, eh? e se ne congratulano) è abbastanza out, non potreste ricominciare a pensare tipo "io sono di sinistra per questo e quel motivo" e "io invece sono di centro per questo e quel motivo", e poi tipo "io voglio un programma di sinistra e un partito / una coalizione di sinistra che lo realizzi e voterò per quella sinistra là" e "io invece voglio un programma di centro e un partito / una coalizione di centro che lo realizzi e voterò per quel centro là"? no? eh, ma... ma l'ultimissimo sondaggio post-crisi(non)crisi dà il pd addirittura al 32%! allora dico io - non è che invece che "per forza e un po' controvoglia", voi a essere stati ed essere ancora oggi moderati e tatticisti e loffi, lo fate perché proprio vi piace, vi è sempre piaciuto e vi piacerà sempre? no, ve'? perché se invece è proprio così, ditelo. che noi identitari di sinistra e radicali di programma, ci regoliamo. ahò, eppoi il pd fa danni pure in romania! c'è la gente di rosia montana che NON vuole che si scavi per cercare l'oro nella sua valle, e NON gliene frega un cazzo dello specchietto di qualche salario in più, se questo vuol dire sputtanare l'ecosistema e la storia archeologica della loro terra! (che darebbero, insieme e rispettati, molto più lavoro - con un po' d'intelligenza di governo, o autogoverno meglio ancora!) embè? embè il premier rumeno victor ponta va dritto dritto verso la miniera D'ORO, pure se tutta la gente del posto sta in strada giorno e notte per difendere le proprie regioni. ovviamente è un 'centrosinistro'. come letta, per esempio. e ma che pèsti, 'sti moderati, per le speranze del cambiamento nei paesi d'europa e in europa in generale! solo che piacciono. piacciono come piace il meno peggio: 'che preferisci, un calcio in bocca o un calcio in culo?' 'ok, vada per il culo.' be', la novità è che NOI basta calci. proprio. punto. adesso manco c'è più il (vostro) vecchio alibi! ma quando dico NOI, bellezze, dico quelli che sanno dove stanno, da dove vengono e dove vogliono andare: i radicali (pannella non c'entra una madonna), i socialisti (craxi-dinasty tantomeno), i comunardi, i comunisti. no, lo spiego perché non vorrei che a leggere le mie filippiche contro il pd qualche cazzone grillino possa pensare di iscrivermi al club dei dementi che "pdl e pdmenoelle, stessa roba". e quindi che piaccia il 5stelle pure a me. no, signorini, niente di più lontano dal vero. se con quelli - i centrosinistri d'italia e d'europa - ho voglia di pulirmici il culo, e se quello che ho da pulirmici è direttamente la destra, movimenti come il vostro sono più o meno l'acquazza in cui cadono carta e merda nei pressi del sifone. quello che cambierà le cose sarà solo una consapevolezza di massa, con un'azione politica conseguente, che tiri lo sciacquone! speriamo, companeroas. anzi, più che speriamo - diamoci da fare! e cominciamo subito, da sabato - la grande manifestazione nazionale a roma per la costituzione! p.s. la televisione non delude mai. mi sono sforzato di guardare una delle loro scenette - questa si chiama otto e mezzo condotta dalla figurante gruber (in quota minimalissima alla lunghissima filiera bilderberg) sulla rete la7 (già proprietà telecom, quella privatizzata agli albori del turbocapitalismo finanziario nostrano, ma da qualche mese rilevata da cairo, l'ex-assistente personale di berlusconi passato per publitalia e poi a capo di mondadori) con ospite massimo franco, altra mascherina del palinsesto familiare, del corriere della sera di buona borghesia (osservanza monti-draghiana) - perché prometteva un'ampia intervista a stefano rodotà. bene. se volete vedere il pensiero unico dominante reificato, fatto piombo e stridore, basta che sopportiate una mezz'oretta come questa di clamorosi sviamenti concettuali, inaudite banalizzazioni, veri e propri falsi storici e - in generale - un calare violentissimo, sugli occhi dell'intelligenza e dell'animo, di una cappa vischiosa di asserita immutabilità del presente e di irredimibilità della nostra condizione di sudditi, sipario dal quale perfino uno spirito magno come rodotà fatica a divincolarsi! che pianto. ma che gioia grandissima sarà, quando tutto questo sarà passato, sconfitto, punito! compagni dai mille distinguo, piantiamola e lottiamo insieme! questi sono diavoli. sette ottobre duemilatredici SINISTRA PER ROMA, ROSSO LIBERA TUTTI
la 1^ festa di sinistra per roma, 'rosso libera tutti', s'è fatta e s'è fatta bene! e chi c'era e chi non c'era, io ho preso nota de tutti. socializzo qui qualche impressione in ordine (ovviamente non) sparso. - giudizio altamente positivo sulla festa svolta, che intanto ha rispettato il 'profilo' che i 'committenti' avevano indicato: economia, periferia, contenuti. contenuti: i sette momenti tematici (quattro presentazioni di altrettanti volumi con dibattito sui temi dell'emergenza abitativa, della costituzione, del neofascismo e del bilderberg, e tre tavole rotonde sui primi 100 giorni di giunta marino, sulla manifestazione del 12 ottobre a roma e sul quadro europeo dopo il voto tedesco) sono stati ricchi e seguiti. periferia: la scelta di tenere questa 1^ festa cittadina nel parco/circolo arci del tiburtino III ha avuto l'effetto, per nulla simbolico, di 'tenere a battesimo' sinistra per roma in una realtà popolare - e non su uno dei 'siti' classici più centrali ma pure un po' 'artefatti'. economia: la gestione dell'intera iniziativa è stata tanto ben condotta da presentare alla fine un saldo attivo, che non è proprio scontato! - quindi sinistra per roma esiste: può ormai dirsi uno spazio politico di informazione, elaborazione, azione, mobilitazione, e pure un bel laboratorio 'su scala romana' di stretta collaborazione tra militanti, dirigenti, iscritti, simpatizzanti, sia di PRC che di PDCI, e cittadine e cittadini 'indipendenti' (come me, per esempio) che direttamente in sinistra per roma vedono un valido campo di esercizio dell'attivismo civicopolitico che li anima. certamente, la festa non ci sarebbe stata senza il robustissimo contributo di lavoro, elaborazione, competenza ed esperienza da parte di compagne e compagni dei circoli romani di PRC e delle sezioni romane di PDCI, e cioè con la presa in carico del 'progetto' da parte delle rispettive istanze direttive - e quindi, a tutte e tutti voi/loro un GRAZIE GROSSO COSI'! - se sinistra per roma esiste, allora che continui a esistere! inventiamoci altre occasioni di radicamento e di visibilità, sia presso la base di entrambi i partiti comunisti romani (all'inizio, tutto era 'solo' una lista elettorale amministrativa a supporto della candidatura medici), sia presso il diffuso 'popolo di sinistra' che a roma - vedi tante esperienze di controinformazione, vertenza, mobilitazione, resistenza, occupazione - copre un orizzonte senz'altro più vasto della sommatoria dei due partiti stessi. per esempio: iniziative 'indoor' (seminari, approfondimenti, incontri...) nei locali di via dancalia - iniziative 'firmate' sinistra per roma per ulteriore coinvolgimento di cittadine e cittadini 'indipendenti'. e contestualmente, incontri tra gli 'attivi' di sinistra per roma e gli iscritti territoriali di PRC e PDCI, nei rispettivi circoli e sezioni, per favorire sinergie e recuperare militanza. - altro bel punto: l'osservatorio sulle amministrazioni locali. osservatorio plurale, beninteso, al quale però sinistra per roma sta dando un bel po' di 'energia costituente'! anche al dibattito di giovedì 3 alla festa, i portavoce di 'carte in regola', 'mario mieli', 'arci immigrazione', 'a sud', 'crap' e medici stesso, hanno confermato la bontà del progetto-osservatorio e le aspettative che è lecito nutrire a questo punto. ora si tratta di non fermarsi e di riempire di contenuti quello che oggi è ancora a un buono stadio di approssimazione come contenitore: damose da fa'! - infine, la grande manifestazione di sabato 12 a roma: 'la via maestra è la costituzione'. sinistra per roma occuperà un proprio 'spazio reale' tramite uno striscione apposito e uno spezzone di corteo nel quale sfileranno, anche con le proprie bandiere partitiche di appartenenza eventuale, tutte le compagne e i compagni e le cittadine e i cittadini che sentono di voler dare un apporto alla giovane esperienza di sinistra per roma, insieme alle amiche e amici nostri (di vale e miei) che avevamo già invitato per manifestare unit*. e questo - lo immaginerete - ci piace da matti! concludo con due info di servizio: - giovedì 10 dalle 17.30 in via dancalia 9, sinistra per roma fa un 'attivo' aperto su tutti i temi che ho menzionato. ('aperto' vòr di' VENITE! ) - sabato 12 alle ore 13 APPUNTAMENTO FONDAMENTALE a piazza esedra proprio davanti a santa maria degli angeli, per partire tutte e tutti insieme in una manifestazione che - io credo e spero - potrebbe dividere la storia recente d'italia in un PRIMA e un POI! ('FONDAMENTALE' - maiuscolo - vòr di' che a chi dà buca senza giusta causa, se tojeranno amicizia fb e saluto de persona! ) [cartoline dalla festa: http://www.youtube.com/watch?v=QHNv6Yie44o ] sei ottobre duemilatredici LAMPEDUSA
secondo la legge bossi-fini, a tutt'oggi perfettamente in vigore - e nessuno che tra le istituzioni commosse e i governanti indignati da 60 ore a questa parte abbia detto semplicemente 'aboliamola' -, i superstiti della strage di lampedusa saranno indagati (o forse lo sono già) per il reato di immigrazione clandestina! e tutti quelli che rischiando in prima persona hanno aiutato i naufraghi ad arrivare sull'isola e salvarsi la vita, possono essere denunciati d'ufficio (o forse lo sono già) per favoreggiamento al reato d'immigrazione clandestina! e bossi - di merda, come chi lo vota, e sempre troppo tardi la sua scomparsa dalla faccia della terra, e i suoi elettori si disperderanno in altri luoghi della cattiveria ma non istituzionalizzata - bossi dice che la sua legge è l'unico argine contro la minaccia che gli immigrati costituiscono al lavoro degli italiani. e alfano - di merda, come chi lo vota e come chi ci governa insieme, a questo punto, e pure come chi fa finta di opporvisi in parlamento e poi crea l'alibi demente per impacciare la giunta autorizzazioni del senato - alfano dice che il problema non è italiano, ma europeo, che l'europa deve difendere lei le sue frontiere dai flussi migratori, non l'italia da sola, e intanto ci dà il contentino idiota della proposta di un nobel a lampedusa. e gli altri attori e attrici sulla scena - lacrime, altre puttanate o sviamenti vari, e pannicelli caldi. frontiere europee? protocolli d'intesa? premi nobel? ma vogliamo scherzare?!? nel mercato unico mondiale, grande conquista della contemporaneità, indiscusso come un dogma, ogni istante è buono per l'ingresso di un milione di euro o dollari o yuan in un paese qualsiasi grazie all'acquisto o alla vendita di azioni, obbligazioni, buoni del tesoro, titoli di credito, opzioni sul debito pubblico o privato. in ogni istante, 24 ore al giorno tutti i giorni, capitali a milioni entrano nei territori o ne escono, dall'apertura della borsa di tokio alla chiusura di quella di san francisco, senza alcuna barriera o filtro, senza nessuna pianificazione razionale di questo immenso spostamento di valori, senza che nessuno si ponga il problema preventivo di che effetti avrà l'entrata o l'uscita di un singolo euro o dollaro o yuan sull'occupazione o sulla disoccupazione di una comunità, sulla crescita o sul declino di un popolo, e senza nemmeno che nessuno se ne preoccupi dopo, con una correzione o una sanzione per le manovre finanziarie che abbiano prodotto disoccupazione, declino, carestia, caos, morte. nel mercato unico mondiale l'idea stessa di frontiera è insensata, tanto peggio quella di frontiera presidiata. il dogma ha come corollario che i soldi devono girare, e quel che deve succedere succederà. "è la globalizzazione, bellezza!" e invece, quando parliamo di esseri umani che si spostano... a loro prepariamo l'inferno. i muri armati, come quello tra messico e stati uniti. i respingimenti coatti, come quelli nel mediterraneo. gli arresti preventivi nei luoghi di partenza, operati da polizie orrende pagate sopra e sottobanco dai governi dei paesi di arrivo, che non vogliono problemi. e tutto questo con la scandalosamente ipocrita motivazione che "il flusso delle persone non può essere lasciato a se stesso, va razionalizzato, va ingegnerizzato, bisogna creare i campi di identificazione, bisogna che non si superino i tassi di occupabilità, bisogna esser sicuri che non ci tiriamo in casa gentaglia..." bastardi sepolcri imbiancati! che mille azioni scambiate al secondo tra qui e l'altro emisfero determinino la chiusura di una filiera industriale in questo paese, con la messa sul lastrico di centinaia di migliaia di famiglie, su questo non dite una parola perché il libero mercato è così! ma che entri nel vostro quartiere a cercare lavoro un ragazzo del sud del mondo, e che la concorrenza per un salario (povero e precario - a causa proprio della vostra globalizzazione) tra lui e uno nato qui sia un rischio per tutti - questo, ipocriti, lo denunciate subito all'opinione pubblica come spauracchio per alzare i vostri muri! e poi sappiate che per quanta "gentaglia" possa risalire la corrente della storia di privazioni a cui la dannammo nei secoli, e venir qui a cercare un'altra vita, non sarà mai tanto corrotta e infame come i nostri privilegiatissimi in doppiopetto che distruggono la società, la legge e l'ambiente col piacere di un demonio tra le fiamme. ora, dinanzi a tutto questo, io non mi accontenterò più di mezze misure. io dico: abrogare tutto, chiudere tutti i lager e giù ogni barriera! tendiamo le mani verso chiunque da qualunque provenienza! ogni essere umano cammini libero su tutto il pianeta! e quel che deve succedere succederà. se a qualcuno ciò sembrasse troppo radicale, ingestibile, irreale, risponderò solo: "è l'umanità, bellezza!" chi vi prospetta meno di così o altro da questo - fosse pure un prete, un nero o un compagno - è un buffone nella migliore delle ipotesi, nella peggiore un razzista. alla fine, per quell'alba tragica i morti saranno più di trecento. bambini donne uomini disperati tutti. pazzi di terrore, morti affogati o schiacciati nel naufragio o bruciati direttamente nell'incendio di quella carcassa a galla a malapena. a poco mare da lampedusa. dal suolo di cui noi siamo cittadine e cittadini. dall'europa madre di civiltà. dall'occidente recinto di privilegio. e sono più di mille all'anno da venticinque anni a questa parte, gli umani che si sfracellano lungo le frontiere europee. dico basta, perdìo. basta! la famiglia umana è una soltanto. tutta intera! e ogni decisione - di più: ogni emozione perfino - deve discendere da questo assunto. cinque ottobre duemilatredici A CUORE APERTO
letta al senato. prima impressione. la telecamera spazia qua e là, e la densità di pensiero sopra quelle teste richiama i grandi vuoti interstellari. questo è il senato italiano. senatus populusque. letta al senato. seconda impressione. un discorso che più democristiano non si poteva. se non riesce a sopravvivere così in questo parlamento, io non riconosco più il mio bel paese. letta al senato. terza impressione. bondi è sempre uno spettacolo. abissale. e infestò pure il pci, per cominciare la carriera! promemoria: se e quando riusciremo a far nascere una grande 'cosa' di sinistra, ricordiamoci di non tirarci dentro porci e cani. inclusivi sì, non coglioni. letta al senato. quarta impressione. la grillina ha un futuro nella tv mainstream: dice proprio le cose che pensano tutti proprio come le direbbe chiunque, forse anche peggio. sel vota contro. meno male, almeno. dopo parla direttamente berlusconi. te lo vuoi perdere? "votiamo la fiducia" AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!!! non vi libererete mai di lui, (a meno che siate così geniali da votare voi stessi contro il governo.) no. 235 senatori a favore di letta, pure due in più del primo voto all'insediamento. una maggioranza c'era, e c'è una maggioranza pure adesso dopo le ore e i giorni dei lunghi coltelli: ed è la stessa identica. quanto è geometrico, tutto questo! una triangolazione di tiro che manco a dallas il 22 novembre. solo che oggi - tra i mirini spianati del continuismo del pd, del gattopardismo del pdl e dell'inutilità di questa opposizione tutta politicista - la capoccia che zompa non è quella di jfk, ma la nostra di italiane e italiani. letta: "è tutto ok, non abbiamo non avuto la non sfiducia." (bersani era un dilettante. napolitano ha trovato finalmente il suo cavallo. draghi ringrazia, merkel fa festa.) e alla fine è un piccolo grande prodigio che i romani che oggi hanno assistito anche solo qua e là alla fluviale diretta televisiva dal senato e dalla camera, non siano stasera in massa - torce in fiamme alla mano - intorno alle sedi del parlamento con le peggiori intenzioni. giacché si è assistito a una vera e propria gara verso i livelli più spinti di raggiro, malafede, inadeguatezza, banalità e stupidità perfino offensiva - da parte di tutte e tutti i rappresentanti della repubblica italiana là riuniti oggi e tuttora (drastico giudizio da cui escludo solo i senatori di sel e i deputati sel e civatiani). è un piccolo grande prodigio, e io ne sono ben felice in osservanza dei miei precetti non-violenti - che dimostro col fatto stesso che io, che la fluviale diretta l'ho seguita praticamente tutta, resto ben lontano da quei palazzi né accendo torcia alcuna. ma forse non è un prodigio. è un effetto. l'effetto calcolato di un lavorìo lungo, metodico, implacabile - anche un po' vigliacco, data la disparità tra le armi d'attacco e i mezzucci di difesa -, operato sulla mente e sull'animo dei miei concittadini (quelli che non-violenti non sono affatto) per renderli diffidenti ma innocui, rancorosi ma inermi, conformemente allineati all'accettazione torva dell'apocalisse, piegati ancor più che spezzati. e la diretta è un'altra arma di quelle. il potere si permette con noi di questi giochi perfidi. come il carceriere del panopticon di bentham e foucault. allora bisogna avere tanta fede, tanta, nell'esplosività intrinseca delle contraddizioni presenti. speriamo non mi passi mai. che nutra sempre il mio agire, il mio studiare, il mio voler trovare e saper riconoscere compagne e compagni. . due ottobre duemilatredici FUORI DAL CIRCO
non penso di essere il più analfabeta tra quelli che seguono l'attualità politica. ciononostante, per essere sicuro di cosa volesse dire letta citando da fazio il re travicello, ho sbirciato wikipedia. e come sospettavo, non voleva dire niente. però rassicura. con un'assonanza che magari non cogliamo in pieno - non possiamo, non c'è - ma che ci riporta al tepore favolistico dell'infanzia. nel grande circo mediatico - giacché l'arena di scontro del potere reale è altrove, oscena (direbbe, tra gli altri, pasolini) in quanto oscenamente dentro la nostra carne ma sottratta ai nostri occhi spettatorizzati - il ruolo di letta è quello: è il terriccio umido dove avviene la cova. di chi? del serpente morente, di berlusconi - che però ha già deposto le sue uova gemelle: grillo e renzi. la grande tenda del circo poggia oggi su questi quattro pilastri: il serpente, la terra, un uovo, l'altro uovo. tutto si svolge sotto la tenda, tenda (che poi è napolitano) e pilastri compresi, davanti a noi. eppure, niente di reale vi si svolge. niente, tranne l'obbligata formazione del senso comune e della pubblica opinione in questo paese che è democratico in questo, che il potere reale considera vantaggioso dispiegarsi non con la pura violenza ma con un sapiente e sapientemente variabile mix di consenso (di massa), sviamento (del dissenso residuo) ed emarginazione (dei pochi riottosi e lucidi). quando costerà troppo questa strategia, passerà a quell'altra. a meno che - a questo punto, quasi miracolosamente - una porzione sufficientemente ampia del popolo italiano riesca prima a uscire dal circo, a guardare finalmente la propria carne e quel che c'è sotto, e a contendere spazio al potere - ma nell'ambito reale e in nome della civiltà. non mi fraintendete. lo spazio della politica è irreale non intrinsecamente, bensì perché occupato da chi ho sopra menzionato e con l'inconfessabile obiettivo di occultare i veri rapporti di forza e, con essi, gli striminziti varchi di liberazione rispetto ad essi. non dico di ignorare le dinamiche democratiche istituzionali (i passaggi elettorali, insomma - come fanno i movimentisti 'duri e puri'). io dico: usciamo dal circo, guadagniamo terreno nella lotta reale - nella società, nei conflitti economici, occupazionali, ambientali, nell'autoconsapevolezza popolare - ma subito dopo rientriamo nell'arena politica, e per la via maestra: aprendo gli occhi a tutti, e contando quanti siamo così! l'italia è una democrazia formale, l'europa è una democrazia formale - e di questa locuzione doppia non dobbiamo affatto perdere il sostantivo (l'oltre-democrazia è puro velleitarismo, che liscia la strada al caos autoritario) ma invece sostituire l'aggettivo tiepido con uno bello caldo: sostanziale! spero di farmi capire. trenta settembre duemilatredici DIMISSIONI
l'fmi - praticamente la saccoccia pubblica del capitalismo (che di saccocce private ce n'ha tante, e di occulte tantissime) - giusto ieri mattina diceva che "un peggioramento della crisi economica dell'italia avrebbe ricadute marcate in europa e nel resto del mondo, dato il suo ruolo centrale negli scambi globali e nel sistema finanziario, e un significativo shock potrebbe generare effetti regionali e globali maggiori di quanto suggerito dall'esposizione diretta". e in serata ti arriva la coltellata delle dimissioni dei ministri-servi, che sicuramente - lunedì mattina, apertura delle borse e degli scambi di bot e cct - produrrà proprio quello "shock significativo dagli effetti regionali e globali" paventato dalla cupola del sistema economico e finanziario mondiale. e non fa ridere? a me un po' sì. perché il sistema globale sta facendo la fine dell'apprendista stregone della storiella (quella musicata da ducas, e messa sul grande schermo con topolino in 'fantasia'). venticinque anni fa, o quand'era - insomma, all'inizio dell'incubo italiano -, chi pensate che abbia voluto la resistibile ascesa politica di berlusconi? la mafia, sì certo - per fare gli interessi dell'antistato direttamente nel cuore dello stato. l'eversione piduista, sì d'accordo - perché le tesi antidemocratiche scritte col cappuccio in testa divenissero leggi in doppiopetto. ma, più strategicamente ancora, berlusconi al comando d'italia lo volle proprio la cabina di regia del sistema economico e finanziario mondiale; perché solo lui - col suo potere di pervertimento dell'opinione pubblica - sarebbe riuscito nell'impresa di far diventare il popolo italiano una plebe schiava del pensiero unico neoliberista: drogata in superficie, infelice nel profondo, paralizzata a qualunque reazione sociale e politica perché resa mera somma di molecole in competizione reciproca. scelsero lui, per farci tutti servi - giacché ci eravamo appena 'secolarizzati' dalle precedenti dottrine del lunghissimo dopoguerra (quella cattolicosociale, della dc - estinta per gli scandali -; e quella socialdemocratica, del pci - suicidatosi dopo l'89), e non si poteva rischiare. il sistema - di cui l'fmi è organo nevralgico - disse "è lui! basta che comandi, fategli fare quel che vuole." [da qui in poi, un mio vecchio pezzo. del 2001.] ma quanto costa al sistema globale uno così ? parecchio. costa concedergli il governo a mani libere su una terra stupenda, su sessanta milioni di abitanti e trenta secoli di storia. ma quanto rende alla conservazione dei profitti, globali pure quelli ? rende tanto. perché le cose il nostro tirannuccio le sa fare, è risaputo. e dal vertice locale che lui incarna, a scendere giù giù per politici finanzieri imprenditori avvocati giudici giornalisti dirigenti impiegati medici notai ingegneri commercianti studenti insegnanti preti poliziotti soldati contadini operai pensionati casalinghi valletti cantanti attori analisti cuochi artigiani scienziati filosofi poeti pittori portieri giardinieri tassisti tecnici disoccupati spacciatori assassini truffatori papponi… questo pezzo dello sferico mosaico, insomma il nostro pezzetto a forma di stivale, grazie a berlusconi per un altro po’ di tempo non darà grossi problemi ai supremi indirizzi. ossia: la maggior parte di tutti noi viene o verrà orientata al consenso coi mezzi sterminati del marketing, e qualcun altro è o sarà direttamente arruolato in cambio di un prezzo qualsiasi. appunto. perché il calcolo, il do ut des, si può stabilire per chiunque o quasi. il fatto è che ogni essere umano desidera qualcosa, e spessissimo è una cosa che non potrà ottenere con le sue sole forze. i soldi, il prestigio, la sicurezza, o quella caccola di autostima che le frustrazioni e le ripicche gli hanno sempre negato. e allora, sai quanto ci mettono le tasche inesauribili del potere a darti quello che volevi: un posto, una casa, una pistola, un atomo di potenza, un futuro per i tuoi figli, un motivo per stare al mondo ? ti da ciò che vuoi, basta però che tu stia al tuo remo, preferibilmente cantando, e tiri avanti l’eterna galea. e purché un nuovo mcdonald’s spacci hamburger, patatine e cocacola a mosca come a pechino, a kabul come a nairobi, all’avana prima o poi come presto o tardi pure sulla luna. [fine del pezzo del 2001. torno 'in diretta' e chiudo.] ma poi i soldi finiscono. comincia la grande crisi del 2008 che chissà quanto si avviterà ancora. e proprio ieri sera, il 'campione' nostrano della tenuta del sistema - giusto dopo l'allerta diramato in mattina - ha fatto la mossa che forse manda tutto a puttane! perché il sistema, il neocapitalismo globale, scegliendosi e allevandosi uno così, ha fatto come la rana che traghettava lo scorpione sul proprio dorso da una parte all'altra del ruscello, confidando nel fatto che lo scorpione non l'avrebbe avvelenata sennò sarebbero morti entrambi. ma uno scorpione è uno scorpione. pure se è italiano e sembra un guitto. e non fa ridere? un po'. perché, signori, nel ventre della rana che sta per andare lividamente a fondo ci state pure voi. proprio voi politici finanzieri imprenditori avvocati giudici giornalisti dirigenti impiegati medici notai ingegneri commercianti studenti insegnanti preti poliziotti soldati contadini operai pensionati casalinghi valletti cantanti attori analisti cuochi artigiani scienziati filosofi poeti pittori portieri giardinieri tassisti tecnici disoccupati spacciatori assassini truffatori papponi... voi italiani col prezzo cucito addosso. alto, basso o perfino miserrimo. o nella migliore delle ipotesi, semplicemente scemi totali. nella melma - sotto la melma - dovrete tirar fuori qualche altra virtù. tipo mangiarvela. ventinove settembre duemilatredici UN GIORNO INTENSO
all'aurora fondamentalmente, il mondo lo vogliamo cambiare tutti. (cioè, 'tutti' sta per 'tutti quelli a cui non spaccherei la faccia'. gli altri, quelli a cui la spaccherei, sono infatti quelli che il mondo gli va bene così com'è, per vantaggio o per ignoranza o per codardia o per totale mancanza d'immaginazione. ma per adesso atteniamoci ai primi, quelli che il mondo vogliamo cambiarlo.) lo vogliamo cambiare tutti. però tra questi 'tutti' c'è una linea di demarcazione abbastanza definita e stabile, che li separa in quelli da una parte e quelli dall'altra. da una parte ci stanno quelli che perseguono l'obiettivo di perfezionare il mondo, perché lo ritengono perfettibile forse all'infinito, e ci lavorano su tutta la vita perché essendo appunto infinitamente perfettibile, il mondo non gli sembra mai perfetto un istante dopo l'altro. si faranno sempre il culo per migliorare un po' il mondo, mai contenti del tutto. il loro contributo è questo. io sono tra loro. dall'altra parte ci stanno quelli che perseguono l'obiettivo di perfezionare il metodo per perfezionare il mondo, perché lo ritengono - il metodo - perfettibile forse all'infinito, e ci lavorano su tutta la vita perché essendo appunto infinitamente perfettibile, il metodo non gli sembra mai perfetto un istante dopo l'altro. si faranno sempre il culo per migliorare un po' il metodo per migliorare il mondo, mai contenti del tutto. il loro contributo è questo. solo che poi di tempo per migliorare il mondo in sé, proprio non gliene resta. e io non sono tra loro. ma ne conosco un botto. e mi pare di poter dire che - in italia, e non soltanto - tutti i militanti o simpatizzanti di forze politiche organizzate che contengono nella propria denominazione la parola 'comunista' (comunque declinata) appartengono, come me, al primo gruppo che ho descritto. non so perché, dev'essere una tara. mentre - in italia, e non soltanto - tutti i militanti o simpatizzanti dei collettivi civici o civicopolitici, dei movimenti sociali o socialpolitici, dei gruppi sindacali o sindacalpolitici (tanto o poco o niente - perlopiù - organizzati e strutturati) che non contengono 'comunista' nella propria denominazione, specie quelli che s'incazzano pure un pochetto se li tacci di tale appartenenza, ebbene appartengono al secondo. e non so perché, dev'essere un'alimentazione sbagliata. ma la lotta è aspra, tutti servono. e ci vuol pazienza con tutti. però pure le schicchere sul naso, no. no, basta. colazione "sinistra criminale, in atto un colpo di stato" nemmeno da berlusconi mi aspettavo un exploit linguistico-logico tanto eccezionale: cinque menzogne in una sola frase di appena otto parole, di cui tre sono articoli o preposizioni! sinistra: non c'è nessuna sinistra in parlamento che stia decidendo alcunché. criminale: non c'è alcun profilo criminale nell'applicazione di una legge vigente. atto: non c'è in atto proprio un bel niente, solo schermaglie tattiche e rinvii all'infinito. colpo: non può darsi nessun 'colpo' in un habitat vischioso come la commedia politica nostrana. stato: lo stato non c'è più, è una voce di spesa - e manco delle maggiori - di una cordata di multinazionali. buona giornata companeroas, e non facciamoci fregare pure le parole! mezza mattina companeroas di 'sinistra per roma', non ve l'ho detto ancora che a vedere come sta venendo su un pezzo alla volta la nostra 'rosso libera tutti', io sono proprio proprio contento? e che a vedere ogni giorno un facebook-evento nuovo con la sua bella locandina, e il countdown grafico, e l'arricchimento progressivo della pagina http://www.sinistraperoma.org/ , tutto fatto bene, di qualità, coi contenuti giusti frutto del lavoro dietro le quinte e gli ingredienti tutti bilanciati frutto dell'intelligenza politica e pratica che evidentemente non ci manca - non ve l'ho detto ancora che sono proprio proprio contento di stare a fare questa cosa insieme a compagne e compagni brav* come voi tutt*? e che sono sicuro che sarà una gran figata, e che ci piacerà farci il culo per renderla tale, e che piacerà a tutte e tutti quell* che ci verranno, e che dirà cos'è 'sinistra per roma' meglio di qualsiasi altra cosa, e che sarà una base bella e solida per costruire il dopo (che altroché se ci serve!), e che abbiamo fatto benissimo a volerci provare, e che questa qui che siamo è una squadra tanto fica e generosa che da mo' che mi sognavo di incontrare e farne parte - non ve l'ho detto ancora? be', mo' ve l'ho detto. companeroas, GRAZIE! pausa pranzo marchionne esprime il suo appoggio a letta: "la sua missione qui è stata un grande successo. abbiamo bisogno di stabilità per fare qualcosa." qualcosa tipo continuare la strage. dimmi con chi vai... caffè pomeriggio “Il classico welfare si sta lentamente ma inesorabilmente evolvendo in una società della partecipazione, nella quale i cittadini devono prendersi cura di se stessi, ed è la società civile a dover ideare soluzioni per questioni come la cura degli anziani.” questo è il discorso che seriamente e mestamente il re guglielmo d'olanda, in accordo col premier liberale, ha fatto a tutti gli olandesi durante il prinsjesdag, l’evento annuale in cui si discute pubblicamente di bilancio. seriamente e onestamente gliel'ha detto, e loro francamente e mestamente resi edotti decideranno il da farsi: democraticamente cambiare premier, cambiare priorità, cambiare modello, cambiare forma statuale - o tenersi tutto così com'è per le più diverse ragioni. questa io la chiamo civiltà. qui in italia le prospettive sono purtroppo perfettamente identiche a quelle olandesi (e di tutta europa), è chiaro come il sole. e come il sole è chiaro che quella di concretizzare quelle prospettive è proprio l'intenzione di chi - palesemente o dietro le quinte - ci governa: smantellare lo stato sociale. la differenza, abissale, però, è che qui ci dicono stronzate. e la cosa più dolorosa, è che noi ce le beviamo. inibendoci pertanto qualunque decisione circostanziata e politicamente efficace - eventualmente anche di sterzare a 180° rispetto all'andazzo imposto. questa, è democrazia bloccata. e questa io la chiamo inciviltà. ma con l'inciviltà non si può scendere a patti, la si combatte fino in fondo. la sera questa è fantastica. come saprete c'è in corso il processo sulla trattativa stato-mafia. ora, l'italia - il popolo italiano - ha un ruolo doppio: l'italia celebra il processo (la giustizia è amministrata in nome del popolo) e l'italia è parte lesa (infatti l'avvocato dello stato è parte civile nel processo). ti aspetteresti che italia di qua e italia di là, la mafia resti nel mezzo e la inchiodiamo una buona volta! macché. perché c'è il problemino che l'italia (sempre noi, il popolo) c'ha pure qualche scheletruccio nell'armadio, e precisamente lo scheletruccio di pezzi dello stato che hanno trattato con la mafia. motivo per cui ricorderete la crocifissione subita da ingroia che adombrò responsabilità molto molto in alto per la trattativa di cui sopra. ebbene, oggi l'italia (il pubblico ministero) ha chiesto che l'italia (il presidente della repubblica) potesse testimoniare in aula, ma immediatamente l'italia (l'avvocato dello stato) ha detto che la sua testimonianza non serve e quindi non se ne farà nulla. riesco a sentire distintamente sghignazzare sia i mafiosi reclusi nelle loro celle, sia quelli latitanti nei loro bunker. ridono come davanti alle scenette di franco e ciccio. questo non è un paese. perché noi non siamo un popolo. prima di notte "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale." questa è la nostra costituzione, articolo 49, la più bella del mondo, quella in difesa della quale tutti noi ci siamo mobilitati mille volte, quella per la cui piena e sostanziale applicazione scenderemo in piazza ancora e ancora e ancora, quella che invochiamo quando il potente si sottrae alla legge, quando il capitale schiaccia il lavoro, quando i nostri diritti essenziali vengono ignorati e offesi, quando il ceto politico e in generale la classe dirigente si dimostrano drammaticamente incapaci o pervicacemente disonesti. questa è la nostra costituzione, che all'articolo 49 dice espressamente che i partiti in quanto associazioni di cittadini sono l'eminente strumento di espressione democratica e di determinazione concreta degli ideali di autogoverno della collettività nazionale. lo dice la costituzione, frutto altissimo dell'opera dei padri e delle madri costituenti. maturato grazie al sacrificio di figli e figlie d'italia nella resistenza alla e nella liberazione dalla barbarie nazifascista. però quest'articolo voi non lo amate. fate finta che non sia. sono riusciti a farvelo guardare con sospetto. sono riusciti a farvene vergognare. infatti, da tanti anni - e ancora proprio oggi - il senso comune, il pensiero dominante, il conformismo indotto da chi ha i mezzi per e l'interesse a orientare l'opinione pubblica, a pervertirne i valori, a smemorarla delle proprie radici civili e politiche, fanno sì che a contrastare, a travisare, a svilire ogni sforzo di qualunque cittadino per la mobilitazione collettiva con lo scopo di un risveglio democratico, basti rivolgergli questa semplice 'accusa': tu vuoi fare un partito. e la fatica fatta fino a quel momento da chiunque, per sensibilizzare, per aggregare, per elaborare insieme, s'infrange contro questa lama gelida inserita dal conformismo dominante nel cervello della pubblica opinione, e da essa fatta propria organicamente e acriticamente, come un ipse dixit, come un dogma minacciato dalla peggior bestemmia. "associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico". sarebbe questa la bestemmia, gente mia? la nostra costituzione bestemmia? bestemmia semmai contro lo scandalo del potere senza limiti né scrupoli. fu scritta per questo, per questo è stata puntellata dalla generosità del meglio dell'italia repubblicana, sopravvive (ancora) per questo a tutti gli attacchi più feroci. e fateci caso: coloro che vi hanno messo in testa quell'incredibile, autolesionistica, distopia ('fate quel che vi pare, cittadini-sudditi, ma non un partito: mai!'), e che non passa giorno che non la rinforzino con mezzi sterminati di cattiva informazione, sono proprio i rappresentanti di quel potere scandaloso, illimitato e senza scrupoli. quello che odia la costituzione, nel testo e nello spirito, perché gli impedisce (ancora) di sfrenarsi in una lotta intestina tra potenti, e soprattutto nella guerra barbara dei potenti coalizzati contro cittadine e cittadini semplici. infine, care e cari, fate caso anche a questo: costoro, gli alfieri ab origine e tuttora della tesi che 'partito è male, partito è spreco, partito è privilegio, partito è antidemocrazia', sono vent'anni che non fanno altro che fondare e rifondare partiti, o comunque conservarseli stretti! da forza italia al pd al cinquestelle (con buona pace di fumisterie non-statutarie, che imbarazzano l'intelligenza media purché onesta), dalla lega alla destra variamente denominata, dal centro imperituro ai pannelliani (sedicente 'antipartitocrazia' ante litteram, eppure partito pure loro), dai dipietrini a sel. perché (gli uomini e le donne del potere, in atto o ambìto) lo sanno, che - a costituzione vigente - solo i partiti arrivano "a determinare la politica nazionale". i partiti, loro, se li fanno eccome! e li agiscono a dovere nel gran concerto delle altre potestà reali. e intanto vi soffiano nell'anima che noi, i nostri soggetti politici - virtualmente diversissimi dai loro, nel cuore e nella pelle, ma partiti in quanto eventualmente destinatari di preferenze elettorali -, non dobbiamo neanche pensare di farli nascere. così, vecchia tattica: davanti all'eresia non vale neanche discutere del merito. e dunque perfino spalle quadrate come quelle di rodotà, di landini, di don ciotti, non appena tacciate di quella 'eresia' sono costrette a tralasciare il merito della loro (nostra, mia) splendida proposta, e a curvarsi in una smentita al microfono o al taccuino - pena il bruciarsi, su un rogo preventivo, di un movimento, http://costituzioneviamaestra.it/ , che invece deve crescere e crescere per la piena applicazione proprio della costituzione italiana, articolo 49 compreso! questa - del potere - è la più diabolica impudenza. ma funziona solo nella misura in cui noi - cittadine e cittadini semplici - continueremo a esserne sedotti. svegliamoci, vi prego, da questa orrenda malìa! ventisei settembre duemilatredici LOGICI, PAPI E DEI
ratzinger scrive a odifreddi, tra l'altro: "ciò che Lei dice su Gesù è un parlare avventato che non dovrebbe ripetere." è una minaccia? a questo punto, il poliziotto buono dovrebbe dire al poliziotto cattivo di non esagerare. anche se io spero che bergoglio sia qualcosa di più del poliziotto buono. staremo a vedere. a parte questo - questo scriversi e rispondersi tra vip su chi era e chi non era il gesù del vangelo -, del gesù storico, noi uomini qualsiasi, che possiamo dire? mica tanto. perché l'esistenza storica di quel gesù là - proprio quello amato (più spesso a parole che nei fatti) dai cristiani e anche dalle persone per bene - è tutt'altro che accertata. e, ormai e per sempre, tutt'altro che accertabile. senza poter considerare gli scritti a firma di coloro che sulla figura di gesù hanno costruito un mondo, pur bellissimo (sarebbe come cercare le 'prove' dell'esistenza storica di achille nei due stupendi poemi omerici, nelle meravigliose tragedie greche che ne parlano, tutti opera di fantasia in gran parte, e nella sterminata filologia comparata sull'argomento 'achille'), ed essendo acclarato che la redazione dei quattro vangeli e degli atti canonici non risale affatto all'epoca 'dei fatti' ma è successiva di decenni o un secolo intero e più, e rimaneggiata più e più volte in modo per nulla disinteressato, allora l'unica menzione 'neutrale' e quasi 'in diretta' all'esistenza di un gesù in palestina così e cosà, è un accenno rapidissimo di tacito (che riprende forse da plinio il vecchio, coevo lui sì dei fatti narrati) alla circostanza che tra i tanti capi spirituali e/o agitatori antiromani dell'epoca, ce n'era uno di discreto successo appellato christos. tutto qua. davvero. anzi, a dirla tutta... ...se paolo di tarso (lui sì, esistito - anche se i noti particolari della sua vita pre e post-redenzione sono assolutamente romanzati) non avesse creato il più formidabile progetto di guerilla-marketing di sempre e se i suoi seguaci non lo avessero mantenuto con le unghie e coi denti (catacombe e martiri compresi) fino al momento in cui la potenza statuale padrona del mediterraneo e dell'europa - l'impero romano - riconobbe la forza di suggestione, penetrazione e controllo della nuova religione 'cristianesimo', alla quale da lì in poi assicurava sopravvivenza e salute per secoli e millenni (poi non più impero romano, ma sacro romano impero e poi monachesimo e abbazie e poi decime e investiture e poi dinastie locali e nazionali, francesi, spagnole, asburgiche, zariste, e intanto gli ordini cavallereschi e quelli proprietari e le scuole ecclesiastiche e i quadri di formazione e le incoronazioni in cattedrale e gli affreschi in vescovado e le santificazioni e le narrazioni miracolistiche e poi il regno della chiesa e i tribunali e l'inquisizione e l'indice dei libri e poi lo stato vaticano e i concordati e poi la finanza di dio e poi tanti e tanti e tanti soldi e sempre appunto 'in god we trust' e poi le grandi diplomazie e poi le encicliche e poi la mondovisione e poi e poi e poi...), per secoli e millenni con l'incalcolabile potenza combinata ed espansiva di eserciti, leggi, denaro, egemonia culturale e tradizionalismo popolare (al netto, certo, di tutte le deviazioni anche drammatiche del corso della storia dei cristiani - ma è noto che se superi una certa soglia critica di diffusione, potere e longevità allora sopravvivi in qualche modo a tutto, come se davvero un dio esistesse e parlasse per la tua voce!) - ebbene: senza tutto questo, odifreddi non avrebbe ricevuto alcuna lettera per aver scritto nessun testo di risposta ad alcun libro su gesù di nessun papa cattolico. niente del genere, mai al mondo! perché senza quella serie di fatti e atti, strepitosamente vincente, proprio gesù non sarebbe mai esistito per nessuno dei suoi posteri. al pari dei miliardi di esseri umani che nascono, vivono e muoiono senza passare alla storia. anzi - più pertinentemente al caso in questione: al pari delle migliaia di personaggi leggendari (uomini, mostri o dei - come achille e tutti gli altri), che nascono, vivono e muoiono all'interno delle storie create intorno ad essi senza compiere 'il gran salto nell'essere' nell'immaginario collettivo. capite? un mondo senza gesù, perché senza l'immensa macchina che tra i suoi moltissimi prodotti e servizi (palesi o occulti, leciti o no) ebbe ed ha quello di rendere la sua leggenda verità di fede per un numero sterminato di esseri umani. ma il punto è: sarebbe oggi il mondo migliore altrimenti? no, sarebbe peggio di com'è? e ha così com'è più possibilità di migliorare? no, ne ha di meno che altrimenti? ecco, alla fine io penso che 'solo' queste siano le domande cui val la pena rispondere sull'argomento. poiché il campo delle credenze è per definizione un campo in cui verità e non-verità poco c'azzeccano. e bisogna rispondere non a lume di sola logica (troppo facile, per noi 'desti'), ma soprattutto di storia umana: di passato, presente, futuro, realtà, complessità, umanità. bisogna provare a rispondere, per amore - più ancora che della verità astratta - del 'progetto uomo' che è in noi. ma poi bisogna provare ad agire di conseguenza, per quello stesso amore. agire da uomini qualsiasi - generosamente, coraggiosamente, rigorosamente, gioiosamente e tragicamente insieme. e ce n'è tante e tanti che l'hanno fatto e che lo fanno, sapete? - rispondere sì o no a quelle domande essenziali, e poi agire con intelligenza e amore. se c'è qualcosa che 'profuma di divino' in tutta questa storia, forse è solo questo. ventiquattro settembre duemilatredici CAZZI VOSTRI
di bene in meglio. i banchieri italiani - che si sono ingozzati di liquidità anticrisi di provenienza europea e nazionale, cioè pubblica, ma continuano a strozzare la saccoccia del credito a famiglie e imprese, cioè facendosi i cazzi loro privati - ebbene hanno stracciato il contratto collettivo nazionale in faccia ai loro impiegati. questo strapotere padronale fa il paio con quello dei marchionne - il primo, il colosso, e i tanti più piccoli copioni - che se ne fregano di contratto e statuto, finché non arrivano suprema corte e cassazione a fargli il culo, ma intanto hanno già chiuso cancelli, esportato capitali, dislocato produzioni. e fa terno - lo strapotere, l'arroganza padronale - con la faccia di merda della famiglia riva che ha l'ardire di fare la vittima per il sacrosanto blocco giudiziale dei suoi conti correnti, e di ricattare migliaia di lavoratori e famiglie con la chiusura di fabbriche sane, sane non certo grazie a loro. ma questa gente, dico io, fa nient'altro che il proprio mestiere: banchieri, industriali, finanzieri - spremono finché possono, arraffano, capitalizzano, appena gli conviene scappano, pisciano su norme e regole o se ne fanno scrivere di comodissime apposta. e comunque inculano anche quelle. e il proprio mestiere lo fanno anche i lavoratori direttamente vittime di questo schifo: danno voce ai sindacati di categoria, magari si organizzano in forme nuove, ci rimettono del loro, lottano, fanno parlare la stampa - se ci riescono - e scioperano contro i disegni padronali e di chi li copre. invece siamo noi cittadine e cittadini che non facciamo il nostro cazzo di mestiere! noi, finché la sfiga non ci tocca di persona - ma allora è già tardi -, pensiamo che la società sia un concetto astratto, che non ci riguardi se la società si organizza secondo regole di civiltà e giustizia o il contrario, che l'eterna guerra tra capitale e lavoro (che si porta appresso tutte le altre: di legalità, di democrazia, di sostenibilità, di progresso) sia una storiella ammuffita del secolo scorso e quello prima. e poiché pensiamo questo - sempre finché l'inciviltà non ci mozzica le chiappe - il nostro mestiere di cittadine e cittadini ci permettiamo di non svolgerlo affatto! ossia: noi non ci poniamo nell'ottica dell'interesse generale quando esercitiamo i nostri diritti civili (che tra l'altro costarono carissimi), noi non ci occupiamo di quel che succede ai lavoratori e al lavoro stesso, all'ambiente, ai saperi, alla dignità, al benessere collettivo. no: noi anziché questo elementare mestiere di cittadine e cittadini, esercitiamo in larghissima maggioranza il mestiere... come dire, delle teste di cazzo - semplicemente. e non sto dicendo che ciascuno di noi è un buon cittadino o una buona cittadina se, e solo se, in prima persona partecipa in un modo qualunque a tutte le tante e faticose battaglie di autotutela del lavoro, dei precari, dei saperi, dell'ambiente, della dignità, della democrazia, dell'accoglienza... - contro i loro fortissimi e avvantaggiatissimi nemici mortali. (cioè, quello magari: sarebbe il modo migliore! ma...) ma sto dicendo che incarneremmo il ruolo di cittadine e cittadini decenti anche soltanto se, quando - una volta ogni tanto - siamo chiamati a discernere tra le 'visioni' di autogoverno della nostra società e tra i programmi di dettaglio di tali visioni e tra le persone da incaricare di svolgere quei programmi alla luce di quelle visioni, ebbene se in occasione dei riti democratici elettivi noi esercitassimo il nostro diritto di scelta pensando all'interesse generale. e non alla nostra personale testa di cazzo già citata. infatti, e purtroppo: avete votato per chi voleva ridurre lo strapotere e l'arroganza padronale? no. avete votato per chi voleva rinforzare le tutele giuridiche sul lavoro, sull'ambiente, sui saperi? no. avete votato per chi voleva dare piena attuazione alla nostra splendida e disattesa costituzione, articolo per articolo? no. avete votato per chi voleva costruire un percorso europeo, insieme alle forze sorelle, di rimessa al centro dei popoli rispetto ai poteri? no. no. no. eppure ce n'erano, così, da scegliere! e c'era stato - prima - perfino un po' di spazio politico perché quelli da scegliere foste proprio voi stessi, addirittura! invece macché. in larghissima maggioranza avete votato o per chi vi ha fornito in questi ultimi trent'anni il più caleidoscopico ménu di tette e culi, di risate, gossip, telefilm, impunità, complicità, lacrime finte e calcio miliardario, vendendovelo a carissimo prezzo senza che ve ne accorgeste; oppure per chi ha essenzialmente costruito la propria identità politica in alternativa all'ideatore di quel menu - senz'altre visioni o idee di progresso sociale che questa antitesi, e per di più accordandocisi spudoratamente all'occorrenza -; oppure (la novità dell'anno) per chi vi ha giurato e spergiurato che avrebbe fatto il proprio mestiere di rappresentante del popolo gratis o quasi (sfidando il senso del ridicolo, data l'entità immane dei problemi invece da affrontare - ma tanto chi lo diceva era un comico e voi, a cui lo diceva, siete passati da franco&ciccio a striscia la notizia in una sola generazione). oppure, ancora, manco ci siete andati a votare. e la cosa peggiore è che, sondaggi alla mano, voi rifareste adesso le stesse rispettive cazzate di febbraio! con l'aggravante della ragion veduta: a carte dei giocatori scoperte e già giocate, lo fareste sempre con le medesime motivazioni. da perfetti autistici civici. salva l'ipotesi (l'ultimissima novità dell'anno) che in larga maggioranza, della larga maggioranza di dementi che siete, andiate alla fine a votare quel prodotto talmente stupido e informe che prende il 'meglio' dei primi tre e ve lo rimette in culo, biascicando in cattivo toscano, per i dieci anni a venire. vedete - la realtà, quella che di regola voi cominciate a percepire mai prima che la merda vi sfiori il mento, è che oggi 2013 il reddito disponibile delle famiglie italiane è lo stesso del 1988: che cioè avete in tasca, mediamente, gli stessi (pochi) soldi da spendere di venticinque anni fa. ma questa è la prova provata che la seconda repubblica non esiste. che non esiste il berlusconi politico, che non esiste il pd come non esistevano i ds come non è mai esistito il pds, che non esiste il postfascismo politico da an in avanti, che non esiste il di pietro politico, che non esiste la lega, che non esiste il centro moderato, che non esiste il centrosinistra come non esiste il centrodestra, né sono mai esistiti, che non esistono i radicali, né come aggettivo della sinistra alla sel né come sostantivo alla pannella, che non esiste grillo come non esisteva il popolo viola né ancor prima il girotondismo, poiché non può esistere nulla che sia sorto in (sedicente) reazione (ma parassitismo veritiero) a/di una cosa che non esiste di suo, cioè l'età politica di berlusconi, cioè la retorica dei suoi apparenti antagonisti, cioè la mera tensione tra queste due figure teatrali, cioè la seconda repubblica. non esiste niente di tutto questo, gente inebetita! tutto questo è in realtà l'invenzione tenace dei creatori di un infinito pastone televisivo, giornalistico e, negli anni recenti, mediatico in generale. esistevano, sono sempre esistiti ed esistono soltanto i fatti. che certificano che sono passati venticinque anni dal 1988 e siamo mediamente poveri come allora. e in particolare certificano, fuori dalle medie, che la maggioranza più povera del popolo italiano è oggi ancora più povera, giacché la minoranza più ricca oggi è più ricca ancora. capite? è successo solo questo, questo prelievo forzoso di risorse materiali (e non patrimoniali, spirituali) dalla base della piramide sociale italiana al suo vertice privilegiato - stabilizzandone i risultati tramite una formidabile egemonia culturale e la sua immediata interfaccia politica, istituzionale, perfino normativa. è successo perché questo fu deciso che succedesse, perché ciò è stato riprogrammato succedere ogni anno in un quarto di secolo. e perché voi - decidendo di non fare un cazzo, mai - avete creato l'humus perfetto affinché succedesse alla lettera. è successo mentre guardavate gli attori muoversi sulla scena secondo il plot scritto da chi governa davvero. venticinque anni. metà - almeno - della vostra vita attiva, cazzo! che non torneranno mai più. li avete sciupati per sempre, appresso al nulla. e guardavate quella rappresentazione implacabile - non capendo una madonna - esattamente come la guardate ancora adesso nonostante tutto! questo è. questo siete, gente del qui e ora. cazzi vostri. ma a me, alla fine, che me ne frega? io mi coccolo il mio sano rancore - di classe, di patria, di ethos - insieme a tanta altra brava gente incazzata e lucida. detonerà? l'avrete voluto voi. questo paese oggi mica se la merita un'uscita onorevole da tutta questa merda. poi, certo, l'italietta c'ha avuto sempre un gran culo. magari vi dice bene pure stavolta - che nessuno si fa del male, che il meglio della nostra epoca (di cui oggettivamente, non per medaglie personali, faccio parte) trova ancora una volta il colpo di genio, una 'via maestra' (tanto per capirci), e che poi, a crisi passata, tornate pure ai vostri posti tranquilli e magnaccioni di prima. chissà, vediamo. voi sperate, sperate. ma camminate raso ai muri, però. sedici settembre duemilatredici CANAGLIE
visto ora un gran bel documentario doppio su raistoria, sulle ore del golpe cileno e sugli anni della dittatura. e conferma che la base sociale ci fu, come in ogni autoritarismo di lunga durata - non è vero che tutto il popolo lo subì, il fascismo militare. lo subirono atrocemente i lavoratori, quelli sindacalizzati per primi, e i cittadini con una coscienza civile, e gli attivisti politici, e gli intellettuali, gli studenti, perfino i religiosi sinceri - lo subirono nella carne e nell'anima tutte le persone per bene. ma la dittatura ebbe anche un sostegno popolare - oltre che un contratto di delega da parte del grande capitale, locale e internazionale. sostegno da chi aveva interesse alla sperequazione sociale: i latifondisti, la media e piccola borghesia, gli affaristi, i bottegai, i padroncini e i conformisti; e da chi non aveva oggettivo interesse in nulla, ma una tale arretratezza morale da godere del fatto che coi fascisti si stabilissero le regole primitive della separazione tra i sessi e tra le generazioni, e dell'ossequio acritico e formale ai dogmi di dio, patria e famiglia, con la conseguente corruzione materiale più diffusa: ed erano il sottoproletariato, la non-classe degli accattoni, dei furbastri, dei banditelli, delle spie. questo è il quadro. allende decise di non arrendersi per dare al popolo cileno qualcosa in cui credere poi, negli anni di sangue e vergogna a seguire. ma non tutto il popolo parlava quella lingua. e in generale, trasversalmente a ogni società di ogni tempo e latitudine, non tutti capiscono le parole della giustizia, della solidarietà, della libertà: certi individui, e certe classi, risultano invariabilmente l'esercito di riserva delle peggiori strategie di oppressione. non si tratta di cattiveria. ma di distanza, maggiore o minore, da una soglia apprezzabile di compimento umano. e non si tratterà di cattiveria, ma cara la mia piccola borghesia, cari affaristi, bottegai, padroncini e proprietari terrieri, caro il mio sottoproletariato, cari accattoni e furbastri pronti a fare la fortuna del potente, cari banditelli sicari e spie infami - a me, che questa crisi epocale vi stia facendo impiccare alle vostre stesse budella venali e reazionarie, almeno un poco mi consola. undici settembre duemilatredici 'LA VIA MAESTRA'
che poi non ho mai capito perché tutti quei generosissimi cittadini che si fanno il culo nei movimenti per arrivare a sensibilizzare un numero sufficiente di altri cittadini - e vi assicuro che non è facile - così da mettere almeno un po' in difficoltà i partiti che stanno in parlamento - e vi assicuro che quei partiti, tutti, per metterli in difficoltà ce ne vuole - ebbene, non ho mai capito perché tutto quel culo i cittadini generosissimi di cui sopra scartano a priori la possibilità di farselo per sensibilizzare altri cittadini affinché questi portino democraticamente i primi direttamente in parlamento a rappresentarli, anziché fuori dal parlamento con gli striscioni a sperare che i parlamentari passando li guardino e ci pensino un po' su! cioè: se devo convincere centomila italiani a sostenere la mia associazione con la quale proverò a fare lobbying sul processo di formazione della legge da parte dei partiti, allora non mi risparmierò forse un passaggio faticosissimo se provo direttamente a convincerne altrettanti a votarmi perché quella legge vada a scriverla di persona come partito io stesso? mah. misteri della seconda repubblica. che però se dio vuole sta finendo. la terza non sarà così illogica: il virus dell'idiozia che infiniti ci addusse lutti non è scomparso, ma il ceppo originario - la vita da bere e da guardare in tv, il conseguente berlusconismo di destra e di sinistra, la conseguente diffidenza verso l'attività politica strutturata e costituzionalizzata - si sta essiccando irreversibilmente causa crisi economica. meno male! in particolare - per venire alla bella assemblea di oggi, raccolta intorno all'appello di cui al titolo, che ho sottoscritto già dal 6 agosto quando è uscito - io credo che landini e rodotà (anche se oggi non l'hanno detto esplicitamente, né potevano: i loro primi compagni di strada essendo quasi tutti nati e cresciuti nella seconda, di repubblica, e tremebondi al solo pensiero di redigere una lista elettorale!) l'abbiano messo in conto, di fare prima o poi la cosa giusta, l'unica sensata: diventare cioè i garanti non di un semplice strumento di pressione esterna sulla politica (obiettivo che farebbe di un comodo ai partiti attuali - tutti quelli in parlamento - tra i quali infatti qualcuno è corso perfino qui a battere le mani e dare interviste!), bensì di un soggetto politico (plurale e confederale, a geometria variabile e inclusiva quanto si vuole) in concorrenza con gli altri, e distinto da quelli non per un dispendioso rifiuto della semplice algebra della democrazia - il voto - al pari di ogni altro dei movimenti italiani a centinaia, ma per ciò che in politica non ha nessuno nessuno, per ciò di cui la politica stessa è miseramente orfana e che secondo me può interessare milioni di cittadine e cittadini: un pensare lungo e ampio, una visione avanzata e coerente della società, un programma di governo democratico, popolare e socialista, un'etica cristallina dei candidati e dei sostenitori. ma certo che lo faranno! infatti tu pensa solo se, nei rispettivi contesti e con la fatica fatta a elaborare pensiero politico e a capillarizzarsi nella società reale, pensa se le compagne e i compagni poi costituitisi in syriza in grecia o in izquierda unida in spagna o in front de gauche in francia, le quali formazioni politiche viaggiano tutte con percentuali di voto largamente a due cifre - pensa tu, dicevo, se anziché scegliere la via maestra (appunto) della ricerca del consenso democratico avessero scartato l'ipotesi più sensata e si fossero messe a cercare di fare lobbying esterno sul pasok, sui socialisti spagnoli e su hollande, rispettivamente! una pazzia, no? un suicidio. per cui io credo e spero che 'la via maestra' - il nome scelto per il documento di rodotà e landini e ciotti e zagrebelsky e carlassare - voglia dire sì che la via maestra è la costituzione da applicare integralmente, ma pure che la via maestra della democrazia è sempre e comunque quella per cui chi ha un'idea di società presto o tardi rivolge la più semplice delle domande ai propri concittadini : 'ti piace? allora mi voti che la realizziamo insieme?' e se è così, sì, ci sto: sto con loro, anima e corpo! tanto dipenderà da come va la manifestazione indetta per il 12 ottobre. e anche da quanto questo nascente progetto riuscirà a smarcarsi dagli abbracci pelosi della dirigenza di sel (che invece ha già scelto l'orizzonte del centrosinistra, renziano per di più!), delle terze e quarte file del pd (che se non fanno casino fuori casa, visto che a casa loro non contano niente...), della sempre più ambigua rete (per trote) grillina, del più sfacciato mero istinto di sopravvivenza pannelliano e di pietrino - e da quanto invece riuscirà a tessere la propria tela coerente insieme a tutti quelli (in un paio di parole: gli antiliberisti conseguenti) che ci stanno sinceramente, senza esclusioni preconcette contro le organizzazioni già strutturate (tipo rifondazione, per capirci) - 'sinceramente', in quanto hanno tutto l'interesse che il quadro completo (politico, economico, sociale, istituzionale) cambi radicalmente perché nell'attuale non hanno nessuna rendita di posizione (politica, economica, sociale, istituzionale) da difendere. e da oggi in poi vediamo un po' che succede. io, ad ogni buon conto, ero andato all'assemblea per lasciare alle compagne e i compagni questa riflessione. "sono un uomo di sinistra. la sinistra senza centro. e scritta in grassetto, corsivo e sottolineato. sono qui perché pensavo, e sapevo, di trovarmi tra la mia gente. e infatti è così. però voglio connotare con più precisione il mio essere di sinistra, il mio aver firmato l’appello e il voler essere qui oggi. e lo faccio rispondendo brevemente a questa domanda, che almeno una volta ci siamo posti o ci porremo: 'ma chi siamo noi, di sinistra, in italia e in questo tempo?' ebbene io credo che noi siamo – rispetto a quelli che danno le carte del gioco, che le diano visibilmente o con mano nascosta, che le diano in prima persona o per delega, che le diano dalla sedia del banco, governando i processi, o da posti di apparente alterità e opposizione, ma sempre ben dentro lo stesso tavolo di gioco, che è poi la grande e univoca narrazione del presente offerta al pubblico, corredata di tante parti in commedia che sembra, la narrazione, coincidere proprio con tutta la realtà – ebbene, credo che rispetto a tutti questi qui, che nell'italia del nostro tempo non sono pochi, noi di sinistra siamo tutte quelle altre e tutti quegli altri. siamo le cittadine e i cittadini che fermamente credono che la nostra costituzione, ben lungi dall’essere un impaccio all’azione di governo della collettività – come dicono quelli che vogliono trasformare l’italia in repubblica presidenziale – oppure un arnese arrugginito dal tempo – come dicono quelli che straparlano di democrazie 2.0 web-orientate –, siamo coloro che pensano che la nostra costituzione sia uno scrigno di civiltà e un trampolino di progresso. che il suo problema, semmai – e anche il nostro, di tutte e tutti –, sia di non essere ancora e pienamente applicata, in termini di equità sociale e di democrazia sostanziale, di crescita civile e di buon vivere sostenibile. noi di sinistra siamo tutte quelle altre e tutti quegli altri. siamo quelle e quelli che ritengono ancora e sempre sacri e inviolabili i princìpi di convivenza donati dai padri e dalle madri costituenti a tutto il popolo italiano, dopo il sacrificio vittorioso della resistenza sulla barbarie nazifascista, e grazie ad esso. resistenza che cominciò oggi, settanta anni fa esatti. siamo tutte quelle altre e tutti quegli altri. siamo le cittadine e i cittadini che mentre il grande circo della distrazione di massa fa di tutto – ma proprio tutto – affinché noi si guardi il dito, invece guardiamo la luna esattamente dove sta. e sta al centro di una crisi paurosa: crisi di lavoro, crisi di futuro, crisi di democrazia, crisi di ricette possibili, crisi di credibilità in chi dovrebbe tirarcene fuori, crisi delle stesse parole utili a descriverla, dello stesso pensiero per superarla senza cadere nel caos e nell’autoritarismo. la costituzione, la nostra costituzione, invece parla ancora benissimo. e ci dice cosa dobbiamo fare ora. basta ascoltarla. ma – ecco un bel problema – seppure riuscissimo ad ascoltarla in tutta la potenza della sua voce storica e attuale, noi di sinistra per quante e quanti pur siamo, al momento non avremmo altrettanta voce per rilanciare le sue parole e moltiplicarle. né gambe altrettanto forti per camminare nel solco da esse indicato. né avremmo una casa comune sulle cui pareti scriverle per ricordarle sempre, soprattutto quando intorno si fa di tutto per depotenziarle, svilirle, cancellarle – le parole della nostra costituzione. allora è per rispondere a questa esigenza così concreta, che io dico e dico e dico che serve un grande partito confederato della sinistra. della sinistra 'così'. un partito – una confederazione – che oggi non c'è. un partito che, mi sembra, nessuno che conti davvero qualcosa abbia la voglia, l’urgenza, il coraggio di caricarsi neonato sulle spalle, per mostrarne lo sguardo chiaro ai milioni di cittadine e cittadini che pure lo accoglierebbero come il benvenuto! come in grecia, come in spagna, come in francia… lo dico, questo, lo scrivo… ed ecco che sono qui a provare a dirlo anche qui, oggi, in quest'altra stazione di lucida speranza che è la bella e importante assemblea convocata da rodotà e landini e ciotti e carlassare e zagrebelsky e strada... cioè dai migliori e dalle migliori che abbiamo! cioè da... 'se non voi, chi?' io lo chiedo a voi, adesso, e a tutte e tutti noi. uniamoci! e chissà, chissà..." hanno parlato altri, io non ho potuto. gliel'ho lasciata scritta. ma dell'assemblea, in giornata è arrivato già un primo riscontro. sentite qua... "bisogna rompere le catene che bloccano l’italia. il nostro paese può fare cose straordinarie. io sono stradeterminato e concentrato: determinato a non farmi bloccare da veti e a non galleggiare. lo spirito conservatore della nostra burocrazia, la catena delle liturgie, quelle drammatiche liturgie della politica, della gerontocrazia del nostro sistema che ci trasciniamo dietro, la catena dell’italia che dice di no a tutto, la conservazione rispetto al cambiamento delle regole della politica, che dice che la costituzione non si tocca... la nostra costituzione dobbiamo cambiarla, ed è necessario lo sforzo di tutti! se non la cambiamo non ridurremo il numero dei parlamentari, non riusciremo a fare in modo che ci sia un’unica camera, come è essenziale, che il senato sia scelto con elezioni di secondo livello, da sindaci e regioni e non direttamente, che ci sia un seggio elettorale che funzioni." indovinello: chi ha rilasciato la seguenti dichiarazioni? l'ha detto forse pannella? acquetta... l'ha detto grillo? acquolina... l'ha detto berlusconi? fuochino... l'ha detto renzi? fuocherello... l'ha detto enrico letta! fuoco, bravi. l'ha detto, scomodandosi dai baci in bocca di cernobbio con gli amici suoi industriali e finanzieri, proprio in risposta all'assemblea (in cui - non l'avevo ancora detto - eravamo in tante e tanti che si è dovuta aprire un'altra sala col maxischermo più altre e altri che restavano fuori sulla via!) e non è male, come primo risultato, no? quel premier che dà del tu a obama e putin - i quali poi fanno la guerra malgrado i suoi asseriti buoni uffici per la pace - oggi tira un sasso in fronte a un sindacalista, tre giuristi e un prete, solo perché dicono che la costituzione non solo non va stravolta e umiliata, ma va a applicata integralmente e sostanzialmente. solo che gli dice sfiga, a letta junior. perché, ripeto, non c'erano affatto solo il sindacalista, tre giuristi e un prete, ma tante e tanti, singoli e gruppi, sigle e collettivi, associazioni e comitati, sindacati antagonisti e partiti di classe... con tanta generosità politica e tanta rabbia in corpo che fa bene letta a provare a correre ai ripari preventivamente! insomma: ci riuscirà lui, e tutto il sistema, ad ammazzare il neonato in culla? non ci riuscirà? ci riusciremo, invece, noi a farlo crescere? oppure no? e davvero voi che pazienti mi leggete qui, volete solo stare a guardare? sabato 12 ottobre - segnatevelo - SABATO 12 OTTOBRE, a roma, ci sarà una manifestazione oceanica! ci sarà l'evento, con la E maiuscola - che sancirà il fatto che perfino le ere glaciali hanno termine. perché il 12 ottobre torna LA SINISTRA, per il semplice fatto CHE TORNA LA POLITICA! speriamo. e soprattutto: facciamo, di speranza, parola e azione! otto settembre duemilatredici FREECLIMBING
"vi siete fatti inculare dall'arrampicata sul tetto di dodici strapagatissimi fannulloni, ammaestrati da grillo solo per confondere le idee apposta. sarebbe come farsi inculare dai manifesti dei fascisti quando usano la foto di che guevara per dire che gli stati uniti sono tutta una merda. ma quando comincia a bruciarvi almeno starete un po' più attenti?" postato questo su facebook, mi sono subito sentito rispondere che penso sempre male e pregiudizialmente del 5stelle. allora mi spiego meglio. basterebbe rileggersi le molte e pepate blog-esternazioni di grillo sulla necessità di superare questa 'salma di costituzione' (per arrivare a forme di autogoverno non mediato dalla rappresentanza parlamentare e gestito su piattaforma web), per cominciare a sentire a una soffocante puzza di'inghippo bruciato! allora diciamo piuttosto che con questa azione mediatica i 5stelle raggiungono due risultati, nessuno dei quali - però - ha a che fare con la difesa della costituzione. la quale - noi sì: voi, io, e milioni di cittadine e cittadini, lavoratrici e lavoratori, studenti, precari, esodati, pensionati, intellettuali e perfino immigrati qui di fresco - noi sì amiamo davvero. il primo risultato è essere usciti dall'angolo in cui li caccia il frangente politico, talmente incerto che potrebbe venir chiesto a breve ai loro gruppi di camera e senato di prendersi qualche responsabilità a sostegno di un governo diverso da questo, prospettiva che li fa già fibrillare e dividersi (caso orellana, e tanti altri). e quindi via con l'arrampicata! così per un po' la loro stessa base, confusa sul punto, e l'opinione pubblica possono parlar d'altro. e il secondo risultato è aver occupato preliminarmente, giocando d'anticipo ed entrando pure a gamba tesa, quello stesso spazio politico in cui proprio domattina annuncerà la propria esistenza un bellissimo movimento promosso da rodotà, landini, ciotti, zagrebelsky, carlassare, strada: lo spazio della rivendicazione della piena attuazione della costituzione (guarda un po' il caso). ma non solo dell'attuazione formale dei primi tre celebri articoli, bensì sostanziale e di tutta quanta (i principi di legalità, di separazione e armonia tra i poteri, di rifiuto della guerra, di laicità dello stato, come i diritti al lavoro, all’uguaglianza, all’istruzione, all’informazione, alla salute, all’ambiente, alla solidarietà, all’assistenza, all’equa retribuzione, a veder svolti i pubblici uffici con dignità e onore, come le libertà individuali e collettive, come la previsione che non può esserci alcuna libertà o proprietà privata tanto egoisticamente intesa che non si debba coordinare con le funzioni sociali e con l’interesse generale, nel proprio esercizio). capite bene che un movimento di questo tipo - se potesse decollare in questo mese che manca alla grande manifestazione nazionale indetta per il 5 ottobre a roma - oltre a essere quello che tante e tanti ci aspettavamo da tanto tempo (io personalmente lo aspetto e lo anelo come primo passo sulla strada efficace affinché noi di 'sinistrasinistra', che per quante e quanti pur siamo al momento non abbiamo voce per rilanciare le altissime parole della costituzione e moltiplicarle, né gambe forti per camminare nel solco da esse tracciato, né una casa comune sulle cui pareti scriverle per ricordarle sempre, soprattutto quando intorno si fa di tutto per depotenziarle, svilirle, cancellarle - affinché noi di sinistra 'così', dicevo, possiamo finalmente avere un grande partito confederato, un partito o una confederazione che oggi non c'è, un partito che, mi sembra, nessuno che conti davvero qualcosa abbia la voglia, l’urgenza, il coraggio di caricarsi neonato sulle spalle, per mostrarne lo sguardo chiaro ai milioni di cittadine e cittadini che pure lo accoglierebbero come il benvenuto! come in grecia, come in spagna, come in francia...), oltre quindi a essere un cosa davvero rivoluzionaria, in un istante solo rinsecchirebbe per puro paragone, contemporaneamente, sia le pretese, autodichiarate e mai comprovate velleità rivoluzionarie di grillo&casaleggio, sia la tiepidezza progressista e della sinistra del pd (scusate l'ossimoro) e di sel tutta intera! bene, tutto questo è evidentemente troppo rischioso per gli abitatori dello stato di cose presente - governo e opposizione, parlamentaristi e populisti, tutti quanti accomodatisi al grande tavolo da gioco, che diano le carte visibilmente o con mano nascosta, in prima persona o per delega, che le diano dalla sedia del banco, dominando i processi, o da posti di apparente alterità e opposizione, ma sempre ben dentro la stessa grande e univoca narrazione del presente offerta al pubblico, corredata di così tante parti in commedia che sembra, la narrazione, coincidere proprio con tutta la realtà. lo capite bene il rischio per tutti loro, no? ci sono sempre più di dieci milioni di voti non ancora dati a nessuno, forse in attesa proprio di una proposta come quella dell'appello di rodotà&landini&c, e della forza politica conseguente con esso! e allora via con l'ennesima manovra diversiva: saliamo sul tetto e facciamoci fare tante foto! (e pd e sel sbraiteranno, ma sotto sotto...) mi sembra così chiaro. a voi no? sei settembre duemilatredici TEMPI LUNGHI
bloggavo a fine agosto questa cosa: "in questo paese vige purtroppo lo schema seguente: prima venti anni di regime reazionario/antilegale, poi quaranta anni di salamoia moderata/affaristica. e in concreto: per la volta scorsa (anni '20 - anni '80), al posto dello schema astratto mettici 'fascismo' e 'democraziacristiana'; e per questa (anni '90 - ...), mettici 'berlusconismo' e 'partitodemocratico'. ma più o meno è uguale." e in questo senso, matteo renzi come leader di lunga durata del partito democratico è una cosa assolutamente sensata e naturale. anzi, è la miglior fortuna che possa capitare a quel partito - che ha quell'orizzonte (neodemocristiano) e quel destino (egemonico). poi, tipo ieri, postavo su facebook questa interrogazione: "compagne e compagni di sel, ma davvero nichi e la dirigenza si stanno orientando verso un'intesa con il pd-che-sarà-di-renzi? è perché danno per scontato che il pd sarà di renzi? è perché pensano bene di renzi? vi risulta una cazzata dei media? che ve ne pare, comunque?" le quali domande mi attiravano pure un po' di disappunto da parte dei (pochissimi tra i) sel-simpatizzanti disturbatisi a rispondermi, con una variazione sul tema "ma quando mai?!?" poi però le conferme arrivano, sel pare proprio deporre ormai le armi contro renzi-piglia-tutto. né è la sola: ora c'è una gara tra ex-scontenti-del-mondo (anchorman, sondaggisti, blogger...) a sbrigarsi a passare dallo sfottò verso il bimbominkia a una posizione quanto meno attendista nei suoi confronti. in italia vige sempre il "tengo famiglia", è naturale e sensato pure questo. pertanto oggi mi sento di dire, da questi e tanti altri indizi di realtà, che si preannuncia una lunga stagione renziana egemone sulla politica nazionale, alla guida del 'suo' pd e dei suoi governi di coalizione (coi meno mafiosi della destra, col centro in doppiopetto, coi meno anti-liberisti di sel e coi più 'ragionevoli' tra i grillini). diciamo un decennio 'alla blair' che farà quasi tutti contenti, i poteri forti (di cose e simboli) e gli italiani deboli (di autocoscienza). e invece, chi non è contento? spazio ne ha. facciamo sempre caso ai milioni e milioni che non votano più, e soprattutto facciamo caso alla crisi che non sta passando affatto! o meglio, spazio 'ne avrebbe'. se per esempio ricordasse (bloggavo sempre a fine agosto) che "la volta scorsa - nel quarantennio di egemonia democristiana - alla minoranza, ai progessisti sinceri, a noialtri insomma, riuscì di organizzarci in una forza comunque incidente: il pci. la maggioranza non ce l'avemmo mai - e come potevi! - ma guidammo molti processi nonostante la pancia vischiosa del paese e tutti gli interessi forti contro. e l'italia civile - quella quota che lo è davvero - ci deve pure parecchio! (la costituzione, la conquiste civili, lo statuto dei lavoratori, la democratizzazione della scuola, il ruolo femminile, la questione morale, l'antimafia nel popolo, l'autocoscienza delle classi sfruttate, la migliore letteratura, il miglior cinema, l'avanzamento del costume...)" quindi, che fare? direi: costruire senz'altro questo benedetto soggetto politico della sinistra conseguente! ma attenzione: senza per forza volerci mettere dentro pure quelli che (anche schiettamente, devo dire: d'altronde ognuno fa il mestiere suo) hanno detto e ri-detto di non esserne interessati (o perché già in orbita del grande centrosinistra 'blairiano' di renzi, o perché proprio incapaci di pensarsi 'partito'), almeno in termini appunto di soggetto politico 'in concorrenza' con gli altri che (sommati tra tutti) piacciono tanto alla maggioranza del paese. capito rodotà? capito landini? capito ferrero? capito de marzo? e facciamolo pure noi il mestiere nostro, no? companeroas, daje! volevo solo dir questo: keep calm and make the party! e tempi lunghi, facciamoci pace con 'sta cosa: si va, e si lavora. cinque settembre duemilatredici LA CARTINA
finché i ragazzini studieranno la geografia sugli atlanti classici il sistema non cambierà, per il semplice motivo che le generazioni - una dopo l'altra - non lo percepiranno come tale né, tantomeno, come qualcosa da cambiare. perché la verità, che non ci si mostra (in quanto oscena, letteralmente), è che per esempio gli stati uniti invece è da un bel po' che non esistono più: esistono la coca-cola, microsoft, la monsanto. che non c'è più la russia: c'è gazprom. che non esiste la cina: sinopec esiste. che l'europa non c'è - nemmeno lei: ci sono hsbc, volkswagen, carrefour, enel. e le dinamiche globali e locali, in pace e in guerra, seguono da tempo la complicata composizione di questi soggetti così poco romantici - non certo le bandiere. del tutto a prescindere dalle esigenze (che noi definiamo) umane, del singolo come dei popoli. solo ad alcuni tra tutti i ragazzini - predestinati o selezionati, fate voi - viene e verrà mostrato, e spiegato bene, il mappamondo com'è diventato davvero. perché ne assicurino la prosecuzione il più possibile inalterata, ereditandolo dal passato. coi suoi privilegi immutati, con la sua dannazione inemendabile. però la realtà è ancora più complessa di questo schema. ed ha (ancora) il suo tallone d'achille - nell'ottica della casta, l'unica propriamente detta. la realtà è che gli stati esistono, in qualche modo - ancora, nonostante tutto. esistono perché esistono i popoli, le culture, le lingue, le storie comuni, le comuni aspirazioni. perché esistono le costituzioni e le leggi, la coscienza civile, le lotte sociali. perché esiste - ed è sentita, pressante come la fame e la sete - l'urgenza per qualcosa come la giustizia, come la democrazia, come la solidarietà, come l'uguaglianza, come la pace. le quali entità non sono marchi, certamente - e pertanto il sistema non le presidia, se non strumentalmente. però sono forti, a dispetto di tutto: sono lo spirito millenario della polis, sono l'umanesimo che crea la propria strada mentre la percorre. tragicamente, epicamente, eroicamente, gioiosamente - talvolta. e questo è tutto ciò che abbiamo tra le mani per girare la lavagna dall'altra parte. per lasciare scritto il nostro nome da cittadini - non da consumatori. per testimoniare la nostra storia di valori - non di prezzi. per dipingere i nostri desideri d'amore - non di merce. non è poco. la nostra responsabilità è grande. forza! tre settembre duemilatredici LA CLASSE NON E' ACQUA
soltanto un decimo degli italiani, quello più ricco ovviamente, possiede tutto per sé la metà dell'intera ricchezza privata italiana. un decimo, la metà. e questo differenziale è il maggiore tra tutti i paesi d'europa. infatti, come paese abbiamo le pezze al culo. ma i nostri ricchi stanno meglio di tutti i loro omologhi europei. quindi è normalissimo che i rappresentanti politici di questa classe ultraprivilegiata pongano in essere politiche di classe, appunto, dell'alto contro il basso. altresì, è normalissimo che a tutti gli italiani (poveri, o almeno subalterni) venga inculcato dalla mattina presto a notte fonda, e dalla culla all'ultima senescenza, che le classi non esistono, che le politiche di classe non esistono, che alto e basso non esistono, che il paese è uno e si salva o si perde per intero. però non è normale affatto, ma proprio per niente, che la stragrande maggioranza degli italiani poveri (o almeno, subalterni), cioè di quei nove decimi che si stracciano i brandelli dell'altra metà della ricchezza nazionale non (ancora) ingoiata dalla classe ricca - ebbene, non è normale che la stronzata che le classi non esistono e la politica non è di classe e destra e sinistra sono roba vecchia, quei poveri cristi se la siano bevuta. oscar wilde direbbe "io posso comprendere appieno un uomo che accetta le leggi che proteggono la proprietà privata e ne ammettono l'accumulazione, fintanto ch'egli può in simili condizioni attuare alcune forme di vita bella e intellettuale; ma mi risulta quasi inconcepibile da capire come un uomo la cui vita è rovinata e resa spaventosa da tali leggi possa proprio consentire alla loro perpetuazione". anzi, l'ha proprio detto. nel 1891 ("l'anima dell'uomo sotto il socialismo"). amici - l'indignazione viene e l'indignazione va, l'impegno viene e l'impegno va, la favella viene e la favella va. la povertà (o almeno la subalternità) no, quella resta. finché una lotta efficace di massa non ce la strappi dalla carne. (l'arrampicata sociale come esito individuale o di clan - per intraprendenza da parvenu o ricompensa ai clientes o semplice malaffare - ovviamente esula del tutto dal mio discorso: e poi, al contrario, è semmai uno scivolone antropologico.) e solo la cultura ha radici ancora più profonde, esistenziali. ed è un bene assai pertinente al nostro discorso. per questo l'azione politica, se vuoi che non sia un episodio rapsodico - o una moda, magari anche diffusa, ma altrettanto superficiale - non può che avere motivazioni di classe. ma le devi comprendere (parlavo di cultura, infatti), percepirle non basta. e poi saranno il tuo più fidato compagno, il tuo vocabolario universale per trovare tutti i compagni di lotta che neanche sapevi di avere! e la cultura - in quanto 'empatia di classe' che trascende in solidarietà attiva - per definizione è l'unico antidoto al razzismo. i tanti rom - o sinti o camminanti o altro (non pretendo di conoscere più che poco la loro complessa storia d'insieme) - che a roma, come credo anche in altre città, in sempre maggior numero e sempre meglio equipaggiati di lungo gancio e carrellino e organizzati a coppie o più, lavorano al recupero del recuperabile dai cassonetti della spazzatura indifferenziata, ci dicono - secondo me - tre cose importanti: 1. che noi gettiamo molto più dell'ormai-inservibile, da prodotti seriali del consumismo che siamo (poiché così ci siamo lasciati ri-programmare nei decenni scorsi, ma è un'epoca al tramonto e - ripeto - è necessario farci presto un pensiero conseguente); 2. che è offensivamente ingiusto - di più: lancinante allo sguardo e alla coscienza - uno stato di cose che affianca nello stesso angolo di spaziotempo chi può permettersi di gettare un bene come rifiuto e chi deve rintracciarlo tra gli avanzi lordi, per sopravvivere; 3. che il furto non è una coazione a ripetere - tantomeno un 'destino etnico' (l'assurda autogiustificazione dei razzisti, tra noialtri garantiti) -, e invece si può sbarcare una sussistenza, spero solo temporaneamente, con quel 'lavoro da gabbiani' che non lede alcuno e umile ai limiti dell'immaginabile. la morale, compagne e compagni, è che quando vedrò i grandi ladri della mia epoca (figli di stirpi di ladri delle epoche passate, trascorse nel privilegio a spese di qualcun altro) coi doppiopetto bisunti e laceri e più nessuna aura di prestigio precostituito né più alcun potere ricattatorio intorno agli artigli, rimestare nei secchioni delle grandi città per mettersi in pancia o sulla testa qualche cosa, allora potrò osservarli (quasi) con la stessa disponibilità a comprendere con cui guardo oggi questi poveri gabbiani smagriti, di secoli. ricchi. che razzaccia di sfigati! imbruttiscono tutto a loro propria immagine e somiglianza, di sub-umani. e l'ultima è questa. (citerò prima paolo ferrero e poi valentina manusia.) "Il Governo greco ha pubblicato la direttiva che dal primo settembre consente ai supermercati di tenere sugli scaffali anche i prodotti dopo la data di scadenza. Mentre le aziende chiudono perché non riescono a vendere le merci che producono, in Grecia le vendite al dettaglio sono scese del 14% nel primo trimestre del 2013. E' una follia che in un mondo che ha una capacità di sovrapproduzione enorme, si obblighi il popolo a consumare gli scarti. E' una follia che si chiama capitalismo, per questo siamo comunisti: vogliamo superare questa follia che costringe arbitrariamente l'umanità ai sacrifici mentre siamo nell'era dell'abbondanza!" (p.f.) 'tenere sugli scaffali anche i prodotti dopo la data di scadenza...' ma siamo già nella situazione di elysium! (è in sala, andatelo a vedere e pensateci sopra - cagandovi sotto.) e qui lo diciamo già da un bel po' di tempo: le ristrettissime élite globali? nel breve vi scaricano la crisi, sul medio allestiscono il fascismo, e per il lungo ci sono le astronavi. "Si, [questo cambio di passo] è proprio brutto: intanto come segno di una crisi grave e senza fine, e poi come soluzione classista che avrebbe molte alternative estremamente più solidali, se non socialiste. Mi basta pensare all'ipotesi di trovarmi al supermercato a scegliere - finché ancora potrò - il gusto del mio yogurt preferito affianco a una madre di famiglia che compra yogurt scaduto a metà prezzo, per sentire un groppo in gola: il grido represso contro l'ingiustizia, per capire che davvero non c'è niente di buono in questa soluzione." (v.m.) allora, che fare? attingere alla propria condizione materiale e alla propria sfera etica per ribellarsi - direi. ma non per agitarsi velleitariamente, e basta: bensì studiando e organizzandosi - come diceva quel grande! sapendo che siamo minoranza, certo. perché in questo paese vige purtroppo lo schema seguente: prima venti anni di regime reazionario/antilegale, poi quaranta anni di salamoia moderata/affaristica. e in concreto: per la volta scorsa (anni '20 - anni '80), al posto dello schema astratto mettici 'fascismo' e 'democraziacristiana'; e per questa (anni '90 - ...), mettici 'berlusconismo' e 'partitodemocratico'. ma più o meno è uguale. eppure, alla minoranza - ai progessisti sinceri, insomma a noi - la volta scorsa riuscì di organizzarci in una forza comunque incidente: il pci. la maggioranza non ce l'avemmo mai - e come potevi! - ma guidammo molti processi nonostante la pancia vischiosa del paese e tutti gli interessi forti contro. l'italia civile - quella quota che lo è davvero - ci deve tanto! (la costituzione, la conquiste civili, lo statuto dei lavoratori, la democratizzazione della scuola, il ruolo femminile, la questione morale, l'antimafia nel popolo, l'autocoscienza delle classi sfruttate, la migliore letteratura, il miglior cinema, l'avanzamento del costume...) e adesso invece? perché stiamo rinunciando in partenza? è perché gli italiani sono in maggioranza brutti, sporchi e cattivi? e allora? quando mai è stato diverso? companeroas, daje! volevo solo dir questo: keep calm and make the party! trenta agosto duemilatredici DOMANDE
allora: grazie al governo delle larghe intese l'imu non la pagheranno i 'padrondicasa', niente più imu. quest'altra tassa la pagheranno gli affittuari, quelli 'a pigione'. bene, tipico taglieggiamento alla sceriffo di nottingham. ora, aspettiamo robin hood OPPURE QUALCHE CRISTO DI SINISTRA ELETTO IN PARLAMENTO ESCE FUORI DI LA' E DICE CHE TUTTO QUESTO E' UNO SCHIFO DI GUERRA DI CLASSE DEI RICCHI CONTRO I POVERI? o lo deve dire solo l'unione inqulini? o la cisl, pensate voi, o monti, cazzo? DOVETE FARCI RIEMPIRE LA PIAZZA, COMPAGNI DI SEL! DOVETE RENDERE EVIDENTE IL CONFLITTO, MOBILITARE, CONTROBATTERE! sennò state là a uffa, mi dispiace. pensiero. e domande sincere, che giudicherete ingenue. una volta c'erano le preferenze, ma io all'inizio neanche le usavo tanto: votavo pci per l'idea, e poi chi ci andava ci andava. poi ho capito (standoci dentro) che anche nel pci c'erano meglio e meno meglio, e ho usato le preferenze: votavo pci per l'idea e le persone più a sinistra che c'erano. poi il pci non c'era più. e hanno tolto le preferenze. ho votato pds, per l'idea. già una mezza idea. poi ho votato ds, sempre per l'idea. solo un quarto di idea. e per tre quarti di paura. poi, una volta sola, ho votato pd. per meno di un ottavo di idea, e più di sette ottavi di paura. di berlusconi. poi, cioè da tipo quattro anni ad ora, be' lo sapete. quello che non so io - davvero - è perché si vota pd oggi? per un'idea? a che frazione siamo arrivati oggi? e - se tornassero le preferenze - perché si dovrebbe votare uno o una del pd? perché lo/la si vede in televisione o ne riporta una dichiarazione la stampa, o perché firma un blog? perché mi darà un lavoro? perché tutela un mio interesse? perché mi può fare un favore? (posso quindi farmi le stesse domande per sel, o offendo qualcuno?) votare per l'idea (per l'idea intera) è preistoria? fare politica come la facciamo noi (senza che spiego), è preistoria? è idiota? si vota - non l'idea né le persone, ma - il PROGRAMMA?!? ma per carità! questa è un'inversione logica tutta figlia della politica 'as management' dell'ultimo ventennio: il programma elettorale, invece, non può surrogare una visione della società, un'idea forte, un pensare lungo - se questi mancano. il socialismo (buonanima) era pericolosamente tutto ciò, appunto è (stato reso) inattuale! il totem del programma (dalla firma di berlusconi da vespa ai venti punti redatti in rete da grillo) è proprio il virus della politica contemporanea: l'illusione di contare, da parte della gente, come fosse uno dei due contraenti di un patto. e però: 1. di fatto non contiamo un cazzo, e 2. la politica non può (né deve) essere 'il libro settimo del codice civile'! e badate, le mie domande non sono rivolte a chi fa politica per professione (non all'idea, ma al denaro - con buona pace di faber). bensì a noi, anche soltanto elettori. possibile che il criterio con cui selezioniamo i nostri rappresentanti sia solo l'interesse circoscritto, al limite personale? è perché non ci fidiamo della classe politica come soggetto capace di governare e guidare processi collettivi? o non ci fidiamo tout court? ma allora come facciamo a fidarci del singolo rappresentante di quella classe, come tutore dei nostri interessi di categoria o addirittura privati? perché quello dovrebbe poi mantenere ciò che promette (stante la nostra sfiducia e disistima)? possiamo forse minacciarlo, in caso contrario, ricattarlo? se non c'è neanche più la contromisura di 'dare un'altra preferenza la prossima volta'! ma se non possiamo votare (più) qualcuno, perché allora abbiamo rinunciato comuque a votare ('almeno') qualcosa? (l'idea.) ovviamente la precondizione è che esista qualcosa da votare. e se non esiste, la pre-precondizione è far sì che esista: questo intendo, come 'la politica da parte degli elettori'. è perché non ci fidiamo più non solo della classe politica, ma neanche della società intera? quindi, più neanche di noi stessi? ci hanno fatto questo? ci sono riusciti? hanno fatto sì che noi introiettassimo l'obbedienza in questo modo, a tal punto? come nemmeno la 'cura ludovico' in arancia meccanica? ma sono scemo io, o cosa? mi sa di no. e, vedete, per un po' ho pensato - nei momenti di maggior generosità intellettuale - che i migliori esponenti della classe politica italiana ('migliori', parola grossa: i meno peggio, via) facessero quello che facevano, e che fanno, perché a conoscenza di un ricatto orribile che tiene in ostaggio il paese: tipo che sotto le piazze principali delle maggiori città italiane ci sarebbero barili di nitroglicerina arricchiti al nervino pronti a esplodere, se quelli non andassero contro gli interessi della gente, dei lavoratori, dell'ambiente, del sapere, della civiltà, e a favore esclusivo della minoranza privilegiata, del mercato, del profitto, del capitale. ma ora non lo credo più - neanche in quei momenti in cui mi metto in testa di trovare per forza un po' di buonafede in chi decide. cioè, credo ancora - in quei sempre più rari giorni - che i meno peggio tra i politici siano a conoscenza di un ricatto terrificante. però non immagino più esplosivi e armi chimiche nascoste. più semplicemente, la nitroglicerina e il gas nervino siete voi - miei concittadini. siete voi l'arma letale che tutt'altro che nascosta nel sottosuolo d'italia, ci cammina sopra in bella vista. gli ultimi sondaggi danno l'80% complessivo, quanto a intenzioni di voto, variamente ripartito tra il partito di berlusconi, quello del premier e quello di grillo. italiani, siete un'arma di distruzione di massa. l'onu - se fosse una roba seria - sarebbe già intervenuta. ventinove agosto duemilatredici PIOGGIA E PUDORE
e poi mi sono fatto anche un'altra idea. che se devi inculare il mondo alla grande lo fai quando la guardia di chi lo abita è abbassata. non lo fai quando il capo dello stato più potente del mondo è bush. quando è bush, al limite, cominci a fare le prove generali: episodio eclatante e guerra regionale. non lo fai quando il leader spirituale più seguito al mondo è wojtyla o ratzinger. troppo antiprogressisti entrambi per far abbassare la guardia a chi vuoi che lo faccia. no. se vuoi inculare il mondo alla grande lo fai quando il capo dello stato più potente al mondo è clamorosamente un afroamericano. lo fai quando il leader spirituale più seguito al mondo prende il nome francesco scandalosamente. è allora che la guardia di chi abita il mondo si abbassa. allora puoi colpire duro. e vinci di brutto, l'avversario lo stendi. stravinci, se già prima eri in vantaggio, e non se ne parli più per qualche secolo. ma chi è che può volere una cosa così? e programmarla in questo modo, amorale, disumano? e poi che vuol dire 'inculare il mondo', specie se il mondo è già abbastanza tuo? e al dunque chi è l'avversario, la vittima, di tutto questo raggiro? ma queste risposte, my friends, io non credo affatto siano via nel vento. no: sono scritte nella storia. ed è un rapporto troppo personale, quello tra la coscienza di ogni essere umano e la storia di tutti, troppo importanti le conseguenze di quel confronto - ne va della serenità di ciascuno e della sopravvivenza di gran parte dell'umanità (e dell'idea stessa di umanità) - perché io ci riempia una pagina di blog. una roba così la si vive. volevo solo appuntarmi quest'idea, e metterla in risonanza con le idee di chi passa e legge. questo però posso dirlo. che credo fermamente - per esperienza diretta e, soprattutto, culturale - che non si debba affatto escludere l'ipotesi che un certo bel numero di esseri umani 'apparenti', dell'umanità come la intendiamo noi (acquisita e da difendere o agognata e da conquistare - un valore assoluto, sempre) non abbiano in sé alcuna traccia, che coltivino il fraintendimento che la loro apparenza genera e che, anche grazie a questo 'potere', siano coloro che occupano i posti più idonei a determinare - in piccola scala, o grande o totale - le sorti degli esseri umani, confusi ma umani davvero, sempre e soltanto secondo i propri interessi. e con minor pudore di quello con cui noi agiremmo le vite di bestie da lavoro. ora a roma è uscito il sole. bello! ma la guardia io non l'abbasso lo stesso. ventisette agosto duemilatredici E-VENTI DI GUERRA
per non parlare sempre del qui e ora. ma vedrete che è pertinente. dalla 'primavera dei popoli', 1848, alla comune di parigi, 1871, dura il periodo più florido e rampante della costruzione del potere capitalista e liberista nell'intera epopea borghese plurisecolare - consolidamento politico-istituzionale e autolegittimazione culturale-simbolica comprese - in tutto l'occidente. poi, a metà degli anni '70, sempre dell'ottocento, una grave crisi economica, finanziaria e industriale impone una ristrutturazione sistemica: dalla sfida capitalista all'interno delle nazioni avanzate si passa a quella imperialista tra le nazioni più potenti. e per un quarantennio, tra difficili equilibri globali e conflitti più o meno regionali e controllati - con la costante dello sfruttamento di ogni angolo del mondo e di ogni goccia di sangue dei lavoratori, e della costruzione di un consenso di massa presso le classi medie -, la versione imperialista del capitalismo tra '800 e '900 sta in piedi. anche se con margini di profitto sempre minori, e con contraddizioni interne sempre più forti. finché arriva l'estate 1914, e scoppia la grande guerra. salto qui i motivi storiografici della mia impostazione (non solo mia, ovviamente) - li salto per mancanza di spazio, e se ne parlerà un'altra volta con dovizia di citazioni - ma diciamo che quella guerra (che infatti chiamo 'grande', e non 'prima') finirà solo nel 1945. dopo il 1945, dopo cioè quel terribile trentennio di caos a tutti i livelli, il capitalismo cambia ancora pelle: in una parola, veste panni 'democratici' - e ci siamo capiti (visto che è quello che abbiamo vissuto, o direttamente o tramite le nostre famiglie). è un altro acme di potenza sistemica, diverso da quello del terzo quarto dell'ottocento ma altrettanto pervasivo materialmente ed egemone culturalmente. poi, a metà degli '70 - ma del novecento - la grande crisi energetica (più la conferma che i popoli della terra non sono più disposti a servire l'occidente passivamente - la decolonizzazione -, più la contraddizione per cui le giovani generazioni occidentali intanto contestano il sistema alle radici in quanto sono state istruite e acculturate proprio per perpetuarlo - il '68) impone un altro cambio di passo ancora: la ristrutturazione capitalista globale, il neoliberismo, il dominio delle multinazionali sugli stessi stati sovrani. e per oltre un trentennio (con mille episodi fondamentali, dentro al sistema e intorno, che qui devo saltare - dico solo: la fine dell'urss!) il sistema regge, e il consenso di massa è assicurato dal riflusso nel privato e dalla potenza enorme di armi di distrazione sempre più sofisticate e alla portata di tutti. finché arriva la più grande crisi economica, finanziaria e occupazionale di sempre - tra il 2007 e il 2008. questa crisi. l'estate del 2013 è - quasi - trascorsa senza che alla tentazione storica di ricorrere alla guerra 'grande' come mezzo di risoluzione di una paralisi di produzione, consumo e consenso, nessuno dei protagonisti abbia ancora ceduto. ma di 'prove tecniche di trasmissione' ne abbiamo e ne stiamo vedendo tante: sul piano reale, e su quello della narrazione. ed ora c'è l'orrore siriano. e tra dieci mesi sarà il centenario esatto dell'attentato di sarajevo. volevo dire solo questo. e che... SOCIALISM IS A GLOBAL PEACEKEEPING! venticinque agosto duemilatredici SETTEMBRE, OTTOBRE
solo per quelli noti già oggi, 19 agosto, e solo dal mio parziale angolo di azione/osservazione, la sinistrasinistra romana, gli appuntamenti politici (politici puri, civicopolitici, politicosindacali) delle sette settimane da inizio settembre a metà ottobre compongono un bellissimo calendario di iniziative resistenti, coagulanti, proponenti, contrattaccanti. questo è per me il segnale migliore: l'altro piatto della bilancia non è vuoto! un piatto - ça va sans dire - è sì straoccupato dal mix deleterio di disgoverno strategico (la filiera che va dalla bce all'fmi, e da marchionne a letta) e di tattiche di distrazioni di massa (grazia sì grazia no, congresso subito congresso dopo, movimento pavimento). ma l'altro piatto, quello a sinistra - vivalamadonna! -, non è vuoto. (almeno come prospettiva. poi, certo, spetta a noi: in carne e ossa, voce e gambe!) ma ecco un piccolo promemoria per le nostre agende. - sinistra per roma (il 'gruppo di continuità politica' di un bel po' di sinistra romana, continuità da prima a dopo delle elezioni cittadine - quello di cui faccio parte io personalmente) indice per mercoledì 4 settembre un incontro tra quanti - collettivi e singoli - vogliono costituire l'osservatorio delle amministrazioni locali romane. - ancora noi di sinistra per roma, organizziamo da giovedì 3 a domenica 6 ottobre una quattro-giorni di incontri cittadini (politica, europa, sinistra e convivialità) nello spazio in-outdoor 'marchesi' di via tiburtina. - sabato 28 settembre, a roma, l'assemblea nazionale di 'comincia adesso' (area pdci) per la ricostruzione di un fronte unito a sinistra. - sabato 7 e domenica 8 ottobre, sempre a roma, l'assemblea nazionale di 'essere comunisti' (area rifondazione) con finalità analoghe - e, ovviamente, inviti e attraversamenti reciproci. - nella settimana da sabato 12 a sabato 19 ottobre, una sommatoria di importanti iniziative nazionali: dal movimento per i beni comuni a quello studentesco, dai precari ai migranti, dal diritto all'abitazione allo sciopero generale indetto dai sindacati non-confederali per venerdì 18. - e, uno-due rilevantissimo: domenica 8 settembre l'assemblea nazionale aperta, a roma, per costituire un fronte unitario e plurale per la piena applicazione sostanziale della nostra costituzione (indetta, tra gli altri, da rodotà e landini), e sabato 5 ottobre la manifestazione nazionale di questo fronte bello e importante - e, speriamo, oceanico! gli appuntamenti ci sono. le volontà di tante e tanti ci sono. l'intelligenza collettiva, l'organizzazione generosa, ci sono. ciò che non deve mancare, siamo noi! io cercherò di essere dappertutto, e dove non potrò essere aiuterò come posso lì dove mi trovo. voglio dare il mio contributo, credo di doverlo - a ciò in cui credo, alla mia stessa piccola storia, e a chi ho nel cuore. perché saranno settimane decisive! e dappertutto, quel che avrò in testa e sulle labbra, parlando coi compagni e le compagne e ascoltando da loro, e lavorando insieme a loro, sarà sempre e comunque una variazione sullo stesso tema: ...finché ti chiedi "cos'è la sinistra?", ancora non stai 'facendo la sinistra'. viceversa: quando la fai, non te lo chiedi! e il problema della sinistra italiana è proprio questo: troppi - da troppo tempo, e con troppo poca buona fede - si chiedono cos'è. e viceversa, pochissimi si mettono a 'farla' davvero. la destra, al contrario, non si è mai posta una sola domanda su se stessa: ha semplicemente agito come tale. e i risultati del suo dominio egemone, terribilmente efficace, si vedono tutti quanti. per cui, regoliamoci. la sinistra deve semplicemente dire cosa propone, cosa vuole, cosa è in grado di realizzare - riguardo alla vita delle persone. tutto qua. e se non ho proprio le allucinazioni - ma allora le avrei da 40 anni, non da oggi - ciò che la sinistra vuole e propone e progetta e si candida a realizzare quanto alla vita della gente, purché riesca a dirlo senza tanti giri di parole, è proprio quello che la gente desidera per sé. perché solo la sinistra, per definizione - se è sinistra: se non scimmiotta un vizio qualsiasi - pensa e dice e agisce riguardo a: chi ha cosa, che cosa ne fa, cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, democrazia oppure autoritarismo, libertà oppure sfruttamento, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se è là che va il mondo, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o invece solo atomi parlanti. perciò diciamolo chiaramente, compagne e compagni, cosa vogliamo e come l'otterremo - e non potrà che andar meglio. di idee per 'fare la sinistra' sono pieni i nostri testi, è ricca la nostra storia - basta solo enunciarle con chiarezza e applicarle con coerenza. quanto poi all'organizzazione, basta copiare! dappertutto, nello spazio e nel tempo, è meglio che qui - che ora, nei dibattiti strumentali che ci apparecchiano per distrarci. e - generosamente - regaliamoci, a una causa vera: la lotta socialista, la vita giusta. presto, però! se abbiamo questo coraggio, la gente sarà con noi. sì, pazientissim* e car* tutt* davvero: è ufficiale - sono tornato! :) diciannove agosto duemilatredici IL PAPA DI CLASSE
"...la vanità quotidiana, quel veleno del vuoto che si insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull’avere, che illudono i giovani con il consumismo. ...l’assurdità di basare la propria felicità sull’avere. ...la vera ricchezza è l’amore. ...chi ne fa esperienza non teme la morte, e riceve la pace del cuore." che lui stesso - che pronuncia queste parole dalla sua finestra in piazza san pietro a migliaia di persone, e da lì a centinaia di milioni che lo ascoltano o leggono in tutto il mondo - che lui stesso in cuor suo ne sia oppure no profondamente convinto, che gli dia oppure no seguito strettamente coerente nelle scelte politiche della potenza storica ed economica che governa, sta di fatto comunque che il senso di quel che sta anche solo dicendo diventa in sé reale nella misura in cui orienta i comportamenti individuali, le opinioni sociali e la visione del mondo di tantissima gente che condivide la sua stessa fede religiosa, riconosce la sua leadership ed è affascinata dal suo nuovo stile. e questo mi va benissimo: è comunque un contributo - grande o piccolo - alla nostra stessa lotta epocale, benché giocato più che altro nella sfera simbolica e valoriale. ma - di questi tempi - buttala via! piuttosto, questo stesso messaggio ora così applaudito non so quanto andrà bene - alla lunga - a tanti buoni devoti proprietari, quelli per i quali da sempre le pagine evangeliche contro lo sfruttamento e la sperequazione suonano del tutto incomprensibili, quelli per cui il messaggio del frate di assisi si riduce ai fioretti e alle stimmate leggendarie. questi cristiani qui, della genìa che - per esempio - alla rivoluzione del concilio vaticano secondo ha sempre preferito la miracolistica da fiera paesana di padre pio (il quale infatti fu nettamente inviso a giovanni XXIII - ma di questo chi parla?), questi quanto ci metteranno a capire che bergoglio ce l'ha proprio con loro e con il loro status di garantiti e privilegiati? e quando accadrà, chi credete che sceglieranno 'tra dio e mammona'? e, ampliando lo sguardo, se e quando il sistema di potere planetario che (nonostante l'agonia presente e nonostante per sopravvivere, il secolo scorso, sia passato dal colonialismo all'imperialismo, da due guerre mondiali a una quantità di conflitti regionali, dal depauperamento delle risorse naturali della terra alla messa in crisi del suo stesso equilibrio perenne) tuttora pensa e agisce solo in termini di logica del profitto e del consumo e dell'avere, dovesse avvertire come rischio concreto il diffondersi su scala apprezzabile di idee come queste ultime espresse dal papa, magari in coincidenza con l'emersione e l'organizzazione di altri fenomeni antagonisti di massa in risposta alla crisi - cosa pensate che faccia, come reagirà, il sistema? stiamo a vedere. certo, la guerra di classe è per noi tanto mal messa che ogni aiuto lo considero buono. fosse pure la remota possibilità che una sola coscienza in dubbio sincero tra errore e verità, si decidesse per pura emozione alla parola ascoltata da una finestra di piazza san pietro sopra quel drappo rosso istoriato in oro. cinque agosto duemilatredici DOMENICA D'AGOSTO (E DI VERGOGNA)
(d'altronde non è che siccome oggi è domenica 4 agosto, possiamo far finta che tutto vada bene! possiamo certo valutare di meritarci e quindi scegliere di goderci una bella giornata d'estate, e lo farò anche io tra un minuto. ma non inconsapevolmente, quello mai!) i numeri certificano che la crisi economica ci ha piegato le gambe: la spesa annuale media di un nucleo familiare italiano, passa dai 30.000 euro del 2007 ai 26.000 attuali. e non perché siamo diventati più propensi a risparmiare, meno soggetti all'idiozia consumista, tanto meno perché i prezzi siano diminuiti, o le tariffe dei servizi, ma perché - semplicemente - siamo sempre più poveri. oggi più di ieri, e forse domani più di oggi. lavoro: poco e precario. sviluppo: zero. equità sociale e fiscale: una bestemmia. sostenibilità ambientale: ma quando mai. democrazia e tenuta politica - conseguono da quanto sopra: non pervenute. questa è la trincea, tutta intera. in tutto l'occidente. e in europa in particolare, e nell'europa del sud ancora di più. il resto è fuffa buona per distrarci. tuttavia, le particolarissime condizioni del nostro paese - il ventennio berlusconiano, il potere dei media sulle emozioni dell'uomo comune, l'incapacità di un'opposizione efficace e di massa al sistema malavitoso che la maschera di arcore rende popolare da una generazione, i ricatti evidentemente che paralizzano anche le più alte istituzioni di garanzia, o forse addirittura la complicità delle medesime, e del pd senza forse, l'ennesima perdita di tempo e di energia antagonista che viene abilmente incanalata in sedicenti movimenti (ora anche parlamentari) che in realtà non muovono proprio niente, la narcosi generalizzata sapientemente indotta col pessimismo radicale - tutto ciò ci costringe ancora una volta a occuparci, prima ancora che della causa del nostro stato presente ('chi ha cosa, e cosa ne fa'), del suo effetto più macroscopico e ingombrante. cioè: a occuparci prima del rispetto della legalità formale, dell'applicazione di sentenze cristalline e coraggiose come quella di cassazione sulla frode fiscale di berlusconi, e solo poi della guerra di classe vera e propria che i privilegiati e i dominanti stanno vincendo contro lavoratori e popolo (tramite il sistema che li ha arricchiti per un trentennio - il neoliberismo - e ora scaricandoci addosso tutti i costi, economici e politici, della sua crisi epocale). allora, preso atto di questa doverosa - purtroppo - inversione rispetto alla normale logica di una lotta politica efficace e strutturale, a noi tocca (prima, quindi, di poter dire una volta per tutte di chi debba essere la ricchezza, materiale e no) batterci per il puro e semplice rispetto della legge, della costituzione, della democrazia in italia. perché esse sono sotto attacco, grave come mai prima. anche oggi - proprio oggi, con la manifestazione ignobile e eversiva organizzata sotto il palazzo romano del pregiudicato berlusconi, a sostegno della sua fedina penale e contro il potere indipendente della magistratura. e questo, senza che il pd senta l'urgenza di controbattere niente di concreto e visibile - né napolitano, né l'opposizione parlamentare, né nessun altro che conti qualcosa: partiti, movimenti, sindacati. ecco, io credo fermamente che le cittadine e i cittadini che non ne possono più di questo accoltellamento continuo e dissanguante dei principi di legalità, democrazia e civiltà, operato con la vigliaccheria e la prepotenza di chi sa di avere in mano tanto potere, e nessuno scrupolo ad usarlo, come berlusconi e la sua corte dei miracoli - ebbene, credo che noi cittadine e cittadini (singoli e 'sciolti', o già organizzati in gruppi, comitati, vertenze, associazioni, movimenti, sindacati o partiti antagonisti) non possiamo più limitarci a dissentire brontolando, ciascuno nella propria privata e solitaria indignazione, ciascuno coi propri metodi al limite incompatibili con quelli di chiunque altro. no. stavolta - e da adesso in poi - dobbiamo essere pronti a 'metterci la faccia', diciamo così, e il più possibile insieme, coordinati, razionali, efficaci. decisivi, voglio dire. tutte e tutti che, come me, amate la giustizia nuda e cruda, e capite che ogni passo in direzione dell'uscita da questa crisi orribile, verso l'equità sociale, la solidarietà e la democrazia sostanziali e uno sviluppo sostenibile (semmai l'imboccheremo, come paese e come unione europea) ha ancora come precondizione la soluzione di questo problema virale e tossico che è l'occupazione dell'agenda politica italiana, sempre da parte dello stesso uomo, con la stessa cricca intorno, per le stesse ragioni, con gli stessi ricatti verso un paese e le sue istituzioni - tutte e tutti, cittadine e cittadini come si deve (e collettivi di cui facciate parte), restiamo vigili anche durante questa rovente estate da fine impero! perché il livello dello scontro è ormai talmente alto, e la qualità delle 'forze del bene' istituzionali e pubbliche talmente incerta a balbettante, che è sicuro che se in autunno esisterà ancora una cosa come la repubblica italiana, ordinata dalla costituzione nata dalla resistenza al nazifascismo e ricca del meglio prodotto dalla lotta del movimento operaio e contadino, dalla dottrina sociale dei cattolici progressisti e dal pensiero liberale più nobile - be', questo dipenderà anche da ciascuno di noi, dalla nostra buona volontà, dal nostro retto pensiero, dalla nostra azione conseguente e generosa. ma per davvero. e adesso, sì, come promesso: buona domenica d'agosto a tutte e tutti! post scriptum in forma di letterina scusa faber, tu sei un poeta, un artista e forse anche un filosofo, ma umilmente devo correggere (in parte) uno dei tuoi versi più belli e famosi. "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior" il fatto è che non è vero che dalla merda nascano (solo) fiori, perché invece da certa merda nasce (solo) altra merda. vengo ora da via del plebiscito: credimi sulla parola. per dire - quando da ragazzi, coi cortei studenteschi o universitari, si riusciva ad arrivare fino alla sede, all'epoca, della fu democrazia cristiana (praticamente a un passo dal palazzo romano di berlusconi), se eravamo incazzati il nostro coro era "ma che democrazia, ma che cristiana! ladri, mafiosi e figli di puttana!", ma se ci andava di giocare allora cantavamo "che puzza, che puzza: non ne possiamo più! ci stiamo avvicinando a piazza del gesù!" ebbene, faber, oggi ti dico che l'odore che sentivamo all'epoca di andreotti e forlani, rispetto al tanfo che ho sentito poco fa affacciandomi su quella latrina, semivuota ma non perciò poco repellente, è fragranza di rosa e vaniglia. ciao poeta adorato, grazie sempre di tutto! e non ti stai perdendo niente, anzi. quattro agosto duemilatredici PREGHIERINE
confermata la condanna a berlusconi per quanto riguarda la pena detentiva - 4 anni, definitiva - e rinviata alla corte d'appello per la riformulazione la pena accessoria d'interdizione - da 5 a 3 anni. la legge approvata l'anno scorso con la ministra severino alla giustizia, benché applicabile dalla prossima legislatura, comunque dichiara ineleggibile qualsiasi cittadino con pena passata in giudicato superiore a 2 anni. le conseguenze politiche si possono dedurre facilmente: o berlusconi (che in ogni caso, tranne quello di fuga e latitanza, dovrà farsi un anno ai servizi sociali o ai domiciliari) si dimette da sé da senatore, o viene espulso dal senato con voto dei suoi pari a maggioranza, oppure - se non si dimette, né una maggioranza lo caccia - allora oltre al pdl, muore anche il pd e il quadro istituzionale stesso come noi lo conosciamo da una generazione. questo lo vedremo. ma ora - già ora - io esulto. per questo: perché i giudici della suprema corte hanno subito una benedetta pressione. non quella cui pensavano in tanti, la pressione di considerazioni politiche contingenti (ma se lo condanniamo che ne sarà del governo? e della stabilità? e napolitano che dirà? e la crisi chi la risolve? che figura facciamo con l'europa?). no, di questo se ne sono vivaddìo fregati! bensì, hanno subito la sola pressione della loro competenza professionale giuridica nel leggere le carte e vagliare le repliche. unita - io voglio credere - a quella di considerazioni altissime di civiltà, di senso dello stesso stare insieme di donne e uomini in una società che si autodetermina con gli obiettivi della dignità, dell'equità e del progresso diffusi (quelle considerazioni che ti fanno scegliere da giovane di diventare un servitore fedele dello stato e della democrazia). essi, cioè, non si sono chiesti che penserà ora il pd o napolitano o l'europa, ma hanno cercato di rispondere a una domanda infinitamente più importante: cosa penseranno i bambini? cosa ne sarà del futuro del nostro paese che essi incarnano? e dell'europa? (di un progetto di civiltà mai del tutto chiarito - figurarsi quanto ancora incompiuto.) che penseranno? cosa capiranno ora i bambini dal nostro operato? e io esulto, perché di oggi primo agosto duemilatredci gli adulti di buona volontà e retto pensiero (quelli rimasti) avranno la pazienza e l'amore di spiegare a fanciulle e fanciulli una semplice cosa: che chi violala legge, perfino in italia, perfino se è il più ricco di tutti, perfino se ha il potere politico da vent'anni e il potere sull'opinione pubblica e sui costumi da trenta e più - chi viola la legge, la legge che è uguale per tutti prima o poi lo punisce. lo punisce e lo sanziona in modo definitivo per il suo reato, in modo indubitabile, cristallino. quindia, bambine e bambini ricordatevelo prima delle preghierine della sera. e diventate, almeno voi, dei bravi cittadini, italiani, europei. portate un contributo al mondo che si rinnova! io esulto, perché oggi ho potuto assistere a tutto questo! le pene di domani, a domani. http://video.repubblica.it/dossier/mediaset-sentenza-cassazione/berlusconi-sentenza-mediaset-proteste-e-liti-in-piazza/136658/135203?ref=HREA-1 https://fbcdn-sphotos-d-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/17745_480059918752111_2069011583_n.jpg primo agosto duemilatredici VERITA'
- è 'solo' un evasore, ma non è il 'progettista' del sistema di evasione fiscale di mediaset e partner. questa è la tesi 'regina' della difesa escogitata da coppi. evasore 'semplice' sì, lo dice la sua difesa - mica io. somiglia tantissimo a quest'altra 'trincea' difensiva. - è solo l'utilizzatore finale delle mignotte, ma non è il loro pappone. vi ricordate? ghedini, sulle orgette di arcore. puttaniere e basta sì, lo dicono sempre i suoi avvocati - non i suoi nemici. e se dei difensori così celebri, efficaci e strapagati, il massimo che riescono a dire per dipingere il loro super-cliente come una brava persona, è che evade le tasse (a milioni) e che va a zoccole (a decine), è facile immaginare cosa si vedrebbe invece in un ritratto oggettivo e imparziale dell'uomo e del cittadino berlusconi, a poterlo conoscere per intero e nei dettagli. per non parlare del fatto che qui si tratta non di un uomo e di un cittadino qualunque, ma di chi rappresenta il massimo livello decisionale politico sulla vita di decine di milioni di persone da un ventennio - ruolo al quale io, cittadino e uomo qualunque, ho assoluta esigenza di designare qualcuno che sia migliore, e parecchio, di me medesimo: gli metto in mano la mia vita, non so se mi spiego. e invece è andata così, per quasi metà della mia vita finora: uno di cui i suoi stessi avvocatoni, messi alle strette, dicono 'evasore' (come cittadino) e 'puttaniere' (come uomo), è lo statista più influente del mio paese da vent'anni (e l'ha ridotto così, come statista). dice: - l'ha voluto la gente. ma la gente si fa pure le pere, che c'entra. l'unica sarebbe stato che non nascesse affatto, ma ormai... ormai, andiamoci a sentire questa sentenza. per il puro gusto - tardivo - di un po' di verità processuale. e la storia è storia, la gente è gente, il male è male. trentuno luglio duemilatredici RIDERE
raistoria ci offre stasera la (breve ma gloriosa) parabola del programma la tv delle ragazze, che poi (a lungo: un ventennio) si traghetta in avanzi, in tunnel, esplode in esperienze biforcantesi da pippo kennedy all'ultimo nano, da viva zapatero a draquila, da parla con me a quelli che il calcio a il tempo che fa. e l'effetto che produce in me e valentina, che stiamo vedendo insieme questo the best of, è duplice. intanto sorridiamo e ammicchiamo - perché là c'è del talento, dell'intelligenza, dell'umorismo. come ricordavamo. e poi però escono fuori altri personaggi - solo televisivi all'epoca (credevamo noi, giovani e ingenui), ma poi costituenti lo zeitgeist pessimo che scontiamo lungo tutta la vita adulta: dalle carlucci a d'agostino, dall'imitazione di berlusconi a quella di d'alema... e ci ricordiamo anche degli infiniti sdoganamenti dell'impresentabilità contemporanea questa televisione pure umoristica, intelligente e talentuosa ha tuttavia prodotto. e allora si palesa la verità ultima di ogni impresa umana: se mischi insieme la cioccolata e la merda, il sapore che lascia il segno è la merda. col guaio ulteriore che la gente dopo un po' non le distingue più mischiare: meglio sarebbe non provarci proprio. (spara, piuttosto. è più chiaro. ma solo se sei sicuro di vincere. sennò è pure peggio.) il fatto è che ho sempre più la certezza che il vecchio (peraltro bellissimo) slogan 'una risata vi seppellirà' sia o un mantra sincero ma semplicemente autoconsolatorio o addirittura un diabolico meme creato e diffuso da quelli che invece non saranno mai seppelliti, tanto meno da una risata e basta. lo vedo nel grandissimo e anche nel piccolissimo - perfino sul circoscritto posto di lavoro: chi esercita il predominio non ride mai sinceramente, e certo mai insieme ai sottoposti (in quel caso finge, sempre), mentre chi lo subisce sì, ride, ride insieme ai pari e - se capita - pure insieme ai superiori. e ciò è sintomo di intelligenza e di compiutezza, beninteso: nella dialettica servo-padrone, proletariato-capitale, vittima-carnefice - ci mancherebbe! - non ho (mai avuto, né avrò mai) dubbi che la superiorità umana sia del primo tra i due antagonisti in coppia. anche per l'aspetto di cui parliamo, quindi. tuttavia, questa capacità sottrae forza alla lotta della liberazione. è oggettivo. 'facciamoci almeno un risata.' ma è proprio su quell'almeno che si tiene su tutto il sistema. chi ci comanda ha il proprio scudo nel nostro senso dell'umorismo naturale. e lo sa. e lo sfrutta. ventinove luglio duemilatredici PLANISFERO
se ai milioni di giovani in brasile - e da lì, ai miliardi in tutto il mondo - bergoglio avesse detto "al mio segnale scatenate il paradiso", io mi sarei un bel po' rammaricato di non essere là. ma se avesse aggiunto "cioè da questo momento smettete di fare il capitalismo", allora avrei avviato le procedure per la mia collaborazione al suo movimento - come una delle sue guardie del corpo: centinaia, migliaia, quante ne occorrerebbero se dicesse una cosa così in faccia al mondo - pronti a fargli scudo dall'attacco di un potere inferocito per tanto scandalo rivoluzionario. ma la storia - appunto - non si fa coi se. e io resto a collaborare coi miei. che poi, quando lo capiranno i cristiani che (quelli sinceri tra loro) vogliono la stessa cosa che vogliamo noi, solo coi mezzi meno idonei (la fede nel soprannaturale) e una pazienza di giobbe (è il caso di dirlo), allora magari questa collaborazione incrociata vedrà la luce e darà pure ottimi risultati. intanto, compagne e compagni, al (nostro) lavoro e alla (nostra) lotta! occhi aperti e orecchie appizzate, però, che se di là parte qualcosa di buono... pronti anche noi a cogliere l'onda! ...ma metti pure che centinaia di milioni di buoni cattolici, stregati da un loro leader 'socialista' eventuale, si unissero alla nostra battaglia politica secolare, io credo che tra umani - globalmente - comunque non ci si metterà mai d'accordo: chi vuol essere padrone di qualcosa, anche se costa perdere se stesso, non accetterà mai di mettere in comune l'essenziale. quindi, al punto in cui siamo, o l'umanità finisce per colpa di quelli che vogliono possedere - che non potendo sfruttarci all'infinito, si faranno guerra davvero tra loro e ci va di mezzo il pianeta tutto -, oppure ci si spartisce la superficie terrestre su base volontaria: da una parte quelli là, e si alienassero e s'ammazzassero come vogliono, dall'altra parte noi a sperimentare la cosa comune su scala semi-planetaria. invento: a noi di 'communia' toccheranno europa (tranne la russia europea e la turchia), africa, america latina (compreso il messico) e oceania (australia esclusa), a loro di 'egotia' il nordamerica (senza messico), l'asia (compresa la russia europea e la turchia) e l'australia. pinguini, scienziati e misantropi: in antartide. migrazioni davvero bibliche: ma l'unico vero esodo sensato per evitare il disastro totale o lo sfruttamento perenne. certo, non sarebbe senza danni e sofferenze incalcolabili. ma mi sa che alla lunga è l'unica! ventotto luglio duemilatredici SEMPLICEMENTE
un po' come per il 'cambiamento del mondo' secondo gandhi (e vogliate perdonare l'ardire), oppure un po' come per l'interpretazione del tao (perdonate ancora)... ...ebbene - finché ti chiedi "cos'è la sinistra?", ancora non stai 'facendo la sinistra'. viceversa: quando la fai, non te lo chiedi! e il problema della sinistra italiana è proprio questo: troppi - da troppo tempo, e con troppo poca buona fede - si chiedono cos'è. e viceversa, pochissimi si mettono a 'farla' davvero. la destra, al contrario, non si è mai posta una sola domanda su se stessa: ha semplicemente agito come tale. e i risultati del suo dominio egemone, terribilmente efficace, si vedono tutti quanti. per cui, regoliamoci - compagne e compagni. la sinistra deve semplicemente dire cosa propone, cosa vuole, cosa è in grado di realizzare - riguardo alla vita delle persone. tutto qua. e se non ho proprio le allucinazioni - ma allora le avrei da 40 anni, non da oggi - ciò che la sinistra vuole e propone e progetta e si candida a realizzare quanto alla vita della gente, purché riesca a dirlo senza tanti giri di parole, è proprio quello che la gente desidera per sé. perché solo la sinistra, per definizione - se è sinistra: se non scimmiotta un vizio qualsiasi - pensa e dice e agisce riguardo a: chi ha cosa, che cosa ne fa, cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, democrazia oppure autoritarismo, libertà oppure sfruttamento, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se è là che va il mondo, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o invece solo atomi parlanti. perciò diciamolo chiaramente, compagne e compagni, cosa vogliamo e come l'otterremo - e non potrà che andar meglio. ma ciò che sto scrivendo è talmente palese, ormai, che non sono più disposto a credere che in italia ci sia qualcuno onesto e intelligente - insieme - e sinceramente di sinistra, il quale estenui se stesso e gli altri con domande come "cos'è la sinistra?", "che forma deve avere la sinistra?", "che regole potremmo darci?", "è giusta, in generale, l'organizzazione di partito per il perseguimento di obiettivi politici?". no, mi dispiace: chi dice così - oggi, in italia - o non è onesto o non è intelligente, o non è di sinistra. e il suo scopo è chiaro: mentre noi, in buona fede, perdendo tempo a cercar di rispondere a quelle domande, ci distraiamo dall'accorgerci della vera natura di chi le pone nel pubblico dibattito, il potere privatamente gestito fa cose di destra - semplicemente. compagne e compagni, questi signori (e i loro mandanti economici) sono anni che riescono a farci guardare sempre e soltanto il dito - anziché la luna. e ogni stagione ne inventano una nuova! be', basta! adesso regoliamoci. di idee per 'fare la sinistra' sono pieni i nostri testi, è ricca la nostra storia - basta solo enunciarle con chiarezza e applicarle con coerenza. quanto poi all'organizzazione, basta copiare! dappertutto, nello spazio e nel tempo, è meglio che qui - che ora, nei loro dibattiti strumentali. e generosamente regaliamoci, a una causa vera: la lotta socialista, la vita giusta. presto, però! se abbiamo questo coraggio, la gente sarà con noi. venticinque luglio duemilatredici MA GAVTE LA NATA
cazzo, questa me l'ero persa. venerdì 19 luglio marco revelli dà al manifesto una lunga pensata che si conclude così. "Nel precipitare delle cose la costruzione di un punto di riferimento alternativo è terribilmente urgente, perché il tessuto democratico di questo Paese non si coagula da solo, per semplice iniziativa «dal basso». Ha bisogno di un catalizzatore. Di qualcuno – un gruppo di donne e di uomini – che «dall’alto» dia un segnale, con pochi, semplici denominatori comuni e, soprattutto, il dichiarato proposito di una discontinuità netta di linguaggio, pratiche e facce con l’abbandono dei bizantinismi attuali. Fuori da ciò, ne sono più che mai convinto, se si rimane entro le mura sempre più soffocanti di Bisanzio, ogni giorno perduto è un passo verso la caduta." ora, ai più il nome di marco revelli non dirà niente. naturale, è uno storico-sociologo piemontese, qualche volta ospite in tv a dire quello che dicono di solito gli intellettuali un attimo prima della pubblicità, che tanto dopo la pubblicità tornano a starnazzare i politici da prime-time. ma a me e a non pochi compagni di strada dell'ultimo anno buono di attività civicopolitica, dice parecchio: è tra i fondatori di 'alba' e di 'cambiare si può', tra i sostenitori prima e gli affossatori poi di 'rivoluzione civile', ma soprattutto è (stato, a questo punto) il teorico principe della partecipazione dal basso senza se e senza ma, del non-leaderismo assoluto, della discussione anche all'infinito tra tutte e tutti - ma proprio tutte e proprio tutti - e se non si arriva a una decisione (e non ci si arriva, credetemi, se non si vuol demandarla a uno straccio di direttivo elettivo e - per carità - revocabile) allora 'sti cazzi. e guardate, che questo delirio di orizzontalismo - anche se a voi, ripeto, i nomi di revelli e di 'alba' possono dire poco - ha fatto danni più della grandine! a livello nazionale, con l'improvviso sfilarsi di 'alba' da 'cambiare si può' (troppo 'dirigista') e quindi con l'indobilimento di 'rivoluzione civile' (che così non ha portato un solo uomo, una sola donna in parlamento), a livello locale - parlo di roma - dove la filosofia (ex) revelliana ha 'imbambolato' i già non molti compagni dell'avventura sandromedicea in accaniti seminari metodologici, lasciando a noialtri pochi 'verticisti' della sinistra radicale il compito (trucido?) di dire alla gente come volevamo che diventasse roma (cioè di parlare della vita, non delle 'forme'), e a livello di lotte e vertenze con la moda velleitaria e autoparalizzante di non-decidere mai un cazzo finché non si è sicuri che pure il passante per caso all'assemblea sia d'accordo sul da farsi! cristo. e adesso leggo bel bello revelli che il 19 sul manifesto scrive: "Il tessuto democratico di questo Paese non si coagula da solo, per semplice iniziativa «dal basso». Ha bisogno di un catalizzatore. Di qualcuno – un gruppo di donne e di uomini – che «dall’alto» dia un segnale." e io gliel'avevo detto subito, a lui e ai suoi, che stavano incartandosi in una cazzata. http://www.youtube.com/watch?v=hf7hMaWpMUA e poi c'ho pure litigato con un sacco di gente, in campagna elettorale, che c'ha fatto perde solo tempo. e ci siamo pure sentiti dire che - comunisti, socialisti, socialdemocratici, gente della sinistra (che tenta di essere) organizzata - noi eravamo il 'vecchio'! ma vaffanculo, reve'. te e bisanzio. ventritre luglio duemilatredici LA PROVA PROVATA
io direi che semmai occorresse un atto anche simbolicamente efficace, e quindi una data da segnare sul calendario, per dire all'universo mondo che è finita, conclusa, morta e sepolta, e per di più disonorevolmente, la parabola storicopolitica della sequenza di 'corpi maggiori' originata dall'auto-scioglimento del pci del febbraio 1991 (partito democratico di sinistra, democratici di sinistra, partito democratico) variamente innervata da altri soggetti di diversa provenienza (partito popolare, margherita), ebbene quella data è ieri 19 luglio 2013 e quell'atto simbolico è il voto contrario dei senatori pd alla sacrosanta mozione di sfiducia contro il ministro dell'interno e segretario del pdl, del partito (già forza italia, più innervamenti dalla sua destra - come alleanza nazionale) cioè che da vent'anni il pds prima, i ds poi, e il pd da quando esiste, dichiarano essere (stato) l'avversario radicale e irriducibile nella strategia di amministrazione del paese e delle sue istituzioni. ieri - al di là di ogni ragionevole e anche irragionevole dubbio - quella storia è finita. e lo capisce perfino chi, con un'autodisciplina da un certo punto di vista encomiabile, pensava finora che in qualche modo misterioso e invisibile, contro ogni evidenza, il pd di domani - a prezzo di sforzi enormi da parte di qualcuno di buona volontà (civati? barca?) - potesse farsi carico della parte più nobile di una storia che prima fu dei ds, prima ancora del pds, e all'origine del pci. lo capite anche voi, non è vero? che è finita. ora - compagni fatti così, disciplinati e ritrosi al distacco - ora però non c'è più un solo motivo perché non superiate l'auto-paralisi fin troppo protratta. ora che una storia è finita - e male - adesso un'altra storia può iniziare, e con l'apporto del meglio che è in voi e che avete da dare! non c'è il deserto, là dove non osavate nemmeno guardare: ci siamo noi di sinistra da sempre. elaborate il lutto, io lo capisco. ma poi incontriamoci, presto e generosamente! il centrosinistra è morto. da quella parte, da ieri e ufficialmente, c'è solo centro. che nasca allora la sinistra di massa! lunga vita alla sinistra, da costruire in tante e tanti: con tutta la gioia, tutta la serietà, tutta la forza! e guardate, compagni così, che a dire 'centro' sono stato gentile. perché non si capisce nemmeno come possa qualcosa che vorrebbe passare per centrosinistra e invece è un centro moderato, sposare tutte le ricette del neoliberismo che è sinonimo di destra pura e semplice! tanto poco si capisce, che viene in mente di tutto. del tipo... il capo dello stato non può essere intercettato, questo si sa. ma sottoposto alla macchina della verità? sì? io gli farei solo questo stock di domande: "sire, siamo tutti in ostaggio vero? lei, io, tutti gli italiani. è così? ci sono chili e chili di tritolo intorno a barili di gas nervino nel sottosuolo delle piazze più belle e affollate delle principali città d'italia, giusto? e lo sapete tutti, vero? lei, tutto il governo, tutta l'opposizione, gli alti gradi di polizia, carabinieri e forze armate, tutta la classe dirigente economica, finanziaria e tecnica, i leader dei sindacati maggiori, gli opinon maker del sistema mediatico, i capi del sistema criminale... ci ho preso, sire? e se è così - solo se è così - allora mi spiego tutto. non m'interessa neanche che lei mi dica chi ce li ha messi - gas e dinamite - ci arrivo da me. ma se non è così - se sto fantasticando a vanvera - allora per spiegarmi il comportamento suo e di tantissimi altri personaggi pubblici, devo scomodare la categoria del puro e semplice tradimento della costituzione, della democrazia, dei principi del vivere civile e della giustizia sociale, della storia della sinistra in questo paese." ma napolitano sulla macchina della verità non ci salirà mai, né nessun altro che conti qualcosa. però, lo stesso, io vorrei sapere - e vorrei che tutti sapessimo, ufficialmente - come stanno davvero le cose. decidere come morire - se di strage o di neoliberismo - è un diritto umano irrinunciabile. eppoi, sapere e capire sono gli unici presupposti per scegliere la strategia della lotta: sennò stiamo solo a perdere tempo! e infatti. no, sire? ma che parlo a fare? per esempio. un vecchio porco, un papponaccio obeso e una mignottella rifatta sono stati pesantemente condannati a milano per sfruttamento della prostituzione, anche minorile, e di mezzo c'è ovviamente il satrapo di arcore che utilizzava i tre e le loro zoccolette. ora – che dite – napolitano, il governo, i partiti della maggioranza e il loro apparato mediatico, se la giocano subito la geremiade sulla giustizia a orologeria, sui magistrati rossi e sull'invidia sociale, oppure aspettano il 30 luglio per l'ultima parola della cassazione? e intanto si pensa a privatizzare pure eni, enel e finmeccanica – visto che i privati sono quelli che hanno distrutto il sistema, mi sembra giusto! bah. questo paese è sempre più la cuba di batista degli anni '50. solo che il seguito di rabbia popolare che lì avevano castro e guevara, qui ce l'hanno renzi e grillo. che risate! rabbia tutta virtuale, beninteso – che seppure grillo o renzi esortassero le folle a rischiare in proprio per rovesciare il sistema tanto marcio, perfino i più fedeli cambiano subito canale col telecomando dal divano! che pianto. paesi civili – se esistete – bombardateci senza pietà. di gavettoni spisciati. con noi non serve sprecare niente di più letale. venti luglio duemilatredici UOMINI, MEZZE CALZETTE E CAPI
nel mio lavoro incontro rappresentanti di tante spa, anche multinazionali, che vendono determinati servizi a un bacino di clientela di milioni di unità. tutti mi confermano quel che si legge, ossia che stanno vendendo meno perché le persone e le famiglie – a centinaia di migliaia – ci pensano ben più di prima a spendere per comprare l’inessenziale. e tutti – lo stesso – mi confermano quel che si legge, ossia che le loro aziende stanno licenziando o cassintegrando o delocalizzando perché le aziende davanti a meno vendite, quelli sono i primi tagli che fanno. ma questa è una politica miope, gli commento, perché così le spa alimentano proprio quell’avvitamento di contrazione dei consumi, quella percezione di insicurezza nel futuro per cui persone e famiglie non comprano più. ‘e che dovremmo fare, allora: vendere di meno e lo stesso non licenziare e restare, cioè lavorare in perdita?’ sì, rispondo io, se proprio non volete limare i profitti dei grandi azionisti o i superbonus del management, allora lavorare in perdita: una specie di governare in deficit. proprio come facevano gli stati in età keynesiana. dico: un imprenditore degno di questo nome, davanti a una crisi di queste straordinarie dimensioni reali e percepite, deve straordinariamente muoversi come uno statista. non come un contabile. ma non succede, ovviamente. gli imprenditori di questa epoca sono tutt’altro che capaci di visioni ampie e durevoli, di azioni straordinarie. sono mezze calzette dotate di un potere spropositato rispetto alle loro capacità – non alla loro generosità umana, capitemi: ma rispetto alla stessa capacità imprenditoriale che ci si aspetterebbe a fronte del loro potere sugli uomini e dei loro guadagni immensi. solo che stiamo anche peggio di così: le aziende non sono gestite come stati keynesiani e, viceversa, sono gli stati che adesso vengono gestiti come aziende – e da contabili, per di più. e scadentissimi – quando non disonesti – per somma sventura. e che facciamo noi, cittadini semplici, davanti al quadro? cambiamo forse gli statisti tramite gli strumenti del potere democratico? no. cambiamo forse gli imprenditori tramite gli strumenti del potere d’acquisto? neanche. però sbuffiamo. sbuffano i miei interlocutori, sbuffo io, sbuffiamo tutti. certi spifferi. a chi mi dice che la comunità degli imprenditori, comportandosi come fa, non fa altro che applicare il principio generalissimo dell'egoismo individuale, anche quando esso porta all'autolesionismo di comunità, rispondo che è vero: la teoria dei giochi e il dilemma del prigioniero, la facilità con cui si 'defeziona' anziché 'cooperare', lo dimostrano. (anche se poi, pure su questo assioma c'è qualche controesempio. tempo fa fecero girare su macro-elaboratori una serie di programmi che agivano diversamente nel gioco del dilemma: un programma che defezionava sempre, da egoista perfetto, uno che cooperava sempre, da altruista perfetto, uno che decideva a casaccio, uno che iniziava defezionando e poi rispondeva a tono, 'tit for tat', e uno che iniziava cooperando e poi rispondeva a tono pure lui. be', alla lunga vinceva il quinto programma: quello ragionevolmente altruista, che cominicava cooperando e poi si regolava in base alle risposte dei competitor!) e quindi? quindi alle sfide della competizione si può dover rispondere una volta tanto in modo - non dico generoso, ripeto, ma anche solo - scaltro. e se c'è mai stato un momento in cui ciò discriminasse la vita dalla morte, semplicemente, questo è quel momento! ora, se gli attori economici non lo capiscono da sé, lo imponga la politica. se gli attori politici non sono - del pari - capaci, allora lo imponga il volere costituente del popolo. ma certo che se questo è il popolo... il fatto è che gli umani - che non sono mai totalmente razionali, ma neanche totalmente solipsisti - si devono nutrire di stimoli complessi, o per via di autoformazione o per via di emulazione a partire da modelli. e che se gli stimoli sono quelli giusti, allora li vedremo fare le cose più impensabilmente razionali, generose, lungimiranti! dei comunisti organizzati dovrebbero servire a dare appunto di questi stimoli, pensate un po'. e dei capi comunisti dovrebbero servire a organizzarci in massa, pensate - pure questo. ora però, capita che l'intera contemporaneità - specie quella italiana - abbia bandito con damnatio memoriae e chiuso in "microriserve indiane", tutti e tre i concetti essenziali all'operazione: 'comunismo', 'organizzazione' e 'capo'. che vogliamo fare? per esempio osservare e giudicare questo. una bambina straniera di cinque anni e mezzo, che viveva in italia con la madre – fidandosi del nostro paese –, invece viene presa dalla polizia italiana in una casa di roma, messa a forza con la madre su un aereo e spedita nel suo paese, che è governato da un dittatore che vorrebbe la pelle del padre della bambina, marito della donna. una dimostrazione di vigliaccheria istituzionale, da vergognarsene e arrossire perfino da soli e al buio. e le nostre istituzioni supreme cosa fanno? peggio che mezze calzette: non fanno niente, fanno quadrato, si difendono reciprocamente. il ministero degli interni dice: io non c'ero, non sapevo, non c'entro. il partito di cui è segretario, il pdl, lo difende a spada tratta. l'altro partito al governo, il pd, lo difende a spada tratta pure lui – salva la flebile contestazione di alcuni dei suoi esponenti nazionali, che però restano nei ranghi, e quella più decisa di esponenti locali, che però non conosce nessuno. la ministra degli esteri dice che i marò torneranno – poi le fanno notare che stiamo parlando d'altro. il parlamento oggi fa finta di votare una mozione di sfiducia – ovviamente votando contro – che autoassolverà le istituzioni intere. e il capo dello stato, così pronto a incarnare la dignità nazionale dinanzi a un mondo sempre più perplesso nei nostri confronti, anziché esercitare ogni moral suasion per cacciare a pedate i responsabili politici di quest'ennesima ignominia, invece tutti li abbraccia in un cerchio di magica intoccabilità per ragion di stato che i cittadini stavolta non possono capire. dire che siamo – come paese – nella cacca fino al mento e con i piedi ancora lontani dal fondo, è probabilmente sbagliare la metafora per difetto. in sintesi, napolitano blinda il governo letta: "se cade, contraccolpi forse irrecuperabili." contraccolpi alla strategia di affamare lavoratori e precari, esodati e pensionati, e soprattutto disoccupati - di sicuro! e in italia, ma pure in europa. motivo per cui, dico io, che cada - e presto! solo che seppur cadesse ma una sinistra degna di questo nome - in italia, dico, perché in europa c'è - non sarà pronta a proporsi per avere consenso popolare intorno a una politica diametralmente opposta, allora insieme al governo cadiamo pure noi. tutte e tutti. nel puro caos, nell'autoritarismo di risposta, nella fine della democrazia come abbiamo saputo sognarcela, dovuto sudarcela e voluto e provato a - molto in parte - costruirla. that's all, folks. oggi, ventun'anni fa, la strage di via amelio: paolo borsellino e cinque agenti di scorta danno la vita per il popolo italiano e per il suo cammino di civiltà. diciannove luglio duemilatredici CHI? COSA?
quattro ligresti in manette, e sui social nessuno – non dico festeggia, ma – a sottolinearlo, a dedurne qualche considerazione politica?!? che c'è, i ligresti non sono abbastanza ka$ta per la gggente? non vanno abbastanza in televisione a fare la parte di classe dirigente del paese? il sacro mainstream del web non ne ha mai parlato abbastanza? eppure – altro che 'parte' – essi sono classe dirigente, sono 'potere', sono edilizia e assicurazioni: sono 'chi ha cosa, e che cosa ne fa'! ed è proprio su chi ha cosa e che cosa ne fa, che invece dovremmo – noi, cittadini italiani – essere messi ogni giorno in condizione di sapere, di giudicare, di votare perfino, e di autoformarci, e di costruire un'elaborazione condivisa e una lotta organizzata per creare qualcosa di diverso dall'oggi (che ci sta uccidendo) e ogni giorno sempre più diverso! macché invece. sì, ligresti in carcere, o agli arresti domicilari, o ricercati all'estero... ma edilizia e assicurazioni chi? cosa? oppure: nove milioni di poveri in italia, chi? cosa? disoccupazione cosa? chi? nazionalizziamo l'ilva che? chi? cosa? oppure: 25.000 famiglie buttate per strada in grecia, per altrettanti licenziamenti nella pubblica amministrazione, con una decisione notturna della maggioranza pd-pdl (tradotti in greco, certo: pasok-nd) sotto dettatura della troika, chi? cosa? e sta per succedere anche qui cosa? chi? che? macché, troppo complicato. torniamo subito al mainstream, quello facile facile. ...boooo alla ka$ta, renzi sì renzi no, lega de merda, viagra per berlu, kazaki infami – e alla via così. dritti sull'iceberg. diciassette luglio duemilatredici . LETTURE PER L'ESTATE
se volete sul serio provare a capire cosa sta succedendo davvero in italia, in europa, in occidente e dappertutto, e soprattutto perché sta succedendo e come potranno andare le cose domani, dopodomani e oltre, e sopra-soprattutto se volete sul serio provare a immaginare cosa potete fare voi mentre le cose succedono, e magari fare in modo che succedano alcune cose e non altre - allora, per quanto ciò mi lusinghi, non perdete altro tempo a leggere i miei post qui sopra o i miei status qui su facebook o quello che scrivo sulla mia pagina web e su 'riconversione' leggete invece più pagine possibile dalle opere e dalle biografie di marx engels lenin trotsky bucharin rosaluxemburg mao hochiminh lumumba biko allende guevara johnreed&louisebryant marcuse angeladavis sweezy sidney&beatricewebb sorel debord mikafeldman garcialorca brandt palme dubcek lukacs gramsci pertini pasolini berlinguer marcos holloway zizek, per esempio. non avete tempo? lo capisco. allora leggete un po' del lavoro storiografico e critico di eric hobsbawn. soprattutto la trilogia sull'epopea borghese dal 1789 al 1914, più 'il secolo breve', più 'come cambiare il mondo'. è ancora troppo? allora fermatevi con la rete per una settimana soltanto, e leggetevi tipo libro giallo 'come vincere la guerra di classe', di susan george, feltrinelli 2012, 173 pagine, 14 euro. non ve ne pentirete. poi torniamo qui e ne parliamo. anzi: poi ci vediamo e ne parliamo, e pensiamo pure a fare qualcosa insieme, e insieme a chi già sta facendo. ci pentiremo semmai del contrario. quattordici luglio duemilatredici RIMEDI
questa pensata del senatore 5stelle, ammetto che sulle prime è intrigante. "se berlusconi non è ineleggibile perché non è titolare di concessioni televisive, allora sono le televisioni da lui create a essere abusive! scegliete, o berlusconi fuori dal parlamento o mediaset via dall'etere." poi però penso a quello che è successo quando agli italiani fu chiesto con referendum se limitare o meno in un (fondatissimo, diritto alla mano) modo qualsiasi lo strapotere mediatico berlusconiano, e gli italiani presero il diritto e lo usarono come zeppa sotto il mobiletto del televisore! il succo è che non sarà con una (pur sorprendente) drittata, grillini, che toglierete berlusconi dalla bambagia in cui lo avvolgono, nell'ordine: il suo potere materiale, il consenso popolare, la sua capacità ricattatoria, il favore del finto competitor pd, l'obbedienza cieca del suo pdl. anzi, vedreste sorgere barricate (un po' spontanee e un po' no) in ogni strada d'italia, se a questo popolo un giudice minacciasse di togliere la dose quotidiana d'inebetimento catodico: sarebbe il più grande favore a berlusconi, dargli modo di guidare la rivolta lazzarona dei senza-più-tv! mi dispiace, ma berlusconi lo devi battere in un altro modo. come un tappeto. "non con le elezioni?" ma per piacere! ipr per tg3 dice che rispetto al voto di febbraio il pdl prende il 4% in PIU' e il pd il 4% in PIU' pure lui. ciò vuol dire che a TUTTI quelli che hanno votato pd perché giurava di NON governare COL pdl, il governo pd+pdl (che governano in QUESTO modo la crisi) gli sta BENE, e inoltre che a TUTTI quelli che hanno votato pdl perché giurava di NON governare COL pd, pure a loro sta BENE così (il governo pdl+pd che governano in QUESTO modo la crisi), e infine che c'è un altro 8% che NON aveva votato né pd né pdl perché giuravano entrambi che NON avrebbero governato INSIEME a quell'altro, a cui invece così sta BENISSIMO (cioè che ENTRAMBI hanno mentito spudoratamente ma ora governano INSIEME in QUESTO modo la crisi). e swg rincara la dose: il leader di cui gli italiani hanno più FIDUCIA sarebbe renzi, col 56% (tra molta e abbastanza fiducia), segue berlusconi col 29%. italiani, complimenti. ma è ancora poco. questi qua vi devono rovinare COSI', PER SEMPRE. ammazzàteve. e voi a questa gente volete dare pure la democrazia diretta? sarebbe da togliergli pure quella indiretta, rappresentativa, per l'uso che ne fanno. torno alla tv, e chiudo. visti i risultati agghiaccianti di tutti i sondaggi poltici (che saranno pure strumentali, come profezie autoavveranti, ma io li controprovo dalla mia diretta esperienza del semideserto di mobilitazione tutto intorno), mi ripeto che la causa di tutto è la teledipendenza degli italiani. e testare questa tesina è facile. basta ripartire il campione non (come si usa) per appartenenza politica né per titolo di studio o professione svolta, ma semplicemente per il numero delle ore trascorse a guardare sui network pubblici e privati (rai, mediaset, 7, sky...) programmi qualsiasi. che risultati mi aspetto dal test? una straconferma. e un biglietto sola andata per un posto civile, umano. ma questa qui di seguito, è un'italiana che di sicuro la tv la vede pochissimo. "La maggioranza, con il comportamento di ieri, ha mostrato in pieno la sua assoluta estraneità ai valori dello Stato di diritto, il disprezzo per il costituzionalismo liberale e i suoi più elementari principi. Se il Parlamento ferma i lavori perché la data di una sentenza non consente a un imputato eccellente di fruire della prescrizione, per rispetto delle istituzioni e della democrazia costituzionale non posso certamente continuare a far parte della Commissione di un Governo sostenuto da una simile maggioranza." Lorenza Carlassare, a Gaetano Quagliariello e vai a cagare ai saggi, a chi li ha voluti, al nulla a cui servono, a chi dirige l'orchestra, a chi ci suona, a questa musica orribile e alla merda che c'è sotto! dodici luglio duemilatredici UN GIORNO ORDINARIO IN UN PAESE NO
mattina col rating dell'italia ai livelli dell'interregionale, la stima di -1.8% sul pil 2013 e un marchionne che dice che di diritti si muore, che fa il partner di governo del pd - ossia il pdl? chiede, anzi ordina, il blocco dell'attività del parlamento per tre giorni. un diktat eversivo, golpista. il tutto, ovviamente, in odio all'efficienza dei (miei) colleghi amministrativi della cassazione che in (perfetta) applicazione di leggi e regolamenti e con (benedetto, invocato da tutti gli utenti della pubblica amministrazione di ogni ordine, grado e comparto) spirito di servizio, non hanno procrastinato a dopo ferie il lavoro (proprio, e dei giudici) - come farebbe il 'dipendente pubblico tipo' della vulgata comune - ma se lo sono piazzato di martedì 30 luglio. bravi! ora la domanda è: che farà il pd? e subito dopo: che farà il grande geometra di questa italia 'diversamente democratica', giorgio napolitano? accetteranno il diktat? lo respingeranno? per la 'ragion delle larghe intese' spegneranno l'ultimo mozzicone di legalità costituzionale? o finalmente liquideranno questo orribile incubo, mettendo i cittadini in condizione di sapere, capire, decidere il proprio futuro? e ancora: se la cassazione dovesse confermare la condanna e l'interdizione di berlusconi, il senato (ossia, di nuovo, il pd) confermerà o negherà - com'è legittimamente in suo potere - la sua decadenza da parlamentare? farà o no la cosa più pura da farsi - fatta sempre sin qui, in sessantacinque anni di storia repubblicana -, cioè ottemperare a una sentenza definitiva letta dalla suprema corte in nome del popolo italiano? questo è - sarà - il rubicone della democrazia nel nostro paese. si sta di qua, o si sta di là. tertium non datur! e solo salvaguardata questa - ma dimmi tu! - potremo (dovremo) agire subito e radicalmente per i diritti minacciati, per l'economia in coma, per il lavoro estinto. pd, non tradire l'italia fino a tal punto! intanto, grillo va da napolitano. e... e ha fatto pippa. però c'erano ben dieci sostenitori suoi davanti al quirinale. su oltre 8.000.000 di elettori a fine febbraio. nell'unica occasione che aveva per dirgliene quattro al grande capo. e c'è tornato pure di corsa dalla costa smeralda. gli ha fatto notare che qui casca tutto. dài? mica male come capacità di analisi. e di proposta, soprattutto. 8.000.000 di voti, il nulla sottovuoto da dire, nessuno che se lo caga più. chi ne ha presi duecento come me, sotto una falce e martello, da grillo e dal movimento ha solo da imparare! pomeriggio il pd affila le armi. epifani: "pdl non tiri troppo la corda!" ("sennò mi stacca le palle.") ma alla fine - dopo implacabile battaglia - cede. però, eroicamente, ottiene che la serrata del parlamento (il luogo dell'autogoverno democratico di 60.000.000 di cittadine e cittadini) per volere di uno solo (contro l'esercizio di un altro potere democratico a salvaguardia del principio di legalità per 60.000.000 di cittadine e cittadini, la giustizia) duri non tre giorni, ma uno solo. spaventoso, devastante. se ne deve dedurre che la quiescenza di (quasi) tutto un parlamento e di (quasi) tutta una classe dirigente al ricatto del pdl, spiega neanche troppo indirettamente perché in italia non si può fare il processo alla trattativa stato-mafia: perché la trattativa stato-mafia è tuttora (e ininterrottamente) in corso, e siamo tutti sotto tiro, sul piatto della bilancia, ostaggi. tutti e tutto: il paese, il suo territorio, le sue istituzioni, i suoi cittadini in carne e ossa, la sua storia, la sua arte, il suo futuro, la sua stessa possibilità di essere un paese civile. e non è un film, né dietrologia. purtroppo. votano contro sel, 5stelle e lega. ma possibile che dall'interno del pd - che pure ha tante anime - non venga una voce di dissenso? ma certo che arriva. e che vociona! dal blog di civati: "Ci siamo astenuti, oggi, con Michela Marzano, Franco Cassano, Antonio Decaro, Marco Di Maio, Davide Mattiello, Luca Pastorino e altri. Fuori dall’aula sono rimasti Rosy Bindi e Sandra Zampa, Paolo Gandolfi e Paolo Gentiloni. Perché siamo preoccupati. Moltissimo." ciwa, se eravate preoccupati, e 'moltissimo', votavate CONTRO! cazzo. che disastro. sera giusto per non guardare solo ai nostri abissi, in grecia - dopo il barbaro soffocamento della tv pubblica - i nuovi finanziamenti promessi dalla troika non arriveranno prima del via libera del parlamento al piano di 12.500 tagli al pubblico impiego. oltre a ciò, il governo pasok-neademokratia (un po' come dire pd-pdl... ah no: in effetti là non c'è un democìda che dice al pasok se il parlamento debba stare aperto o chiuso), dovrà spostare subito in mobilità per un anno a stipendio ridotto 4.200 dipendenti del ministero dell'istruzione e della polizia. cultura e sicurezza nel mirino, quindi. più altri provvedimenti simili, seguiranno a stretto giro, fino al raggiungimento dell'obiettivo prestabilito da ue-bce-fmi. ma torniamo un attimo ai casi nostri. quello che là stanno sperimentando sulla carne di donne e uomini come noi - solo, con un alfabeto diverso e più antico - qui si prepara a breve. piccola differenza: lì la gente reagisce - s'informa, si confronta, si organizza, si struttura, e risponde. come farà martedì 16 luglio, ennesimo sciopero generale e cortei annessi. e con questo vi saluto, a domani. tra poco, per chi vuole, cenetta&politics (&relax, almeno un po', spero) con 'sinistra per roma' presso la sede. però non c'è il televisore, ci dispiace. dieci luglio duemilatredici NON PARTIAMO DA ZERO
scrive molto bene alessandro gilioli nel suo blog sull’espresso, commentando l’evento del papa a lampedusa – e soprattutto le sgangherate reazioni del ceto politico di destra (pur sedicente cattolicissimo) alle sue parole di solidarietà -, che dalla predica e dai gesti del papa emerge chiaramente che "i meccanismi economici (quelli che tra l’altro portano migliaia di persone a rischiare la morte in mare) sembrano non avere un padre, un responsabile, un ideologo, qualcuno che ne debba rendere conto. sembrano essere dinamiche autogenerate quindi ineluttabili, molto più potenti della democrazia e della politica. è la prima volta nella storia che ‘il colpevole’ non è un re, un presidente, uno stato. ma siamo tutti noi, con il modello di società che abbiamo creato. e che per fortuna pare abbastanza al tramonto, ma appunto questo dipende da noi." ed è esattamente questo che mi interessa di la questa vicenda: che all’indomani, nessuno – benché lontanissimo dalla tradizione analitica marxista, o anche solo di sinistra – potrà più dire di non aver mai sentito descrivere la realtà in termini così oggettivi e conflittuali. (e della maggiore o minore sincerità d’intenzioni dell’intera iniziativa, scusate, ma non può fregarmi di meno. anzi, credo che criticarla alla luce di congetture di questo tipo sia davvero estraneo a un’interpretazione conseguente, che invece sia molto vicino all’ideologia borghese – e piccoloborghese - del 'nemico'.) ma al rilievo di gilioli aggiungo solo che il ragionamento andrebbe integrato – non certo dal capo della chiesa cattolica, bensì da qualcun altro, e che conti magari molto più di me – come segue. che il 'noi' da cui dipende l'esito di questo tramonto sistemico, non è che parta proprio da zero, da una tabula rasa di pensiero e di azione alternativi al modello di società, allo stato di cose presente (si diceva una volta). che al contrario, noi possiamo partire da una base importante, che hanno contribuito a creare gli animi e le intelligenze individuali e collettive migliori dell'intera storia moderna, e che se proprio devo identificare con una sola espressione indico come 'umanesimo socialista' – le sue teorie, le sue lotte, le sue pratiche, le sue conquiste. partiamo da lì! ecco compagn* – non pensiamo a cosa ci sia dietro agli occhi del papa, pensiamo a cosa c’è davanti ai suoi occhiali: c’è il mondo. che cambia. in un modo oppure in un altro. allora facciamo il nostro, di mestiere. non quello di chissà chi. partiamo da lì, da noi – non giriamo a vuoto, proprio ora che è arrivato il momento! nove luglio duemilatredici LA STORIA
in quattro numeri c'è la parabola di un certo tipo di occidente. ultimi 15 anni, 1250 profughi annegati ogni anno nel mediterraneo, circondato da cancelli chiusi e armati. ultimi 2, fallisce un'azienda italiana ogni 40 minuti perché produce o vende ciò che nessuno può o vuole più comprare. quindi: questo tipo di occidente è strutturalmente ormai incapace di darsi ricchezza materiale, e perdipiù è lontanissimo dal minimo ideale di solidarietà, affetto da un egoismo risentito e vile. persa noi la linfa, e doppiamente, la storia - a leggerla con equanime razionalità - ne avrebbe già abbastanza per girare pagina sulle nostre vite e passare altrove senza rimpianti. pare stia appunto facendolo. è già successo a moltitudini e imperi e modelli, nei secoli dei secoli. ma a leggerla facendone parte - parte di carne e di pensiero - non sopprimo ancora il desiderio (il sogno, il progetto) che in fondo a questa pagina cambino radicalmente la sintassi, la grammatica, il vocabolario, l'alfabeto e la grafia perfino. e che grazie a questo, l'occidente - il suo meglio, che pure è tanto - non finisca così disonorevole, ma sia proposta, e metro, e risorsa di umanesimo. sta tutta qua. otto luglio duemilatredici PASTONE
se neanche la due giorni di reggio emilia, che mi dicono bella e piena, neanche l'ufficialità della candidatura civati a segretario pd, riescono a entrare nel pastone mainstream delle notizie spacciate al pubblico italiano, allora la vedo dura per noialtri - che siamo nella riserva indiana a sinistra della sinistra del pd, e pure a sinistra di sel, e pure a sinistra di quelle frazioni minoritarie dei piccoli-partiti comunisti le quali stanno pensando di confluire in sel mentre un po' di sel sta pensando di confluire nella sinistra del pd che sta pensando di scalare dall'interno il pd col risultato che della candidatura di civati e della sua due giorni di reggio emilia neanche si parla, fuori dai soliti mini-ambienti. la vedo dura. il pastone mainstream oggi parla solo dell'expo 2015, con la benedizione di re giorgio, e sempre del solito renzi e del solito grillo e del solito pdl di lotta e di governo. neanche dei saldi, parla, sennò dovrebbe dire che sono deserti. e questo andrebbe contro la strategia del bromuro adottata da tutto il circo, all'unisono. all'expo, gli stand dei celebrati formaggi dop nostrani esporranno solo i buchi. ma noi - ci chiede il circo - dobbiamo pensare forte forte che in fondo a quei buchi cominceremo a vedere la luce, finalmente. la luce del buon governo, della responsabilità, della ripresa, della detassazione, della democrazia diretta, dello svecchiamento, della rete per tutti - c'è ampia scelta, il mazzo è pieno di jolly. l'importante è che non smettiamo di giocare, mai, con le carte - truccate - di questo bel circo. sette luglio duemilatredici PACE, ACQUA E SOCIETA'
ma 'sti cairoti non ce l'hanno una casa? non c'hanno mai sete o fame? non je scappa manco la pipì? scherzo! in effetti sto un po' a rosica'. a noi un'insurrezione così - o un golpe militar-popolare - non ci toccherà mai: la nostra vis rivoluzionaria trova un limite insuperabile nella disponibilità di bagni chimici a portata di piazza. prima considerazione. la seconda, seria. in questi ultimi quattro giorni, human rights watch ha registrato a piazza tahrir cento stupri di donne. quindi la donna, così come col governo morsi e della fratellanza musulmana, pure adesso che si manifesta e si festeggia per la sua caduta, comunque se la passa malissimo. fourier diceva, la bellezza di tre secoli fa, che "il grado di civiltà di un paese si misura dalla sua condizione femminile". e allora, ancora e sempre, là e altrove - pure qua - siamo ben lontani da un grado di civiltà accettabile. terza, ultima. riguarda noi. berlusconi e i suoi - coll'accompagno di tanto pd - ci scampanellano i coglioni con la storia della 'grande pacificazione nazionale' finalmente a portata di mano. ma che pacificazione d'egitto? là - appunto - in egitto ci sarà bisogno di pacificazione, visto che milioni di persone sono ininterrottamente in piazza per un partito e centinaia di migliaia (molto meno inquadrate dalle tv) per un altro. pacificazione per forza, direi, oppure guerra civile permanente. ma qui da noi non s'è mai visto niente del genere, da vent'anni a questa parte. la gente che s'è sentita di metterci la faccia e la voce e le braccia e un bel passo, è sempre e soltanto quella che è scesa in piazza per la legalità, per la costituzione, per l'equità sociale, per il lavoro - cioè contro berlusconi. dall'altra parte si sono viste sempre e soltanto piazzette e scalinate riempite da parlamentari - cioè dipendenti suoi - o figuranti a gettone. eventi del tutto mediatici ai quali si è dato risalto - questo sì - anche da parte di organi d'informazione e voci politiche apparentemente in contrasto con berlusconi e cricca, ma di fatto allineatissimi sulla stessa rappresentazione di un paese diviso a metà, che conviene a tutti loro (com'è ovvio). l'italia, invece, non è per niente divisa a metà. se non nel segreto vile dell'urna elettorale. e per risolvere questo problemuccio serve non una pacificazione, ma una generazione (almeno) di contro-regressione antropologica! quindi, per favore, prima di chiagnere e fottere come al solito - 'facciamo la pace per carità', voi e quegli altri che vi danno retta perché ci campano -, almeno abbiate la decenza di fare la guerra a viso aperto. come fecero i fascisti prima di prendere tante di quelle bastonate dai compagni partigiani, e come succede da giorni e stanotte e per chissà quanto in egitto. no che vi vergognate pure di dirlo, che l'avete votato, berlusconi! che paese, l'italia. tanto che compagni e amici di paesi europei, e anche no, alle prese come noi col disastro globale, mi dicono che continuiamo - noi italiani - a costituire un fenomeno praticamente inspiegabile agli occhi di chi gli occhi ce l'ha. prima ci siamo liberamente autoincatenati per anni e anni all'antistato puro e semplice al potere - nella persona del silvio -, poi ci siamo massicciamente autoipnotizzati con l'opposizione clownesca e inservibile del beppe, poi abbiamo scientemente fatto fuori da ogni sede rappresentativa, politica, istituzionale, tutti gli esponenti di una progettualità antagonista e radicale, poi (adesso, che un governo è all'opera lungo coordinate proprio all'opposto di quanto democraticamente indicato dalle urne solo ieri) nei santi sondaggi quotidiani diamo risposte indefettibilmente buone a qualsiasi cosaccia sia decisa sulle nostre teste, dalle modifiche costituzionali agli sbranamenti sociali, poi - pro futuro - il leader che raccoglie il più ampio consenso popolare è quel bimbominkia di firenze col curriculum perfetto per presentatre un quiz in preserale, e il tutto - osservano questi amici e compagni - senza una visibile espressione di conflitto di massa, come invece in egitto (di quello stavamo parlando) e in grecia, in francia, in spagna, in portogallo, in turchia, in brasile, in cile, in iran, in polonia eccetera, nonostante la disoccupazione, il precariato endemico, le nuove povertà, il crollo dei consumi, i fallimenti a catena, le serrande abbassate, i suicidi, i tagli all'assistenza, la cancellazioni di diritti, la corruzione epidemica eccetera eccetera eccetera. secondo loro - secondo questi amici e compagni stranieri - qui ci mettono qualcosa nell'acqua del rubinetto. torno serio, e concludo. perfino al di là dell'attribuzione di torti assoluti e di assolute ragioni, che richiede un'analisi più accurata di quanto non sia nelle mie capacità, ciò che è successo e sta succedendo un po' dappertutto nel mondo, ci dà la conferma ultima e definitiva che dopo oltre trent'anni dalla sua codificazione e dall'inizio della sua terribile azione egemonica in ogni aspetto della civiltà, l'assunto disumano del neoliberismo - "la società non esiste, esistono solo gli individui" - ha cessato il proprio imperio ed è stato deposto, per volontà, azione e organizzazione popolare: è vero, ed è percepito come tale, il suo esatto contrario - "la società, esiste"! voglio credere che ce ne accorgeremo buon'ultimi anche noi - popolo italiano - e ne trarremo le conseguenze concrete, politiche e culturali. e sarà un bellissimo giorno. 'la società esiste'. mi piacerebbe potesse essere questo lo slogan - semplice, comprensibile da tutte e tutti i cittadini italiani (anche i non militanti, né mobilitati abitualmente, né sindacalizzati) e anche proiettivo e motivante: non solo 'girato in negativo', contro qualcosa - di una grande manifestazione popolare, plurale ma unitaria, in italia, che dica che l'autunno caldo è arrivato. e che farà sempre più caldo anche qui, finché non cambieranno davvero le cose! quattro luglio duemilatredici L'IDEONA PRATICA
fanno i sondaggi su tutto, fateli pure su quello che serve sul serio! fate un sondaggio con tutti i crismi, rivolgendo a cittadine e cittadini italiani questa sola domanda: "aderiresti a, sosterresti, parteciperesti alla costruzione di, e - in caso di elezioni - voteresti una forza politica organizzata programmaticamente socialista, metodologicamente confederale e strutturalmente connessa a soggetti politici affini in europa, se fosse promossa e inizialmente guidata da chi? [rispondere con un nome di persona specifica, oppure dichiarando che la cosa non interessa in alcun caso]" e a quello indicato dalla maggioranza relativa dei sondati (mettendo nel conto anche i non-interessati comunque), chi sia sia, uomo o donna o transgender, italiano o europeo o extra, civile o militare o religioso, politico di razza o neo-politico o proprio tutt'altro, purché abbia almeno il 10% del gradimento, dategli l'ingaggio che chiede - possibilmente senza che si sappia in giro - e mentre lui (o lei) attacca col front-marketing, noialtri cominciamo a lavorare in back-office su programma, struttura e sinergie. con la gente che vive qui, è l'unica. sennò mica se ne esce. chiaro che se nessuno supera il 10%, meglio lasciar perdere tutto subito. emigriamo! tre luglio duemilatredici LA SERIE B
grillo è davvero una delle tante maschere della commedia dell'arte italiana, o del teatro napoletano tradizionale. è nazionalpopolare fino all'osso. per dire: sta strillando da stamattina che gli italiani hanno diritto alla verità, ma vuole che questa verità sia certificata agli italiani da napolitano - cioè dal vertice dell'impianto istituzionale che lui stesso destituisce di valore democratico (nella sua idea di 'nuova democrazia diretta') - e che tale certificazione arrivi agli occhi e alle orecchie degli italiani tramite la televisione - cioè dallo strumento al quale lui stesso imputa il nefasto potere di falsare sistematicamente la realtà per il vantaggio della partitocrazia. della serie: 'non è vero ma ci credo'. e a de filippo si può rispondere solo con pirandello: 'ma non è una cosa seria'. a proposito di teatro, alla fine il problema di grillo è che guarda troppi film. tutti e due, lui e casaleggio. troppi, specie i disaster movie. tipo deep impact, dove morgan freeman - obama ante litteram - va in diretta dalla sala ovale a reti unificate e dice "cari concittadini purtroppo il meteorite punta ancora sulla terra eccetera eccetera eccetera god bless you all!" loro due guardano il film, pensano di stare là al posto suo e ci s'intrippano. capita a un sacco di gente. solo che poi quasi nessuno s'inventa uno spettacolo itinerante che chiama tsunami! grillo e casaleggio sono come tutti quei nerd di scarsissime letture classiche e una bella fissa sul cyber e sul fantasy (insomma, pura e semplice pop art - e anzi: la serie b del pop) e che vengono messi in mezzo - o esclusi - dai loro coetanei per colpa della forfora o degli occhialoni o l'alluce valgo o l'alito pesante. nel 99.99% dei casi mettono su - un po' tardino e tribolati - una famigliola innocua, diventano leggermente obesi ma esperti di videogame sulla distruzione dell'universo, un impieguccio tecnico o commerciale, consumano, si lamentano e crepano senza troppo strepito. e nello 0.01% creano una cosa come il 5stelle, e un sacco dei loro simili gli vanno appresso. insomma, forse una lavata d'ascelle in più all'età giusta e un bel romanzo francese dell'ottocento, una fanzine di paccottiglia new age in meno, uno sgarbo in meno subito là al muretto, qualche buon amico maturo e non solo altri sfigati fomentati come loro, e due sane scopate quand'erano adolescenti - una grillo e una casaleggio - e ci saremmo risparmiati tutta 'sta perdita di tempo su scala nazionale. tutte 'ste figuracce - oltre quelle ormai ventennali by the cayman. evvabbe'. stiamo sempre e soltanto sulla buona vecchia sceneggiata generale. due luglio duemilatredici IO ME NE ACCORGEREI
stringi stringi, il motivo per cui la crisi che oggi scontiamo tutti sulla pelle - noi, persone normali - e che ogni segnale ci dice che potrà solo peggiorare (senza un intervento radicale sul modello socioeconomico), non diventa la molla per una durissima azione popolare di autodeterminazione (dagli esiti incerti, beninteso. anzi, probabilmente tragici), ebbene credo sia un motivo tutt'altro che politico razionale, cioè di valutazione dei rapporti di forza in campo (questo, semmai, è il motivo dell'inazione degli attori politici propriamente detti. quelli - pochissimi - in buona fede, ovviamente), bensì un motivo tutto psicologico, individuale e di massa, cioè con 'rinforzo per emulazione' dai molti ai singoli: una specie di quotidiana, o addirittura continua, operazione di autoconvincemento su ciò: che qualcuno - almeno qualcuno - tra quelli che conosciamo per essere i detentori del potere di determinare le nostre vite (di noi normali), sia una brava persona. una specie di potente sedazione (un po' auto-, parecchio etero-indotta), come un mantra che ci ripetiamo, mettendolo sempre sull'altro piatto di una bilancia in cui l'uno è stracolmo delle brutte notizie usuali - il mantra seguente: "lui (o lei) non può scientemente rovinare la vita mia e di milioni di persone, lui (o lei) non è un mostro fino a tal punto, non può esserlo e contemporaneamente mostrarsi come si mostra dalle fotografie sui giornali o sui siti web, rilasciare interviste alle televisioni e alle radio dalle quali io posso scrutarne i pensieri non detti, esporsi ogni giorno al pubblico, argomentare, agire, lavorare, perfino sorridere, insomma vivere (quasi) come me. lui (o lei) non potrebbe simulare fino a questo punto. io me ne accorgerei." credo sia questo, stringi stringi, il motivo per cui i milioni e milioni che pure non hanno nulla da guadagnare - oggettivamente e razionalmente - da un'ulteriore, apparentemente illimitata, apertura di credito 'decisionale' verso i detentori del potere, non tentino (anche drasticamente, ove occorra) di mettere se medesimi nelle condizioni di determinare la propria vita, in questo tornante così aspro della civiltà stessa contemporanea, e invece restino in pratica solo a guardare, al più a 'tifare' pro o contro. in effetti, se le cose fossero messe così male come talvolta sembra - o addirittura peggio, come sostengono con dati e ragionamenti tutt'altro che campati per aria, ormai sempre più voci 'apocalittiche' - e se quelle facce quasi 'familiari' (quelle affidabili, intendo. e non c'è nessuno di noi normali - per quanto diffidente - che non ne abbia 'eletta' una manciata almeno, a questo rango) tradissero consapevolmente la consegna della verità, dicendo ogni giorno che 'non c'è bisogno di alcuna radicalità' e continuando a mettere in scena il consueto spettacolo perturbante il minimo, rassicurante il massimo, ebbene vorrebbe dire che io (proprio io. ciascun 'io') sto subendo non solo la frana del tessuto socioeconomico, bensì di una cosa molto similie allo stesso 'principio di realtà'. e da questa ipotesi io cerco di fuggire più remotamente possibile, perché è la minaccia più destabilizzante alla mia integrità esistenziale. più della disoccupazione, più della precarietà senza visibili vie d'uscita, più della proletarizzazione. ecco il meccanismo psicologico al quale mi riferivo all'inizio. concludendo: la 'familiarità' delle (pur poche) 'brave persone' note - una familiarità fittizia, ovviamente, ma nutrita incessantemente da una 'società dello spettacolo' che serve appunto a questo e poco altro - è insomma, ad oggi, ancora, il miglior apparato di ordine pubblico nel nostro paese. 'non potrebbe mentirmi fino a tal punto. è come se lo (o la) conoscessi di persona.' il paradosso è che, invece, ciascuno di noi ha esperienza diretta dell'estrema facilità con cui ci si può mentire - avendone la convenienza, o anche solo una compulsione - e farla franca, eccome, tra chi di persona addirittura si conosca sul serio. e ogni giorno, e per anni, e sui temi più ampi e profondi e sensibili della vita umana. quella reale. mistero della società di massa. primo luglio duemilatredici IL FILM
l'eccitante vicenda delle primarie del pd (quando saranno): aperte ai non iscritti? chiuse? il segretario uscente sarà anche candidato premier? invece no? questo è sofia loren. la smagliante parabola del ritorno di forza italia (quando avverrà): con tutto il pdl? senza gli ex an? silvio berlusconi lìder maximo? o padre nobile, ma marina alla guida? questo è gina lollobrigida. la conturbante questione dei fuoriusciti e delle diarie 5stelle (quando mai): vanno via per non pagare? restano per far finta di farlo? non ci sarebbero altri argomenti? questo è silvana mangano. vedete. non è vero che l'ultimo venticinquennio sia stato tempo perso - perso politicamente, perso economicamente, perso culturalmente. al contrario, le forze che comandano (per davvero) in questo paese e/o su questo paese, l'hanno ben messo a frutto: esse hanno voluto, progettato e realizzato un indietreggiamento poderoso dell'anima - diciamo così - del popolo intero, tale che per ogni anno trascorso, noi di fatto si regredisse di due. così oggi, da un certo significativo punto di vista, siamo circa al 1963. cioè siamo a poco prima della crescita civile, politica, sociale, economica, sindacale e culturale che dalla metà degli anni '60 alla metà degli anni '70 aveva messo l'italia sulla pista giusta per dare finalmente piena e concreta attuazione alla costituzione antifascista e socialdemocratica - per esempio. e fu proprio quella crescita, quella gemmazione di autocoscienza popolare, a terrorizzare le forze che comandano (di cui sopra) - al quale fenomeno esse risposero, appena ne ebbero l'occasione e il potere, col dispositivo 'un passo avanti, due indietro' che dicevo. l'occasione furono i tardi anni '80, col declino del partito e del sindacato dei lavoratori italiani (e della loro grande famiglia internazionale), e il potere fu quello delle classiche armi di distrazione di massa - il calcio dei miliardi e i network televisivi commerciali. a quel punto, i tentativi golpisti (goffamente attuati durante quel 'decennio del popolo') e la strategia della tensione terrorista (messa in campo subito dopo, intanto che 'colà dove si puote ciò che si vuole' ci si raccapezzava su cosa fare a lungo termine), vennero mandati in soffitta: non servivano più, neanche ci si guadagnava una lira o un dollaro. 'gli italiani, li ringiovaniamo semplicemente - come non fosse successo niente (di men che ortodosso e conforme), e ci ringrazieranno pure!' ed eccoci a oggi. oggi, come ogni giorno, va in onda il film. c'è la loren, c'è la lollo, c'è la mangano. voi potete amare una delle tre rivali, e odiare le altre due: stanno lì apposta. potete applaudire alle scene madri, o detestarle tutte - fa parte del gioco. potete tirare i popcorn contro lo schermo, rimbalzeranno. potete commuovervi o schiamazzare, e perfino lamentarvi delle poltroncine, sempre più scomode - anche questo è previsto e concesso. l'unica cosa che non potete fare è uscire dal cinema, ovviamente. ogni giorno lo stesso film, a tutte le ore. apparentemente gratis per tutti gli spettatori, a decine di milioni. e intanto, lontanissimo dalla sala, le forze che comandano (per davvero) in questo paese e/o su questo paese, indisturbate lavorano. maluccio, a mio modesto avviso. dico: ma come fa a non piacermi questo luminoso, appassionante, ibernato 1963? primo luglio duemilatredici KOSSIGA
cossiga a via caetani, intorno alla renault 4 rossa, due ore prima della telefonata di moretti alla famiglia moro. niente di strano, voleva essere sicuro. - questi ragazzi che abbiamo arruolato sono dei tali pecioni. la fatica del potere osceno poi sarà premiata: il più giovane presidente della repubblica, eletto al primo scrutino con una maggioranza bulgara. sei anni in pantofole, e poi richiamato all'ordine: l'ultimo anno a picconare, arando tra le cosce la repubblica democratica antifascista fondata sul lavoro. perché diventasse pronta a ricevere il seme del caimano, per esempio. moro ammazzato, pasolini già ammazzato, berlinguer muore tra un po' - all'epoca dei fatti. la storia di questo paese è ancora tutta da scrivere. il peggio è per chi se l'è vissuta - e la vive sempre - a occhi aperti, con uno straccio d'aceto in bocca. ma parlare lo stesso, anche se brucia un po'. parlare, siempre! ventinove giugno duemilatredici DIAMANTI
dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. vero. ma nel 1967 e ancora un po' dopo. adesso purtroppo no. perché dal letame, invece, non nasce più niente. da noi gente qualunque non nasce niente. niente che poi abbia una qualche rilevanza. almeno mi pare. è che dal 1967 a oggi è passata troppa società dello spettacolo, troppa involuzione antropologica, sono passati troppi quarti d'ora di celebrità, perché sia ancora vero che è dal basso che nasce qualcosa. spontaneamente. tante e tanti a dire che servirebbe - come il pane - un nuovo soggetto politico organizzato e strutturato per far valere le ragioni degli ultimi e dei penultimi, contro chi comanda il grande gioco della crisi. e tante e tanti - quasi tanti e quasi tante, in verità - a spendersi perché questo soggetto nasca come un fiore dalla terra, senza grandi investimenti, senza grandi strutture, senza grandi nomi. un fiore da un seme donato dal vento alla terra. e anche io, a spendermi. ma siamo realisti, però! perché non sia l'ennesimo fiorellino fragile che ammiriamo in pochi - i soliti pochi, pochissimi sul conto totale - e che dopo poco comincia pure a starci antipatico per il suo impotente vocino stridulo, non è dal letame che deve nascere. e alla maggior parte della gente - perché è alla gente che tutto ciò deve parlare, sennò restiamo sempre i pochi che siamo, la gente che te la ritrovi a bocca aperta, ma poi sanno benissimo cosa fare - non gli interessa, non hanno tempo, non gliel'ha insegnato nessuno, non l'impareranno in tempo utile, partecipare direttamente alla costruzione dal nulla dell'arma per vincere la guerra. loro vogliono solo cominciare a usarla. ed è giusto. allora: chi è che si immola? poiché - lo sapete - chi si offre di costruire quel soggetto che manca, di sinistra e popolare, virtualmente egemone, poi sarà il primo a cadere. sotto il fuoco amico. dunque: chi è così generoso? è per questo - non per altro - che tutti traccheggiano, che non si fa avanti nessuno. e serve un diamante, un diamante vero anche per disinteresse personale. intorno al quale far esplodere di vita l'albero intero, dalle radici al fusto ai rami alle foglie ai frutti! io posso essere al più un pezzetto di corteccia caduca. e volentieri! diamanti - fatevi avanti, vi prego! ventotto giugno duemilatredici IL BACINO PERFETTO
ma benissimo! dopo le tre ore di colloquio cordiale col capo dell'esecutivo, martedì sera, ieri il condannato, a 4 anni di galera e interdizione per 5 da una parte e a 7 anni e interdizione perpetua dall'altra, si è fatto anche un bellissimo colloquio ad ampio raggio col capo dello stato addirittura. santo padre, sicuro tu oggi lo inviti per chiedergli lumi sulla gestione di una curia scalpitante e di una chiesa mondiale in grave crisi. no? scherzi a parte. il problema è che se anche tutti loro volessero liberarsi del condannato, escluderlo diciamo dai rispettivi salotti - e quel che più conta, dalle stanze dei bottoni di ogni ordine e grado - come farebbero con un paoloandreozzi qualunque sanzionato anche solo col pagamento delle more per una multa stradale inevasa, essi non possono farlo. il problema ancora più grosso - il paradosso assoluto - è che se anche lui in persona, per assurdo, volesse liberarci della sua ingombrante presenza dai luoghi delle istituzioni, dello spazio politico e dell'agorà virtuale, e ritirarsi a vita carceraria - quando mai! - oppure a vita privata col suo bel salvacondotto, mooooolto più probabile, ebbene nemmeno lui può farlo! perché il problema siete voi. i milioni e milioni che lo tifate e lo votate ancora oggi. è il vostro essere milioni e milioni, il vostro essere così refrattari a ogni considerazione di puro buon senso - non dico di intelligenza storicopolitica, né di moralità civica, ma di buon senso e amor proprio, amore dei vostri stessi interessi materiali - ebbene, è questo un tesoro inestimabile per chi decide le sorti della comunità: è sangue vivissimo da succhiare da parte di un sistema alle corde, che può solo nutrirsi di una dimostrazione così fuori dal tempo di un'obbedienza cieca e autolesionista. già, perché il sistema - politico, e più ancora economico, insomma qualunque gioco che per esistere deve vendere qualcosa a qualcuno che si convince di comprare - mica vive di dissenso, di distinguo, di percezione e riflessione. no: vive di solidissima ottusità, di coazione a ripetere, di rinuncia a cambiare a ragion veduta, di rinuncia alla ragione stessa, di un affidabilissimo portafoglio clienti quale voi continuate ad essere a dispetto di tutto. pertanto, voi - i sistemi vi si litigano letteralmente! siete il bacino dei loro sogni. troppo valore per poterlo mettere a rischio, per rischiarne la dispersione. quindi berlusconi potrà permettersi di mollare, ovvero il gioco grande potrà permettersi di farlo scivolare in galera o in empireo pensionamento, solo quando tutti quelli che contano qualcosa si saranno assicurati che esiste un altro personaggio-prodotto che voi stessi volete cominciare a comprare, e che vi abituerete a comprare al posto suo per tanto tempo. grillo non è quel prodotto. ci si è provato, niente. renzi forse. ma il massimo sarebbe marina berlusconi - lo capite da voi, il risparmio: sarebbe del tutto naturale, liscio come l'olio. ed è giovane! se riuscite a farvela piacere, e se loro se ne accorgono e vi assecondano (un po' assecondano e un po' scarichette elettriche, come in laboratorio), marina sarà il vostro beniamino per generazioni! e mentre lei sarà il vostro beniamino, con simmetria perfetta sarà pure il parafulmine dell'antagonismo di altri milioni, abilmente orientati a questo spreco di energia civica dissenziente dai professionisti dell'antiberlusconismo. col risultato che di politica vera si continuerà a non poter parlare per altri decenni! col risultato, ancora, che il dominio della classe al comando continuerà a esercitarsi alla grande, e che i subalterni - voi, e anche io purtroppo - vedremo la costituzione italiana sempre più impallinata, lo stato sociale del tutto distrutto, l'europa dei popoli sempre più irraggiungibile. sembra il paradiso: a giocarsela bene, ovviamente. bene, hanno cominciato a giocare. vedremo adesso come rispondete, piccole caviette. che spettacolo l'italia! ventisette giugno duemilatredici DE L'INFINITO UNIVERSO E MONDI
ieri pomeriggio eravamo in otto (picco massimo) in campo de' fiori a manifestare non tanto contro l'oscenità eversiva, televisivodiretta e criptoassoldata (perdipiù mezzo floppata), che strillava dall'attigua piazza farnese contro la sentenza di milano, quanto invece per l'inesausta, appassionata difesa della costituzione da parte di un popolo che ne è, insieme, creatore, destinatario e custode. che fossimo otto (picco massimo) non mi sconforta più di tanto. lo spirito del tempo – e la materia degli abitanti suoi – è quel che è, e lo so mica da un giorno. pure, era importante che ci fossimo. anche fossimo stati quattro – anche due soltanto. per dire, come abbiamo detto ai curiosi, ai turisti, a qualcuno dei media, a qualche funzionario di polizia, e a giordano bruno imperituro, che ‘che noi siamo quelle altre e quegli altri. siamo le cittadine e i cittadini che fermamente credono che la nostra costituzione, ben lungi dall’essere un impaccio all’azione di governo della collettività – come dicono quelli che vogliono trasformare l’italia in repubblica presidenziale – oppure un arnese arrugginito dal tempo – come dicono quelli che straparlano di democrazie 2.0 web-orientate –, siamo coloro che pensano che la nostra costituzione sia uno scrigno di civiltà e un trampolino di progresso! che il suo problema, semmai – e anche il nostro, di tutte e tutti –, sia di non essere ancora e pienamente applicata, in termini di equità sociale e di democrazia sostanziale, di crescita civile e di buon vivere sostenibile! siamo quelle altre e quegli altri, quelle e quelli che ritengono ancora e sempre sacri e inviolabili i princìpi di convivenza donati dai padri e dalle madri costituenti a tutto il popolo italiano, dopo il sacrificio vittorioso della resistenza sulla barbarie nazifascista, e grazie ad esso. come i principi di legalità, di separazione e armonia tra i poteri, di rifiuto della guerra, di laicità dello stato, come i diritti al lavoro, all’uguaglianza, all’istruzione, all’informazione, alla salute, all’ambiente, alla solidarietà, all’assistenza, all’equa retribuzione, a veder svolti i pubblici uffici con dignità e onore, come le libertà individuali e collettive, come la previsione che non può esserci alcuna libertà privata tanto egoisticamente intesa che non si debba coordinare con le funzioni sociali e con l’interesse generale, nel proprio esercizio. allora, infine, noi siamo quelle altre e quegli altri, siamo le cittadine e i cittadini che mentre il grande circo della distrazione di massa fa di tutto – ma proprio tutto – affinché noi si guardi il dito, invece guardiamo la luna esattamente dove sta. e sta al centro di una crisi paurosa: crisi di lavoro, crisi di futuro, crisi di democrazia, crisi di ricette possibili, crisi di credibilità in chi dovrebbe tirarcene fuori, crisi delle stesse parole utili a descriverla, dello stesso pensiero per superarla senza cadere giù nel caos e nell’autoritarismo. la costituzione, la nostra costituzione, invece parla ancora benissimo. e ci dice cosa dobbiamo fare ora. basta ascoltarla!’ ieri pomeriggio abbiamo pronunciato frasi così, o all’incirca. e oggi questo articolo di barbara spinelli su repubblica.it: “Il tempo storico ha degli scatti, scrive Franco Cordero su questo giornale (9 maggio), e ogni tanto gli scenari mutano improvvisamente: un tabù civilizzatore cade; avanza un nuovo che scardina la convivenza cittadina regolata. Gli Stati di diritto d'un colpo son traversati da crepe, come il Titanic quando urtò l'iceberg e in principio parve un nonnulla. Oggi, è "l'idea d'uno Stato dove i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario appartengano a organi diversi e siamo tutti eguali davanti alla legge" a esser malvista dalla parte dominante nel XXI secolo. Soprattutto, sono malviste le Costituzioni nate dalla Resistenza. Specie quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo. Nessuno Stato lo proclamerebbe a voce alta. Ma lo dice con grande sicurezza, perché fiuta larghi consensi, una delle più potenti banche d'affari del mondo, JPMorgan, in un rapporto sulla crisi dell'euro pubblicato il 28 maggio. È un testo da leggere, perché in quelle righe soffia lo Spirito del Tempo. Il proposito di chi l'ha redatto è narrare la crisi (narrazione è termine ricorrente) e la morale è chiara: se l'Europa patisce recessioni senza tregua, significa che le sue radici sono marce, e vanno divelte. Berlusconi lo disse già nel febbraio 2009: la nostra Costituzione fu "scritta sotto l'influsso della fine di una dittatura da forze ideologizzate che vedevano nella Costituzione russa un modello". Sapeva di avere il vento in poppa. Oggi è azzoppato da una sentenza che lo giudica un fuori-legge, ma che importa se il pericolo vero è la Costituzione (solo Vendola chiede le dimissioni). Anche JPMorgan è accusata dal Senato Usa di speculazioni fraudolente, ma che importa. La radice europea è il delicato equilibrio tra poteri fissato nelle Carte postbelliche. È il bene pubblico e l'uguaglianza. C'è un problema di retaggio, pontifica il rapporto: un'eredità di cui urge sbarazzarsi, in un'Unione dei rischi condivisi. Troppi diritti, troppe proteste. Troppe elezioni, foriere di populismi (è il nome dato alle proteste). All'inizio si pensò che il male fosse economico. Era politico invece: altro che colpa dei mercati. Unico grande colpevole: "Il sistema politico nelle periferie Sud, definito dalle esperienze dittatoriali" e da Costituzioni colme di diritti fabbricate da forze socialiste. Ecco lo scatto che compie la storia: una crisi generata dall'asservimento della politica a poteri finanziari senza legge viene ri-raccontata come crisi di democrazie appesantite dai diritti sociali e civili. Senza pudore, JPMorgan sale sul pulpito e riscrive le biografie, compresa la propria, consigliando alle democrazie di darsi come bussola non più Magne Carte, ma statuti bancari e duci forti. Le patologie europee sono così elencate: "Esecutivi deboli; Stati centrali deboli verso le regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso sfocianti in clientelismo; diritto di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo". Di qui i successi solo parziali, in Sud Europa, nell'attuare l'austerità: "Abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)". In tempi più lontani si suggeriva di correggere la democrazia "osando più democrazia": lo disse Willy Brandt. Non così quando la Cina vince senza democrazia. E non s'illuda chi vuol rafforzare i diritti riversandoli in una Costituzione europea. Se il guaio è l'eredità, il testamento svanisce e i padri costituenti vanno uccisi: non ovunque magari - Berlino sta rafforzando il suo Parlamento e la Corte costituzionale -ma di certo nei paesi indebitati, dove guarda caso la Resistenza fu popolare e vasta. Il rapporto di JPMorgan è uscito prima che, la notte dell'11 giugno, venisse chiusa l'Ert, equivalente greca della Rai, aprendo una falla nelle torbide larghe intese di Samaras. Di sicuro il colpo di mano sarebbe stato applaudito: anche l'informazione non-commerciale è costoso bene pubblico di cui disfarsi. La trojka (Commissione europea, Bce, Fondo Monetario) ha ottenuto molto, concludono i sei economisti autori del rapporto. Ma il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, "neanche è cominciato". "Il test chiave sarà l'Italia: il governo ha l'opportunità concreta di iniziare significative riforme". Alla luce di rapporti simili si capisce meglio la smania italiana, o greca, di nuove Costituzioni; e l'allergia diffusa alle sue regole fondanti, che vietano l'uomo solo al comando, l'ampliarsi delle disuguaglianze, la svendita delle utilità pubbliche. L'economista Varoufakis s'allarma: "Murdoch e simili saranno in estasi: l'Ert smantellato diverrà un modello per privatizzare la Bbc, o l'Abc in Australia, o la Cbc in Canada". O la Rai. Si capisce infine la trepidazione di costituzionalisti come Gustavo Zagrebelsky: ferree leggi dell'oligarchia imporranno una riscrittura delle Costituzioni che svuoterà Parlamenti e democrazia. Discutendo il presidenzialismo, Zagrebelsky vede in azione il perturbante: "Penso che il tema andrebbe trattato non come fosse al centro di una guerra di religione, ma guardando empiricamente come funziona il presidenzialismo nei vari paesi". Colpisce l'accenno alle guerre di religione, perché fideistica è l'apparente sfrontatezza degli economisti di JPMorgan. Il neo-liberismo s'irrigidisce in credo, come intuì nel 1921 Walter Benjamin nel frammento Capitalismo come religione. Invece di una svolta, di un rinnovamento, abbiamo una sorta di anticipato Giudizio Universale al cui centro c'è il binomio punitivo colpa/debito. In tedesco Schuld significa le due cose ed è parola "diabolicamente ambigua", ricorda Benjamin. Non prefigura redenzioni, ma trasforma l'economia in divina legge di natura, e volutamente perpetua "un'inquietudine senza via d'uscita". Siamo prede del Destino, fatto di sventura e colpa: "una malattia dello spirito propria del capitalismo". Chi la pensa così ha un credo, per di più autoassolutorio. La storia delle nazioni, quel che hanno costruito imparando dagli errori: non è che un incomodo, ribattezzato status quo. In un libro appena uscito, Roberta De Monticelli parla di catarsi mancata dall'Italia, di una speranza "non aperta al vero se non ha memoria" (Sull'idea di rinnovamento, Raffaello Cortina). Il rapporto di JPMorgan non ha contezza di tragedie e catarsi. È vero, le Costituzioni sono la risposta data ai totalitarismi. I cittadini devono poter protestare, se dissentono dai governi. Quando l'articolo 1 della nostra Carta scrive che la Repubblica è fondata sul lavoro, afferma che economia e finanza vengono dopo, non prima della dignità della persona. Quando l'articolo 41 sostiene che l'iniziativa economica privata è libera, ma "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana", ricorda che il bene pubblico è legge per i mercati. L'Unione sovietica ignorava la legge. La Resistenza ci ha affidato questo retaggio. Ha generato, contemporaneamente, sia l'unità europea, sia la lotta alla povertà e il Welfare. Sfrattare le Costituzioni vuol dire che l'Europa sarà autoritaria, e decerebrata perché senza memoria di sé. Per altro è nata, conclude De Monticelli: "Perché le leggi di natura scendessero giù, nel fondamento muto delle nostre vite, e in alto invece - al posto del cielo e delle stelle - fossero poste leggi fatte da noi, fatte per porre un limite a ciò che c'è in noi di violento e di rapace (...) Fatte soprattutto perché la giustizia cosmica non c'è, perché l'ordine del cosmo è per noi umani cosmica ingiustizia". Demolire le Costituzioni in nome della cosmica giustizia dei mercati: questo sì sarebbe colpa-debito, e inquietudine senza via d'uscita.” c’è tutto. anche la sottolineatura dell’art.41. anche roberta de monticelli. anche walter benjamin. anche la resistenza. grazie barbara spinelli! un’altra volta, se vi sentite anche voi ‘quelle altre e quegli altri’, metteteci la faccia e la voce, insieme alle nostre. non può che far bene. ventisei giugno duemilatredici O FORSE
se davvero volessimo – noi cittadine e cittadini semplicemente innamorat* della costituzione, dell'equità sociale, della democrazia sostanziale, del progresso civile e del buon vivere sostenibile che si perseguono storicamente proprio grazie alla nostra meravigliosa costituzione, ai principi in essa espressi, a partire da quelli di legalità e di separazione dei poteri, e alle riserve di forza politica, sociale, sindacale e culturale che la dettarono a suo tempo, che l'hanno difesa da tanti attacchi durante il corso della vita repubblicana e che confidano in essa come cosa viva per l'oggi e il domani della nostra convivenza collettiva – se davvero, dicevo, volessimo dare un bel segnale di dignità non lasceremmo ora il campo a chi urla contro la sentenza cristallina, in primo grado, del tribunale di milano contro il reo berlusconi silvio fu luigi. né lasceremmo il privilegio di difendere l'onore della democrazia contro questi eversori che l'infangano, a chi lo faccia solo strumentalmente – in campo politico professionale ovvero in quello dell'informazione e dell'orientamento di massa – allo scopo cioè di mantenere per sé una rendita di posizione, e di profitto economico: un cartellino da timbrare, un certificato di antiberlusconismo (tutto e solo formale, beninteso) che va rianimato costantemente, un contro-mito funzionale al pari del mito stesso del nemico acerrimo. non sia mai che senza gli uni, l'antistato conclamato, e gli altri, i paladini della giustizia di superficie, noi cittadine e cittadini semplici poi trovassimo la strada politica, concorde ed efficace, per costruire un'italia giusta davvero! né, infine – se davvero volessimo –, sopporteremmo un minuto oltre l’incomprensibile (o comprensibilissimo), pavido, corrotto, dissimulante silenzio della parte politica sedicente alternativa a quella di cui il condannato è storico creatore e leader: silenzio sulla condanna, silenzio sui suoi risvolti nelle dinamiche del governo del paese, silenzio sulle reazioni golpiste (benché per ora solo a parole, le masse essendo per fortuna – o purtroppo – ben altrimenti tribolate) di pretoriani e cortigiane del reo, silenzio perfino sulla meritoria condotta di un potere dello stato (ossia nostro, di noi tutte e tutti) dinanzi e contro il dispiegamento feroce di poteri antidemocratici tanto più pericolosi quanto più feriti a fondo. non lo sopporteremmo, quale atto svergognato e finale di una complicità che ha radici lontane e interessi profondissimi. se volessimo davvero dare un segnale coerente con tutto quanto detto, la piazza oggi sarebbe nostra – per un semplice, civilissimo applauso a noi stessi, per aver resistito al fianco della nostra costituzione un giorno in più dei suoi attentatori. ma la piazza, invece, sarà loro. e loro – degli uni, degli altri e degli altri ancora – è e sarà tutto intero lo spazio pubblico e mediatico, reale e virtuale, oggi come ieri, che non sappiamo come impedire che essi saturino. non sappiamo. o forse non volessimo. venticinque giugno duemilatredici ILPRIMO GRADO
in culo. contro tutto e contro tutti. contro un ceto politico in larghissima parte interessato a non liberare il paese dalla vergogna - o perché direttamente interessato al malaffare esso stesso, o perché comunque la vergogna persistente giustifica l'urgenza eterna e nessuna elaborazione di lungo termine. contro un sistema dell'informazione - ma non solo dell'informazione giornalistica, dico proprio un sistema di produzione del senso comune e dello stesso immaginario collettivo - in larghissima parte appiattito sui terribili, democìdi disvalori dell'età berlusconiana. contro, quindi, un'opinione pubblica sistematicamente drogata e in larghissima parte resa conforme a quei disvalori, o alla meno peggio disinteressata, distratta dalla minima idea di etica civile e di dignità nazionale, e menata per il naso dal primo che passa. contro tutti i poteri forti della finanza e dell'economia, del mercato e della rendita - nazionali e no, legali ma spessissimo criminali - che nell'anomalia italiana hanno potuto consolidarsi e arricchirsi, e smantellare lo stato sociale poiché gli anticorpi naturali per impedire ciò sono da un ventennio assorbiti dall'impari conflitto contro l'eversione stessa al vertice dello stato. contro le infinite minacce personali - dal discredito del fango puro e semplice scagliato a piene mani, all'intimidazione che è scontato immaginare pervenuta continuamente alle donne e agli uomini impegnati a tutti i livelli nella trincea della giustizia e della verità. contro tutto e tutti, questa magistratura - potere tra gli altri dello stato, cioè di noi tutti - non si è piegata, e ha fatto fino in fondo il proprio dovere repubblicano. silvio berlusconi è dichiarato colpevole. condannato a sette anni di reclusione e interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. ventiquattro giugno duemilatredici BRAZIL
il dissenso di massa in brasile è importante specificamente per questo. quella parte di ceto politico e culturale mondiale, tra i sedicenti progressisti, che negli ultimi decenni ha fatto innaturalmente propria la dottrina liberista elaborata dai pensatori a libro-paga del blocco socioeconomico proprietario e renditiero - e spacciata al grande pubblico dai politici conservatori e dai loro orientatori d'opinione di riferimento -, ha sempre tentato di difendersi dalle sacrosante critiche dei progressisti sinceri e degli antagonisti dicendo che 'il liberismo non attua l'equità sociale e rende il vertice della società più ricco, ma grazie a questo un po' di benessere arriva a tutte le classi ed è la miseria in generale che arretra'. il nemico è la miseria, non la disuguaglianza - recita in sostanza il sedicente progressista in tutto il mondo. che in italia si chiama centrosinistra. bene. ma pare che la gente non la pensi così. i brasiliani, pure beneficiando genericamente di una delle espressioni più vigorose della crescita economica degli ultimi anni nelle ex-periferie del mondo - una crescita che tocca tutti, ma in misura incomparabilmente diversa tra gli ultimi (che restano praticamente immobili) e i primi (che diventano i super-ricchi e i super-privilegiati) -, stanno contestando esattamente quest'assunto che è stato il paravento morale con cui, nelle sovrastrutture politiche e mediatiche, la destra e il centro (fin qui, normale) ma perfino la sinistra (moderata) hanno giustificato lo smantellamento dei sistemi di stato sociale e la liberalizzazione delle pratiche di sfruttamento del lavoro e dell'ambiente da parte del capitale e del mercato. i brasiliani cioè ci stanno dicendo che della ricchezza dei ricchi non gli frega niente, che della disuguaglianza invece gli frega moltissimo. e che non si faranno fregare dalle solite perline colorate. nemmeno se gliele offre pelè! ci hanno già messo due morti, sul piatto della bilancia del conflitto - e non si fermano. così, al centrosinistra mondiale scende un brivido gelato lungo la schiena. e arriva in europa. arriverebbe anche in italia. se sapessimo volerlo. ventidue giugno duemilatredici UN'INVETTIVA (OGNI TANTO)
confesercenti dice che entro sei mesi chiuderanno in italia 9000 ristoranti, 8000 bar, 5000 alimentari, 11000 negozi abbigliamento calzature accessori. sono 33000 esercizi. 33000 famiglie, i proprietari, più diciamo altre 100000, i lavoranti. fanno minimo 500000 cristiani chiusi fuori a una saracinesca abbassata. e parliamo solo di questo settore circoscritto. saracinesche che si riapriranno - nel sistema vigente - solo se gli oltre 500000 diventano servi delle banche (sempre che ottengano un credito, cosa sempre più difficile) o schiavi delle mafie (strozzino alternativo, più facile a concedersi ma assolutamente inesorabile a riscuotere e dieci volte tanto). oppure si riapriranno per essere un'altra cosa: punti vendita seriali di catene commerciali, e così padroni e lavoranti di una volta saranno tutti salariati sfruttati da multinazionali che vedono in wal-mart l'esempio modello. o ancora si riapriranno con una trasformazione radicale: punti scommesse, sexyshop, spaccio automatico h24... e allora i 500000 cristiani e passa di cui sopra, saranno stati del tutto cancellati dalla vita lavorativa. altre strade? nel sistema vigente, nessuna. in quell'altro - quello che vi hanno insegnato a odiare - certo che sì: la collettività si dota di aziende pubbliche di produzione, trasporto, distribuzione, informazione e credito, i prezzi e le tariffe di tutta la filiera sono controllati dalla legge, i fabbisogni, le scorte e i rifiuti entrano in un orizzonte razionale di programmazione, c'è lavoro per tutti, c'è qualcosa nella saccoccia di tutti, nessuna saracinesca chiude, nessuno diventa servo o schiavo, nessuno si ammazza per espulsione dalla vita, si passa da tanta povertà per l'abbondanza di pochi, nell'alienazione generalizzata, a un diffuso buon vivere sobrio, solidale, umano. ma non vi piace lo stesso. vi hanno detto che in questo modo i negozi sono per forza magazzinacci, gli impiegati per forza scojonati, la qualità per forza scadente, le strade per forza tristi, lo spirito umano per forza massificato. e voi c'avete creduto alla grande - che questa fosse la conseguenza necessaria di quel sistema (e non, invece, la sua realizzazione distorta e contingente di apparati privilegiati e corrotti qua e là nel XX secolo). ci avete creduto tanto alla grande, che cominciavamo a dubitare noi stessi delle nostre idee. ce ne siamo vergognati un po', a dirla tutta, per un bel ventennio del cazzo. ma per fortuna la solida natura dei fatti - in questo caso la crisi insormontabile del turbocapitalismo, del consumismo, delle armi di distrazione di massa - ci ha ridato una sveglia. non ne siete convinti? voi invece pensate di salvarvi a sistema vigente - che quindi, secondo voi, deve restare così com'è - perché siete più furbi degli altri, più cattivi degli altri, più garantiti degli altri? be', allora è solo questione di tempo: ammazzateve. sedici giugno duemilatredici PRIMA ASSEMBLEA CITTADINA DI SINISTRA PER ROMA. IL MIO INTERVENTO Nei cinque minuti di attenzione che vi chiedo, vi racconterò una breve storia in due tempi e una morale. Ma comincio dalla morale. La sinistra che ci manca, quella che ci serve come il pane, è la sinistra che deve semplicemente dire cosa propone e cosa è in grado di realizzare, riguardo alla vita delle persone. Tutto qua. E se non ho proprio le allucinazioni – ma allora da 40 anni, non da oggi –, ciò che la sinistra (vera) vuole e progetta e si candida a realizzare quanto alla vita della gente, purché riesca a dirlo senza tanti giri di parole, è proprio quello che la gente desidera per sé. Perché solo la sinistra, per definizione, parla e agisce riguardo a chi ha cosa, a che cosa ne fa, a cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o solo atomi parlanti. Primo tempo: perché&percome. A Roma, la sinistra 'a sinistra di SEL' ha perso. Senza giri di parole. Cioè non si è tradotta in rappresentanza politica, nessun consigliere in Aula Giulio Cesare. Abbiamo preso pochi voti. Eppure, la crisi morde. Eppure di 'sinistra diffusa' in città, ce n'è. Eppure sul contenuto politico e sui metodi democratici, le compagne e i compagni hanno lavorato tanto e bene. Eppure, i disciplinati comunisti hanno votato e fatto votare. Allora, perché? Perché – secondo me – l'offerta politica di una sinistra 'a sinistra di SEL' è tuttora una cattiva profezia che si autoavvera. Ossia: la gente della sinistra diffusa a Roma, la gente che patisce la crisi, la gente che stima i nostri contenuti e i nostri metodi, la gente che ha avuto modo di conoscerci – che in tutto fa di sicuro molto più delle 27.000 persone che ci hanno votato –, semplicemente crede che non saranno in tanti a votarci (ossia, che non eleggeremo nostri consiglieri), e quindi non ci vota. Col risultato 'autoavverato' che a votarci sono in pochi e che non eleggiamo consiglieri! La gente crede una cosa, e quella cosa succede. In positivo come in negativo. Allora che si fa? Io dico: dobbiamo lavorare sul 'credere'. Dando alle cittadine e ai cittadini di Roma motivo di credere che l'adesione a una sinistra 'a sinistra di SEL' non sarà più un'adesione bella però sciupata, bensì bella e pure finalizzata. E se la gente confiderà nel fatto che siamo tanti, allora saremo tanti davvero. Non è utopia: qui a Roma abbiamo preso il 2.2%, ma a Siena una sinistra come la nostra fa il 10%, a Imperia il 12%, addirittura a Messina una ‘sinistra sinistra’ arriva al ballottaggio per il sindaco! A Roma, evidentemente, quello che abbiamo fatto non basta. Forse crediamo di saperla più lunga di tutti, che la gente verrà ai nostri laboratori perché sono belli e giusti. Ma invece a Roma – per tanti motivi – alla sinistra serve ancora un punto di partenza, uno solo: però grosso, visibile, comprensibile più di qualunque laboratorio! Serve un fatto, un fatto politico e simbolico insieme, che superi la soglia dell’attenzione pubblica. E per realizzarlo, serve un salto qualitativo di fiducia reciproca – un atto di maturità verso la sostanza della lotta. Perché è la sostanza della lotta per la qualità della vita della gente, che attrae partecipazione e militanza – la sostanza, non le forme. Quello, attira – la sostanza, e la ragionevole speranza che la lotta possa dare qualche risultato concreto (e non soltanto il ‘gusto della testimonianza’). Parlare delle condizioni della vita della gente porta i grandi numeri, l’abbiamo visto con i referendum di due anni fa esatti. Parlare dei metodi dell’attività politica – se sia meglio la forma-partito o la forma-movimento, la rappresentanza o la democrazia diretta – porta numeri piccolissimi, l’abbiamo visto adesso. Secondo tempo: perdiana. Compagne e compagni, perdiana: abbiamo sgomberato il Campidoglio! E Marino, certo, dobbiamo tenerlo sotto monitoraggio, incalzandolo sulle cose – non molte – di sinistra che dice che farà! Ma intanto, hanno votato solo due romani su cinque. Allora vuol dire che è un po’ a rischio quella cosa preziosa e fragile che si chiama democrazia. Non solo: è stramazzata quell’altra cosa che è l'unica che dà dignità e futuro, che si chiama lavoro. Quindi, quella terza cosa che mette insieme democrazia e lavoro, e che si chiama sinistra – be', queste sono le ultime chiamate per farsi avanti e darle vita! E chi deve farlo, se non noi? Partiti e movimenti, sindacato e associazionismo, i collettivi in lotta, le occupazioni, le pratiche territoriali, le solidarietà, le realtà culturali avanzate, e ancora tante e tanti indipendenti come ne vedo qui oggi. Nessuna esclusione preconcetta, tutti alla prova della buona volontà! Dobbiamo collegarci, questo è il progetto. Ciascuno mantenendo la propria identità, di gruppo, di organizzazione, di storia – ma ciascuno anche disposto a cedere un pezzetto della propria libera solitudine, cederlo a una regola scelta da tutti e che poi valga per tutti. Che si veda, perdiana, che stiamo insieme noi di sinistra – cominciamo almeno da Roma! Ecco il fatto politico e simbolico e fondativo che dicevo. Ecco il punto dove si inverte la brutta profezia che si autoavvera. Dobbiamo avviare un processo di sinergia convinta. Ma non succede mica da sé. Dobbiamo volere che succeda, e se lo vogliamo, allora dobbiamo anche proporne il modo. Sennò si resta nel vago. Io voglio che a breve esista una ‘cosa’, una ‘cosa rossa’ solida – della solida natura dei fatti –, una casa comune idonea a includere, e a crescere e perfezionarsi, con le carte in regola soprattutto per agire davanti agli occhi dei cittadini e dei media. Lo so che siamo entrati nella stagione congressuale di entrambi i partiti comunisti qui presenti, e che l’esame degli assetti nazionali vi impegnerà più di ogni altra cosa nelle prossime settimane e mesi. Ma intanto siamo a Roma, e a Roma guarda il Paese. E far partire da qui un percorso di possibile confederazione mi sembra l’unica strada. Rassicuro: non si tratta di mettere il cappello su niente. Qui un altro po’ e non abbiamo neanche la testa – figurarsi il cappello! Lo ripeto: usciamo dalla vaghezza delle buone intenzioni e prendiamo degli impegni condivisi, oggi. Formiamo come ‘Sinistra per Roma’ un gruppo di lavoro, agile, ampiamente fiduciario di quest’assemblea. Un gruppo di ‘garanti di servizio’, di ‘esploratori’ politici e organizzativi. Che rappresenti a tutte le componenti della sinistra romana la necessità di cui stiamo parlando: una sinergia efficace e stabile, tra le soggettività affini su scala cittadina. Con l’obiettivo di arrivare dopo l’estate a organizzare – ma bene – una cosa come gli Stati Generali della sinistra cittadina (quella vera), e poi anche un’Assemblea Costituente per la Libera Confederazione della Sinistra Romana. Torno alla morale, e concludo. La sinistra, per definizione, parla e agisce riguardo a chi ha cosa, a che cosa ne fa, a cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o solo atomi parlanti. Dobbiamo solo dirlo chiaramente, compagne e compagni, e dobbiamo avere una voce collettiva che faccia semplicemente ascoltare le nostre belle parole, altrimenti inascoltate. Questa voce, compagne e compagni, è tempo che ce la diamo! videoframmenti: http://www.youtube.com/watch?v=--ZmMbix14g quindici giugno duemilatredici EI FU
5stelle non esiste più, non rappresenta più niente. adesso per davvero quei 160 in parlamento sono solo cittadini. solo che ci costano come deputati e senatori. bah. io scrivo questo e qualcuno mi obietta che non c'è da gioire se si riconfermano i 'partiti che rappresentano a parte se stessi e i loro criminosi interessi'. e chi gioisce? ma, soprattutto, io coi 'partiti che rappresentano a parte se stessi e i loro criminosi interessi' che c'entro? i soggetti politici che mi rappresentano, ai quali tra l'altro do una mano fattiva (e alle comunali di roma ci ho messo addirittura la faccia - come bruttamente si dice), non hanno espresso un solo deputato, senatore, consigliere regionale nel lazio, comunale a roma. altro che 'riconfermano'! non mettetemi con chi non sto, quindi e per favore. la mia riflessione su 5stelle non è una consolazione, è la amarissima constatazione che tutta quell'operazione è stata una gigantesca arma di distrazione di massa proprio nel momento in cui il dissenso popolare - diversamente orientato e canalizzato - avrebbe sì interrotto il predominio partitocratico, portando non 160 cittadini-nessuno in parlamento, ma 160 cittadini conseguenti, preparati, antiliberisti, innamorati della costituzione, frequentatori dell'ideologia, solidali, strutturati e incorruttibili. e invece che peccato. ora il 'popolo' nemmeno vota più. e certo! perché quando il popolo vede che perfino queste zattere di sughero che gli hanno strumentalmente lanciato nel naufragio generale (tutta la pantomima 'democrazia 2.0', intendo), non sono altro che zavorre paralizzanti, di un'incompetenza boriosa, manovrabili e manovrate da un leader, talmente inconsistenti da essere inutilizzabili, allora sì che il popolo abbandona le istituzioni. e sì che la colpa è - tanto - anche degli ultimi arrivati. proprio per l'illusione creata e (previdibilissimamente, purché si avessero gli occhi per vedere) impossibile da concretizzare. è andata così. diciamo che con il tramonto della stella berlusconiana, con l'antipatia generale verso il governo tecnico e le sue ricette, con la brancolante strategia del pd in eterno conflitto con se stesso, sopratutto con l'oggettiva pressione della crisi (che c'è ancora) e con l'esempio delle coalizioni di sinistra radicale negli altri paesi d'europa, c'era tra il 2012 e il 2013 il rischio concreto che l'opinione pubblica si orientasse una santa volta verso proposte di sostanza politica, proposte di messa in discussione dell'intero modello socioeconomico (come aveva già mostrato coi referendum del 2011 - terrorizzanti per il sistema dei poteri). c'era eccome, e la soggettività elettorale per dargli sfogo in parlamento e nelle assemblee amministrative si stava già costruendo! e allora grillo è stato l'ingrediente perfetto per attirare sul proprio formalismo demente tutta la vis politica della gente, allontanandola dalla sostanza dell'antagonismo. e la gente italica è la più facile da distrarre, dopo vent'anni di striscia la notizia, le iene e amici. ora, a compito svolto e quadro stabilizzato - il pd si sta dando una regolata, l'europa fa la faccia buonina, berlusconi contratta la buonuscita - grillo non serve più, può anche floppare dappertutto. l'inutilità dei suoi 160 è tra i rischi e i costi d'impresa. la gente che non vota neanche più è un problema in meno per i guidatori della macchina. in culo l'abbiamo preso tutti. ma io almeno non ho baciato nessuno. undici giugno duemilatredici SI', PERO' NO
oh, non fai in tempo a canticchiare "dov'è dov'è / dov'è aledanno" che ti arriva subito la doccia fredda. letta enrico ha già detto che "il voto conferma il gradimento popolare del governo di larghe intese". allora è vero che il cielo fa diventare scemo chi vuole dannare! ma - santapupa! - ma se tanti sindaci ha preso il centrosinistra (cioè una componente del governo) e altrettanti ne ha persi il centrodestra (cioè quell'altra), come fai a dire che ha vinto il governo? sei scemo - o meglio, pensi che lo siamo noi. ok, allora in bocca al lupo a marino e ai nuovi sindaci - tra gli altri, i più sorprendenti e gustosi - di viterbo, di treviso e di brescia. ma questo pd, a livello nazionale, continua a essere di nessuna utilità per un'uscita dalla crisi verso sinistra, verso l'equità sociale, il lavoro, il pubblico, l'ambiente e i beni comuni, per un'uscita dal berlusconismo verso la legalità, la dignità, la cultura e l'intelligenza, per un'uscita dalla paralisi istituzionale verso la pura e semplice, ma piena e sostanziale, applicazione della costituzione italiana, verso la costruzione dell'europa dei popoli e dei diritti e non la conservazione di quella dei poteri e dei privilegi. pertanto, questo pd così come viene diretto, continua a essere un mio avversario. spero che la sua stagione congressuale gli cambi faccia, profondamente - non certo coi lineamenti ancora più falsi degli attuali, parlo di renzi, ma con quelli di donne e uomini di valore che hanno sposato la missione di rinnovarne l'anima progressista (sempre che la trovino ancora, che chissà dov'è finita). ma di più spero che, adesso che il lupo mannaro della destra di successo si è in parte dileguato, adesso che si può forse ragionare su ciò che desideriamo - e non più soltanto su ciò che abbiamo l'urgenza di temere -, spero che tante compagne e tanti compagni scelgano una missione ancora più importante: costruire quella sinistra vera, unitaria e plurale, inclusiva ma solida, che in italia è presente, diffusa nella società, ma sulla scena politica manca del tutto (non così in spagna, francia, grecia, germania). ci vorrà tempo, e pensare e sperimentare e contaminarsi e decidersi: sì sì, no no. e prima ancora volere, e continuare a volere. a me, lo sapete, mi trovate là. ...letta, a finto! dieci giugno duemilatredici DOPO LA LIBERAZIONE
uno. vince l'antifascismo, a roma, e meno male! prima di sbatterlo fuori svuotategli le tasche. due. alla fine votano in 2 su 5. vuol dire che gli altri 3, se viene su uno appena meno impresentabile di grillo ma che parla alla panza quanto lui, se li cucca e ne fa quel che vuole. ne fa anche la miccia per il fuoco di una dittatura diversa pure dal postfascismo. tre. se c'è qualcuno che ha ancora a cuore quella cosa preziosa e fragile che si chiama democrazia, e quella cosa che è l'unica che dà dignità e futuro che si chiama lavoro, e quella cosa che mette insieme l'una e l'altro che si chiama sinistra - be', questa è l'ultima chiamata per farsi avanti. dite parole chiare, sì sì no no, e la gente verrà. nove giugno duemilatredici ESSU'
uno. diciamo sempre che il problema è il lavoro due. diciamo sempre che non si spiega il fatto che con tanto disagio sociale il conflitto non si vede tre. diciamo sempre che tanto le decisioni che contano le prende l'europa bene, il 14 giugno le tre cose si tengono insieme. se vogliamo. venerdì 14 giugno c'è a roma il summit di italia germania francia e spagna (tre) sul tema della disoccupazione (uno). dobbiamo solo portargli un po' di conflitto visibile sotto le finestre (due) si può fare? si può organizzare una cosa fatta bene? ma senza dilettanti allo sbaraglio: l'appuntamento è troppo importante per rovinarlo con quattro saltellatori di piazza che ridicolizzano l'antagonismo, o con cento incappucciati d'accordo con le guardie per mandare tutto a puttane si può fare invece una manifestazione cazzuta? che i media europei non possano ignorare? non servono le folle oceaniche. basta l'organizzazione, la disciplina e la partecipazione di un po' di militanti e un po' no quanto vorrei che le strutture politiche e sindacali la proponessero e la guidassero! rifondazione comunistiitaliani azionecivile sinistracritica sinistrapopolare partitocomunistadeilavoratori e la fiom e l'flc e l'usb e i cobas... ma che aspettate? la piena del tevere? e visto che il summit è europeo, ma non si possono chiamare anche i compagni della linke del frontdegauche di izquierdaunida e dei sindacati conseguenti di germania francia e spagna, a dare una mano? spessore e struttura e visibilità a un appuntamento del genere... ma vi pare che possiamo permetterci di bucare tutte le occasioni? quale rendita di posizione se staremmo a difende, paralizzati così? c'è qualcuno che conta qualcosa nelle organizzazioni che ho nominato, che mi legga e concordi e passi parola? essù! semo boni solo a piagne? e non cominciamo a fare il dibattito qua sotto tra noi soliti, che non serve a niente. servono le organizzazioni, serve chi guida e chiama i militanti, servono le bandiere e servono i cori davanti alle finestre, per i giornalisti e per le telecamere. e servono la determinazione, la calma, la lucidità e la forza chi c'ha questa roba pronta se dia da fa'. mi chiama e io corro e porto più gente possibile - né incappucciata né scemerella! daje però. sette giugno duemilatredici ULTIME BATTUTE ok. fino a un po' di tempo fa, nel crollo dei consumi generale, i telefonini e simili ancora tenevano. ormai manco più quelli: 2.5% in meno da un mese all'altro, tra apparecchi e servizi venduti. vuol dire che siamo più svegli, e non compriamo più gadget per il puro stimolo indotto dalla pubblicità e/o per gusto di emulare qualcun altro che già li possiede? non lo so. mi sa di no. ma vuol dire di sicuro che siamo più poveri e più incerti su quello che avremo in tasca domani. chi ci governa parla di questo? no. e il pubblico che lo osserva parlare d'altro, gli fa crollare il gradimento? non pare. che si deve fare? non lo so. e mentre non so che fare perché il pubblico effettui la complicatissima operazione di sommare due più due tra le condizioni oggettive della propria vita e gli interessi della classe sociale che domina la vita pubblica - e non lo so più da un sacco di tempo -, scribacchio qui e altrove. più di un anno fa con valentina avevo scritto questo. con le previsioni ci abbiamo preso - era facile - ma a che serve, se poi l'azione politica è fallita? rifreschiamoci la memoria, hai visto mai. tanto, più paralizzati di così. tanto vale fermarsi a leggere cinque minuti. I DEMONI Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno della seconda casa, della terza automobile, del quarto televisore? Del desalinizzatore, del Bimbi, dell’innaffiatore automatico computerizzato, del futon, del parquet in tutte le stanze, della controsoffittatura coi faretti (pardon, i punti-luce), dell’air conditioning system, dell’acquario tropicale, dei vetri che si scuriscono da sé, della webcam di controllo nella camera dei bambini, del sistema di amplificatore e casse home-theatre, della Wii, di ogni playstation che usciva, di ogni smartphone che usciva? Del SUV, della 4x4, della minicar, di tre scooter a famiglia? Di Sharm, di Cortina, di Santo Domingo, della cena di rappresentanza a Baschi? Del personal trainer, dello shopping manager, degli animatori al compleanno dei ragazzini, delle farfalle liberate ai matrimoni, di cani e gatti col pedigree, di lanciarsi col paracadute, del bangee jumping, di pilates, della tessera al solarium per grandi e per piccini? Del silicone, del botox, di tutti i ritocchini, degli sbiancadenti e degli sbiancaculi permanenti? Del piercing prezioso, del tatuaggio massivo, dell’extension, delle lenti colorate, delle unghie finte sopra le unghie vere, del reggiseno con le spalline trasparenti, delle camicie su misura con le cifre? Dei Rolex, dei Patek Philippe, dei Damiani al primo amore? Degli Swatch? Dei centri commerciali, delle outlet-newtown, di Louis Vuitton, di Jimmy Choo, di Bikkemberg intorno ai piedi, di Calvin Klein sul pacco? Degli stilisti maitre-à-penser, dei rotocalchi all-gossip-news? Delle centinaia, migliaia, milioni di oggetti di marca indistinguibili fra loro? Dei marchi su ogni centimetro quadrato libero di noi stessi e di universo? Delle ore di nulla televisivo che prendevamo per qualcosa che esisteva davvero? Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare a qualunque lotteria? Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare in borsa, di investire, di avere il numero di un broker al cellulare? Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di guadagnare più possibile, di comprare più possibile, di mettere da parte più possibile, di lasciare ai nostri figli più denaro possibile, più cose possibili? Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare altro che questo per essere umani? Era ieri. Però non sarà più domani - è sicuro, ormai. Ma non ci sarà ribellione credibile contro alcuna casta - politica o finanziaria - né, tantomeno, alcuna riconversione o rinascita, se non saremo capaci di ribellarci contro il cattivo demone che dentro ciascuno di noi si è sedotto in tutto questo, ha permesso tutto questo, ha voluto tutto questo, ha estenuato la Terra e la Storia in tutto questo. Siamo seri con noi stessi. Perché è il tempo della serietà - o non c'è più altro tempo. Perché nessuno compra più niente - e questo, in un'economia di mercato è abbastanza un problema! Tanto profonda è la crisi economica, che la si può tranquillamente (?) definire una vera e propria crisi d'identità. E queste cose non sfuggono agli implacabili sondaggi. Il Pew Research Center ha condotto una ricerca globale sull’impatto della grande recessione nelle opinioni pubbliche di ventuno paesi, tra i quali l'Italia, gli Stati Uniti, la Cina, i principali Stati europei, il Giappone, l’India e il Brasile; e il risultato, quanto a noi, è che la fiducia degli italiani nel capitalismo sta sparendo: in Italia solo il 50% degli intervistati concorda con la proposizione secondo la quale le persone vivono meglio in un’economia basata sul libero mercato. Un vero e proprio crollo rispetto al recente passato, che evidenzia quanto la crisi abbia scosso e ribaltato prospettive consolidate: tra il 2002 e il 2007 più del 70% degli italiani credeva nel capitalismo, con valori del tutto comparabili a quelli degli Stati Uniti; ora però, dopo tre anni di 'eurocrisi' (e a cinque dalla prima 'bolla immobiliare' a Wall Street), il capitalismo ha perso parecchio del suo charme. Per completezza, nell'Unione Europea solo la Spagna e la Grecia offrono percentuali ancora minori. Questa 'eresia' - clamorosa, inaudita - contro i 'dogmi' della civiltà borghese, del mercato, della libera impresa e della proprietà privata, si accompagna ad un’esplosione di pessimismo sulla valutazione della società italiana: solo il 6% è contento di come vada l’economia nel nostro paese, poco più di un decimo degli italiani è convinto che stiamo andando nella giusta direzione, e solo il 22% pensa che la situazione potrà migliorare nei prossimi dodici mesi. E non si tratta di sondaggi sulle intenzioni di voto, sempre fluttuanti in base alla novità, allo scandaletto o alla dichiarazione del giorno - bensì di risposte che riguardano ciò che ognuno pensa della vita reale, quotidiana: la propria, della propria famiglia, e le aspettative concretissime sul domani e sul futuro più lontano. Ed è una frana. Quindi c'è bisogno di un'idea - di un'idea di riforma profonda, 'di sistema'. La nostra riforma strutturale ideale? Ma è quella che nessun governo né tecnico né politico, espressione di alcun parlamento votato con qualunque legge elettorale, in nessun sistema di pesi e contrappesi istituzionali né garanzie sul quarto e quinto e sesto potere - ma sempre e comunque all'interno di un'economia di mercato - proporrà mai. E sarebbe la seguente. Che tutto ciò che i privati vendono o affittano ad altri privati, o alla collettività tramite la pubblica amministrazione - tutto, tranne il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario - tutto: materie prime, manufatti all'ingrosso e al dettaglio, terreni e costruzioni, l'intera catena alimentare, servizi, prestazioni, consulenze, intermediazioni, trasporti, cultura, spettacolo, pubblicità... - tutto: tutte le merci, tutti i beni, tutti i servizi materiali e immateriali (tranne, ripetiamo, il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario) - venga offerto a prezzi, tariffe, parcelle o canoni, pari al 50% esatto di prezzi, tariffe, parcelle e canoni attuali. E che questo dimezzamento generale dei costi di ciò che i privati mettono in vendita o in affitto ad altri privati o alla collettività, avvenga in modo simultaneo a partire da un dato momento e fino a data da stabilirsi in seguito. La faranno, una riforma del genere, i parlamenti e i governi? No, perché in un sistema di economia di mercato la politica dei prezzi non gli spetta. La farebbero, allora, per decisione autonoma - e, secondo noi, per puro istinto di sopravvivenza - gli stessi operatori privati, singoli o associati, che hanno qualcosa (merce, bene, servizio, sapere) da vendere o da affittare? Neanche: nessuno di loro si fida che lo facciano anche tutti gli altri, e questa diffidenza atavica avrebbe la meglio perfino sull'autoconservazione più basica. Eppure l'economia di mercato, ossia il capitalismo, si salverebbe forse solo così. (E di certo dovrebbe stare a cuore a loro - a chi ritiene ciò l'unico sistema compatibile con la natura umana - non certo a noi!) Allora, in subordine, la nostra riforma strutturale ideale è la RICONVERSIONE. Che proviamo a raccontarvi qui al link - con tutto quello di cui siamo a conoscenza, e capaci di narrare, esemplificare, evocare. (E un partito o movimento politico che ne facesse il proprio punto di programma, avrebbe non solo il nostro voto, ma un'adesione partecipe e disciplinata come oggi neanche usa più!) ...In sub-subordine, invece, ci sarà il puro e semplice caos da 'estinzione di un sistema secolare di convivenza tra gli umani', col programmino tipico del caso: populismi, autoritarismi, fascismi, guerre, rivoluzioni. E a quel punto - poiché non avrete tentato la nostra prima riforma ideale, e neppure la seconda: la riconversione, assai più fattibile - allora ci toccherà difendere il culo nostro, dell'Umanità e del pianeta, con la RIVOLUZIONE comunista pura e semplice. Manco è detto che funzionerà: sarà un bagno di sangue e di spirito, comunque - ma vi saremo stati costretti da una serie di sciocchezze altrui senza rimedio. E a quel punto, vinca il più forte! http://riconversione.weebly.com/ sei giugno duemilatredici PIAZZE
piazzatienanmen plazademayo piazzatahrir piazzasyntagma piazzataksim piazzasangiovanni no la disoccupazione epidemizzata la povertà sterminata la natura stuprata la legge umiliata l’informazione negata la democrazia privatizzata la repubblica presidenzializzata la sinistra ghettizzata la ribellione scimmiottata la cultura sciupata piazzasangiovanni no, mai noi, figli di un dio minore: il gabibbo e piazzasangiovanni il 15 ottobre 2011? piazzasangiovanni il 15 ottobre 2011 è finita male perché è cominciata male, anche se pochi se ne accorsero ed è cominciata male, anche se pochi se ne accorsero, perché si voleva che finisse male io stavo a piazza esedra con valentina e tanti compagni contenti e paciosi, e sono passati trenta incappucciati inquadrati, e la polizia niente scendevo per via cavour sempre contento e pacioso, e di gruppi di trenta ne sono passati quattro, a intermittenza, e la polizia niente siamo arrivati in fondo a via cavour che avevano già spaccato e bruciato, e la polizia niente al colosseo c'erano schierati polizia e carabinieri, a cento metri da là bruciava tutto, ma polizia e carabinieri niente vicino a piazza san giovanni non eravamo più né contenti né paciosi ma terrorizzati e avvelenati, sia con chi aveva fatto fallire il corteo sia con chi glielo aveva permesso su mandato di chi volete voi la camionetta ha preso fuoco, ma prima il carabiniere è stato fatto scendere e allontanare, e gl'incappucciati niente de che stamo a parla'? noi piazzasangiovanni mai, ripeto, 'mai' come invece piazzatienanmen demayo tahrir syntagma taksim perché noi ci facciamo orientare infiltrare deprimere che è una bellezza. perché non siamo una 'consapevolezza', semmai un passatempo il 16 ottobre io e vale, e pochissimi altri compagni, eravamo di nuovo a piazzasangiovanni con la bandiera della pace. per portare a termine il corteo. e invece le piazze servono! non basta la rete sulla rete noi scriviamo e ci leggiamo, ma siamo già almeno un po' coscienti. sennò neanche ci staremmo, a leggere e scrivere. ma la piazza fa arrivare il segnale che qualcosa non va, anche a chi non ha altri mezzi per saperlo. perfino a chi non vorrebbe saperne niente, e invece così è costretto a sapere che qualcosa non va e che c'è chi rischia del suo per manifestarlo! il conflitto visibile, vissuto dalla gente che si alza e si incontra, fa anche un'altra cosa. fa maturare le idee, fa venire voglia di mettere a frutto i numeri. più di ogni post per quanto bello scritto in solitudine e in solitudine letto! certo: per maturare gli individui, la piazza non dev'essere puro caos - tanto meno strumentalizzata dai 'piazzisti' di professione, o addirittura infiltrata dal potere stesso - ma deve essere 'forza di dissenso di massa', pronta a organizzare una o più controproposte al pensiero e alla pratica del potere. ed è quello che ci manca. colpa del gabibbo. che ci ha fatto restare tanto tanto indietro in termini di coscienza di classe diffusa è per questo - per aver riconosciuto in più di tre anni di pratica di movimenti, che la coscienza di classe di massa è lontana - che io non ho alcun problema ad accettare la presenza sulla scena dei conflitti (e gradirne la sapienza, se dimostrata) di 'ingredienti' politici più avanzati e strutturati del movimento puro e semplice ma invece, purtroppo, la diffidenza di tutti verso tutti - e soprattutto verso le organizzazioni come i piccoli partiti della vera sinistra - regna sovrana. e il potere si frega le mani cinque giugno duemilatredici SIAMO NOI
ma sì, fanno bene! voi al posto loro che fareste? faranno il presidenzialismo? fanno bene. ridurranno gli spazi democratici? fanno bene. privatizzeranno la costituzione? fanno bene. disintegreranno lo stato sociale? fanno bene. legheranno le mani alla magistratura che si azzarda a metter bocca sulla proprietà, l'industria, la finanza? fanno bene. dichiareranno una qualche guerra per avere un po' di occupazione e di consumi, e un'altra scusa per segare il dissenso? fanno bene. fanno bene - visto che hanno davanti un popolo in cui una persona su due dichiara di fidarsi ancora di renzi, tre su dieci ancora di berlusconi, una su cinque ancora di grillo, visto che una persona su quattro si fida ancora del pd, visto che un romano su due neanche va a più a votare, e di quelli che ci vanno tre su dieci votano ancora alemanno, visto che né a roma né su scala nazionale c'è gente a sufficienza per portare nelle istituzioni - almeno all'opposizione, mica dico a governare - un solo uomo o una sola donna che pensino e dicano qualcosa di diverso dal copione del grande circo quotidiano mediatico-politico, visto che perfino le punte di conflitto e di rabbia sociale (pochissime e circoscritte) questo popolo se le lascia bellamente infiltrare e banalizzare da gente che passa di fallimento in fallimento e te la ritrovi prima o poi a far la clacque in televisione, visto che questo popolo sottrae 120 miliardi di euro all'anno al bilancio pubblico mentre spudoratamente si lamenta che tutti (gli altri) rubano alla stessa maniera, visto che due giovani su cinque non hanno lavoro né speranza di averlo però una piazza piena di lotta di classe la vediamo in turchia - mica qui -, visto che pure se la crisi ti chiude il negozio, ti ammazza l'impresa, ti svuota lo studio, ti vieta il mutuo, ti deprezza la casa, mica ti viene in mente che è proprio il modello che è arrivato alla frutta - fanno bene, visto che hanno davanti un popolo ancora e sempre in larga parte razzista e sessista e conformista e bigotto, affetto da egoismo sociale e autismo emotivo, ignorante, arrogante e delinquente, irresponsabile verso la legge, il prossimo, l'ambiente, il futuro, e che in quella parte del popolo pure immune da tali infezioni della mente e dell'animo, lo stesso vige la paralisi indotta dall'autocondanna alla frammentazione, al velleitarismo, alla balbuzie intellettuale e perfino del più naturale desiderio. fanno bene, altro che. fanno bene a tosare la storia, che così docilmente oggi si presta al raccolto! sono io - siamo noi, compagne e compagni, che sbagliamo. quattro giugno duemilatredici STATI GENERALI DELLE COMPONENTI DELLA SINISTRA ROMANA ASSEMBLEA COSTITUENTE DELLA SINISTRA CONFEDERALE ROMANA la sinistra 'a sinistra di sel' a roma ha perso. senza giri di parole. cioè non si è tradotta in rappresentanza politica, nessun consigliere in aula giulio cesare. abbiamo preso pochi voti. sandro medici, il nostro candidato sindaco, ne ha presi un po' meno di 27.000. su 2.500.000 aventi diritto. la lista 'sinistra per roma' (rifondazione più comunisti italiani più indipendenti - come me), un po' più di 11.500. 'repubblica romana', la lista di cui medici era ed è espressione diretta (con indipendenti e molti degli 'occupanti', con alba e un po' di action e un po' di sinistra critica), quasi 8.000. 'partito pirata', terza lista a sostegno, 715. sempre su 2.500.000 elettori possibili. abbiamo preso pochi voti. eppure, la crisi morde. eppure di 'sinistra diffusa' in città, ce n'è. eppure sul contenuto politico e sui metodi democratici, medici e tutta repubblica romana hanno lavorato tanto e bene. eppure, per una volta siamo anche partiti da lontano - non all'ultimo minuto come con 'rivoluzione civile', per dire. eppure, i disciplinati comunisti hanno votato e fatto votare. allora? allora - secondo me - l'offerta politica di una sinistra 'a sinistra di sel' è tuttora una cattiva profezia che si autoavvera. ossia: la gente della sinistra diffusa a roma, la gente che patisce la crisi, la gente che stima i nostri contenuti e i nostri metodi, la gente che ha avuto modo di conoscerci - che in tutto fa di sicuro molto più di 27.000 persone -, semplicemente crede che non saranno in tanti a votarci (ossia, che non eleggeremo nostri consiglieri), e quindi non ci vota. col risultato 'autoavverato' che a votarci sono in pochi e che non eleggiamo consiglieri. la gente crede una cosa, e quella cosa succede. in positivo come in negativo. perciò dobbiamo lavorare sul 'credere'. non tanto sui contenuti e sui metodi, ma sul convincere l'elettorato che l'adesione alla sinistra 'a sinistra di sel' non è un'adesione bella ma sciupata. bensì, bella e anche finalizzata. come? dando motivo a tutti di credere che siamo tanti. allora saremo tanti davvero. di nuovo: come? a mio modestissimo avviso, con questo 'uno-due' da realizzarsi prima dell'estate. cioè prima che l'esperienza comunque vitale della sinistra romana in corsa per il campidoglio, sfumi nel ricordo. uno. stati generali delle componenti della sinistra romana. due. assemblea costituente della sinistra confederale romana. 'componenti' sta per: soggetti partitici, movimenti, associazioni, collettivi in lotta, soggetti sindacali, realtà culturali, pratiche territoriali, indipendenti 'sfusi'. e 'confederale' sta per: che a nessuna componente toccherà sciogliersi, che alla costruzione di una pluralità - unitaria - benedetta si potrà partecipare mantenendo la propria identità, sigla, struttura (per un po', almeno - e poi vedremo). un 'uno-due' da preparare bene, ma presto. da svolgere nell'arco di non più di due settimane (diciamo: un weekend per gli stati generali e, quattordici giorni dopo, un weekend per la costituente; e nel mezzo, dei gruppi di lavoro che preparino i semilavorati su - per esempio: 'forma confederale e bozza regolamento interno', 'studio nome/simbolo', 'proposte composizione direttivo', 'sede fisica e fondi', 'web e comunicazione', 'spunti linea politica e traguardi a breve'). un doppio appuntamento da desiderare e creare con gli occhi fissi sull'obiettivo. da animare con tutta la voglia possibile di politica e contenuti e nessun avvitamento idolatrico su contenitori e procedure, e soprattutto con grande fiducia e grande generosità da parte di tutti verso tutti, e zero pregiudizi. e chi non la veda così, sarebbe meglio girasse al largo. per non perdere il proprio e far perdere l'altrui tempo! ma a tutte e tutti gli altri - singoli e gruppi -, porte apertissime: con un'impostazione inclusiva e in-progress, che se qualcuno si aggiunge dopo va bene lo stesso. perché l'importante è partire, l'importante è far bene senza pretendere l'impossibile perfezione da subito, l'importante è poter dire presto che c'è una 'cosa' (rossa, parecchio) fatta così e cosà, che esiste e che ha un certo programma e che non aspetta altro che crescere ancora. 'la comune di roma' - tanto per sparare un nome. che se funziona, magari diventa anche un modello per l'altrove. o per la scala nazionale addirittura! ecco, io spero (io anelo!) che chi ha un peso molto maggiore del mio nell'opinione pubblica della sinistra diffusa in città, insieme a chi ha esperienza e sapienza politica molto più di me, stiano già pensando concretamente a un percorso del genere. anzi, sono portato a ritenere che qualcuno lo stia già elaborando. che qualcuno, a breve, si offra con generosità di farsene 'garante di servizio', e qualcun altro 'officina organizzativa', nella grata fiducia di tanti pronti ad attivarsi personalmente. quanto vorrei venirne presto a conoscenza, insieme a tutte e tutti voi! quanto, e subito, mi attiverei! e magari possiamo, noi nel nostro piccolo (di persona e dalla rete, parlando con la gente), dare un segnale chiaro a queste compagne e compagni di buona volontà e retto pensiero, di peso e d'esperienza - chiunque siano: che se si stanno muovendo in quella direzione, secondo noi si stanno muovendo bene! proviamoci, tutto conta. PS.: sandro medici ha scritto a tutte e tutti 'i compagni di strada' una bella lettera, lucida e sincera. gli ho risposto, con gratitudine. e il succo della mia risposta è utile che lo proponga anche qui. gli dicevo che sebbene sia vero che adesso alcuni dei nostri spunti programmatici vengono 'importati' nel progetto del candidato al ballottaggio marino, e che allora sembra un po' come se la nostra coalizione abbia vinto 'il premio della critica', ebbene perfino il premio della critica ha comunque bisogno di un riscontro di conoscenza in platea! in altre parole: se ce lo 'sentiamo' nostro perché adesso il programma della nostra coalizione è in qualche misura valorizzato dalle forze politiche maggiori, ma tuttavia il grande pubblico non può saperlo (perché marino non andrà certo a dire 'ora copio medici', perdendo così ogni appeal presso i tantissimi moderati), be' noi continuiamo a 'non esistere'. ma in politica più che in qualunque altra attività sociale 'esse est percipi'! quindi: se la gente non ci ha percepito finora, non sarà senza discontinuità rispetto al metodo finora seguito che comincerà a percepirci. la discontinuità è la forma confederale, e siamo d'accordo. ma la confederazione può ben avere geometria variabile essa stessa, come scrive anche medici, e però le componenti della confederazione (di una sinistra romana) devono essere qualcosa di più solido che non fluido (come invece purtroppo sembrerebbe preferire medici nella sua lettera, forse malconsigliato dai tenaci alfieri dei 'filosofemi orizzontalisti' - che prendono però pochissimi voti, e in politica ciò può costituire un problemino). e solido per forza, dico io, sennò la loro sinergia non è nemmeno variabile: è proprio inconsistente. quindi, fermi restando i bellissimi requisiti di empatia e leggerezza di questo laboratorio politico e umano che s'è creato, tuttavia un'ossatura serve come il pane. a repubblica romana e alla costituenda sinistra romana confederale! perché senza un'ossatura purchessia, senza la sostanza politica e l'efficacia nel perseguirla, il patrimonio di repubblica romana potrebbe disperdersi a breve. e sarebbe un peccato ancora maggiore di aver perso le elezioni. sarebbe perpetuare il peccato di superbia di quelle parti di intelligenza di sinistra che da anni - almeno dal girotondismo in poi, fino al popolo viola e fino ad alba - pretendono di far cadere dall'alto metodiche astratte, comprensibili solo a chi può permettersi il lusso snob di giocare alla politica nelle zone asettiche 'fuori le mura' (riciclandosi all'infinito a stagioni alterne - giusto il tempo di far dimenticare i fallimenti ultimi scorsi), ma alla lunga di nessun interesse per la gente in carne e ossa, la quale volente e nolente dentro le mura ci vive e dentro le mura vorrebbe ascoltare soluzioni concrete (e autorevoli, dell'autorevolezza di chi se la conquista con le lotte sul campo e se la consolida con un buon apparato teorico) ai propri problemi. e i numeri scarsi del nostro esito elettorale, scrivevo, dicono proprio questo - questo monito alla coraggiosa modestia, alla semplice onestà intellettuale, all'obbligo morale di dire ciò che siamo, una buona volta, e ciò che vogliamo! spero che sandro abbia modo e tempo e voglia di pensarci su. intanto, meno male, hanno mostrato vivo interesse - e stanno pensandoci nelle rispettive istanze democratiche direttive - il prc roma, il pdci roma e azione civile roma, oltre a tante e tanti compagn* 'singol*'. stiamo a vedere. due giugno duemilatredici PENSIERUCCIO DEFATIGANTE
e primaverile. il modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati (tecnicismo, ma 'il sistema' o 'il potere' van bene lo stesso) costituisce un salto di qualità inaudito nella serie di modelli socioeconomici 'vincenti' da molti secoli a questa parte. quelli del passato, i nostri avi migliori li hanno avversati per motivi di classe o per motivi umanitari - ma per onestà dobbiamo ammettere che il fatto che fossero appunto vincenti su quelli davvero arcaici (e grazie anche all'opera di 'temperamento' in senso democratico e socialista riuscita alle classi lavoratrici organizzate, nei confronti di questi modelli), be' ha fatto sì che noi oggi siamo qui a scrivere anziché probabilmente in catena di montaggio o a scavare in miniera o nei campi con la schiena rotta. ma questo sistema presente è, per la prima volta, 'autodeterminantesi' - e visibilmente, lo è a dispetto (o nella migliore delle ipotesi: in totale indifferenza) dei bisogni primari della stragrande maggioranza degli umani, dei viventi, del pianeta stesso. pertanto è il nemico nostro, in quanto noi persone e non meri ingranaggi. non ci è antipatico. non più di quanto ci sia antipatico un virus, o un automa. ma dobbiamo combatterlo. e se il sistema non è altro che la traduzione in organizzazione socioeconomica e in sovrastruttura politicoculturale del culto della proprietà privata e del profitto individuale, ebbene noi siamo appunto quelli che per vincere il nemico mineranno quel culto (costasse anche qualcosa - o parecchio - in termini di confortevole e radicatissima abitudine di pensiero e di esistenza, a noi come singoli cittadini). perché noi siamo quelli che studiano forme diverse di civiltà umana - alcune già tratteggiate in teoria e perfino tentate in pratica - e che chiederanno a molti altri di sperimentarle. noi chi? tautologicamente, tutti quelli che riconoscono la correttezza analitica di quanto detto e si riconoscono nell'urgenza pratica di un'azione conseguente per il cambiamento dello stato di cose presente. quindi noi comunisti? noi socialisti? noi democratici? noi antiliberisti? noi altermondisti? noi egualitaristi? noi ambientalisti? noi umanisti? dipende dal contesto, secondo me. e c'è senz'altro un contesto in cui tutte queste accezioni sono sinonime. ma quello è il contesto al quale, secondo me, dobbiamo guardare per rendere più efficace possibile la lotta. non fosse altro che le forze del campo avverso - quelle per il mantenimento del sistema così com'è - hanno invece già trovato, e da tempo, il contesto in virtù del quale si rendono sinonimi vocaboli come capitalismo, mercatismo, proprietarismo, neoliberismo, elitarismo, primato del profitto e della rendita, tutela dei privilegio, lotta di classe (dall'alto, beninteso). ed è grazie a questo - a questa loro straordinaria capacità di non spaccare il capello in quattro, come invece noi purtroppo e sempre - che oltre, allo strapotere materiale, esse riescono a esercitare la formidabile egemonia culturale che deprime parecchio la nostra capacità di mobilitazione. concludo. cosa ne sarà, posta pure la sconfitta del mostro? e chi può dirlo? sarà vita solidale e giusta e sostenibile e felice - in termini generici, ma poi lo vedranno in quanto lo agiranno le donne e gli uomini di quel presente. però ora bisogna disinnescare la bomba. la presente trincea è questa. qualsiasi altra analisi - politicista, qualunquista, ribellista, atomizzata o conformista che sia - è ancora tutta ben dentro al sistema. è l'ennesima arma di distrazione di massa. fine. e ha smesso per un po' di piovere. trentuno maggio duemilatredici IL TRAVASO
unico vantaggio ad aver aperto gli occhi sulla vera natura della macchina dell'informazione e dello spettacolo: un sacco di tempo libero. infatti: se non leggi più repubblica corriere fatto unità stampa espresso (e ho citato il meno peggio, aggiungete voi a piacere), se non guardi più ballarò serviziopubblico piazzapulita inmezz'ora lejene l'infedele (idem, e aggiungere a volontà), se non ti sciupi più a dibattere con le sedicenti voci libere della rete (blog indipendenti e blog 'di portale', status e post e note di facebook, tweet e controtweet - aggiungere a fantasia), se non ti scervelli a decodificare il 'passo avanti due indietro' delle figurine politiche di giornata sui temi più diversi (ma scelti apposta - diritti civili, riforme istituzionali, aperture socioeconomiche - perché attirino la tua speranzosa attenzione, frustrandola), allora hai guadagnato secco almeno un quarto della tua giornata! è l'unico vantaggio. perché per il resto così ti autoghettizzi dal mainstream (di cui è parte integrante e integrata anche grillo - serve che lo ricordi?), e non è che ciò aumenti la tua capacità di interpretare il modo in cui - e le finalità con cui, comunque di classe - la macchina dell'informazione e dello spettacolo ricrea la realtà per il vasto (e più variegato, ma altrettanto omologabile) pubblico. però è lo stesso un bel vantaggio. perché così hai più tempo ed energia per vivere la realtà vera, per interagire con le persone in carne e ossa, per studiare le parole di chi altri (con più profondità, concentrazione, strumenti di te) ha descritto e descrive - appunto - le persone in carne e ossa e la realtà vera. e perfino per azzardare una sperimentazione circoscritta e temporanea - questa sì, non omologata e anticonformista - in quella realtà insieme a quelle persone. dunque confesso: rispetto al mainstream, sto in un ghetto. ma - oh, meraviglia! - c'è un sacco di gente che sta uscendo dalla passività dell'osservazione della realtà ricreata, per entrare in questo mio stesso ghetto. un sacco di gente, e di sicuro la gente migliore che conosco - proprio quella con cui voglio condividere la realtà vera. e se continua così - visto che l'oggettività della storia, al dunque, è un mero fatto di numeri -, il ghetto sarà quello della macchina dell'informazione e dello spettacolo e di chi non sa liberarsene, e mainstream diventerà il reale. una figata! solo, un'avvertenza: prepariamoci a organizzarlo, noialtri già qui. e secondo libertà e uguaglianza. PS.: questa capitoletto può sembrare autocontraddittorio: scriverlo, pubblicarlo e diffonderlo alimenta oggettivamente - secondo la sua stessa definizione - la macchina dell'informazione e dello spettacolo. ma la scappatoia logica c'è, ed è onesta. perché esso dice pure che il tempo risparmiato col liberarsi dalla macchina consente anche di studiare le parole di chi descrive la realtà vera e le persone in carne e ossa. ed è appunto ciò che faccio io - studiare -, restituendone qui in estrema sintesi il frutto emergente. diciamo che io sono un semplice citofono. se 'funziono', voi dovreste suonare e oltrepassarmi: il condominio del sapere e del fare è sterminato - salite per tutte le scale, bussate a tutte le porte! trenta maggio duemilatredici SCRUTINIO FINITO
208. e tolti me e vale, sono DUECENTOSEI GRAZIE GIGANTI ad affetti, compagn*, amic*, lettor*, cittadin*! GRAZIE, sinceramente ed emozionatamente! più, un altro paio di cento scafette ad altrettant* adorabili cazzaron*. ma va bene così. ora vorrei riuscire - giacché tutta questa bellissima fiducia non sono, non siamo riusciti a tradurla in forza di amministrazione o di opposizione ad essa -, vorrei riuscire a nutrici il progetto di cui parlo, parliamo sempre: una 'cosa rossa', plurale e unitaria, da costruire intanto a roma con le gambe che ci sono e con cui si cammina fianco a fianco già da un po', e con quelle nuove che si uniranno. vorrei spenderla così, questa vostra attestazione di stima. nutrire il progetto e me stesso, e - con una specie di 'larsen' politico e culturale e sentimentale insieme - tornare a nutrire il vostro stesso desiderio di cambiamento concreto. vabbe', pausa un attimo, e poi vediamo. e vediamoci, cerchiamoci, cresciamo, studiamo, organizziamoci e lottiamo insieme! STAY TUNED, E GRAZIE DAVVERO!!! daje! ventinove maggio duemilatredici ADESSO, E DOPO
http://www.youtube.com/watch?v=PE005fOQRl8 GRAZIE SANDRO! GRAZIE FABIO! GRAZIE TUTTE E TUTTI! ce n'est qu'un début, davvero speriamo! ma non stiamo solo a sperarlo, facciamo che sia! ora si caccia alemanno, prima cosa imprescindibile. e subito dopo si chiami la sinistra romana a raccolta, questa COSA PLURALE che è la sinistra romana - di partiti di movimenti di associazioni di collettivi, di donne e di uomini -, si scelgano tutte e tutti insieme due, tre, quattro GARANTI che guidino (in ottica del tutto transitoria e di puro servizio, ma con la FIDUCIA assoluta e generale) un breve percorso COSTITUENTE, alla fine del quale si abbiano UNA linea politica, UNA forma confederale, UN regolamento interno, UN organo direttivo, UN nome/simbolo, UNA sede fisica, UNO spazio virtuale e UN traguardo/obiettivo, liberamente elaborati, democraticamente scelti e cogentemente RISPETTATI. non c'è proprio altro da fare. e questa cosa però non succede se solo poch* volenteros* la mettono in cantiere, con la dolcissima simpatia inoperosa de* tant* che - io lo so, voi lo sapete - la desiderano da tanto tempo. ma SOLTANTO se a mettercisi sono - per una volta, la prima - TUTT* QUANT*! ecco qua. (io ho preso un paio di cento preferenze individuali. GRAZIE - ma gigante - a chi mi ha dato la propria fiducia!) ventotto maggio duemilatredici IL VOTO E' TRATTO
pochi a votare. e a roma molto pochi. ora sappiamo quanti, esattamente. e sappiamo pure chi vince e chi perde. perché qualcuno vince e qualcuno perde, quanti che siamo ad aver votato. e questa è la prima certezza. e chi non ha votato non può farci proprio niente. seconda certezza. la macchina dell'informazione e dello spettacolo parla quasi solo di questo: "che pochi che erano a votare!" ed è vero. ma lo fa - e lo fa in modo del tutto strumentale - slittando il senso sempre più lontano dalla sostanza delle cose, sempre più verso la forma vuota. ossia, la macchina dell'informazione e dello spettacolo si chiede insistentemente: "come deve riformarsi ancora la politica per ritrovare la fiducia della gente?" continuando cioè a tralasciare la domanda, l'unica sensata, da porsi: "quando e come la politica riprenderà il proprio ruolo, ossia di immaginare e raccogliere, progettare e realizzare un dato modello di società (e non un dato modello di se stessa)?" ora, con la prima domanda stiamo messi maluccio, perché la risposta a quella è stata già data dalla stessa macchina dell'informazione e dello spettacolo, ed è stata la nascita e il repentino successo del 5stelle - ossia del 'grado zero' della sensatezza civicopolitica. ma poiché questa risposta è ormai inservibile - il flop del 5stelle è conclamato ovunque - e poiché meno del grado zero non c'è più niente, strada chiusa. da quella parte. rispondere alla seconda domanda, invece, apre un mondo. ed aprirebbe l'unico mondo coerente con la democrazia, con la legalità costituzionale, col progresso della civiltà, con la giustizia sociale e ambientale. la macchina dell'informazione e dello spettacolo non lo fa, vi distrae invece con tutta la sua potenza di fuoco - dalla prima testata on line, al talkshow ammiraglio, ai fogli d'area e non, all'ultimo blogger finto-antagonista. e delle forze politiche, la destra e il centro non lo fanno - non ne hanno alcun interesse, come potrebbero fare affari (legali e più spesso illegali) in un quadro di solido rispetto democratico? -, la sinistra moderata non lo fa, non ne è più intellettualmente capace, del 5stelle ho già detto, figurarsi, e anche i tanti gruppi di cittadine e cittadini accalorati pure loro dal problema tutto formale di quale possa essere la modalità di partecipazione della gente alla politica (manco fossero tutti cattedratici con sartori e pasquino), non possono rispondere e non lo faranno. ma la sinistra vera sì. la sinistra vera - politica, sindacale, sociale, culturale - può e vuole rispondere a questo. chi ha cosa, che cosa ne fa, cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se è là che va il mondo, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o solo atomi parlanti. è perciò che l'ho votata, perciò ne faccio parte, perciò voglio dare tutto quel che posso affinché questa pianta antica e ritrovata, e rinnovata, cresca. e cresca. e cresca. e perciò, anche se il nostro risultato a roma è appena sensibile - ma altrove lo è molto - non mi farò fregare dalla macchina dell'informazione e dello spettacolo e dai suoi mandanti politici ed economco-finanziari. e cioè: portiamo compagne e compagni nei consigli comunali? evviva! ma molti sono gli elettori astenuti? peggio per chi non ha avuto il loro voto. il lavoro da fare è immenso. e cominciamo a farlo con chi sta già dalla parte giusta. pillole di analisi dei numeri. alemanno ha governato tanto male che appena 15 romani su 100 l'hanno votato, nonostante il centrodestra a roma sia socialmente molto radicato. speriamo che questa percezione esatta basti a non ribaltare il voto al ballottaggio. certo, ora si muoverà il peggio che c'è... il centrosinistra vince dappertutto, nonostante il matrimonio orrido con berlusconi al governo. lo leggo come un sintomo di rassegnazione, su cui il pd fa molto affidamento. ma durerà? mi sembra miope parecchio. come l'equilibrismo delle 'fronde' interne e di sel. bah. la gggente vota la gggente solo una volta, per vedere l'effetto che fa. poi torna a votare chi gli serve (scegliendo male, ma questa è un'altra storia). il 5stelle è inservibile, sgonfiato. e ora ci manteniamo una rappresentanza parlamentare che non ha più il corrispettivo di rappresentati nel paese. che sciocchezza. il moderatismo 'da bene' - stile monti su scala nazionale, marchini romana - non supera mai il 10%. un po' poco per investirci come nuovo polo d'attrazione di una destra moderna e rispettabile. e se l'italia non ne avesse proprio intrinsecamente bisogno? i fascistelli romani tanto presenti nell'immaginario collettivo - ma somma insieme casapound militiachristi forzanuova e fiammatricolore, e hanno preso 1.000 voti in meno della sola lista mia, sinistraperroma. aggiungi pure ladestra di storace, e tutti insieme prendono 3000 voti in meno di sandro medici da solo. ridicoli. e la sinistra? noi? la sinistra - lo credo convintamente, tanto più dopo questa esperienza 'da dentro', e perciò lo ripeto ancora e sempre - la sinistra deve semplicemente dire cosa propone, cosa vuole, cosa è in grado di realizzare, riguardo alla vita delle persone. tutto qua. e se non ho proprio le allucinazioni - ma da 40 anni, non da oggi - ciò che la sinistra vuole e propone e progetta e si candida a realizzare quanto alla vita della gente, sol che riesca a dirlo senza tanti giri di parole, è proprio quello che la gente desidera per sé. perché solo la sinistra, per definizione - se è sinistra, se non scimmiotta un'altra cosa qualsiasi -, pensa e dice e agisce riguardo a chi ha cosa, a che cosa ne fa, a cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se è là che va il mondo, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o solo atomi parlanti. diciamolo chiaramente, compagne e compagni, e non può che andar meglio. presto, però! grazie a chi desidera, e mette in quel desiderare mente e voce e tempo e gambe per andare in direzione, ovviamente, ostinata e contraria. ce n'èst qu'un début! ce lo siamo detto anche stasera, tra compagne e compagni. e io così lo ridico a chi mi legge qui. grazie a chi sa desiderare. solo questo. ma senza questo non c'è niente. ventisette maggio duemilatredici PACCO PERFETTO
ma davvero pensate che togliendo il finanziamento pubblico ai partiti, o rimborso elettorale che sia, i membri della classe dirigente e il ceto politico in particolare non abbiano infiniti altri modi per drenare la (poca) ricchezza del paese e della gente e intascarsela, per tosare a sangue la (fragile) economia dei sessanta milioni che siamo per farsene potere materiale per loro e famiglia e cortigiani? amici, vi hanno fatto il pacco perfetto. tutto quello che otterrete sarà che una volta privatizzata (anche) la contribuzione alle spese della politica - privatizzata la stessa democrazia, diciamo così - non avrete neanche più la soddisfazione di pretendere onestà e competenza da parte dell'élite, neanche più il gusto di maledire il fatto che quelli s'ingrassano coi vostri soldi. perché formalmente, ma solo formalmente (d'altronde è del 'formale' che vi hanno convinto ad occuparvi, e basta), quei soldi sono di chi vuole regararli ai partiti, e i partiti risponderanno solo ai loro sponsor - cioè ad altri poteri forti come loro, e cane non mangia cane. voi, meno ancora di adesso, conterete zero. vi toglieranno l'imu, forse, e pagherete di più con l'iva. mi chiuderanno equitalia, forse, ma poi apriranno un'altra cosa. vi cacceranno gli stranieri da sotto casa, forse, e la criminalità italianissima continuerà col pizzo. un condono e un grattaevinci nuovo, e il gioco dell'oca va avanti. con una nuova legge elettorale? forse, perché no? un'altra alchimia di premi e scorpori e doppie e triple... purché non si torni mai più all'unica lettura corretta della volontà popolare in democrazia rappresentativa: un cazzo di semplice sistema proporzionale. e comunque, nessuno - mai - che dica qualcosa su quello che conta. chi ha cosa, che cosa ne fa, cosa produce, perché, verso quale orizzonte, se ci piace, se non ci piace, se ci serve davvero, se è legale o se è criminale, se porta lavoro o solo rendita, se crea dignità oppure alienazione, se è compatibile con la vita, la salute, l'ambiente, se è là che va il mondo, se porta guerra o porta pace, se siamo felici, se siamo umani, se siamo una società o solo atomi parlanti. ve ne frega? che sublime strategia di dissennamento indotto su tutto un popolo. ci studieranno sui libri all'università. consolatevi così, se potete. però no, non è vero che non c'è nessuno che parla di ciò che conta davvero, e della lotta che riguarda tutti - lo sappiano o meno. e non è vero che non frega a nessuno sapere, capire, agire. qualcuno c'è. e cresciamo. cerchiamoci, organizziamoci, battiamoci insieme. ventisei maggio duemilatredici RIGUARDA TUTTI
piccolo elemento aggiuntivo di ragionamento sul voto di roma. si vota anche altrove, lo sapete, per esempio a brescia, pisa, ancona... e in questi altri comuni, grazie all'iniziativa costante e radicata di compagne e compagni, lavorator*, cittadin*, intellettuali, gruppi sociali e pratiche di territorio, la voce della sinistrasinistra si sente anche più chiara e forte che qui a roma, dove gli interessi enormi dei poteri e delle lobby - e delle curie - e un'eredità ideologica un po' troppo conformista, ci rendono il compito molto più difficile. tuttavia, da brescia e pisa e ancona e dappertutto proprio a roma guardano. e se qui la sinistra - quella vera, la 'nostra' - riuscirà a coronare con un bel risultato il grande lavoro svolto di elaborazione e partecipazione, allora tutto il movimento che mette in discussione il pensiero unico dominante (il neoliberismo in agonia, e pertanto corruttore e incattivito più di prima) e che accetta la competizione democratica come ulteriore strumento di autogoverno ('scontato', direte voi. magari! mica per tutti è così chiaro) - ebbene , prenderà il volo con la massima consapevolezza della propria forza politica. esistono già belle interconnessioni tra i soggetti politici, civici, sociali e sindacali che in ogni modo si riferiscono a quest'area alternativa - diciamo socialista o comunarda o comunista, o un mix di tutto -, legami che attraversano tutta italia e che sono la base concreta per la costruzione di una 'cosa rossa' forte, confederata, radicata, autocosciente e tutt'altro che improvvisata, popolare e il contrario che populista, molto razionale e zero velleitaria. ed esistono già contatti profondi tra le punte più avanzate e meglio organizzate di questa nostra grande 'famiglia' di ideali e pratiche, e le forze 'sorelle' negli altri paesi d'europa che lottano contro la crisi sistemica: syriza, front de gauche, izquierda unida, linke... tutto questo ci dice che potremmo essere alla vigilia (finalmente!) di un'unione solida tra tutti i pezzi dell'europa migliore, che si contrapponga a quell'unione blindata tra poteri forti che ora governa il continente non certo nell'interesse del suo popolo, del suo ambiente, del suo futuro. e che, lavorando bene, il primo appuntamento - e forse già decisivo - potrebbe essere il voto per il parlamento europeo tra un anno, al quale una sinistra europea confederale, di partiti e movimenti e territori e pratiche, arrivi con tutte le carte in regola per ricevere il più largo consenso democratico, nel balbettìo generale sull'uscita da questo modello morto prima che ci seppellisca tutte e tutti! succede - non vi suoni strano - se daremo un contributo importante noi qui, dall'italia. il che succede, ovviamente, se a queste elezioni amministrative le liste della sinistrasinistra faranno sentire la propria forza. e a roma, decisivamente, per la sua posizione del tutto particolare e per le responsabilità e le conseguenze del voto in questa città, a cui tutta italia e tutta europa stanno ora guardando. capito che robetta? domenica (o lunedì) con la matita in mano, pensiamo anche a questo! e ascoltate la gente, e parlate con tutt*. c'è ragione, c'è bisogno, c'è voglia! ventiquattro maggio duemilatredici SOLDI E CULTURA
vogliamo cambiare roma, rivoltarla come un pedalino. obiezione facile: ‘e i soldi per farlo?’ ma i soldi ci sono. no, più correttamente: i soldi si possono trovare. solo che devi fare delle scelte, come sempre. 'amministrazione' E' fare delle scelte. e 'politica' è aver cura che siano le scelte GIUSTE. (magari, pure che siano percepite come tali!) allora, dove si trovano i soldi per rivoltare roma? qui: meno spese non necessarie, niente clientelismi, guerra alla corruzione, economie di scala, imposte di scopo sui grandi patrimoni locali, pratiche di cooperazione, di autogestione, un fronte unito tra le città di sinistra che costringa il governo a scendere a patti sulla spending review, e un altro fronte tra le grandi città europee che faccia lo stesso - coi governi a fianco o senza - rispetto alla bce su fiscal compact e patto di stabilità. in più, sono già destinati dall’europa 3.000.000.000 di euro per la città di roma. e il governo sarà costretto dalle direttive ad aggiungerne altrettanti! sono bei soldini, da non dare a pioggia ma vincolati a progetti che mettono insieme saperi competenti e partecipazione dal basso. che - guarda un po' - sono proprio le caratteristiche del progetto e del metodo di medici e di tutta la squadra che ha elaborato il programma con lui! altri candidati, altri progetti, altri metodi, altre clientele - quegli euro benedetti gli farebbero fare la fine che vediamo a ogni livello di governo. la sinistra PUO' amministrare roma. ha le carte in regola e un orizzonte chiaro. ma dipende da VOI, dalla forza che ci date nell'urna. proviamo a votare 'per', una volta tanto! al primo turno VOTA PER. e se serve, al ballottaggio voteremo insieme 'contro': come dovere - e piacere - di antifascisti! al primo turno VOTA per la ROMA che VUOI, vota LA SINISTRA - QUESTO è un voto utile! in particolare, alle amiche e agli amici autor* e operator* a roma nel teatro, nella musica, nello spettacolo e nella cultura in generale, vorrei dire questo. che i problemi della cultura, dello spettacolo, della musica e del teatro a roma, sono vasti e complicati. e sarei un bel buciardo se dichiarassi che ho/abbiamo la soluzione in saccoccia, buona già per la mattina che si insedia il nuovo consiglio comunale (con qualcun* di noi dentro, speriamo!) che però sono/siamo convinti di brutto che la cultura debba essere l'asse principale del cambiamento in meglio di roma. cultura come risorsa che nutre l'umano e l'umanesimo, e cultura come opportunità di lavoro qualificato, pregiato, non-precario. a roma - lo sapete meglio di me - ci sono i teatri piccoli e quelli grandi, gli auditorium segnalati dal raccordo e i club nei sottoscala, gli spazi 'star' e gli spazi occupati, gli eventoni e le pratiche quotidiane autoprodotte: sono tutte realtà diversissime. e quindi la 'regola-modello' da applicare nel dettaglio non può che essere modulare. con quel presupposto generale lì, però: che senza teatro e cultura una comunità muore, e chi di teatro o di musica o di spettacolo o d'arte vive, è un* benemerit* della comunità - oltre che un* lavorator*. per esempio. gli spazi ora pubblici e in disuso (ex-caserme, ex-depositi...) che gli altri candidati sindaci e le altre coalizioni vogliono dismettere per fare cassa, noi vogliamo metterli a disposizione dell'intelligenza e della creatività, tipo le 'case matte' di lille o i centri multiculturali di berlino, ristrutturandoli insieme a voi (che ci capite più di noi). per esempio, stornandole dalle tasche clientelari, noi vogliamo dare risorse a sostegno economico delle compagnie, del* autor*, delle maestranze, del* organizzator*, dei progetti 'che valgono' - perché giustamente i 'costi della qualità' ci sono, e il vostro lavoro va pagato come merita, ma i prezzi al pubblico devono essere bassi (sennò anziché la comunità, ne gode come adesso solo chi può permettersene il lusso). per esempio: sinergie operose coi centri di studio avanzato - da cinecittà al centro sperimentale, dalle facoltà universitarie al conservatorio, alle accademie -; ri-pubblicizzazione delle aziende di produzione culturale (tipo zetema), che la piantino di fare eventi-mostro buoni per il red carpet mentre intorno ci si arrabatta pur essendo più brav*; e basta con l'assoluto predominio del centro storico a scapito delle periferie: potere e risorse ai municipi, ai territori, alle esperienze dei quartieri! insomma, cose così. concludo, e mi permetto di prevenire un paio di sviste nella lettura di quanto sopra. una è che noi siamo la sinistra. e che quello che c'è stato prima di questo quinquennium horribilis di destra al potere, era variamente il centrosinistra: che le sue innegabili colpe (del centro-sinistra) non ricadano su noi, che siamo un'altra roba! l'altra è che se i programmi elettorali si somigliano un po' tutti (a me pare il contrario, ma comunque...), allora cercate di far caso alle storie personali e politiche dei candidati, e soprattutto alle storie sociali e collettive di cittadini e cittadine che stanno intorno e dentro le rispettive proposte. e sarà pe' sbajo che tant* artist*, creativ*, intellettual* e compagne e compagni delle pratiche di autogestione, stanno co' sandro medici? e che se vedemo tutte e tutti per un festone domani sera al parco san sebastiano, liberato? no, non è per sbaglio manco per niente! VIVA A ROMA LA CULTURA DI QUELL* BRAV* A FARLA! il comune... anzi, LA comune di roma ve la farà fare al meglio! e ci metterà di tasca sua sopra. PS. il resto su http://www.sandromedici.it http://www.sinistraperoma.it http://www.romachartamundi.weebly.com PPS. cultura è una cosa, ed è un fatto che attiene alla vita. culturame è un'altra, e non è cultura nemmeno se vende e vende molto. può essere invece fanatismo, ed è un fatto che attiene alla morte. del tipo che noi siamo fermamente contrari a ogni forma di violenza politica - oltre che in generale - dell'uomo sull'uomo. ma se un uomo, da solo, un vecchio coglione francese omofobo neofascista impasticcato di fumisterie celtiche e razziste, autore - perdipiù di non misera diffusione - di testi sedicenti intellettuali di ultra-reazione, decide di tirarsi un bel colpo in bocca davanti all'altare di notre dame di parigi, per l'onta da lui subita con l'approvazione della legge che consente matrimoni gay e relative adozioni, be': non abbiamo niente da ridire. se non che ci dispiace per donne e uomini e bambini presenti alla brutta scena. ma il vantaggio di un tale stronzaccio in meno vale pure quel po' di spavento. ventidue maggio duemilatredici GONZI
fantasmagoriche. la fantasia sfrenata degli sceneggiatori del teatrino politico-mediatico. e la docilità del pubblico pagante nel farsi traghettare di scena in scena. ieri e oggi il plot prevede la non-sorpresa dell'applicazione dell'articolo 49 della costituzione. e il copione dice: "grillo s'incazza, il pd fa il furbetto, berlusconi riposa. microfoni aperti per i gonzi". l'altro ieri e prima, prevedeva la non-notizia dell'applicazione della legge del 1957 sull'eleggibilità. e il copione là dice: "berlusconi s'incazza, grillo canta vittoria, il pd riposa. telecamere a zonzo tra i gonzi". domani e dopodomani, vedremo la non-novità del perpetuarsi del porcellum nonostante tutto. e, dal copione: "il pd s'incazza, berlusconi ghigna, grillo riposa. prime pagine a disposizione dei gonzi". in platea ci si divide come tra spettatori di un giorno in procura. dietro le quinte lavorano alacremente sui prossimi effetti, perché nessuno s'azzardi a pensare ai problemi veri del paese. e, fuori, l'italia muore nel rumore sordo delle fabbriche strozzate e delle saracinesche chiuse. in quelli acuti dei colpi di pistola nella notte, della malavita che lavora e brinda, degli anfibi lucidi che escono dagli armadi. ventuno maggio duemilatredici PASSIONE c'è uno di destra che ha riempito roma con due ondate di manifesti. una un po' di tempo fa: "apertura comitato elettorale". e un'altra oggi: "evento di chiusura". in mezzo niente. deve essere uno che quando fa l'amore pensa solo a spegnere la luce prima e a fumarsi una cicca dopo. vota sinistra per roma! diamo valore a tutto quello che c'è nel mezzo. :D http://www.youtube.com/watch?v=lkOVxNPZdXo diciannove maggio duemilatredici LA FIOM E IL MEGLIO SU PIAZZA
maurizio landini, gino strada, stefano rodotà, erri de luca. ci metto sopra pure vendola, civati, barca, cofferati, ingroia e ferrero. e a tenere su la storia, le compagne e i compagni della fiom di tutta italia, più tutti quelli che della fiom non sono - ma compagne e compagni altroché - e le cittadine e i cittadini che hanno fatto il corteo e riempito l'aria di canti, e gli artisti, da fiorella mannoia a tutti gli altri, che come al solito sanno benissimo dov'è il bello e il buono, più l'unico candidato sindaco di roma che ha sposato la manifestazione di oggi, sandro medici. più il sole e più il centro di roma, aperto in due come una fava profumata da un fiume di gente che ci sta bene, in questo momento senza pace, come un pezzo di pecorino fresco. il meglio su piazza! eravamo tanti e tosti e comunisti. non tantissimi, meno di 100.000, ma bellissimi! bergoglio, da solo, fa 150.000 cristiani a piazza san pietro per la pentecoste. pensano di essere bellissimi pure loro? mi sa di sì. dobbiamo studiare ancora, inventarci qualcosa. azzardare. avere fede! oppure farci tutti preti e monache, e scalare il congresso. o come lo chiamano loro. http://www.youtube.com/watch?v=thjVe2upj8g diciotto maggio duemilatredici UN RAGIONEVOLE OTTIMISMO
ma, prima. nella mia città ci sono ormai più punti-scommesse che panettieri, e questo mi preoccupa molto di più che tutti i sondaggi messi insieme. noi di sinistra - se vogliamo che tanta gente esca dalla spirale autolesionista dell'incertezza, della false promesse e della povertà - dobbiamo proporre un orizzonte. qualcosa che non nasconda le difficoltà e i sacrifici dell'oggi, ma che spieghi con chiarezza alle menti e ai cuori dov'è che noi - a differenza degli altri - vogliamo andare a parare domani. era la nostra forza, un tempo. prima delle paillettes sugli schermi e dei bingo nelle strade. e in assenza di progetti di comunità, proliferano i più superficiali dei sogni massificati - e ci resta da vivere il quotidiano incubo individuale. non lasciamo l'esclusiva di qualcosa d'altro all'abitudine consolatoria della chiesa - che comunque, qualcosa riesce a dire. più di noi. un orizzonte, un traguardo - che diano senso alla fatica nelle gambe, al bruciore d'occhi del presente. un socialismo, un internazionalismo, un umanesimo. non è che manchino gli spunti. e comunque. è ben vero che la sinistra italiana (in senso lato che più lato non si può) sembra intrinsecamente e inguaribilmente spartita tra due 'osservanze' entrambe suicide: quella che passa le giornate a discutere e dividersi sul colore delle calze di marx, e quella che corre dietro alle poltrone di ogni livello di governo e sottogoverno. però è vero pure - e noi a roma ne abbiamo esperienza diretta - che c'è anche un'altra sinistra. come quella delle compagne e dei compagni che, da una parte, i 'classici', da marx a luxemburg al che a pasolini a zizek, li conoscono e li 'vivono', e forse per questo non si perdono appresso al punto di rosso dei rispettivi calzini - lusso da fancazzisti privilegiati, da accidiosi dell'autoghettizzazione. e, dall'altra, che le uniche poltrone a cui pensano sono quelle di ex teatri ed ex cinema ed ex magazzini ed ex palestre che rischiavano di diventare centri commerciali o casinò o ristoranti-di-serie o semplice monnezza, e che invece loro hanno occupato, liberato, riempito di intelligenza ed eticità e restituito alla cittadinanza! poltroncine, quelle, che le compagne e i compagni suddetti provvedono a tenere pulite e confortevoli perché cittadine e cittadini possano sedercisi per assistere alle produzioni di cultura e di arte e di approfondimento politico (su quei 'classici' e no) e di 'socialità popolare' che essi stessi concepiscono e curano e realizzano: parlo del teatro valle, del cinema palazzo, dell'angelo mai altrove, del cinema america, del centro sociale spartaco, della palestra popolare valerio verbano... e io, queste compagne e compagni, mi onoro di conoscerli e di stimarli e di imparare da loro un altro modo di essere sinistra! e 'sinistra per roma', 'repubblica romana', 'partito pirata' - la coalizione e il progetto per sandro medici sindaco, insomma - possono dire di avere il sostegno attivo di tante e tanti di loro. perciò, companeroas: daje! diciassette maggio duemilatredici A CASA MIA
c’è una specie di gioco di specchi e di risonanze tra questa nuova esperienza - la candidatura - e la mia vita: tra i miei primi anni e un certo modo di scoprire roma, e di stupirsene; poi, tra gli anni della mia formazione e della prima età adulta e quel simbolo, falce e martello gialli in campo rosso; infine, tra gli anni più recenti, questi dell’attivismo civico e delle iniziative dal basso, e la filosofia e la metodica del progetto di sandro medici e di tutte le compagne e i compagni, le cittadine e i cittadini che lo hanno elaborato e lo stanno vivendo insieme. per dire, io da ragazzino uscivo da casa – abitavamo al trionfale –, la domenica mattina, mentre mia madre spicciava e preparava il pranzo e mio padre si faceva la barba e giocava con mio fratello piccolo, uscivo e cominciavo a camminare. arrivavo fin dove potevo, in base al tempo di rientro, suddiviso meticolosamente in due parti: per tre quarti andavo avanti camminando, e per un quarto del tempo tornavo indietro con l’autobus. così magari in un’ora scoprivo borgo e campo marzio, in due ore trastevere o flaminio, in tre testaccio o salario o tutto il centro storico... e camminando, guardavo e ascoltavo, qualche volta annusavo, toccavo… i palazzi, le finestre, i portoni, le botteghe, la gente, le voci, gli sguardi, le mani, le azioni, i sughi a cuocere, i gatti e i cani a correre, i giardinetti, gli alberi, la luce, il cielo, i tetti, le chiese, le piazze, il rumore, i silenzi… roma era – ed è – un romanzo. era ed è una scrittura in continua evoluzione e trasformazione, non è vero che non cambia mai. l’ho conosciuta sempre meglio, la mia città, e sempre meglio ho conosciuto chi ci abita, studia, lavora, vive, transita – ho potuto farlo, intenzionalmente, per da studente, da lavoratore, da minimo intellettuale, da modesto operatore nella cultura e nello spettacolo, da semplice artigiano del dissenso, da blogger, da manifestante, da organizzatore un po' goffo. è così: roma cambia sempre, come un romanzo caotico e policentrico in cui la materia narrativa è di qualità assolutamente eccezionale. solo che – ecco il guaio – questa materia narrativa è affidata a uno o più scrittori di nessun talento. i suoi amministratori, e i poteri che li sostengono. e il ‘romanzo roma’ – chiamiamolo così – risulta pessimo. fuori di metafora, a roma non si vive bene. purtroppo. ci sono stati momenti, me li ricordo personalmente, in cui la penna con cui ‘scrivere roma’ fu data, dal popolo, a chi ne era capace. le prime amministrazioni della sinistra, i primi – e soli – sindaci comunisti, e la loro squadra e la loro gente. esprimevamo i petroselli, gli argan, i nicolini… e perfino qualcosa della prima esperienza di rutelli, io la salvo. ma tra quelli e questa, ci furono i signorello e i carraro, e da questa in poi, il secondo rutelli, quello del giubileo, e il fragile gigantismo veltroniano, e… oddio mio: alemanno. la sinistra mai più, gli interessi del popolo mai più curati. invece, tutto il potere al potere. alle lobby, alle cricche, ai predoni. e si vede. lo sentiamo sulla nostra pelle di cittadine e cittadini. sinistra – ecco la parola magica. la sinistra possibile, no… necessaria! e finalmente sinistra per roma, la nostra lista – senza nessuna timidezza, o sudditanza psicologica o tattica politicista – mette quella falce e martello sul proprio simbolo, che dice ‘sinistra’ ai quattro venti e a tutti e sette i colli! (e lo dice a me, ricordandomi di quando militante del pci degli anni’80, lo scrivevo su tutti i muri e in ogni canzone parlavo di lei… sto parafrasando qualcuno, mi sa.) ma non è nostalgia. è il grafico di una speranza e di una determinazione insieme. è il segno di una classe di contenuti, e di un ménu di metodiche. infatti – ecco la terza e ultima risonanza fra esperienza personale e candidatura – dalla fase più acuta e becera del berlusconismo, diciamo dal 2008 (che coincide, non sarà un caso, con la nascita del pd, con l’espulsione dal parlamento dei veri antagonisti, con l’insediamento al campidoglio del primo sindaco post-fascista, e con l’inizio della crisi economica del sistema globale a tirannia neoliberista, crisi tutt’altro che in fase di soluzione), ebbene da allora ho rcominciato a fare politica. con tre ingredienti principali: antiberlusconismo, antiliberismo e partecipazione dal basso, elaborazione a partire dalle esigenze di classe e di territorio – piuttosto che in applicazione di linee ideologiche. (anche se poi, io personalmente, mi accorgo che l’ideologia – meglio: un’idealità un po’ strutturata – ce la metto sempre. colpa delle letture, delle amicizie e perfino del sangue!) ma questo è propriamente il codice genetico del progetto politico di sandro medici, intorno al quale si sono raccolte le migliori esperienze intellettuali, le pratiche più avanzate di democrazia sostanziale, le sinergie tra cittadine e cittadini, lavoratrici e lavoratori, studenti, immigrati, operatori sul territorio, nella solidarietà, nei conflitti, e comitati, centri sociali, associazioni – tutti insieme in una sorta di assemblea permanente che mette in evidenza vertenze e lotte e criticità e ipotesi di soluzione a breve e a medio-lungo termine e che redige, col massimo e più libero contributo da parte di ciascuno, un programma di governo (di autogoverno, si può dire giustamente) per l’intera comunità cittadina. insomma, ecco perché qui con sandro e con sinistra per roma, e le altre liste a sostegno, io mi sento a casa mia! ci pensavo, e l'ho scritto. scusate la lunghezza. quindici maggio duemilatredici UN FILM UNA PAROLA LA MACCHINA LA MEDAGLIA
"gli abbiamo allestito un sistema in cui qualcuno può diventare ricco. qualcuno, non tutti. e loro sceglieranno sempre questo sistema: non possiamo perdere, perché tutti vogliono essere quel qualcuno." visto 'no: i giorni dell'arcobaleno', un film bellissimo. imperdibile. come contenuto, come forma, come carica emotiva, nel picco d'indignazione e in quello di speranza, come risonanza leggibile con le tensioni della democrazia in cui viviamo. bellissimo. dice tra l'altro perché è così difficile che la gente semplice rinunci alla carneficina del capitalismo. lo spiega magistralmente in una battuta il virgolettato qui sopra. e dice che il fascismo - ossia il braccio armato del liberismo sfrenato, ossia la fase terminale del capitalismo che fu sperimentata per la prima volta nel cile di pinochet, su espresso ordine della cia per conto delle multinazionali, e poi (ma senza forzare il quadro democratico formale) nell'inghilterra della thatcher, negli stati uniti di reagan, e poi in tutta europa e in tutto l'occidente fino alla grande crisi in corso - dice che il fascismo teme più di ogni altra cosa l'intelligenza, la creatività, l'intuito, e la costanza e il coraggio nel mettere a sistema i loro frutti, e la presa popolare che questi frutti possono ottenere se manifestati abbastanza a lungo e sotto la luce del magistero morale di qualcuno o qualche classe sociale la cui onestà possa essere indiscussa. e infine questo bellissimo film dice un'altra cosa. dice 'comunista', molte volte. e lo mette in bocca ai peggiori personaggi della storia, che lo usano come offesa e come scherno mentre percuotono e umiliano i migliori o gli indifesi. lo dice tante volte che io - io socialdemocratico, io democratico, io socialista, io umanista, io monista evoluzionista - non posso che scriverlo adesso a compensazione e con orgoglio. io sono comunista. il mercato delle case precipita ai livelli di 28 anni fa, la produzione industriale crolla del 5.2%, un uomo indebitato si dà fuoco con moglie e figlia: solito bollettino di guerra, con tendenza al peggio inarrestabile. bellezze, si sta fermando. ma non la crisi. al contrario, si sta fermando proprio l'immensa e rugginosa macchina. quando non farà più un metro, dovremo scendere tutte e tutti. e metteremo i piedi dove non siamo abituati. ora, visti i risultati egregi alle ultime elezioni e i sondaggi ancor più egregi che in grande maggioranza accreditate alle forze politiche che, nell'ordine: 1. o hanno consumato la macchina fino a questo punto, per puro interesse personale e di classe, 2. o pretenderebbero di rimetterla in moto con stessi metodi e carburante a causa dei quali stiamo appunto arrivando col culo per terra, 3 o brancolano letteralmente nel buio dei più elementari principi di meccanica e di guida, e stanno là solo per dare una pulita ai vetri pensando che ciò basti - ebbene, io a questo punto comincio a pensare che voi abbiate proprio bisogno di quel che si prepara: di scendere dalla macchina, volenti o nolenti. di vederla per com'è - una carcassa sfiatata coi semiassi rotti, il motore fuso, la scocca bucata dal tempo, i sedili sfondati e un alone di puzza d'olio bruciato tutto intorno. e là, dipende: vi verrà sconforto e vi dispererete, e fate caso che c'è già un buon parroco eletto all'alto scopo di consolar le masse, oppure sarete indemoniati di rabbia e di paura e vi farete guerra gli uni gli altri, e anche in risposta a questo è pronta la catena della sospensione delle libertà civili consuete, o infine - oh, così fosse! - capirete che la macchina è morta lì ma voi vivi e tra voi qualcuno che un'idea di tutt'altro meccanismo già se l'è fatta. un meccanismo che dice noi e non io, che dice insieme e non contro, che dice potenza e non potere, che dice essere e non avere. bellezze, se questa lunga permanenza nella macchina - e nella macchina che sfiata ormai morte, a contaminare anime e cervelli - non vi ha del tutto inibito il senso e la ragione, quando sarete culo a terra allontanatevi da chi prega e da chi impreca. ma cercate la voce di questi novissimi ingegneri, andate a loro e offrite il braccio, lo sguardo, l'impegno, la speranza. a conti fatti, sono 1127 gli umani ammazzati il 24 aprile a dhaka sotto le macerie del palazzone venuto giù, il rana plaza. ma che per noi abbia un nome, quel grattacielo di sfruttamento e morte, è un lusso che il bangladesh non può permettersi. non può permettersi la diretta televisiva mondiale del crollo. non può permettersi la recita dei nomi di tutte e tutti i lavoratori uccisi, come per i 2752 morti alle twin towers dell'11 settembre. eppure, come quelli li uccise il terrore (e il distinguo tra terrorismo e terrore è quello tra sicari e mandanti), così questi poveracci li ha ammazzati il sistema. il quale determina le condizioni oggettive indiscutibili per cui un mostro di cemento sia costruito al massimo risparmio e dentro vi si stipi il massimo numero di sfruttati nelle peggiori condizioni di lavoro - e il resto lo fa il tempo: la firma all'assassinio di massa ce la mette lui. questi 1127 morti non scateneranno nessuna guerra, non cambieranno nessuna faccia al mondo - sono solo la conferma della guerra in corso, quella di classe globale, e della solita faccia della storia. ma la medaglia può girare. quella di dhaka è la seconda peggiore strage 'industriale' di sempre, dopo quella di bhopal. 2.12.84. se costruisci un’industria immensa che produce pesticidi attaccata a una città, ma te ne freghi degli impianti di sicurezza, allora per la tragedia non c’è che da attendere. e quella notte lì, nell’84, tonnellate di gas, un’enorme nube tossica è uscita dai serbatoi e ha schiacciato bhopal e dintorni. 6000 morti subito, e altri 10000 negli anni a seguire, per i danni gravissimi. chi non è morto ma è rimasto invalido a vita… be’, questi fanno altri 60000. e con quelli che comunque soffrono ancora di qualche disturbo respiratorio o muscolare o intestinale o della fertilità, arriviamo a mezzo milione di esseri umani. uomini, donne, vecchi e bambini che per la union carbide, gli americani che costruirono la fabbrica, e per il docile governo locale rientravano evidentemente tra i rischi d’impresa. aspetta! cure specifiche per i sopravvissuti è stato durissimo trovarne, perché la union carbide ha nascosto tutte le informazioni mediche che aveva, in vista dei processi. ha risarcito le famiglie delle vittime con la miseria di trecento dollari a morto, pagando l'equivalente di circa quaranta cent per ogni sua azione sul mercato, e poi wall street l’ha misteriosamente premiata con un guadagno di due dollari secchi ad azione. e per finire, ha smantellato sì gli impianti di bhopal, rifiutandosi però di decontaminare l’acqua e il terreno da tutta quella merda chimica. cazzi degli indiani, dei loro animali smagriti e delle loro anemiche coltivazioni. questo, è il sistema. il modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati. questa è matrix. ma la medaglia può girare. quindici maggio duemilatredici "IL... NO: LA COMUNE DI ROMA" - TENTATIVO DI DESCRIZIONE DI UN PASSAPAROLA
E' che ho quest'idea da un po' in testa. E l'occasione della candidatura è di quelle da 'se non ora quando', ecco. "Il... no: LA Comune di Roma" è il mio slogan, cucito su misura – un po’ provocatorio, non poco ambizioso, ma che un orizzonte politico lo traccia sul serio. La Comune di Roma, appunto, è lo spazio – e la collettività che ci vive – nel quale godano di piena ed effettiva cittadinanza tutti i grandi principi della nostra meravigliosa Costituzione. La Comune di Roma è una città giusta, dove non è la ricchezza la misura del progresso e del benessere, dove le strutture pubbliche e le entità private nelle quali le donne e gli uomini lavorano quotidianamente si danno un’etica che non è quella del mero profitto, né della competizione alienante. Una città che tutela i beni comuni, anzi li incrementa con atti condivisi e vincolanti, che eroga in trasparenza ed efficienza i servizi pubblici, che prende in carico complessivamente le persone in un’ottica di welfare globale, di pari diritti, di opportunità concrete, di buon vivere; dove il diritto all’istruzione e alla formazione continua, quello alla mobilità e all’accessibilità, la solidarietà e l’accoglienza, la sostenibilità energetica, la manutenzione, il riuso e il riciclo come abitudini premianti, non restano sulla carta ma diventano amministrazione efficace, e monitorata dai cittadini. Una città che si sviluppa come un organismo rispettoso dei cicli degli umani, del respiro della terra, dell’intelligenza naturale del cibo, dell’aria e dell’acqua. Possibile? Possibile sì, anzi: necessario! Gli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione – in particolare – dicono che l'iniziativa economica privata è libera, ma che non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina però anche i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. Che può essere espropriata per motivi d'interesse generale, salvo indennizzo, e che a fini di utilità generale la legge può riservare o trasferire ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia ed abbiano carattere – di nuovo – di preminente interesse generale. Allora La Comune di Roma è quella forma di governo (meglio: di autogoverno) cittadino che dà seguito a questi principi di umanesimo socialista puro e semplice, favorendo anzitutto un consenso popolare nei confronti di questa trasformazione culturale – dal dogma del privato all’orizzonte del pubblico, del sociale, del comune – nel varco aperto dalla crisi epocale del modello socioeconomico neoliberista nell’opinione della gente (con una g). Infatti, quel modello a lungo dominante sta franando rovinosamente. La 'festa' – semmai sia stata tale – è finita, la sala brucia, e le uscite di sicurezza sono due sole: una verso l'autoritarismo, l'altra verso la socialdemocrazia. E se vogliamo partecipare allo sforzo immane di orientare la bolgia che scappa scompostamente dalla rovina, se vogliamo pensare a qualcosa di più solidale che salvarci la pelle, individualmente e basta, allora questo è il momento di provarci. Molti decenni fa, dal suo punto d’osservazione in questa stessa città, Pasolini ci ammoniva perlopiù inascoltato riguardo alla mutazione antropologica in corso, forzata dal consumismo disanimato. Ora, è possibile che, per l’essiccarsi delle sorgenti materiali e finanziarie di quello sviluppo senza progresso, una contro-mutazione sia alle soglie o già all’opera, e che di nuovo sia la nostra metropoli, dal grande centro alle sterminate periferie, il bacino di sperimentazione e di avanguardia di un tale movimento storico – non più di alienazione, ma stavolta di riconversione. C’è un modo per scoprirlo – e addirittura lo stesso per favorirlo, per aiutare il movimento a venire alla luce, se c’è: entrarci dentro – con la nostra visione, la nostra onestà e la nostra forza. Vogliamo mettercele insieme? http://www.youtube.com/watch?v=7rg_EUmanj0 quattordici maggio duemilatredici IL RAGGIO D'AZIONE
il discorso è (ancora e) sempre quello: far ripartire una 'cosa' di sinistra, popolare e non gruppettara. ed è di un'urgenza clamorosa, perché ci troviamo tra due abissi e davanti a un demone. il demone è il groviglio autocombustibile "crisi del neoliberismo - ricette semiliberiste - crisi della democrazia", rappresentato politicamente dal governo in carica e dai poteri italiani e transnazionali che l'hanno fortemente voluto (accettando perfino di accarrozzarsi ancora l'antistato puro, ossia berlusconi&cricca). e i due abissi sono, rispettivamente: il pd alle prese con la decisione più difficile, ossia in che modo suicidarsi come soggetto politico (in che modo, giacché la decisione di suicidarsi l'ha già presa e manifestata, anche con la non-scelta di epifani "traghettatore" - e i barca e i civati prima si "spostano" meglio sarà); la "galassia grillo", che sta svelando contemporaneamente il proprio corredo genetico reazionario e il pressappochismo dei suoi rappresentanti e la propria incoerenza rispetto ai suoi stessi metodi tanto sbandierati. ma la direzione verso cui far partire la "cosa" benedetta, quale può essere? quella di vendola, rappresentata ancora oggi a roma? quella di far da solo? agli stati generali della sinistra - se di questo doveva trattarsi - non si poteva vedere anche qualcun altro, oltre vendola stesso e "star" (ma non "storie sociali") come rodotà, lerner e de gregorio? quella di chiedere l'adesione di sel - così è stato fatto - al partito socialista europeo? al pse di cui fanno parte partiti di governo, come il pasok in grecia e il ps in francia, e di opposizione, come l'spd in germania, il psoe in spagna e il new labour in inghilterra, ma di cui non fanno parte le forze davvero antagoniste, popolari e non gruppettare, come il front de gauche, la linke, izquierda unida e syriza? mi sa proprio di no. semmai, è la sinistra europea, quella antiliberista, quella che vuole l'europa dei popoli e non dei poteri, l'europa della giustizia sociale, della democrazia sostanziale, del progresso civile, del benessere sostenibile - è quella sinistra lì a cui bisogna guardare, a cui chiedere l'adesione, con cui costruire visione e strategia comuni! o no? perché tra un anno si vota in europa. nell'europa sotto il più grave e duraturo attacco al suo modello sociale, unico al mondo e frutto di decenni di conquiste politiche, economiche, sociali, sindacali e culturali. il modello di cui il capitalismo vuole sbarazzarsi, costi pure perdere la democrazia formale (ancora) vigente. e quella sarà la trincea di ogni possibile sinistra vera, qui in italia come dappertutto. e la sinistra (popolare e non gruppettara) italiana o si formerà come si deve nel farsi di quel percorso, che porta fino al voto di maggio 2014, o semplicemente non sarà: non sarà popolare, sarà gruppettara, non sarà sinistra - sarà l'ennesima "un'altra cosa ancora". che non ci serve. ci serve invece, come il pane proverbiale, costituire presto e bene un'offerta politica che raccolga il più vasto consenso su risposte di sinistra agli immensi problemi che stanno ancora (e sempre) tutti davanti a noi. in italia c'è la minaccia alla legalità costituzionale costituita da berlusconi e dal suo appeal, quella alla democrazia rappresentativa costituita da grillo e dal suo seguito, e soprattutto quella alla giustizia sociale costituita dal permanere delle indicazioni neoliberiste da parte dei poteri economico-finanziari sui decisori politici. e in europa ci sono decine di milioni di disoccupati, e ancor più precari, che si rischia di mettere in bocca alla propaganda neofascista come succede in tempi di crisi profonda - specie quando la proposta alternativa, socialdemocratica, balbetta. i diritti civili sono importanti, certo: evviva lo ius soli! ma non sento ancora nessuno (nella maggioranza di governo) che dichiari di voler abolire la bossi-fini, la criminalizzazione dei migranti, e di voler concepire l'europa non come fortezza ma come esperimento - unico al mondo - di democrazia sostanziale e di benessere sostenibile, di umanesimo socialista puro e semplice. dal 22 al 25 maggio 2014 si vota per il rinnovo del parlamento europeo. l'ho già detto, ma lo ripeto perché è importante: si deve, si deve, si deve arrivare a quell'appuntamento con una formazione, già solida, di sinistra pura e semplice, forte nella teoria e radicata nella pratica. un'offerta che nasca in italia, ma che sia profondamente collegata con le altre forze politiche, sociali, civiche, sindacali e culturali che in tutta europa vogliono e sanno lottare per gli stessi obiettivi. manca un anno, sembra tanto ma non lo è. non sciupiamo un giorno, ok? undici maggio duemilatredici VOTO UTILE, A ROMA
due conti della serva, ma servono pure questi. ieri ballarò dà i seguenti numeri al sondaggio per il sindaco di roma. marino 36 alemanno 33 de vito 17 marchini 10 altri (medici e altri, meglio) 4 area non-voto/indecisi: 40 sbigottimento a parte, sia per il 33 di alemanno (gente romana mia, dove hai vissuto questi cinque anni? possibile che ci siano così tanti parenti di alemanno in città?) sia per il 17 di de vito (che obiettivamente, avergli fatto vincere le campidogliarie mi sembra perfino una cattiveria - tanto è imbarazzante quando si espone), e sottolineata la (ancora) vasta area del non-voto/indecisi che si restringerà naturalmente e interverrà quindi sull'ordine finale dei candidati, tuttavia mi pare di poter osservare due fatti abbastanza certi: 1. nessuno sarà eletto sindaco al primo turno 2. marino sarà tra i due contendenti al ballottaggio del 9 giugno se è così, il voto del 26 (e 27) maggio può essere davvero assegnato PER qualcosa o qualcuno e non CONTRO qualcuno o la paura di qualcosa. ossia al primo turno si potrà (e dovrà) votare in base alla credibilità delle proposte politiche e programmatiche, delle persone che incarnano le une e le altre, delle storie sociali che quelle persone attraversano e quelle proposte riassumono. al primo turno si voterà per QUESTO! solo al secondo, si sceglierà il sindaco di roma. in base ai PER e ovviamente anche in base ai CONTRO, opportuni e necessari. io per primo mi regolerò così. spero anche tutte e tutti voi! otto maggio duemilatredici INVECE VOI
detto (quasi) tra me e me. ma quello che sta capitando da quando ho fatto sapere della mia candidatura di servizio, è una piccola grande cosa. è che ci sono persone - qualcuna, poche, abbastanza o imprevedibilmente tante, vedremo - che mi stanno [ci stanno: vale c'è sempre] dicendo che ho la loro stima, fiducia, considerazione, affetto, condivisione politica, programmatica, curiosità (una di queste cose, o un mix tra esse, o tutte insieme), e che mi voteranno, pur sapendo - io e loro - che non c'è alcun motivo d'interesse materiale da parte loro perché lo dicano: io non gestirò alcun potere che possa produrre effetti di vantaggio personale su nessuno di quelli che dichiarano quanto sopra - se non sarò eletto, ovviamente, e pure se dovessi straordinariamente poi esserlo: è troppo nota, fin quasi macchiettistica, o almeno desumibilissima, la mia congenita incapacità nel gioco usuale allo scambio di favori e privilegi individuali. motivo per cui all'età mia sono come sono - senz'altre denotazioni, che sarebbe lunga. e la piccola grande cosa è appunto questa, che il qualcuno o i pochi o gli abbastanza o gli imprevedibilmente tanti mi [ci] stanno dando tanto gratuitamente i propri segni di sostegno e di augurio sincero, nonostante questo mio handicap - e anzi, forse proprio per questo. ma ciò è il perfetto controesempio fattuale rispetto alla vulgata corrente: che la politica a tutti i livelli sia mero scambio egoistico, che sporchi d'interesse indebito ogni valore, che nessuno faccia niente per niente, che tutto e tutti abbiano un prezzo triviale. no. falso. è che c'è invece questo punto di vista, quest'angolazione speciale in cui senza merito particolare mi vengo a trovare, che ad oggi mi dimostra il contrario. e che mi dice che ho fatto bene - che faccio bene - ma non da oggi, ad accettare questo minimo ruolo specifico, bensì da sempre, a credere ancora in qualcosa. e perfino in qualcuno. a sostenere la tesi, in effetti minoritaria - perché imposta come tale da chi dà le carte - (a sostenerla e a viverla, insieme alla mia compagna così forte), che a bilanciamento di tanto peggio che stancamente, pavlovianamente, ci tiriamo in faccia gli uni con gli altri, c'è tanto meglio dentro ciascuno che non aspetta che di uscir fuori e dire 'anche io!', e con tutta l'intensità del volere, senza nessuna coazione a ripetere. come una capriola a caso, felice, su un prato. [come nina, per capirci.] grazie a voi, per questa luce di primavera. grazie, davvero! sette maggio duemilatredici ANDREOTTI
"bon. la democrazia cristiana è risorta, ha una maggioranza sterminata in parlamento e governa. ha pure una larga maggioranza nel paese, e chi non ha votato dc ha votato l'inutilità del 5stelle. l'antimafia è fuori moda, l'antifascismo è una parolaccia e la massoneria se la so' scordata. ormai la gente è in gran parte convinta che questo, che l'ammazza, sia l'unico mondo possibile. i sogni del cambiamento radicale li abbiamo trasformati nell'incubo dell'accettazione impotente - ce n'è voluta, di televisone prima e di rete poi. e in un ridicolo ghetto restano i pochi resistenti alle armi della corruzione, della distrazione e dell'intimidazione. al limite sfasceranno qualche altra vetrina, motivo di più per pestare loro e conformare tutti gli altri. l'ordine piccoloborghese regna di nuovo all'ombra del cupolone e su tutto lo stivale - soprattutto nelle capocce debolucce di tutta 'sta gente. e ho un botto di eredi - non bravi quanto me, però tanti. direi che missione è compiuta. oggi posso pure mori'. G." ci vuole una tale fiducia nella democrazia come massima diffusione del sapere necessario alla collettività per decidere di se stessa, una tale speranza nel progresso della civilizzazione umana ad opera dell'umano medesimo, una tale convinzione aprioristica - quasi irrazionale - nel senso di giustizia che alla lunga faccia breccia nell'animo e nei comportamenti di singoli e masse, che il contrario è la regola quasi senza eccezioni: soprattutto in chi ha modo e attitudine di attraversare l'umano per ciò che esso è - in chi comprende la realtà fattuale e agisce su essa. essi - la stragrande maggioranza degli uomini di potere - sono privi di quella convinzione, di quella speranza, di quella fiducia. sono gli umani più disanimati. solo un grammo, peraltro, meno disanimati sono la maggioranza degli uomini comuni: senza spiritualità, solo con tanta superstizione. andreotti - senza fiducia, senza speranza, senza convinzione - si è comportato coerentemente con tali presupposti: il senso di giustizia è un'eccezione nell'uomo, inutile investirci; il progresso umano è una chimera, meglio scommettere sulla stasi e sull'equilibrismo; la democrazia se davvero applicata su questa materia umana porterebbe al caos, è necessario che il popolo non sappia mai nulla. ed essendo una mente assai brillante, e una volontà ambiziosissima, ha portato al massimo grado gli effetti di tale impostazione. in intensità e in estensione nel tempo. l'antidoto a questo rigor mortis dell'anima, a questo primato incontrastato del nichilismo dei due versi del potere (di chi domina e di chi è dominato) - è la fede. ma ce l'hanno in pochissimi. per questo andreotti è piaciuto a tantissimi - anche ai suoi detrattori, anche a chi lo subiva duramente. a me no, mai. mi ha sempre messo tanta tristezza. solo un grammo meno di quanta me ne mettono, a pensarci, berlusconi e mussolini. eppure sono questi tre esemplari che hanno mosso gli italiani a decine di milioni lungo quasi un secolo. quando dico che questo è un triste paese, con una storia triste, non scherzo. la fama del popolo italiano come gente allegra è del tutto usurpata. l'allegria del cuore e della mente è proprio un'altra cosa. e poveri gli umani col dono dello spirito che nascono qui per caso - non avessero quell'allegria vera, quella fiducia, quella speranza, quella convinzione, quella fede illogica, la vita qui sarebbe un inferno. da oggi a mezzogiorno c'è un freddo cinico in meno. forza calore, forza creazione, forza dissenso, forza la lotta, forza il progresso, forza la giustizia, forza la democrazia! due piccole irriverenze per finire. tump tump tump... - senti? stanno inchiodando la cassa. - no. paletto di frassino nel cuore. meglio essere sicuri. il coperchio poi. ...uu-u-uuh... uuu-uuh... licioooo... liiiciooooo... vieniii, liciooo... ho la lama della falce bella caldaaaa, licioooo... vieeeniiii, anche tuuuu... uuu-uu-uh... preparatiiii... uuuu-u-uh... licioooo... PS: oh, grazie. magari però, se per il prossimo intervento vuoi darti un po' più una mossa... silvio avrà 94 anni nel 2030. vedi un po' tu, eh? sei maggio duemilatredici RICORSI, SOCCORSI E DECORSI
è tornata la dc in parlamento e al governo, sta tornando carosello sul primo canale, poi mancano solo la staffetta mazzola-rivera in nazionale e i trent'anni di mia madre. no, manca pure - e non tornerà - il pci. praticamente l'ultimo quarantennio di storia patria è stato un lunghissimo giro dell'oca per spostare tutti i pezzi del gioco e poi rimetterli al loro posto, al fine di farne fuori uno solo: la sinistra politica organizzata. e non solo in italia, ma in tutto l'occidente. gli anni 60, libertari e socialisti, misero tanta paura a chi 'di potere' che questa idea e questa pratica della sinistra politica organizzata furono inquadrate nel mirino implacabile della più complessa strategia di egemonia culturale dai tempi del nazionalismo viscerale, ingrediente indispensabile alla stagione dell'imperialismo e della grande guerra. è riuscita. chapeau a chi 'di potere'. un po' meno a chi non apparterrebbe oggettivamente alla classe dominante, ma a quella 'presta servizio' a libro paga in un compito qualsiasi della strategia: politico, tecnico, dell'informazione, della cultura. il 'tradimento dei chierici' che sempre ritorna. e nessuno chapeau, ma proprio nessuno - anzi, una commiserazione da perfetti idioti - ai milioni, decine di milioni, che la strategia e il gioco dell'oca l'hanno subiti, introiettati, alimentati, riflessi, resi storia. pur avendo, ovviamente, tutto l'interesse contrario per appartenenza reale alle classi subalterne. pur avendo invece bisogno come il pane di una sinistra politica organizzata, e pensarla e di farne parte e di formarcisi gli anticorpi al potere e magari una propria individuale prospettiva di crescita. ecco, ora godetevi carosello. chi dice che i capi non servono, che nell'azione politica siamo tutti uguali, mi spieghi perché nel 1971 lennon arriva a newyork e i maggiori attivisti contro la guerra in vietnam gli chiedono in ginocchio - a lui e yoko - di unirsi a loro, e perché dopo che lui - con yoko - ha accettato naturalissimamente, il movimento decolla sul serio, e perché le manifestazioni si moltiplicano, e perché milioni di freschi maggiorenni chiedono l'iscrizione alle liste elettorali per votare contro nixon (e kissinger), e perché nixon e hoover si danno tanto da fare per cacciare john e yoko dagli usa metre tutti gli altri attivisti possono pure restare a fare casino. ma davvero credete che nell'azione politica siamo tutti uguali, quanto a forza ed efficacia? davvero siete così orizzontali/asfaltati? davvero vi siete fatti fregare a tal punto da rifiutare per principio l'idea dei capi nella lotta? datemi un capo che capisca meglio di me quello che c'è da capire, e che mi dica quello che c'è da fare meglio di ciò che io possa inventarmi da me, e avrete fatto di me l'attivista politico più felice del mondo capitalista! l'abrogazione di quell'infamia che è il reato d'immigrazione e lo smantellamento di quell'anacronismo che è lo ius geni, sono assolutamente troppo importanti - e io stesso (per dire) li desidero da troppo tempo - perché diventino nella 'migliore' delle ipotesi ostaggio di una contrattazione dis-politica tra gli interessi giudiziari di berlusconi, quelli dell'egoismo sociale dei proprietari di casa renitenti alle tasse e quelli sacrosanti della civiltà e del progresso, e nella peggiore il puro e semplice storyboard di un gioco delle parti tra gli schifani e i salvini di turno e pezzi del pd e del 5s, utile solo a perdere un po' di tempo e a distrarre parecchio le masse. kyenge, mi dispiace. mi dispiace per la tua (probabile) buona fede. questo governo è l'effetto di un aborto della politica, così come questo parlamento è l'effetto di un aborto della democrazia. resta da vedere se addirittura il paese in sé - com'è oggi, e ciò di cui gli indizi sovrabbondano - non sia l'effetto di un aborto della civiltà tout court. se ed entro quando e con che prospettive vitali, il paese - noi, companeroas: la sua parte migliore (detto senza dissimulata, deresponsabilizzante modestia) - costruirà uno strumento di lotta politica, sociale, economica e culturale che possa davvero dirsi la "nuova sinistra", ciò darà la risposta ultima a quella domanda. e darà anche il definitivo suggerimento a chi oggi si chiede se valga la pena restare in un paese così, oppure andar via. cinque maggio duemilatredici DENARO BENE COMUNE
due parole sulla vexata quaestio del debito pubblico e delle sue (apparentemente - strumentalmente, criminalmente rese tali) necessarie conseguenze: l'austerità, il taglio alla spesa, lo smantellamento del welfare. la crisi del sistema creditizio (privato) esplosa tra il 2007 e il 2008 è stata affrontata con l'immissione in quel sistema di molti soldini da parte delle amministrazioni centrali di tutto l'occidente. tra il 2008 e il 2009 gli erari (pubblici) hanno prestato (praticamente a fondo perduto) alle banche (private) una roba come 14.000 miliardi di dollari: una roba che è uguale alla metà del pil di europa e usa messi insieme! qualche governo ha pensato, a fronte di questo immenso distoglimento di risorse finanziarie dalle esigenze pubbliche verso bilanci societari privati, a qualcosa di simile alla pubblicizzazione o nazionalizzazione o socializzazione o 'comunizzazione' di quelle banche (tanto incapaci di autogestirsi prima, e ora tanto indebitate verso la collettività)? macché! tranne pochissimi esperimenti circoscritti in america e in nordeuropa, tutto è continuato come prima: i soldi (di tutti) sono andati a 'premiare' l'incapacità manageriale (quando non la disonestà pura) di alcuni. è la filosofia - il dogma - neoliberista: il mercato è sempre e comunque la soluzione, pure quando (specie quando) E' il problema! invece è vero il contrario: se il mercato (il profitto, il privato) è il problema (e quanto!), la soluzione non può che essere lo stato (il pubblico, il comune). lo capirebbe anche un bambino! e un bimbo capirebbe che ci sono cose (risorse, servizi, beni) talmente imprescindibili dall'idea stessa di 'vivere civile', che la collettività deve pretendere che siano fornite (gestite, erogate, pianificate, ottimizzate) dalla collettività stessa (nei modi e tramite suoi rappresentanti democraticamente scelti) nell'interesse di tutti, e non di alcuni: l'acqua, l'energia, il trasporto, i saperi... e ANCHE il credito. chi non sa fare impresa, chi non sa 'fare banca', chi non sa 'fare reti' - faccia altro nella vita. il 'tutti' che noi siamo, non potrà certo far peggio di quello che è stato fatto finora! BENI INDISPENSABILI = BENI COMUNI = BENI UMANI datemi questo programma, e io vi voto. ah già, questo è il MIO programma! :) non erano solo due parole, scusate. ma tanto, leggere non vi dispiace. ;P http://www.paoloandreozzi.org due maggio duemilatredici L'ATTENTATINO PERFETTO
cerco di essere breve e non banale. ma a chi conviene la violenza di ieri a piazza colonna? di sicuro compatta la maggioranza del governo che oggi e domani riceve la fiducia: l'emergenza di ordine pubblico è il miglior collante per l'ordine politico, i mal di pancia della sinistra pd son già tutti passati. di sicuro dà un formidabile argomento ai portavoce della maggioranza silenziosa nel paese, per nulla silenziosi - loro: cioè ai personaggi politici e mediatici del centrodestra che da ieri possono additare alla pubblica vergogna il ribellismo di grillo&c, che produrrebbe le pistolettate. ma paradossalmente conviene pure a grillo. perché, vedete, il corpo civile italiano è molto vario e segmentato: e il pd mainstream ha il proprio target, il centrodestra benpensante il proprio, e la caciara livorosa grillina il proprio. tre ambiti distinti, e c'è spazio per tutti, in risposta a ogni sollecitazione complessa. allora ieri grillo guadagna due volte: nasce un governo oggettivamente inciucista - e nasce come detto anche grazie al crollo della dissidenza pd all'eco degli spari - e si verifica in piazza una cosa orribile che è facile per l'opinione pubblica indignata e vigliacchetta ascrivere al giusto risentimento anticasta, e che soprattutto è l'unica cosa che succede intorno e in antitesi alla diplomazia mandarina dei partiti. insomma - pensano in mica pochi - brutto sparare, ma certo quelli la rabbia se la cercano, son tutti uguali, e meno male che beppe c'è. infine, conviene allo sparatore. uno sfigato abissale e inabissato nella sconfitta della propria vita, nella dipendenza dal gioco, che si attira adesso un'insperabile notorietà (e pure qualche pensiero solidale inconfessato ad alta voce), e che dopo il processo, la condanna e l'espiazione - o anche durante - si guadagnerà interviste e servizi, tifoserie e perdoni, ospitate pomeridiane e biografie d'appendice. ha svoltato. e chi ci rimette? ci rimettono in tre. uno, la possibilità che i fatti ordinari di questo momento politico nazionale siano esaminati dalla grande parte del paese con la necessaria lucidità nell'analisi: un carabiniere grave, un altro ferito, una mamma (di nuovo incinta) di striscio, le telecamere in tempo reale sull'ok corral - è davvero difficile far spazio tra queste emozioni per leggere bene i fatti, e tra i fatti. due, l'alternativa. il governo nasce col crisma non solo del migliore dei governi possibili, nelle condizioni date, ma come unica realtà pensabile dell'intero groviglio socioeconomico italiano di questi anni di crisi nera. i dubbi su come possano stare insieme forze politiche che si dichiarano portatrici di interessi e visioni diversissimi, passano in cavalleria. e cade a terra - come avesse subito una sublime finta di gambe da parte di leo messi - quell'abbozzo di strategia politica e democratica per costruire un soggetto vitale a sinistra del pd, portatore di interessi e visioni alternativi al pensiero unico dominante (benché nei fatti moribondo - pertanto più pericoloso, ma l'ho già detto mille volte). tre, giangrande. ci rimette la vittima più grave, costretta a una prognosi molto complicata. ci rimette sua figlia, che ha perso la madre due mesi fa e adesso questo. in sintesi. hanno giocato d'azzardo sulla pelle della classe che già paga la rovina del sistema. infatti, plasticamente: lo strumento dell'azione è un game addicted, il suo obiettivo un lavoratore in divisa. gli sceneggiatori non si sono sprecati tanto di fantasia. hanno giocato d'azzardo, e c'è il rischio che questa mano gli vada anche bene. ma la partita è lunga. se il popolo vuol giocarla. ventinove aprile duemilatredici IL MIO PROGRAMMA
è semplice. non c'è più lavoro perché nessuno compra più le cose che quel lavoro creava, e nessuno compra più le cose perché non c'è più lavoro (ossia reddito). da questo circolo vizioso si esce solo se la collettività (non i privati) dà lavoro per produrre cose che qualcuno voglia comprare, ossia dà reddito perché qualcuno possa comprarle. e il problema classico è quello di far capire alla gente che questa impostazione non toglie libertà (a chi produce), ma la aggiunge (a chi vive, grazie al fatto che lavora). in più, ora c'è il problema che non tutto si può produrre (nemmeno da parte della collettività) perché ci sono cose prodotte in passato che adesso si sa che fa male produrre e perché le risorse per produrre la qualsiasi si sono esaurite. ossia bisogna scegliere cosa produrre per dare lavoro e reddito senza fare male, e bisogna convincere la gente a comprare queste cose che si è scelto di produrre e a non volere quelle che non si può più. di nuovo, questa scelta e quest'educazione si possono fare se è la collettività (non i privati) a volerle fare. tramite qualcosa che non so come chiamare se non politica. ma tutto questo non so come chiamarlo se non socialismo (o socialismo ambientalista o umanesimo socialista, ma sempre lì siamo). e io quello voglio, che almeno questo sistema affianchi quello attuale che non dà lavoro né reddito né smaltimento di produzione né risparmio di risorse. così che sia la gente a scegliere tra i due sistemi. e si può fare, guardate, a tutti i livelli della politica. è semplice, basta dire "io voglio fare così" e vedere quanti ti dicono "vai, fallo". venticinque aprile duemilatredici LA DIFFERENZA
331 sì 225 no, l'assemblea nazionale francese approva il matrimonio omosessuale e l'adozione! quello è un parlamento che lavora sui temi della vita di chi sta fuori di esso, perché le forze politiche che ci stanno dentro hanno chiesto ai cittadini di sceglierle - o meno - in base alle idee che tali forze hanno della vita dei cittadini. il nostro invece è un parlamento che NON lavora sui temi della vita di chi sta fuori di esso, perché le forze politiche che ci stanno dentro hanno chiesto ai cittadini di sceglierle - o meno - in base alle idee che tali forze hanno di se stesse. (che poi non lavori NEANCHE su questo dipende dal fatto che la qualità delle forze politiche che stanno in parlamento è scadente PERFINO per questo compitino autoreferenziale.) e com'è potuto succedere che in italia, a differenza che in francia, i cittadini abbiano scelto - o meno - le (scadenti) forze politiche da far entrare in parlamento in base alle idee che esse hanno di se stesse anziché della vita dei cittadini? perché le forze politiche che stanno in parlamento sono scadenti come forze politiche ma formidabili come armi di distrazione di massa. e perché i cittadini italiani, a differenza che in francia, sono formidabili a farsi distrarre in massa ma scadenti come cittadini. ventitre aprile duemilatredici . IL SOGGETTO
companeroas, questa è per noi. gli altri non decritteranno (e questo fatto è una parte del guaio - ma mettiamolo da parte). allora: qual è il soggetto? ve lo ricordate? "senza il soggetto, niente rivoluzione. gli uomini (e le donne) devono mettere le gambe alle idee, dare la propria voce alle contraddizioni. sennò nessuna rivoluzione accade, e semmai ci sarà la reazione." ora, lasciamo stare un attimo (un mese, un anno, una generazione, un secolo) la rivoluzione. ma il problema è lo stesso, anche col più misurato realismo. il quale per il momento (mese, anno, generazione, secolo) si accontenta di sostituire a 'rivoluzione', 'sinistra'. e la domanda resta (cioè diventa): qual è il soggetto (della sinistra)? perché anche (perfino) per l'accadimento della (semplice) sinistra, è ormai evidente l'imprescindibilità di gambe da mettere alle idee, di voce da dare alle contraddizioni. per quanto siano esplosive queste, oggi più che mai in piena crisi sistemica, e luminose quelle - più varie e variamente sperimentate che in tutto il passato. certo! anche alla sinistra, al suo inveramento ma (ancora prima, quindi) alle sue stesse possibilità di esistere ed agire nel conflitto, serve la precondizione fattuale del soggetto. e non di un soggetto 'ad ogni costo', ovviamente - è proprio questo che ci rende difficile la vita, companeroas. infatti: anche la reazione ha bisogno di un 'soggetto'. anche la conservazione, anche il moderatismo, anche l'opportunismo, e anche il qualunquismo - hanno ciascuno bisogno del soggetto, per esistere e agire nel conflitto. ma per tutte queste 'famiglie politiche' è più facile: i rispettivi soggetti agenti non hanno il dovere della coscienza di sé in quanto tali - perciò l'ho scritto tra virgolette, riferendomi ad esse: perché un 'soggetto' inconsapevole di sé è in realtà un oggetto, plurale o forte o radicato o determinato o vincente quanto si voglia. ma oggetto. e oggetti ce n'è quanti ne vuoi. la celeberrima 'involuzione antropologica' indotta dalla (s)civiltà dei consumi per interesse del capitale e del mercato transnazionale, sono tentato di definirla proprio così: smantellamento delle soggettività (economica, sociale, politica, culturale), pandemia dell'oggettificazione. vi chiedo scusa in anticipo per lo schematismo ma, parlando dell'italia, l'oggetto (il non-soggetto, perché inconsapevole di sé in quanto strumento e dei fini che tramite la sua massa si perseguono) della reazione è il sottoproletariato, e me ne dispiace (appunto perché ricordo bene la poesia di pasolini, e di de andré). l'oggetto della conservazione è il ceto medio garantito che scimmiotta l'alta borghesia. l'oggetto del moderatismo è la borghesia intellettuale, quella senza coscienza infelice ovviamente. l'oggetto dell'opportunismo è l'aristocrazia proletaria - si sarebbe detto un tempo - che dissimula appena l'avidità revanchista. e l'oggetto del qualunquismo è l'ex ceto medio ora proletarizzato, precarizzato, ma analfabeta geneticamente o reso tale. come vedete gli oggetti abbondano. fanno il successo più o meno grande, più o meno duraturo, delle offerte politiche 'personali' rispettive: il berlusconismo, il centrismo (montismo), il piddismo (d'alemismo, veltronismo, bersanismo - questo, a tinte più dolenti), il renzismo, il grillismo. ma alla sinistra, un oggetto non può bastare. infatti, i diversi tentativi di fare una sinistra purchessìa a partire da un oggetto anziché dal soggetto necessario, in breve hanno prodotto la defezione della massa iniziale verso una qualsiasi delle altre offerte, oppure la trasformazione per intero della sinistra in un'altra cosa (come nei casi del psi dal '76 in avanti, con craxi, e del new labour di blair e anche - ma non voglio aprire qui una discussione sul tema - del pds di occhetto). companeroas, ci serve un soggetto. anche solo per dirla, la parola 'sinistra'. un soggetto consapevole dei propri bisogni, e del fatto che la soddisfazione di quelli costituisce un avanzamento oggettivo della democrazia. numericamente importante, perché siamo e vogliamo restare in legalità rappresentativa. attivabile e coeso - per quanto possa essere coesa e attiva una molteplicità in questo (sedicente) villaggio globale in cui i fattori d'isolamento, di atomizzazione inerte, aumentano proprio nella misura in cui ci somigliamo sempre più un po' tutti, e in cui tutti parliamo e scriviamo. disposto all'elaborazione condivisa, ma refrattario alla vertigine dell'elaborazione all'infinito - che ha la paralisi narcisista come solo effetto. un soggetto 'scomodo' (che patisce). deciso (che capisce). calmo (che non s'impaurisce). inseminato al proprio interno di pratiche alternative, non solo di buone idee, e formative assai più di queste. un soggetto, ci serve, che ha da guadagnare con la sinistra - e da perdere con tutto il resto. c'è un soggetto così? allora c'è sinistra. sennò no, ci sarà ancora e sempre la mera somma di figurine dell'album - in buona fede quanto si vuole, ingrediente necessario quanto è vero che lo sia, ma tanto più doloroso sarà constatare che non era sufficiente allo scopo. non lo è mai stato, non lo sarà mai. chi scopre il soggetto, chi sa intercettarlo, chi si mette a disposizione per aiutare il soggetto a guidare se stesso - quello è il capo (plurale, democratico, efficace) della sinistra che manca in italia (che occorre, oh se occorre! o sarà il peggio pensabile). per il bene dell'italia, dell'europa e della nostra classe - companeroas - senza confini. stiamo per tenerlo a battesimo? davvero - fabrizio, nichi, pippo, laura, maurizio? io non riesco a rispondere. però voglio fare. ventidue aprile duemilatredici NOI DANNATI DELLA SPERANZA
(ok, grillo si è accorto che il 'suo popolo' non esiste: piazza santi apostoli - già molto più piccola della piazza san giovanni di recenti trionfi, e scelta non a caso - è tutt'altro che un formicaio di indignati , e lui con la scusa del traffico e dei giornalisti ha dato la seconda buca in poche ore alla sua gggente. cazzi loro.) ora c'è il problema della sinistra. il pd non c'è più, ossia c'è il suo cenotafio che è tutto da vedere se - dopo aver tenuto un'unione di facciata per carità di patria eleggendo napolitano - passerà la prova di formare un governo col pdl e con monti e di dargli la fiducia in parlamento. eppoi c'è renzi, che tutto è meno che sinistra. governo e renzi a parte, c'è però tutto il resto. c'è civati e altri giovani che dicono "via dalla sinistra chi non ama la sinistra", c'è barca che teorizza un altro partito democratico e si candida a guidarlo, c'è vendola che convoca tutti a roma tra l'8 e l'11 maggio per ricostruire un soggetto di sinistra, c'è marino che è la sinistra storica del pd e che a roma è candidato sindaco uscito dalle primarie contro mainstream e renziani, c'è sandro medici altro candidato sindaco ma indipendente e appoggiato da rifondazione e comunisti italiani e movimenti e comitati (e da me - ma rileva meno), c'è ingroia e la sinistra reduce dalla scuffia di rivoluzione civile, c'è la sinistra che non si è riconosciuta neanche in quel nobile tentativo a perdere, c'è la sinistra che non si riconosce mai manco allo specchio, c'è la gente di sinistra che ha creduto per un momento a grillo ma ora è già transfuga pure da quella dittatura, c'è rodotà se la finiamo di sputargli in faccia, c'è fassina semmai vincesse il suo edipo con bersani, c'è mineo che all'assemblea è l'unico che ha votato contro napolitano, c'è walter tocci che è sempre bravo, c'è landini e la fiom che si mettono finalmente a disposizione, c'è boldrini se osiamo considerarla un politico e non un santino. non è poco per nulla, tutta questa sinistra. ma se non sa organizzarsi sarà meno che niente. riusciranno i nostri eroi? riusciremo, noi eroi inutili? è l'unica sfida che vale la pena, sapete. ventun aprile duemilatredici CINQUE GIORNI PER IL PAPOCCHIO PEGGIORE
martedì 16 non mi farete aprire una paginetta apposta per giocare al pronostico sul quirinale, no? dài, facciamola più spiccia: secondo me va così... rodotà, eletto a uno scrutinio qualsiasi dopo il quinto, coi voti di un bel po' del pd, di tutta sel, di quasi tutto il 5s e di qualche altro sfuso centrista. mercoledì 17 non sto là a piazza capranica né sto qui a mailbombardare perché se volevo incidere sui passi del pd lo votavo, e invece ho votato rivoluzione civile, come pubblicamente detto e ridetto, mentre non so se fanno altrettanto coerentemente i saltellatori e i bombardatori, ma comunque se il pd mainstream si inchioda al proprio suicidio sono cazzi suoi, e la lotta per il futuro semplicemente non lo include tra le proprie risorse. tuttavia, ho ancora idea che per una serie di motivi e di eterogenesi dei fini, il prossimo capo dello stato sarà rodotà. giovedì 18 stanno contando, per adesso marini è in una proporzione un pelo maggiore del 50% ma molto meno dei 2/3. vediamo. ma comunque vada, che alla fine sia per il centrosinistra il più straordinario esempio di suicidio collettivo dall'ultimo spiaggiamento di massa di cetacei, o invece che sia il più sorprendente artificio tattico di presa per il naso sia del centro che di berlusconi che di renzi, da parte della sinistra del centrosinistra e dei pensanti grillini, be' sarà un 'caso' che studieranno a lungo nei corsi di psichiatria o di politologia. o in entrambi. ok, l'aritmetica ha detto stop. ci si ripensa nel pomeriggio. seconda fumata nera, scontata questa. poi vedremo quanti hanno seguito gli ordini di scuderia rispettivi e quanti no. serata e nottata di trattative furenti, si annunciano. quando invece sarebbe tanto facile dare al paese migliore la dignità e la competenza che chiede tanto apertamente. ma il paese migliore, però, parla più spesso dopo - a frittata fatta - che non quando la sua voce sarebbe più efficacemente udita. tipo durante il rito elettorale. vabbe', storia vecchia. di buono c'è che questo 18 aprile è trascorso ma stavolta la democrazia cristiana - e i suoi epigoni - non ce l'hanno messo nel di dietro. al 19, dunque, per vedere se al contrario - e una volta tanto - il boccino, in questo paese folle, ce l'ha in mano la sinistra. la sinistra punto. pure quella inconsapevole mi basterebbe, per ora. (marini non viene eletto, ma non si ritira. bersani è senza fiducia, ma non ha rinunciato. napolitano è lì lì per andar via, ma ancora hai voglia se briga. di pietro, trombatissimo, fa sempre campagna elettorale. renzi, ha perso le primarie e sta su tutte le prime pagine. berlusconi è ineleggibile, e prende 8.000.000 di voti. grillo, condanna passata in giudicato per omicidio colposo, è un protagonista. marchionne perde un terzo del mercato, e il mondo lo chiama grande manager. ruby è una mignotta e la intervistano come una mammina in lacrime. corona rilascia interviste pure dal gabbio. lotito so'anni che je sputano in faccia, ma è sempre il padrone dei laziali. perfino ratzinger, non è più il papa sì, ma non solo non è andato all'altro mondo, veste pure ancora di bianco! insomma, cristo, ma è sempre zeman l'unico che ce rimette?) venerdì 19 l'unica spiegazione è che ci sono due bersani, gemelli identici: uno è pierluigi e l'altro è pierdionigi. pierluigi è quello che da ministro fa la guerra alle lobby delle licenze, pierdionigi è quello che vota la riforma fornero e tutto il resto, pierluigi quello della foto di vasto e poi dell'intesa con vendola, piedionigi quello che in campagna elettorale dice che comunque governerà con monti, pierluigi quello che fa eleggere boldrini presidente della camera, pierdionigi quello che si accorda con berlusconi su marini e abbraccia alfano... sono due gemelli, evidentemente, che si divertono moltissimo a far impazzire la gente. da quando sono piccoli, dai tempi delle elementari a bettola (piacenza). la mamma, povera, si disperava e gli menava invano. dev'essere così, per forza. e invece, prodi. spezzo una lancia piccola, una lancettina, in favore di quei deputati pd che gli tocca attraversare la piazza davanti a telecamere e microfoni e venire intercettati da sedicenti elettori o addirittura iscritti pd che gli impongono di stracciarsi le vesti e buttarsi per terra a chiedere perdono per il buon nome tradito del loro partito. li compatisco, perché quei cittadini tutto sono meno che elettori o addirittura iscritti del pd. ne conosco un bel po': uno vota sel, uno è alfiere di grillo, uno ha tentato la via di rivoluzione civile, una non vota per partito preso, una è radicale, una è anarchica. soprattutto, tutti quanti hanno un sacco di tempo libero. oppure una diaria per iniziative come questa. e va bene tutto, per carità. purché la casta - no? - abbia il fiato sul collo. eppure, non so, mi sento come un po' avvilito a sapere che perfino il teatrino della politica si combatte con un altro teatrino. ehm, rodotà NON rinuncia! terza nera, ovviamente. non so, dico una scemenza, ma forse aiuterebbe se grillo e i grillini la piantassero di strillare che rodotà è 'cosa loro'. che in effetti quando grillo batteva ancora i teatrini di provincia e casaleggio vendeva polizze porta a porta e i grillini ancora si pisciavano a letto, stefano rodotà diventava prima deputato del partito comunista italiano, poi capogruppo della sinistra indipendente (sempre col pci), poi 'ministro della giustizia' nel governo-ombra di occhetto (ancora pci), poi di nuovo deputato col pds (la prima 'mutazione' di una bella fetta di pci, che dopo diventerà ds e dopo ancora - convergendo con la margherita - il pd che oggi vituperiamo con tante buone ragioni), e di quel pds (ex-pci e pd-a-venire) rodotà diventava addirittura il primo presidente. non so, ma se chi vuole davvero che i parlamentari del pd votino rodotà (se salta anche prodi) sottolineasse piuttosto questo 'codice genetico' nella sua lunga storia che non la sua posizione (di buon terzo) alle quirinarie estemporanee per il voto di qualche migliaio di smanettoni (che con la sinistra rivendicano di non aver niente a che fare), ebbene io credo che farebbe maggior breccia per il risultato che sta a cuore pure a me. ma chiudere adesso le porte del parlamento e lasciare fuori per sempre pdllini e leghisti che sono usciti, non si può fare? non sarà elegante, e neanche lascia dentro solo galantuomini, ma sarà un buon inizio cazzo? nera, e quattro. a domattina! votate rodotà. e più passa tempo, parlamentari del centrosinistra, prima che vi decidiate, più andrete sotto schiaffo dell'arroganza grillina, ma coerente. e non bastiamo noi qui poveri cristi a fare il controcanto. fate la cazzo di cosa giusta. votate rodotà! sabato 20 che finaccia. ora non abbiamo un capo dello stato né una strategia sensata e condivisa per eleggerlo, non abbiamo un governo né un percorso programmatico per formarlo e metterlo al lavoro, non abbiamo uno straccio di prospettiva per - non dico uscire, ma - affrontare la crisi sempre più dura secondo coordinate nazionali, europee e globali, non abbiamo in parlamento una rappresentanza delle lotte per il lavoro e i diritti e delle sensibilità di sinistra alternativa, e non abbiamo neanche più una cosa in sé coerente e orientata o orientabile che occupi quell'area intermedia tra sinistra e centro, tra passato e futuro, tra azzardo e tranquillità, che era fino a ieri il defunto mai-nato pd. che finaccia. di chi è la colpa? su questo blog mi auto-limito a scrivere post di non più di 10.000 caratteri, quindi la risposta dettagliata non entrerebbe qui. ma di sicuro - SICURO COME LA MERDA CHE CI ARRIVA AL MENTO - lo scioglimento anticipato delle camere subito dopo il dimissionamento di berlusconi a novembre 2011 ed ELEZIONI (!) fatte allora, subito, avrebbero portato a tutt'altro scenario d'insieme e di dettaglio. ma ci sono le volpi che decidono per le sorti di tutti. le volpi sanno tutto e capiscono tutto. e allora lasciamole fare un altro po'. vediamo quanto ci mette la merda a diventare catene. magari la gente è questo che vuole, magari le volpi sanno pure questo. spero che alle 14.30 napolitano dica no. in subordine, spero che napolitano dica sì ma che venga impallinato come marini e come prodi. in subordine ancora, spero che venga eletto e che dia l'incarico pieno a monti: che tutto torni a com'era prima. che si veda che in italia le elezioni non servono, che questo popolo vivrà meglio senza. se eleggono napolitano e se, come ha preannunciato, lui darà l'incarico a giuliano amato, con vicepresidenti alfano e letta enrico e con lo studio dei saggi come programma, ebbene nonostante le sue figuracce (ai nostri occhi un po' alfabetizzati) il movimento5stelle prenderà il doppio dei milioni dei voti (di italiani balbettanti, cioè il 90%) che ha preso a febbraio, e quindi i partiti che stanno per votare ora napolitano con quelle prospettive saranno ridotti ai minimi termini, e i loro parlamentari saranno in grande maggioranza disoccupati a breve e per sempre. ergo, posso solo sperare da una parte nell'obbedienza stolida di grillini in malefede, intenzionati solo a spaccare tutto per non so che temeraria idea, e dall'altra nel bieco istinto di sopravvivenza nel loro status socioeconomico di quei perfetti idioti pd e centristi, e di quei corrotti impenitenti pdl. quanto me rode er culo. complimenti, parlamentari. avete fatto credere a un clown di poter essere danton. ora, se oltre ai danni che state già arrecandole voi, questo coglionazzo farà altri danni alla mia repubblica democratica nata dalla resistenza e presidiata dalla costituzione (costituzione da applicare, democrazia da sostanziare, repubblica da inverare - quello che volete, e che è vero), io m'inculo prima voi e poi lui e i suoi. capolavoro. grazie gente, per il medioevo prossimo venturo. passo e chiudo. venti aprile duemiladodici I SE E I MA
vero che la storia non si fa coi se… …eppure, per mero esercizio di ‘fantastoria’, nessuno può dis-convincermi che se berlinguer e moro e pasolini fossero stati ancora vivi e attivi nel 1994, la (ir)resistibile ascesa del berlusconi politico non sarebbe neanche cominciata. avrebbero avuto all’epoca 72, 78 e 72 anni, rispettivamente, del tutto spendibili quindi, e ancora a lungo, nella difesa e nello sviluppo della democrazia – sostanziale, magari – in italia (visto che – per esempio – ciampi concluse il proprio settennato a 86 anni, pertini a 89 addirittura, e napolitano va a chiuderlo a 88, e certo si può dire tutto ma non che siano stati tre inerti vecchietti; e che, quanto all'ambito intellettuale, bobbio ha vissuto 95 anni pubblicando fino a 92, per esempio, e scalfari ne ha 89 e scrive e orienta ancora!). e con pasolini, moro e berlinguer ancora in mezzo al campo dell'azione e del pensiero, proprio non ci sarebbe stato spazio e modo (allora, e chissà forse mai – le congiunture storiche non si ripetono mica a piacere) per berlusconi di ipnotizzare l'opinione di massa e di drenare altro potere, come ha potuto fare per vent'anni da incubo. niente berlusconi. e quindi niente sdoganamento dei postfascisti, niente costituzionalizzazione della lega (un ossimoro vero), niente strapotere dei padroni neo-liberisti (da marchionne a ritroso), perché niente smantellamento dell'impegno sindacale (auto-smantellamento, in tanti casi, in verità), niente emersione nel grande partito dei lavoratori di 'quinte colonne' pure e semplici (da d'alema a veltroni a chi volete), e niente scomparsa epocale dal grande partito dei cristiani di residui profili etici da 'dottrina sociale', quindi niente rinuncia totale e 'tafazziana' della pensabilità (anche solo quella) di un modello socioeconomico alternativo, niente (o limitata) regressione antropologica dell'italiano medio, perché niente riempimento implacabile del suo immaginario col conformismo televisivo commerciale, niente sostituzione strategica e strumentale dei canali informativi popolari con 'pacchi qualunquisti', vere armi di 'distrazione di massa' alla striscia la notizia, porta a porta, tg4 di fede..., niente 'battesimi mediatici' di macchiette e lemuri sedicenti politici (alla ferrara, la russa, santanché, capezzone, brunetta, maiolo, pivetti, mussolini), niente silenzio assordante e compice da parte degli intellettuali 'critici' (di fatto, dove sono stati tutto questo tempo?), niente orrendo protagonismo di dis-intellettuali da sadismo catodico (tanti da menzionare, uno sgarbi basterà), perciò niente incattivimento dis-umano endemico e conseguente caduta nell’egoismo sociale, niente consumismo da ‘suicidio ambientale’, niente inversione completa del paradigma dei valori (all'esito della quale oggi si spingono ragazzine ai casting del bungabunga e ragazzini all'emulazione dei corona), niente insensata finta allegria nazionale da 'soci del club g8' mentre crolla il potere d'acquisto, s'impenna la disoccupazione, si accentua la diseguaglianza, si deprime la giustizia, niente bolzaneto e diaz (lo dico en passant), niente bipolarismo muscolare e ‘tifoideo’ pro e contro (lasciando sempre inalterato il 'timone reale'), niente abdicazione di un popolo intero alla comprensione della complessità e all'intervento su essa, e dunque niente sintomi di demenza civica o tradimento vero e proprio della sostanza democratica quali la popolarità dei renzi e dei grillo, e infine – arriviamo a oggi – niente ennesima piazza piena di decerebrati plaudenti un democida. con berlinguer e moro e pasolini vivi e attivi nel 1994, e anche dopo, si sarebbe tra l'altro pensata e costruita un'altra europa. perché la 'loro' italia, di europa avrebbe saputo progettarne una migliore, dei popoli e non dei poteri, dei valori e non dei capitali, e perché essi avrebbero saputo far pesare tale progetto in ben altro modo, polticamente e culturalmente (rispetto alla vergogna, all'irrisione, al vuoto e all'impotenza che ci designa da vent'anni). con loro vivi all’epoca, quindi, anche la crisi sistemica 'del 2007-201?' l'europa avrebbe avuto l’ossatura per affrontarla – la starebbe affrontando – tutta diversamente. e il nostro futuro di cittadini semplici – dell’italia, dell’europa e del mondo – non ci apparirebbe nero come ci appare oggi. magari saremmo un esempio, addirittura, per l'episteme globale. saremmo stati un buon paese normale, forse. pensate. e invece morirono prima. berlinguer dieci anni prima, sedici anni prima moro, pasolini diciannove anni prima di quel novantaquattro. pier paolo pasolini per mano di un vigliacco disegno criminale, eseguito da scagnozzi nella sua notte indifesa, su mandato di quelli che proprio un'intelligenza tanto implacabile non potevano permettersi tra i rischi d'impresa, accingendosi a stuprare la mente e il cuore del paese. aldo moro assassinato da un piano anche più vasto, geopolitico, che aveva come ultimi ingranaggi gli esecutori materiali (consapevoli o no, che importa), come staff intermedio un mix di massoneria, servizi deviati e mafia (e al 'cui prodest?' manca davvero solo la firma), e come mandanti gli strateghi del finanz-capitalismo 'rivoluzionario' (al contrario, beninteso) e i loro suggeritori alla kissinger. ed enrico berlinguer morì di passione, davanti alla sua gente come sempre, e alla guida di essa, dell'italia migliore. senza colpa di alcun nemico. apparentemente. ma non è fantastoria esser certi che scagnozzi e neofascisti e massoni e servizi e mafia e geo-capitalisti e l’imprenditore del mattone e dell’etere berlusconi, e molti che conoscemmo poi e altri che c'infestano oggi, quel triste giugno dell’ottantaquattro ebbero tanto da congratularsi con la sorte, tanto da festeggiare. la storia non si scrive coi se, quella passata. ma quella a venire è da scrivere, ancora, – da farsi – con tutte le parti del discorso. undici aprile duemilatredici COSE CHE CONTANO nonostante la produttività globale sia aumentata di 20 volte dall'inizio della rivoluzione industriale a oggi, la distribuzione attuale della ricchezza nei paesi sviluppati è identica a quella nell'egitto dei faraoni (cfr. stiglitz, 2012 e abul-magd, 2004). e più precisamente: le 358 persone oggi più ricche al mondo hanno una ricchezza pari a quella del 45% più povero della popolazione terrestre, oltre 3.000.000.000 di esseri umani; e i soli tre più ricchi tra i super-ricchi posseggono complessivamente tanto quanto i 600.000.000 più poveri al mondo. e infine: l'1% più ricco dell'umanità possiede il 40% dell'intera ricchezza planetaria, mentre tutta quanta la metà più povera della specie umana - diciamo, l'intera colonna di destra nella classifica mondiale - si gode complessivamente l'1% di tutto ciò che si può possedere sulla terra (cfr. hickel, 2012 e milanovic, 2002). questo, 'solo' per dire della presente diseguaglianza economica, sociale, politica, giuridica, culturale, sanitaria, alimentare, abitativa, informativa e di opportunità, tra tutti gli esseri umani. dello sfinimento delle risorse materiali del pianeta - rinnovabili ma più spesso no: bell'e finite - parliamo semmai un'altra volta. ancora un paio di numeretti, per capire con chi abbiamo a che fare. lungo tutto il periodo della grande depressione - dal '29 in avanti - il pil del mondo intero scese mediamente del 4%. ma per fortuna la seconda guerra mondiale lo riportò a +1% (cfr. milanovic, 2011). anche se quei cinque punti costarono svariate decine di milioni di morti ammazzati. e tutto ciò, non per errori del sistema imperante, ma in perfetta coerenza con i suoi principi strutturali e le sue metodiche di sviluppo. niente niente stiamo a sbaja' qualcosa? dieci aprile duemilatredici FA' COSI', DACCI RETTA UNA VOLTA! se sei nobile puoi essere generoso, se sei ricco puoi essere prodigo, se sei forte puoi essere commiserevole. ma tu, caro centrosinistra - e specificamente, caro pd -, adesso come adesso non sei né forte né ricco, e manco tanto nobile quanto a storia (parliamo del sostegno a monti, e prima della fusione con quei bei tipi della margherita previa cacciata della sinistra e, risalendo ancora, parliamo della gran cazzata di occhetto). perciò, stavolta, niente commiserazioni pelose niente prodigalità da 'conte mascetti' niente generosità in bolletta... basta con le stronzate da 'grandi d'animo': al nemico non si concede un centimetro che è uno! 'prima l'italia' vuol dire questo, semmai non l'hai capito. vuol dire 'prima (ripuliamo) l'italia (una volta per tutte)'. sennò non vuol dire un cazzo. quindi diciamo che l'incontro di oggi tra bersani e berlusconi è servito solo a perdere un po' di tempo. e va bene così - visto che il primo a perder tempo è napolitano, il quale non sapendo decidersi a nulla, anziché dimettersi subito, gioca coi 'dieci piccoli indiani' (a proposito, li cercano già dalla sciarelli). e allora, caro centrosinistra - e specificamente caro pd, e più specificamente ancora caro bersani&fedelissimi -, (se è così come speriamo tanto) continua pure con tutti gli incontri (inutili), e poi dichiara e poi smentisci, e poi sorridi e poi digrigna i denti... insomma, falli diventare tutti matti così come forza italia e an e la lega prima, il popolo delle libertà e i 'responsabili' poi e da un po' perfino quegli sbarbatelli miracolati dei grillini, hanno fatto diventare matto te per vent'anni. e - ciò che è immensamente più grave - hanno fatto impazzire noi tutti italiani di buona volontà e retto pensiero. perciò, fai arrivare il 18 aprile (la prima 'chiama' per il capo dello stato) senza fare nulla di davvero importante. e come arriva, fallo passare: sì, non ti azzardare a eleggere al primo o secondo scrutinio un 'presidente di tutti gli italiani'! primo, perché l'ultimo eletto così fu kossiga, e non so se rendo, e secondo, ma l'hai visti bene 'tutti gli italiani'? invece, con tutta calma, eleggiti al primo scrutinio 'normale' un bel presidente di centrosinistra. ma di centrosinistra affidabile - non ti inventare un cazzo con emma bonino radicale, che la prima cosa che fa è pannella senatore a vita, la seconda l'amnistia generale, tombale e perpetua, e la terza non dà l'incarico di governo a nessuno del centrosinistra. sicuro come la merda. no - tu, caro centrosinistra, vòtati al colle uno bello di quelli buoni. un rodotà, tanto per dire. e poi fatti dare da lui l'incarico per cercare la maggioranza in parlamento. non ce l'avrai? pace, si torna alle urne a brevissimo. ma intanto ti riscrivi una legge elettorale che cancelli la porcata dalla memoria delle vergogne nazionali. e dopo giù 'a martello' - biecamente, se serve, che non sei né nobile né ricco né forte -, a martello sull'opinione pubblica con tutti i fabbri di cui disponi a quel punto: la presidente della camera, il presidente del senato, il capo dello stato e il presidente del consiglio per l'ordinaria amministrazione. e - il che non guasta - c'hai pure il 'governatore' del lazio, e quelli di altre regioni importanti, e un sacco di bei sindaci, compreso quello di roma (di sinistra del centrosinistra) dalla fine di maggio in avanti! (e qui tocchiamoci tutti, ma io me la sento così.) renzi, intanto, avrà ritrovato la strada di casa: la ruota della fortuna appena rammodernata in salsa de filippi. e si sarà tolto dal culo con tutta la gente sua. e tu - caro centrosinistra, che a quel punto se sei così fico potrei quasi chiamarti 'sinistra' - andrai bel bello alla madre di tutte le elezioni con tutti 'quelli che danno le carte' dalla parte tua. ossia dalla parte dell'italia di buona volontà e - lo ridico - di retto pensiero. si vincerà? e che ne so. magari no: hai visto gli italiani, no? eppoi ci sarà tanta macchina del fango e poi ci sarà tanto fuoco amico e poi ci saranno tanti ricatti e poi alle brutte ci sarà pure qualche bombetta e un po' di sangue. perché questa nostra, sempre 'una democrazia sotto tutela' è. quindi magari, nonostante tutto, la madre di tutte le elezioni la si va pure a perdere. e che so, la vince la dinastia berluscorettile un'altra volta, o il nuovo retrovirus che attacca le meningi - il 5stelle - perché in finale questo popolaccio è largamente una cacca e lo è sempre stato (tolte molte commoventi eccellenze che noi abbiamo nel cuore e su alcune magliette). ma almeno vivalamadonna ci avrai provato, caro centrosinistra! (caro davvero, sennò manco ti scrivevo questa pippa.) una santa volta ci avrai provato sul serio, finalmente! e stando così le cose, e la storia, e la gente, e i poteri, e la crisi, e tutto, più che provarci così io non potrò chiederti. daje, dacce retta: fa' così! nove aprile duemilatredici TRA ME E ME
nel posto in cui lavoro, su venticinque che siamo - più o meno - ce ne saranno due o tre fra berlusconiani e grillini. forse anche meno, forse nessuno addirittura. comunque, con un tasso d'inquinamento tra le cinque e le venti volte inferiore a quello nazionale. e io lavoro in un ufficio qualsiasi della pubblica amministrazione, dunque il fenomeno credo possa dirsi causale. cioè non come - per esempio - quando stai al parco a giocare con i bambini o al cinemino o sulla ciclabile o a teatro o a un concerto o a una mostra o presso uno scavo o in una riserva naturale o a una conferenza o in biblioteca o in un centro sociale o a una manifestazione o in assemblea o in una bella piazzetta a chiacchierare a cuore aperto o a un convivio modesto e sincero o in viaggio tra popoli e storia o in un atto di solidarietà qualunque o anche semplicemente a pensare, a riflettere e confrontarti, a inventarti qualcosa con qualcuno, o dovunque c'è del bello e del buono... (καλὸς καὶ ἀγαθός...): tutte situazioni rispetto alle quali è prevedibile, là sì, che le tossine siano largamente infrequenti (per definizione: ubi qualitas ibi non insania. e allora dove stanno, tossine e intossicati? davanti alla televisione o al centro commerciale con multisala annesso o al villaggio con animazione o in macchina seduti in mezzo al traffico a bestemmiare o attaccati al telefonino a sparlare o sul divano a millantare un altro sé sul web..., questo nel loro tempo 'libero', sennò a cercar di far soldi.). non so se è puro caso, quindi, questo nostro 'privilegio antistatistico' sul posto di lavoro, ma certo ti aiuta a farti venir voglia di stare in ufficio. il problema - come dappertutto del reale sopramenzionato - è arrivarci da casa, e andarsene: è l'attraversamento dell'italia. marino, da sindaco, potrebbe cominciare a pensare a delle piste protette. un po' come nei safari fotografici. anzi, pensiamoci non solo a roma. otto aprile duemilatredici EPPUR SI MUOVE
il pd, mi pare, come progetto di partito unitario dei progressisti italiani a vocazione maggioritaria sta arrivando rapidamente alla ‘scena madre’. e non so come ne uscirà. ma so quanto segue: che sia maggioritario l’ha smentito il voto di febbraio – che, è vero, si fosse svolto un anno fa l’avrebbe visto vincente a mani basse, ma d’altronde di non votare allora è il pd stesso che liberamente l’ha deciso, mica il fato; che ci si ritrovino dentro 'tutti e solo' i progressisti italiani lo smentisce doppiamente il fatto che (1: 'tutti') tanti progressisti non lo votano, ma votano sel o nessuna sigla del centrosinistra o non votano proprio, e che (2: 'solo') nel pd ci trovi tra gli eletti e gli elettori anche tanti sinceri moderati; e infine, che sia unitario è smentito dalla fronda (che soltanto 'fronda' ormai non è più) anti-bersaniana di renzi e dei suoi. quindi, se un certo tipo di stabilità al pd (e al centrosinistra in generale) avrebbe potuto darla la conferma dell’incarico a bersani da parte di napolitano e la conquista di una maggioranza in parlamento del suo governo, stando invece così le cose già si vede che non solo a bersani non si consente di andarsela a cercare tra i senatori di altri gruppi, ma pure fosse c’è il rischio che sia impallinato dal ‘fuoco amico’ addirittura. insomma, la ‘notte dei lunghi coltelli’ sembra vicinissima. in tutto il centrosinistra, per di più, non solo nel pd: poiché è chiaro che nella stessa sel le obiezioni di principio alla scelta centrista di vendola di 'confederarsi' (centrista dal punto di vista ‘sinistro’ di sel) potevano essere zittite da una bella azione di governo ‘di cambiamento’, ma così… e allora? allora, tutto si muove. nel centrosinistra, e pure al centro-e-basta. non dimentichiamo infatti che il moderatismo ‘presentabile’ nazionale è tutt’ora in cerca del proprio ‘campione’, spentasi la stella del buon monti e di quelli che ci avevano ‘messo la faccia’ insieme (casini, fini, riccardi, passera, montezemolo). quello impresentabile, invece, ha scelto di attaccarsi alla caviglia la catena di berlusconi silvio – almeno finché fa incetta di voti, e affari loro – oppure cavalca la tigre populista di grillo finché non si scoprirà magari che è solo un gattino furastico. e tutto si muove – meglio: tutto si deve muovere, altrimenti è la morte politica – pure a sinistra. infatti l’esperimento di rivoluzione civile è andato come è andato (la fretta, l’incongruenza, l’ingenerosità eccetera), ma l’opinione pubblica radicale in italia non direi sia scomparsa bensì non ha trovato proposte appetibili e: o ha ‘saltato un giro’ o ha dato voce alla protesta a 5stelle, peraltro pentendosene già subito dopo. quindi mi pare che da tutto questo movimento possano uscir fuori quattro ‘punti di attrazione’, che si contenderanno l’egemonia politica di qui a poco: alle prossime elezioni, non lontane, una volta eletto il capo dello stato, riscritta la legge elettorale e chiusa rapidamente la legislatura in corso (e in paralisi per tutto quanto detto). eccoli: il centro impresentabile (ossia la destra), quello presentabile (ossia i moderati), il ‘populismo tecnico’ (ossia a-ideologico, ossia disinteressato alla vita dei cittadini ma solo alla 'vendetta contro le istituzioni', ossia il 5stelle) e i progressisti (ossia la sinistra del centrosinistra e l’opinione radicale). ora. quale che sia lo ‘spirito’ della riforma elettorale (maggioritario o proporzionale, con sbarramento o con doppio turno, a bicameralismo perfetto o con distinzione reale dei compiti), di sicuro c’è che ciascuno di questi quattro ‘punti di attrazione’ dovrà andare a cercarsi i voti nel paese a prescindere da pregressi ‘steccati di appartenenza’, i quali già abbiamo visto abbassarsi e vedremo franare del tutto. e come si fa? coi programmi – certamente, ma non basta. e lo sappiamo bene noi che abbiamo sostenuto l’esperimento perdente di cui sopra: il più bel programma da che io voto ha portato un bellissimo 2.5% e zero deputati zero senatori zero consiglieri regionali nel lazio. no. i voti nel paese si vanno a cercare con la faccia (e la storia, almeno nell’elettorato di centrosinistra e sinistra) di qualcuno che se li sa conquistare. purtroppo è così – e anche se siamo arrivati per ultimi a capirlo, compagni, almeno rimediamo per questa prossima volta: la ‘madre di tutte le elezioni’. ed ecco il cuore di tutto questo mio ragionare in libertà. tutto si muove, e tutto si ri-scompagina a breve. quattro ‘polarità’ per quattro proposte politiche distinte. quattro campioni, quattro facce da mettere all’incanto del pubblico. certo. perché il ceto politico professionale serve a dare soluzioni – di parte, ovviamente – ai problemi di tutti, ma nell’italia postmoderna che siamo, ai leader questa 'sapienza' non è affatto richiesta: essi non devono risolvere, in tutta la fase della raccolta del consenso, devono solo ‘piacere’. e possibilmente anche dopo, quando il voto avrà dato il potere di agire alla sua squadra, il leader servirà ancora piuttosto a piacere che non a governare concretamente – proprio perché la squadra possa governare in pace. ciò detto: il campione della destra è e sarà berlusconi (che piace tanto, anche se a noi sembra folle), a meno che lui stesso designi in tempo un altro alla sua altezza (la figlia?) per quel bacino d’opinione; il campione del populismo a-ideologico è e sarà grillo (che piace meno di prima, ma sempre tanto); il campione dei moderati (diciamo di una dc 2.0 espunta dal malaffare puro e semplice) si sta preparando ad essere proprio matteo renzi (a meno che io davvero non ci capisca più niente, il che è possibilissimo); e il campione dei progressisti sinceri (la cui sostanza è quasi definita, una volta risolto l’ossimoro politico del pd ‘in sé’, ma la cui ‘geometria’ da lì a sinistra e fino ai movimenti è tutta da inventare – e ti pareva!)… …be’, non potrà essere bersani. né vendola, e credo lo capiate da voi. né fassina o civati – non scherziamo, qui si tratta di piacere a milioni e milioni. né barca, che semmai serve a ristrutturare la macchina del (o di un) partito d'area. allora – la butto lì – perché non laura boldrini? il problema è che tutto questo non passerà per congressi, né per assemblee costituenti – e me ne dispiace fin quasi ‘esistenzialmente’. né per raduni di piazza o virtuali. ma in che modo concreto io non saprei. per ciò, sono obsoleto. ma la realtà, quella, tutt'altro che obsolescente, è urgente per definizione! e non aspetterà. un milione di licenziati nel 2012 in italia, 26 milioni di disoccupati oggi in europa. quindi, se non parliamo di questo di che parliamo? allora - e concludo - le forze politiche e sindacali e civico-attive e culturali di sinistra sono davanti a un bivio: continuare a pensare soluzioni particolari e settoriali a un problema che invece è generale e storico - e in conseguenza di questa metodica, sfrangiarsi in mille ottimi rivoli autoreferenziali e impotenti -, o invece sforzarsi di pensarne una integrata e organica, radicale ma comprensibile, specifica e globale insieme; e in coerenza con ciò, realizzare una grande fisionomia di unione organizzata e coerente, democratica al proprio interno ma efficace come una macchina da guerra verso i tanti antagonisti feroci: la classe dominante (i finanz-capitalisti), il suo pensiero unico (il neoliberismo), le sue falangi del consenso (il populismo e l'egoismo sociale), i suoi partiti (in italia: la destra à-la-berlusconi, il centro à-la-renzi e il nulla à-la-grillo&casaleggio). chiaro che se questo farà la sinistra nostrana (politica, sindacale, civico-attiva e culturale), è impossibile che si porti appresso quei pezzi che incarnano l'ambiguità che l'ha segnata finora: i moderati, i 'pontieri', i collusi coi poteri forti e col 'sistema marchionne', con la 'società dello spettacolo'. dunque perderà qualcosa, ma ci guadagnerà parecchio: tanta opinione e tanta intelligenza politica e organizzativa che finora è rimasta alla 'sua' sinistra, sostanzialmente non spendibile efficacemente. qualche segnale positivo si intravede, ripeto: la scelta di laura boldrini presidente della camera (e magari più in là...), l'emersione di barca tra i pretendenti alla segreteria pd, la vittoria preliminare di marino per roma (fresca fresca!), l'opzione di vendola per una confluenza (ma con ancoraggio 'a sinistra'), la stessa resistenza di bersani al fuoco amico... e se continua così sarà renzi per primo a togliersi dalle scatole, appunto, e con lui i co-interessati! e noi? e noialtri compagni, più radicali di quest'aurora di sinistra mainstream, cerchiamo di osservare senza pregiudizi, io spero: in gioco c'è moltissimo, magari il progetto di un'europa della socialdemocrazia reale. unico umanesimo in un mondo barbaro di mercato paranoico. noi diamo una mano, almeno proviamoci. ci tocca! se non ora (sul baratro) quando? e se non noi (tutti i migliori) chi? sette aprile duemilatredici SUPERCOMPUTER
posto che quanto accade qui da noi in ambito politico - intendo il 'visibile' del politico, anzi, quanto 'viene fatto accadere' proprio perché ci sia qualcosa che tutti possano vedere e (credere di) capire: il prorompere del grillismo, il protagonismo renziano, la pervicacia berlusconiana... - non è se non l'effetto periferico, l'ultimo (o quasi) cerchio concentrico della turbolenza nel mezzo dello stagno: la grande geopolitica, gli interessi atlantici, il processo europeo, l'irrestistibile ascesa dei brics...; e posto che anche tale turbolenza centrale, e ben più 'reale' (oltre che globale) dei nostri affaretti, non è causa di sé bensì effetto a sua volta, in ambito politico e inter-nazionale, delle convulsioni di un modello economico-finanziario in contraddizione con se stesso per due motivi fondamentali: la sua essenza transnazionale e la sussistenza degli stati sovrani, da una parte, e la sua coazione a crescere all'infinito e la limitatezza delle risorse del pianeta, dall'altra; e posto - come non è più profezia da science-fiction bensì cosa nota - che i ristrettissimi circoli decisori sulle alternative che attengono così ai passi quotidiani di quel modello planetario convulso, come al suo destino a medio termine, si avvalgono ormai quasi 'in automatico' di valutazioni puramente 'tecniche' offerte da una rete di elaboratori di straordinaria potenza di calcolo in cui gli umani immettono quantità 'galattiche' di dati e algoritmi meravigliosi (benché 'eticamente neutri'); posto, insomma, che è l'output di questo processo di natura elettronica che determina la decisione delle élite sull'economico-finanziario che determina la posizione ufficiale di obama o di merkel che determina il voto di fassina pro o contro l'elezione di boldrini al quirinale che determina la mia prospettiva di semplice cittadino; ebbene, è possibile - chiedo - 'caricare' nei supercalcolatori anche un po' di poesia? non pretendo di invertire il corso della storia - se all'intelligenza umana si affianca ormai, e anzi prevale su essa, quella 'in silicio', vuol dire che le cose non potevano andare che così. ma non buttiamo via tanto del percorso fatto finora - questo, dico. nei 'computer centrali' proviamo a immettere, insieme ai dati globali e ai 'desiderata materiali', anche il resto della produzione umana: tutta la poesia, tutta la letteratura, tutta la filosofia, tutta la pittura, tutta l'arte, tutta la musica, tutto il teatro, tutto il cinema, tutta la spiritualità, tutta la fantasia, tutto l'umorismo, tutta la passione, tutto il valore, tutto il sapere, tutto il lavoro, tutti i diritti, tutta la solidarietà, tutto il rispetto per ogni vivente, tutto l'amore, tutte le biografie delle migliori e dei migliori, tutte le storie delle grandi gesta dell'animo umano e dell'umana liberazione... perché questo è stato, anche - non solo profitto e possesso e mercato e bottino, non solo gli orrori per ottimizzarli, per massimizzarli. io credo che le decisioni che i nostri 'fratelli' nati in nano-tecnologia (anziché in ostetricia) prendessero alla luce di tutto questo scibile, non sarebbero diverse da quelle della più avanzata democrazia illuminata, diretta o rappresentativa che fosse. anzi, semmai più circostanziate - cioè più giuste. non si può tornare indietro nella storia. e i contemporanei sono alle prese con una complessità troppo più grande delle capacità di ciascuno, e con rischi di fallimento, di sofferenze inaudite, su scala terrestre. estintiva. ma c'è spazio, in quelle memorie incalcolabili, per la settima lettera di platone? e l'uomo che le 'assiste' la conosce ancora? cinque aprile duemilatredici UNO SGUARDO OLTRE
dedico due minuti al documentario naturalistico che ho visto ieri sera ("one life", della bbc), a una scena struggente e del tutto esemplificativa. c'è una comunità di macachi giapponesi, sferzata dall'inverno rigidissimo. gli animali sono aggrappati gli uni agli altri per cercare di ripararsi dal freddo, dalla neve che cade impietosa. il loro pelame a lunghi ciuffi è letteralmente irrigidito in barbe di ghiaccio che partono come stalattiti viventi dai crani, dai gomiti, dai dorsi. resistono soffrendo, e più d'uno soccombe. ma al centro dello spazio occupato dalla comunità c'è una sorgente termale a 37°. c'è la salvezza. i macachi sono disposti a cerchi concentrici secondo distanze dall'acqua calda che corrispondono al 'rango' di ogni individuo nel clan. ma per tutti, comunque, vicini o lontani, il gelo è tremendo. tranne che per una sola famiglia, dal numero relativamente esiguo di componenti. essi - ed essi soltanto - possono stare dentro quell'acqua benedetta. è il clan 'reale': il maschio dominante, la femmina dominante, la loro progenie di prima e seconda generazione, e pochissimi altri 'famigli'. tutti questi macachi sono i 'salvati', nuotano nell'acqua calda, la loro pelle ha il colore della vita, i loro visi non sono storpiati dal dolore, grandi e piccoli riescono addirittura a giocare. e là intorno, a tre metri o a venti dal bordo della sorgente, cuccioli di macachi muoiono di freddo tra le braccia di madri impotenti, intirizzite e disperate, e vecchi esemplari non sentono più il sangue nelle vene ghiacciate. e questa situazione è la norma. accettata da tutta la comunità, da ogni membro di qualsiasi rango e qualunque 'fortuna' ereditaria. solo noi ci struggiamo, a vedere. la natura non-umana non prevede solidarietà, giustizia, democrazia. soltanto 'altruismo' verso gli stretti consanguinei, tranne rarissimi esempi che si citano appunto a memoria come i casi di mosche bianche. è solo l'homo sapiens che ha in sé almeno una proiezione, nella realtà fattuale, di quei valori verso tutti i propri simili. ma la loro realizzazione non è garantita, automatica. tutt'altro, ed è perfino banale ricordarlo qui. essa viene meno su scala individuale al primo cedimento all'egoismo che abita gli strati profondi dello strano organismo 'dall'anima a cipolla' che è ognuno di noi. ed essa - ciò che mi sta più a cuore, a me che m'interrogo piuttosto sui fenomeni collettivi che non sull'insondabile singolarità - viene meno su scala sociale ogni volta che non si dia un'azione razionale e organizzata, ostinata e contraria al 'naturale' egoismo individuale moltiplicato per mille, milioni, miliardi. la pietà, la giustizia, la democrazia, il socialismo - non esistono 'in natura'. ma noi sappiamo 'miracolosamente' sognare tutto ciò. allora si tratta, ogni giorno che ogni comunità umana passa sulla terra, di 'forzare' la realtà e approssimarla più possibile a quel sogno misterioso. bisogna studiare, bisogna confrontarsi, bisogna capire, bisogna volere, bisogna unirsi, bisogna sperimentare. siamo anche noi 'natura', ovviamente. e possiamo aggiungere all'in-creato qualcosa che altrimenti mancherà, dolorosamente - per la nostra coscienza. l'universo, di suo, è meraviglioso è freddo. un po' di calore può venirgli dai nostri 'sì', a partire da quelli di chi (singolo o classe) sia più avanti nel cammino di liberazione - di umanizzazione. faticoso, conflittuale. ma io credo che lo dobbiamo anche a quei cuccioli di macachi che stanno morendo di ghiaccio a un passo di un'acqua di vita, in cui non possono entrare a scaldarsi solo per essere nati dalla madre 'sbagliata'. glielo dobbiamo anche se non sapranno mai se ci siamo riusciti. ma lo saprebbe l'universo. attraverso i nostri occhi, che sono i suoi. tre aprile duemilatredici AL VENTO
così oggi marco bracconi sul suo blog, linkabile da repubblica.it: Essere un politico, indipendentemente da cio’ che si è fatto, è diventato un reato. Essere un giornalista, indipendentemente da cio’ che si è scritto, è diventato collusione. Percepire uno stipendio da un partito, per qualsiasi motivo, è diventato rubare ai cittadini. Avere più di 60 anni, ed aver esercitato un ruolo nelle istituzioni o nella vita pubblica, è diventato olocausto delle nuove generazioni. Avere un lavoro sicuro, pure se onesto, è diventato un titolo di demerito e impedimento per esprimere opinioni qualsiasi su precariato, disoccupazione e crisi economica. Esercitare un pensiero critico sui contenuti e le prospettive dell’indignazione popolare è diventato sinonimo di difesa dello status quo. Sostenere che l’opinione pubblica ha una sua grande parte di responsabilità nella crisi del sistema Italia è diventato un insulto prezzolato dalla casta. Così muore una democrazia. di mio aggiungo che tutto questo non è frutto del caso, che basta rileggersi il vecchio piano di gelli, che però era stato pensato per quando l'italia contava ancora qualcosa nel gioco grande della geopolitica capitalista, e che quindi il risultato che ottengono adesso a tirarlo fino alle estreme conseguenze non sarà una dittatura filoimperialista travestita da repubblica occidentale, ma una pecionata. perfino i fini strateghi della reazione tolgono la firma dall'opera, che l'italia non interessa a nessuno tranne che a un po' di mafiette locali. pecioni e picciotti, è il vostro tempo. e il motivo per cui non contiamo un cazzo, e neanche l'europa conta più molto, sta tutto qua: il 2012, per 200 almeno dei 250 più grandi marchi al mondo, è stato florido. nonostante la crisi dell'occidente. perché i miliardi di abitanti dei brics&co possono ancora comprare e consumare. non hanno uno straccio di diritto civicopoliticosindacaleambientale, in fin troppi casi, ma i soldi in tasca per comprare sì. e lo fanno. ergo, il modello europeo - quello dell'umanesimo (a dirla in sintesi esagerata) - non serve più al capitalismo mondiale. e nessuno muoverà un dito per difenderlo. se non lo facciamo noi. quindi, concludendo: questo, dalle nostre parti, è sì il tempo dei picciotti e dei pecioni, ma in uno sforzo di sinergia tra lavoratori, cittadini, intellettuali, migranti di tutti i paesi di un'europa lasciata a se stessa a morire pian piano, questo potrebbe essere pure il tempo di un esperimento di socialismo etico. ma con chi vogliamo parlarne? due aprile duemilatredici TUTTO FERMO
napolitano ha scelto di non scegliere. i due gruppi di saggi sono un bellissimo diversivo pure un po' incostituzionale. bellissimo per modo di dire, con tanti di quei personaggi che meglio perderli che trovarli. il presidente lascia il cerino tutto al suo successore. poteva farci almeno il regalo d'addio, dimettendosi subito. l'unica speranza è che il successore sia quello buono. ma se il centrosinistra non saprà o non vorrà eleggerselo, cioè se chi ha votato centrosinistra non saprà o non vorrà far sentire la propria voce al pd e a sel - che la piantino di giocare ai galantuomini tanto responsabili da farsi fregare sempre, e ai danni dell'italia migliore - be', non voglio più sentire un italiano onesto che si lamenta del proprio stato di infermità civica permanente. comunque, sempre, elezioni prima possibile: appena scritta una nuova legge elettorale. pure quella, caro centrosinistra, scrìvitela e vòtatela: puoi farlo. anzi, devi. e comunque 'sto paese non è serio, e manco è serio che ce sto tanto a pensa'. trenta marzo duemilatredici TRA UN PAIO D'ORE
ipotesi più probabile: se anche napolitano stasera desse (come spero) il nullaosta a bersani per andare in parlamento a cercare la fiducia, la maggioranza non si troverà. a quel punto, o napolitano dà mandato esplorativo al leader della seconda e poi della terza forza in parlamento, nell’ordine (berlusconi o alfano? non l’hanno ancora detto. e chi per grillo? non l’hanno detto mai), e loro dopo aver fatto perdere altro tempo al paese arriveranno allo stesso nulla di fatto di bersani, oppure napolitano conferma il governo dimissionario per gli affari ordinari e aspetta il 15 aprile per la seduta congiunta di elezione del nuovo capo dello stato. io – sempre nell’ipotesi più probabile di cui sopra (diversamente, ossia se invece la maggioranza a bersani clamorosamente arrivasse, tutto questo che dico cade) – opto decisamente per la seconda strada: monti (se napolitano non conferma stasera l'incarico a bersani, o bersani stesso se lo riceve ma buca in parlamento) resti in carica per la routine, e aspettiamo il successore di napolitano per sciogliere le camere e tornare al voto tra giugno e luglio. e in parlamento intanto che si farebbe? e il centrosinistra, soprattutto, cosa farebbe? dico ciò che farei io, se fossi ‘il centrosinistra’. forte dei miei 480 voti tra camera e senato (più delegati regionali), mi eleggerei chi mi pare al colle dal quarto scrutinio in poi (allorché di voti ne servono 505. ma vuoi che non ne trovo altri 25 oltre i miei per portare al quirinale un bel – o una bella – progressista come si deve?). e forte della mia maggioranza assoluta alla camera e di quella relativa al senato, e soprattutto dei presidenti rispettivi che sono finalmente ‘miei’ (che, in quanto presidenti, non sono certo ininfluenti nella gestione del calendario dei lavori parlamentari), nonché del presidente del consiglio 'routinario' (nell'ipotesi 'incarico confermato' tra poco), mi approverei la legge elettorale che mi pare al posto del porcellum. e a palazzo, basta fino allo scioglimento: non farei altro. ti pare poco? nel paese, poi, farei – come si dice a roma – lo ‘stravede’. cioè una campagna elettorale martellante e implacabile, su piazza e su media (forte a quel punto di una quantità di figure istituzionali con ‘diritto di parola’ – presidente della repubblica, del senato e della camera, ed eventualmente il premier a disbrigo corrente – e anche di una certa ‘aria da vincente’ che la presa del colle e la riforma elettorale mi darebbe – e la gente si sa che salta sul carro del vincitore), una campagna elettorale per un programma di interventi sui problemi concreti della gente concreta, sui costi della politica, sui diritti civili, sui servizi, sulla cultura, sulle regole dell’informazione, sulla legalità, sulla fiscalità, sull'ambiente, sulle missioni internazionali, sull'accoglienza eccetera, un programma di proposte radicalmente innovative sul modello socioeconomico nazionale e anche sulla forma e sulla sostanza dell’unione europea a fronte della crisi sistemica occidentale. e senz’altro continuerei – tesaurizzando l’esperienza di rinnovamento del personale politico fin qui condotta in parte nel e dal centrosinistra – continuerei a mettere tangibilmente a disposizione le mie strutture organizzative affinché l’eccellenza civile del paese (l’eccellenza, non la gggggente – quella sa già dove e come intrupparsi) si prenda le sue responsabilità nell’attività politica, giacché ha mostrato di volerci provare e giacché questa è un’altra buona carta da giocarsi in stretto senso elettorale con l’opinione pubblica. questo farei. e dell’abbaiare degli altri – berlusconi e grillo – me ne fregherei. tanto abbaieranno sempre e comunque: anche se gli concedi il capo dello stato, anche se gli chiedi di scrivere insieme la legge elettorale. anche se gli dai il culo. se io fossi il centrosinistra. e se il centrosinistra facesse questo, io ne farei parte. ventotto marzo duemilatredici . FENOMENOLOGIA DELLA BARBARIE
ieri lombardi-non-scopo-mai si registra nel solito videocomunicato in stile a metà tra vanna marchi e rapimento moro, per i fancazzisti del PaVimento5stelle col loro culo impiastrellato come sempre davanti a uno schermo, e cosa dice? che la (benedetta) decisione del governo uscente di sbloccare i pagamenti per dare i (tanti) soldi che la pubblica amministrazione deve ai fornitori (da un sacco di tempo, motivo per cui essi fornitori - piccoli imprenditori, artigiani, intermediari, cooperative, e relativi lavoranti tutti - cadono come mosche nel vento), è 'una porcata di fine regime'. ma allora è vero: questi non sono tanto stronzi, quanto pazzi proprio! dico. non basta che i deputati e i senatori del PaVimento stiano là (a spese nostre, carissime) perché selezionati tra i cittadini italiani più meritevoli per non aver mai combinato una madonna (tranne qualche avvistamento di ufo o scoperta di elisir di lunga vita). non basta che per loro stessa ammissione non abbiano alcuna idea dei procedimenti tecnici e giuridici coi quali un parlamentare si guadagna la pagnotta (ergo: propone leggi, le discute, le approva), e infatti finora hanno presentato roba come un centesimo dei disegni di legge presentati dai loro colleghi di casta. non basta che abbiano scassato i maroni con gli aggeggi con cui 'apriremo il palazzo', e finora tutto quello che hanno aperto è stato il portoncino del ristorante più costoso della zona (sempre a spese dell'erario), oltre agli occhi di crimi-che-infanzia-infelice quando (ma troppo tardi, eheheh) il capogruppo al senato è stato pizzicato a ronfare beatamente durante i lavori d'aula come uno scajola qualunque. adesso riescono pure nel più clamoroso degli autogol, sputazzando sulla decisione suddetta di pagare finalmente i cittadini creditori dello stato! autogol, sissignori. perché non credessero di aver fatto bottino di voti tra gli amanti disinteressati della democrazia diretta: chi ha votato PaVimento perlopiù è tanto incazzato o per non mettere più insieme il pranzo con la cena, con la propria attivituccia, o per vedere che c'è qualcuno a palazzo ancora più furbo del popolino furbo geneticamente. e a questi elettori qua, la decisione del governo - furbetta quanto si vuole - dà oggettivamente tanti bei motivi per fregarsi le mani! ahò, non ce pijano più manco pe' sbajo. (e non pochi ex-simpatizzanti lo confessano amaramente, per esempio, perfino al sottoscritto.) la piramide della retorica grillina si sfarina sotto il suo stesso peso. gestire il potere e il consenso è infinitamente più difficile - più da grandi, o almeno un pochino intelligenti - che abbaiare contro tutto e tutti come ha fatto grillo sul web e nelle piazze (rilanciato da tutte le televisioni ogni giorno a tutte le ore, per settimane). streaming o non streaming, so' già finiting. 'sticazzi? e mica tanto.ormai più di 150 di questi, in parlamento ce li avete mandati. non solo: stiamo messi in modo tale che dobbiamo sperare che almeno un 10% di loro abbia un rigurgito di onestà, indipendenza e salute mentale, e sostenga un governo di cambiamento (semmai bersani riuscisse a congegnarlo davvero così. sennò vada a cagare anche lui). capito perché a vedere il muso della lombardi che si scava la fossa da sola, saccente tipo un allenatoraccio di borgata buttato non sai come in champions league, io mescolo il riso feroce al pianto sconsolato? e così oggi, alle 10, c'è questa insania dello streaming a reti unificate dell'incontro PartitoDemocratico - PaVimento5Stelle. (si comincia guardando il grande fratello, poi si passa allo streaming duro&puro, e dopo si finisce a fare youporn. occhio, grillini: di video ci si va sotto come con l'acido. ogni epoca, la sua dipendenza. e riscontro una certa china.) ma ovviamente è tutt'altro che una pratica di trasparenza democratica, bensì la versione 2.0 dell'oculum a parete con cui i papi 'alla borgia', coi cardinali appresso, seguivano le trattative tra gli ambasciatori, o del panopticon delle carceri di massima sicurezza per prigionieri politici, come spinelli a ventotene. e ovviamente serve soltanto a grillo per inchiodare i propri emissari (di cui non si fida, avendo essi già dimostrato un pericoloso spicchio di cervello sottratto al totale controllo suo e di casaleggio) alla regia del 'tanto peggio tanto meglio' che è già calata dall'alto dei suoi interessi, privilegi, milioni di euro. inchiodarceli pubblicamente, semmai provassero a decidere di testa loro: come i cristiani nel circo di diocleziano o gli schiavi ribelli con spartaco lungo l'appia antica. ma ovviamente, pure, considerazioni e citazioni storiche di questo tipo sono del tutto prive di senso per chi crede nella dottrina del PaVimento: come se parlassi un'altra lingua, l'elfico di tolkien. e forse è così. allora qui la butto in burla. dicendo che il povero bersani tutto poteva immaginare tranne che i 3.200.000 di cittadini che si sono mossi per le primarie di centrosinistra (tra cui io, che però ho indicato vendola al primo turno e solo al secondo e in funzione anti-renzi, bersani appunto) e i 9.000.000 che l'hanno votato alle politiche (tra cui non io, che ho votato rivoluzione civile) non fossero altro che la giuria del casting per il grande fratello che sta per andare in onda. che postaccio, ragazzi. ora, io so che tra le persone che hanno modo di leggermi qui – anche solo saltuariamente – ci sono non pochi cittadini che il 24 e 25 febbraio hanno votato 5stelle. ed è a loro che scrivo queste righe che seguono, sperando nella loro cortese attenzione. voi avete votato 5stelle – credo – perché avete ritenuto che solo così potesse arrivare un segnale il più chiaro possibile della vostra sofferenza, di cittadini italiani alle prese con la crisi economica più feroce di sempre, a una classe dirigente politica che sappiamo tutti inadeguata al compito. e avete votato 5stelle – mi dite – perché a differenza delle pessime abitudini dei partiti tradizionali, quel movimento tiene conto davvero delle opinioni dei cittadini semplici, e così voi ora avete dei rappresentanti in parlamento che stanno lì ad ascoltarvi e ad agire di conseguenza. se è vero quanto sopra, ne discende che adesso ognuno di voi ha un potere che io – per esempio – non ho. perché ho votato rivoluzione civile, l'ho già detto, e così ora non ho nessun ‘mio’ rappresentante in parlamento. e perché, trovandomi invece un po’ per ideologia un po’ per ‘vecchiaia’ abbastanza a mio agio nelle dinamiche tradizionali dell’elaborazione e dell’azione politica (di sinistra, ovviamente: collettivi, assemblee, tesi e controtesi, congressi, direttivi, cortei, occupazioni), io non avrei avuto comunque la ‘voglia’ di contattare direttamente il mio rappresentante in parlamento per dirgli di fare una cosa qualunque. ma voi sì. voi – se è vero che siete cittadini in grande sofferenza a causa della crisi che non passa e in grande ansia perché ogni giorno che trascorre senza svolte le cose peggiorano concretamente, e se è vero che avete fiducia nel fatto che la vostra voce di cittadini semplici possa e debba arrivare efficacemente là dove si prendono le decisioni che riguardano voi e il paese – allora avete il diritto di esercitare il vostro potere. e ne avete al limite il dovere. pensate soltanto al vostro interesse, non vi chiedo più di questo: all’interesse vostro e di chi amate, a quello della vostra attività, alle sue prospettive future, ai sacrifici che avete fatto finora, a quelli che sono stati fatti perché voi aveste una possibilità, pensate alla serietà del momento e al fatto che un giorno qualcuno – i vostri figli (o voi stessi) – potrà chiedevi se oggi foste seri all’altezza del momento. e scrivete. scrivete ai deputati e ai senatori 5stelle che stanno là per voi, scrivetegli che per il vostro interesse loro devono assolutamente fare da subito quello che va fatto perché il paese esca dalla crisi prima possibile – ora, non un ‘domani’ ipotetico in cui la classe politica sarà stata tutta ripulita grazie al movimento. scrivetegli che siete semplici cittadini, che avete fiducia in loro, che per questo li avete eletti. scrivetegli che anche se siete grati a beppe grillo – e lo sono anche loro – per aver dato il via a tutto questo, non è detto che lui abbia sempre ragione su ogni cosa, e che su questa cosa della necessità di fare subito (non domani) qualcosa per il paese e per tutti, magari beppe grillo ha una percezione differente, magari dovuta al fatto che lui conduce una vita un po’ diversa dalla vostra, dalla mia, da quella degli stessi parlamentari neoeletti, da tutti noi cittadini semplici. scrivetegli che non ne farete una questione di forma se loro daranno questa benedetta fiducia al nuovo governo, o se invece usciranno dall’aula o se invece si asterranno… sono cose tecniche che non vi riguardano, sennò voi stareste là al posto loro e loro qui a leggermi. scrivetegli che però volete che tutta questa energia di cambiamento che è il movimento in cui credete, al cambiamento porti davvero, e non alla paralisi. ma al cambiamento nella vita di tutti i giorni – non solo nella vita e nelle abitudini del palazzo: che porti ad avere una possibilità in più di lavoro buono, di servizi buoni, di ambiente buono, di futuro buono. per tutti. scrivetegli semplicemente che non volete morire berlusconiani, e neanche bersaniani, ma che soprattutto non volete morire. non a breve, almeno. ma non scrivetegli sul blog di grillo o sul web del movimento o sulle pagine social, perché è evidente che il vostro appello non sarebbe ‘gestito’ come si deve da chi amministra l’uno e l’altro o le altre. nella migliore delle ipotesi vi prenderebbero per troll o fake o chissà cosa. no: saltate i passaggi, voi che potete! da persone in carne e ossa quali siete. scrivete qui, ai vostri rappresentanti alla camera: http://www.camera.it/leg17/28?lettera=A e qui, a quelli al senato: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede_v3/Gruppi/00000071.htm fategli solo capire che non è uno scherzo. che non c’è più da scherzare. e loro, se è tutto vero quel che ho scritto e quel che voi stessi dite sempre, lo capiranno. grazie per l'attenzione. e grazie se lo farete! e ora chiudo il ragionamento tornando a parlare a tutti. delle cose che sono poi successe in giornata. per chi non l'avesse capito, o faccia finta, grillo vi ha appena dato del figlio di puttana. a tutti gli italiani. berlusconi dava del coglione solo a noi di sinistra, e dello psicopatico solo ai magistrati. vedete un po' voi. intanto, che brutto. oggi ho visto due poveri cristi - uno ciccione e una avvizzita - seduti davanti alla cattedra, che annaspavano qualche risposta imparata a memoria davanti a una responsabilità centinaia di volte più grande di loro. e dietro gli si erano piazzati - tipo torturatori pronti con gli elettrodi e i trapani - i comunicatori-silenziosi scelti personalmente da casagoebbels. non basta, perché tutta la scena veniva ripresa in diretta affinché tutti vedessero l'inconsistenza dei due poveri cristi (e non s'azzardi nessuno a far di testa propria), l'impotenza di bersani davanti alla strategia dello sfascio, e sullo sfondo il potere impunito di adolfgrillo che aveva architettato la cosa per averne (e mostrarne) il controllo totale. altro che democrazia e trasparenza! che brutto. dopo io ho provato a scrivere una lettera a cuore aperto agli elettori del pavimento5stelle (quella di prima), l'ho diffusa ovunque affinché i cittadini in buona fede facciano sentire la loro opinione ai loro stessi eletti, saltando il tallone ferreo del duo milionario e dei loro pretoriani silenti o parlanti a memoria. e la mia letterina è piaciuta e sta piacendo molto, ma non ho ancora nessun riscontro dagli elettori del pavimento5stelle cui è diretta: o si vergognano di esserlo, o si vergognano di contestarla, o non capiscono la nostra bella lingua. che brutto che brutto. l'avevo detto tanto tempo fa, che la barbarie veniva di pari passo con questo torvo sadismo sfigato. stomacato abbastanza, compagni adorati e cittadini preoccupati, vi lascio a questo puntoi la sera italiana. per noi c'è pirandello in salsa ronconiana nello spazio-in-progress dell'india. non riesco a pensare un luogo a roma più al sicuro da tutta quella feccia rovinosa. ventisette marzo duemilatredici VEDERE PROFETARE PREGARE
berlusconi vuole un moderato sul colle, e se non fosse che è norvegese e abbastanza impicciato per una quindicina d'anni c'è chi giura che lui stia pensando a breivik. indisponibile quello, in subordine c'è pietro maso scarcerato di fresco. scherzi a parte, la cosa serissima è che dacci oggi il nostro sondaggio quotidiano dice che votassimo adesso vincerebbe, pure se di un'incollatura, il pdl. è che i grillini occasionali si sono già stufati, e allora tornano alla base. questo è il paese, almeno in non poca parte. ed è - immaginerete - un tantino deprimente per chi non ci si riconosce. e pure la depressione indotta, ne siamo sicuri in molti, è assolutamente non casuale bensì progettata e voluta, per tagliare gambe e fiato a quelle particole di buona volontà e retto pensiero che nonostante tutto... quindi, alla depressione bisogna rispondere prima che prevalga e ci asfalti. intanto dentro di sé - in ciascuno di noi -, e poi ciascuno a beneficio di qualcun altro che in quel momento magari vorrebbe ma... non ce la fa, annaspa. che posso offrire io? boh, pochissimo: un'idea ogni tanto, adesso questa qua. che per resistere, e magari (molto magari) controbattere, abbiamo assolutamente bisogno di una "visione del mondo", una qualunque. purché nell'insieme ci somigli profondamente. nel senso che a osservarla, la nostra visione del mondo, e a osservare noi si veda abbastanza la stessa cosa; e soprattutto, si veda una coppia di cose quasi uguali - noi e la visione - entrambe sane, pulite, belle, da poterle dire ad alta voce senza vergognarsi, ma anzi suscitando almeno un po' di stupore e ammirazione. questo di una visione del mondo ricca e coerente, è propriamente il primo concetto astratto estirpato dalla testa dell'uomo comune dalla "società dello spettacolo" debordianamente intesa, cioè dal capitalismo da che è diventato aria e acqua e cibo e senso e sogno. col risultato, intenzionalissimo, che all'uomo comune è rimasta sì e no una fruizione caleidoscopica di pezzetti di mondo scollegati, a tutto vantaggio del potere che invece il mondo per intero lo vede eccome (e se ne vergognerebbe, se sapesse ancora farlo). coltivare una visione del mondo, e ovviamente una visione di noi stessi - di ciascuno, e di tutti - all'interno del mondo così pensato, e desiderato, e condiviso, e agito, è l'unica idea (un po' scema) di antidepressivo che mi viene in mente ora. scusate. non è frutto di cultura, non per forza, né di talento creativo - che mica è di tutti, e mio no certo. può regalarcela magari un nostro figlio che vuol parlare con noi spegnendo l'iphone, o un nostro anziano che si è stufato di far finta di sonnecchiare sul divano. possiamo ricordarcela all'improvviso, come il sapore di un vento lontano, può brillarci in testa come la soluzione insospettabile di un racconto giallo... e di sicuro può darcela l'amore bello, quello ad occhi bene aperti. insomma c'è. da qualche parte, vicinissima, la visione del mondo che ci somiglia, c'è. cominciamo da questo. poi, il resto. 'un mondo diviso male non può portare niente di bene'. non so più chi l'ha detto, ma sottoscrivo. e non sarà colpa originaria di nessuno, anche se poi un sacco di gente ci ha fatto colpevolmente la scarpetta, sarà l'effetto lungo della distribuzione delle terre emerse sulla superficie del pianeta, da una parte, e di alcune sequenze di dna umano che presidiano l'istinto di sopravvivenza dall'altra, ma il fatto è che il mondo diviso così tanto male - geograficamente, economicamente, socialmente, culturalmente - va dritto dritto verso la pura e semplice fine della specie umana. e di parecchio altro. e ce lo dicono da cent'anni gli intellettuali, gli artisti, i mistici, le masse organizzate, le donne, i saggi vecchi, gli scienziati, i popoli nuovi sulla scena della storia, i migranti, i bambini. allora, o ci mettiamo in testa di meritarci che un esperimento di mondo senza divisioni venga finalmente tentato prima che sia troppo tardi, o ci mettiamo in testa di tentare almeno l'implementazione di linee di divisioni non così tanto a cazzo di cane. il pauperismo dei secoli scorsi ha elaborato e proposto la propria idea in merito. non è piaciuta. il socialismo ha tirato fuori la sua. non è piaciuta. anzi, per ricacciarne indietro il rischio che piacesse, i padroni del mondo si sono inventati diversivi tipo l'imperialismo e il nazifascismo e un paio di guerre mondiali. anche l'idea anarchica in ogni sua variante c'ha provato, e dopo alterne fortune è scesa in campo la società dello spettacolo tutta intera, e dell'anarchismo schiantato è rimasta in piedi solo la buccia individualista fottuta che scontiamo pure e soprattutto qui sul web. insomma, fate un po' come ve pare. ma cambiamo. profondamente, presto. 'costi quel che costi'. e prendete quest'espressione alla lettera, prego. sennò la prossima specie sulla terra in grado, semmai, di fare letteratura o cinema o musica o storia o scienza o filosofia o religione, qualunque prodotto tirerà fuori nelle rispettive discipline lo farà cominciare con "qui prima di noi c'era gente stupida, cattiva, triste e pure suicida". alla ragione senza spazio alla bellezza senza tempo alla giustizia senza nazione alla dolcezza senza prezzo alla passione senza rimpianto alla speranza senza ragione alla lotta alla gioia al sapere alla pace all'amore finite le preghiere, andiamo a lavorare anche oggi in questo paese senza alcun dio. insieme, companeroas in spiritu. venticinque marzo duemilatredici ZEMANLANDIA, TIPO
(sto a pezzi. c'ho tanta fame di un capello da mettere tra il mio sguardo e la faccia di medusa, che vedo bergoglio e mi dico 'papa giovanni!', sento bersani e mi dico 'dolce enrico!', soppeso marino e mi dico 'petroselli!'. un altro po' e prendero mengoni per un cantante e andreazzoli per un allenatore. sto a tocchi. e leggo che come me tanti. ma chi non sta così, sta pure peggio.) tra poco cominciano le consultazioni di napolitano. e io manco je vorrei esse corazziere, giacché dovrà cibarsi statisti del calibro di berlusconi e grillo in rapida successione. bersani - uno che se venerdì sera m'avessero detto che la mattina dopo se svejava dalla narcolessi politica, avrei risposto 'sì lallero' - ha detto che va con una proposta pd. che credo significhi che va con una proposta che è frutto del convincimento della sua coalizione, e non di alchimie tattiche del tipo 'ma se io faccio così allora berlusconi è costretto a fare cosà e allora faccio finta di fare cosù così grillo è costretto a fare finta di fare cosò'. e se è come credo - tanto peggio per gli alchimisti imperituri alla d'alema e veltroni - vuol dire che il risveglio dalla narcolessi ancora regge, e che la coalizione di centrosinistra ha vivaddìo deciso di dire al paese che paese vorrebbe. semplicemente. e che se invece il tentativo fallisse e si tornasse presto al voto, almeno sapremmo qualcosa di più - del centrosinistra - che non la semplice bonomia paesana dell'oé ragassi. come che sia, 'sta proposta pd - però - non ho idea di quale sarà. allora, non so se faccio in tempo ma mi rivolgo direttamente a lui, a bersani. dico. stai nella posizione più favorevole: nessuno crede davvero che tu riesca. anzi, quelli e quegli altri là faranno tutto ciò che serve per farti fallire (e per farci fallire tutti, noi e il paese, come se loro vivessero da un'altra parte - ma ora non voglio psicoanalizzarli). va detto che una gran bella fetta di torta delle responsabilità per tutto ciò è proprio tua - e dei tuoi - ma ora non voglio esaminare manco questo. stai nella posizione più favorevole: che tu perda se l'aspettano tutti, come un onesto piacenza contro una juventus di moggi. allora gioca il calcio più divertente che riesci a immaginare, e lascia in tutti gli spettatori l'impressione migliore che puoi (e pure i tre punti sul campo, se - come detto - sarà praticamente inevitabile). creare il ministero per l'equità sociale e metterci landini, quello per la democrazia sostanziale e metterci rodotà, quello per la crescita sostenibile e metterci carlìn petrini, quello per la cultura solidale e metterci don gallo - tanto per dire qui qualcosa, e tanto per cominciare - mi sembrerebbe abbastanza zemaniano. insomma: pure te, ragasso, prova una volta a facce sogna'. tanto ci penseranno loro a svegliarci subito, con le campane dell'idiozia e le bombe della perfidia. ma almeno noi avremo qualcosa da ricordare e raccontare, tipo quella squadra che come giocava lei solo in paradiso. fine dell'appello. ora, già lo so, i nuovi barbari (per nulla sognanti) diranno che tiro sempre fuori 'sti nomi da radical-chic, che la gente s'è rotta il cazzo come della politica pure dei soliti noti, che la kultura deve fare la stessa fine del palazzo, che chi governa non deve essere un 'bravo professionista' ma essere semmai empatico verso chi ha bisogno e/o è incazzato - cioè verso tutti. bon. allora spiego - a me stesso, più che altro - ciò che penso sul punto 'cultura'. la cultura - mi sembra perfino banale dirlo, ma evidentemente è sì banale ma ignoto a troppi - la cultura non è il risultato conseguito il quale 'si sanno tante cose', bensì è piuttosto il processo di conseguimento di qualcosa. il processo, quindi, non il risultato. e comunque il frutto di quel processo non è certo 'sapere tante cose' - questa sarebbe un'analogia con l'accumulazione di beni materiali che, al contrario, ha ben pochi punti di contatto con 'il culturale' (mentre ne ha tanti, non sorprendentemente, con le scelte esistenziali dei suddetti barbari). il frutto di quel processo è un duplice 'gesto': soggettivo individuale, 'muovendo' il quale l'essere umano si riconosce in quanto tale - 'umano', appunto -, e oggettivo sociale grazie a cui io riconosco gli altri umani in quanto tali anch'essi. 'tutti' gli altri: non solo quelli parlanti la mia stessa lingua o lo stesso dialetto, non solo quelli col colore della pelle e i tratti somatici come i miei, non solo quelli della mia classe socioeconomica, non solo quelli con la mia stessa storia, non solo quelli della mia città o dello stesso quartiere, non solo quelli con le mie credenze o con i miei stessi valori, non solo il mio stesso sesso, non solo la mia generazione. tutti esseri umani in quanto tali, io essere umano come loro. la cultura - banalmente, ripeto - è il processo di conseguimento di queste due 'verità', che diventano sempre più naturali e indubitabili proprio nella misura in cui il processo si accresce e si affina: tanto più 'si diventa colti' - e non si finisce mai di 'diventarlo'. la cultura non è altro. e ovviamente, così definita, è tantissime cose molto diverse tra loro: tutti gli studi, tutte le riflessioni, tutte le elaborazioni, tutte le esperienze, tutti gli incontri, tutti i confronti, tutte le tradizioni, tutte le innovazioni, tutte le contaminazioni, tutte le creazioni, tutte le codificazioni. purché fatto 'a mente e a mani e a cuore aperti'. e quell'empatia tanto sbandierata - signori miei - con i minatori o i pastori sardi, con gli operai e i malati tarantini, con i precari e gli esodati di ogni parte d'italia, con i migranti che qui arrivano contrattando con la morte e gli viene negata la semplice vita, ebbene a meno che voi stessi siate minatori o pastori o operai o malati o precari o esodati o migranti, solo dalla cultura così intesa può gemmare con sincerità. la prova (a contrario) è che i barbari vecchi e nuovi (e i loro rappresentanti urlanti e forse pure legiferanti, ormai), trattandosi tutti di incolti profondissimi, orgogliosamente e quindi inemendabilmente, non riescono a empatizzare di fatto con nessuno che non sia come loro un piccoloborghese livoroso, egoista, conformista e - al dunque - oggettivamente organico al potere stesso. i cui esemplari, va detto, sono tanti. perché c'è un fraintendimento orrendo nei confronti della cultura e di quelli che la eleggono (in questo specifico senso) a bussola della propria vita. tale fraintendimento è una delle più sottili astuzie del potere, la quale ha due effetti. per primo, mette umani contro umani. e tipicamente tende a separare gli umani consapevoli di esserlo dagli altri che non lo sono ancora (vecchi o nuovi barbari), instillando in questi ultimi una diffidenza verso i primi che fa leva facilmente sugli istinti più gretti, su una permanenza degli aspetti deteriori dell'animo infantile anche nell'età adulta. col risultato che la cultura soffre a diffondersi, e da lì dove si ferma in poi il potere muove gli umani a proprio piacimento. e per secondo, mette - diciamo così - ciascuno contro se stesso. l'umano senza cultura è inconcluso come progetto, ha dell'umano solo i costi - sapersi finito, saper irrealizzabili i propri desideri, patire anche solo a immaginare il patimento proprio e dei cari - ma non ne ha alcun vantaggio: la dignità, la libertà, la fiducia, la fantasia, il rispetto di sé. e un umano amputato a tal punto è la riserva ideale per le grandi manovre del potere sulla scena della storia. è il prodotto seriale, depresso, impotente benché incarognito, di un sistema di produzione e consumo che non prevede originali, ma soltanto copie. l'universo della cultura, ecco, è un universo di prototipi. è fatica, ma è gioia. quanto di più inattuale, pertanto, se visto da quest'angoletto di spaziotempo. nel quale, al contrario, è stato inoculato il messaggio che non ci si deve fidare di chi 'sembra saperne troppo', ossia che quelli ai quali è riconosciuto un qualche 'sapere' fanno parte di una sorta di complotto contro la gente, ossia che senza più questi scocciatori presuntuosetti tra i piedi si starebbe meglio - tutti uguali. appunto. tutte copie. tutto in discesa, così, per il potere. ma è solo un angoletto di spaziotempo, questo, per fortuna. e la cultura invece corre su latitudini e longitudini abbracciando tutto il pianeta, e il suo orologio batte le migliaia di anni come il mio i minuti. quindi, basta aver la pazienza di continuare a respirare. non sembra, ma la lotta è questa. e allora vediamo un po', oggi e domani, 'ste consultazioni: speriamo in un fantastico, inutile, 4-3-3 da favola! venti marzo duemilatredici UN LUNGO WEEKEND DI SORPRESE
venerdì swg ha sondato la gente chiedendo qual è la prima cosa che dovrà fare il governo (quando ci sarà). risposta più diffusa: 'abolire il finanziamento dei partiti'; poi, alla pari: 'fare la riforma elettorale' e 'ridurre il numero dei parlamentari'. fare qualcosa per l'economia viene dopo, per il lavoro ancora dopo. poi viene 'abolire le province'. fare qualcosa per i servizi, non pervenuto. per i diritti, idem. per i saperi, idem. per l'ambiente, idem. per la legalità, idem. per l'emarginazione, idem (non scherziamo). per l'integrazione europea, idem (ahahah!). per la cooperazione internazionale, idem (AHAHAHAHAH!!!). il sistema di potere - proprio quello che la gente sembra mettere in cima alle proprie critiche anche in questo sondaggio (come pure, cosa più importante e grave, nelle ultime elezioni) - il sistema di potere ha stravinto appunto in ciò: riempiendo di sé, benché 'al negativo', la sfera del desiderabile da parte del popolo. chi ha fatto di queste parole d'ordine il proprio cavallo di battaglia è, pertanto, l'ultimo e diabolicamente più efficace baluardo a difesa del sistema. e chi ci ha creduto e ci crede in buonafede, ha subito e sta subendo il più perfido e perfetto dei raggiri 'di cittadinanza'. posto ciò, e vista l'ampissima diffusione del fenomeno, la parola spetta neanche più alla politica ma alla psicoanalisi. non disgiunto da questa osservazione, è quanto segue. qualcuno (perlopiù del centrosinistra, ma non è rilevante), oggi, primo giorno della legislatura, anche se non sono stati ancora eletti i presidenti delle camere (perlopiù per colpa del centrosinistra, ma non è rilevante) e prima ancora di formare i gruppi parlamentari, ha depositato alcuni disegni di legge (perlopiù è propriamente questo per cui noi paghiamo il potere legislativo, molti non lo sanno o fanno finta di non saperlo, ma non è rilevante). eccone qualcuno. - a prima firma del senatore zanda, il ddl sulla disciplina del conflitto d'interessi che modifica l'art. 21 della costituzione. - sempre di natura costituzionale e, di nuovo a prima firma zanda, il ddl sulla riduzione del numero dei parlamentari che prevede la modifica degli art. 56 e 57 della costituzione. - quello del senatore pietro grasso di contrasto alla corruzione, voto di scambio, falso in bilancio e riciclaggio. - la senatrice democratica rita ghedini ha invece presentato una serie di ddl in materia di occupazione e lavoro, con la previsione di estendere l'aspi (assicurazione sociale per l'impiego) anche ai precari e la maternità alle lavoratrici atipiche e con partita iva nonché di anticipare il pensionamento per i famigliari di disabili gravissimi. - la ghedini ha inoltre presentato il ddl per il contrasto alla pratica delle dimissioni in bianco. - tra i testi depositati oggi dal senatore ignazio marino, quello sulla sicurezza e qualità dell'assistenza sanitaria. poi, oggi, qualcun altro (perlopiù del movimento5stelle, ma non è rilevante), ha impiegato il primo giorno della legislatura per fotografare apriscatole in aula o scontrini in buvette, scrivere a pennarello il proprio nome su bicchieri di plastica, salutare mamme e mogli e fidanzati e figli via streaming, replicare molte volte su schede colorate un nome e un altro indicati da chi comanda, pisciare sulla stampa e sentirsi i più fichi di sempre. be', mortaccivostra. ma non è rilevante. meno trivialmente, "non facciamoli più pazzi di come sono" dice cacciari. e lo dice per rassicurare! "la lega almeno fu costituzionalizzata, da berlusconi", dice mieli. e lo dice come guardando a un esempio! "col presidente della camera in mano, grillo distruggerebbe l'istituzione", dice sorgi. e lo dice perché è vero. non so se è chiara la misura di tutto. forse è perfino troppo per imputarlo alla mistura esplosiva di malafede più creduloneria più incapacità più codardia presente nel corpo elettorale italiano. quando un disastro è effetto di umani, per quanto grande, non sembra che gli uccelli impazziscano per l'inversione dei poli magnetici. ma così sembra ora! non ce l'ho neanche più con alcuno: dirò che è urano che divora i suoi figli. né credo più, a consolarmi, che alcuno si meriti queste evenienze. la tempesta è semplicemente perfetta, in-umana, non-sensata, leopardiana. raccontarla, almeno. sabato io mi sento un cittadino a libertà limitata in una patria occupata sotto tre aspetti: per le strade reali e in quelle della intercomunicazione, occupata da una grande quantità di infami o dementi; nelle istituzioni e nelle sedi decisionali economicofinanziarie, da personaggi incapaci o impotenti nella migliore delle ipotesi, traditori della costituzione o criminali nella peggiore; e nei rapporti concreti della società - lavoro, produzione, scambi, formazione -, occupata dalla più nera paralisi della storia contemporanea. sono sotto occupazione. e so di non essere affatto il solo a sentirmi così. quindi l'obiettivo è liberarmi. liberarci. ma niente velleitarismi romantici: figuriamoci! rivoluzione civile ha raccolto appena 800.000 voti, e quindi non ci sarà nessuna rivoluzione, né civile né incivile. per come possiamo immaginarcela - o anche augurarcela sotto sotto (che poi voglio vedere chi si offre a essere il primo che muore sulla barricata!). ci si libera invece un giorno alla volta, stando così le cose. con l'intelligenza della comprensione dei fatti, col rigore delle scelte comportamentali, con l'energia della speranza, con la dignità della disperazione. AH PERO'! boldrini alla camera e grasso al senato, questo ha deciso bersani SORPRENDENTEMENTE! e SPERO questo manterrà come obiettivo fino all'elezione di entrambi. FINALMENTE una cosa sensata! e 'un giorno alla volta' (cfr. sopra) vuol dire anche questo: centrosinistra (che io non ho votato, avendo scommesso e perso sulla sinistra radicale), non fare cazzate! prenditi tutte e due le presidenze delle camere, che i numeri oggi ce li hai! la legislatura sarà lunga o breve o istantanea, la trattativa per il colle sarà facile o difficilissima, quella per il governo sarà ardua o impossibile - quello che sia sia, un giorno alla volta, ma caro centrosinistra in ogni caso OGGI prenditi le due presidenze e tienile: qualunque cosa succeda dopo - e davvero è 'un giorno alla volta' che vi aspetta e chi CI aspetta tutti -, sarà assolutamente meglio se quelle figure istituzionali (e anche mediatiche) sono in mano vostra rispetto a qualunque altra. e boldrini e grasso sono indicazioni assolutamente pertinenti con la complessità del momento. VEDIAMO. boldrini eletta, e discorso apprezzatissimo. grande laura! e grazie a chi l'ha voluta e votata nel paese, e a chi l'ha voluta e votata in parlamento. la tua strada è - e dico poco - tutta in salita, e forse anche breve, a causa di molti di quelli che hai dinanzi in questi istanti e di molti di quelli che stanno fuori da quell'aula, nel paese, e che non hanno cognizione se non del proprio immediato interesse (confusamente, per di più). però io, per il nulla che vale, spero tanto che quella strada sia non solo faticosa per te, ma utile al paese e a chi ci vive - ce n'è davvero bisogno! grazie, per aver accettato di provarci. e due: grasso! dal che si evince che, sorprendentemente (per qualcuno, non per me e per tanti altri normalissimi pensanti), si può conseguire un qualche risultato perfino senza tante stronzate tattiche. speriamo qualcuno prenda nota, xper il futuro prossimo e non! cari miserabili antistato, cari sacchi vuoti anticasta, domani ricomincerete a renderci impossibile la vita - ne avete la volontà e i mezzi -, ma stasera potete andare allegramente a cagare. la prossima pena domani, dunque. per stasera un minimo di soddisfazione, per tutti noi cittadini scioccamente innamorati della costituzione. e della politica buona. ci basta così. domenica allora, per essere più chiaro possibile ed esemplificativo, pongo qui qualche semplice parallelo. metto da una parte marta grande e dall'altra laura boldrini, già alto commissario onu per i rifugiati politici, deputata sel e ora presidente della camera. da una parte vito crimi e dall'altra corradino mineo, già direttore di rainews24, ora senatore pd. da una parte raffaella lombardi e dall'altra gabriella stramaccioni, già coordinatrice nazionale di libera di don ciotti, candidata per rivoluzione civile, non eletta. da una parte roberto fico e dall'altra flavio lotti, già coordinatore nazionale del tavolo della pace, candidato per rivoluzione civile, non eletto. da una parte luis alberto orellana e dall'altra michele dotti, già portavoce nazionale di ecologia e reti civiche, candidato per rivoluzione civile, non eletto. da questi paralleli emerge plasticamente che tra i componenti di un gruppo di persone - che da qualche anno viene per comodità definito 'la società civile' - le quali nei venti o trenta o quarant'anni della propria vita adulta finora hanno raggiunto risultati significativi, pubblici, riconosciuti, spendibili e (ben) spesi, nei rispettivi campi di attività (l'ecologia e il civismo, portavoce nazionale; la cooperazione e la pace, coordinatore nazionale; la lotta alla mafia, coordinatrice nazionale; l'informazione non asservita, direttore di rete; i diritti umani e poilitici, alto commissario dell'onu), e i componenti di un altro gruppo di persone - che da sempre si può correttamente definire 'la gente comune' - le quali invece nei venti o trenta o quarant'anni della propria vita adulta finora non hanno raggiunto alcun risultato talmente significativo che fosse a qualcuno di loro dato riconoscimento pubblico o affidato incarico di spendibile responsabilità nei rispettivi campi di attività (essi ed esse sono esattamente come me: nessuno), ebbene c'è una netta distinzione di schieramento politico. i primi, 'la società civile', puoi trovarli tra gli eletti o non eletti di rivoluzione civile, sinistra ecologia libertà, partito democratico. i secondi, 'la gente comune', li trovi tutti infallibilmente tra gli eletti del movimento5stelle. e il problema sta qui. rinnovare la politica? senz'altro. affrontare la crisi in modo nuovo? e certo! iniettare competenza e onestà nel sistema circolatorio delle istituzioni e del paese? appunto, infatti! ma allora ditemi perché, se è un caso - o se invece sia un progetto deliberato -, coloro che dovrebbero essere gli affidatari di tanto gravosissimo impegno, emersi dal processo selettivo congegnato da casaleggio e il suo staff e propagandato da grillo e i suoi autori, e poi votati sull'onda di un enorme entusiasmo da circa 8.000.000 di cittadini, sono persone che in tutta la loro vita finora, nei campi di attività che si sono scelti e in cui presumibilmente sanno muoversi meglio che in qualunque altra mansione, non sono arrivati a niente di notevole? io sono una brava persona, un buon cittadino, un lavoratore responsabile, un onesto progetto umano. e ho quasi cinquant'anni. e se ad oggi non ho conseguito un incarico internazionale o nazionale o anche solo di coordinamento significativamente locale in nessuna delle tante cose dell'umano che pure mi interessano sinceramente - per seguire le quali rinuncio anche a qualche agio o profitto -, o non ho creato qualcosa che qualcuno conosca e stimi, e resista al tempo, o non ho smosso dall'inerzia diffusa su un tema qualunque nessuno, oltre i soliti dieci compagni di sempre, è perché non sono abbastanza bravo. molto semplicemente. né si può pensare che io lo diventi da un giorno all'altro, solo passando attraverso il finto lavacro della 'democrazia diretta'. e comunque, mai più bravo di chi la vita - quella lì, oggettiva - ha già indicato come bravo davvero. io sono 'la gente comune'. e in quanto tale voglio che l'iniezione di competenza e onestà nel sistema circolatorio di istituzioni e paese, che il rinnovamento della politica, che soprattutto la battaglia difficilissima contro la crisi, siano condotti da chi è meno comune di me. e anche meno 'gente' di me. spero di essere stato esauriente. ora, sempre in quanto 'gente comune' - ma sinceramente interessato a capire e sapere sempre meglio e di più -, esco da qui per andare ad imparare qualcosa da chi ne sa più di me. è il vantaggio di vivere in una grande città e di avere (di proposito) la domenica liberata da altri impegni o dalla 'coazione' al riposo. ascolteremo - io e mia moglie ('gente comune' anche lei) - peter greenaway, serge latouche, fitoussi, viale, iacona, siti, piperno, mannoia, de gregorio, gnoli, calasso, dandini, camilleri, gabanelli, sinibaldi, olmi, chiesa, crainz, de rita e salman rushdie. nessuno esce da casa, tanto meno paga un biglietto, per andare a sentire qualcosa dalla gente comune. ed è ovvio. per quello basta suonare all'altra porta sul pianerottolo, o telefonare a un parente, o guardarsi allo specchio. ed è gratis. o vedere un reality. e non è gratis - ma sembra. mandare alla camera e al senato della repubblica il 'gieffino' di turno, il vicino di casa, il cognato o se stessi - se non si è nessuno, come me - vi pare ancora una cosa ben fatta? prima, all'auditorium, roberto calasso ha detto che in un paese in cui pochi leggono, e acquistano, gli editori coraggiosi devono ringraziare l'insieme di ultraminoranza dei 'lettori forti'. ed è opinione fondata e costante che in un paese in cui pochi si informano, e comprendono, i dis-politici vecchi e nuovi devono ringraziare l'insieme di ultramaggioranza degli 'elettori deboli'. di mio, sottolineo che i due insiemi sono totalmente disgiunti. e poi ho imparato e riflettuto su un sacco di altre cose. lunedì oh, non fai in tempo a congratularti fra te e te con bersani (per la mossa pulita, diretta e vincente delle presidenze camera e senato) che poi quel ragazzo ne spara un'altra delle sue. "grillo e i suoi fedeli sembrano un gruppo leninista." sì, come ciccio&franco sembravano le kessler in qualche imitazione di avanspettacolo. pierlui', lascia stare volodia e continua bene come sabato! leggo di nomi bellissimi per un'eventuale proposta di governo: marzano, gotor, tinagli... mammamia, se fosse! il 6 marzo, prima della direzione pd, scrivevo qui tra l'altro: "vorrei che ne uscisse semplicemente una 'visione' dell'italia che verrà, nella quale il futuro dei cittadini possa concretamente collocarsi nella chiarissima frase 'la mia vita sarà migliore di com'è adesso'. vorrei che quel 'pensare lungo' e quel programmare 'a breve' fossero, nella direzione del pd e nelle parole di bersani, affidati a una squadra di governo 'di emergenza e intelligenza civile' composta dal meglio del meglio che c'è su piazza: come competenza, come onestà, come coraggio e come tranquillità." giovani dirigenti del pd che - pare - state intorno al segretario a consigliarlo bene, avanti così! e vediamo, allora, capiamo tutti, ragioniamoci insieme. diciotto marzo duemilatredici E ADESSO?
definiamo “util” un’unità addizionale di benessere umano. precisamente, una porzione geopolitica del mondo (un continente, una nazione, una regione) consegue un “util” quando 100.000.000 dei suoi abitanti raddoppiano il proprio reddito reale medio. ok? per esempio gli usa, il cui pil pro capite è cresciuto di 3 volte dal 1950 a oggi e che registrano nello stesso periodo una popolazione media di 220.000.000 di abitanti, hanno prodotto meno di 4 “util” in 60 anni. il giappone ne ha prodotti 18, dal 1945 a oggi! ma il record degli “util” spetta senz’altro alla cina degli ultimi trent’anni: il reddito reale medio dei cinesi è cresciuto di 12 volte, e loro sono mediamente (nel periodo considerato) poco più di un miliardo. fa 38 “util” in 30 anni! cosa vuol dire? vuol dire che in termini di crescita reddituale, comunismo ‘alla cinese’ batte capitalismo ‘all’orientale’ tanto a poco, e batte capitalismo ‘all’occidentale’ tantissimo a pochissimo. ma la crescita reddituale comprende ed esaurisce il concetto di ‘benessere umano’? secondo me no. altrimenti il mio modello di progresso di umanesimo sarebbe la cina da deng xiaoping in avanti. però certo i risultati della volontà e della capacità pianificatrice del comunismo ‘alla cinese’ dicono parecchio della pochezza – sullo stesso terreno – dell’anarchia tra competitori ‘turbocapitalisti’ di quest’altra parte del mondo. tuttavia, a quella capacità di sviluppo economico manca una cosa essenziale: la cultura dei diritti. è propriamente a questo punto che entra – o dovrebbe entrare – in gioco l’europa, con tutta la sua storia. io credo che ciò che è davvero sotto attacco sin dall’inizio della crisi mondiale, è il cosiddetto modello sociale europeo – quello in cui le donne e gli uomini condividono un patto di civiltà per cui la collettività fa fronte comune ai casi e ai momenti negativi dell’esistenza individuale: la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte. e perché questo modello è sotto attacco? primo, perché in termini finanziari costa molto (anche se in macroeconomia riporta indubbi vantaggi, nel progresso umano e nella sicurezza diffusa – ma teoricamente si può far finta di non vederli). e secondo, perché nell’era dell’interconnessione planetaria il 'sistema' teme sul serio che il modello sociale di un continente da mezzo miliardo di persone vada a ‘contagiare’ gli altri sei miliardi e mezzo di umani – e visto che non può permetterselo, allora attacca direttamente il ‘focolaio’. gli europei sono un bel problema. perché non rinunciano a tentar di associare due concetti apparentemente inconciliabili come 'prosperità materiale' e 'umanesimo'. e ciò capita a causa della specialissima parabola storica del nostro continente, gli elementi della quale sono: religione, filosofia, diritto. più precisamente: la spiritualità comunitaria e solidale, la filosofia morale e l’etica politica, i diritti della persona e le salvaguardie giuridiche della sua dignità. e secoli di cammino in ciascuno di questi ambiti - mentre purtroppo i centri di potere europeo producevano gli orrori della proletarizzazione e del colonialismo e delle guerre prima intestine, poi imperialiste e poi mondiali - hanno comunque generato un modello sociale che si organizza per rispondere concretamente a tutti i suoi appartenenti in termini di assistenza, previdenza, istruzione, servizi al cittadino, al lavoratore, alla donna, al bambino, alla famiglia, all’anziano, al disabile, all’indigente: il modello nato dalla lotta partigiana e popolare contro il nazifascismo, dagli ordinamenti giuridici e costituzionali sorti da tanto risveglio. quel modello che si vuole smantellare oggi, per la precisione. ma l’europa è qui, ancora. ancora (per poco) al centro di una dinamica planetaria epocale, e quindi (ancora per poco) in condizione di mettere la propria singolarità – il ‘sogno dell’umano’ a lungo praticato – al servizio di quei sei miliardi e mezzo di cittadini del mondo che europei non sono, né peraltro possono blindarsi come élite nei luoghi e nei privilegi del potere, nel mezzo del caos che viene. l’europa è qui, ora. ed è adesso che deve rendere in termini di capacità progettuali e organizzative, al mondo che ha depredato nei secoli del colonialismo (e che ci conforta esso stesso con ‘prese di coscienza’ regionali e pratiche conseguenti – come le primavere arabe, le rivendicazioni democratiche indocinesi, i movimenti latinoamericani per la terra e la legalità): rendere la materia di cui si è nutrita. ne ha fatto cultura e spirito, immersi nei quali siamo cresciuti fino a tanta grazia – ha pasciuto me, e gente come me. ne sprema adesso fino all’ultima goccia tutta la forza politica. che non è poca. (se si capisce il modo di farlo.) in europa abbiamo istituzioni democratiche, almeno formalmente, in ogni paese e nella giovane unione continentale; abbiamo dinamiche di partecipazione dal basso, consolidate; abbiamo organizzazioni rappresentative dei lavoratori, comunque intesi, che almeno in teoria hanno statuti tali da poter trattare con i consigli di amministrazione e le loro federazioni; abbiamo partiti – nei paesi d’europa – nel cui dna, almeno lì, è scritta una missione di progresso e di equità, di solidarietà e di giustizia; abbiamo movimenti, associazioni e collettivi che fanno da battistrada al mondo nel riconoscimento e nella tutela dei nuovi diritti della persona e dell’ambiente; abbiamo un parlamento europeo (eccolo!), e una commissione che funge da organo esecutivo dell’unione – benché con limitate potestà di governo. soprattutto abbiamo limpido il valore della vita, di ogni vita; e del retaggio del tempo trascorso; e della responsabilità verso quello a venire. il nostro "util" è propriamente questo! ecco: tutto ciò non sia solo ‘museo’. tanto meno, bottino di guerra. e il momento di dimostrarlo – se mai se ne desse uno – è davanti a noi. da questa crisi mondiale si può uscire soltanto in tre modi: uno mostruoso, uno durissimo, uno difficile. lasciando mano libera all’anarchia tra competitori ‘turbocapitalisti’ del mondo occidentale - e alle forme istituzionali (i governi) che li rappresentano e alle strutture di orientamento di massa (media, partiti asserviti, pseudomovimenti conformisti, sindacati filopadronali) che li supportano - la via d'uscita dalla crisi saranno gli autoritarismi antilegalitari e la guerra tra stati e tra popoli. mostruoso semplicemente. se la spunteranno invece le tecnocrazie, che tendono a tenere insieme gli interessi del capitale con una parvenza di democraticità nei sistemi politici (spacciata per l'unica possibile realtà sempre grazie a potenti armi di distrazione di massa, tra le quali ovviamente ascrivo anche il ribellismo sterile antipolitico nostrano), allora la via d'uscita sarà rendere più simile il nostro ai modelli di produzione orientali: pochissimi diritti degli individui e dell'ambiente, fin troppa competitività. durissimo, per noi europei, da accettare. terza via - ma quanto è difficile che prevalga: la socialdemocrazia, la pianificazione razionale, la prevalenza del pubblico sul privato, della collettività sui singoli, dell'ecosistema sul cortile di casa, e anche un po' del futuro sull'immediato e miope presente. il prossimo anno si vota in europa. c'è ancora modo di unire lavoratori, cittadini, intellettuali, migranti di tutti i paesi europei per una strategia comune che modifichi le regole dell'unione sovranazionale e, soprattutto, i suoi programmi di autogoverno continentale? quando saprò di una forza politica o sindacale o culturale, italiana - purché organizzata, non velleitaria -, che dichiari questa come la propria missione fin da subito, io darò ad essa tutto ciò che so dare come cittadino attivo. i giorni in cui c'è il sole, io sotto sotto arrivo a sperarci. quattrordici marzo duemilatredici HABENT PAPAM
è come per l'italia. ci nasci, poi ci capisci qualcosa e quindi non puoi che voler allontanartene più possibile. dopo però qualcuno dice 'leonardo', e allora pensi che è un peccato che affoghi nel suo fiele, e speri ancora. e magari dai pure una mano. il cristianesimo. ci nasci e poi ci capisci qualcosa, prendi tutte le misure e sui fondamentali non tornerai mai più indietro: un uomo è un uomo, e dio è un non-sense. dopo però qualcuno dice 'francesco' e allora pensi 'possibile che tutto questo coraggio?...', e vuoi vedere ancora. e magari dai un'altra possibilità. il mondo, per colpa del voler avere, sta così mal messo - e il peggio arriva - che un aiuto piccolo al poter essere, da qualunque parte provenga... e se ci saremo sbagliati, se ci saremo illusi... be', è un attimo rimettere l'elmetto! non sappiamo far altro meglio. ma quanto consuma, questo. era tale progetto, l'umano? mi sa, pierpa'. francesco primo. speriamo. tredici marzo duemilatredici IL PRIMO SOCIAL CONCLAVE
da oggi e finché dura il conclave invidio i cardinali solo per questo, perché chiuderanno quella porta e questo postaccio resterà fuori. ma l'extra omnes sarebbe il seconds out per il mercato latino? e alla batteria c'è collins o bruford? o bertone? ok, chiusi. tifo sean patrick o'malley, perché è francescano (e spero si ricordi cosa vuol dire) e perché ha una bella figura seria e forte (e infatti c'è poco da ridere oggi al mondo, e domani sarà peggio). certo, c'è il problema che asserisce di credere in un'entità soprannaturale, eterna, onnisciente e onnipotente, tri-personale e antropo-provvidente. però questo problema (che è o di pura mala fede o psicotico-allucinatorio o è semplicemente una bugia bianca lunga tutta una vita) ce l'hanno tutti e 115 gli elettori-eleggibili! e poi, giacché un impero esiste, meglio che l'imperatore sia adriano che nerone. no? che qua comunque ognuno crede quello che je pare! io per esempio ho la fede più stupida, ingenua, indimostrabile e - anzi - più dimostrabilmente fallace, stroria alla mano! credo nell'homo sapiens. e allora vorrei che il prossimo sovrano della chiesa cattolica facesse il possibile per favorire il percorso di liberazione dell'umanità. liberazione in tutti i sensi: dalla soggezione e dalla miseria, dalla violenza e dalla paura del futuro... queste cose qua. quindi, detto fuori dai denti, a me del sacerdozio femminile o dei sacramenti ai divorziati non potrebbe fregare di meno: sono cose interne alla comunità dei credenti e dei praticanti - non attengono alla 'chiesa universale' come la chiamano con una certa pomposità, perché 'universale' vuol dire che dovrebbe occuparsi anche di me che sono ateo, scomunicato e sbattezzato. e perfino il problema della pedofilia dei chierici, secondo me, è marginale. lo 0.03% degli stupri all'infanzia è opera di preti, e se il papa conseguisse pure il risultato di azzerare la quota e se così il mondo si dicesse accontentato, il 99.97% degli stupri di bimbi continuerebbe comunque, ma tutte le altre responsabilità di una guida mondiale come il papa cattolico passerebbero in cavalleria. no grazie. (è lo stessa identica tara mentale dei grillini e dei renziani: pensano che risolta la moralità della classe politica, risolti gli immensi guai dei cittadini comuni!) (e - detto tutto tra parentesi - anche la pigmentazione della pelle del papa o i suoi tratti fisiognomici o la sua nazionalità, sono fattori che mi appasionano pochissimo. desiderare il papa 'nero' in quanto tale, o asiatico in quanto asiatico, o un italiano perché sì o tutti ma non un americano, mi pare un'altra conseguenza della spettacolarizzazione superficiale che già infiniti adduce lutti a noialtri pensanti.) allora, cosa vorrei da questo prossimo papa? che desse tutte le ricchezze della chiesa ai poveri? sarebbe straordinario, certo! risolverebbe il dramma della miseria planetaria... probabilmente per un paio d'anni. (e sempre che tale fiume di ricchezza ai poveri arrivasse davvero, e non si fermasse invece tra le mani degli innumerevoli esemplari di homo sapiens corrotti anche senza abito talare!) e allora? allora vorrei che fosse socialista. e che facesse tutto quanto è nelle sue forze reali e simboliche, e soprattutto nelle forze della sua organizzazione millenaria e transnazionale, perché socialista diventasse il modo d'essere del mondo. allora sì l'homo sapiens avrebbe il maggior contributo che io riesca a immaginare, nel suo destino di liberazione collettiva. che è appunto ciò in cui credo (e in cui, credo, credesse pure il personaggio principale dei vangeli cristiani). pensa che scemo (io, che sono una persona - non lui). ...ma è nera. ore 19.41, la prima è nera. ammazza quanto è nera! è il comignolo della sistina o l'ilva di taranto? adesso per i boys in red il programma prevede una cenetta di griglia da maxelà. o forse gli anglosassoni da nuvolari, ottima scelta di whisky. e dopo, tutti al fonclea che c'è la cover band di lucio battisti. per i palati più fini, l'alexander platz: il buon jazz di sempre. buona serata a tutti, io e vale all'auditorium per revolver. magari ci becchiamo l'arcivescovo di liverpool. a domani, stiamo a vedere. dodici marzo duemilatredici APPELLI E CONTRAPPELLI
michele serra, benigni, don ciotti, don gallo, jovanotti, carlìn petrini, saviano, barbara spinelli, ozpetek e fabio fazio, ADESSO dicono 'fate un governo', ADESSO dicono 'questo è un buon parlamento, non sprecate quest'occasione'. PRIMA no. PRIMA, quando - io lo so - a moltissimi di loro è stato chiesto di impegnarsi in prima persona nelle liste civiche di sinistra, perché in parlamento arrivasse il personale assolutamente più idoneo per un cambiamento radicale della società e dei rapporti economici, per l'applicazione sostanziale e completa della nostra costituzione, PRIMA hanno detto 'no grazie'. e certi manco grazie. ADESSO dicono 'fate così e cosà'. ma adesso io ho altro da ascoltare. tipo lo stridore di un treno che sta per deragliare, anche a causa del loro negarsi a un aiuto diretto al popolo nel momento massimo dell'espressione democratica della nazione. adesso una mezza pagina dei maggiori quotidiani piena delle loro bellissime firme, potrà salvarci? ragazzi, stimatissimi tutti, continuate a fare bene i vostri rispettivi lavori. siete PIU' utili così. e pure più SERI. anche perché gente che sa fare benissimo, e sta facendo, il proprio lavoro (eversivo, criminale, squadrista e sfascista), eccome se c'è! ed essi cantavano l'inno della nazione sotto l'immagine di due eroi della patria (come defecare sulla costituzione in originale dinanzi a una scolaresca elementare) tanto, osarono, in malissima fede due profanazioni in un solo atto e io sono loro grato per avermi dato in quell'istante la certezza adamantina di essere nel giusto - come capita di rado davvero - con una sensazione fisica di verità nell'odiarli, tutti e ciascuno crisi economica sempre più nera: davanti a palazzo di giustizia solo parlamentari pdl, nessun cittadino comune. sono finite anche le mance. ma io questo bersani, per carità una brava persona, proprio non arrivo a capirlo. o gli piace perdere anche le ultimissime possibilità di contare qualcosa nel futuro di questo paese di merda. oppure semplicemente gli piace prendere calci in faccia, come un istinto autopunitivo. dico. da una parte ci stanno quei figli di puttana dei due padroni del movimento5stelle (e i loro immediati esecutori, i due capigruppo al parlamento) che gli ridono in faccia a ogni suo tentativo di metterli di fronte a un ragionamento politico, e anzi con la faccia come il culaccio sporco che hanno, gli ingiungono di rinunciare ai rimborsi elettorali "come facciamo noi del movimento" - 'sto cazzo, che rinunciano, loro, visto che non ne hanno proprio diritto ab origine, non essendo un partito né avendo uno statuto -, e lui con tutto questo ancora sta a guardare cosa faranno o non faranno oggi, o domani, o forse dopo. anziché dire, come farei io - ma da quel dì -, "bene, morissero" e tirare avanti. e dall'altra ci stanno quei bastardi di troia dei parlamentari pdl (e il loro padrone, ovviamente, il malato immaginario, e i demòni che lo consigliano, siano ferrara o bonaiuti o chi cazzo sia) che inscenano la farsa di un colpo di stato contro il potere giudiziario, che manco la fantasia feroce di nanni moretti aveva potuto tirare fuori - infatti alla fine del caimano chi fa casino davanti al tribunale è il popolino cerebroleso, non certo i deputati e i senatori -, e lui con tutto questo ancora sta a considerare che forse per le grandi opzioni istituzionali (vedi elezione dello capo dello stato) il pdl è una voce da tenere in conto. anziché dire, come farei io - ma da quel dì -, "bene, crepassero" e tirare avanti. no. lui "crepassero" e "morissero" proprio non ci riesce a pronunciarli. lui preferisce farsi sputare in faccia, e osservare tutte queste merdacce che sputano in faccia alla dignità stessa del nostro fottutissimo paese. forse perché, invece, se finalmente tirasse fuori dai denti un cazzo di "morissero! e andiamo davanti al popolo a farci vedere per quel che siamo!", magari rischierebbe che il popolo dicesse che di nani e ballerine e guru e dementi e figli di puttana e bastardi di troia e merdacce, non ne può davvero più. e allora, povero bersani brava persona - e con lui tutto il vertice del centrosinistra, tutte bravissime persone -, non potrebbe fare altro che esercitare il proprio potere democratico per l'unica cosa per la quale esso esiste. far vivere meglio tutta questa gente che affoga nel fango, e che pertanto si attacca a ogni lama di rasoio gli capiti a tiro. ma certo. essere utili al popolo è roba che fa venire il mal di testa. in fondo uno sceglie di far politica mica perché vuole cambiare la storia del proprio paese. no. quello si sogna solo da giovani, poi più. oddio, che mal di testa! no, meglio aspettare che arrivi qualcuno, dal popolo - o da fuori -, e ce la tagli. "si vabbe'", obietterà qualcuno, "ma tu che proponi?" questo. ci sono 150 parlamentari pdl che profanano la costituzione con un flashmob a palazzo di giustizia? bene, allora in un quarto d'ora si devono radunare 1500 militanti pd imbandierati di fronte alla stessa scalinata, che li additano incazzati! ci sono 150 neoeletti 5stelle che entrano a montecitorio umiliando i giornalisti che lavorano? bene, allora in un quarto d'ora si devono radunare 1500 militanti pd imbandierati nella stessa piazza, che ridono in faccia a quei miracolati! ma finché bersani non darà plastica evidenza alla sua forza popolare - e non solo ricordando i 3200000 cittadini votanti alle primarie - io non potrò che considerarlo complice di queste orride spinte eversive, concepite e realizzate da berlusconi&dell'utri e da grillo&casaleggio e assolutamente sottovalutate dal grande pubblico. invece, se si decidesse a guidare realmente la difesa degli equilibri democratici sotto ricatto (il che è esattamente la responsabilità sua e della sua grande coalizione, forte di 8000000 di voti solo tre settimane fa) allora io sarò lì - anche se non sono militante, né iscritto e neanche elettore pd o sel -, disciplinato e convinto esecutore di una vera strategia di contrattacco che tantissima gente (questa sì) capirebbe e seguirebbe. di diplomazia si può anche morire, sapete? ma di lotta giusta a viso aperto e non-violenta, la nazione ha soltanto di che tornare a vivere. è il momento - specifico ancora meglio - in cui le forze ORGANIZZATE entrino in campo con tutta la loro capacità mobilitante: è il momento storico dell'ultima trincea costituzionale. forze organizzate, come i partiti e i sindacati. NON gruppazzi di cittadini autoconvocati insieme a qualche 'saltellatore di piazza' di lungo corso. quelli non servono a niente, se non a dare sopravvivenza ai saltellatori stessi e a dare l'alibi alle forze organizzate per continuare a non fare nulla! ed è esattamente questo il motivo per cui io non voglio organizzare (più) niente di artigianale, né aderire agli inviti alla mobilitazione spicciola che eventualmente passino sul web (che poi, dal web alla realtà ce ne corre!). non ci serve l'ennesimo flop benché pittoresco. ci serve come il pane una guida efficace di massa per salvare la (povera) patria! la 'democrazia orizzontale' è la posizione che viene subito dopo la 'democrazia a novanta gradi'. dodici marzo duemilatredici TRE SU QUATTRO
valentina manusia, mia moglie, ha pubblicato ieri queste righe sul 'social network universale'. io le sottoscrivo e le riporto qui per intero. Non è tanto che la sinistra ha perso il 10% dei voti in pochi mesi. Non è tanto che esiste ancora chi vota Berlusconi. Non è tanto che un comico populista è a capo del 1° partito del mio bel paese. Quello che mi brucia davvero ogni giorno - in autobus, a lavoro, in piscina, al bar - è la consapevolezza che ogni volta che mi trovo a far parte di un gruppo di 4 persone composto casualmente, sento di detestare gli altri 3: la probabilità che se lo meritino è altissima. E' la consapevolezza che se voglio avere il piacere di incontrare un altro italiano non detestabile oltre me, allora il gruppetto casuale deve essere composto di 8 persone in tutto. E se sono in coppia, tipo con Paolo, e voglio incontrare un'altra coppia come noi non detestabile, allora il gruppo di italiani da comporre casualmente dovrà essere di 16 unità - compresi noi 2 - e dovrei sperare che i 2 italiani statisticamente non da buttare stiano insieme, o almeno che si piacciano un po' di primo acchito. Ora guardatevi intorno con calma, fate i vostri conti e le vostre scelte comportamentali. rispetto a questa sua esternazione, qualcuno ha obiettato 'ma ce l'avete sempre con grillo, ma fateli lavorare, non abbiate pregiudizi!' obiezione alla quale rispondo - spero concusivamente - come segue. c'è chi è molto attaccato a quest'idea che chi si duole del risultato elettorale lo fa perché 1. non vuol darsi il tempo di giudicare a posteriori l'operato degli eletti 5stelle, 2. è afflitto da rancore malinconico che ottunde il giudizio, 3. non vuol capire che la maggioranza non può aver torto. ma le cose non stanno affatto così. valentina e io (che ho condiviso il suo status), diciamo infatti che il problema non sono nemmeno grillo e i suoi eletti (infatti se rileggete meglio il corsivo, gli ingredienti del nostro disappunto sono il flop della sinistra, la resurrezione di berlusconi e - terzo, non unico - il boom di grillo), bensì sono gli italiani nella loro antropologica e ricorrente adesione a pessime ricette per affrontare le crisi più gravi. e per esprimere tale valutazione storico-politca non serve aspettare chissà che altro evento dopo il voto, ma basta mettere in fila le serie di fatti occorsi da decenni in questo paese ad alto tasso di irresponsabilità civile e di autoassoluzione morale. cioè: la sua, mia, di tantissimi (per fortuna) valutazione nettamente negativa, quindi non dipende da maliconia musona e delusa, ma dalla schietta conoscenza della nostra gente nel corso del tempo. tutt'altro che un a priori pregiudiziale, dunque. e quanto all'assunto della maggioranza che, in quanto tale, deve aver ragione per forza, be'... ...fu la maggioranza dei tedeschi a votare il partito nazionalsocialista, fu la maggioranza dei popolani di gerusalemme a volere barabba libero, è la maggioranza dei telespettatori a decretare il successo di mostruosità come l'isola dei famosi, amici di de filippi o il grande fratello, fu la maggioranza dei cristiani a giudicare di nessun orrore la condanna a morte per rogo di migliaia di liberi pensatori e di donne, è la maggioranza degli umani che non sa come fare a meno della credenza in una vita dopo o intorno alla morte, è la maggioranza degli umani che non sa come fare a meno di tonnellate di oggetti-gadget per la cui produzione, e per il cui smaltimento quando (poco dopo) sono ridotti a monnezza, il pianeta muore, ed è addirittura la totalità delle mosche a ritenere una leccornia una bella caccola di merda lasciata là sul marciapiede. ecco quindi dimostrato, almeno per analogia, che gli italiani in maggioranza possono ben essere delle teste di cazzo. e a chi come noi lo dice pubblicamente, io credo si debba lo stesso beneficio del dubbio che viene dato a chi pone in essere degli atti apparentemente masochistici (come votare berlusconi o grillo o disertare le urne). magari avemo anche noile nostre ragioni, no? aggiungo che ciò non ci paralizza al punto di non tentare sempre e in mille modi un'emancipazione politica della terra che nonostante tutto riteniamo degna dei nostri sforzi di cittadini attivi, oltre che della nostra irreprensibilità nella condotta civica. riassumendo, 3 italiani su 4 mi stanno sul cazzo, sono italioti occupanti, dal mio punto di vista. non vi piace? non leggetemi. non comprerete - per questo - le mie cose, le mie qualità, me stesso? ma io non ho nulla da vendere. mai. e lo stesso vale per valentina manusia. anzi, più specificamente e per quanto riguarda me, io godo del peculiare privilegio - sostanzialmente immeritato, rimontando esso in ultima analisi a scelte (o più spesso mere casualità) risalenti a epoche addirittura anteriori alla definizione che possa dirsi completa di questo mio 'io' presente - di non dover sottostare ad alcun rapporto oggettivo di proporzionalità diretta tra l'estrinsecazione della mia attività professionale (ossia, la percezione da parte mia di un qualche reddito legittimo; ossia, ancora, la stessa sopravvivenza in indipendenza e dignità sociale della mia persona) e il gradimento esplicito di un pubblico purchessia circoscritto rispetto a mie prestazioni specifiche, ovvero a un mio talento posto, per dir così, in vendita a una classe di compratori aleatori. perché io sono un pubblico dipendente classico, a tempo indeterminato, vincitore di concorsi, incardinato in ruoli di certa qual responsabilità e ivi confermato, finora - e in parabola ascendente -, ad ogni passaggio valutativo ordinario e straordinario. posto ciò, sarei allora ben egoista e avaro di questo privilegio se - da tale posizione ragionevolmente protetta - non dessi voce a un'opinione mia certamente, ma che so (o deduco) corrente e radicata anche tra i più dei pensanti miei contemporanei, i quali tuttavia almeno in parte sono correttamente consigliati di misurare le proprie esternazioni di giudizio spassionato nei confronti dei comuni concittadini proprio in ragione del fatto che del mio stesso privilegio a loro invece non è dato godere. perché costoro non sono pubblici dipendenti, perché essi è dal gradimento condizionato di un determinato pubblico (o una determinata utenza, o determinati compratori) - condizionato e tradotto in atti volontari concreti, e come tali purtroppo revocabili a piacere - che traggono sostentamento materiale, nonché autostima, e possibilità di confidare nel sostentamento materiale e nell'autostima a venire. e non sai mai con certezza se quello al quale ti rivolgi oggi con schietto disprezzo, domani sarà colui che perciò ti rifiuta (perché rifiuta la tua prestazione o la tua merce all'incanto). io non corro questo rischio. dipendo dalla legge soltanto - questa astratta entità, dagli effetti tangibilissimi - che non è usa effettuare acquisti, né di uomini né di cose né di servizi. perciò sono tra quelli che possono esprimersi del tutto liberamente, quanto a questo. e allora lo dico io, anche per chi vorrebbe ma non può: gente, mi stai tanto sul cazzo. somiglia, tutto questo, a dar per spacciata l'italia? rispondo prima così, partendo dal nuovo rating (al ribasso) che fitch ci ha assegnato la settimana scorsa. io spero che fitch e moody's e s&p vadano avanti a colpi di declassamento. da bbb+ a bbb-, a xyz a non so che, del nostro trabiccolo-paese. perché? perché quanto prima l'italia sarà certificatamente spolpata e inservibile al grande gioco del monòpoli planetario, tanto prima gli italiani saranno liberi di fare le seguenti tre cose - che a me stanno particolarmente a cuore. 1. veder partire per sempre, per antigua o costa rica, i traditori del popolo (li chiamo così, un po' romanticamente, ma 'stemmerde' renderebbe forse meglio l'idea) e le rispettive corti, che là sì sono già assicurati dorate basi d'affari e che qui, a italia ormai svaporata, avrebbero esaurito il proprio compitino democìda. 2. poter combattere finalmente ad armi pari, senza l'ingombrantissima azione dis-culturale dei traditori di cui sopra, contro gli italioti occupanti il nostro territorio, i quali a quel punto (ridotti tutti, noi e loro, in brache di tela, e senza più pifferai magici a libro-paga di alcuno) potrebbero perfino rinsavire - ma chi no, via: nelle riserve! 3. poste le due condizioni suddette, provare a costruire un modello socioeconomico non più follemente ricalcato sui paradigmi del turbocapitalismo - per i quali evidentemente l'italia non ha risorse materiali ed energetiche, né antropologiche - bensì tendente a ideali di equità, misura, cultura, eco-rispetto, solidarietà, democrazia e umanesimo. quindi, demiurgiche agenzie, prego: non fateci sconti solo per la nostra grande storia secolare. anzi, siate oggettive e spietate. proprio perché così, almeno una goccia di quella dignità storica e splendida bellezza, forse, noi si possa a fatica ma con qualche speranza, usare per irrigare questa povera terra arata dalla crisi più nera. certo, il grano che pure poi ne nascesse avrebbe tutt'altro sapore da quello della patinata pubblcità consumistica, e non piacerebbe a tutti i nostri compaesani. ma è appunto questo il discrimine - secondo me - tra chi è pronto per un nuovo inizio della vita e chi s'è ormai perduto nei titoli di coda della fiction. e poi rispondo così, un po' indirettamente, come ponessi io la domanda a qualcuno che ne sa tanto più di me. si tratta dell'autore della poesia seguente, che lui scrisse nel 1961 (prima del boom di grillo, prima del ventennio berlusconiano, prima dei muscoli di craxi e perfino prima dell'era andreottiana vera e propria - pensate quindi che razza di pregiudizi su noialtri italiani dovrebbe avere, secondo una certa metodologia, uno che prima di tutto ciò scrive in termini tanto accorati e inequivoci!)... ma ecco la poesia: Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea: e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese. Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei incosciente. E solo perché sei cattolica, non puoi pensare che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male. Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo. così, ci dava per spacciati - già nel 1961 - pasolini? e, se anche fosse, ha smesso poi di dare all'italia e agli italiani tutto ciò che aveva da offrire? è che forse dobbiamo capire ancora, studiare ancora, sperimentare ancora. ma con la massima sincerità di cui siamo capaci - anche se dista anni-luce da quella di cui fu capace lui. così come la mia intelligenza, la mia concentrazione, la mia preparazione e la mia creatività da quelle sue - sia detto a scanso di equivoci su parallelismi eventualmente posti qui. concludo con una boutade, all'inizio di una settimana densissima di appuntamenti. domani, 12, si apre il conclave. il 14 grillo&casaleggio scelgono il loro candidato sindaco per roma. il 15 comincia la legislatura e si eleggono i presidenti di camera e senato. il 19 napolitano comincia le consultazioni. in più, i giorni buoni per le requisitorie e le sentenze berlusconi. le sere libere per il calcetto mi si riducono a vista d'occhio. undici marzo duemilatredici PD, GRILLO, SINISTRA, MOVIMENTI, RIFLUSSO, ROMA E IL RESTO DELL'UNIVERSO: BREVI CENNI
processarono tortora per il reato sbagliato. ha inventato il 'nessuno-celebrità' e il tele-voto dal divano. la pena prevista è il presente. pochi giorni fa scrivevo qui e altrove che avevo sognato, come risposta alla sconfitta della sinistra radicale e all'acuirsi della crisi reale, che tutte le piccole forze strutturate del socialismo italiano convergessero in un fronte unitario - anche rimettendoci ciascuna di identità e di tessere, ma per dare risposta alla domanda di alternativa che viene assurdamente intercettata dalla nuova cricca qualunquista. ebbene... contrordine, companeroas. infatti, se date una letta ai documenti che stanno uscendo dalle segreterie - benché dimissionarie - di quelli tra i partiti cui mi rivolgevo che appoggiavano rivoluzione civile, tutto si prepara tranne che una stagione di fusioni tra organizzazioni per la creazione di una forza socialista pura. al contrario, c'è tutto l'identitarismo tipico dei momenti di crisi male affrontati. e se osservate le mosse di quelli tra i partitini della sinistra-più-sinistra che rivoluzione civile non l'hanno appoggiata affatto, lo stesso: il non aver perso (ma solo perché di fatto non si è proprio giocato), gli dà una micro-spocchia 'tesserativa' che va agli antipodi di quella fusione alta che sognavo. me la sognavo, appunto. be', compagni 'strutturati', fate un po' come cazzo ve pare. e voi, companeroas del mio cuore - per noialtri... adda passa' 'a nuttata. riflettevo su questo. che governavano la dc e il psi, ed erano un filtro abbastanza sofisticato tra istituzioni, potere e democrazia, e le classi già privilegiate o quelle che ambivano ad esserlo. venuti giù dc e psi, caduto il filtro: le classi già privilegiate o quelle che ambivano, sono andate direttamente al potere, hanno occupato le istituzioni e hanno piegato la democrazia, con forza italia e la lega. poi governavano forza italia – o pdl che sia – e la lega, ed erano comunque un filtro un minimo elaborato tra istituzioni, potere e democrazia, e gli individui atomizzati garantiti o quelli che ambivano ad esserlo. venuti giù lega e pdl – o quanto meno, contesa la loro egemonia ventennale –, caduto anche questo filtro: gli individui atomizzati garantiti o quelli che ambiscono, stanno andando direttamente al potere, occupando le istituzioni e piegando la democrazia, col movimento5stelle. dopo le classi, gli individui. dopo gli individui, forse gli arti. o gli organi interni. o i grumi di pensiero. chissà. il post-5stelle, forse, è un movimento che pretende di portare al potere, nelle istituzioni e nelle sedi della democrazia costituzionale, un braccio solo di un essere umano (contro l’altro braccio del medesimo, accusato dal primo di essere ‘vecchio’) o il fegato contro il cervello (accusato di essere ‘casta’) o i ricordi dell’adolescenza di un essere umano (contro – che so – i suoi progetti per la maturità, accusati dai primi di non essere abbastanza creativi). seriamente. per quanto siano stati bravi, quasi miracolosamente, i nostri padri costituenti ad architettare l’impalcatura del nostro convivere civile, non si può pensare che abbiano creato un modello che resisterà a qualsiasi impeto di suicidio democratico di massa. soprattutto non a una serie ravvicinata di tali impeti. non ci giocate. ma non ce l'ho con chi ha votato ancora pdl. con quelli è tempo perso perfino provare a parlarci. però a voi che mi leggete qui esprimo quanto segue, riguardo a 'quelli'. e ci vado giù duro. dai quotidiani dei giorni scorsi. "Il sistema, secondo la Procura, era organizzato da Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora. Secondo Sangermano verrà dimostrata incontrovertibilmente la natura degli eventi organizzati presso la casa dell'imputato al fine di compiacerne la concupiscenza, sostenendo come sia totalmente infondato che le cene di Arcore fossero normali cene eleganti contornate da qualche episodio di burlesque. Il sistema prevedeva la retribuzione delle ragazze da parte dell'ex premier come corrispettivo degli atti sessuali compiuti. Denaro in contanti o con bonifici, le case in via Olgettina, ma anche prospettive di inserimento professionale e anche politico delle giovani donne. Il magistrato ha anche definito il ruolo di Nicole Minetti come protagonista attiva delle serate di Arcore che svolgeva un ruolo particolarmente delicato nell'ambito del procedimento compiendo ella personalmente atti prostitutivi, prendendo denaro da Berlusconi, e svolgendo un ruolo fondamentale ovvero l'attività di intermediatrice e agevolatrice dell'altrui prostituzione. Tutto per favorire il piacere sessuale, dietro compenso, di Silvio Berlusconi insieme a giovani di ogni anno di nascita, ovviamente anche minorenni - com'è nell'atto d'accusa." ora, se voi [ce l'ho con 'quelli', evidentemente] aveste anche solo sospettato che un qualunque 75enne della vostra strada di casa facesse cose anche molto meno squallide e perverse di così - e forse pure se solo aveste sospettato che un qualunque 75enne della vostra strada non le facesse, ma le desiderasse soltanto non riuscendoci per penuria di mezzi economici o fisici - ebbene, voi quel 75enne qualsiasi l'avreste ostracizzato, ghettizzato, sputtanato, additato ai vostri figli, estromesso dalla vita sociale, smerdato in simbolo e magari anche di fatto, crocifisso fino alla morte e pure dopo in damnatio memoriae. berlusconi no - voi l'avete votato, e rivotato e rivotato e rivotato. compiacendovene, in privato o tra voi soli. e probabilmente se aveste saputo che quelle minorenni, una volta sporcate di scarso seme chimicamente indotto, lui le avesse pistate nel mortaio e mangiate su tartine, lo stesso l'avreste votato, e rivotato e rivotato e rivotato. ammiccando - sempre di nascosto, è ovvio. è per questo, che per quanto io lo odi - quanto più si possa odiare un uomo solo, che è nato e che morirà prima di me - io odio di più voi, che entrando e uscendo dalla vita siete stati, siete e sarete il mio presente finché campo qui. bene. torno alle cose (quasi) belle, in confronto. quello di rivoluzione civile era un programma elettorale davvero splendido. ma abbiamo scelto rivoluzione civile in meno di 800.000 persone in tutta italia, alla camera: poco più del 2% dei voti validi espressi. gli italiani non votano per il programma. è dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio. adesso mancano 80 giorni al primo turno per eleggere il sindaco di roma. io sono tra i 150 promotori dell'appello "roma può" - 'ultimo fra cotanto senno', che vede tra gli altri bertinotti, carlotto, chiesa, cremaschi, cucchi, don gallo, germano, parlato, vauro - che sostiene la candidatura indipendente di sandro medici. e sandro medici sta lavorando tantissimo, bene e in modo davvero inclusivo e 'vivo', alla messa a punto del programma di governo per un'altra roma. linko qui il suo sito, http://www.sandromedici.it/ perché apprezziate il metodo e i risultati fin qui raggiunti e prendiate nota degli appuntamenti. dico però questo, pubblicamente - oltre che a lui e al suo staff. dico che alla luce del voto delle politiche, sandro medici non può affidarsi solo alla bontà del programma e all'intelligenza di chi vuole studiarselo e, in base a ciò che vi legge, sceglierlo. dico: non ci siamo stufati di 'perdere bene'? io sì, parecchio. mancano 80 giorni al primo turno per il voto al sindaco. allora, sandro, da oggi non pensare solo al programma - che sarà bellissimo e anche realistico, questo è certo -, ma pensa anche ai romani in carne e ossa: valli a conoscere, come sono, e soprattutto fatti conoscere come ti conosciamo noi! il giro di roma in 80 giorni. una cosa così. provaci, provateci, proviamoci! torno ancora al 'nazionale'. oggi alle 10 direzione del pd. vorrei poter scrivere che - come vendola diceva ieri alla stampa - mi aspetto di essere stupito positivamente. seguire grillo è davvero insensato: quello e i suoi hanno imparato subito la prima lezione di berlusconi&bossi, dire tutto e il contrario di tutto nello stesso giro di lancette (sì ai tecnici e no ai tecnici, fascismo buono e fascismo cattivo, art.18 importante e art.18 archeologia novecentesca). e seguire il rigorismo montiano è proprio suicida: la gente - leggi dati istat e bankitalia - sta talmente peggio dopo la 'cura tagli sociali' che perfino l'europa dice che la via per uscire dalla crisi è tutt'altra. allora? come vorrei essere stupito da bersani e da questa direzione? vorrei che ne uscisse semplicemente una 'visione' dell'italia che verrà, nella quale il futuro dei cittadini possa concretamente collocarsi nella chiarissima frase "la mia vita sarà migliore di com'è adesso". la vita dei cittadini - ripeto - cioè occupazione, diritti, servizi, ambiente, saperi; non la 'vita' dei suoi rappresentanti, cioè rimborsi, mandati, numeri. e vorrei che per il perseguimento di quella visione 'a tendere', dalla direzione uscissero chiare quelle proposte per l'immediato che parlano della vita mia e di chi e cosa amo: non per solleticare il mio (anche giusto) risentimento contro il teatrino della politica, bensì perché io possa capire subito come cambiano (in meglio) le personali prospettive mie e di ogni cittadino semplice. e infine vorrei che quel 'pensare lungo' e quel programmare 'a breve' fossero, nella direzione del pd e nelle parole di bersani, affidati a una squadra di governo 'di emergenza e intelligenza civile' composta dal meglio del meglio che c'è su piazza: come competenza, come onestà, come coraggio e come tranquillità. voglio troppo? forse. infatti io non ho votato pd. ma se il più grande partito 'vero' che c'è in italia vuole sopravvivere, è solo stupendomi in questo modo che potrà riuscirci. e però, madonna quanto sono vecchi certi giovani dirigenti del pd! più giovani di loro sono certi dirigenti vecchi, pensa te. infatti, se c'è un'idea vecchia nella politica è che 'liberali' e 'socialdemocratici' - o se preferite, 'destra' e 'sinistra' - alla fine siano la stessa cosa, e che bisogna superare quella contrapposizione. appunto questo stanno dicendo quei 'giovani'. ma è puro vintage! ha su appiccicato il cartellino di produzione, i roboanti anni '80, e ha pure la sua data di scadenza, che coincide con l'inizio della crisi globale - a cavallo tra il 2007 e il 2008. questi giovani la ripetono a pappagallo - "andiamo oltre destra e sinistra, liberalismo e socialdemocrazia" - perché, poveri figli, hanno ciucciato gli anni '80 col latte di mamma&tv. e pure se gli metti addosso il grembiule 2.0 - come fa il 5stelle (anche loro "oltre-sinistra-e-destra") idolatrando il web come strumento - sempre vecchia è. vecchia e provincialissima. a questo punto, speriamo che gli anziani del pd - quelli secondo i quali la differenza tra l'interesse pubblico e il vantaggio privato c'è e ci sarà sempre (giacché la stessa fatica di vivere degli umani in società, anziché nella 'facile' anarchia pre-sociale, serve appunto a contemperare i due elementi irriducibili di detta differenza), e che forse ce l'hanno chiaro neanche per merito intellettivo ma solo per inevitabile frutto generazionale - speriamo che tangano duro, e che offrano al paese una via d'uscita dalla crisi che sia almeno-non-troppo-di-destra. e la sinistra? e i movimenti e la 'società civile'? mi sfogo un attimo... movimenti miei cari, vedete, syriza in grecia oggi è il primo partito - per i sondaggi. il PRIMO! e il suo programma politico è UGUALE a quello di rivoluzione civile, al netto delle differenze locali e dei parametri economici specifici. i movimenti greci l'appoggiano, così i sindacati di base. perché INVECE qui rivoluzione civile non ha avuto eletto UN parlamentare né UN consigliere regionale? perché, movimentini belli - che ho conosciuto per la mia parte -, voi vi ammazzate di pippe in adorabili gruppetti di due dozzine ciascuno piuttosto che mettervi d'accordo tutti quanti per sostenere UNA proposta politica! e figurarsi CREARNE una VOSTRA. vi ammazzate di pippe e diventate ciechi. anzi, siete già cecàti di brutto. e voi, 'società-civilini', che ho conosciuto pure voi per la mia parte, basta - PER PIETA'! c'era una lista che rappresentava il meglio della società civile disponibile a farsi il culo in parlamento - che mica tutti vorrebbero, eh, che vi credete? saviano non ha voluto, sabina guzzanti non ha voluto, gino strada non ha voluto, don gallo non ha voluto, landini non ha voluto, zagrebelsky non ha voluto. questi non volevano farsi 'sto culaccio con nessuna lista, ma molti di loro hanno detto che rivoluzione civile era comunque cosa buona e giusta! non solo: tra i candidati con ingroia c'era davvero gran bella società - che non ripeto qui. ma voi, NIENTE! per i società-civilini c'è sempre una società civile migliore, ma introvabile. loro si beano solo di pronunciare la parola magica 'societàcivile', e ogni volta che lo fanno un panda muore guardando un documentario sull'ILVA di taranto. andate a cagare, ragazzi. ma allora, la sinistra? per la sinistra, companeroas, - per quella vera - gli italiani hanno prima da espellere una quantità di tossine (effetto di quel prolungatissimo allattamento di massa, di cui sorpa) che stenderebbe un brontosauro. noialtri, intanto, cerchiamo di non estinguerci - appunto - come quegli antichi abitatori della terra. e sarebbe troppo un peccato, proprio adesso che il neoliberismo, il turbocapitalismo, il finanzpadronato - chiamiamolo come vi pare - scricchiola da tutti i pizzi, con buona pace dei marchionne di tutto il mondo e dei monti di tutta europa! comunque, per tornare a grillo, ai tantissimi (per fortuna) che oggi stanno giustamente prendendo per il culo quel tal bernini che ieri in tv l'ha sparata enorme sui microchip sottopelle, con cui la spectre controllerebbe i cittadini americani, e anche ai tanti (sempre per fortuna) che oggi stanno meno allegramente ma altrettanto giustamente preoccupandosi che quel tal bernini è da una settimana rappresentante del popolo italiano nella sua massima sede democratica, io dico questo. che bernini non conta un cazzo. è un manovale. un non-sa-manco-lui-che-dice, un non-sa-manco-lui-perché-sta-là. prenderà un bellissimo stipendio a carico nostro per continuare ad essere un ufologo, ma non farà danni maggiori che far vergognare chi lo conosce di persona. ma - aggiungo - che se vi divertite o vi preoccupate (o entrambe le cose) per le sue esternazioni da picchiatello 'di fila', cosa direte di questo che viene dallo 'stratega sommo' in persona? "per il 2040 ci sarà un nuovo ordine mondiale, dominato dalla rete. ma non verrà per via pacifica: prima, nel 2020, ci sarà una sanguinosa guerra mondiale tra un ovest con libero accesso a internet e un est, capeggiato dalla cina, senza libertà di navigazione, e poco resterà in piedi dei simboli del passato. in compenso tutti avremo una nuova identità su google. nel 2054, infine, ci sarà la prima votazione mondiale on line. e da lì un eden." gesucristo. non era meglio che casaleggio e grillo si sollazzassero un po' anche loro di cenette&viagra, anziché ammazzarsi di pippe (eccone altri due) su voyager di giacobbo? stiamo messi maluccio, compatrioti. o staranno messi male loro, quando i nostri concittadini - hai visto mai che si snebbiassero le ideucce - appenderanno il mistico duo per i riccioli profetici. (mah... questo è pur sempre il paese delle code per le madonnine rosso-piangenti.) ma poi... dario fo? come si spiega? sul punto io credo questo. che insieme agli idioti puri, che sono lo zoccolo duro sella setta, ai superficialoni che si stuferanno fra tre mesi e negheranno tutto, e a quelli in perfetta malafede, che salgono sul trabiccolo per mero interesse personale - legittimo oppure illegale -, credo che intorno al fenomeno del momento ci siano ancora due categorie di persone, entrambe in buona fede: i dalemiani e i machiavellici. i dalemiani sono quelli che sanno tutto del movimento, compresi l'esistenza e il peso delle componenti di cui sopra, conoscono le sue posizioni antisindacali e un tantino razziste, e sanno pure quello che ha scritto casaleggio a proposito della democrazia e del futuro del mondo. però non prendono queste cose sul serio: ritengono che sia tutta una tattica abile dei due guru per attirare anche tanta pancia moderata, per fare i numeri che hanno, ma che poi essi sono e saranno le guide di uno spostamento a sinistra e libertario del paese. con un dalemiano così io ci gioco a pallone ogni settimana, e mi dirà se mi sbaglio. lui toppa di sicuro. e i machiavellici sanno tutto pure loro, ma invece prendono tutto sul serio, autoritarismo di grillo e furore apocalittico di casaleggio compresi. e perché non scappano a gambe levate? perché pensano di orientare il movimento malgrado questo e malgrado i suoi attuali padroni, e che il movimento - per un'eterogenesi dei fini classica - produrra lo stesso quello spostamento eccetera. dario fo, credo io, è uno di questi machiavellici. non me lo spiego altrimenti. ma sbaglia, pure lui. e grillo&casaleggio non si faranno etero-dirigere da nessun altro e da nient'altro che dalla loro pazzia/malafede. dario fo toppa perché non è detto che un nobel in letteratura ci capisca su tutto. però non prendetemi per oro colato: non è detto che uno bravo a pallone ci azzecchi anche sul resto. e poi, tanto né qui né altrove nessuno riuscirà a convincere nessun altro con le parole. ma tutti saremo convinti dai fatti ai quali man mano assisteremo e magari parteciperemo pure, com'è giusto che sia. perché ormai la ruota si è mossa, secondo me e tanti altri in direzione sbagliata; secondo tanti altri ancora, in direzione giusta. ma si è mossa e deve fare il suo giro, per l'inerzia della storia e delle azioni che riguardano gli umani quando sono milioni. i fatti ci diranno cosa dovremo pensarne. intanto io farò quello che ritengo giusto, e nel mio 'fare' c'è anche questa specie di controinformazione artigianale che mi consente il web in generale, e in particolare facebook, o twitter, o youtube - ma mica pretendo di convincere one-to-one tutti quelli che mi leggono. come diceva quello, lo scopriremo solo vivendo. certo che un po' me rode er chiccherone, che ogni volta devo aspetta' vent'anni perché la storia dia ragione a me e a quelli che la pensano e la dicono o dicevano e la lottano o lottavano come me. ma è così: noi non siamo quelli furbi. se lo fossimo ci sarebbe qualcuno qui al posto nostro a scrivere per noi, e prima a studiare per noi e a fare esperienza per noi, e noi gli daremmo un (misero) stipendio facendo intanto la bella vita. non siamo quelli furbi. siamo quegli altri, da sempre e per sempre. ma mi va bene così. dormo benissimo, anche dopo una giornata in cui ho visto ancora una volta il demone della decomposizione all'opera instancabile. dormo... ma sogno - di nuovo. e qui mi sa che l'inconscio mi manda qualche segnale. segnali che dicono quello che evidentemente penso di me, dell'impegno e della gente - meglio di quanto io possa razionalizzare da sveglio. ho sognato stanotte che capitavo in un grande liceo romano, tipo il mamiani, e c'era un'aria latente di ribellione al sistema che mi dava un grande entusiasmo, belle speranze e l'impulso a dare un contributo personale importante. in effetti là in mezzo ero il più grande ed esperto. dico ai ragazzi che è il momento di passare dallo scontento all'azione, organizzando una bella occupazione ed elaborando una piattaforma di richieste di politica scolastica, culturale e anche di politica 'in grande'. loro mi stanno a sentire, contenti e cazzuti, e cominciano a tirare fuori dalle aule sedie, banchi e cattedre, e cartelli e pennelli per scriverci sopra. c'è un'aria da film sulla contestazione che pervade tutto il mio sogno, e io mi frego le mani. mentre i preparativi avanzano, mi faccio un giro per questo 'mamiani'. un po' lontano dal cuore degli eventi trovo un piccolo gabinetto di disegno e storia dell'arte, con una professoressa un po' svagata che sta lì a fare prove di tempere con un'allieva come se intorno fosse niente. e io resto un poco a vedere e a parlare di colori là con loro. a un certo punto mi accorgo che dai grandi corridoi e dell'aula magna, nell'altra ala del liceo, non arrivano più i rumori di prima - il frastuono 'rivoluzionario' della costruzione di barricate, le grida di richiamo tra le brigate dei compagni (che io ho organizzato per i vari compiti) e i canti militanti non si sentono più, nell'eco della distanza, ma al posto loro si sente una musichina tranquilla, e un brusio accennato come di teatro prima dell'inizio di spettacolo. lascio subito la prof e l'allieva e torno indietro. svolto tre o quattro angoli retti - per i corridoi non incontro nessuno, e la musica si sente sempre meglio: è musica cinese, quella che mettono in sottofondo... ...al ristorante cinese! ed è tutto cambiato: l'aula magna adesso è tagliata in due da un tappeto rosso come le nostre bandiere di lotta, ma coi draghi disegnaati in oro; i banchi e le sedie che servivano all'occupazione dura e pura sono stati ordinati a destra e sinistra come tavoli per i clienti e apparecchiati di tutto punto, i cartelli dazebao con le scritte di liberazione sono girati sull'altra faccia e riportano i menu e altre frasi di benvenuto... e tutti i compagni e le compagne liceali, compresi i capetti della rivolta, ora volteggiano tra i tavoli a prendere le ordinazioni e a portare le pietanze con la professionalità e la cortesia di camerieri di lungo corso. e sembrano tutti contentissimi, loro e i clienti del ristorante! tra i quali - mi chiederò il perché un'altra volta - riconosco distintamente le gemelle kessler e gina lollobrigida. l'occupazione è finita, anzi è diventata un'altra cosa. e il mio contributo, diretto e indiretto, ha prodotto quel che vedo ora. me ne vado sconsolato, odiando il genere umano. nel prosieguo del sogno trovo non so dove né come uno stock di compresse bianche, sembrano mentine. e so con certezza - non so perché, è un sogno - che ognuna di quelle può dare a un uomo un'eutanasia rapida, indolore e senza lasciare tracce. il sogno finisce con me che giro per la città, entro ed esco dai bar e, non visto, metto mentine in tutti i caffè e cappuccini che trovo sui banconi, di chiunque. scusate. so che è una palla sentire i sogni di un altro. ma... ma stacco un po', dalla 'militanza', eh? che dite? a parte gli scherzi. il presente è questo: trincea e pena insieme e contro la crisi peggiore di sempre, e contro tutte queste armi di distrazione di massa - classiche, moderne e avveniristiche - noi non abbiamo da oppore che il nostro istinto di conversazione, da socrate in poi, da sempre. e tuttavia resistiamo, non andiamo giù. avanziamo. un poco, sempre. allora buon proseguimento, umani! io torno nella conversazione tra un po'. vi ci trovo, certo non vi avranno distratti fino a perdervi! sei marzo duemilatredici IL SOGNO E IL SAPORE
ho fatto un sogno. niente di epocale. ma comunque. ho sognato che succedevano quasi simultaneamente le seguenti cinque cose, molto simili tra loro. prima cosa. che rifondazione comunista indiceva un congresso straordinario con un solo punto all'ordine del giorno: lo scioglimento del partito. che lo svolgeva a strettissimo giro, che l'ordine del giorno veniva approvato, che il partito si scioglieva e che il suo ultimo atto era la designazione di quattro suoi delegati con un mandato preciso. seconda. che i comunisti italiani indicevano un congresso straordinario con un solo punto all'ordine del giorno: lo scioglimento del partito. che lo svolgevano a strettissimo giro, che l'ordine del giorno veniva approvato, che il partito si scioglieva e che il suo ultimo atto era la designazione di quattro suoi delegati con un mandato preciso. terza cosa. che sinistra popolare indiceva un congresso straordinario con un solo punto all'ordine del giorno: lo scioglimento del partito. che lo svolgeva a strettissimo giro, che l'ordine del giorno veniva approvato, che il partito si scioglieva e che il suo ultimo atto era la designazione di due - non quattro - suoi delegati con un mandato preciso. quarta. che sinistra critica indiceva un congresso straordinario con un solo punto all'ordine del giorno: lo scioglimento del partito. che lo svolgeva a strettissimo giro, che l'ordine del giorno veniva approvato, che il partito si scioglieva e che il suo ultimo atto era la designazione di due suoi delegati con un mandato preciso. quinta cosa, e ultima di questa parte del mio sogno. che anche il partito comunista dei lavoratori indiceva un congresso straordinario con un solo punto all'ordine del giorno: lo scioglimento del partito. che lo svolgeva a strettissimo giro, che l'ordine del giorno veniva approvato, che il partito si scioglieva e che il suo ultimo atto era la designazione di due suoi delegati con un mandato preciso. poi ho sognato che questi quattro più quattro più due più due più due, quattordici delegati, davano seguito rapidamente al mandato ricevuto - che era lo stesso per tutti quanti, così articolato. primo passaggio: convocare antonio ingroia, spiegargli il mandato, riceverne l'adesione e integrare con la sua partecipazione il gruppo di lavoro, che arrivava così a contare quindici persone. secondo: scegliere, d'accordo tutti e quindici, altre cinque persone non iscritte a nessuno dei cinque partiti appena sciolti - né a nessun altro - e portatrici di indubbia utilità per il completamento del mandato, convocarle, spiegargli il mandato, riceverne l'adesione e integrare con la loro partecipazione il gruppo di lavoro, che arrivava così a contare venti persone e prendeva il nome di direttivo provvisorio. terzo passaggio: scrivere, d'accordo tutti e venti, un regolamento per lo svolgimento di un'assemblea costituente per il partito italiano dei socialisti - nome provvisorio. quarto: preparare la celebrazione dell'assemblea con la massima pubblicizzazione dell'evento e dei suoi scopi, raccogliendone le adesioni e la diffusa partecipazione secondo le regole di quel regolamento, e considerando la possibilità - anzi caldeggiandola - che all'assemblea presenzino attivamente anche cittadini a quel momento iscritti ad altri partiti, come sinistra ecologia e libertà, per fare un esempio sul versante più istituzionale, o come alba, per farne uno sul versante più movimentista, iscritti o tanto più solo simpatizzanti, e presenzino soprattutto cittadini non iscritti a nessun partito né dichiaratamente simpatizzanti per nessuno, purché certo tendenzialmente socialisti e molto onesti. quinto passaggio, e ultimo del mandato del direttivo provvisorio: convocare l'assemblea costituente, celebrarla e dirigerla secondo quel regolamento predisposto e reso noto, e secondo un ordine del giorno di cinque punti. e anche l'ordine del giorno ho sognato, ovviamente. primo punto all'ordine del giorno dell'assemblea costituente per il partito italiano dei socialisti - nome provvisorio: scegliere il nome definitivo. secondo punto: sceglierne il simbolo. terzo: elaborare e fissare la linea politica - per: visione strategica, obiettivi tattici, tesi programmatiche. quarto: designare il direttivo - quello non provvisorio - del partito. quinto punto, e ultimo all'ordine del giorno dell'assemblea costituente: designare un collegio di saggi col compito di scrivere lo statuto del partito. dopo ho sognato che all'assemblea costituente per il partito italiano dei socialisti - nome provvisorio - partecipavo pure io da semplice cittadino quale sono. insieme a molti altri cittadini semplici, oltre agli iscritti o simpatizzanti di quei cinque partiti scioltisi per questo progetto, o di altri partiti ancora. e tutti certo onesti e socialisti. e ho sognato che il mio contributo ai lavori dell'assemblea consisteva in tre spunti: sul nome, che proponevo fosse 'etica e socialismo'; sugli obiettivi tattici, il primo dei quali proponevo fosse 'il partito deve partecipare alle prossime elezioni politiche nazionali'; e sulle tesi programmatiche, una delle quali proponevo fosse 'il programma elettorale del partito deve dire, tra l'altro, che la diffusione della proprietà pubblica dei mezzi di produzione e distribuzione di beni e servizi avvenga in via "concorrenziale" all'attuale proprietà privata degli stessi - seguiva spiegazione in dettaglio della mia proposta a partire dal decalogo della riconversione, che però non ho dovuto sognare perché di quello sono co-autore sul serio. non mi ricordo, nel sogno, che fine abbiano fatto il primo e il terzo dei miei spunti, ma il secondo è passato. infatti, ho sognato che tutto quello che sognavo succedeva in tempo utile affinché il neonato partito partecipasse davvero alle successive elezioni politiche nazionali. ho sognato infine che alcuni - non ricordo quanti - rappresentanti del partito riuscivano ad entrare, grazie al voto popolare, nella camera dei deputati e nel senato della repubblica. ovviamente come deputati e come senatori, rispettivamente, mica eludendo la sorveglianza agli ingressi. e ancora, che quello che stava accadendo aveva tutta l'aria di essere qualcosa che poneva le basi di un progetto politico che sarebbe durato a lungo, e che avrebbe interagito profondamente con progetti politici simili, già realizzati o in fase avanzata di realizzazione, e con simili partiti e movimenti negli altri paesi europei, dell'area mediterranea africana o asiatica e dell'america latina, per la fuoriuscita progressiva e non-violenta di buona parte del mondo sviluppato dal modello socioeconomico neocapitalista verso altri modelli più democratici di civiltà. semplicemente umani. (e ripensandoci, forse un tanti epocale il mio sogno lo è stato.) ma questo, del cammino futuro, nel sogno, potevo supporlo soltanto. perché al momento dell'elezione dei deputati e dei senatori del mio partito, o poco più tardi, il sogno si interrompeva. sono contentissimo di averlo sognato. tutto quanto. sono contento perché io ho dei sogni dal forte sapore realistico. e quindi posso ragionevolmente dire di sapere che sapore avrebbe tutto questo. anzi, così, almeno, saprò mai di che sa. primo marzo duemilatredici LA PROVA DEL TRE
tre dementi fanno una barzelletta. trenta, fanno un gran film con jack nicholson. trecento, un qualsiasi studio televisivo a pieno carico degli ultimi vent'anni. tremila, il settore più ultrà di una curva qualunque. trentamila, un angelus di media grandezza a piazza san pietro. trecentomila, le resse simultanee in varie città all'uscita dell'ultimo gadget. tre milioni, il fenomeno della sosta in doppia fila su tutto il paese in un minuto dato. e trenta milioni di dementi fanno l'attualità della politica italiana. ci hanno tolto la nostra terra, non ci toglieranno la libertà di disprezzarli e di prenderli per il culo. guerra civile non-violenta permanente degli italiani in esilio in patria contro gli italioti occupanti. ventisette febbraio duemilatredici NEL FRATTEMPO...
nel frattempo, dal 30 gennaio a ieri, i miei appunti politici ho continuato a sciverli qui http://votorivoluzionecivileperche.weebly.com/ e oggi, alla luce del voto nazionale, non posso che scrivere questo. io ho costruito tutto il mio agire civico, civicopolitico e politico degli ultimi tre anni sul postulato che gli italiani non potessero mai più, in nessun caso, dare fiducia a berlusconi come leader politico, come 'brand' di coalizione elettorale o come demone-guida di una compagnia di mostri da incubo (che seppure non ha i numeri per governare - ora è ufficiale - ha quelli per impedire un governo e una vita civile normale.) ci siamo sbagliati in due, e clamorosamente: io e gli italiani. non starò qui a ripetere i motivi enormi per cui valuto quanto commesso dagli italiani il più grave degli errori politici, e anche la più grande infamia ai danni della loro stessa dignità collettiva - macchiandola a futura memoria ormai indelebilmente. non serve davvero a nulla. però il motivo per cui ho sbagliato così tanto sugli italiani, io personalmente (sull'appeal di berlusconi, come su quello di grillo, e viceversa sul presunto appeal della proposta di rivoluzione civile - rivelatosi quasi nullo), è abbastanza semplice: con questa gente non ho niente a che fare, non li conosco, essi non reagiscono alle sollecitazioni come dovrebbero degli umani compiuti. e la compiutezza umana è troppo radicata in me, come obiettivo esistenziale e come ipotesi di lavoro, perché io - da questa gente - non sia destinato ad esser sempre dolorosamente sorpreso, e quindi politicamente sconfitto. ma ho imparato, ora. con gli italiani, fra gli italiani, per gli italiani, a lungo - molto a lungo - non farò più azione civica, civicopolitica o politica. voglio bene a tutte e tutti quelli che ci hanno provato prima di me, e molto a chi l'ha fatto insieme a me - in ogni modo - come pure a chi continua a provarci o lo farà anche da domani in poi. torno a lavorare su me, a fianco di chi amo e fa altrettanto su se stess*. alla bellezza senza tempo alla giustizia senza nazione alla dolcezza senza prezzo alla gioia senza ragione ventisei febbraio duemilatredici POPOLO
che poi – c’ ha ragione corrado guzzanti: spezziamo una lancia nei confronti dei poteri. dico. ma voi, se foste ‘i poteri’, vi fidereste del popolo italiano? de questo popolo lazzerone che dal 1994 al 2008 ha democraticamente designato l’antistato puro e semplice (e visibilmente antistato, e orgogliosamente antistato) per tre volte alla guida del paese e alla rappresentanza dell’italia in europa e nel mondo, e per un botto di volte alla guida di regioni, province, città, comunità montane e municipi? de questo popolaccio che si è scelto da sé i formigoni, i cota e le minetti al nord, le polverini e i fiorito al centro, i lombardo al sud? che prima che il porcellum gli legasse le mani (a ‘sto punto, quasi meno male) si elesse al parlamento nazionale i cicchitto e i la russa, i calderoli e le santanchè, le mussolini e le carlucci, i capezzone, gli straquadanio, gli elio vito (ve lo ricordate?), i gianfranco miglio (ce ne liberò solo la natura), e a quello europeo i salvini e i borghezio, o le lara comi (faccia nuova questa, ma serialmente arcaica)? se foste voi ‘i poteri’, e seppure foste nella più santa buona fede, ve la sentireste di dire a questo popolo, a questo popolo in così larga parte evasore e corruttore, inquinatore e conformista, sessista, xenofobo e ignorante – da un giorno all’altro: “ok, siamo in crisi nera e ormai ve ne siete accorti perfino voi, testarelle di italiani: il rincoglionimento con la televisione non lo useremo più, in trentacinque anni ha fatto più danni che altro, e non useremo più la coercizione dell’opinione pubblica con tutti gli strumenti legali e no come finora. anche il rigore è una cazzata, ma non sapevamo proprio cosa dire dopo berlusconi. invece proviamoci, hai visto mai, tanto peggio di così: gente, autogestitevi secondo scienza e coscienza in termini economici e politici, civili e culturali, e ambientali. noi – i poteri – non sappiamo più che cazzo fare: realizziamo una democrazia sostanziale. potere al popolo!” voi lo fareste? io no. per questo, proprio per questo, servono adesso come non mai i cosiddetti ‘corpi intermedi’ – formazioni politiche, sindacati, associazioni civiche, gruppi di pressione, affinità culturali e competenze professionali organizzate – attraverso i quali, si spera (e così sperarono i padri costituenti, che lo misero nero su bianco), il peggio del popolo si perde e ne resta il meglio. per questo facciamo politica, ognuno come può e come sa, nei luoghi di lavoro e della vita. e per ciò poi – tra pochissimo – votiamo. (auspicabilmente meglio delle ultime volte!) allora va bene: solo così i ‘poteri’ possono essere efficacemente contrastati da qualcosa che sì il popolo esprime con un percorso di maturazione – di sinistra, per quanto mi riguarda –, ma non dal popolo in sé (dalla cui ‘pancia’ si alimentano proprio quei poteri là, carismatici o occulti che siano). vabbe’. so che tutto questo lo sapevate già, ma diciamo che mi serviva da promemoria. ma guzzanti che c’entra? c’entra. per analogia. infatti: ma voi, se foste ‘la chiesa’, vi fidereste dei credenti? de questo popolino al quale siete riusciti a far ingoiare le balle più inverosimili – resurrezioni e altri miracoli, transustanziazioni e altri dogmi – e che se l’è bevute al punto di cambiare radicalmente il modo di intendere la vita dei singoli e delle collettività? de questo popolino che per paura delle ritorsioni di un essere immaginario, oppure sperando nella sua compiacenza qui e ora o in un inconcepibile aldilà, mette in fila una serie di comportamenti assurdi, fino all’autolesionismo e alla violenza sugli altri? (vi risparmio gli esempi: scegliete voi a memoria.) e voi, se foste voi ‘la chiesa’, e seppure foste nella più santa buona fede, ve la sentireste di dire a questo popolo – da un giorno all’altro: “dio non esiste. non c’è l’aldilà. però provate ad amarvi gli uni con gli altri, e anche ad amare voi stessi, così come è scritto nelle migliori pagine dei nostri racconti!” voi lo fareste? io no. sarebbe il caos. sarebbe una guerra civile planetaria. e infatti – benché ovviamente atei della più bell’acqua – neppure i capi delle chiese mondiali lo fanno. ed ecco corrado guzzanti. esilarante! (da 07:07 e per i cinque minuti a seguire, completamente in tema.) http://www.youtube.com/watch?v=OJxUJrKSdXM trenta gennaio duemilatredici S'E' DETTO, SI FA
voto rivoluzione civile perché, per esempio... perché l'illegalità e l'indegnità al potere possono narcotizzare una generazione, ma poi basta. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=w3tqk5tv7aE perché però le cose non succedono da sole, per fluidi magici, ma bisogna organizzarsi - studiare tanto e un po' agitarsi. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=FO5kgS7rO1k perché piuttosto che far scrivere una nuova legge elettorale da questi banditi, meglio votare così. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=FrzLipFUCPw perché una bella iniezione di società civile concorra ai posti tradizionalmente esclusiva del ceto politico. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=iTW0pIUzrOc perché ecco il ritorno in voga di un'idea socialdemocratica e comunitaria contro i dogmi neoliberisti. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=hKkhqkFUoAQ perché la sinistra anticapitalista deve riunire le sue anime, ma dietro un garante che non sia di nessuna. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=hf7hMaWpMUA perché proviamo un simbolo con quarto stato in contro luce, per evocare una nuova cittadinanza attiva in marcia. e s'era detto. (vedi i primi fotogrammi del terzo video sopra questa linea.) perché l'antipolitica è un fuoco di paglia, la crisi stessa lavora per l'acquisto di coscienza e la gente vuole votare. e s'era detto. http://www.youtube.com/watch?v=pI1ld8kZVRo perché se le nostre belle istanze di cambiamento non tentiamo di farle arrivare nei luoghi del potere istituzionale, perdiamo solo tempo. e s'era detto. http://www.libera.tv/videos/3975/cambiare-si-puound039---andreozzi.html perché qualunque idea antagonista e ogni altro modello socioeconomico alternativo, o si mostrano europei o è inutile. e s'era detto. (su facebook giusto due giorni fa... "perché, compagne e compagni di rivoluzione civile, non organizziamo una bella manifestazione di piazza - o teatro - in cui il nostro progetto venga pubblicamente appoggiato da rappresentanti di front de gauche, syriza, linke, izquierda unida, l'inglese respect...?") perché ci vuole una proposta di legge per la confisca dei beni e mezzi d'impresa antisociali. e s'era detto pure questo! http://www.youtube.com/watch?v=BD2AAKjrk_k s'era detto, e registrato e scritto. e con rivoluzione civile ora si è fatto - o si fa, o lo si dichiara, ora. si è fatto, o si fa o lo si dichiara, senza nessun merito da parte mia - questa è la cosa più bella! diciamo... come cambiare l'italia senza contare un cazzo. e senza smettere di lavorare, di andare al cinema e in bici, di leggere e fare l'amore. :D alla luce di tutto ciò, se non votassi rivoluzione civile solo perché come progetto politico-elettorale avrebbe ancora qualche margine di miglioramento, sarei matto. quindi, compagne e compagni, ci vediamo 'nella realtà' dove e quando ce lo chiede chi organizza il movimento, anche solo per far numero - e io non vedevo l'ora che qualcuno mi dicesse in che modo, semplicemente, potessi dare una mano! concludo parafrasando joyce. la proposta e la battaglia politica, anche quando sembrano essere le più utopistiche, sono sempre una ribellione non solo contro la realtà dei fatti ma anche contro l'idea artificiosa che essa sia immutabile. la proposta e la battaglia politica parlano di ciò che sembra fantastico e irrealizzabile solo a quelli che hanno perduto la capacità delle intuizioni più semplici - quelle intuizioni che danno la prova della realtà in movimento. ventinove gennaio duemilatredici UN'ALTRA VITA
nel 2012, in italia sono nate 380.000 nuove imprese e ne sono morte 360.000. posti di lavoro persi, produzioni interrotte, infrastrutture abbandonate, contratti disonorati, debiti, crisi personali, ferite sociali. ma cos'è questa follia di credersi tutti pesci d'altura, salvo poi spiaggiarsi in massa e crepare? e non si contano più le famiglie con un mutuo da pagare per la casa, che se prima era solo tanto faticoso - quando il lavoro c'era, e con esso del reddito sicuro - ora è semplicemente l'ascensore per la cantina delle nuove povertà. porte bloccate, caduta libera. ma cos'è stata questa chiamata del sistema dei nostri ultimi decenni, questa vocazione indotta alla proprietà a tutti i costi, all'impresa di se stessi come unica realizzazione esistenziale? è stato che il sistema, per replicarsi più a lungo possibile così com'era (ed è), aveva esaurito le risorse materiali, aveva conquistato tutto, aveva estratto tutto, aveva venduto tutto: era finito, salvo cambiare radicalmente. ma qualcuno, ai piani alti, ha avuto la geniale idea di attingere alle risorse non materiali, alle voglie, alle smanie, alle paure, alle speranze delle donne e degli uomini. è stato instillato il seme: dovete possedere, dovete rischiare, dovete voler vincere, dovete voler delimitare e distinguervi. il resto l'avete fatto da voi, con un trapianto d'anima su scala di massa. per qualche decennio è durata. ora sembra una di quelle cripte costruite con le ossa di chi man mano tira le cuoia. non vi fanno pena i vostri femori, i vostri teschi, a fondamenta di una reggia che non abiterete mai? non vi fa rabbia che cadrà comunque, salvo qualche altra invenzione contro la vita? io? io non possiedo la casa in cui dimoro, né nessun'altra. e lavoro alle dipendenze di qualcuno, precisamente della collettività. ho impostato la mia esistenza perché questi due punti fermi restassero tali. stirando un po' il concetto... io forse ho confuso il piacere e l'amore / ma no, non ho creato dolore. ma un'altra vita, concretamente, è possibile? john holloway, in crack capitalism, dice che c'è tantissima gente al mondo che già ora fa un'altra cosa rispetto a 'fare il capitalismo'. non lo so. non so se io sia capace di scelte personali tanto radicali da vivere come uno zapatista, per esempio. ma so per certo che non potrà far che bene a me, alle persone che amo e a questo paese, se nel parlamento italiano siederanno donne e uomini che hanno un'idea (e una pratica) dell'esistenza che non si risolve nella proprietà e nell'impresa, bensì nella socialità e nella sostenibilità, nell'equità e nella civiltà. donne e uomini - in buona sostanza - che accettano la responsabilità di essere umani, diventare umani, restare umani, difendere umani. dal programma di rivoluzione civile: Vogliamo realizzare una rivoluzione civile per attuare i principi di uguaglianza, libertà e democrazia della Costituzione repubblicana. Vogliamo un’Europa autonoma dai poteri finanziari e una riforma democratica delle sue istituzioni. Accanto al Pil deve nascere un indicatore che misuri il benessere sociale e ambientale. Affermiamo la laicità dello Stato e il diritto all’autodeterminazione della persona umana. Siamo per una cultura che riconosca le differenze. Va cambiato l’attuale modello di sviluppo, responsabile dei cambiamenti climatici, del consumo senza limiti delle risorse, di povertà, squilibri e guerre. Va impedita la privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Vogliamo garantire a tutte e tutti l’accesso ai saperi, perché solo così è possibile essere cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Vogliamo valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico. Va promossa la cooperazione internazionale e l’Europa deve svolgere un’azione di pace e disarmo in particolare nell’area mediterranea. Vogliamo una nuova stagione di democrazia e partecipazione. sembra abbastanza un'altra vita. ed è possibile. venticinque gennaio duemilatredici IL GIOCO DELLA VERITA'
il gioco della verità di confindustria. dice squinzi che siamo arrivati all'ultimo minuto per salvare il paese. vero. dice che ci sono parametri fondamentali della nostra situazione che non è che cambino a seconda di chi vinca le lezioni. vero. dice che il pil dal 2007 a oggi è calato del 7%. vero. dice che la disoccupazione è ormai oltre il 12%, e che al sud è peggio e che tra i giovani è peggio e che tra i giovani del sud è peggio del peggio. vero. dice che se non cambiamo profondamente modello non c'è che un doloroso declino. vero. dice che bisogna aumentare la flessibilità nel mondo del lavoro. prego? dice proprio così. FALSO. vedete? si può esser d'accordo fino a cinque volte consecutivamente perfino col presidente di confindustria, ma poi accorgersi al sesto punto e decisivo che loro vogliono una cosa e voi l'esatto contrario! vale per confindustria come per chiunque. quindi, occhio: fino in fondo, con tutti. la liberalizzazione, la flessibilità, l'onnipotenza del mercato, la rinuncia alla minima concertazione o pianificazione pubblica, non possono essere la soluzione poiché sono il problema: se non si capisce questo, allora tanto vale volere un tea party anche in italia - altro che monti! invece, per esempio, allo stesso gioco della verità RIVOLUZIONE CIVILE offre le medesime cinque affermazioni di squinzi, solo che per sesta precisa: "Siamo contrari al Fiscal Compact che taglia di 47 miliardi l’anno per i prossimi venti anni la spesa, pesando sui lavoratori e sulle fasce deboli, distruggendo ogni diritto sociale, con la conseguenza di accentuare la crisi economica. Accanto al Pil deve nascere un indicatore che misuri il benessere sociale e ambientale. Non vogliamo più donne e uomini precari. Siamo per il contratto collettivo nazionale, per il ripristino dell’art. 18 e per una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro. Vogliamo creare occupazione attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, politiche industriali che innovino l’apparato produttivo e la riconversione ecologica dell’economia. Vogliamo introdurre un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati. Vogliamo che le retribuzioni italiane aumentino a partire dal recupero del fiscal drag e dalla detassazione delle tredicesime. Vogliamo difendere la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro." bello differente, no? VERO! il gioco della verità di monti. monti , a davos tra i grandi decisori del sistema, dice: "abbiamo la colpa di non aver capito subito che la crisi aveva ed ha dimensioni sistemiche, ma adesso ci è chiaro e ci muoviamo di conseguenza". "...non aver capito subito..." uhm. ora però leggete qua. "Se l'attuale tasso di crescita della popolazione, dell'industrializzazione, dell'inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale. È possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro. Lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla Terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano." ops! e questa cosa è stata scritta non oggi né da anticapitalisti, bensì dal massachussets institute of technology per conto del club di roma: è la premessa del famoso studio "i limiti dello sviluppo", ed è del 1972. quindi monti o è un povero scemo, e stiamo proprio in buone mani, oppure mente sapendo di mentire. e lo stesso vale per chi lo attornia, chi l'ha sostenuto e chi vi collaborerà. perché sono almeno quarant'anni, invece, che i grandi decisori del sistema sanno che il sistema medesimo è intrinsecamente in crisi. e tutto quello che è successo in occidente - italia compresa - dalla deregulation alle torri gemelle, dal grande papato alla caduta del muro, dalle centrali nucleari alle bolle immobiliari, dal riflusso a berlusconi, non è stato altro che una serie di ricette applicate affinché il sistema galleggiasse sopra una crisi che non si può risolvere tenendo fermi i suoi dogmi secolari: mercato, profitto, proprietà. i dogmi galleggiano, e l'equità sociale (benessere, democrazia, pace) va sotto. la lotta è precisamente questa. ma forse ora in campo c'è qualche fattore nuovo, tipo che tantissima gente ne è consapevole sulla propria pelle. il resto è fuffa. ventiquattro gennaio duemilatredici GIOCHIAMOCELA COSI'
scusate, compagne e compagni, ma io credo - anzi, sono sicuro - che una campagna elettorale contro il centrosinistra non sia il nostro compito politico. ripeto: non. e non perché il centrosinistra non lo meriti 'moralmente' (visto quello che stanno dicendo e scrivendo le sue voci ufficiali, politiche e mediatiche, contro rivoluzione civile - e addirittura anche altre voci, 'indipendenti', che con le scuse più inconsistenti attaccano rivoluzione civile 'da sinistra' sui mezzi di comunicazione che comunque al centrosinistra sono 'organici': gruppo repubblica-espresso, tg3, rainews). bensì, perché non ce lo meritiamo noi, compagne e compagni di rivoluzione civile. politicamente, intendo. perché invece ci meritiamo, finalmente, una campagna elettorale 'per', e non più 'contro' - dopo tutti gli anni passati a giocare costretti in difesa contro il panzer della pura e semplice illegalità al potere! o stavi con berlusconi - come milioni di sudditi e migliaia di complici - o stavi contro, come noi tutti ma ora schierarsi 'per' è possibile, ora che l'illegalità è uscita dal palazzo e non rischia di rientrarvi, ora che si combatte tra idee politiche e modelli socioeconomici in reciproca alternativa, ora che la costituzione formale la rispettano tutte le forze in lizza per la vittoria - ora si può far campagna 'per': e a noi, a fronte di quelli che la fanno per le classi che guidano (al disastro) il sistema, spetta di farla per le classi che lo subiscono - in sintesi, per l'applicazione anche sostanziale della costituzione medesima. io credo - anzi, sono sicuro - che i voti arriveranno a rivoluzione civile dalle cittadine e dai cittadini che da tanto non credono a un'offerta politica qualsiasi, o da chi ha per un attimo creduto alle scorciatoie fischiettate dagli anticasta (sì, è un rasoio la lingua di grillo - ma quando affoghi nella crisi ti attacchi anche a quello per non sentirti più giù), o dai tantissimi indecisi ancora. e se strapperemo un voto al non-voto, allora avremo fatto bene. e se ne strapperemo uno al movimento 5 stelle, altrettanto. e altrettanto se ne orienteremo uno dall'indecisione pura (magari tra quell'opinione di ispirazione radicale lasciata - giustamente - attonita dall'ennesima capriola cinica di pannella). ma se toglieremo un voto al centrosinistra - o meglio: all'area più avanzata del pd e a sinistra ecologia e libertà (del resto del centrosinistra non parlo, lo assimilo direttamente al centro montiano) - dovrà essere non perché abbiamo fatto campagna contro quei partiti, ma perché abbiamo parlato del nostro programma, semplicemente, e perché cittadine e cittadini, venendone a conoscenza da persone di cui hanno fiducia, l'hanno stimato superiore a quello della coalizione a guida bersani. tutto qua. rivoluzione civile scrive, nel proprio programma, cose come queste. "Vogliamo un’Europa autonoma dai poteri finanziari e una riforma democratica delle sue istituzioni. Siamo contrari al Fiscal Compact che taglia di 47 miliardi l’anno per i prossimi venti anni la spesa, pesando sui lavoratori e sulle fasce deboli, distruggendo ogni diritto sociale, con la conseguenza di accentuare la crisi economica. Il debito pubblico italiano deve essere affrontato con scelte economiche eque e radicali, finalizzate allo sviluppo, partendo dall’abbattimento dell’alto tasso degli interessi pagati. Accanto al Pil deve nascere un indicatore che misuri il benessere sociale e ambientale." e "Non vogliamo più donne e uomini precari. Siamo per il contratto collettivo nazionale, per il ripristino dell’art. 18 e per una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro. Vogliamo creare occupazione attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, politiche industriali che innovino l’apparato produttivo e la riconversione ecologica dell’economia. Vogliamo introdurre un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati. Vogliamo che le retribuzioni italiane aumentino a partire dal recupero del fiscal drag e dalla detassazione delle tredicesime. Vogliamo difendere la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro." e "Va cambiato l’attuale modello di sviluppo, responsabile dei cambiamenti climatici, del consumo senza limiti delle risorse, di povertà, squilibri e guerre. Va fermato il consumo del territorio, tutelando il paesaggio, archiviando progetti come la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto di Messina. Va impedita la privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Va valorizzata l’agricoltura di qualità, libera da ogm, va tutelata la biodiversità e difesi i diritti degli animali. Vanno creati posti di lavoro attraverso un piano per il risparmio energetico, lo sviluppo delle rinnovabili, la messa in sicurezza del territorio, per una mobilità sostenibile che liberi l’aria delle città dallo smog." e "Va ricondotta la funzione dell’esercito alla lettera e allo spirito dell’articolo 11 della Costituzione a partire dal ritiro delle truppe italiane impegnate nei teatri di guerra. Va promossa la cooperazione internazionale e l’Europa deve svolgere un’azione di pace e disarmo in particolare nell’area mediterranea. Vanno tagliate le spese militari a partire dall’acquisto dei cacciabombardieri F35." compagne e compagni, non vedete? è il programma in sé che si pone come ben altra cosa da ciò che il centrosinistra dichiara di voler fare una volta al governo. (per non parlare di ciò che sarà costretto a fare, con quell'accordo post-elettorale con monti che bersani non si cura di nascondere troppo.) il programma, le cose, il modello. e la gente non è stupida. questo dev'essere il nostro assioma: il rispetto dell'intelligenza dei nostri concittadini, dell'intelligenza 'evoluta' ma anche più prosaicamente di quella che fa dire "io non sto bene, come posso accrescere la probabilità di star meglio domani?". ecco. lasciamo la propaganda 'sorda', politicista (il voto 'utile') e mercenaria o autistica (l'occasione 'persa'), a chi non ha altro da dire. noi invece facciamo politica: diciamo solo alla gente cosa vogliamo fare, e come - il perché lo sanno già tutte e tutti. giochiamocela così. è più bello! vinciamo! ventitre gennaio duemilatredici QUATTRO PENSIERI TRA DUE FUOCHI
da una parte c'è l'unità, "giornale fondato da antonio gramsci" (e buon compleanno a te grande antonio), che ogni giorno caga un titoletto contro rivoluzione civile che feltri, belpietro e sallusti avrebbero qualche remora a dare in stampa. il che dice quanto (parecchio) sia disposto il centrosinistra a pagare moralmente pur di mandare in porto il matrimonio con la stanza dei bottoni del neoliberismo by monti&marchionne. dall'altra ci sono i compagni "migliori di tutti" che dicono che rivoluzione civile non avrebbe messo in lista questo e quello per sottostare ai diktat di ferrero, di pietro e diliberto, e però non si prendono il disturbo di guardarle davvero quelle liste e di leggere le dichiarazioni dei candidati, che più antagoniste di così sarebbe zapatismo. gente cara, ma se non volete che cambi un cazzo non dovete proprio far nulla - a che pro diffamazioni e vittimismi? sprecate zuccheri preziosi a spendervi per il mantenimento dello stato di cose presente: ci penseranno da sé i principi della termodinamica. vorrà dire che quando il sistema, dopo aver tolto ogni diritto ai vostri vecchi pensionati e ai vostri figli precarizzati, vi ordinerà pure di mettervi di guardia con un fucile scalcinato a un barile di benzina nel deserto, voi allora bestemmierete contro l'entropia universale. ma non v'azzardate a farlo contro il coraggio politico di qualcun altro, che avrete fatto di tutto per vanificare - solo questo vi chiedo. salvatore borsellino, che per fortuna è un gran cittadino e una grande persona, l'ha già detto e ridetto che vota e sostiene rivoluzione civile e ingroia personalmente! ha detto che gli dispiace per calasanzio e undiemi, che hanno rinunciato a stare in lista, che c'è stato fraintendimento e forse troppa superficialità, ma che capisce i tempi ridottissimi, le tante forze in campo e però è convinto della scelta ribadita. ma questo è borsellino, uno che da sempre ci mette tutto se stesso. è una storia, è una vita, è dolore, è verità. ma gli altri. gli altri che si stracciano le vesti sono gli indignati da divano, ai quali non sta bene niente a prescindere, per i quali la strada imboccata dal movimento reale non è mai quella giusta, che ne sanno sempre una più di tutti, che se solo si facesse come dicono loro, che poi tanto so' tutti uguali, quelli che stanno sempre in cattedra come solo gli impotenti e i falliti, e che infatti nessuno ha mai visto dire o fare 'a' di utile là dove si dicono e si fanno le cose vere - e non lo scaccolamento 2.0 sul web. sono queste e questi sfigati, la zavorra del cambiamento: il fuoco amico! li conosciamo, purtroppo, perché tra l'altro non avendo un cazzo da fare ed essendo in un modo qualsiasi 'garantiti' nel loro status socioeconomico, li abbiamo visti e li vediamo sempre agitarsi sulla rete, perder il tempo loro e provare a farci perdere il nostro - godendone autisticamente. riescono pure a comparire nella 'realtà', a volte, ma trasferiscono anche lì la loro totale dis-attitudine alla costruzione, la loro coazione al resettaggio continuo e paralizzante di qualunque strategia efficace. in nome di non si sa che. oh, se li conosciamo - nati nell'ombra umida dell'età berlusconiana, quando la politica sembrava morta e viveva solo questa specie di reality lamentoso e livido. sono sopravvissuti a lungo, come miracolati dello pseudoattivismo, e guadagnandosi una rendita di posizione infinitamente sopravvalutata rispetto a una qualunque misurazione di loro intelligenza politica, onestà intellettuale, semplice energia vitale. alla fine manco voteranno - se per quel giorno non avranno un altro buon motivo per uscire da casa, magari anche solo per pontificare di metodi e purezza e nuovo mondo ai gatti nel parcheggio. be', gente: di buono c'è che con questa serie di appuntamenti elettorali, arriviamo al pettine - e questi noderelli inforforiti cadono nel nulla da cui provengono, e dove in fondo stanno a miglior agio. ce li togliamo dal culo! la gente italica è tutta un programma. nei lunghi anni in cui - parecchio forzatamente rispetto alla stessa normativa - vivevamo il braccio di ferro elettorale tra centrodestra e centrosinistra, con l'inevitabile riduzione a due soltanto delle tante sfumature di adesione politica, era difficile trovare chi non stesse o di qua o di là: sostanzialmente, o stavi con berlusconi o stavi contro. era facile. anche perché dichiararsi non cambiava niente: tanto vinceva o berlusconi, o qualcuno che restava in carica troppo poco e troppo confusamente perché poi berlusconi non rivincesse. viceversa, proprio ora che le possibilità si sono oggettivamente ampliate - adesso che c'è un polo di destra (pdl + lega), uno di centrodestra (monti), uno di centrosinistra (pd + sel), uno di sinistra (rivoluzione civile), uno antisistema (grillo), oltre a tanti altri poletti che rappresentano altrettante declinazioni programmatiche o anche solo suggestioni mediatiche -, ebbene ora leggo di una quantità di persone (e più sono 'in vista' più la tendenza è questa) che proprio non riescono a decidersi per un outing schietto e convinto. rispondono a tutte le proposte o 'proprio no' oppure 'ni' o infine 'sarebbe sì, ma invece'. perché? perché ora schierarsi vuol dire non più essere contro qualcuno, ma finalmente per qualcosa: per le classi che guidano o viceversa per le classi che subiscono. e gli italiani contemporanei - almeno in maggioranza - preferiscono mangiare pezzi di vetro piuttosto che argomentare pubblicamente in cosa credono, e non solo strillare chi gli sta sul culo. heinrich bruning, cattolico di centro ed esperto di finanza, fu nominato cancelliere della repubblica di weimar nel 1930; governò con l'appoggio dei suoi e dei socialdemocratici, applicando una ricetta di rigore e tagli per far fronte al debito e al deficit commerciale in piena grande depressione. solo che la sua agenda schianta le classi popolari tedesche al punto che di lì a poco un pazzo criminale riceverà da esse il passi democratico per precipitare la germania, l'europa e il mondo nell'orrore puro. quando si dice 'sbagliare i calcoli'. proprio ieri è stato fatto dalla stampa un accostamento tra bruning e monti, e tra l'spd dell'epoca e il pd nostrano. non ha osato tanta impertinenza l'organo ufficiale della linke o di syriza, e nemmeno il nostro manifesto. l'ha scritto il financial times. compagne e compagni del voto utile, che vi apprestate a sostenere il centrosinistra col naso turato purché non vinca berlusconi - che come vedete, con gli scenari reali c'entra come una puttana a un duello -, prima di turarvelo date una letta a quell'autorevole foglio inglese, e poi magari soffiatevici pure il mocciolo di un piantarello. io invece ho sentito cantare i versi di italo calvino sulla resistenza. ho sentito narrare degli schiavi siciliani che seguirono spartaco, dei contadini poveri tedeschi che diedero forza a thomas muntzer. ho sentito parlare nel bellissimo spagnolo dei latinoamericani, e dire della lotta e della speranza venezuelana e cubana. ho visto messi in fila tantissimi buoni motivi per il voto utile - ma utile sul serio: utile perché in parlamento ci sia chi vuole l'articolo 18, chi vuole la pace, chi vuole combattere il conflitto d'interessi, chi vuole l'applicazione integrale e sostanziale della costituzione... ho sentito sbugiardare, numeri economici e serie storiche alla mano, tutte le tesi del pensiero unico dominante. ho sentito dire che un modello economico alternativo potrebbe essere per esempio la nuova politica economica di lenin, dei primi anni venti. ho visto rappresentare il socialismo come la riconversione che penso anche io da tanto tempo. dove? al cinema farnese di roma, domenica scorsa, tra le compagne e i compagni di roma che appoggiano il progetto di rivoluzione civile. e se non vi riconoscete in quanto sopra avete fatto bene a non venire pure voi! tra l'altro, che "un modello economico alternativo potrebbe essere per esempio la nuova politica economica di lenin, dei primi anni venti" e che "un socialismo possibile sia la riconversione" non l'ha mica detto un militante da libro dei sogni, dei tanti che stavano lì per la rievocazione della nascita del partito comunista d'italia del '21, ma semplicemente e seriamente un filosofo ed economista candidato alla camera per la lista di ingroia. ora, d'accordo, di meglio si può sempre trovare. ma intanto, questo! ventidue gennaio duemilatredici GUERRA E CAMPAGNA ELETTORALE
intorno al nostro mondo c'è la guerra - la guerra di cannoni e droni, diretta, la guerra obliqua e occulta degli ostaggi, la guerra contro le minoranze, col gas, la guerra delle segregazioni, la guerra contro il diritto e il futuro, coi capitali, la guerra delle armi in casa e nelle scuole, la guerra contro la storia, contro l'umano, contro la terra, l'acqua e l'aria. intorno al nostro mondo c'è la guerra, e il raggio di questo mondo è sempre più corto. perciò ci hanno dato un nobel, perchè ce lo meritassimo. perciò non possiamo non volere un'europa all'altezza di questo compito - che noi incarniamo un'alternativa e una forza d'interposizione di pace. perciò chi vuole un'europa semplicemente contabile, vuole che il raggio di questo nostro mondo benedetto semplicemente scompaia. la campagna elettorale in italia va letta anche così. poi però senti bersani che dice: "non voglio fare robespierre o saint-just: niente patrimoniale, ma solo la tracciabilità fiscale." e non sai se sei più incazzato per: a. l'autosbugiardamento rispetto a quanto aveva detto appena martedì a ballarò, b. perché ma come fanno i compagni di sel e vendola a stare ancora là, c. il vilipendio della storiografia - roba da berlusconi - nell'accostare il terrore ghigliottinaro a una misura fiscale adottata in tanti paesi avanzati come stiamo messi male. non basta. poi arriva pannella che si mette con storace. e allora concludi che pannella è un esempio perfetto di come si possa attraversare la vita intera campando di politica senza dover fare politica un solo giorno, mai. un altro è andreotti, solo - questo - gestendo un potere molto molto più grande. se c'intendiamo sul significato di 'politica', ovviamente. ed è anche per questo 'servizio' dato per decenni e decenni all'opinione pubblica nei confronti del controsignificato di politica, che questo nostro è il paese - oltre che di andreotti e di pannella - di bossi, di berlusconi, di grillo. le colpe? della banalità del male, sì. ma non solo. i partiti, i movimenti e i sindacati in cui si è organizzata la classe lavoratrice italiana non hanno saputo storicamente denunciare tutto questo, che precisamente consente alla forza anarchica del capitale di accrescere intanto i propri privilegi, né hanno saputo vivere e far vivere efficacemente il significato profondo della politica, tranne che per una porzione di nicchia eccellente della cittadinanza. forse perché i loro dirigenti hanno scelto sempre qualche scorciatoia tattica, perdente, o forse perché questo è davvero un popolo in maggioranza mai emancipatosi dalla condizione servile delle epoche sabaude, austroungariche, pontificie, borboniche. se la risposta corretta è la seconda - compagni lavoratori, compagni intellettuali - stiamo tutti perdendo tempo a restare qui a lottare. se invece è la prima, abbiamo ancora qualche possibilità - magari anche una soltanto. ma oggi sono un po' giù. è che davvero ce n'è tanta da spalare. diciotto gennaio duemilatredici L'UNO PER CENTO
il governo reale del pianeta è il governo di una data classe di flussi globali. prevalentemente, i seguenti dieci: flusso di denaro e debito, di titoli di proprietà, di energia, di merci, di alimenti e acqua, di rifiuti e scorie, di esseri umani e lavoro, di saperi, di informazione e condizionamenti, di armi. chi governa questi flussi governa la terra. e chi li governa? il proverbiale 1% dell’umanità – il quale si regola nell’immediato in base a logiche di profitto, espansione e accumulazione, e sul medio/lungo termine forse anche in base a logiche di conservazione e progresso della specie, della civiltà e della vita in sé (ma forse). però quest’1% non va inteso come un soggetto unitario, bensì come un’arena conflittuale in cui si fronteggiano gruppi d’interesse privati (a geometrie variabili) che nell’immediato hanno obiettivi di profitto, espansione e accumulazione differenti e concorrenti tra loro, e per il medio/lungo forse hanno idee strategiche per la conservazione e progresso pure diverse e spesso inconciliabili. la storia che emerge – la storia pubblica, globale e locale, quella che va sui notiziari prima e poi sui manuali – è dunque la risultante delle forze in conflitto in quell’arena che è l’1% dell’umanità. e il 99%? se l’1% è il governo del pianeta, il 99% è praticamente il pianeta stesso. il quale 99% se fosse in grado di autodeterminarsi – ossia: di determinare il governo di quei flussi, e magari in base a logiche di conservazione e progresso già nell’immediato, e certe (non solo auspicabili) – lo farebbe direttamente, spogliando di ogni potere reale l’élite globale di cui sopra. ma non lo fa: non si determina in alcun modo che non sia la mera sopravvivenza del qui e ora. quindi, in altre parole, il governo dell’1% surroga la naturale anomia del pianeta in sé – cioè del 99% – istituendo con la forza pura (ovvero con la forza di indurre il consenso o, almeno, la distrazione e il disinteresse) una qualche “regola”. quindi, dal mio punto di vista, la questione davvero fondamentale non è ‘come può il 99% appropriarsi dell'autogoverno? (che non ha mai esercitato – i motivi di ciò esulano dai limiti di questa noterella)’, ma è invece ‘la regola con cui l’élite governa mi piace?’. e poiché la mia personale risposta a questa domanda è ‘decisamente no’ (per motivi su cui diffondermi mi porterebbe, di nuovo, parecchio fuori confine), la logica conseguenza è porre subito un altro piccolo gruppo di questioni: ‘come cambiare quella regola?’, ‘chi può farlo?’, ‘e con quale nuova regola governare la terra?’. e le risposte sono, paradossalmente, facili – in termini astratti. come cambiare quella regola? togliendo il potere all’1%, protagonista solitario, o almeno contendendoglielo al punto di determinare dialetticamente una regola differente per governare il pianeta (tramite il governo di quei flussi). chi può farlo? un altro 1% dell’umanità, diverso dal primo: una diversa élite emergente dal grosso del pianeta dalla quale tutti gli esseri umani (il 98%, a questo punto) possano pretendere un’azione di contesa efficace rispetto all’azione monopolistica (benché infraconflittuale) dell’élite attuale. ma con quale nuova regola (almeno, come obiettivo a tendere)? la regola dell’umanità – inteso come sostantivo di valore e non come denominazione collettiva. (anche ‘spiegare’ il sostantivo ci porta lontano: lo do qui per inteso e condiviso.) concludo. la lotta contro l’arbitrio dell’1% non può essere condotta dal 99% con non si sa che metodi immediati e diretti: se il 99% ne fosse in grado lo farebbe già, e vittoriosamente, con la sola forza straripante del proprio numero. il 99% invece – anzi, il 98% – deve delegare a un altro 1% il compito di questa lotta. e quest’altro 1% è la politica. ma quella buona. il flusso del denaro e del debito, dei titoli di proprietà, dell’energia, delle merci, degli alimenti e dell’acqua, dei rifiuti e delle scorie, degli esseri umani e del lavoro, dei saperi, dell’informazione e dei condizionamenti, delle armi – il governo di questi fatti e processi reali deve essere progressivamente guadagnato dai luoghi della politica (cioè del ‘pubblico’), ossia progressivamente sottratto ai luoghi dell’interesse privato. e questo 2% sia – allora sì – l’arena del vero conflitto strutturale, quello tra le due élite che si giocano il potere sulla (meglio: ‘della’) terra. l’ultima domanda: chi può – meglio: ‘deve’ – far parte di questo soggetto ‘deuteragonista’? la risposta dipende dalle suggestioni culturali di ognuno. chi ricorda meglio lucas dirà ‘i cavalieri jedi’. chi platone, ‘i filosofi’. chi gramsci, ‘il partito’. diciassette gennaio duemilatredici IL SOGNO
cambiare radicalmente la classe politica che guida il paese. sembra un sogno - e in effetti lo è, tanto è arduo e ambìto e necessario l'obiettivo. eppure è ben poca cosa rispetto a quest'altro: cambiare radicalmente la classe dirigente non-politica (economia, finanza, informazione) che guida davvero il nostro paese e non solo. sembra un sogno al quadrato, ed è infatti al quadrato la difficoltà (e la necessità) di conseguirlo rispetto al primo. ma è ancora poco: per cambiare la nostra vita prima che deragli bisogna cambiare la logica stessa del sistema produttivo e distributivo - oggi anarchico e predatorio, distruttivo e alienante - che la classe dirigente non-politica ha elevato a dogma per decenni e che le classi politiche hanno tutelato per gli interessi di quella e i propri. e questo è un sogno al cubo! cambiare il sistema disumano del consumo irrazionale di beni e valori e umanizzarlo con un altro - razionale, condiviso, concertato, pianificato - dell'utilizzo delle risorse per soddisfare equamente i bisogni reali della gente e della vita: madonna mia, mi vengono le vertigini solo a ipotizzarlo! ma neanche questo è il sogno più grande, pensate - né il più urgente. il sogno davvero degno di essere sognato è che tutto questo - un nuovo modo di vivere, con un'altra logica ed altre persone a guidarla con altri metodi - ci piaccia. che piaccia a noi, proprio - donne e uomini semplici. donne e uomini che è una vita - anzi, che è tutta la vita delle generazioni di cui abbiamo conoscenza diretta, che invece pensiamo al piacere come a qualcosa di 'mio' e di 'più'. non di 'tutti' e di 'giusto'. e che - al di là dei pensieri belli e, appunto, dei sogni - concepiamo il senso della realizzazione e della sicurezza, e dell'esistenza stessa, come una corsa pessimistica all'accumulazione e al lascito, alla delimitazione e allo sfruttamento, alla massima scaltrezza e alla minima lungimiranza. come dei tossicodipendenti dell'avere. perché ce l'hanno insegnato - perfino quelli di cui potevamo fidarci (qualcuno controvoglia, ma egualmente; pochissimi no, i migliori), ce l'hanno insegnato come unica salvezza personale. quando invece - è evidente, adesso - si trattava di una sindrome di autolesionismo collettivo. di pazzia planetaria, da film di fantascienza. bene. questo è il mio sogno. che un'altra vita - semmai sapremo lottare tanto e tanto intelligentemente da riuscire a crearne i presupposti - poi ci piaccia. che non siamo ormai così lontani, dal nostro non-ancora destino, per questo. il resto sono giochini. ma, attenzione - non sto prendendo posizione, nella vexata quaestio se occorra cambiare prima l'individuo o prima le forme della convivenza, sulla priorità del cambiamento individuale (o autocambiamento che sia). anzi, io continuo a credere che il singolo-in-sé sia un fatto sociale, e quindi non possa autodeterminarsi in meglio da solo quasi fosse una monade leibniziana. dico però che per quanto ci sembri diifficile sostituire chi governa il mondo (riforma delle élite), e ancora più difficile trasformare l'organizzazione del mondo (rivoluzione socioeconomica), sperare questo è perfino un accontentarsi se comparato a sperare che questi cambiamenti radicali (innescati come e da chi - singoli che lavorano su singoli e su sé, avanguardie organizzate che forzano il quadro presente, masse autoconvocate e maggioritarie? - è appunto la questione che ora non sto ponendo) incontrino poi almeno una netta maggioranza di esseri singoli che in qualunque modo siano o si siano resi adatti a tanto appuntamento con la storia. insomma: pensa che sfiga se alla fine agli umani essere umani non dovesse piacere. ecco. credere questo - credere cioè, indimostrabilmente, che poi forse un modello di umanità nemmeno esista e che quindi convenga pensarci gli uni gli altri e noi stessi come bruti (o pazzi) - genera tutto un paradigma di scelte private e pubbliche. credere, viceversa - e altrettanto indimostrabilmente -, che l'umanità sia cosa qualitativamente diversa da tutto il resto, e sia il nostro retaggio, la nostra responsabilità e la nostra salvezza, ne genera un altro agli antipodi dal primo. sono queste, al dunque, le sole due religioni tra cui ci spartiamo. quindi correggo e integro il titolo: il (mio) sogno, è la mia fede. quindici gennaio duemilatredici LA SCELTA
la scelta di appoggiare attivamente le liste elettorali di 'rivoluzione civile' in corsa al parlamento, non è un'opzione automatica - nemmeno per l'opinione pubblica di sinistra. lo dico perché ci sono persone a me vicine - non solo politicamente ma geneticamente proprio - che pur di sinistra davvero, lo stesso finora non hanno fatto la mia stessa scelta. né forse la faranno, e continueranno ad appoggiare per esempio le liste di sel nell'ambito della coalizione di centrosinistra o addirittura le candidature più di sinistra nello stesso pd. poiché appunto si tratta davvero di compagne e compagni - per di più in qualche caso di affetti di una vita - io ho ragionato sul serio sui loro argomenti, e ho messo sotto critica i miei senza certezze precostituite. ed ecco il risultato. che penso utile rendere pubblico. io credo che il centrosinistra a guida bersani vincerà le elezioni politiche di febbraio. lo credo perché mi sembra che, così, bene interpreto le correnti palesi e profonde dell'opinione pubblica italiana, la quale - resa più avveduta dalla crisi socioeconomica ormai così lunga e dura, e ammaestrata dagli anni infiniti e vuoti del berlusconismo - in maggioranza sceglierà l'opzione di un progressismo moderato, contro quelle della reazione di destra e xenofoba o del tecnomoderatismo puro o di un populismo che ha già stancato. e credo che un governo a maggioranza pd più sel sarà una carta migliore per l'italia, rispetto al passato e al presente, perché si esca dalla crisi un po' più verso le esigenze delle persone e un po' meno verso quelle dei poteri - specie se la sinistra del pd e soprattutto sel riusciranno a pesare nelle politiche ideate e attuate. e allora perché sostenere 'rivoluzione civile', col rischio che un voto a quel simbolo ne tolga uno alla sinistra della coalizione di governo? perché non farlo sarebbe per me sottostare ancora una volta all'autoricatto del voto utile. il quale - ecco la mia posizione maturata da tanta osservazione e anche non poca azione politica - benché sembri l'opzione più saggia, invece semplicemente falsa il gioco democratico in sé. voglio dire. l'opzione progressista moderata deve guadagnarsi ognuno dei suoi voti, dati con adesione convinta, e se ne avrà una quantità sufficiente allora potrà condurre il proprio governo fino in fondo. o - rigirando il concetto - il paese deve meritarsi un governo di centrosinistra, dando alle forze che lo propongono una convinta adesione elettorale.altrimenti - se il centrosinistra nascesse su una gamba di aderenti e un'altra di riottosi votanti col naso turato - non ci sarebbe nessuna politica di lungo sguardo, e probabilmente dopo poco nessun governo. viceversa, se il paese un governo di centrosinistra saprà meritarselo convintamente allora - per quanto mi riguarda - dovrà meritarsi anche un'opposizione di sinistra in parlamento, ossia quella che io convintamente sostengo col voto proprio onorando la natura stessa dell'espressione elettorale. ognuno deve giocare il proprio ruolo. e la scelta tattica di indossare la maglietta di un altro giocatore - perché è utile, perché c'è la paura che sennò si perde, perché è la maglia meno peggio tra quelle più popolari - è secondo me proprio quella che finora ha reso storicamente impossibile, in italia, la costituzione schietta e il radicamento sociale di un'offerta politica di una sinistra moderata da una parte e di una sinistra radicale dall'altra: siamo stati tutti, insomma, o troppo generosi o troppo cerebrali o troppo timidi - quando invece in democrazia basta essere se stessi tutti quanti. e se guardiamo gli altri paesi europei, mi sembra che la mia tesi ne esca confermata. in ogni parlamento c'è un partito di sinistra moderata e ce n'è un altro di quella radicale: i socialisti in francia, e l'union de gauche, i socialisti in spagna, e izquierda unida, il pasok in grecia, e syriza, l'spd in germania, e linke... là, dappertutto, le cittadine e i cittadini davvero progressisti non pretendono di recitare due parti in commedia - non dicono 'confluiamo tutti un po' verso il centro per paura del centro vero e proprio o della destra'. bensì banalmente si contano, in base all'adesione ai rispettivi programmi politici offerti dagli schieramenti. e se i progressisti moderati del tal paese si saranno guadagnati voti convinti a sufficienza per governare, ebbene lo faranno - e solidamente. ossia, se il tal paese si sarà meritato davvero un governo di centrosinistra, ebbene l'avrà. un po' di sguardo comparato ci dice che quando ciò succede - ripeto, con la semplicità del gioco democratico, senza retropensieri e travestimenti tattici - allora quel paese si merita sia un governo di centrosinistra sia un'opposizione di sinistra, che svolgerà solidamente il proprio ruolo benefico. altrimenti negato, tagliato, estirpato dalla dialettica stessa parlamentare e istituzionale - con grave danno, secondo me, per le sorti presenti e di prospettiva della parte meno garantita della società. specie in questa recrudescenza della lotta di classe - 2.0 quanto si vuole, ma innegabile come lotta in sé e con tutti gli assi in mano alle élite, come sempre. ma se l'italia non si meriterà tutto questo - ipotesi pure non scartabile a priori, il che forse è al dunque l'assunto di chi si tura il naso e vota 'meno a sinistra di se stesso' - cioè, se senza tatticismi e contrariamente alla mia previsione di qualche capoverso sopra, la coalizione di centrosinistra non vincerà le elezioni... ebbene, quella sarà la volontà espressa dall'italia nel suo massimo appuntamento democratico. il paese in cui vivo è questo. non diventerà progressista tutto insieme, solo perché vendola sta aiutando bersani a non essere il sosia di monti. dovesse vincere monti - senza il mio voto al centrosinistra - o dovessero bersani e vendola esser costretti a patti con monti, casini e marchionne dopo le elezioni (sempre a causa del mio voto a 'rivoluzione civile'), ebbene l'italia sia quella che ha deciso di essere. né voi, compagne e compagni - sorelle e fratelli - del voto utile, ancora una volta sarete riusciti a farla essere un'altra cosa da se stessa. p.s.: alla befana che verrà dopodomani ho chiesto di trovare due cose nella calza, una certezza e una speranza. la certezza, che tra febbraio e giugno vedremo qualcuno di diverso e migliore al posto, rispettivamente, di monti, di polverini, di formigoni, di napolitano e di alemanno. la speranza, che nelle settimane e nei mesi, e nelle ore, che passeranno da adesso fino a poi, in me quella certezza non venga meno, e grazie a ciò mi resti la forza per rendere attuali quegli essere-non-ancora, per quanto ciò sia in mio minimo potere. compagne, compagni, sorelle, fratelli - spero che le vostre calze saranno ricche altrettanto, che ce lo siamo meritato tutte e tutti! quattro gennaio duemilatredici LE DOGLIE DEL PARTO
sono entrato nel progetto di 'cambiare si può' - o comunque si chiama e si chiamerà il processo di realizzazione di un'offerta elettorale alternativa al centrosinistra bersanvendoliano, al centro montiano, alla destra berlusconianleghista e al populismo grillino - SENZA essere prima di alba né di rifondazione, né del pdci o dell'idv o dei verdi o di sinistra critica, né di sel dissidente o del pd gravemente eretico, né perché parte degli arancioni di de magistris, né perché in scia con l'iniziativa di ingroia, né iscritto a un sindacato confederale o autonomo, né militante di un movimento antagonista come il no-tav o attivista di un comitato di scopo come l'acqua pubblica o occupante un bene/spazio per renderli comuni, né membro di una qualunque associazione della cittadinanza attiva, per la libertà dell'informazione o la difesa dell'ambiente o simile o diversa, preesistente al progetto 'cambiare si può' medesimo. pertanto non ho identità di club, né doveri di appartenenza, tanto meno medaglie sul petto. e questo è il mio limite. ma sono entrato in questo processo, diciamo così, DIRETTAMENTE - da cittadino qualsiasi. perché vi ho letto l'analisi della realtà socioeconomica italiana che avrei voluto leggervi e vi ho compreso la proposta politica a breve e medio termine che avrei voluto comprendervi - anzi che avrei voluto saper scrivere e diffondere io, scritta così, e non come ho già fatto ma peggio qui e altrove da un po' di tempo in qua. e questo forse è il mio vantaggio, il mio personale riparo da fraintendimenti e frustrazioni. sono entrato in questo processo e per quanto è nelle mie poche possibilità sto costruendo le condizioni perché arrivi ai suoi obiettivi - e perché ci arrivi IN QUANTO TALE, come 'cambiare si può' (o quale sarà il suo brand elettorale definitivo), non perché la sua riuscita comprovi la forza politica o la correttezza metodologica o l'efficacia sociale o la giustezza ideologica di una qualunque delle sue componenti, originarie o aggiuntesi, di cui ripeto non faccio parte. quindi, tutto ciò che voglio è che il progetto arrivi alla gente, e faccia capire presto il proprio messaggio a quanti più cittadini possibile. perché confido che così tanta e tanta gente darà a questo processo un consenso democratico, tangibile e spendibile nei luoghi istituzionali delle decisioni. ribadisco: in qualunque geometria tra le sue anime si vada risolvendo, quale che sia il metodo operativo che sopravvive e quali invece sfumino nel farsi concreto, chiunque incarni le sue maggiori possibilità di riuscita - ferme restando l'analisi e la proposta del progetto, su cui qui non torno - e comunque risultino poi disposte le prime e le seconde e le terze file dell'offerta elettorale alla società civile e tra i suoi agguerriti competitori, io voglio semplicemente VINCERE. ecco a cosa va tutto il mio dovere di fedeltà in questo contesto. e quanti più aderenti al progetto la pensano così, e così lo vivono, tanto maggiore sarà la nostra probabilità di vittoria. perdere gli altri - miopemente identitari, ingenerosi o timidi - sarà un commiato compensato dalla ragionata speranza nell'adesione di massa che chiunque si mette in questo gioco deve porsi seriamente come scopo. chiudo in questo modo, non per mera ipotesi di scuola ma perché col parto le proverbiali doglie già si fanno sentire, e alcuni compagni della prima ora si stracciano le vesti perché il percorso che la REALTA' ci mostra quale sintesi di tutti i vettori in campo, non corrisponde all'idea astratta che forse speravano di calare per intero sulla materia viva - o più prosaicamente, forse perché ora incontrano altri soggetti confluiti nel processo con determinazione e disciplina maggiori di quanto possa tollerare una mal congegnata idea di docile partenariato, e allora gridano al complotto e al tradimento dei principi. ma io ricordo a me stesso e a tutti che c'è in ballo qualcosa di più grande di ognuno di noi, e anche più grande di ogni sventatezza che commettiamo o vediamo commettere, e perfino di ogni calcolo meschino che pure vedessimo porre in essere da chicchessia. ed è in base a questo semplice assunto che io resterò nel progetto almeno fino a prova provata che - non 'gli umani sono egoisti in alta percentuale' (quello lo sapevo già, al pari di ogni ADULTO), bensì - 'non abbiamo possibilità, per quanto ci abbiamo provato, di portare in parlamento istanze di equità sociale'. allora, ne uscirò. non prima. perché io la speranza nella bontà umana me la coltivo nell'arte, nella musica, nella letteratura, nella filosofia, nei viaggi tra le persone e tra i popoli, nella solidarietà, e ovviamente nell'amore. nella politica, più modestamente, cerco sempre solo due braccia in più in una trincea contro un nemico feroce. BUON NATALE, laico, sorelle e fratelli e compagne e compagni e amiche e amici, e voi e a chi amate! ventiquattro dicembre duemiladodici QUESTI COMUNISTI
con l'endorsement di marchionne a monti il quadro è completo. la bce di draghi, il vaticano, l'unione europea di questa stagione a guida merkel, i sindacati interclassisti alla bonanni, le acli, il volontariato cattolico alla riccardi, una quantità di tecnici moderati, il ceto politico centrista o transfuga, il ppe, la grande finanza, confindustria e top management e, ora, anche il padronato 'per eccellenza': il 'mosaico monti' in costruzione si presenta ormai schiettamente come la nuova democrazia cristiana. il che è ragionevole. così come per i trent'anni successivi alla fine della guerra gli interessi del paese furono gestiti dalla dc di de gasperi prima e dell'equilibrio tra le correnti poi, così adesso si pensa che la speranza in una ricostruzione debba incarnarsi in una cosa analoga. ma 'si pensa' dove? in tutti quegli ambienti che hanno a cuore, più ancora dell'interesse del paese in sé, l'obiettivo che l'italia non devii dal modello socioeconomico dominante: quello che prevede il costante trasferimento di risorse e di potere dalla grande maggioranza di salariati, precari e pensionati alla piccola élite di proprietari e investitori, per di più senza alcuna cura per l'ambiente o il futuro comune. durante quel trentennio - gli anni '50, '60 e '70 - la dc oggettivamente fece gli interessi dei suoi 'azionisti di riferimento', ma non si può negare che anche il paese abbia fatto passi importanti verso un'equità sociale e un progresso civile prima solo sognati. grazie alla generosità della dc e delle lobby a sostegno? no, ovviamente: ma grazie alla dialettica tra quel potere di governo ininterrotto e quello di un'opposizione forte e lungimirante, condotta in parlamento dal partito comunista, nei luoghi di lavoro dai sindacati classisti - la cgil per prima - e nella cultura da una quantità e qualità di intellettuali di sinistra come in nessun altro paese sviluppato. lo statuto del lavoratori, il varo delle regioni, le conquiste civili (divorzio, diritto di famiglia, aborto), le riforme tributarie, quelle agrarie, la democratizzazione dell'istruzione e della sanità, la sprovincializzazione del senso comune - tutto fu possibile perché c'era quella dialettica, ed era vera e intransigente, quindi efficace nelle sintesi, non finta e compromissoria. solo dopo, molto più tardi, berlinguer capì che per fare ancora un tratto nel progresso, pci e dc potessero tentare un altro modo d'intendersi ed agire. ma dopo - appunto - e comunque a dialogare con quel pci c'era un aldo moro con tutte le carte in regola di uomo di vedute ampie. oggi, invece, c'è una nuova dc nascente. e dinanzi a lei c'è un partito sedicente progressista che il compromesso lo cerca subito. peccato. peccato perché invece, tra l'altro, un'opposizione reale nei luoghi di lavoro non è assente, grazie alla fiom e alle piccole sigle conseguenti, e nel paese - della gente e della cultura - lo stesso: il conflitto esiste, è percepito, si manifesta, si fa pensiero, movimenti. insomma, per provare a far uscire l'italia - e l'europa - dalla crisi più profonda dalla guerra in avanti, naturalmente non nel modo progettato e applicato dal mosaico monti (che poi è il modo per cui in crisi ci troviamo), l'ingrediente che manca è solo un po' di 'comunisti' in parlamento. se non si fosse già capito, colmare quell'assenza è esattamente ciò che ci siamo messi in testa di fare. ciò toglierebbe consenso elettorale a vendola? credo al contrario che vendola, il quale ci ha messo la faccia (del che ogni cittadino di sinistra dovrebbe ringraziarlo, e io lo faccio) per provare a 'contaminare' di sinistra la coalizione che con ogni probabilità vincerà le elezioni, lui per primo si renda conto che il timone del centrosinistra terrà la rotta verso il centro - bersani lo dice a ogni dichiarazione, e la discesa in campo di monti fa il resto. quindi, secondo me vendola ha proprio bisogno, invece, di una sponda alla sua sinistra, in parlamento e fuori dalla coalizione, per fare il lavoro che intende fare. sennò il suo 'sacrificio' sarà stato inutile. i voti che la 'lista dei comunardi' può andare a prendere certo non li toglie al centrosinistra, e neanche a vendola. forse li toglie a grillo, e di sicuro alla vasta area del non voto nella misura in cui essa è composta anche di tantissimi cittadini che non si trovano rappresentati dal quadro attuale ma che, per esempio come ai referendum o per l'elezione dei sindaci, si è visto che la strada per il seggio e le urne sanno benissimo qual è! allora, quello che stiamo provando a fare, nel pochissimo tempo utile per le elezioni, è costruire qualcosa che ci permetta di votare 'a sinistra del centrosinistra' con la ragionevole speranza di portare in parlamento un'opposizione - appunto - di sinistra al governo 'di centrosinistra che guarda al centro'. ci si riuscirà, a costruire quel qualcosa? dipende da me e da te, e da te e da te e da te e da te e da te... e dipende molto da ciò che sarà detto e deciso oggi pomeriggio alla sala capranica di roma, dove ingroia scioglierà le sue riserve, e da ciò che sarà detto e deciso domani - dalla mattina al pomeriggio - al teatro quirino, sempre a roma, dove il progetto 'cambiare si può!' mollerà definitivamente gli ormeggi. motivo per cui invito tutte e tutti a cui la cosa interessa, e che ne hanno la possibilità, a prender parte personalmente ad entrambi gli eventi: per sentir dire e per dire, per veder decidere e per decidere. perché delegare, delegheremo poi col voto - così è la natura della democrazia rappresentativa che i padri costituenti hanno architettato per noi, dopo la notte della dittatura e le luci della resistenza. ma adesso che dobbiamo creare le condizioni stesse perché poi votare - e bene - si possa davvero, delegare è impossibile. bisogna (sforzarsi di) partecipare. ultima cosa. ieri sera in tv. da una parte la7 metteva in scena la solita storia dell'onestà civica contro il malaffare politico, che manco in pieno regime di arcore. dall'altra, rai3 spacciava un documentario su gesù di nazareth che manco radio vaticana avrebbe fatto così miracolistico. mi sembra chiaro che le armi di distrazione di massa, perfino quelle 'fuori dal coro', si stiano e ci stiano orientando verso la vecchissima danza del 'che tutto cambi affinché non cambi un cazzo'. fosse solo per questo, mi spremerò fino all'ultima fibra perché nasca e sia vitale il progetto 'cambiare si può'! e se non ci riesco, ne prenderò atto e deciderò poi il da farsi. speriamo, compagne e compagni, e lavoriamo. ventun dicembre duemiladodici INGROIA
Antonio Ingroia ha scritto al CSM per avere un'aspettativa per motivi elettorali, e venerdì 21 volerà dal Guatemala a Roma per dire pubblicamente il perché, all'ex cinema Capranica. Io dico "finalmente!" Altri hanno perplessità riconducibili a tre ordini di motivi: non si fidano di Ingroia, non si fidano degli italiani, si fidano pure dell'uno e degli altri ma si rammaricano per la perdita temporanea (e forse definitiva) di un grande magistrato. Il primo motivo di perplessità si esplica nell'obiezione "perché una domanda di aspettativa e non vere e proprie dimissioni dal servizio?", il secondo in "possibile che gli italiani hanno sempre bisogno dell'uomo della provvidenza?", il terzo "per il bene della patria molto meglio un buon magistrato in campo che non un politico neofita e con le mani inevitabilmente legate!" Io rispondo così, in un unico (tentativo di) ragionamento. Il presupposto analitico per interpretare più correttamente possibile tutti gli eventi di questo tempo, è la persuasione che questo sia un tempo eccezionale. Ossia che la crisi del tardocapitalismo sia arrivata a un grado tale che se ne esce: - o con una (secondo me improbabile) opera di convincimento di massa che lo stato sociale è ormai un ricordo della storia, - o con la (secondo me purtroppo più probabile) restrizione secca dei dispositivi per la percezione dello stesso consenso delle masse (in tale seconda ipotesi, assai incazzate per la fine dello stato sociale) e per la traduzione dello stesso in atti di autogoverno democratico, - o infine con la riscrittura del patto sociale secondo linee radicalmente diverse da ciò che si è visto nella stessa intera fenomenologia del modello occidentale, cioè del capitalismo duro e puro prima (padroni contro operai, nazioni ricche contro popoli da sfruttare, multinazionali contro il pianeta) e poi in quello temperato (morto pure da lui da un pezzo) che concedeva qualcosa - se poteva - alle classi subalterne, ma mai (mai, neanche all'apice del keynesismo) mise in discussione i dogmi della proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione di beni e di significati. Ora, se il presupposto analitico è questo - allora anche la valutazione delle mosse di Ingroia e di chi ne sostiene l'imminente presa di responsabilità politica, deve saltare del tutto i normali canoni di giudizio sullo stile di un magistrato che tenga "i due piedi in due staffe" o sul rammarico per la perdita di un grande tecnico della legalità che andrebbe a far (pure maluccio, forse) politica. Infatti: - così come Monti, al di là delle sue doti di tecnico della borghesia forte, in questo momento serve (secondo chi lo sostiene) a convincere i cittadini in quel modo carismatico e inspiegabile (siamo quindi ben dentro la prima età delle tre weberiane, ed è l'unica concessione parziale che faccio alla terza obiezione di cui sopra) tipico della formazione delle italiche opinioni politche, convincere i cittadini che i loro diritti socioeconomici se li possono scordare (e lo stesso ruolo è chiamato a svolgere Bersani, ma tra i cittadini che ricordano vagamente di essere stati di sinistra - forse prima di cominciare a sognare, o prima di svegliarsi); - così come Berlusconi e Grillo, rispettivamente e diversi, anche al di là delle loro intenzioni e dei loro stessi interessi personali o di 'club', vengono oggettivamente lasciati 'sparare populismo a palle incatenate', fino a schiantare in larghe fasce di popolazione - quelle già indebolite civicoeticamente - gli ultimi residui della stessa idea di una qualche impalcatura democratica costituzionale, affinché esse si preparino alla (o addirittura la desiderino) restrizione di libertà verso forme di neofascismo, o di anarchia dei più forti; - così, allora, un Ingroia o un De Magistris o - volesse dio - un Landini, io li voglio schierati nell'agone politico non tanto per la loro onestà morale e intellettuale (su cui credo, ma non ho prove inconfutabili) o per il loro essere in modo anche diverso l'uno dall'altro dei socialdemocratici (ciò che spero, e con qualche indizio), ma soprattutto perché - sempre carismaticamente, nello schema weberiano - possono portare qualche milione di elettori a fidarsi della e ad aderire alla exit strategy dalla crisi storica e sistemica, la sola che soddisfa me personalmente - la terza opzione di cui sopra, ovviamente: la rimessa in discussione radicale eccetera. Insomma, ci aspetta una battaglia durissima. E io voglio i migliori dalla mia parte. Perché anche solo per convincere i miei concittadini che tutto ciò che ci serve è l'applicazione integrale della nostra Costituzione - il che richiederà da parte di tutti la rinuncia a privilegi egoistici e consumistici che l'egemonia disculturale ha fatto passare per diritti, e invece un nuovo (per alcuni inedito) 'innamoramento civico' dei veri diritti socioeconomici e civili di ciascuno, e soprattutto del fatto che tutti ne godano - anche solo per questo, c'è assoluto bisogno che chiunque, tra quanti sposano questa tesi del cambiamento radicale, abbia meritato con la propria statura umana e professionale il riconoscimento pubblico di opinion maker, ebbene metta a disposizione della battaglia del consenso questo suo potere. Da subito. Piuttosto, c'è e ci sarà da mettere al riparo queste figure dai tanti infiltrati che le attornieranno - vuoi per la loro sopravvivenza individuale, a rischio col crollo del sistema che li ha visti a qualunque titolo protagonisti, vuoi per vera e propria doppiezza ideologica o puro e semplice calcolo mercenario. Ed ecco a cosa serviamo noi, che il grande pubblico non conosce - ma che un po' di esperienza e di fiuto e di capacità ci li siamo fatti, sudati e conquistati. Impegnamoci. diciotto dicembre duemiladodici CAMBIARE SI PUO'
Il progetto "Cambiare si può" (http://www.cambiaresipuo.net) nasce da un appello elaborato da un gruppo eterogeneo di cittadine e cittadini (primi firmatari: Luciano Gallino, Livio Pepino, Marco Revelli, Marcello Cozzi, Antonio Di Luca, Chiara Sasso; tra gli altri promotori: Agnoletto, Beha, Carlotto, don Gallo, Ginsborg, Giuliani, Sabina Guzzanti, Mattei, Medici, Ovadia) e reso pubblico il 6 novembre, il cui obiettivo è la verifica delle condizioni per la costituzione di liste di candidati al Parlamento da presentarsi alle elezioni imminenti. L’appello ha ricevuto subito un grande numero di consensi da parte di quanti – cittadine e cittadini comuni – condividono l’inaccettabilità, tra l’altro, del cosiddetto patto fiscale, della modifica costituzionale sul pareggio di bilancio, della riduzione delle tutele del lavoro, della strategia delle grandi e inutili opere pubbliche, dell’aggiramento dell’esito referendario in favore dell’acqua pubblica: in sintesi, dello smantellamento del modello sociale europeo condotto, su scala nazionale, dal governo Monti – sulla scia del disastro del governo precedente – anche con l’appoggio del centrosinistra ora rappresentato in Parlamento. Ha ricevuto, e più riceve ogni giorno che passa, il sostegno di quelli che invece ritengono necessario costruire un’Europa dei cittadini, rinegoziare il debito pubblico, riconvertire ampi settori dell’economia, rilanciare l’occupazione, operare il riassetto del territorio nazionale, introdurre un reddito di cittadinanza, potenziare gli interventi a sostegno delle fasce deboli, rendere autonoma la politica dal denaro abbattendone i costi relativi, punire l’evasione e imporre una fiscalità incisiva sui redditi elevati, ripristinare ovunque la legalità e la lotta efficace alla criminalità organizzata, abrogare ogni legge ad personam, ridurre drasticamente le spese militari, valorizzare le tante esperienze di beni comuni, riconoscere pienamente i diritti civili di individui e coppie, rigettare ogni forma di razzismo benché travestita da norma, dar corpo a politiche di accoglienza e alla cittadinanza per tutti i nati in Italia, riformare profondamente l’informazione e colpire al cuore ogni conflitto d’interessi presente o possibile; tutto ciò che è buona politica, insomma, ma che non è oggi da nessuna parte né se ne vede un soggetto credibilmente portatore nei luoghi delle decisioni. E tutto il contrario dell’antipolitica, ovviamente. Questo, l’orizzonte dei contenuti. Ma il movimento che sorge da quel progetto considera la forma al pari della sostanza; e la forma di questa elaborazione collettiva in cammino deve presentare caratteri di discontinuità con esperienze altre o trascorse, quanto la sostanza programmatica. Democrazia sostanziale, inclusione, verifica continua, partecipazione, elaborazione condivisa. La campagna "Cambiare si può! Noi ci siamo" ha avuto un primo momento assembleare il 1° dicembre, con l’iniziativa al teatro Vittoria di Roma, alla quale hanno dato vita centinaia di cittadine e cittadini, ricca di spunti, proposte, testimonianze – comprese quelle di Lugi De Magistris e Antonio Ingroia che hanno aderito all’appello; ed è stato un vero esperimento di ricognizione e costruzione politica ‘a cielo aperto’ conclusosi con una mozione elaborata ’in diretta’ e approvata per acclamazione, che rimandava a tante assemblee locali da svolgersi a stretto giro nelle modalità che ciascun territorio avesse voluto e potuto mettere a punto coi soli presupposti dell’intelligenza politica della cittadinanza e della passione civica dei tanti che stanno aderendo al progetto. Da queste assemblee, organizzate e svoltesi a decine nell'ultimo weekend, emerge anzitutto la risposta alla questione posta inizialmente dai promotori, ossia se esistano le condizioni per la costituzione delle liste di "Cambiare si può" per le elezioni politiche, inoltre una conferma o un approfondimento in dettaglio, una declinazione sulla realtà locale, o anche una revisione, dell’orizzonte programmatico originale, e infine ovviamente le proposte metodologiche perché tutto il movimento abbia delle regole condivise per affrontare i passi ulteriori. Questo il contributo di Roma, dall'assemblea cittadina di sabato 15 al NuovoCinemaPalazzo. http://www.youtube.com/watch?v=UfITDPX4Kpc Questa una mia breve dichiarazione. http://www.libera.tv/videos/3975/cambiare-si-puound039---andreozzi.html?fb_comment_id=fbc_186838038123340_668019_187056948101449#f35488b3fc E questo uno stralcio dai documenti approvati, da oltre 400 cittadine e cittadini dopo più di quaranta interventi. "Serve una sinistra vera, per raggiungere un risultato che non possiamo permetterci di non tentare. I precedenti tra l'altro esistono, nell'esperienza vincente nell'elezione dei sindaci di tante città, soprattutto nella campagna e nelle vittorie referendarie, oltre che nella forza politica espressa dalle sinistre unite in altri Paesi europei. Le conquiste dei milioni di cittadine e cittadini con la vittoria dei referendum non possono essere rimesse in discussione con atti normativi palesi o nascosti, come si tenta a tutti i livelli decisionali. Tra l'altro la stessa Costituzione, tra i diritti fondamentali dei cittadini prevede che lo stesso dogma della proprietà privata debba essere temperato con l'utilità sociale della stessa e la tutela e l'accrescimento della dignità di tutte e tutti. Beni comuni, quindi; ma davvero - non come succede, che lo slogan del bene comune è fatto proprio surrettiziamente da parti del ceto politico, senza nessuna storia coerente né seria volontà conseguente. Il lavoro - il lavoro buono che non precarizza le esistenze di milioni di giovani e non giovani e che non è mai in alternativa alla salvaguardia della salute - sia uno dei primi punti all'ordine del giorno di qualunque strategia di politica economica da implementare per far uscire il Paese dalla crisi, al contrario dello smantellamento dello Stato sociale che è l'orizzonte dell'agenda di governo ora vigente. L'estrema urgenza di tutti gli adempimenti formali per consentire la presentazione delle liste elettorali rende inevitabile l'adozione di un metodo decisionale che coniuga la garanzia dell'approfondimento tematico e della trasparenza democratica con l'efficacia e la rapidità degli atti. Questo metodo dev'essere basato sul dialogo orizzontale, sul confronto e anche sul conflitto, ma sempre nel rispetto reciproco, e sui criteri della decisione partecipata e deliberativa, e quando necessario determinarsi con il voto. E' necessario costruire rapidamente un radicamento territoriale dell'intero progetto, e un confronto costante e concreto con i bisogni delle persone e con le vertenze già aperte: le realtà locali di Cambiare Si Può devono trovare le risorse, i tempi e i modi per attraversare i quartieri, i municipi e i territori, ed esserne attraversate. Le organizzazioni politiche che preesistono al progetto Cambiare Si Può, e che vi aderiscono, supportino ogni processo dell'elaborazione e dei profili di azione conseguente, ma con la necessaria capacità di far valere le ragioni della condivisione rispetto a qualunque priorità identitaria: entriamo tutti insieme con le rispettive diversità in questo movimento, ma entrandovi diventiamo ancora diversi da come eravamo - forse più simili tutti." Per il 22 dicembre è già fissato a Roma il nuovo appuntamento nazionale, nel quale confluiranno e si confronteranno decisivamente gli esiti di ciascuna di queste ‘libere agorà’ locali – di territorio, di paese, di circondario, di città o di metropoli – con le regole e gli obiettivi che esse stesse si sono date quasi simultaneamente nelle ultime ore. E' una speranza! diciassette dicembre duemiladodici ESAEDRO
avete presente una piramide a base triangolare, rovesciata? no? peccato, perché è la politica italiana. i tre vertici alla base sono: i moderati del centrosinistra a guida bersani (con sel a tirare verso sinistra), i conservatori del centro di stretta osservanza montiana (compreso un pezzo di pdl) che forse lo stesso monti guiderà, i reazionari populisti a guida berlusconi (in cui entrano la lega e la destra, pure se sembrerà che no). e la cuspide laggiù a testa sotto è grillo (con bei pezzi di dipietro), quelli non sono nè moderati né conservatori né reazionari ma solo gli scemi del villaggio (che i sondaggi gonfiano parecchio rispetto all'attitudine del grilliota medio di alzare poi il culo per votare davvero). se le cose resteranno così fino al termine ultimo per la presentazione di liste elettorali alle politiche, io col mio voto andrò a dare più forza possibile all'ingrediente vendoliano del centrosinistra. affinché bersani - che in ogni caso sarà il prossimo premier - si ritrovi in casa qualcosa che almeno somiglia a ciò che io chiamo sinistra, e non possa non tenerne conto. tuttavia - e sarà noto ormai anche ai più distratti - la mia specifica intenzione fino ad allora è che a quella piramide rovesciata si aggiunga un quinto vertice, così da formarne un'altra speculare alla prima verso l'alto (le due piramidi insieme danno il nome a questa paginetta): il vertice dei riformisti veri, dei riformisti socialdemocratici con una prospettiva addirittura socialista (che riunisca le sigle sparute dei comunisti 'per dire', i movimenti dei comunardi 'per fare', e tutti i cittadini che vogliono tutt'altro modello socioeconomico da questo - in applicazione pura e semplice della nostra costituzione). se pensate di far parte di una di queste tre categorie in parentesi, potete dare una mano. grazie! tra l'altro, conti della serva in mano, diciamo che il centrosinistra prende il 40% dei voti validi espressi (di più impossibile); che il centro montiano con i montezemolo i riccardi i passera i casini i fini e un pezzo di pdl meno impresentabile di quell'altro, prende il 15% (ragionevolmente); che la destra 'plurale' (con berlusconi e i suoi falchi, la lega, e la destradestra), prende il 15% (di più improbabile); e che grillo prende il 15% (non date retta ai sondaggi, ripeto: il grilliota dice sì a pagnoncelli ma poi si scorda di andare a votare). be': fa 85% in tutto, sui voti validi espressi. e manca ancora un bel 15%! ma se neanche questo fa venire voglia a chi di dovere di favorire la nascita, in tempo da record, del quinto vertice dell'esaedro - quello di cui sopra - allora ditelo: facciamoci del male, continuiamo a farci sempre peggio! daje, companeroas, che c'è poco tempo per tutto. nove dicembre duemiladodici PROVARE A VINCERE
ieri sera a 'otto e mezzo' la russa ha occupato di traverso gli ultimi minuti, in cui ignazio marino provava a ragionare sull'attualità parlamentare, berciando com'è suo stile locuzioni tipo 'voi siete marxisti!', 'voi siete gli eredi diretti del comunismo!', 'lo stalinismo è finito e voi non ve ne siete accorti!'. sembrava un film di fantascienza, ma un pessimo film. allora ho pensato una cosa del genere. che tra le altre stranezze di questo nostro paese c'è pure quella della profezia che imprevedibilmente si autoavvera, e molto al di là delle intenzioni stesse degli 'spacciatori' della profezia medesima. solo che si invera da un punto cardinale opposto a quello della fabula. mi spiego. il ceto politico del 'centrosinistra storico' negli ultimi vent'anni è stato così poco efficace dinanzi all'indegnità fatta governo (berlusconi), al razzismo fatto norma (la lega) e al neofascismo mal-ripulito (an e camerati vari), che tutti questi 'ingredienti' dell'anticostituzionalità stessa elevata a istituzione sono sopravvissuti a se stessi e alle condizioni storiche particolarissime che consentirono la loro (resistibile) ascesa. infatti oggi stanno ancora lì - ammaccati ma vitali - e dicono ancora le stesse cose ('comunisti!') alle stesse persone (ai moderati), e fa un effetto straniante sentire oggi quegli avanzi di galera, di bordello e di fogna, accusare scompostamente il ceto politico del centrosinistra storico (e suoi epigoni) di socialismo, di marxismo, di comunismo, laddove di tutto si potrebbe accusarlo tranne che di tali 'crimini'. e lo straniamento è massimo in considerazione del fatto che invece oggi, per davvero, la crisi sistemica è arrivata al punto - ed è percepita da moltitudini in modo - che un antagonismo dagli obiettivi socialisti al modello collassato è non solo 'sdoganato' ma ha corso comune in tanti ambienti di analisi (tutto il festival internazionale di filosofia di modena, per esempio), di vertenze (i 'movimenti' che non fanno altro che nascere e muoversi - nonostante certa nostra supponenza) e di proposizione politica ('cambiare si può', che ha già una visibilità che lèvati!). s'è capito il buffo dov'è? qui: l'inefficacia dei moderati è riuscita a far vivere quella destra semieversiva tanto a lungo da farla arrivare all'appuntamento coi suoi stessi incubi - quelli che senza affatto crederci sventolarono vent'anni fa in faccia al 'revisionista' occhetto, e poi al cattolico prodi, e poi al kennediano veltroni, e poi ogni volta, e poi ancora adesso; solo che adesso - oh, meravigliosa eterogenesi dei fini - il mondo stesso ha rigenerato dalla terra quei loro incubi posticci, ora però viventi e battaglieri. ho pensato questo, vedendo la fine di 'otto e mezzo'. quello che volevo condividere anche con voi è in sostanza questo: oggi un movimento antagonista al capitalismo è tutto il contrario che nostalgico velleitarismo, anzi rialza clamorosamente la testa in tutto il mondo occidentale, e in europa e in italia, e forse riuscirà a portare qualche suo esponente in parlamento anche qui (come già in grecia e in spagna); oggi assistiamo al più classico dei contrappassi per cui se vent'anni fa il crollo del muro aveva tabuizzato la stessa nozione di 'socialismo' adesso è il tabù a crollare sotto il peso dell'inadeguatezza di questo modello socioeconomico (che si pensava l'ultimo, la 'fine della storia') nel rispondere ai bisogni materiali (e non) della gente. il centrosinistra storico - che sia di osservanza bersaniana o renziana o vendoliana o tabacciana, vecchio come bindi e violante o nuovo come civati e alicata - tutto ciò sembra non vederlo: questa la sua patente di sconfitta politica, il che non toglie che possa vincere elettoralmente i prossimi appuntamenti - ma senza gli strumenti e la volontà per governare il processo reale in corso, e quindi con un'ipoteca purtroppo prevedibile di assai corta vita di governo. secondo me, se non teniamo a mente anche questo orizzonte interpretativo, siamo noi - noi della parte 'più rispettabile' della società civile - a essere storicamente perdenti in partenza, e non quei 'radicali utopisti' dei movimenti insieme alle formazioni politiche veramente socialdemocratiche. e io di sicuro non sto qui a toglier tempo alla vita per perdere in partenza ma, almeno, per giocarmela sul serio. sette dicembre duemiladodici LISTE CIVICHE, LISTE CIVETTA E DINTORNI
Sta cambiando– e meno male – un’attitudine concreta del vivere il proprio ruolo di cittadino. Un’attitudine che affianca alle – vorrei dire usuali, ma sarei ottimista – virtù civiche dell’osservanza delle leggi e della partecipazione alla costruzione della realtà socioeconomica, quelle dell’attenzione costante verso lo ‘stato dell’arte’ dell’amministrazione della cosa pubblica e dell’azione critica nel caso (frequente, purtroppo) in cui la lettura di quello ‘stato’ dia esito insoddisfacente. E sta cambiando, da una parte perché il malcontento verso i tradizionali ‘corpi intermedi’con cui i cittadini svolgono la funzione di impulso e controllo – partiti e sindacati – è tornata ai livelli del trapasso dalla Prima Repubblica all’Era Berlusconiana, soprattutto a fronte delle difficoltà materiali in cui questa crisi sistemica ha gettato la stragrande maggioranza dei nostri concittadini, e dall’altra perché lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, informazione, sensibilizzazione e mobilitazione diffusa e capillare (i social network, i blog, le webzine) rende molto più facile per chiunque avere la sensazione di dire qualcosa a qualcuno, e magari poi di fare concretamente qualcosa. E’ una sensazione, però, ci tengo a dirlo – e me ne dispiace – ossia non è la realtà nel 100% dei casi, e forse nemmeno nel 10%. Vale a dire, l'agevolezza dell’intercomunicazione ‘in virtuale’ non può assolutamente sostituire una seria autoformazione sulle vertenze aperte tra cittadini e ‘poteri’ né, tantomeno, un’azione di contrasto efficace nei confronti della mala-amministrazione o del malaffare tout court. Personalmente conosco un’infinità di proto-azioni virtuali che non si sono mai tradotte in nulla di più che una catenella di twitter o una paginetta facebook, per il semplice motivo che chi le aveva ideate e promosse credeva – con questo – d’aver fatto tutto il possibile per la ‘causa’. Ma ovviamente non è così. I movimenti mordi-e-fuggi scontano il limite intrinseco cui facevo cenno, e non riescono a canalizzare né il dissenso diffuso né la voglia di partecipare in niente di incisivo da contrapporre allo strapotere delle élite economicofinanziarie e delle loro ‘interfacce’ nel mondo della politica professionale. Anzi, a volte credo che certi ‘esperimenti’ di chiamate a raccolta con gli slogan più banali dell’orizzontalismo irriflesso (‘nessuno ci rappresenta’ ‘non stiamo con nessuno’ ‘non ci vogliamo irrigidire in un programma o in una struttura’), che in effetti raccolgono pochini o nessuno, siano concepiti e gettati a ripetizione nell’arena civicopolitica proprio con l’intento occulto di alzare il livello della confusione e di estenuare i cittadini meno preparati fra quelli indignati a vario titolo. D’altronde, la decerebrazione indotta nel pubblico italiano da trentacinque anni di televisione commerciale e l’analfabetismo politico ‘di ritorno’ – conseguenza di quasi vent’anni di confronto politico trasformato in braccio di ferro tra macchiette d’avanspettacolo – non si sanerà che nel lungo periodo. E intanto ci teniamo Grillo, per esempio, che è un altro frutto solo più complesso della stessa china antropologica. Rispetto ai movimenti fluidi – nei quali però ci sono bellissime eccezioni a quanto detto, come il movimento per l’acqua pubblica che altroché se ha dato risultati concreti rispetto ai suoi obiettivi – il mondo delle associazioni della ‘cittadinanza attiva’ presenta caratteri diversi: scopi razionalmente fissati e condivisi, regole e statuti, struttura e portavoce, metodiche di democrazia interna. Il problema delle associazioni è un altro, dal mio punto di vista, e consiste nella loro impronta prettamente ‘di causa o vertenza specifica’, marcando la quale – ognuna diversa dalle altre – non facilmente arrivano alla sacrosanta ‘rinegoziazione dei rispettivi confini’ che sola farebbe fare il salto di qualità nell’elaborazione e nell’azione di tutte, capace forse di fronteggiare davvero le strategie di chi permane nella ‘stanza dei bottoni’. Per questo credo che prima della scomparsa del vecchio modello di partito – al di là della disaffezione quasi generale, poi a chiamata la gente risponde (vedi le recentissime primarie del centrosinistra) – ebbene, manca ancora un bel tratto di maturazione nell’indipendenza culturalpolitica sia degli individui sia dei gruppi in cui si uniscono dinanzi ai problemi della polis. Tutto ciò premesso, però è chiaro che ci si deve aspettare un grande protagonismo delle liste civiche alle prossime elezioni – nazionali, regionali, comunali. Delle liste civiche vere, e delle liste cosiddette ‘civetta’ (quelle in cui un esponente – fino a ieri – del ceto politico professionale, o suo strettissimo co-interessato, tenta oggi di ‘riciclarsi’ in veste di fuori-casta, di ‘voce dei cittadini’). Quanto però alla ‘patente di verità’ di una lista civica, bisogna essere accorti. M5S è una lista civica? Solo perché nasce dall’impulso di soggetti esterni alla politica professionale, come Casaleggio e Grillo, e perché si autocertifica come ‘fuori dal teatrino’ e tanti suoi sostenitori credono ciò in buona fede? Ma allora fu lista civica anche Forza Italia ai suoi tempi. Eppure non riesco a vedere qualcosa di più connaturato al potere e di più lontano dall’esperienza di vita comune e dai bisogni e desideri civici degli italiani, dell’intera parabola storicopolitica di Forza Italia, del Polo e del Popolo delle Libertà – fortunatamente ora agli sgoccioli. Attenzione con le definizioni. Per me civica è una lista che risponde contemporaneamente a un requisito formale e a uno sostanziale: quello formale, più facile da far proprio (o da fingere di far proprio), è quello per cui il ‘personale’afferente il soggetto politico nuovo non provenga da ruoli minimamente rilevanti nei partiti che esistono già, e le metodiche di elaborazione e di selezione interna siano massimamente inclusive verso l’intelligenza e la competenza dei singoli; quello sostanziale però (per me più importante – e su cui ‘misuro’ ciò che man mano viene alla ribalta) è tale per cui l’obiettivo politico del soggetto in formazione sia effettivamente l’obiettivo dell’interesse generale – della polis, appunto – che sintetizza e trasforma gli interessi settoriali dei cittadini, individui o gruppi, che danno vita alla lista e che la sosterranno, e non la mera somma delle visioni particolaristiche di tutti i delusi dalla democrazia impostata dalla nostra stupenda Costituzione – delusi, per il suo innegabile tradimento da parte delle élite, ma quindi perlopiù risentiti e facilmente mal consigliabili. Una lista civica è qualcosa che può dare un altissimo contributo all’uscita dalla crisi presente verso un progresso sostenibile, una democrazia sostanziale, uno sviluppo dei diritti civili, un’equità sociale infine emancipata dai ricatti dei soliti gruppi di pressione. Ma se invece è la traduzione nell’ordine elettorale dell’egoismo rancoroso di un’assemblea condominiale, fa tanti danni quanto il sistema che dice di combattere. Ci vogliono idee forti, da spendere come ‘visioni’ nei tempi lunghi dell’evoluzione delle comunità complesse e da attuare in parte anche subito, come misure specifiche di governo, per rispondere ai problemi del lavoro, dell’ambiente, dei servizi –per citarne tre soli. Ci vuole un’organizzazione trasparente come una casa di vetro e solida come il cemento armato, con metodologie democratiche in ogni processo interno e con criteri di attuazione concreta delle decisioni così deliberate. E ci vogliono delle figure di spicco – io direi dei capi, fermo restando quanto detto appena sopra, se non temessi che questa parola spaventa un sacco di gente – che sappiano moltiplicare il raggio al quale può spingersi l’appetibilità politica della lista civica, molto più in là del gruppo dei promotori e dei già ‘sensibilizzati’, per arrivare al grande e grandissimo pubblico. A queste condizioni – i due requisiti di prima e i tre ‘strumenti’ ora detti – una lista civica cambia la faccia della storia, in un momento come questo. Ci si riuscirà? Ci proviamo con tutto il cuore, e il cervello e le gambe e la voce. Ma intanto, come diceva quel grande, ‘studiate, organizzatevi, agitatevi’. sei dicembre duemiladodici ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI DELLA FIOM
Care e cari, noi - cittadine e cittadini che sottoscriviamo questa petizione - vi chiediamo un grande atto di GENEROSITA' POLITICA: ossia, di discutere, elaborare, formalizzare e votare al più presto una determinazione della vostra Federazione di lavoratrici e lavoratori che sollevi dalla sua attuale posizione il segretario generale MAURIZIO LANDINI. Non perché Landini non abbia svolto o svolga nella maniera migliore il proprio ruolo, naturalmente, ma perché soltanto - noi crediamo - se dalle voce stessa delle forze in FIOM verrà la chiara indicazione afinché il segretario metta tutto se stesso nel confronto imminente tra le opzioni diverse per il GOVERNO del Paese, allora Landini potrà accettare. Esiste un'alternativa alle 'politiche dell'agenda Monti', ovviamente, ed esiste a sinistra già nell'intelligenza e nel sentimento di milioni di cittadine e cittadini, lavoratrici e lavoratori, precarie e precari, pensonate e pensionati, studentesse e studenti, immigrate e immigrati - ma NON ANCORA esiste come proposta concreta nella competizione elettorale. C'è un progetto di cui certo siete a conoscenza - care e cari - presentato al pubblico italiano come 'CAMBIARE SI PUO''; l'appello politico che ne fa da fulcro esprime i lineamenti di un modello socioeconomico del tutto alternativo a quelli che diversamente prospettano le forze che sostengono l'attuale governo (e chiaramente anche ai vaghi modelli proposti dai movimenti anticasta o 'no-a-tutto'), ed indica anche le misure concrete per cominciare a realizzarlo. MA occorre al più presto mostrare all'intera platea elettorale italiana che le donne e gli uomini MIGLIORI del Paese sostengono questo progetto, che si mettono al servizio dell'azione politica necessaria per intercettare il consenso democratico sulle tesi esposte - che 'ci mettono la faccia', insomma, e si CANDIDANO alle elezioni imminenti nella lista nazionale della sinistra civile conseguente ora in costruzione. Maurizio Landini - al fianco di Antonio INGROIA e di Luigi DE MAGISTRIS, solo per citare fra i più noti sostenitori del progetto - darebbe un contributo di VALORE ASSOLUTO a questa speranza di giustizia sociale, di sviluppo sostenibile, di democrazia sostanziale, di progresso civile. Ma non accetterà di lasciare il proprio incarico per il sindacato, se a chiederglielo - e con queste altissime motivazioni - non sarete VOI. Compagne e compagni della FIOM, aiutate l'Italia! http://firmiamo.it/landini-in-parlamento http://www.cambiaresipuo.net/ cinque dicembre duemiladodici LA LEGGE DI GROUCHO
per riuscire a ottenere un vero cambiamento nel modello di convivenza, in senso socialdemocratico, bisogna raggiungere una massa critica di cittadini che lo pretendano, e poi organizzarla, stabilizzarla. servono per questo i movimenti e le associazioni - visto che non mi aspetto niente dai partiti, grillo compreso manco a dirlo. ma pochissimi movimenti e associazioni sono realmente 'socialisti'. nella migliore delle ipotesi - cioè se in buonafede - provano a modificare il sistema capitalista ammorbidendolo nei suoi aspetti più incivili (diritto all'informazione non asservita negato, diritto a una rappresentanza politica non indegna negato...); nella peggiore, canalizzano il dissenso spontaneo in vertenze di pura facciata, estenuando la rabbia diffusa o mal esacerbandola, ed esuriscono la possibile carica 'rivoluzionaria' dei cittadini che avrebbero qualcosa da dire e da fare 'contro'. "cambiaresipuò" magari è una possibilità perché io sia smentito da questo pessimismo. e dunque io gli do una mano, finché non mi deludono pure loro. allo scopo, servirebbe come il pane un capo, o meglio ancora un board di 'guida politica nazionale' - altro che stronzate orizzontaliste e fluide. senza questo, tutti sono - e siamo, io per primo - solo poveri cristi che si arrabattano e perdono un sacco di tempo contro un nemico sistemico che ha tutti gli assi in mano, e sa come giocarli da sempre. e - a voler fare outing davvero - la sensazione di 'buco nell'acqua' che spesso mi deriva dall'avvicinarmi a movimenti e collettivi, e poi farne parte e poi magari entrare pure nei loro 'sancta sanctorum decisionali', si riassume nella constatazione banale: 'be', tutto qui?' cioè: quanto più è facile per me avere un ruolo non secondario in gruppi e comitati, tanto più - al contrario di esserne lusingato, o di confidare nella riuscita 'rivoluzionaria' dei miei intenti grazie a ciò - ne deduco che tutto quel movimento è necessariamente debole, visto che perfino io che non sono un cazzo riesco a orientarlo un pochino. ossia, ne deduco che il lavoro che stiamo facendo insieme - proprio perché riesco a far sì che 'mi somigli', e nella misura di ciò - sarà facilmente energia buttata. capito il paradosso? io posso fidarmi solo di un movimento che mi rigetta dalla propria cabina di regia. ma quando è così, perlopiù, sono i suoi contenuti ad essere sbagliati. poi ci sono i 'miracolati', che proprio dalla permeabilità dei movimenti (inutili, se non dannosi) traggono la loro unica chance di esistenza politica e di minima visibilità. ma sono casi clinici, frutto del caos presente. non mi consola il confronto con loro, peraltro, né mi indigna manco più che parlino. purché non mi soffino in faccia. dopo vent'anni di puro e semplice crimine al potere, la società civile non sa come combattere un potere onestamente antisociale. ecco cosa. quattro dicembre duemiladodoci PERCHE'
parlo (nuovamente) della confisca dei mezzi privati di produzione e/o distribuzione di beni e/o servizi [art.41 cost.: l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; art.42: la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale; può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale; art.43: a fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese] qualora un giudice abbia sentenziato in primo grado che la proprietà ha commesso reati contro la persona e/o contro l’incolumità e/o l’economia pubbliche [cod.pen.: libro II - titoli VI, VIII e XII], salvo indennizzo in caso di proscioglimento nei gradi successivi. in italia, per la costruzione legittima e cogente di un modello socioeconomico orientato ai beni comuni non stiamo affatto indietro, quanto a presupposti giuridici. al contrario, ce li abbiamo tutti. ma la volontà politica per farlo finora è mancata totalmente. e alla volontà popolare, un'alternativa semplice semplice come questa non gliela prospetta nessuna delle organizzazioni civiche né nessun movimento indignato o anticasta quanto si voglia. chiedetevi perché. tre dicembre duemiladodici IRRILEVANTI
Siamo seri con noi stessi. Perché è il tempo della SERIETA' - o non c'è più altro tempo. Perché nessuno compra più niente, nessuno dà più lavoro - e questo, in un'economia di mercato e d'impresa è abbastanza un problema! Tanto profonda è la crisi economica, che la si può tranquillamente (?) definire una vera e propria 'crisi d'identità' su larga scala collettiva. E queste cose non sfuggono agli implacabili sondaggi. A luglio scorso il Pew Research Center ha condotto una ricerca globale sull’impatto della grande recessione nelle opinioni pubbliche di ventuno paesi, tra i quali l'Italia, gli Stati Uniti, la Cina, i principali Stati europei, il Giappone, l’India e il Brasile; e il risultato, quanto a noi, è che la fiducia degli italiani nel capitalismo sta sparendo: in Italia solo il 50% degli intervistati concorda con la proposizione secondo la quale le persone vivono meglio in un’economia basata sul libero mercato. Un vero e proprio CROLLO rispetto al recente passato, che evidenzia quanto la crisi abbia scosso e ribaltato prospettive consolidate: tra il 2002 e il 2007 più del 70% degli italiani credeva nel capitalismo, con valori del tutto comparabili a quelli degli Stati Uniti; ora però, dopo tre anni di 'eurocrisi' (e a cinque dalla prima 'bolla immobiliare' a Wall Street), il capitalismo ha perso parecchio del suo charme. Per completezza, nell'Unione Europea solo la Spagna e la Grecia offrono percentuali ancora minori. Questa 'ERESIA' - clamorosa, inaudita - contro i 'dogmi' della civiltà borghese, del mercato, della libera impresa e della proprietà privata, si accompagna a un’esplosione di pessimismo sulla valutazione della società italiana: solo il 6% è (era, a luglio - ora avremmo un tasso minore) contento di come vada l’economia nel nostro paese, poco più di un decimo degli italiani è (era) convinto che stiamo andando nella giusta direzione, e solo il 22% pensa(va) 'la situazione può migliorare nei prossimi dodici mesi' (oggi, cinque ce ne siamo già mangiati - invano). E NON si tratta di sondaggi sulle intenzioni di voto, sempre fluttuanti in base alla novità, allo scandaletto o alla dichiarazione del giorno - bensì di risposte che riguardano ciò che ognuno giudica della VITA REALE, quotidiana: la propria, della propria famiglia, e le aspettative concretissime sul domani e sul futuro più lontano. Ed è una frana. Quindi, siamo seri: c'è ASSOLUTO bisogno di un'idea - di un'idea di RIFORMA profonda, 'di sistema' - e di una prassi di massa ORGANIZZATA per perseguirla democraticamente. Spero così di aver fatto capire perché - al di là della disistima personale profonda, dell'antipatia purtroppo invincibile, della diffidenza feroce che nutro verso le cordate occulte o palesi che li sostengono materialmente - perché io, riguardo alle 'ricettine' di Renzi e di Grillo in risposta al quadro reale (ricette diverse tra loro ma entrambe totalmente fuori centro rispetto al 'cuore dialettico' e infartuato del sistema - la proprietà e il profitto individuali, il mercato e il consumo globali - che infatti essi non osano neanche mettere in discussione), sopra ogni cosa io provi netta la sensazione di una RISIBILE, INEMENDABILE, IMPERDONABILE SUPERFLUITA'. trenta novembre duemiladodici UN MOTIVO PER GIOIRE E TANTI NO
più di tre milioni e mezzo. umani in carne e ossa, puzzolenti e benedetti. grillo, mangiati il mouse! gli italiani 'antagonisti' perlopiù sono questo: tantissimo 'scrivere indignato' sul web (che non serve a un cazzo, e infatti non costa niente oltre alla bolletta - o niente proprio: paga mamma o l'azienda), e manco una X scritta dove poteva servire a qualcosa (e infatti costava due cazzo di euri, che riuscite a lamentarvi pure di questo - purciari). mi fate cascare un braccio. per fortuna mi basta quell'altro per lavorare uguale, per chi se lo merita, e per mandarvi da sinistra a cagare. a metterla giù facile facile: è di destra chi onora i morti, di sinistra chi lavora per i nascituri, di centro chi cura i vivi e soprattutto se stesso, è democratico chi sceglie di collocarsi dove pensa siano i più tra morti, vivi e non-ancora, è tutto-ideologia chiunque altro. renzi è un dito al culo. grillo e casaleggio due dita con le unghie rotte. e chi ciancia di politica sui social network, ma non lo incroci mai nel mondo vero - ma mai, eh? manco per sbaglio - be', quello è la mia e vostra pietra al collo. basta sciogliere. riconvertire l'ilva. riconvertirla come produzione, da acciaieria inquinante a manifattura sostenibile. riconvertirla come proprietà, da privata mangiasoldi assistita a bene comune autosussistente. riconvertirla come gestione, da orientata malamente al profitto a orientata virtuosamente al lavoro. è un progetto lungo, certo. ma lo si è suggerito a politici e tecnici già dall'agosto scorso, e nessuna risposta. è un progetto oneroso, certo. ma si sono comunque buttate troppe risorse per altri scenari, e nessun risultato. ora - dopo tanta lotta e tante speranze bruciate - ilva chiude. la rinuncia dell'orizzonte socialdemocratico. il suicidio della ragione progettuale. un conto è una macchina che per cambiare marcia non devi più fare la doppia debraiata, e tutt'altro conto è uno smartphone sottile come un pelo con l'app del picchetto in tempo reale. se non capite questo allora vi ci sta bene agonizzare con la crisi del turbocapitalismo, vi ci sta bene cagarvi sotto per le caotiche migrazioni dei popoli, vi ci sta bene morire sotto un permafrost di monnezza e scorie. a me di quanti devono essere i deputati, i senatori, le province e gli assessori non me ne può fregare di meno. io voglio mettere bocca su cosa produciamo, e su chi produce, e sul come e sul perché. sono queste cose che determinano la mia vita. difficile da capire, eh? che pianto. ventisei novembre duemiladodici SESTO SENSO i grandi o piccoli migratori del cielo e dei mari posseggono lungo il corpo una rete di punti sensibili al campo magnetico terrestre, e 'vedono' le coordinate spaziali così da avanzare correttamente verso il punto cardinale prescelto. noi umani pure migriamo su tutta la terra. ma soprattutto, per la velocità imparagonabile dei nostri cambiamenti culturali, siamo veri e propri migranti nel tempo - più che nello spazio. dovremmo avere nel cervello un'analoga rete di punti sensibili alla realtà dinamica del prima e del poi, per 'vedere' il significato storico di ciò che pensiamo e che vogliamo, che facciamo e che viviamo. per avanzare correttamente dal passato al futuro. dalla mia esperienza, ritengo che questo 'sesto senso' ce l'abbiano di fatto in pochi. che perlopiù gli umani nuotino a puro caso nel gioco delle correnti. che i pochi davvero dotati siano i migliori della nostra storia, singoli o classi, ma che la gran parte di noi ne apprezzi semmai l'esempio sui libri o nei musei o nei teatri o nelle narrazioni della nostra specie - non tenendone conto per le scelte concrete di vita. tuttavia credo fermamente che quei punti sensibili siano nel cervello di tutti i nati da femmina umana. che la potenza di quel senso in più sia alla portata di tutti. che debba essere educato, che se ne impari l'uso con umiltà e costanza e gioia - come per leggere e scrivere, o cantare o correre. penso che non impareremo un bel niente, però, finché non sappiamo nemmeno usare correttamente i cinque sensi del corpo. né, tantomeno, finché come 'sesto senso' ci vien detto di inseguire qualsiasi altra insensatezza - dalle religioni alle accumulazioni, dalle alienazioni alle superstizioni. venticinque novembre duemiladodici SUL CORTEO DI CASA POUND compagni, ma mi spiegate perché volete a tutti i costi dare un rango di ordine politico a una questione di ordine pubblico? dico. i tanti e benedetti movimenti e collettivi che agiscono a roma sulle tante vertenze dell'antagonismo si fanno - purtroppo, e maledizione - spessissimo circoscrivere dal potere le proprie istanze benedettamente politiche in meri fatti di ordine pubblico: si fanno manganellare e lacrimogenare i cortei e i presidi, si fanno sgombrare e lucchettare le sedi e gli spazi. e tutto questo senza riuscire a esprimere una forza politica unitaria, che sintetizzi in una sola le tante vertenze costringendo così il potere a contrapporsi all'antagonismo come esso meriterebbe - in un'unica campagna che chiamerei 'per la comune di roma'. viceversa, in modo assurdamente miope, proprio voi volete regalare una dimensione politica - contrastandola con forza verbale, organizzata e fisica - alla sfilata di qualche centinaio di bipedi vestiti perlopiù di nero, deboli di slogan e simboli vecchi e insensati, i quali hanno invece questa sola possibilità di sembrare qualcosa di anche lontanamente politico agli occhi del grande pubblico: passare da avversari, da avversati, da vittime. non riesco a capirlo. fategli fare, invece, il loro rito identitario nella zona di roma dove non si sentono spersi. non è politica, non è neanche fascismo: è folklore triste. inneggeranno a qualcosa di perseguibile penalmente? ci sarà lì apposta la forza pubblica, per preservare legalità e ordine pubblico appunto. e se non lo farà la denunceremo noi alla coscienza cittadina, a prova provata. o volete sempre e soltanto voi dar lavoro a polizia, carabinieri, digos e magistrati? compagni, il fascismo da combattere è quello che viene scritto nero su bianco sulle manovre economiche emanate dai governi sotto dettatura del capitale e del mercato. quello che smonta la costituzione nata dalla resistenza. e lo si combatte uniti, da lavoratori da precari da studenti da pensionati da migranti da intellettuali, da sinistra senza se e senza ma. se siamo all'altezza di questa lotta politica unitaria - avremo una possibilità di vincere. se non lo siamo, il potere continuerà a menarci e a sgombrarci senza che la politica di governo ne sia scalfita ma soprattutto, se non lo siamo, non sarà menando noi le mani a quattro semianalfabeti che faremo credere ad alcuno di essere l'alternativa allo stato di cose presente. non ci sono scorciatoie alla democrazia sostanziale: chi vi manda per strada così ha idee tanto silenti da aver bisogno del rumore delle cariche per coprire quel buco audio. ventiquattro novembre duemiladodici COME REGOLARSI
Art. 36 Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. - Elettori di centrosinistra, chiedete a Bersani a Renzi a Vendola a Puppato a Tabacci, qual è il loro programma di governo - nel dettaglio - per dare applicazione concreta a questo articolo della Costituzione. E poi scegliete il vostro candidato. - Elettori del PdL, chiedete la stessa cosa ai vostri dodici candidati alle primarie, e poi scegliete. - Cittadini infatuati di Monti, del suo governo, della sua agenda e del suo stile, chiedete a tutti quelli che stanno convergendo al centro - da Montezemolo a Riccardi a Fini, da Casini a Fornero a Della Valle - qual è il loro programma per applicare questo articolo. E poi vedete cosa ne è della vostra infatuazione. - Cittadini variamente indignati contro la casta - grillini dipietristi pannelliani leghisti occupy&indivanados - chiedete ai vostri retori infuocati (reali o virtuali) qual è il loro programma nel dettaglio su questo stesso punto, e poi valutate il calore e il colore di quel fuoco. - Reduci del berlusconismo duro e puro, fate lo stesso. E solo dopo scegliete se restare o meno nell'ultima garitta. - Elettori della destra sociale, chiedete a Storace, Casa Pound e non so chi altro (non frequento), se è sociale, e specificamente come, la piena applicazione dell'articolo. E poi decidete se destra sociale è ossimoro e se i suoi megafoni sono solo pagliacciate. E tutti noi cittadine e cittadini di SINISTRA (cioè di principi e sentimenti socialisti, solidaristi, laburisti, radicali, comunardi, comunisti, ambientalisti), lo stesso - a guidarci sia prima di tutto il nostro convincimento rispetto alla volontà e alla capacità di dar seguito reale all'articolo 36 della Costituzione (e agli altri sul lavoro - 1, 3, 4, 35, 37, 38, 43, 46), da parte di qualunque soggetto politico ci chieda fiducia e sostegno. E se ce ne convinciamo, diamo quel sostegno davvero - impegnandoci in prima persona. E' ora, proprio adesso, che serve! A ME CHE DICANO COSA DECIDERANNO DEL MESTIERE LORO DI POLITICI (numero, reddito, privilegi, regole, sanzioni) ME NE FREGA UN FISCHIO. MI FREGA MOLTISSIMO DEL MESTIERE MIO DI CITTADINO CHE VIVE E VUOL CONTINUARE A VIVERE DEL PROPRIO LAVORO IN UNA SOCIETA' CHE DI DISOCCUPAZIONE PRECARIATO SFRUTTAMENTO E POVERTA', SCADE NELL'EVERSIONE E MUORE. A voi no? Non facciamoci sempre, sempre fregare. ventitre novembre duemiladodici
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RIECCOLO?
E sti cazzi.
Finerei così, ma devo dire qualcos'altro ancora. E poi basta sull'argomento.
Dico che la gente cominciava appena a discutere di cose reali - tipo la propria vita, finalmente, e una possibile strategia di lotta politica e civica per non farsela fottere.
Poi qualcuno avrà suggerito una cosa come... "Gli italiani sono pur sempre quelli che hanno fatto arricchire i padroni dei rotocalchi che pubblicavano le storie dei Savoia e quelle di Mussolini, amanti e discendenti; anche i sedicenti antimonarchici e antifascisti, e forse più loro degli altri; gli italiani sono
intrinsecamente nostalgici, e inadatti alla crescita e all'evoluzione; alla razionalità, all'efficacia; però stanno disturbando noi, i manovratori, perché la fame fa miracoli perfino sulla spina dorsale dei coglioni; fateli tornare giovani, tirategli l'osso del vecchio caro nemico da una parte, riaddomesticateli con qualche lotta diversiva, e dategli un altro profeta 'da divano' dall'altra; ci cadranno: mica sono greci o spagnoli, anche se li inneggiano tanto. e noi continuiamo il lavoro".
Normale. L'unica cosa che non mi aspettavo, è che l'osso non ha fatto manco in tempo a toccar terra.
Cani deficenti, come da pedigree.
Ma non sentite? Giù nelle cucine, sguatteri con più pajata che cervello li rivedi a tirar moccoli contro il poster del rieccolo, unto e bisunto. E più cocci fanno, più la foto diventa grande e ridanciana.
Ok, cerco di essere più chiaro possibile.
La classe dominante ci ha inculati per anni utilizzando Berlusconi come grande calamita del consenso popolare. Poi - da poco - se n'è liberata vedendo che il consenso lui non lo prendeva più.
Ora la stessa classe dominante, che sempre ci incula, vorrebbe aiutarsi utilizzando Berlusconi come
piccola calamita del dissenso montante, altrimenti diretto verso lei e le sue scelte nefaste.
Chi cade in questa trappola puerile, davvero non ha capito un cazzo.
Ancora. La classe dominante probabilmente sta prendendo le misure a Grillo (e il suo prezzo) per utilizzare lui come nuova grande calamita del consenso, perché soltanto canalizzando e distraendo il dissenso non c'inculerebbe tranquilla a sufficienza.
Ergo: Berlusconi come strumento piccolo e Grillo come strumento grande, costituirebbero il divaricatore opportuno per le intenzioni a medio termine della classe dominante.
Non vi sembra credibile? Non posso farci niente. Studiate, pensate.
Pensate a questo, per esempio.
Che la notizia del giorno (cioè della notte scorsa) è ovviamente l'ennesimo declassamento by Moody's dell'economia italiana, ed è la notizia perché: dice moltissimo dell'inconsistenza terapeutica della cura
Monti, e dice molto della vita reale che ci aspetta se noi - we, the people - non c'impegnamo a formulare una proposta efficace alternativa al modello economico che viene giù.
E invece un fottiò tra giornali e tv - e di conseguenza un botto di gente sulla rete - parlano assai più del rieccolo, episodio marginale rispetto ai rapporti di forza in campo e creato ad arte al solo scopo
di parlar di questo e non di quello.
Roba da usare il diserbante!
Io mi appassiono di politica e di economia, perché sono la nostra vita presente, e mi rilasso di storia, di
arti e di saperi, perché sono il vero e il meglio della nostra vita di specie.
Ciò mi costa tempo, praticamente tutta la mia vita - e insieme la premia.
Ma se devo - nei rapporti sociali reali o virtuali - subire l'incotnro con l'idiozia refrattaria o, peggio,
con la malafede, allora me ne sto benissimo per conto mio con lo studio e il rilasso. E l'amore.
tredici luglio duemiladodici
E sti cazzi.
Finerei così, ma devo dire qualcos'altro ancora. E poi basta sull'argomento.
Dico che la gente cominciava appena a discutere di cose reali - tipo la propria vita, finalmente, e una possibile strategia di lotta politica e civica per non farsela fottere.
Poi qualcuno avrà suggerito una cosa come... "Gli italiani sono pur sempre quelli che hanno fatto arricchire i padroni dei rotocalchi che pubblicavano le storie dei Savoia e quelle di Mussolini, amanti e discendenti; anche i sedicenti antimonarchici e antifascisti, e forse più loro degli altri; gli italiani sono
intrinsecamente nostalgici, e inadatti alla crescita e all'evoluzione; alla razionalità, all'efficacia; però stanno disturbando noi, i manovratori, perché la fame fa miracoli perfino sulla spina dorsale dei coglioni; fateli tornare giovani, tirategli l'osso del vecchio caro nemico da una parte, riaddomesticateli con qualche lotta diversiva, e dategli un altro profeta 'da divano' dall'altra; ci cadranno: mica sono greci o spagnoli, anche se li inneggiano tanto. e noi continuiamo il lavoro".
Normale. L'unica cosa che non mi aspettavo, è che l'osso non ha fatto manco in tempo a toccar terra.
Cani deficenti, come da pedigree.
Ma non sentite? Giù nelle cucine, sguatteri con più pajata che cervello li rivedi a tirar moccoli contro il poster del rieccolo, unto e bisunto. E più cocci fanno, più la foto diventa grande e ridanciana.
Ok, cerco di essere più chiaro possibile.
La classe dominante ci ha inculati per anni utilizzando Berlusconi come grande calamita del consenso popolare. Poi - da poco - se n'è liberata vedendo che il consenso lui non lo prendeva più.
Ora la stessa classe dominante, che sempre ci incula, vorrebbe aiutarsi utilizzando Berlusconi come
piccola calamita del dissenso montante, altrimenti diretto verso lei e le sue scelte nefaste.
Chi cade in questa trappola puerile, davvero non ha capito un cazzo.
Ancora. La classe dominante probabilmente sta prendendo le misure a Grillo (e il suo prezzo) per utilizzare lui come nuova grande calamita del consenso, perché soltanto canalizzando e distraendo il dissenso non c'inculerebbe tranquilla a sufficienza.
Ergo: Berlusconi come strumento piccolo e Grillo come strumento grande, costituirebbero il divaricatore opportuno per le intenzioni a medio termine della classe dominante.
Non vi sembra credibile? Non posso farci niente. Studiate, pensate.
Pensate a questo, per esempio.
Che la notizia del giorno (cioè della notte scorsa) è ovviamente l'ennesimo declassamento by Moody's dell'economia italiana, ed è la notizia perché: dice moltissimo dell'inconsistenza terapeutica della cura
Monti, e dice molto della vita reale che ci aspetta se noi - we, the people - non c'impegnamo a formulare una proposta efficace alternativa al modello economico che viene giù.
E invece un fottiò tra giornali e tv - e di conseguenza un botto di gente sulla rete - parlano assai più del rieccolo, episodio marginale rispetto ai rapporti di forza in campo e creato ad arte al solo scopo
di parlar di questo e non di quello.
Roba da usare il diserbante!
Io mi appassiono di politica e di economia, perché sono la nostra vita presente, e mi rilasso di storia, di
arti e di saperi, perché sono il vero e il meglio della nostra vita di specie.
Ciò mi costa tempo, praticamente tutta la mia vita - e insieme la premia.
Ma se devo - nei rapporti sociali reali o virtuali - subire l'incotnro con l'idiozia refrattaria o, peggio,
con la malafede, allora me ne sto benissimo per conto mio con lo studio e il rilasso. E l'amore.
tredici luglio duemiladodici
SFOGHETTI
I politici rubano lo stipendio? Mentre voi create pagine indignate, loro creano decreti che cambiano la nostra vita.
Lavorano, altro che.
E io che credevo i sociologi e i politologi, quando ci ammoniscono sui rischi della biopolitica, stessero a
significare che il potere postmoderno ci contende la libertà della vita - le libertà del concepimento consapevole, della sessualità scelta, dell'eutanasia legalizzata. E forse è pure così.
Ma invece il potere post-postmoderno fa della biopolitica proprio radicale: ci contende direttamente la vita. non serviamo più alla produzione, non consumiamo abbastanza, siamo un casino di gente - ci affama.
Qua nessuno compra più niente, saldi o non saldi. figurarsi la macchina nuova, figurarsi la casa.
Tra un po' - dove viviamo noi, gente comune - gireranno solo cassoni fuori produzione, davanti a palazzi dai muri scrostati. e sotto, bambini a giocare in canotta e sandali dei fratelli maggiori.
Avete fatto carte false per avere la ricchezza dell'America, per rifiutare anche solo il sogno di un'equità
cubana.
Tra un po' avrete tutta la povertà di Cuba, e in compenso tutta l'insicurezza della vita comune americana.
Coglionazzi. Voi e io.
dodici luglio duemiladodici
I politici rubano lo stipendio? Mentre voi create pagine indignate, loro creano decreti che cambiano la nostra vita.
Lavorano, altro che.
E io che credevo i sociologi e i politologi, quando ci ammoniscono sui rischi della biopolitica, stessero a
significare che il potere postmoderno ci contende la libertà della vita - le libertà del concepimento consapevole, della sessualità scelta, dell'eutanasia legalizzata. E forse è pure così.
Ma invece il potere post-postmoderno fa della biopolitica proprio radicale: ci contende direttamente la vita. non serviamo più alla produzione, non consumiamo abbastanza, siamo un casino di gente - ci affama.
Qua nessuno compra più niente, saldi o non saldi. figurarsi la macchina nuova, figurarsi la casa.
Tra un po' - dove viviamo noi, gente comune - gireranno solo cassoni fuori produzione, davanti a palazzi dai muri scrostati. e sotto, bambini a giocare in canotta e sandali dei fratelli maggiori.
Avete fatto carte false per avere la ricchezza dell'America, per rifiutare anche solo il sogno di un'equità
cubana.
Tra un po' avrete tutta la povertà di Cuba, e in compenso tutta l'insicurezza della vita comune americana.
Coglionazzi. Voi e io.
dodici luglio duemiladodici
SUSSIEGOSA FEROCIA BORGHESE
Con la riforma del comparto pubblico, dopo quella del lavoro privato e quella delle pensioni, il quadro operativo del governo Monti è completo e chiaro.
Trattasi di riforma complessiva ultraliberista, un vero e proprio terremoto nella vita della gente; come quelle della Thatcher o di Pinochet - con la differenza che la Thatcher gli inglesi se la votarono più volte, e Pinochet i cileni lo subirono col colpo di stato fascista.
Monti no, lui sta qui senza violenza e senza delega. Per fare miracoli, si diceva.
Il Parlamento che - senza alcun mandato specifico da parte del corpo elettorale - approva un simile impianto che semplicemente smantella lo stato sociale senza nemmeno ottenere alcun vantaggio dal punto di vista del dio mercato (basta leggere i dati dell'economia e della finanza dopo otto mesi di 'cura tecnica' per scartare ogni speranza miracolistica) questo Parlamento e i partiti che lo compongono, ne risponderanno all'opinione pubblica alla prima occasione.
E che ci siano delle forze sedicenti di sinistra o centrosinistra che non capiscono che questo è il loro suicidio politico, mi sono perfino stancato di denunciarlo. Ma mi sa che anziché suicidarsi loro, come forze progressiste (che non sono mai state, evidentemente), ciò che vogliono è suicidare direttamente l'opinione pubblica.
In relazione a ciò, qualcuno già da tempo mormora: "ci vuole la rivoluzione, come diceva Monicelli; gli italiani sono ancora e sempre quelli descritti da Pasolini."
Ma, appunto, chi la farebbe questa rivoluzione? Gli italiani? La maggioranza degli italiani, che sono quella gente lì che già inorridiva Pasolini?
Ma se non la fa la maggioranza, che rivoluzione è?
E' lotta armata di minoranza. E abbiamo già visto dove porta e a cosa serve: porta al riflusso, serve al potere.
Senza contare che rispetto agli anni '70, adesso il gran numero di rivoluzionari da tastiera rende ancora più esigua la minoranza di quelli utili eventualmente.
Monicelli era un artista, non un politologo né uno storico: evocava emozioni che poi ognuno si risuona dentro come vuole, non voleva teorizzare le modalità di un movimento che cambia lo stato di cose presente.
In altre parole, noi non dobbiamo accontentarci di tirare i sassi alle nuvole così come vuole il potere.
Come quando leggo, a destra e a sinistra (nel senso 'un po' ovunque', ma pure nel senso 'sia a destra che a sinistra'), due elenchi che riguardano i parlamentari in carica: uno sui loro carichi pendenti con la
giustizia, uno sui loro lautissimi guadagni. E appresso leggo, ovviamente, espressioni della più cruda indignazione.
Eppure a me personalmente non m'indigna tanto che questi prendano troppi soldi, o che rischiamo di ritrovarceli anche al prossimo voto, ma molto molto di più che questo Parlamento stia operando - senza nessun mandato elettorale specifico da parte del popolo italiano - la più grande controriforma
sociale, conservatrice e ultraliberista, da decenni a questa parte.
Voi v'incazzate per quanto guadagnano, e loro v'inculano la vita.
Voi v'incazzate perché i pregiudicati staranno ancora lì domani, e loro oggi v'inculano fino alla settima generazione.
E nessuno che dica, tra un'incazzatura e l'altra, che per smettere di farci inculare dobbiamo cambiare
non solo i nostri governanti o i loro stipendi, ma con tanta più chiarezza il sistema in cui viviamo sia noi che loro.
Stiamo sempre lì: questi (e i loro finti detrattori) fanno un gran gioco di gambe, voi guardate quelle e non
la palla, e loro passano - tirano, fanno un altro gol.
Ma non vi siete stufati?
Noi invece dobbiamo fare un'altra cosa, con più forza di volontà e intelligenza del reale di quanta ne
richiederebbe la stessa rivoluzione improbabile: dobbiamo diventare la maggioranza.
Ossia, dobbiamo - noi, che abbiamo Pasolini in tasca e Monicelli nelle orecchie - far sì che lo scontento e la preoccupazione prendano la strada della democrazia, nella forma, e del socialismo, nella sostanza.
Tutto qua - senza scorciatoie, col cuore in mano e le mani salde.
In grecia è mancato veramente poco, e al prossimo voto - io credo a breve - ci si potrebbe riuscire davvero.
E se sia possibile anche in Italia, o no, lo dirà la storia. Ma necessario lo è di sicuro!
E poi, ogni tanto, penso un'altra cosa ancora.
Che più viene in vista l'ossatura stessa del potere, sfrondato dai suoi aspetti più grotteschi contro i quali è più facile inveire ma che - altresì - era più facile identificare erroneamente col potere in sé, facendogli l'ennesimo favore da dominati, e più capisco che la predilezione per ladri, puttane e matti da parte di gente come De André o Brecht o Siqueiros non fosse affatto un romantico impulso d'artista al di là del bene e del male, bensì la testimonianza - lucida e trasfigurata - che solo negli angoli scuri delle città e distanti dai valori borghesi consolidati, reietti dalla macchina che riproduce se stessa e la nostra vita senza sosta né giudizio, si può trovare - forse, e sempre tragicamente - un'umanità del riscatto.
nove luglio duemiladodici
Con la riforma del comparto pubblico, dopo quella del lavoro privato e quella delle pensioni, il quadro operativo del governo Monti è completo e chiaro.
Trattasi di riforma complessiva ultraliberista, un vero e proprio terremoto nella vita della gente; come quelle della Thatcher o di Pinochet - con la differenza che la Thatcher gli inglesi se la votarono più volte, e Pinochet i cileni lo subirono col colpo di stato fascista.
Monti no, lui sta qui senza violenza e senza delega. Per fare miracoli, si diceva.
Il Parlamento che - senza alcun mandato specifico da parte del corpo elettorale - approva un simile impianto che semplicemente smantella lo stato sociale senza nemmeno ottenere alcun vantaggio dal punto di vista del dio mercato (basta leggere i dati dell'economia e della finanza dopo otto mesi di 'cura tecnica' per scartare ogni speranza miracolistica) questo Parlamento e i partiti che lo compongono, ne risponderanno all'opinione pubblica alla prima occasione.
E che ci siano delle forze sedicenti di sinistra o centrosinistra che non capiscono che questo è il loro suicidio politico, mi sono perfino stancato di denunciarlo. Ma mi sa che anziché suicidarsi loro, come forze progressiste (che non sono mai state, evidentemente), ciò che vogliono è suicidare direttamente l'opinione pubblica.
In relazione a ciò, qualcuno già da tempo mormora: "ci vuole la rivoluzione, come diceva Monicelli; gli italiani sono ancora e sempre quelli descritti da Pasolini."
Ma, appunto, chi la farebbe questa rivoluzione? Gli italiani? La maggioranza degli italiani, che sono quella gente lì che già inorridiva Pasolini?
Ma se non la fa la maggioranza, che rivoluzione è?
E' lotta armata di minoranza. E abbiamo già visto dove porta e a cosa serve: porta al riflusso, serve al potere.
Senza contare che rispetto agli anni '70, adesso il gran numero di rivoluzionari da tastiera rende ancora più esigua la minoranza di quelli utili eventualmente.
Monicelli era un artista, non un politologo né uno storico: evocava emozioni che poi ognuno si risuona dentro come vuole, non voleva teorizzare le modalità di un movimento che cambia lo stato di cose presente.
In altre parole, noi non dobbiamo accontentarci di tirare i sassi alle nuvole così come vuole il potere.
Come quando leggo, a destra e a sinistra (nel senso 'un po' ovunque', ma pure nel senso 'sia a destra che a sinistra'), due elenchi che riguardano i parlamentari in carica: uno sui loro carichi pendenti con la
giustizia, uno sui loro lautissimi guadagni. E appresso leggo, ovviamente, espressioni della più cruda indignazione.
Eppure a me personalmente non m'indigna tanto che questi prendano troppi soldi, o che rischiamo di ritrovarceli anche al prossimo voto, ma molto molto di più che questo Parlamento stia operando - senza nessun mandato elettorale specifico da parte del popolo italiano - la più grande controriforma
sociale, conservatrice e ultraliberista, da decenni a questa parte.
Voi v'incazzate per quanto guadagnano, e loro v'inculano la vita.
Voi v'incazzate perché i pregiudicati staranno ancora lì domani, e loro oggi v'inculano fino alla settima generazione.
E nessuno che dica, tra un'incazzatura e l'altra, che per smettere di farci inculare dobbiamo cambiare
non solo i nostri governanti o i loro stipendi, ma con tanta più chiarezza il sistema in cui viviamo sia noi che loro.
Stiamo sempre lì: questi (e i loro finti detrattori) fanno un gran gioco di gambe, voi guardate quelle e non
la palla, e loro passano - tirano, fanno un altro gol.
Ma non vi siete stufati?
Noi invece dobbiamo fare un'altra cosa, con più forza di volontà e intelligenza del reale di quanta ne
richiederebbe la stessa rivoluzione improbabile: dobbiamo diventare la maggioranza.
Ossia, dobbiamo - noi, che abbiamo Pasolini in tasca e Monicelli nelle orecchie - far sì che lo scontento e la preoccupazione prendano la strada della democrazia, nella forma, e del socialismo, nella sostanza.
Tutto qua - senza scorciatoie, col cuore in mano e le mani salde.
In grecia è mancato veramente poco, e al prossimo voto - io credo a breve - ci si potrebbe riuscire davvero.
E se sia possibile anche in Italia, o no, lo dirà la storia. Ma necessario lo è di sicuro!
E poi, ogni tanto, penso un'altra cosa ancora.
Che più viene in vista l'ossatura stessa del potere, sfrondato dai suoi aspetti più grotteschi contro i quali è più facile inveire ma che - altresì - era più facile identificare erroneamente col potere in sé, facendogli l'ennesimo favore da dominati, e più capisco che la predilezione per ladri, puttane e matti da parte di gente come De André o Brecht o Siqueiros non fosse affatto un romantico impulso d'artista al di là del bene e del male, bensì la testimonianza - lucida e trasfigurata - che solo negli angoli scuri delle città e distanti dai valori borghesi consolidati, reietti dalla macchina che riproduce se stessa e la nostra vita senza sosta né giudizio, si può trovare - forse, e sempre tragicamente - un'umanità del riscatto.
nove luglio duemiladodici
UNA MAPPETTA PER NON PERDERSI
Destra e sinistra non sono soltanto le fasce del campo sulle quali quasi tutti abbiamo visto l'altra sera scorribandare delle furie rosse, né quelle di campi molto meno blasonati sulle quali a velocità molto più bassa spesso m'impelago anche io.
Destra e sinistra sono (non è un quiz a esclusione, ma un menu inclusivo):
a. due opzioni diverse di gestione e indirizzo della collettività,
b. due vasti gruppi di cittadini che propendono con relativa cognizione di causa per le rispettive opzioni,
c. due porzioni della classe dirigente (politica, mediatica e culturale) che professionalmente convincono quanti più cittadini possibile della bontà delle rispettive opzioni.
(Il tutto, con le premesse che: i. la mia esposizione è di grana necessariamente grossolana, e ai più suonerà superficiale e/o superflua; ii. sto parlando di destra e di sinistra rispettose della sostanza costituzionale italiana così com'è, quindi non della Lega o della corrente eversiva del PdL né degli anti-parlamentaristi, sia che strumentalmente votino o si facciano votare - come il M5S - sia che no.)
Ciò detto, oggi in Italia la destra è:
a. l'opzione di gestione e indirizzo della collettività che tra le priorità generali mette al primo posto
l'efficienza contebile, e tra gli strumenti per conseguirla la libera iniziativa imprenditoriale, finanziaria, mercantile e professionale;
b. il gruppo di cittadini assai composito, esso riunendo la quasi totalità di quelli il cui interesse personale è corroborato dall'opzione di cui sopra ('i ricchi e i padroni', si sarebbe detto una volta), insieme a una discreta frazione di quelli che oggettivamente hanno un interesse diverso ma soggettivamente si persuadono del contrario (compresi tanti movimenti civici e/o virtuali che confondono
ancora e sempre la 'struttura' con la 'sovrastruttura' - passatemi il veterismo);
c. la corrente non eversiva del PdL, tutto il 'centro' partitico, almeno i 2/3 della dirigenza del PD (Renzi compreso), almeno la metà della (esigua) dirigenza dell'IdV, quasi tutte le primedonne degli altri
gruppetti testimoniali (Radicali e simili), giornali come Corriere e Stampa (oltre al Sole24Ore, ovviamente), alcuni editorialisti di Repubblica, Unità e Fatto (per restare alle testate rilevanti), quasi tutta l'informazione radiotelevisiva nazionale più seguita, pubblica come privata (tolte quindi Rai3, Rainews e Radio3, ma compresi i network radiofonici più disimpegnati), molto dell'intrattenimento radiotelevisivo (stessi distinguo, più o meno), una parte (la più conformista) dell'industria culturale, artistica e accademica,
naturalmente tutti i tecnici del governo Monti (dal presidente fino all'ultimo sottosegretario) e il Capo dello Stato.
Questa la destra oggi in Italia (si badi sempre alle premesse, i. e soprattutto ii.).
E la sinistra oggi in Italia è:
a. l'opzione di gestione e indirizzo della collettività che tra le priorità generali mette al primo posto l'equità sociale, e tra gli strumenti per conseguirla la spesa pubblica, la tassazione, la ridistribuzione e l'occupazione;
b. un altro gruppo di cittadini, anch'esso composito riunendo una discreta frazione di quelli che oggettivamente hanno un interesse compatibile con tale opzione (e per fortuna soggettivamente
se ne persuadono), cioè in sostanza i lavoratori e i pensionati, i precari e i disoccupati (e le sigle sindacali e le associazioni e i movimenti formali e informali, fino ai blog e alle pagine web e social, che ne sostengono le istanze in modo conseguente), insieme a una piccolissima parte di quelli che
oggettivamente hanno un interesse diverso ma per cui prevale un senso di giustizia su altre considerazioni egoistiche;
c. facciamo 1/3 della dirigenza del PD (diciamo l'area Marino allargata), più o meno la metà (con De
Magistris) della dirigenza dell'IdV, tutta SEL, tutta la Federazione della Sinistra, pochine tra le primedonne degli altri gruppetti testimoniali (Verdi e simili), il Manifesto, alcuni editorialisti di Repubblica, Unità e Fatto (per restare alle testate rilevanti), dell'informazione radiotelevisiva nazionale praticamente solo Rai3, Rainews e Radio3, più i network radiofonici più impegnati, poche belle primule dell'intrattenimento radiotelevisivo, il meglio (per me) della cultura e dell'arte, e naturalmente tutti i critici non-antipolitici né anti-costituzionali del governo Monti.
Queste, oggi in Italia, la destra e la sinistra nelle rispettive (e purtroppo ambiguamente
sinonimiche) tre diverse accezioni di: idea, coscienza e appartenenza, apparati di proselitismo.
Capito tutto ciò, da fare c'è molto - come si vede.
Sia all'interno di questa mappetta binaria semplificata, che fuori (per chi ne sia esterno, giusta la premessa ii. - che per me è a destra della destra, o è semplicemente inutile).
L'unica cosa che non si può fare, è non fare niente - magari con l'alibi che son tutti uguali e che nulla cambia mai.
Anzi, pure questo fare niente sarebbe un fare: incosciente, eversivo, populista o, alla meno peggio, di destra (in quanto non modifica i rapporti di forza attuali, anzi li conserva).
Ecco (quasi) tutto. E, compagni miei: per la riconversione socialista, ci stiamo attrezzando!
Prima postilla alla mappetta: storica.
L'obiettivo della destra nell'accezione c. (apparato per il proselitismo), ossia la persuasione del maggior numero possibile di cittadini a sentirsi parte della destra nell'accezione b. (abbiano o meno interesse oggettivo a desiderare la destra nell'accezione di a.: l'idea), è tanto famelicamente perseguito che... è davvero buono qualunque veicolo di cattura del consenso popolare!
Perfino la nazionale di calcio, accostata, nella sua vittoria in semifinale con la squadra tedesca, alla stima di cui godrebbe Monti in tutto l'occidente, o coccolata addirittura dal Capo dello Stato prima durante e dopo gli Europei (nonostante l'arcinota posizione di precario equilibrio di non pochi azzurri dinanzi alla giustizia inquirente, e la molto peggio che critica loro posizione dinanzi all'etica di base!).
Il fatto è che per convincerne molti più di quanti non siano in virtù dell'oggettiva collocazione 'di classe' - parlo dei nostri concittadini, ovviamente - che il loro interesse non coincide con quello della parte
meno tutelata della società bensì con i privilegiati, mica è facilissimo: ci vogliono medium potenti, e durevoli nel tempo.
Silvio berlusconi, benché lui personalmente non appartenga affatto alla destra 'costituzionale', ma a quella
eversiva o all'antipolitica tout court, finché ha magnificamente rastrellato consenso popolare è stato il medium della destra 'contabile e repubblicana', la quale gli ha lasciato campo libero (a lui e ai suoi innominabili contatti malavitosi) in cambio del suo 'gioco di prestigio' sulla credulità nazionale!
Finita la magia, svanito il potere, Berlusconi viene dimissionato (novembre 2011).
E ora la destra rispettabile cerca chi possa compierere la stessa opera abbastanza a lungo (magari
con meno indegnità e illegalità pubbliche e private), o almeno finché dura la parte peggiore della crisi, giacché essa destra al comando chiaramente prevede che la crisi si scarichi a danno dell'equità sociale in ossequio alla efficienza contabile, con prevedibile malcontento del pubblico ove non debitamente sedotto.
Seconda postilla: politica.
Agli 'anticasta duri e puri'.
Il 'sistema' per salvare se stesso non esita a sacrificare i propri 'uomini pubblici'. Perfino Berlusconi (già ricordato) - nonostante tutto il suo potere reale e simbolico, palese e occulto, non ultima la sua possibilità concreta di ricattare chiunque su qualsiasi cosa - perfino lui è stato dimissionato quella bella sera di novembre, perché il sistema sopravvivesse.
E tra il '92 e il '93, lo stesso, il sistema sacrificò tutta una 'scena' di uomini pubblici per non soccombere all'azione combinata delle procure (Milano, Palermo), della gente inferocita e della Storia (la fine dei due blocchi): liquidò tantissimi notabili, sistemò 'a vitalizio' quelli proprio intoccabili, fece emergere le (allora) novità di Lega e Forza Italia, ed è sopravvissuto fino a oggi.
Oggi il sistema è in crisi assai più che vent'anni fa, perché sono in crisi i suoi stessi fondamenti economicofinanziari. E neanche aver dimissionato Berlusconi (e Bossi) gli dà garanzie di sopravvivenza: i tecnici - nonostante le benedizioni di Napolitano e le coccole alla Nazionale - non scaldano i cuori.
Quindi, se sarà necessario perché salvi se stesso, messo alle strette vi consegnerà - amici anticasta - le
teste di tutta questa scena pubblica. e voi ne sarete sazi.
Nel frattempo, come vent'anni fa, avrà valutato conveniente l'emersione e il consolidamento di
qualche altra novità potente (io, fossi il sistema, scommetteri su Grillo) che tenga impegnata la gente, i media e magari pure le procure, per un altro po' di tempo.
Perché è il sistema che deve sopravvivere, non le figurine.
Capite, amici?
A tutti.
La domanda allora è: ma cos'è il 'sistema'?
Penso di averlo scritto tante volte e in tanti modi, su questa pagina, ma ecco la mia risposta di oggi a quest'ora: è il modo in cui viviamo la nostra vita.
Sub-domanda: e se non ci piace?
Sub-risposta: possiamo provare a cambiarlo, ma non tramite il tiro-al-bersaglio sui bersagli che il sistema stesso ci propina, bensì sondando il suo (e nostro) cuore e cercando - chi ha cosa, e per farne cosa.
Terza e ultima postilla: programmatica.
Per tutto quanto detto qui sopra, dichiaro.
Sbattete anche in galera - e poi buttate la chiave - 630 deputati, 315 senatori e una cinquantina
tra ministri e sottosegretari. E così sarete di 1000 metri scarsi più vicini alla meta della giustizia sociale, che però è sulla Luna.
Invece, se pretendiamo e otteniamo la piena applicazione della nostra stupenda Costituzione
("È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" art.3; "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto" art.4; "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" art.36; "Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria." art.38; "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana." art.41; "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti." art.42; "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività." art.53), allora sì che saremo andati in orbita!
E alla giustizia sociale - se è davvero essa ciò che vogliamo - non dovremo più contentarci di ululare soltanto, come lupi presi per fame.
quattro luglio duemiladodici
Destra e sinistra non sono soltanto le fasce del campo sulle quali quasi tutti abbiamo visto l'altra sera scorribandare delle furie rosse, né quelle di campi molto meno blasonati sulle quali a velocità molto più bassa spesso m'impelago anche io.
Destra e sinistra sono (non è un quiz a esclusione, ma un menu inclusivo):
a. due opzioni diverse di gestione e indirizzo della collettività,
b. due vasti gruppi di cittadini che propendono con relativa cognizione di causa per le rispettive opzioni,
c. due porzioni della classe dirigente (politica, mediatica e culturale) che professionalmente convincono quanti più cittadini possibile della bontà delle rispettive opzioni.
(Il tutto, con le premesse che: i. la mia esposizione è di grana necessariamente grossolana, e ai più suonerà superficiale e/o superflua; ii. sto parlando di destra e di sinistra rispettose della sostanza costituzionale italiana così com'è, quindi non della Lega o della corrente eversiva del PdL né degli anti-parlamentaristi, sia che strumentalmente votino o si facciano votare - come il M5S - sia che no.)
Ciò detto, oggi in Italia la destra è:
a. l'opzione di gestione e indirizzo della collettività che tra le priorità generali mette al primo posto
l'efficienza contebile, e tra gli strumenti per conseguirla la libera iniziativa imprenditoriale, finanziaria, mercantile e professionale;
b. il gruppo di cittadini assai composito, esso riunendo la quasi totalità di quelli il cui interesse personale è corroborato dall'opzione di cui sopra ('i ricchi e i padroni', si sarebbe detto una volta), insieme a una discreta frazione di quelli che oggettivamente hanno un interesse diverso ma soggettivamente si persuadono del contrario (compresi tanti movimenti civici e/o virtuali che confondono
ancora e sempre la 'struttura' con la 'sovrastruttura' - passatemi il veterismo);
c. la corrente non eversiva del PdL, tutto il 'centro' partitico, almeno i 2/3 della dirigenza del PD (Renzi compreso), almeno la metà della (esigua) dirigenza dell'IdV, quasi tutte le primedonne degli altri
gruppetti testimoniali (Radicali e simili), giornali come Corriere e Stampa (oltre al Sole24Ore, ovviamente), alcuni editorialisti di Repubblica, Unità e Fatto (per restare alle testate rilevanti), quasi tutta l'informazione radiotelevisiva nazionale più seguita, pubblica come privata (tolte quindi Rai3, Rainews e Radio3, ma compresi i network radiofonici più disimpegnati), molto dell'intrattenimento radiotelevisivo (stessi distinguo, più o meno), una parte (la più conformista) dell'industria culturale, artistica e accademica,
naturalmente tutti i tecnici del governo Monti (dal presidente fino all'ultimo sottosegretario) e il Capo dello Stato.
Questa la destra oggi in Italia (si badi sempre alle premesse, i. e soprattutto ii.).
E la sinistra oggi in Italia è:
a. l'opzione di gestione e indirizzo della collettività che tra le priorità generali mette al primo posto l'equità sociale, e tra gli strumenti per conseguirla la spesa pubblica, la tassazione, la ridistribuzione e l'occupazione;
b. un altro gruppo di cittadini, anch'esso composito riunendo una discreta frazione di quelli che oggettivamente hanno un interesse compatibile con tale opzione (e per fortuna soggettivamente
se ne persuadono), cioè in sostanza i lavoratori e i pensionati, i precari e i disoccupati (e le sigle sindacali e le associazioni e i movimenti formali e informali, fino ai blog e alle pagine web e social, che ne sostengono le istanze in modo conseguente), insieme a una piccolissima parte di quelli che
oggettivamente hanno un interesse diverso ma per cui prevale un senso di giustizia su altre considerazioni egoistiche;
c. facciamo 1/3 della dirigenza del PD (diciamo l'area Marino allargata), più o meno la metà (con De
Magistris) della dirigenza dell'IdV, tutta SEL, tutta la Federazione della Sinistra, pochine tra le primedonne degli altri gruppetti testimoniali (Verdi e simili), il Manifesto, alcuni editorialisti di Repubblica, Unità e Fatto (per restare alle testate rilevanti), dell'informazione radiotelevisiva nazionale praticamente solo Rai3, Rainews e Radio3, più i network radiofonici più impegnati, poche belle primule dell'intrattenimento radiotelevisivo, il meglio (per me) della cultura e dell'arte, e naturalmente tutti i critici non-antipolitici né anti-costituzionali del governo Monti.
Queste, oggi in Italia, la destra e la sinistra nelle rispettive (e purtroppo ambiguamente
sinonimiche) tre diverse accezioni di: idea, coscienza e appartenenza, apparati di proselitismo.
Capito tutto ciò, da fare c'è molto - come si vede.
Sia all'interno di questa mappetta binaria semplificata, che fuori (per chi ne sia esterno, giusta la premessa ii. - che per me è a destra della destra, o è semplicemente inutile).
L'unica cosa che non si può fare, è non fare niente - magari con l'alibi che son tutti uguali e che nulla cambia mai.
Anzi, pure questo fare niente sarebbe un fare: incosciente, eversivo, populista o, alla meno peggio, di destra (in quanto non modifica i rapporti di forza attuali, anzi li conserva).
Ecco (quasi) tutto. E, compagni miei: per la riconversione socialista, ci stiamo attrezzando!
Prima postilla alla mappetta: storica.
L'obiettivo della destra nell'accezione c. (apparato per il proselitismo), ossia la persuasione del maggior numero possibile di cittadini a sentirsi parte della destra nell'accezione b. (abbiano o meno interesse oggettivo a desiderare la destra nell'accezione di a.: l'idea), è tanto famelicamente perseguito che... è davvero buono qualunque veicolo di cattura del consenso popolare!
Perfino la nazionale di calcio, accostata, nella sua vittoria in semifinale con la squadra tedesca, alla stima di cui godrebbe Monti in tutto l'occidente, o coccolata addirittura dal Capo dello Stato prima durante e dopo gli Europei (nonostante l'arcinota posizione di precario equilibrio di non pochi azzurri dinanzi alla giustizia inquirente, e la molto peggio che critica loro posizione dinanzi all'etica di base!).
Il fatto è che per convincerne molti più di quanti non siano in virtù dell'oggettiva collocazione 'di classe' - parlo dei nostri concittadini, ovviamente - che il loro interesse non coincide con quello della parte
meno tutelata della società bensì con i privilegiati, mica è facilissimo: ci vogliono medium potenti, e durevoli nel tempo.
Silvio berlusconi, benché lui personalmente non appartenga affatto alla destra 'costituzionale', ma a quella
eversiva o all'antipolitica tout court, finché ha magnificamente rastrellato consenso popolare è stato il medium della destra 'contabile e repubblicana', la quale gli ha lasciato campo libero (a lui e ai suoi innominabili contatti malavitosi) in cambio del suo 'gioco di prestigio' sulla credulità nazionale!
Finita la magia, svanito il potere, Berlusconi viene dimissionato (novembre 2011).
E ora la destra rispettabile cerca chi possa compierere la stessa opera abbastanza a lungo (magari
con meno indegnità e illegalità pubbliche e private), o almeno finché dura la parte peggiore della crisi, giacché essa destra al comando chiaramente prevede che la crisi si scarichi a danno dell'equità sociale in ossequio alla efficienza contabile, con prevedibile malcontento del pubblico ove non debitamente sedotto.
Seconda postilla: politica.
Agli 'anticasta duri e puri'.
Il 'sistema' per salvare se stesso non esita a sacrificare i propri 'uomini pubblici'. Perfino Berlusconi (già ricordato) - nonostante tutto il suo potere reale e simbolico, palese e occulto, non ultima la sua possibilità concreta di ricattare chiunque su qualsiasi cosa - perfino lui è stato dimissionato quella bella sera di novembre, perché il sistema sopravvivesse.
E tra il '92 e il '93, lo stesso, il sistema sacrificò tutta una 'scena' di uomini pubblici per non soccombere all'azione combinata delle procure (Milano, Palermo), della gente inferocita e della Storia (la fine dei due blocchi): liquidò tantissimi notabili, sistemò 'a vitalizio' quelli proprio intoccabili, fece emergere le (allora) novità di Lega e Forza Italia, ed è sopravvissuto fino a oggi.
Oggi il sistema è in crisi assai più che vent'anni fa, perché sono in crisi i suoi stessi fondamenti economicofinanziari. E neanche aver dimissionato Berlusconi (e Bossi) gli dà garanzie di sopravvivenza: i tecnici - nonostante le benedizioni di Napolitano e le coccole alla Nazionale - non scaldano i cuori.
Quindi, se sarà necessario perché salvi se stesso, messo alle strette vi consegnerà - amici anticasta - le
teste di tutta questa scena pubblica. e voi ne sarete sazi.
Nel frattempo, come vent'anni fa, avrà valutato conveniente l'emersione e il consolidamento di
qualche altra novità potente (io, fossi il sistema, scommetteri su Grillo) che tenga impegnata la gente, i media e magari pure le procure, per un altro po' di tempo.
Perché è il sistema che deve sopravvivere, non le figurine.
Capite, amici?
A tutti.
La domanda allora è: ma cos'è il 'sistema'?
Penso di averlo scritto tante volte e in tanti modi, su questa pagina, ma ecco la mia risposta di oggi a quest'ora: è il modo in cui viviamo la nostra vita.
Sub-domanda: e se non ci piace?
Sub-risposta: possiamo provare a cambiarlo, ma non tramite il tiro-al-bersaglio sui bersagli che il sistema stesso ci propina, bensì sondando il suo (e nostro) cuore e cercando - chi ha cosa, e per farne cosa.
Terza e ultima postilla: programmatica.
Per tutto quanto detto qui sopra, dichiaro.
Sbattete anche in galera - e poi buttate la chiave - 630 deputati, 315 senatori e una cinquantina
tra ministri e sottosegretari. E così sarete di 1000 metri scarsi più vicini alla meta della giustizia sociale, che però è sulla Luna.
Invece, se pretendiamo e otteniamo la piena applicazione della nostra stupenda Costituzione
("È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" art.3; "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto" art.4; "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" art.36; "Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria." art.38; "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana." art.41; "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti." art.42; "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività." art.53), allora sì che saremo andati in orbita!
E alla giustizia sociale - se è davvero essa ciò che vogliamo - non dovremo più contentarci di ululare soltanto, come lupi presi per fame.
quattro luglio duemiladodici
FINITI GLI EUROPEI DI CALCIO
Dio se mi piace fare sport!
E anche le manifestazioni sportive, seguirle - parecchio!
La cerimonia d'apertura delle Olimpiadi - mi commuovo sempre come uno scemo!
E credo che nel the-very-best-of di tutto il XX Secolo (tutto, non solo sportivo) ci siano cose/persone come, per esempio, il calcio brasiliano dal '58 al '70, Fausto Coppi e la maratona di Roma '60.
Fare sport come l'ultimo dei dilettanti mi fa star bene, e seguire lo sport dei campioni mi dà spesso una bella impressione delle capacità umane!
Tuttavia, l'altra faccia della luna sportiva è il nazionalismo - l'autismo del noi-contro-loro.
Quasi niente come i grandi eventi sportivi riesce a tirarlo fuori dai bui recessi individuali, e farlo diventare orrido fenomeno di massa - addirittura para-bellico - che prosegue pure intorno e dopo.
Coinvolgendo anche spiriti peraltro non da poco, ma a questo porosi in modo triste a vedersi.
Perché è chiaro che il nemico esiste - ed è il nemico che attenta alla sicurezza della vita mia e di chi amo, alla dignità della vita umana in sé e al futuro stesso della vita sulla Terra.
Ma di sicuro questo nemico non sono gli-spagnoli, né i-tedeschi, né gli-americani, né i-cinesi! Ed è questa ovvietà che il tifo sportivo fa perdere di vista, purtroppo.
Perché c'è un sacco di gente che senza nemico non sa vivere, e così che non si corra il rischio di liberare quest'energia contro il nemico vero - per conoscere il quale bisogna pensare e far pensare tanto, sperimentare tanto, confrontarsi tanto - allora gliene si confenziona uno che-non-esiste.
Non esistono i-cinesi, come non esistono i-negri, i-froci, gli-ebrei, le-donne.
Chi vi dice il contrario, anche solo per farvi battere le mani insieme, è perdutamente alienato o sta nutrendo la vostra alienazione per il proprio dominio.
due luglio duemiladodici
Dio se mi piace fare sport!
E anche le manifestazioni sportive, seguirle - parecchio!
La cerimonia d'apertura delle Olimpiadi - mi commuovo sempre come uno scemo!
E credo che nel the-very-best-of di tutto il XX Secolo (tutto, non solo sportivo) ci siano cose/persone come, per esempio, il calcio brasiliano dal '58 al '70, Fausto Coppi e la maratona di Roma '60.
Fare sport come l'ultimo dei dilettanti mi fa star bene, e seguire lo sport dei campioni mi dà spesso una bella impressione delle capacità umane!
Tuttavia, l'altra faccia della luna sportiva è il nazionalismo - l'autismo del noi-contro-loro.
Quasi niente come i grandi eventi sportivi riesce a tirarlo fuori dai bui recessi individuali, e farlo diventare orrido fenomeno di massa - addirittura para-bellico - che prosegue pure intorno e dopo.
Coinvolgendo anche spiriti peraltro non da poco, ma a questo porosi in modo triste a vedersi.
Perché è chiaro che il nemico esiste - ed è il nemico che attenta alla sicurezza della vita mia e di chi amo, alla dignità della vita umana in sé e al futuro stesso della vita sulla Terra.
Ma di sicuro questo nemico non sono gli-spagnoli, né i-tedeschi, né gli-americani, né i-cinesi! Ed è questa ovvietà che il tifo sportivo fa perdere di vista, purtroppo.
Perché c'è un sacco di gente che senza nemico non sa vivere, e così che non si corra il rischio di liberare quest'energia contro il nemico vero - per conoscere il quale bisogna pensare e far pensare tanto, sperimentare tanto, confrontarsi tanto - allora gliene si confenziona uno che-non-esiste.
Non esistono i-cinesi, come non esistono i-negri, i-froci, gli-ebrei, le-donne.
Chi vi dice il contrario, anche solo per farvi battere le mani insieme, è perdutamente alienato o sta nutrendo la vostra alienazione per il proprio dominio.
due luglio duemiladodici
LA RIFORMA DEL LAVORO
La Costituzione italiana è un miracolo.
Non a caso fu concepita intorno al punto più alto della presa di coscienza della nostra gente in tutta la sua storia, quando ci si era appena liberati di una dittatura - anzi: prima comprendendone a pieno la feroce natura dittatoriale, su cui il popolo nei vent'anni precedenti teneva invece gli occhi chiusi e le mani inerti, perlopiù - e quando la rappresentanza parlamentare delle forze del lavoro, intellettuali e progressiste, era al massimo da allora e fino ai giorni nostri.
E questa Costituzione miracolosamente avanzata non aveva che da essere applicata e sviluppata in tutte le sue previsioni e potenzialità, perché questa nostra fosse la migliore delle democrazie.
Non è stato fatto.
Non solo: il Parlamento - nei molti decenni successivi, lontanissimo dall'avere sia la spinta etica propulsiva di un popolo di fresca resistenza e liberazione, sia una componente forte come allora dei rappresentanti del lavoro, dell'intelletto e del progresso - ha osato riformarla.
In peggio, ovviamente. se al posto di Di Vittorio, De Gasperi, Calamandrei e Pertini, a giocare con la Legge Fondamentale della Nazione chiami gli apprendisti stregoni degli ultimi vent'anni, se alla sintesi alta tra le diverse istanze dell'autorità e della libertà, dell'impresa e della solidarietà, sostituisci il vischioso interesse delle lobby e dei loro delegati in Parlamento, il risultato non può che essere pessimo.
Di tanto danno, e durevole, sul banco storico degli imputati siedono in tanti: sia gli avversari dichiarati di un'idea evoluta di società - ma è il loro mestiere, nulla di strano -, sia troppi sedicenti democratici e socialdemocratici addirittura.
E questi non li perdòno.
La ricostruzione dell'Italia del dopocrisi - ammesso che - riparta allora dalla Costituzione figlia della Resistenza, della Liberazione e del pensiero progressista forte, e che essa sia applicata e sviluppata pienamente e finalmente!
La precondizione - è chiaro - è che noi, il popolo, riconosciamo chi sono i suoi (della Carta Costituzionale) veri amici e chi no, chi ha la capacità che il compito richiede e chi no, e ci regoliamo di conseguenza nel dar mandato elettorale alla prima occasione utile.
Spero prestissimo. Perché questo Parlamento, il più squalificato della storia repubblicana, ha osato legiferare sul diritto più importante dell'ordinamento repubblicano, il lavoro.
ventotto giugno duemiladodici
La Costituzione italiana è un miracolo.
Non a caso fu concepita intorno al punto più alto della presa di coscienza della nostra gente in tutta la sua storia, quando ci si era appena liberati di una dittatura - anzi: prima comprendendone a pieno la feroce natura dittatoriale, su cui il popolo nei vent'anni precedenti teneva invece gli occhi chiusi e le mani inerti, perlopiù - e quando la rappresentanza parlamentare delle forze del lavoro, intellettuali e progressiste, era al massimo da allora e fino ai giorni nostri.
E questa Costituzione miracolosamente avanzata non aveva che da essere applicata e sviluppata in tutte le sue previsioni e potenzialità, perché questa nostra fosse la migliore delle democrazie.
Non è stato fatto.
Non solo: il Parlamento - nei molti decenni successivi, lontanissimo dall'avere sia la spinta etica propulsiva di un popolo di fresca resistenza e liberazione, sia una componente forte come allora dei rappresentanti del lavoro, dell'intelletto e del progresso - ha osato riformarla.
In peggio, ovviamente. se al posto di Di Vittorio, De Gasperi, Calamandrei e Pertini, a giocare con la Legge Fondamentale della Nazione chiami gli apprendisti stregoni degli ultimi vent'anni, se alla sintesi alta tra le diverse istanze dell'autorità e della libertà, dell'impresa e della solidarietà, sostituisci il vischioso interesse delle lobby e dei loro delegati in Parlamento, il risultato non può che essere pessimo.
Di tanto danno, e durevole, sul banco storico degli imputati siedono in tanti: sia gli avversari dichiarati di un'idea evoluta di società - ma è il loro mestiere, nulla di strano -, sia troppi sedicenti democratici e socialdemocratici addirittura.
E questi non li perdòno.
La ricostruzione dell'Italia del dopocrisi - ammesso che - riparta allora dalla Costituzione figlia della Resistenza, della Liberazione e del pensiero progressista forte, e che essa sia applicata e sviluppata pienamente e finalmente!
La precondizione - è chiaro - è che noi, il popolo, riconosciamo chi sono i suoi (della Carta Costituzionale) veri amici e chi no, chi ha la capacità che il compito richiede e chi no, e ci regoliamo di conseguenza nel dar mandato elettorale alla prima occasione utile.
Spero prestissimo. Perché questo Parlamento, il più squalificato della storia repubblicana, ha osato legiferare sul diritto più importante dell'ordinamento repubblicano, il lavoro.
ventotto giugno duemiladodici
prima si smantella il pubblico per il privato, poi via la 4^ settimana di ferie.
ai bimbi in miniera e ai servi della gleba, quanto manca?
il potere ha come primo obiettivo quello di piacerci: gli costerebbe molto di più esercitare le proprie prerogative contro una massa coerentemente dispiaciuta di lui.
in subordine, se fallisce il primo obiettivo, ha quello di... dispiacerci - non sembri contraddittorio: però di dispiacerci non in quanto noi massa, bensì in quanto noi tanti individui ciascuno dispiaciuto in modo diverso e irriducibile.
al limite, in modo addirittura incomunicabile e incomprensibile tra tutti gli individui pur dispiaciuti del potere.
pertanto, il potere esercita le proprie prerogative se riesce a piacerci (e allora lo fa indisturbato) ma
altresì se riesce a dispiacerci in quel modo molecolare, 'monadico' (e così è appena più disturbato).
non ci riesce, invece, se e solo se il nostro dispiacere assume un connotato comune, di massa coerente.
è per questo che il potere teme più di ogni altra cosa ciò che una volta si diceva 'la coscienza di classe', ed infiltra la massa con voci che ne smontino anche il semplice sorgere qua e là nello spazio e nel tempo.
il web può essere quindi il nostro strumento per cercarci e capirci coerentemente, ma è purtroppo anche
la porta attraverso cui passa il potere a tale suo fine.
intanto, da cittadino romano tutt'altro che antipolitico, e spiccatamente di sinistra, PRETENDO che il candidato sindaco di roma per la sinistra venga fuori da primarie vere e democratiche, regolamentate pubblicamente e chiaramente, alle quali possano accedere sia esponenti di partito sia chiunque altro raccolga in città abbastanza adesioni documentabili.
inoltre, da cittadino convinto che la partecipazione personale e l'elaborazione condivisa siano
i migliori antidoti sia contro il populismo demagogico e sia contro l'affarismo e l'incompetenza della destra romana, PRETENDO che il programma di governo cittadino del candidato sindaco che avrà il mio voto alle primarie prima e (spero) alle elezioni comunali poi, sia tanto poco preconfezionato da potersi
arricchire anche delle idee, dei bisogni e dei desideri del sottoscritto.
QUESTA è e sarà la mia battaglia per roma: PRIMARIE e CONTENUTI - e so di
non essere affatto il solo.
astenersi: perditempo, sognatori-di-democrazia-diretta, non-di-sinistra.
sto leggendo - un giorno a settimana, as usual - un gran bel piccolo saggio, di holloway, 'crack capitalism'. è rigoroso come pochi altri testi anticapitalisti, ed è onestissimo intellettualmente: riporta in nota le controtesi rispetto alle sue, con bibliografia a corredo.
quindi, anche se non concordo su diversi punti, lo consiglio senz'altro! (ed. deriveapprodi, €18, pp.282)
en passant holloway cita un vecchio lavoro di ernst bloch, 'il principio speranza', che inseguo da un po' per averne gustati alcuni stralci dalle fonti più diverse. solo che al passo riportato in nota holloway aggiunge con precisione 'pag.1578'!
non credo che leggerò mai bloch per intero: a un giorno a settimana, farei prima a vedere il capitalismo sconfitto davvero!
concludendo, riporto una citazione dal 'discorso sulla servitù volontaria' di de la boétie con cui si apre 'crack capitalism':
"potreste liberarvi di tanti infami maltrattamenti se provaste, non dico a liberarvene, ma
soltanto a desiderare di farlo. decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi.
non vi chiedo di scacciare il tiranno, di buttarlo giù dal trono, ma soltanto di smettere di sostenerlo; allora lo vedreste crollare a terra e andare in frantumi per il suo stesso peso, come un colosso a cui sia
stata tolta la base."
fico, eh? è del 1550! de la boétie lo scrisse a vent'anni.
e noi, che abbiamo tutti più di vent'anni e che, soprattutto, abbiamo assommato altri 462 anni da allora di soggezione a un padrone (che sia il tiranno o il denaro, è lo stesso), tuttavia non abbiamo ancora capito.
lo so che le parate di buffon, il cucchiaio di pirlo e il gran palo di de rossi occuperanno fino a dopodomani la maggior parte dei nostri pensieri, per lasciar posto soltanto alla trepidazione di una semifinale che riproporrà memorie lontane di urla di tardelli e lontanissime di piattoni di rivera e baci e abbracci con riva.
tuttavia, già che rimembriamo - ma con calma, senza fretta -, diamo un'occhiata pure al confine tra siria e turchia e sovrapponiamo mentalmente quel che succede oggi (e da un po', sui media di tutto il mondo) alle prove generali in nordafrica e nei balcani di quella che fu poi la prima guerra tra potenze imperialiste per un restyling della spartizione del pianeta, per la soluzione a una grave crisi di sovraproduzione e sottoconsumi (vi ricorda niente?) e per impegnare in anni di trincea i lavoratori di tutti i paesi - che non sia mai gli prendesse la smania di unirsi per la democrazia sostanziale e il socialismo.
la dolce rosa scriveva all'epoca: "questo spaventoso massacro reciproco di milioni di proletari al quale assistiamo con orrore, queste orge dell'imperialismo assassino che accadono sotto le insegne
ipocrite di 'patria', di 'civiltà', 'libertà', 'diritto dei popoli' e che devastano città e campagne, calpestano la civiltà, minano alle basi la libertà e il diritto dei popoli..."
così - dico - tra una partita e l'altra, buttiamoci giusto un occhio e un pensiero.
e ricordatevi che nessuno dovrà combattere la loro prossima guerra.
anche se ce la venderanno come solo il potere sa fare, da sempre.
'bisogna far morire di fame la bestia', dicono i teorici ultraliberisti americani. e intendono per 'bestia' l'apparato statale, la spesa pubblica, e in ultima analisi tutto ciò che la civiltà moderna ha creato per evitare che l'uomo sia lupo all'uomo.
già così, immaginerete, è una strategia che mi fa cagare. ma almeno è una strategia (infame): ammazzi il pubblico, ma fai (per un po') la fortuna di un certo numero di privati.
ma in europa, e in italia in particolare, non c'è neanche questo! qui (anche) questo governo
(dopo il precedente) procede ai tagli lineari che rendono impossibile l'erogazione dei servizi, e di fatto deprime il potere di acquisto di individui e famiglie. col risultato che va tutto a puttane, leggete i report di
confcommercio.
morale: anche per essere bastardi bisogna avere sale in zucca.
postmorale: la prevalenza del cretino sia tra i potenti che tra i poveri (unita al tasso solito di ingordigia dei ricchi), porta di corsa al disastro completo.
fantastico. illuminante.
in un talkshow politico di fine stagione, all'annuncio del conduttore che berlusconi si candiderebbe a ministro dell'economia in un prossimo governo alfano, il pubblico è scoppiato in un'irrefrenabile risata.
questo seppellisce definitivamente il futuro politico del cittadino berlusconi (pur restando ancora
temibili i suoi larghissimi averi e la sua infinitesima attitudine etica) e speriamo se ne accorgano anche i suoi avversari, che provvedono a sorreggerlo politicamente in vita ogni volta che lo tengono ancora in conto.
tutto ciò è ovviamente, per me, una buona notizia: il cittadino berlusconi viene finalmente preso, anche dal pubblico televisivo di prima serata, per quel che è da sempre.
le sue conseguenze però rischiano di non essere una buona notizia per i pigri, i distratti, i romantici.
perché, se la parabola politica di berlusconi è sepolta da una risata, allora è un intero ventennio che è finito con ciò che lo ha caratterizzato di più: la personalizzazione delle scelte sulla società - al posto delle idee forti - e la teorizzazione che non ci siano più una destra e una sinistra (tanto che per vent'anni si è detto e pensato solo in termini di centro-destra e centro-sinistra, e pure qui tra loro non sempre
distinguibili).
si pensava che la modernità in politica volesse dire queste due cose, e che così sarebbe stato sempre.
e invece la risata di stasera dice che la gente considera vent'anni per quel che sono stati - non
pochi, specie a patirli - ma che non equivalgono certo a 'per sempre', e che sono appena un decimo di tutta l'età contemporanea: cioè dell'epoca segnata - detto in sintesi - dal confronto su tutto il pianeta tra le forze proprietarie e quelle del lavoro.
e altroché, se in questi duecento anni - tranne gli ultimi venti qui da noi - ha contato la contrapposizione tra idee forti (non tra figurine) e ha significato il conflitto tra un'idea di destra della società e un'idea di sinistra!
non ve ne siete accorti? siete distratti. non volete accorgervene? siete pigri. vorreste restare nell'anomalia di questo ventennio italico? siete adolescenzialmente romantici.
ma per tutti gli altri c'è tanto da lavorare, nell'unico modo sensato.
e ci sto anche io, a televisore spento.
e a sinistra!
ventisette giugno duemiladodici
RIFORME
La mia riforma strutturale ideale?
Quella che nessun governo né tecnico né politico, espressione di alcun parlamento votato con qualunque legge elettorale, in nessun sistema di pesi e contrappesi istituzionali né garanzie sul quarto e quinto e sesto potere - ma sempre e comunque all'interno di un'economia di mercato - proporrà mai.
La seguente.
Che tutto ciò che i privati vendono o affittano ad altri privati, o alla collettività tramite la pubblica amministrazione - TUTTO, tranne il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario - TUTTO: materie prime, manufatti all'ingrosso e al dettaglio, terreni e costruzioni, l'intera catena alimentare, servizi, prestazioni, consulenze, intermediazioni - TUTTO: tutte le merci, tutti i beni, tutti i servizi materiali e immateriali - tranne, ripeto, il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario, venga offerto a prezzi, tariffe, parcelle o canoni, pari al 50% ESATTO di prezzi, tariffe, parcelle e canoni attuali.
E che questo dimezzamento generale dei costi di ciò che i privati mettono in vendita o in affitto ad altri privati o alla collettività, avvenga in modo SIMULTANEO a partire da un dato momento e fino a data da stabilirsi in seguito.
Lo faranno, i parlamenti e i governi?
No, perché non spetta loro in un sistema di economia di MERCATO.
Lo faranno, allora, per decisione autonoma - e, secondo me, per puro istinto di sopravvivenza - gli operatori privati, singoli o associati, che hanno qualcosa (merce, bene, servizio, sapere) da vendere o affittare?
No: nessuno di loro si fiderebbe che lo facciano anche tutti gli altri, e questa diffidenza avrebbe la meglio anche sull'autoconservazione.
Eppure l'economia di mercato, ossia il capitalismo, si salverebbe forse SOLO così.
(E di certo dovrebbe stare a cuore a LORO - a chi ritiene ciò l'unico sistema compatibile con la natura umana - non certo a me!)
In subordine, la mia riforma strutturale ideale è la RICONVERSIONE.
Che spiego (ancora) diffusamente qui:
http://riconversione.weebly.com/
E un partito o movimento politico che ne facesse il proprio punto di programma, avrebbe non solo il mio voto ma un'adesione partecipe e disciplinata come oggi neanche usa più!
In sub-subordine ci sarà il puro e semplice caos da 'estinzione di un sistema secolare di convivenza tra gli umani', col programma tipico del caso: populismi, autoritarismi, fascismi, guerre, rivoluzioni.
E a quel punto - non avrete tentato la prima riforma, neanche la seconda - ci toccherà allora difendere il culo nostro, dell'umanità e del pianeta, con la rivoluzione pura e semplice.
Manco è detto che funzionerà: sarà un bagno di sangue e di spirito, comunque - ma vi saremo stati costretti da una SERIE di sciocchezze senz'altro rimedio.
A quel punto vinca il più FORTE!
diciotto giugno duemiladodici
La mia riforma strutturale ideale?
Quella che nessun governo né tecnico né politico, espressione di alcun parlamento votato con qualunque legge elettorale, in nessun sistema di pesi e contrappesi istituzionali né garanzie sul quarto e quinto e sesto potere - ma sempre e comunque all'interno di un'economia di mercato - proporrà mai.
La seguente.
Che tutto ciò che i privati vendono o affittano ad altri privati, o alla collettività tramite la pubblica amministrazione - TUTTO, tranne il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario - TUTTO: materie prime, manufatti all'ingrosso e al dettaglio, terreni e costruzioni, l'intera catena alimentare, servizi, prestazioni, consulenze, intermediazioni - TUTTO: tutte le merci, tutti i beni, tutti i servizi materiali e immateriali - tranne, ripeto, il lavoro dipendente pubblico o privato, stabile o precario, venga offerto a prezzi, tariffe, parcelle o canoni, pari al 50% ESATTO di prezzi, tariffe, parcelle e canoni attuali.
E che questo dimezzamento generale dei costi di ciò che i privati mettono in vendita o in affitto ad altri privati o alla collettività, avvenga in modo SIMULTANEO a partire da un dato momento e fino a data da stabilirsi in seguito.
Lo faranno, i parlamenti e i governi?
No, perché non spetta loro in un sistema di economia di MERCATO.
Lo faranno, allora, per decisione autonoma - e, secondo me, per puro istinto di sopravvivenza - gli operatori privati, singoli o associati, che hanno qualcosa (merce, bene, servizio, sapere) da vendere o affittare?
No: nessuno di loro si fiderebbe che lo facciano anche tutti gli altri, e questa diffidenza avrebbe la meglio anche sull'autoconservazione.
Eppure l'economia di mercato, ossia il capitalismo, si salverebbe forse SOLO così.
(E di certo dovrebbe stare a cuore a LORO - a chi ritiene ciò l'unico sistema compatibile con la natura umana - non certo a me!)
In subordine, la mia riforma strutturale ideale è la RICONVERSIONE.
Che spiego (ancora) diffusamente qui:
http://riconversione.weebly.com/
E un partito o movimento politico che ne facesse il proprio punto di programma, avrebbe non solo il mio voto ma un'adesione partecipe e disciplinata come oggi neanche usa più!
In sub-subordine ci sarà il puro e semplice caos da 'estinzione di un sistema secolare di convivenza tra gli umani', col programma tipico del caso: populismi, autoritarismi, fascismi, guerre, rivoluzioni.
E a quel punto - non avrete tentato la prima riforma, neanche la seconda - ci toccherà allora difendere il culo nostro, dell'umanità e del pianeta, con la rivoluzione pura e semplice.
Manco è detto che funzionerà: sarà un bagno di sangue e di spirito, comunque - ma vi saremo stati costretti da una SERIE di sciocchezze senz'altro rimedio.
A quel punto vinca il più FORTE!
diciotto giugno duemiladodici
HANNO VOTATO I GRECI
E ha vinto NeaDemokratia. Di poco, ma ha vinto e farà un governo neoliberista.
In bocca al lupo ai fratelli, compagni e amici greci - non gli si prospetta niente di buono, purtroppo, e forse prima di fine anno torneranno a votare. Perché i sacrifici imposti (e inutili) non piaceranno proprio a nessuno. Vedremo.
Tuttavia.
Più o meno, i partiti Eristera (7%), Syriza (28%) e KKE (5%) fanno insieme il 40% dei voti espressi!
Diciamo - mutatis mutandis - che è come se il 40% qui lo raggiungessimo sommando rispettivamente la sinistra-PD, SEL (e movimenti) e FdS.
Sogno? be', è e resterà un sogno in effetti finché in Italia:
1. la sinistra-PD resterà accucciata sotto il centro-destra-PD che appoggia la 'privatizzazione dell'universo' delineata da Monti-Passera-Fornero,
2. SEL e FdS non diranno chiaramente che il guasto del modello di sviluppo (senza progresso) del capitalismo contemporaneo è intrinseco al modello stesso, traendone tutte le conseguenze di programma politico, senza timidezze né bandierine autoreferenziali,
3. i movimenti continueranno a guardare il dito anziché la luna, ossia a ululare contro gli stipendi della casta o giocare alla politologia istituzionale, anziché fare resistenza costante contro lo smantellamento della società solidale, che quella casta (per conto dei suoi mandanti) sta mettendo in pratica e metterà in pratica con qualunque riforma elettorale, dei partiti, della giustizia e dell'informazione.
Continuiamo così come finora? Bene: la sinistra politica e civicopolitica in Italia non combinerà un cazzo, e al populismo e all'autoritarismo continueremo a fare autostrade!
Invece: cambiamo dicendo e proponendo qualcosa di sensato 'su chi ha cosa e per farne cosa', senz'altre ossessioni e distrazioni?
Allora combineremo almeno quello che la sinistra ha fatto, sta facendo e farà in Grecia contro il pensiero-unico del neoliberismo agonizzante: impedirne la dittatura!
Se non avete ancora capito questo, non perdeteci altri neuroni e godetevi l'estate.
diciassette giugno duemiladodici
E ha vinto NeaDemokratia. Di poco, ma ha vinto e farà un governo neoliberista.
In bocca al lupo ai fratelli, compagni e amici greci - non gli si prospetta niente di buono, purtroppo, e forse prima di fine anno torneranno a votare. Perché i sacrifici imposti (e inutili) non piaceranno proprio a nessuno. Vedremo.
Tuttavia.
Più o meno, i partiti Eristera (7%), Syriza (28%) e KKE (5%) fanno insieme il 40% dei voti espressi!
Diciamo - mutatis mutandis - che è come se il 40% qui lo raggiungessimo sommando rispettivamente la sinistra-PD, SEL (e movimenti) e FdS.
Sogno? be', è e resterà un sogno in effetti finché in Italia:
1. la sinistra-PD resterà accucciata sotto il centro-destra-PD che appoggia la 'privatizzazione dell'universo' delineata da Monti-Passera-Fornero,
2. SEL e FdS non diranno chiaramente che il guasto del modello di sviluppo (senza progresso) del capitalismo contemporaneo è intrinseco al modello stesso, traendone tutte le conseguenze di programma politico, senza timidezze né bandierine autoreferenziali,
3. i movimenti continueranno a guardare il dito anziché la luna, ossia a ululare contro gli stipendi della casta o giocare alla politologia istituzionale, anziché fare resistenza costante contro lo smantellamento della società solidale, che quella casta (per conto dei suoi mandanti) sta mettendo in pratica e metterà in pratica con qualunque riforma elettorale, dei partiti, della giustizia e dell'informazione.
Continuiamo così come finora? Bene: la sinistra politica e civicopolitica in Italia non combinerà un cazzo, e al populismo e all'autoritarismo continueremo a fare autostrade!
Invece: cambiamo dicendo e proponendo qualcosa di sensato 'su chi ha cosa e per farne cosa', senz'altre ossessioni e distrazioni?
Allora combineremo almeno quello che la sinistra ha fatto, sta facendo e farà in Grecia contro il pensiero-unico del neoliberismo agonizzante: impedirne la dittatura!
Se non avete ancora capito questo, non perdeteci altri neuroni e godetevi l'estate.
diciassette giugno duemiladodici
CHE POI
Che poi il problema – lo scandalo – sta tutto qua: che a un certo punto gli uomini-uomo si sono visti mettere in discussione dagli uomini-strumento – i quali, anzi, neanche hanno messo in discussione niente e nessuno per il puro gusto teoretico di farlo, ma hanno solo cominciato a premere esistenzialmente sulle mura della cittadella fortificata degli uomini-uomo battendo con l'ariete del più semplice 'noi non siamo diversi da voi' – il quale, anzi, neanche è stato concepito dalla gran massa degli uomini-strumento, inevitabilmente abbrutiti, ma da qualcuno degli uomini-uomo medesimi, illuminato da una qualche sensibilità intellettiva che gli rendeva insopportabile vedere così tanti uomini (-strumento) torturati nel destino di cani, somari, sementi, utensili o pietre, a tutto vantaggio degli uomini-uomo.
Questo scandalo fu, per esempio, Gesù Cristo. Che gli uomini siano tutti uguali, è la sua bestemmia contro l'ordine costituito multimillenario: la sanzione fu la croce – la sanzione contro di lui. Ma la sanzione contro la bestemmia fu il depotenziamento, il travisamento: i pochissimi uomini-uomo dissero (e dicono) agli sterminati uomini-strumento che gli uomini saranno tutti uguali nel non-luogo dell'eternità, anziché qui e ora – dove tutto deve restare com'è, al netto di qualche procedura consolatoria.
Che poi il problema lo sollevasse un ebreo, come Gesù Cristo, è logico: già nel millennio precedente, gli ebrei si erano distinti rispetto alla norma (che sanciva da una parte l'esigua minoranza degli uomini-uomo nella cittadella dei privilegi assoluti, dall'altra l'enorme maggioranza degli uomini-strumento nel deserto dello sfruttamento assoluto).
Avevano immaginato che ci fosse un dio – e che loro fossero la sua gente – rispetto al quale valesse non quell’abietta norma non scritta, bensì una serie di regole scritte per ridurre al minimo la differenza tra uomini-uomo e uomini-strumento: almeno tra loro, ‘popolo eletto’, e almeno in un luogo determinato, ‘la terra promessa’. (D'accordo, oltre a queste regole basiche e rivoluzionarie poi si erano inventati un sacco di altre prescrizioni varie – rituali, quasi superstiziose, e di autodifesa. Ma un popolo lo tieni insieme solo così.)
Che poi questo scandalo degli ebrei (degli ebrei come fatto nuovo nell'autocoscienza dell'Umanità; non come Stato moderno di Israele, che viola i diritti umani in Palestina, né come singoli uomini-uomo di confessione israelita, insediatissimi all'interno delle mura del privilegio: altri contesti di analisi) – degli ebrei che rifiutano tendenzialmente lo schiavismo degli uomini-uomo sugli uomini-strumento, gliel’hanno fatto pagare per tutta la loro storia: dalla diaspora all’olocausto.
Ma tornando al punto – e per finire: una volta pronunciata la bestemmia (‘noi non siamo diversi da voi’), e riscontrata ancora una volta la nessunissima disponibilità degli uomini-uomo ad abbattere da dentro le mura della cittadella dei loro privilegi per condividere il destino umano-e-basta anche con gli uomini-strumento (d’altronde – voi che leggete, condividereste il vostro destino con dei cani, dei somari, delle sementi, degli utensili, delle pietre?), il problema è diventato: come abbatterle da fuori, per arrivare a un nuovo ordine umano-e-basta.
E la risposta ad oggi più circostanziata a questo problema, secondo me, è stata data da Karl Marx e seguaci.
Un indizio indiretto mi viene da questo: la spietatezza con cui gli uomini-uomo hanno difeso e difendono
i propri privilegi dall'insidia teorica e pratica che gli arriva dal socialismo, somiglia troppo alle sanzioni inflitte a suo tempo allo scandalo dell'egualitarismo di Gesù Cristo (la croce, il travisamento) e, nel tempo, allo scandalo del non-schiavismo degli ebrei (la diaspora, l’olocausto).
Ma insomma la cittadella è ancora in piedi, e la battaglia è in pieno svolgimento – anche se cambia forma, armi e fortune: da un lustro all’altro e da una latitudine all’altra.
C’è solo da capire da che parte si sta, delle mura.
E poi avere il cuore, la mente e la voce per combattere.
tredici giugno duemiladodici
Che poi il problema – lo scandalo – sta tutto qua: che a un certo punto gli uomini-uomo si sono visti mettere in discussione dagli uomini-strumento – i quali, anzi, neanche hanno messo in discussione niente e nessuno per il puro gusto teoretico di farlo, ma hanno solo cominciato a premere esistenzialmente sulle mura della cittadella fortificata degli uomini-uomo battendo con l'ariete del più semplice 'noi non siamo diversi da voi' – il quale, anzi, neanche è stato concepito dalla gran massa degli uomini-strumento, inevitabilmente abbrutiti, ma da qualcuno degli uomini-uomo medesimi, illuminato da una qualche sensibilità intellettiva che gli rendeva insopportabile vedere così tanti uomini (-strumento) torturati nel destino di cani, somari, sementi, utensili o pietre, a tutto vantaggio degli uomini-uomo.
Questo scandalo fu, per esempio, Gesù Cristo. Che gli uomini siano tutti uguali, è la sua bestemmia contro l'ordine costituito multimillenario: la sanzione fu la croce – la sanzione contro di lui. Ma la sanzione contro la bestemmia fu il depotenziamento, il travisamento: i pochissimi uomini-uomo dissero (e dicono) agli sterminati uomini-strumento che gli uomini saranno tutti uguali nel non-luogo dell'eternità, anziché qui e ora – dove tutto deve restare com'è, al netto di qualche procedura consolatoria.
Che poi il problema lo sollevasse un ebreo, come Gesù Cristo, è logico: già nel millennio precedente, gli ebrei si erano distinti rispetto alla norma (che sanciva da una parte l'esigua minoranza degli uomini-uomo nella cittadella dei privilegi assoluti, dall'altra l'enorme maggioranza degli uomini-strumento nel deserto dello sfruttamento assoluto).
Avevano immaginato che ci fosse un dio – e che loro fossero la sua gente – rispetto al quale valesse non quell’abietta norma non scritta, bensì una serie di regole scritte per ridurre al minimo la differenza tra uomini-uomo e uomini-strumento: almeno tra loro, ‘popolo eletto’, e almeno in un luogo determinato, ‘la terra promessa’. (D'accordo, oltre a queste regole basiche e rivoluzionarie poi si erano inventati un sacco di altre prescrizioni varie – rituali, quasi superstiziose, e di autodifesa. Ma un popolo lo tieni insieme solo così.)
Che poi questo scandalo degli ebrei (degli ebrei come fatto nuovo nell'autocoscienza dell'Umanità; non come Stato moderno di Israele, che viola i diritti umani in Palestina, né come singoli uomini-uomo di confessione israelita, insediatissimi all'interno delle mura del privilegio: altri contesti di analisi) – degli ebrei che rifiutano tendenzialmente lo schiavismo degli uomini-uomo sugli uomini-strumento, gliel’hanno fatto pagare per tutta la loro storia: dalla diaspora all’olocausto.
Ma tornando al punto – e per finire: una volta pronunciata la bestemmia (‘noi non siamo diversi da voi’), e riscontrata ancora una volta la nessunissima disponibilità degli uomini-uomo ad abbattere da dentro le mura della cittadella dei loro privilegi per condividere il destino umano-e-basta anche con gli uomini-strumento (d’altronde – voi che leggete, condividereste il vostro destino con dei cani, dei somari, delle sementi, degli utensili, delle pietre?), il problema è diventato: come abbatterle da fuori, per arrivare a un nuovo ordine umano-e-basta.
E la risposta ad oggi più circostanziata a questo problema, secondo me, è stata data da Karl Marx e seguaci.
Un indizio indiretto mi viene da questo: la spietatezza con cui gli uomini-uomo hanno difeso e difendono
i propri privilegi dall'insidia teorica e pratica che gli arriva dal socialismo, somiglia troppo alle sanzioni inflitte a suo tempo allo scandalo dell'egualitarismo di Gesù Cristo (la croce, il travisamento) e, nel tempo, allo scandalo del non-schiavismo degli ebrei (la diaspora, l’olocausto).
Ma insomma la cittadella è ancora in piedi, e la battaglia è in pieno svolgimento – anche se cambia forma, armi e fortune: da un lustro all’altro e da una latitudine all’altra.
C’è solo da capire da che parte si sta, delle mura.
E poi avere il cuore, la mente e la voce per combattere.
tredici giugno duemiladodici
I DEMONI
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno della seconda casa, della terza automobile, del quarto televisore?
Del desalinizzatore, del Bimbi, dell’innaffiatore automatico computerizzato, del futon, del parquet in tutte le stanze, dell’air conditioning system, dell’acquario tropicale, dei vetri che si scuriscono da sé, della webcam di controllo nella camera dei bambini, del sistema di amplificatore e casse home-theatre, della Wii, di ogni playstation che usciva, di ogni smartphone che usciva? Del SUV, della 4x4, della minicar, di tre scooter a famiglia? Di Sharm, di Cortina, di Santo Domingo, della cena di rappresentanza a Baschi? Del personal trainer, dello shopping manager, degli animatori al compleanno dei ragazzini, delle farfalle liberate ai matrimoni, di cani e gatti col pedigree, di lanciarsi col paracadute, del bangee jumping, di pilates, della tessera al solarium per grandi e per piccini? Del silicone, del botox, di tutti i ritocchini, degli sbiancadenti e degli sbiancaculi permanenti? Del piercing prezioso, del tatuaggio massivo, dell’extension, delle lenti colorate, delle unghie finte sopra le unghie vere, del reggiseno con le spalline trasparenti, delle camicie su misura con le cifre? Dei Rolex, dei Patek Philippe, dei Damiani al primo amore? Degli Swatch? Dei centri commerciali, delle outlet-newtown, di Louis Vuitton, di Jimmy Choo, di Bikkemberg intorno ai piedi, di Calvin Klein sul pacco? Degli stilisti maitre-à-penser, dei rotocalchi all-gossip-news? Delle centinaia, migliaia, milioni di oggetti di marca indistinguibili fra loro? Dei marchi su ogni centimetro quadrato libero di noi stessi e di universo?
Delle ore di nulla televisivo che prendevamo per qualcosa che esisteva davvero?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare a qualunque lotteria?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare in borsa, di investire, di avere il numero di un broker al cellulare?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di guadagnare più possibile, di comprare più possibile, di mettere da parte più possibile, di lasciare ai nostri figli più denaro possibile, più cose possibili?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare altro che questo per essere umani?
Era ieri.
Ed è ancora oggi a quest'ora.
Però non sarà più domani - è quasi sicuro, ormai.
Ma non ci sarà ribellione credibile contro alcuna casta - politica o finanziaria - né, tantomeno, alcuna riconversione o rinascita, se non saremo capaci di ribellarci contro il cattivo demone che dentro ciascuno di noi si è sedotto in tutto questo, ha permesso tutto questo, ha voluto tutto questo, ha estenuato la Terra e la Storia in tutto questo.
Siamo seri con noi stessi. Perché è il tempo della serietà - o non c'è più altro tempo.
dodici giugno duemiladodici
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno della seconda casa, della terza automobile, del quarto televisore?
Del desalinizzatore, del Bimbi, dell’innaffiatore automatico computerizzato, del futon, del parquet in tutte le stanze, dell’air conditioning system, dell’acquario tropicale, dei vetri che si scuriscono da sé, della webcam di controllo nella camera dei bambini, del sistema di amplificatore e casse home-theatre, della Wii, di ogni playstation che usciva, di ogni smartphone che usciva? Del SUV, della 4x4, della minicar, di tre scooter a famiglia? Di Sharm, di Cortina, di Santo Domingo, della cena di rappresentanza a Baschi? Del personal trainer, dello shopping manager, degli animatori al compleanno dei ragazzini, delle farfalle liberate ai matrimoni, di cani e gatti col pedigree, di lanciarsi col paracadute, del bangee jumping, di pilates, della tessera al solarium per grandi e per piccini? Del silicone, del botox, di tutti i ritocchini, degli sbiancadenti e degli sbiancaculi permanenti? Del piercing prezioso, del tatuaggio massivo, dell’extension, delle lenti colorate, delle unghie finte sopra le unghie vere, del reggiseno con le spalline trasparenti, delle camicie su misura con le cifre? Dei Rolex, dei Patek Philippe, dei Damiani al primo amore? Degli Swatch? Dei centri commerciali, delle outlet-newtown, di Louis Vuitton, di Jimmy Choo, di Bikkemberg intorno ai piedi, di Calvin Klein sul pacco? Degli stilisti maitre-à-penser, dei rotocalchi all-gossip-news? Delle centinaia, migliaia, milioni di oggetti di marca indistinguibili fra loro? Dei marchi su ogni centimetro quadrato libero di noi stessi e di universo?
Delle ore di nulla televisivo che prendevamo per qualcosa che esisteva davvero?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare a qualunque lotteria?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di giocare in borsa, di investire, di avere il numero di un broker al cellulare?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare a meno di guadagnare più possibile, di comprare più possibile, di mettere da parte più possibile, di lasciare ai nostri figli più denaro possibile, più cose possibili?
Vi ricordate di quando pensavamo di non poter fare altro che questo per essere umani?
Era ieri.
Ed è ancora oggi a quest'ora.
Però non sarà più domani - è quasi sicuro, ormai.
Ma non ci sarà ribellione credibile contro alcuna casta - politica o finanziaria - né, tantomeno, alcuna riconversione o rinascita, se non saremo capaci di ribellarci contro il cattivo demone che dentro ciascuno di noi si è sedotto in tutto questo, ha permesso tutto questo, ha voluto tutto questo, ha estenuato la Terra e la Storia in tutto questo.
Siamo seri con noi stessi. Perché è il tempo della serietà - o non c'è più altro tempo.
dodici giugno duemiladodici
PRIMARIE
Come Pisapia a Milano, come Zedda a cagliari, come Doria a Genova, come Vendola a suo tempo in Puglia.
Del PD si può dir male su tutto tranne che sulle primarie di coalizione: quando le annuncia le fa, e quando le fa perlopiù i suoi candidati “ufficiali” le perdono, e quando – quasi sempre – le vincono i candidati più a sinistra del PD “ufficiale”, allora la sinistra va davvero a governare comuni e regioni.
Per questo è importante – e benvenuta – la decisione sulle primarie nazionali entro l’anno: perché porta bene, e perché impone a tutti chiarezza e concretezza.
Infatti si sono già visti alcuni movimenti nitidi (e cavolo se ce n’è bisogno! ): Renzi si candida in alternativa a Bersani, benissimo – così darà corpo politico, se ce l’ha (e non solo televisivo), alla sua idea “giovanile” di un programma di governo dell’Italia (secondo me non ce l’ha, e se ce l’ha è sbagliata!); Di Pietro ha già sparato i suoi lacrimogeni (in questo caso, la critica alle nomine AgCom), come quando è costretto dalle cose a dire finalmente se è di sinistra oppure no – uscirà prestissimo dalla “foto di Vasto”, e lo seguiranno quelli che ‘prima la legalità formale, poi – ma forse – l’equità sostanziale’: meglio così, e ciao a tanti che mi leggono qui; Vendola, a domanda precisa (‘ti candidi alle primarie?’), ha risposto ‘sono a disposizione’: così almeno uno, tra i politici di mestiere, che sia di sinistra in pista ce l’avremo – ora deve solo dire con chiarezza in che modo la “narrazione dell’Italia nuova” risponda alle domande ‘chi ha cosa, e per farne
cosa’; e Landini, che non vuole cambiare mestiere (perché lo fa benissimo!), però ha già messo uno appresso all’altro, a dire la propria in pubblico, i protagonisti della politica “maggiore” progressista (compresi Ferrero e Diliberto, che magari potrebbero inventarsi qualche dichiarazione un po’ più
imperdibile) e anche qualcuno dei “minori” (intravisti i compagni di ALBA e del Valle, per esempio), e va bene così.
Ora, che deve succedere?
Per esempio, che ancora dall’interno del PD esca fuori un’alternativa – o più – non solo di facciata, ma politica: magari dall’area mariniana, con Civati o Serracchiani che contendano “da sinistra” di Bersani la stesura di un programma di governo.
Per esempio, che appunto dagli altri protagonisti (maggiori o minori) della politica anti-neoliberista venga fuori o un chiaro appoggio a Vendola (arricchendo la sua candidatura delle istanze di programma più
conseguenti) oppure un’onesta e credibile alternativa, con tanto di nome e di programma, da porre all’attenzione di tutta l’opinione pubblica progressista – e non nelle solite “nicchiette con bandierina”.
Per esempio, che tutta la galassia dei movimenti reali (quindi, per favore, niente perditempo e
‘indivanados da tastiera’, il cui peso fuori dal virtuale equivale al “movimento” di una partita di calcetto!) – o meglio: che tutta la galassia dei movimenti che seriamente si pongono il problema del modello di progresso equo, solidale e sostenibile, il problema della social-democrazia (col trattino), il problema di “chi ha cosa e per farne cosa”, il problema della “riconversione” (noto a chi mi legge qui e altrove), ebbene esprima una o più proposte di programma e di nomi da mettere in competizione con quelli della “politica di mestiere”: non per vincere, la vedo ardua, ma per spostare più possibile a sinistra la risultante di tutti i vettori in gioco – il che, compagni, è già il massimo del contendibile oggi (che se la sinistra qui perde, allora in Italia sarà solo populismo e autoritarismo).
E invece, che cosa non deve succedere?
Che vincano le pessime sirene del ‘tanto è tutto finto, tutto già deciso’, sirene già all’opera – e la maggior parte delle quali direttamente a libro paga di chi vuole che nulla cambi davvero.
Io non so se è tutto finto – penso di no, per la semplice ragione che anche quella che magari in origine è
una pura “mossa tattica”, una distrazione e un prender tempo, poi diventa realtà oggettiva anche al di là delle intenzioni di chi la mossa l’ha pensata e fatta (in questo caso sarebbero Bersani e il PD), purché da parte nostra – dei cittadini in carne ed ossa – la sfida sia presa sul serio: insomma, gente lamentosa, sta a noi oggi più che mai!
E di sicuro non è tutto già deciso. Ricordare Pisapia, appunto, e Doria, Vendola, Zedda!
E' stato fatto un passo importante, dal PD di Bersani – io che non gli faccio uno sconto che è uno, me
lo riconoscerete, questo lo devo ammettere.
Gli altri che farà quel partito suppongo diranno con coerenza la sua natura essenzialmente riformista, e forse chi di loro non ci si ritroverà più avrà di che prendere infine una decisione. In bocca al lupo.
Ma chi del riformismo non si accontenta, ha adesso – con questo percorso di primarie aperte – una carta da giocare, grazie a quel passo: una carta problematica, non certo un asso. Però una carta – che non sia il
solito fazzoletto per asciugarsi le lacrime del depresso, o peggio di chi chiagn’e ffott’!
Compagni conseguenti, organizzati o ovunque sparpagliati: o guardiamo tutti avanti, e proviamo a orientare più a sinistra possibile il corso degli eventi - con la volontà e la non-ingenuità che ci vengono
dall'ammaestramento del passato -, o invece continuiamo a limitarci a guardare ancora e sempre all'indietro.
Non stupiamoci però se poi, noi così ostinatamente voltati, gli eventi succedono nostro malgrado!
Questo è il tempo di una proposta integrale, forte e chiara, che rubi spazio pubblico all'agendina moderata. Può esistere questa proposta? La si metta a punto e la si dichiari, e nessuna conventio ad escludendum potrà più fermarla davanti agli occhi maturati dei cittadini, che l'aspettano!
Invece non esiste, non la si può e non la si vuole elaborare, proporre al corpo elettorale? Chi arriva ora a questa conclusione ha davvero perso, e fatto perdere, tanto tempo davanti a qualche muto santino.
dieci giugno duemiladodici
Come Pisapia a Milano, come Zedda a cagliari, come Doria a Genova, come Vendola a suo tempo in Puglia.
Del PD si può dir male su tutto tranne che sulle primarie di coalizione: quando le annuncia le fa, e quando le fa perlopiù i suoi candidati “ufficiali” le perdono, e quando – quasi sempre – le vincono i candidati più a sinistra del PD “ufficiale”, allora la sinistra va davvero a governare comuni e regioni.
Per questo è importante – e benvenuta – la decisione sulle primarie nazionali entro l’anno: perché porta bene, e perché impone a tutti chiarezza e concretezza.
Infatti si sono già visti alcuni movimenti nitidi (e cavolo se ce n’è bisogno! ): Renzi si candida in alternativa a Bersani, benissimo – così darà corpo politico, se ce l’ha (e non solo televisivo), alla sua idea “giovanile” di un programma di governo dell’Italia (secondo me non ce l’ha, e se ce l’ha è sbagliata!); Di Pietro ha già sparato i suoi lacrimogeni (in questo caso, la critica alle nomine AgCom), come quando è costretto dalle cose a dire finalmente se è di sinistra oppure no – uscirà prestissimo dalla “foto di Vasto”, e lo seguiranno quelli che ‘prima la legalità formale, poi – ma forse – l’equità sostanziale’: meglio così, e ciao a tanti che mi leggono qui; Vendola, a domanda precisa (‘ti candidi alle primarie?’), ha risposto ‘sono a disposizione’: così almeno uno, tra i politici di mestiere, che sia di sinistra in pista ce l’avremo – ora deve solo dire con chiarezza in che modo la “narrazione dell’Italia nuova” risponda alle domande ‘chi ha cosa, e per farne
cosa’; e Landini, che non vuole cambiare mestiere (perché lo fa benissimo!), però ha già messo uno appresso all’altro, a dire la propria in pubblico, i protagonisti della politica “maggiore” progressista (compresi Ferrero e Diliberto, che magari potrebbero inventarsi qualche dichiarazione un po’ più
imperdibile) e anche qualcuno dei “minori” (intravisti i compagni di ALBA e del Valle, per esempio), e va bene così.
Ora, che deve succedere?
Per esempio, che ancora dall’interno del PD esca fuori un’alternativa – o più – non solo di facciata, ma politica: magari dall’area mariniana, con Civati o Serracchiani che contendano “da sinistra” di Bersani la stesura di un programma di governo.
Per esempio, che appunto dagli altri protagonisti (maggiori o minori) della politica anti-neoliberista venga fuori o un chiaro appoggio a Vendola (arricchendo la sua candidatura delle istanze di programma più
conseguenti) oppure un’onesta e credibile alternativa, con tanto di nome e di programma, da porre all’attenzione di tutta l’opinione pubblica progressista – e non nelle solite “nicchiette con bandierina”.
Per esempio, che tutta la galassia dei movimenti reali (quindi, per favore, niente perditempo e
‘indivanados da tastiera’, il cui peso fuori dal virtuale equivale al “movimento” di una partita di calcetto!) – o meglio: che tutta la galassia dei movimenti che seriamente si pongono il problema del modello di progresso equo, solidale e sostenibile, il problema della social-democrazia (col trattino), il problema di “chi ha cosa e per farne cosa”, il problema della “riconversione” (noto a chi mi legge qui e altrove), ebbene esprima una o più proposte di programma e di nomi da mettere in competizione con quelli della “politica di mestiere”: non per vincere, la vedo ardua, ma per spostare più possibile a sinistra la risultante di tutti i vettori in gioco – il che, compagni, è già il massimo del contendibile oggi (che se la sinistra qui perde, allora in Italia sarà solo populismo e autoritarismo).
E invece, che cosa non deve succedere?
Che vincano le pessime sirene del ‘tanto è tutto finto, tutto già deciso’, sirene già all’opera – e la maggior parte delle quali direttamente a libro paga di chi vuole che nulla cambi davvero.
Io non so se è tutto finto – penso di no, per la semplice ragione che anche quella che magari in origine è
una pura “mossa tattica”, una distrazione e un prender tempo, poi diventa realtà oggettiva anche al di là delle intenzioni di chi la mossa l’ha pensata e fatta (in questo caso sarebbero Bersani e il PD), purché da parte nostra – dei cittadini in carne ed ossa – la sfida sia presa sul serio: insomma, gente lamentosa, sta a noi oggi più che mai!
E di sicuro non è tutto già deciso. Ricordare Pisapia, appunto, e Doria, Vendola, Zedda!
E' stato fatto un passo importante, dal PD di Bersani – io che non gli faccio uno sconto che è uno, me
lo riconoscerete, questo lo devo ammettere.
Gli altri che farà quel partito suppongo diranno con coerenza la sua natura essenzialmente riformista, e forse chi di loro non ci si ritroverà più avrà di che prendere infine una decisione. In bocca al lupo.
Ma chi del riformismo non si accontenta, ha adesso – con questo percorso di primarie aperte – una carta da giocare, grazie a quel passo: una carta problematica, non certo un asso. Però una carta – che non sia il
solito fazzoletto per asciugarsi le lacrime del depresso, o peggio di chi chiagn’e ffott’!
Compagni conseguenti, organizzati o ovunque sparpagliati: o guardiamo tutti avanti, e proviamo a orientare più a sinistra possibile il corso degli eventi - con la volontà e la non-ingenuità che ci vengono
dall'ammaestramento del passato -, o invece continuiamo a limitarci a guardare ancora e sempre all'indietro.
Non stupiamoci però se poi, noi così ostinatamente voltati, gli eventi succedono nostro malgrado!
Questo è il tempo di una proposta integrale, forte e chiara, che rubi spazio pubblico all'agendina moderata. Può esistere questa proposta? La si metta a punto e la si dichiari, e nessuna conventio ad escludendum potrà più fermarla davanti agli occhi maturati dei cittadini, che l'aspettano!
Invece non esiste, non la si può e non la si vuole elaborare, proporre al corpo elettorale? Chi arriva ora a questa conclusione ha davvero perso, e fatto perdere, tanto tempo davanti a qualche muto santino.
dieci giugno duemiladodici
Benissimo, ora anche la Spagna.
Ci sono cento miliardi di euro pronti dal Fondo Europeo per il salvataggio delle banche spagnole, purché si riformi in senso sempre più privatistico il modello economico.
Ma euro per le risorse di crescita del benessere sociale e di tutela dei beni comuni, quelli non ci sono.
E tutti sanno che anche quei cento miliardi non basteranno e non serviranno, perché è il sistema che è finito.
Questa non è una crisi. Questo è the Big One.
Padroni e scienziati del denaro mondiale, avete fatto una stronzata dietro l'altra.
Cittadini del mondo, a quel poco denaro vostro attaccati, quegli scienziati e quei padroni ve li siete cresciuti in casa.
E i politici, ovunque, non sono che i cani da guardia degli uni e i giullari degli altri: facili bersagli per distrarre la rabbia degli ultimi giorni.
Quanto tempo perso, quanto pianeta.
nove giugno duemiladodici
AUT AUT
Gli strappi tra notabili del PdL, le listeciviche-truffa di Berlusconi, le primariesìprimarieno del PD, le disceseinpista di Montezemolo, gli strilli di Grillo e di Ferrara, le candidature di Bonino al soglio, le cazzate di Santanchè e su Gerry Scotti, l'amorenonamore del grandepiccolocentro per Monti, la disperazione della Lega, le foto sfocate di Vasto, gli appuntamenti a bizzeffe della società civile a cui presenziano sempre gli stessi, le volate tirate dalla grande stampa a nessuno, i movimenti semoventi ma non 21, i conti che non tornano, i problemi che non si risolvono...
E' evidente che così non se ne esce, è evidente che la classe 'dirigente' non sa che direzione proporre, ed è evidente che le classi 'dirette' si sono troppo a lungo disabituate ad autodirigersi.
Una comunità sta insieme se la tiene insieme un sogno. Oppure un incubo.
Se la tiene insieme una speranza. Oppure la paura.
Ora. Chi ha oggi il potere (i poteri) non sa creare una speranza, non sa disegnare un sogno, in cui
noi possiamo credere. Né noi, oggi, dimostriamo di saper sognare e sperare con la forza di fantasia e di volontà che ciò richiede.
Io a volte temo che perché non si disgreghi questa comunità (nazionale, continentale), la si terrà insieme con la paura. Nell'incubo.
otto giungo duemiladodici
Gli strappi tra notabili del PdL, le listeciviche-truffa di Berlusconi, le primariesìprimarieno del PD, le disceseinpista di Montezemolo, gli strilli di Grillo e di Ferrara, le candidature di Bonino al soglio, le cazzate di Santanchè e su Gerry Scotti, l'amorenonamore del grandepiccolocentro per Monti, la disperazione della Lega, le foto sfocate di Vasto, gli appuntamenti a bizzeffe della società civile a cui presenziano sempre gli stessi, le volate tirate dalla grande stampa a nessuno, i movimenti semoventi ma non 21, i conti che non tornano, i problemi che non si risolvono...
E' evidente che così non se ne esce, è evidente che la classe 'dirigente' non sa che direzione proporre, ed è evidente che le classi 'dirette' si sono troppo a lungo disabituate ad autodirigersi.
Una comunità sta insieme se la tiene insieme un sogno. Oppure un incubo.
Se la tiene insieme una speranza. Oppure la paura.
Ora. Chi ha oggi il potere (i poteri) non sa creare una speranza, non sa disegnare un sogno, in cui
noi possiamo credere. Né noi, oggi, dimostriamo di saper sognare e sperare con la forza di fantasia e di volontà che ciò richiede.
Io a volte temo che perché non si disgreghi questa comunità (nazionale, continentale), la si terrà insieme con la paura. Nell'incubo.
otto giungo duemiladodici
INTRANSIGENZA
Si può esser 'agenti del nemico' anche senza rendersene conto, e perfino volendo essere tutto il contrario. Così come si può essere, per esempio, distruttori di bellezza o di vita senza saperlo, e addirittura credendo di salvaguardare l'una o l'altra. (Pensate a chi con mani enormi e gesti goffi e pesanti provasse a salvare dal rischio di caduta le creazioni in fili di cristallo di maestri artigiani. O a chi copre col palmo una farfalla per proteggerla da un colpo di vento momentaneo, e la storpia.)
Si può essere agenti inconsapevoli della causa che pure si odia, se solo si è stati esposti troppo a lungo alle sue armi di mutazione antropologica: e lo si è, nemici oggettivi del proprio ideale, perché ormai si è mutati in pesantezza o miopia o superficialità o latenza insanabili.
Perché la causa e le sue armi erano davvero poderose, e noi non così attenti e non da subito.
Quindi io non posso considerare seriamente mio alleato chi, per almeno cinque degli ultimi trent'anni, si sia dedicato alla fruizione di prodotti dei network televisivi italiani o stranieri - a gestione pubblica o privata, ma comunque con finalità di commercio e profitto - per più di un'ora al giorno, con qualunque intenzione (anche agnostica, critica perfino): fa un totale di oltre 1825 ore, ossia l'equivalente di un'esposizione ininterrotta di quasi 80 giorni e 80 notti alla più pervasiva e passivante delle ipnosi di massa (più del totalitarismo politico, più di religioni e superstizioni).
Fidarsi di anime così brutalizzate sarebbe come aspettarsi che un tossicodipendente - che è buono, e che vuole uscirne - prenda le giuste decisioni quando è sotto l'effetto della droga o invece è in crisi d astinenza.
Come chiedere allo scorpione di non pungere.
Fatevi prima una bella disintossicazione - ma roba di anni, e a suon di pensiero vero, di vere relazioni sociali e di principio di realtà applicato - e poi ne riparliamo.
Forse.
PS:
La mia propensione al rispetto delle leggi, osservanza dei doveri e difesa e sviluppo dei diritti eccetera, mi viene credo da mio padre. Ma un certo integralismo, al limite autolesionista, arriva mi sa dalla mamma.
La quale - ancora oggi - mi rinfaccia, quando pontifico alla 'no logo' tipo Naomi Klein, che verso i 15 anni volevo le Clark originali e le felpe JohnPlayerSpecial (che lei non mi comprava, e io mi rifacevo sui tarocchi similveri), o quando dichiaro popperianamente 'televisione cattiva maestra', che a 25 ho fatto una finta carrambata in uno studio televisivo commerciale (al solo scopo di portarmi poi a spasso la
soubrettina conduttrice), o quando strepito contro gli sprechi del sistema, che io da piccolo toglievo il grasso al prosciutto.
Oggi, che ho 48 anni, me lo rinfaccia - mica so se seria o faceta.
Potete capire la mia intransigenza, la mia ambizione all'incorruttibilità?
sette giugno duemiladodici
Si può esser 'agenti del nemico' anche senza rendersene conto, e perfino volendo essere tutto il contrario. Così come si può essere, per esempio, distruttori di bellezza o di vita senza saperlo, e addirittura credendo di salvaguardare l'una o l'altra. (Pensate a chi con mani enormi e gesti goffi e pesanti provasse a salvare dal rischio di caduta le creazioni in fili di cristallo di maestri artigiani. O a chi copre col palmo una farfalla per proteggerla da un colpo di vento momentaneo, e la storpia.)
Si può essere agenti inconsapevoli della causa che pure si odia, se solo si è stati esposti troppo a lungo alle sue armi di mutazione antropologica: e lo si è, nemici oggettivi del proprio ideale, perché ormai si è mutati in pesantezza o miopia o superficialità o latenza insanabili.
Perché la causa e le sue armi erano davvero poderose, e noi non così attenti e non da subito.
Quindi io non posso considerare seriamente mio alleato chi, per almeno cinque degli ultimi trent'anni, si sia dedicato alla fruizione di prodotti dei network televisivi italiani o stranieri - a gestione pubblica o privata, ma comunque con finalità di commercio e profitto - per più di un'ora al giorno, con qualunque intenzione (anche agnostica, critica perfino): fa un totale di oltre 1825 ore, ossia l'equivalente di un'esposizione ininterrotta di quasi 80 giorni e 80 notti alla più pervasiva e passivante delle ipnosi di massa (più del totalitarismo politico, più di religioni e superstizioni).
Fidarsi di anime così brutalizzate sarebbe come aspettarsi che un tossicodipendente - che è buono, e che vuole uscirne - prenda le giuste decisioni quando è sotto l'effetto della droga o invece è in crisi d astinenza.
Come chiedere allo scorpione di non pungere.
Fatevi prima una bella disintossicazione - ma roba di anni, e a suon di pensiero vero, di vere relazioni sociali e di principio di realtà applicato - e poi ne riparliamo.
Forse.
PS:
La mia propensione al rispetto delle leggi, osservanza dei doveri e difesa e sviluppo dei diritti eccetera, mi viene credo da mio padre. Ma un certo integralismo, al limite autolesionista, arriva mi sa dalla mamma.
La quale - ancora oggi - mi rinfaccia, quando pontifico alla 'no logo' tipo Naomi Klein, che verso i 15 anni volevo le Clark originali e le felpe JohnPlayerSpecial (che lei non mi comprava, e io mi rifacevo sui tarocchi similveri), o quando dichiaro popperianamente 'televisione cattiva maestra', che a 25 ho fatto una finta carrambata in uno studio televisivo commerciale (al solo scopo di portarmi poi a spasso la
soubrettina conduttrice), o quando strepito contro gli sprechi del sistema, che io da piccolo toglievo il grasso al prosciutto.
Oggi, che ho 48 anni, me lo rinfaccia - mica so se seria o faceta.
Potete capire la mia intransigenza, la mia ambizione all'incorruttibilità?
sette giugno duemiladodici
ANTICAPITALISMO
Questa è un po' complicata, e forse ho da metterla ancora a fuoco... Ma tant'è, mi sembra di dover piazzare intanto un promemoria sul punto.
Il fascismo è la più vasta, profonda e durevole operazione d'infiltrazione nella storia della lotta di classe, dall'irruzione delle masse popolari sulla scena del mondo.
Sto parlando di lotta di classe in senso non strettamente filologico - cioè del secolare conflitto tra le élite, le lobby, i club, i clan, le dinastie, le caste, i detentori dei poteri reali (industriale, fondiario, economico, finanziario, politico, militare, culturale, simbolico, professionale, tecnico e burocratico) da una parte, e il resto della popolazione del mondo sviluppato dall'altra. (Con l'accortezza che trattandosi di processo appunto secolare, sono da storicizzarsi man mano sia i confini e le caratteristiche della 'classe' dominante sia la stessa quota di mondo 'sviluppato' sul mondo tout court.)
E sto parlando di fascismo pure in senso non strettamente filologico - cioè dell'insieme, assai variato per epoche e
scenari, di movimenti reali e di credenze ideologiche i quali si prefiggono l'obiettivo di superare il sistema capitalista moderno e contemporaneo tramite la negazione delle sue sovrastrutture politiche, sociali e culturali (ossia: della democrazia liberalborghese, con l'autoritarismo e il populismo; dell'emancipazione di ceto e di genere, col paternalismo e l'analfabetismo 'di ritorno'; del modernismo e del globalismo, col tradizionalismo e la xenofobia).
Invece, di infiltrazione parlo proprio in senso tecnico - solo, rispetto al consueto, su scala di milioni e decine di milioni di individui (destinatari dell'operazione), di dinamiche di decenni o mezzi secoli (a suon di vere trasvalutazioni dell'opinione di massa) e di interessi economici comparabili a bilanci nazionali (mossi a partire da stanziamenti rilevantissimi, da parte delle élite, nell'operazione).
Mi sembra importante fissare qui il pensiero (anche se - ripeto - come work in progress) perché da troppe voci in dibattito e su troppe pagine scritte emerge, mi pare, una grande confusione sulle modalità storiche e sulle possibilità odierne dell'anticapitalismo.
E perché la confusione, e l'ignoranza diffusa, e la disabitudine alla concentrazione - insieme ovviamente alla crisi oggettiva e all'indignazione popolare che ne consegue - costituiscono proprio quell'abbassamento del livello di vigilanza senza il quale l'infiltrazione non può riuscire. (Né sarebbe riuscita, per esempio, nel Anni '20 e '30 del secolo scorso in Europa, o negli Anni '60 e '70 in Sudamerica - quando e dove pure le organizzazioni del movimento dei lavoratori e le loro avanguardie intellettuali 'funzionavano' abbastanza. Figurarsi perciò adesso!)
sei giugno duemiladodici
Questa è un po' complicata, e forse ho da metterla ancora a fuoco... Ma tant'è, mi sembra di dover piazzare intanto un promemoria sul punto.
Il fascismo è la più vasta, profonda e durevole operazione d'infiltrazione nella storia della lotta di classe, dall'irruzione delle masse popolari sulla scena del mondo.
Sto parlando di lotta di classe in senso non strettamente filologico - cioè del secolare conflitto tra le élite, le lobby, i club, i clan, le dinastie, le caste, i detentori dei poteri reali (industriale, fondiario, economico, finanziario, politico, militare, culturale, simbolico, professionale, tecnico e burocratico) da una parte, e il resto della popolazione del mondo sviluppato dall'altra. (Con l'accortezza che trattandosi di processo appunto secolare, sono da storicizzarsi man mano sia i confini e le caratteristiche della 'classe' dominante sia la stessa quota di mondo 'sviluppato' sul mondo tout court.)
E sto parlando di fascismo pure in senso non strettamente filologico - cioè dell'insieme, assai variato per epoche e
scenari, di movimenti reali e di credenze ideologiche i quali si prefiggono l'obiettivo di superare il sistema capitalista moderno e contemporaneo tramite la negazione delle sue sovrastrutture politiche, sociali e culturali (ossia: della democrazia liberalborghese, con l'autoritarismo e il populismo; dell'emancipazione di ceto e di genere, col paternalismo e l'analfabetismo 'di ritorno'; del modernismo e del globalismo, col tradizionalismo e la xenofobia).
Invece, di infiltrazione parlo proprio in senso tecnico - solo, rispetto al consueto, su scala di milioni e decine di milioni di individui (destinatari dell'operazione), di dinamiche di decenni o mezzi secoli (a suon di vere trasvalutazioni dell'opinione di massa) e di interessi economici comparabili a bilanci nazionali (mossi a partire da stanziamenti rilevantissimi, da parte delle élite, nell'operazione).
Mi sembra importante fissare qui il pensiero (anche se - ripeto - come work in progress) perché da troppe voci in dibattito e su troppe pagine scritte emerge, mi pare, una grande confusione sulle modalità storiche e sulle possibilità odierne dell'anticapitalismo.
E perché la confusione, e l'ignoranza diffusa, e la disabitudine alla concentrazione - insieme ovviamente alla crisi oggettiva e all'indignazione popolare che ne consegue - costituiscono proprio quell'abbassamento del livello di vigilanza senza il quale l'infiltrazione non può riuscire. (Né sarebbe riuscita, per esempio, nel Anni '20 e '30 del secolo scorso in Europa, o negli Anni '60 e '70 in Sudamerica - quando e dove pure le organizzazioni del movimento dei lavoratori e le loro avanguardie intellettuali 'funzionavano' abbastanza. Figurarsi perciò adesso!)
sei giugno duemiladodici
UN TESTO FONDAMENTALE
Ma fondamentale sul serio. Nel senso che rappresenta le fondamenta del nostro stare insieme, della forma che liberamente e democraticamente scegliemmo il 2 giugno di sessantasei anni fa: la Repubblica.
Dice in un passo giustamente celebre Piero Calamandrei, che gli articoli della nostra Costituzione “dal punto di
vista letterario non sono belli, ma [essa] è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune […] E’ la carta della [nostra] libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di
uomo.”
E rivolto agli studenti milanesi di quel lontano 1955, aggiungeva: “Alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica […] In questa Costituzione […] c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art. 2, ”l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle alte patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art.
8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o
quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, ”l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è
ammessa la pena di morte”, ma questo […] è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani.”
Fino alla splendida, vibrante conclusione di Calamandrei: “Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o
giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta […] Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i
partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione.”
Non è una poesia di Montale, né un racconto di De Luca, né una sceneggiatura di Fellini, né un pezzo ‘corsaro’ di Pasolini. Eppure…
Eppure è una costellazione di caposaldi del nostro spirito nazionale, sostanziato al suo meglio.
(Se poi volessimo confrontarlo con la sua controparte peggiore… be’, in quell’altra costellazione di buchi neri dell’italianità recente non c’è che l’imbarazzo della scelta! Io comincerei dal testo – stupefacentemente
autistico e posticcio – della ‘discesa in campo’, gennaio 1994: “L’Italia è il paese che amo…” Ma anzi, no: subimmo da ciò fin troppe brutture.)
Alle luci già dottamente citate allora aggiungo – tra le molte possibili – soltanto questi tre bellissimi passi costituzionali.
Articolo 3 (secondo comma):
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Articolo 4 (primo comma):
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Articolo 101:
La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Ma son solo luci? Nel testo senz’altro.
Poi però tocca agli uomini: toccò alle nostre classi dirigenti, e a noi ogni giorno – che possiamo dirigere forse soltanto la nostra esistenza.
E su quelle luci teoriche ecco che la pratica dell’essere italiani concreti allungava e allunga non poche ombre.
Ma vorrei porle in forma di domande alla vostra esperienza personale, alla vostra intelligenza di cittadini.
Articolo 7 (primo comma):
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
E’ così? O vi risulta qualche ingerenza incostituzionale?
Articolo 9:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Nulla da dire in proposito?
Articolo 32 (secondo comma):
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
La via crucis degli Englaro non vi brucia ancora dentro?
Articolo 41 (secondo comma):
[La proprietà privata] Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
E’ applicata la Carta in questo?
Articolo 49:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Sono organismi democratici i partiti politici italiani?
Articolo 54 (secondo comma):
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
E’ così?
Articolo 71 (secondo comma):
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di
un progetto redatto in articoli.
Sapete quante proposte di legge d’iniziativa popolare prendono polvere nei cassetti del Parlamento?
Articolo 97 (primo comma):
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e
l'imparzialità dell'amministrazione.
Vi risulta? E’ meritocratica la nostra amministrazione pubblica?
Rispondetevi con calma.
Ma che le nostre risposte non restino mero esercizio di riprovazione o – semmai – d’indignazione.
Concludo ancora con quel gran discorso di Piero Calamandrei agli studenti di più di mezzo secolo fa, perché, vedete… “vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La
Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la
propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è – non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di
giovani – una malattia dei giovani.”
E questo antico monito, questo accorato appello, compagni e amici, è sempre così valido.
Ciò detto… buon compleanno, carissima Repubblica Italiana!
due giugno duemiladodici
Ma fondamentale sul serio. Nel senso che rappresenta le fondamenta del nostro stare insieme, della forma che liberamente e democraticamente scegliemmo il 2 giugno di sessantasei anni fa: la Repubblica.
Dice in un passo giustamente celebre Piero Calamandrei, che gli articoli della nostra Costituzione “dal punto di
vista letterario non sono belli, ma [essa] è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune […] E’ la carta della [nostra] libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di
uomo.”
E rivolto agli studenti milanesi di quel lontano 1955, aggiungeva: “Alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica […] In questa Costituzione […] c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art. 2, ”l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle alte patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art.
8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o
quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, ”l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è
ammessa la pena di morte”, ma questo […] è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani.”
Fino alla splendida, vibrante conclusione di Calamandrei: “Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o
giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta […] Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i
partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione.”
Non è una poesia di Montale, né un racconto di De Luca, né una sceneggiatura di Fellini, né un pezzo ‘corsaro’ di Pasolini. Eppure…
Eppure è una costellazione di caposaldi del nostro spirito nazionale, sostanziato al suo meglio.
(Se poi volessimo confrontarlo con la sua controparte peggiore… be’, in quell’altra costellazione di buchi neri dell’italianità recente non c’è che l’imbarazzo della scelta! Io comincerei dal testo – stupefacentemente
autistico e posticcio – della ‘discesa in campo’, gennaio 1994: “L’Italia è il paese che amo…” Ma anzi, no: subimmo da ciò fin troppe brutture.)
Alle luci già dottamente citate allora aggiungo – tra le molte possibili – soltanto questi tre bellissimi passi costituzionali.
Articolo 3 (secondo comma):
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Articolo 4 (primo comma):
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Articolo 101:
La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Ma son solo luci? Nel testo senz’altro.
Poi però tocca agli uomini: toccò alle nostre classi dirigenti, e a noi ogni giorno – che possiamo dirigere forse soltanto la nostra esistenza.
E su quelle luci teoriche ecco che la pratica dell’essere italiani concreti allungava e allunga non poche ombre.
Ma vorrei porle in forma di domande alla vostra esperienza personale, alla vostra intelligenza di cittadini.
Articolo 7 (primo comma):
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
E’ così? O vi risulta qualche ingerenza incostituzionale?
Articolo 9:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Nulla da dire in proposito?
Articolo 32 (secondo comma):
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
La via crucis degli Englaro non vi brucia ancora dentro?
Articolo 41 (secondo comma):
[La proprietà privata] Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
E’ applicata la Carta in questo?
Articolo 49:
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Sono organismi democratici i partiti politici italiani?
Articolo 54 (secondo comma):
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
E’ così?
Articolo 71 (secondo comma):
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di
un progetto redatto in articoli.
Sapete quante proposte di legge d’iniziativa popolare prendono polvere nei cassetti del Parlamento?
Articolo 97 (primo comma):
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e
l'imparzialità dell'amministrazione.
Vi risulta? E’ meritocratica la nostra amministrazione pubblica?
Rispondetevi con calma.
Ma che le nostre risposte non restino mero esercizio di riprovazione o – semmai – d’indignazione.
Concludo ancora con quel gran discorso di Piero Calamandrei agli studenti di più di mezzo secolo fa, perché, vedete… “vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La
Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la
propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è – non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di
giovani – una malattia dei giovani.”
E questo antico monito, questo accorato appello, compagni e amici, è sempre così valido.
Ciò detto… buon compleanno, carissima Repubblica Italiana!
due giugno duemiladodici
Spezzo una lancia a favore del presente.
Perché ne ho bisogno, sennò sclero.
Si, è vero: questo è oggi il paese di Vespa, Fede, Minzolini e Sallusti, di De Filippis, D'Urso, Marcuzzi e Marco Conti, di Capezzone, Stracquadanio, Scilipoti e Santanché, dei cerchiobottisti, dei saltafossisti, degli inconcludenti e degli imboscati, dei bigotti, dei razzisti, dei sessisti e dei femminicidi, degli amministratori infedeli, dei consulenti traditori, dei professionisti evasori e dei commercianti ladri, dei calciatori venduti, dei provocatori infiltrati, dei mafiosi sdoganati e degli stragisti impuniti, delle imprese che delocalizzano, delle imprese che licenziano, delle imprese che inquinano e delle imprese che crollano sopra gli operai, della gente che si lamenta, della gente che si confonde, della gente che s'incattivisce e della gente che non combina un cazzo, dei complici, dei collusi, dei corrotti e dei coglioni, di chi raccomanda, di chi si fa raccomandare, di chi ignora e di chi si fa ignorare, del vorrei ma non posso, di lo farei ma ho paura, dell'armiamoci e partite e del tanto non cambierà mai.
Questo è l'oggi.
E a me brucia tantissimo.
Però mica posso pensare di essere quello a cui brucia di più, il suo presente.
Infatti: cinquanta anni fa Pasolini aveva intorno a sé la più retrograda delle piccoloborghesie, e gli sarà bruciato più che a me oggi; quasi cento anni fa Gramsci stava per assistere alla Prima Guerra Mondiale, e gli sarà bruciato più che a me oggi e a Pasolini; due secoli e mezzo fa Beccaria inorridiva per la tortura legalizzata, e gli sarà bruciato più che a me oggi, a Pasolini e a Gramsci; più di mezzo millennio fa Leonardo per campare doveva far da servo ai signorotti e progettargli le armi anti-uomo, e gli sarà bruciato più che a me oggi, a Pasolini, a Gramsci e a Beccaria; duemila e passa anni fa i Gracchi assistevano al destino disumano della plebe, provavano a migliorarlo e venivano ammazzati per questo, e gli sarà bruciato più che a me oggi, a Pasolini, a Gramsci, a Beccaria e a Leonardo; diecimila anni fa, secolo più secolo meno, tutti gli 'italiani' dell'epoca sopravvivevano a stento nel più sordo terrore che una qualsiasi causa naturale li spazzasse via nel fiore degli anni, e gli sarà bruciato più che a me oggi, a Pasolini, a Gramsci, a Beccaria, a Leonardo e ai Gracchi!
Ecco, sto meglio: non sclero più, per oggi.
E sono di nuovo pronto fare del presente, in quella stessa progressione, il passato del mio futuro.
trentuno maggio duemiladodici
SINDROME DI STOCCOLMA
Ho partecipato stamattina a un - ennesimo - battesimo collettivo di qualcosa che serva a cambiare in meglio l'Italia.
Tutte bravissime persone, e il solito primo punto all'ordine del giorno: mai coi partiti, i partiti fanno schifo, la classe politica ha fallito, per l'Italia serve l'azione civica.
Poi si aprono i lavori per un programma di cambiamento, e l'abitudine alla concentrazione mostra già la corda.
Ma le proposte e gli slogan che attirano davvero tutti quanti sono gli - ennesimi - propositi di inibizione, punizione, dannazione della casta.
E così il sistema dei partiti vince sempre. Proprio perché occupa a tal punto la mente e il cuore dei cittadini - anche dei più volenterosi - da impedirgli di pensare davvero a come la vogliono un'Italia
cambiata in meglio, e di esprimerlo quando pure si accingono a stilare finalmente un loro programma, senza l'intermediazione dei partiti.
Col risentimento e col dispetto non si fa alcuna politica.
Per questo i partiti dormono sonni tranquilli.
Ma il loro sogno è appunto il nostro incubo.
Questo, invece, il mio sogno di stanotte...
...Ormai ci sono più post.it sul capoccione di granito dell'Highgate Cemetery che mozziconi di canna sulla tomba di Morrison al Père Lachaise, o lucchetti in pegno d'amore a Ponte Milvio!
C'è scritto, in tutte le lingue e gli alfabeti del mondo, una cosa tipo:
"VABBE' KARL, AVEVI RAGIONE SU TUTTO. SCUSACI.
MA ADESSO PER FAVORE DICCI CHE DOVEMO FA'!"
Li lasciano là col favore del buio, quando il cimitero è chiuso, per non farsi vedere da nessuno se non
dalle scorte riservatissime.
Ecco qualche firma, con grafia più o meno salda: Mario M., Angela, François, David, Josè Manuel, Mario D., Christine, Barack, Yoshihiko, Hu, Vladimir, Manmohan, George, Warren, Bill, Mark, diversi autografi in arabo e pure Joseph/Benedictus.
ventisette maggio duemiladodici
Ho partecipato stamattina a un - ennesimo - battesimo collettivo di qualcosa che serva a cambiare in meglio l'Italia.
Tutte bravissime persone, e il solito primo punto all'ordine del giorno: mai coi partiti, i partiti fanno schifo, la classe politica ha fallito, per l'Italia serve l'azione civica.
Poi si aprono i lavori per un programma di cambiamento, e l'abitudine alla concentrazione mostra già la corda.
Ma le proposte e gli slogan che attirano davvero tutti quanti sono gli - ennesimi - propositi di inibizione, punizione, dannazione della casta.
E così il sistema dei partiti vince sempre. Proprio perché occupa a tal punto la mente e il cuore dei cittadini - anche dei più volenterosi - da impedirgli di pensare davvero a come la vogliono un'Italia
cambiata in meglio, e di esprimerlo quando pure si accingono a stilare finalmente un loro programma, senza l'intermediazione dei partiti.
Col risentimento e col dispetto non si fa alcuna politica.
Per questo i partiti dormono sonni tranquilli.
Ma il loro sogno è appunto il nostro incubo.
Questo, invece, il mio sogno di stanotte...
...Ormai ci sono più post.it sul capoccione di granito dell'Highgate Cemetery che mozziconi di canna sulla tomba di Morrison al Père Lachaise, o lucchetti in pegno d'amore a Ponte Milvio!
C'è scritto, in tutte le lingue e gli alfabeti del mondo, una cosa tipo:
"VABBE' KARL, AVEVI RAGIONE SU TUTTO. SCUSACI.
MA ADESSO PER FAVORE DICCI CHE DOVEMO FA'!"
Li lasciano là col favore del buio, quando il cimitero è chiuso, per non farsi vedere da nessuno se non
dalle scorte riservatissime.
Ecco qualche firma, con grafia più o meno salda: Mario M., Angela, François, David, Josè Manuel, Mario D., Christine, Barack, Yoshihiko, Hu, Vladimir, Manmohan, George, Warren, Bill, Mark, diversi autografi in arabo e pure Joseph/Benedictus.
ventisette maggio duemiladodici
DEMOCRAZIA, TANTO PER COMINCIARE
Ma possibile che non si capisca che stiamo vivendo in uno stato di sospensione del patto democratico?
La delegittimazione degli attuali membri del Parlamento è a livelli stratosferici!
Lo dice il numero dei cittadini che non partecipano alle elezioni, lo dice il riscontro dei sondaggi sulla fiducia nel ceto politico, lo dice quello sulle preferenze elettorali se si votasse ora, lo dice la presa popolare di un movimento vaffatutto come il 5Stelle, lo dice la stessa designazione di un governo tecnico e non politico al disbrigo della stra-ordinaria amministrazione.
Ora, se è così - e lo è - io non posso accettare che venga scritta una riga legislativa in più dello stretto necessario, né da questo governo (per decreto, d'urgenza o delegato) né da questo Parlamento per via ordinaria. Né, tanto peggio, che venga scritta una sola riga di riforma strutturale! Né, assolutamente, una sillaba sola di revisione costituzionale!!!
Ma scherziamo?
Il patto democratico è al fondamento di tutto, perfino dello stesso principio di legalità: io accetto di onorare gli obblighi gravanti sulla mia vita dalla promulgazione della legge (e non è un gioco: io accetto perfino di perdere la mia libertà, inviolabile per status naturale, se un giudice stabilirà che non li abbia puntualmente onorati), se e solo se quella legge è emanazione diretta della mia autodeterminazione politica. Ossia se e solo se i cittadini da me delegati a svolgere le funzioni legislativa ed esecutiva godono della mia piena fiducia. E cioè, se e solo se la rappresentanza politica nei luoghi istituzionali si sia formata tramite una libera competizione tra idee e proposte di governo al cospetto della totalità, informata e partecipativa (come negli appuntamenti referendari, guarda caso), dei cittadini della Nazione.
Questo è il patto democratico!
Ma oggi - e già da 'ieri' - è totalmente disatteso! Non lo si vede abbastanza?
Disatteso dalle segreterie dei partiti (movimenti compresi, vedi Grillo) da cui non giungono nemmeno meri spunti sommari di alcuna grande idea politica di sistema che si confronti con nessun altro modello proposto, bensì soltanto un balbettio tatticista e autoreferenziale. Dai 'nominati' in Parlamento nel 2008 (un secolo fa, alla luce della crisi), che brancolano tra il buio e l'autosopravvivenza pura. Da Monti e il suo governo, che sono solo una pezzaccia a colore messa lì da Napolitano in un momento di quasi-fallimento contabile nazionale, a eseguire mandati di 'sistema' su cui nessuno di noi cittadini ha detto 'va bene' o 'non va bene'. Da Napolitano stesso, che entrerà tra non molto nel suo 'semestre bianco', diventando così del tutto 'politicamente irresponsabile'. Dagli uomini dell'esecutivo precedente e della maggioranza che lo sosteneva - oddio quelli - che sono letteralmente squagliati ad ogni possibilità di futuro politico, banditi dalla loro stessa base elettorale, indagati per ogni tipo di reato, e che pure coprono più di metà dei seggi in Parlamento, e in gran parte reggono questo governo e le sue proposte illegittime di riforma. E disatteso dal 'mainstream' dei media, che dà voce a tutti costoro, come se il patto democratico non fosse già stracciato, come se avessero ancora diritto di parola dopo il disastro che hanno provocato!
Ecco, io vivo in un Paese così.
Ne rispetto le leggi, anche oggi, e se non lo faccio la forza pubblica m'imprigiona, anche oggi, e un giudice mi assolve o condanna, anche oggi.
E sarebbe normale, sarebbe civile, se non fosse vero tutto quanto ho scritto.
Però è vero!
Allora?
Allora io non ho risposte o soluzioni.
Ma pretendo, e lo dichiaro pubblicamente. Pretendo che questo 'oggi' non diventi anche domani!
Non ho vissuto quasi cinquant'anni nella e per la democrazia, non hanno i miei genitori assistito al passaggio dalla dittatura fascista alla Repubblica costituzionale, non hanno questa mia terra e questo continente donato alla Storia la teoria e la pratica dello sviluppo e della tutela delle libertà, non ho percorso - e tuttora, senza sosta - con la mente l'epopea intera dell'emancipazione umana lungo i millenni - perché io tollerassi ora a lungo la mia stessa riduzione a suddito.
Io non lo tollero più!
E attenzione: c'è un sacco di gente, che noi consideriamo (infondatamente) affidabile o (addirittura) familiare, che ha tutto l'interesse (e i mezzi per perseguirlo) che noi ci sentiamo sempre troppo stanchi e/o incazzati per affrontare l'impegno metodico di capire e di agire di conseguenza.
Ma se ci pensiamo bene, la nostra stanchezza e/o incazzatura dipendono in primo luogo da un'organizzazione della vita sociale concepita e realizzata ad arte, da quella stessa gente o dai compari della medesima, proprio a tale scopo; e residualmente (ma non è che conti poco), dalla sensazione di inappagatezza derivante dal vederci immersi (senza apparenti via d'uscita) in quello stesso girone di cui la gente di cui sopra (falsamente familiare e affidabile, in realtà estraneissima a noi per origini e destino)detiene l'esclusiva della narrazione e dell'azione.
Però noi - in realtà, se solo azioniamo l'interruttore giusto - non siamo né così stanchi né tanto incazzati da non voler capire e far capire, e agire e far agire, in osservanza dei più profondi interessi nostri e di chi e
cosa ci sta a cuore.
Non è vero?
E allora, forza: clic!
Perché il grande male può esser anche architettato da intelligenze fine, e implementato poi da burocrati molto ordinati. Ma c'è sempre un ultimo livello della sua realizzazione in cui entrano in scena i sadici, quelli che devono sporcarsi le mani di persona. E questi sono gli idioti.
Uno che affonda il coltello nella carne o fa saltare un cervello o sistema un esplosivo e assiste allo squartamento dei corpi, è palese che abbia il sistema nervoso e le funzioni superiori comparabili a quelli della merda fossile.
Questo è l'anello debole del male, per quanto raffinato in progettazione e solido in organizzazione: i suoi manovali ultimi sono deficienti.
Ma allora, perché il bene non vince a mani basse?
Perché il suo anello debole è la nostra indifferenza.
Pensiamo, muoviamoci, non deleghiamo, abbiamo cura.
DAJE!
venticinque maggio duemiladodici
Ma possibile che non si capisca che stiamo vivendo in uno stato di sospensione del patto democratico?
La delegittimazione degli attuali membri del Parlamento è a livelli stratosferici!
Lo dice il numero dei cittadini che non partecipano alle elezioni, lo dice il riscontro dei sondaggi sulla fiducia nel ceto politico, lo dice quello sulle preferenze elettorali se si votasse ora, lo dice la presa popolare di un movimento vaffatutto come il 5Stelle, lo dice la stessa designazione di un governo tecnico e non politico al disbrigo della stra-ordinaria amministrazione.
Ora, se è così - e lo è - io non posso accettare che venga scritta una riga legislativa in più dello stretto necessario, né da questo governo (per decreto, d'urgenza o delegato) né da questo Parlamento per via ordinaria. Né, tanto peggio, che venga scritta una sola riga di riforma strutturale! Né, assolutamente, una sillaba sola di revisione costituzionale!!!
Ma scherziamo?
Il patto democratico è al fondamento di tutto, perfino dello stesso principio di legalità: io accetto di onorare gli obblighi gravanti sulla mia vita dalla promulgazione della legge (e non è un gioco: io accetto perfino di perdere la mia libertà, inviolabile per status naturale, se un giudice stabilirà che non li abbia puntualmente onorati), se e solo se quella legge è emanazione diretta della mia autodeterminazione politica. Ossia se e solo se i cittadini da me delegati a svolgere le funzioni legislativa ed esecutiva godono della mia piena fiducia. E cioè, se e solo se la rappresentanza politica nei luoghi istituzionali si sia formata tramite una libera competizione tra idee e proposte di governo al cospetto della totalità, informata e partecipativa (come negli appuntamenti referendari, guarda caso), dei cittadini della Nazione.
Questo è il patto democratico!
Ma oggi - e già da 'ieri' - è totalmente disatteso! Non lo si vede abbastanza?
Disatteso dalle segreterie dei partiti (movimenti compresi, vedi Grillo) da cui non giungono nemmeno meri spunti sommari di alcuna grande idea politica di sistema che si confronti con nessun altro modello proposto, bensì soltanto un balbettio tatticista e autoreferenziale. Dai 'nominati' in Parlamento nel 2008 (un secolo fa, alla luce della crisi), che brancolano tra il buio e l'autosopravvivenza pura. Da Monti e il suo governo, che sono solo una pezzaccia a colore messa lì da Napolitano in un momento di quasi-fallimento contabile nazionale, a eseguire mandati di 'sistema' su cui nessuno di noi cittadini ha detto 'va bene' o 'non va bene'. Da Napolitano stesso, che entrerà tra non molto nel suo 'semestre bianco', diventando così del tutto 'politicamente irresponsabile'. Dagli uomini dell'esecutivo precedente e della maggioranza che lo sosteneva - oddio quelli - che sono letteralmente squagliati ad ogni possibilità di futuro politico, banditi dalla loro stessa base elettorale, indagati per ogni tipo di reato, e che pure coprono più di metà dei seggi in Parlamento, e in gran parte reggono questo governo e le sue proposte illegittime di riforma. E disatteso dal 'mainstream' dei media, che dà voce a tutti costoro, come se il patto democratico non fosse già stracciato, come se avessero ancora diritto di parola dopo il disastro che hanno provocato!
Ecco, io vivo in un Paese così.
Ne rispetto le leggi, anche oggi, e se non lo faccio la forza pubblica m'imprigiona, anche oggi, e un giudice mi assolve o condanna, anche oggi.
E sarebbe normale, sarebbe civile, se non fosse vero tutto quanto ho scritto.
Però è vero!
Allora?
Allora io non ho risposte o soluzioni.
Ma pretendo, e lo dichiaro pubblicamente. Pretendo che questo 'oggi' non diventi anche domani!
Non ho vissuto quasi cinquant'anni nella e per la democrazia, non hanno i miei genitori assistito al passaggio dalla dittatura fascista alla Repubblica costituzionale, non hanno questa mia terra e questo continente donato alla Storia la teoria e la pratica dello sviluppo e della tutela delle libertà, non ho percorso - e tuttora, senza sosta - con la mente l'epopea intera dell'emancipazione umana lungo i millenni - perché io tollerassi ora a lungo la mia stessa riduzione a suddito.
Io non lo tollero più!
E attenzione: c'è un sacco di gente, che noi consideriamo (infondatamente) affidabile o (addirittura) familiare, che ha tutto l'interesse (e i mezzi per perseguirlo) che noi ci sentiamo sempre troppo stanchi e/o incazzati per affrontare l'impegno metodico di capire e di agire di conseguenza.
Ma se ci pensiamo bene, la nostra stanchezza e/o incazzatura dipendono in primo luogo da un'organizzazione della vita sociale concepita e realizzata ad arte, da quella stessa gente o dai compari della medesima, proprio a tale scopo; e residualmente (ma non è che conti poco), dalla sensazione di inappagatezza derivante dal vederci immersi (senza apparenti via d'uscita) in quello stesso girone di cui la gente di cui sopra (falsamente familiare e affidabile, in realtà estraneissima a noi per origini e destino)detiene l'esclusiva della narrazione e dell'azione.
Però noi - in realtà, se solo azioniamo l'interruttore giusto - non siamo né così stanchi né tanto incazzati da non voler capire e far capire, e agire e far agire, in osservanza dei più profondi interessi nostri e di chi e
cosa ci sta a cuore.
Non è vero?
E allora, forza: clic!
Perché il grande male può esser anche architettato da intelligenze fine, e implementato poi da burocrati molto ordinati. Ma c'è sempre un ultimo livello della sua realizzazione in cui entrano in scena i sadici, quelli che devono sporcarsi le mani di persona. E questi sono gli idioti.
Uno che affonda il coltello nella carne o fa saltare un cervello o sistema un esplosivo e assiste allo squartamento dei corpi, è palese che abbia il sistema nervoso e le funzioni superiori comparabili a quelli della merda fossile.
Questo è l'anello debole del male, per quanto raffinato in progettazione e solido in organizzazione: i suoi manovali ultimi sono deficienti.
Ma allora, perché il bene non vince a mani basse?
Perché il suo anello debole è la nostra indifferenza.
Pensiamo, muoviamoci, non deleghiamo, abbiamo cura.
DAJE!
venticinque maggio duemiladodici
NOI E LORO
- Ma sei sicuro?
- Sicuro. Harvard e Cambridge eccetera sono solo specchietti: i figli dell'élite vera imparano per pura via subliminale, in segreto e fin da piccoli. Ma da un pezzo!
- E che gli farebbero studiare?
- Due materie sole: storia della lotta di classe e teoria dei giochi e delle decisioni. Il resto lo compreranno, o lo otterranno comunque con le buone o le cattive.
- E i figli nostri, cosa imparano?
- A servirli, direttamente o indirettamente. e quelli meno disciplinabili, via: espulsi dal sistema!
- Bella roba.
- Versione nuova, ma storia vecchia: ti ricordi quando a saper leggere e scrivere erano uno
su mille? E i matti e le streghe finivano come torce?
- Sì, poi però la scuola e l'educazione e la cultura e le professioni...
- E certo, sennò i quadri intermedi come li riempivano? La società si è complicata... Ma chi decide
davvero deve sempre sapere qualcosa che nessun altro conosce. e saperlo da subito, con la stessa naturalezza con cui noi impariamo le tabelline, o le preghiere.
- E quindi?
- E quindi ci hanno lasciato le bilblioteche e le università, che per loro sono più o meno la sala hobby... Tanto la catena di comando passa tutta da un'altra parte, dalla bocca giusta all'orecchio giusto...
- E il subliminale?
- Quello è il tocco moderno! Per risparmiare tempo. e perché se devi decidere sul mondo intero, la lotta di
classe e la teoria dei giochi non è che le puoi conoscere come noialtri a mozzichi e bocconi.
- Dàlli coi computer allora...
- Regolare! Ma elaboratori grandi come caserme: quelli gli servono per calcolare tutti gli scenari possibili in tempo reale.
- E noi?
- E noi siamo in quegli scenari. Un puntolino.
- Compreso questo dialoghetto?
- Compreso.
- Ma sei sicuro?
- Sì.
Postilla al dialoghetto.
Io non credo che 'loro' siano una Spectre, tanto meno una cordata stabile e coesa. Ma credo che ci sia, oltre all'incessante e secolare (e sempre riattualizzata coi mezzi e nelle forme reali a disposizione o elaborabili di fatto) lotta di classe, una continua lotta per il potere all'interno della classe dominante,
cosicché è vero che nessuno ha il punto di vista dell'universale, del grande burattinaio, se non nel breve periodo in cui il suo 'club' domina a sua volta nella classe dominante e determina le forme specifiche e i mezzi della lotta della stessa contro e sopra la/le classe/i dominata/e.
Credo che i componenti di tutti questi club concordino abbastanza facilmente una pax globale, nelle epoche di espansione economicofinanziaria, concedendo perfino qualcosa di non poca importanza ai
dominati nella divisione mondiale del lavoro, degli obblighi, dei profitti e dei diritti. Ma che nelle epoche di recessione - che la classe dominante ha per autoconservazione l'incombenza di saper prevedere con largo anticipo, coi rischi eventuali della profezia che si autoavvera - gli accordi tra i club saltino, ed allora è guerra. Guerreggiata, come nei grandi conflitti globali della Storia moderna o in quelli regionali, molto più frequenti di quanto ci sembri, o guerra contro l'ambiente, contro la solidarietà, contro i saperi, contro il
futuro.
Quindi l'élite non mostra insipienza - o meglio, non l'insipienza contraddittoria con l'asserito suo strapotere secondo questo modello -, bensì lo stato critico attuale è un'altra conseguenza dell'intrinseca instabilità del sistema altamente competitivo, assai poco cooperativo e in sostanza 'predatorio' del capitalismo secolare: l'anarchia del potere di cui parlavano Gramsci e Pasolini.
Ma che le élite si 'passino' da una generazione all'altra tutte informazioni, le metodiche e la 'sapienzialità' necessarie ad autoconservarsi, a vincere la lotta di classe e a far durare più possibile la pax globale tra i club che le compongono (mobilmente, non istituzionalmente), io lo credo fermamente.
Certo, il quadro generale è quello tipico della contemporaneità: la smaterializzazione e la nebulizzazione di praticamente tutto - decisionalità, creatività, socialità... Ma, pure, le miriadi di puntolini (o onde addirittura) della pura fluidità caotica, sono tutt'altro che affatto imprevedibili, ben seguendo alcune complicate equazioni di natura statistica nel loro comportamento.
Ecco, il potere vero - io credo - è appunto in mano a chi, contemporaneamente: conosce quelle equazioni, conosce bastevolmente le costanti e le variabili da inserirvi, ha i mezzi tecnologici per estrarne dei risultati in tempo utile, e ha i mezzi politicoeconomici per 'forzare' alcun variabili all'ottenimento di alcuni risultati e non altri.
Ma che questa dinamica sia tutta ancora dentro alla lotta di classe, benché straordinariamente non-classica, mi sembra provato in re ipsa! E altrettanto, che l'anarchia romantica dei neo-bombaroli eventuali, sia ben poca cosa rispetto all'anarchia tra i club di una classe dominante nel periodo di vacche magre, la quale può provocare cosette come l'11 Settembre o come l'innalzamento di 1°C nella temperatura media del pianeta!
Il problema è, questo sì, 'che fare ora?': giacché in effetti le teorizzazioni classiche seppure danno una salda cornice epistemologica - e meno male che non ce le siamo scordate del tutto -, sulla strategia e tanto più la tattica non sono poi molto spendibili.
E al problema va data risposta rapidamente, perché il capitalismo è fritto.
Non solo quello turbofinanziario: proprio quello basico, che si regge sull'ipertrofia dello stimolo 'vendo' e della reazione 'compro' e ancor più sulla preliminare analisi di 'come ti farò venir voglia di comprare qualunque cosa avrò modo di produrre'.
L'ultima prova provata ci riguarda (quasi) tutti: è Facebook.
Meglio: è il confronto/scontro tra il successo planetario del re dei social network e la sua azzoppatissima partenza in borsa.
Mi spiego.
Facebook è il prodotto. Il prodotto perfetto di questi tempi post-tutto, tanto perfetto che ha un miliardo di utenti in tutto il mondo, più di ogni altro prodotto o servizio specifico e griffato.
Il sogno del capitalismo: inventatevi qualcosa che tutti vogliano possedere!
E qualcuno c'è riuscito, infatti. E' Facebook ...Finché possederlo è gratis, però.
Ma qui casca l'asino, e si frigge il sistema.
Perché se nemmeno più la prospettiva di possedere un pezzetto del prodotto-servizio perfetto della contemporaneità, ti smuove a cacciare 40 dollari per comprarne una singola azione, e questo per il semplice motivo che il sistema stavolta non riesce a sedurti in alcun modo, a convincerti che giocare
gratis con Facebook è fico, ma più fico ancora sarebbe avere in tasca la possibilità di guadagnarci sopra, allora la macchina si deve fermare per forza: la benzina che la spingeva è finita.
Perché la benzina era che la gente perlopiù preferiva piuttosto avere che non essere.
Ma l'esperimento 'Facebook a Wall Street dice - al momento - che noi tutti siamo ben contenti di essere
(anche) un profilo gratuito che gioca in quellà società virtuale, ma che non scommettiamo un centesimo reale sull'opportunità di avere (anche) un mattoncino tutto nostro di quel bel castello.
E' un po' come se, cento e passa anni fa, la gente pur affascinata dalla grande invenzione dei fratelli Lumière si fosse rallegrata di vedere il telo e le sue immagini 'stregate' anche solo da fuori, dalla strada, prima del botteghino, e non avesse sentito la molla a pagare il biglietto per entrare al cinema a godersi il film 'in piena proprietà di spazio e tempo'. Il Novecento sarebbe tutto da riscrivere, no?
E' la caduta tendenziale del saggio di qualcosa, forse del profitto o forse della capacità mitopoietica del sistema della produzione per il consumo da parte di molti e per l'accumulazione da parte di pochi. Non lo so.
Ma che sia caduto e si sia rotto qualcosa, è certo.
Attenzione ai cocci.
ventiquattro maggio duemiladodici
- Ma sei sicuro?
- Sicuro. Harvard e Cambridge eccetera sono solo specchietti: i figli dell'élite vera imparano per pura via subliminale, in segreto e fin da piccoli. Ma da un pezzo!
- E che gli farebbero studiare?
- Due materie sole: storia della lotta di classe e teoria dei giochi e delle decisioni. Il resto lo compreranno, o lo otterranno comunque con le buone o le cattive.
- E i figli nostri, cosa imparano?
- A servirli, direttamente o indirettamente. e quelli meno disciplinabili, via: espulsi dal sistema!
- Bella roba.
- Versione nuova, ma storia vecchia: ti ricordi quando a saper leggere e scrivere erano uno
su mille? E i matti e le streghe finivano come torce?
- Sì, poi però la scuola e l'educazione e la cultura e le professioni...
- E certo, sennò i quadri intermedi come li riempivano? La società si è complicata... Ma chi decide
davvero deve sempre sapere qualcosa che nessun altro conosce. e saperlo da subito, con la stessa naturalezza con cui noi impariamo le tabelline, o le preghiere.
- E quindi?
- E quindi ci hanno lasciato le bilblioteche e le università, che per loro sono più o meno la sala hobby... Tanto la catena di comando passa tutta da un'altra parte, dalla bocca giusta all'orecchio giusto...
- E il subliminale?
- Quello è il tocco moderno! Per risparmiare tempo. e perché se devi decidere sul mondo intero, la lotta di
classe e la teoria dei giochi non è che le puoi conoscere come noialtri a mozzichi e bocconi.
- Dàlli coi computer allora...
- Regolare! Ma elaboratori grandi come caserme: quelli gli servono per calcolare tutti gli scenari possibili in tempo reale.
- E noi?
- E noi siamo in quegli scenari. Un puntolino.
- Compreso questo dialoghetto?
- Compreso.
- Ma sei sicuro?
- Sì.
Postilla al dialoghetto.
Io non credo che 'loro' siano una Spectre, tanto meno una cordata stabile e coesa. Ma credo che ci sia, oltre all'incessante e secolare (e sempre riattualizzata coi mezzi e nelle forme reali a disposizione o elaborabili di fatto) lotta di classe, una continua lotta per il potere all'interno della classe dominante,
cosicché è vero che nessuno ha il punto di vista dell'universale, del grande burattinaio, se non nel breve periodo in cui il suo 'club' domina a sua volta nella classe dominante e determina le forme specifiche e i mezzi della lotta della stessa contro e sopra la/le classe/i dominata/e.
Credo che i componenti di tutti questi club concordino abbastanza facilmente una pax globale, nelle epoche di espansione economicofinanziaria, concedendo perfino qualcosa di non poca importanza ai
dominati nella divisione mondiale del lavoro, degli obblighi, dei profitti e dei diritti. Ma che nelle epoche di recessione - che la classe dominante ha per autoconservazione l'incombenza di saper prevedere con largo anticipo, coi rischi eventuali della profezia che si autoavvera - gli accordi tra i club saltino, ed allora è guerra. Guerreggiata, come nei grandi conflitti globali della Storia moderna o in quelli regionali, molto più frequenti di quanto ci sembri, o guerra contro l'ambiente, contro la solidarietà, contro i saperi, contro il
futuro.
Quindi l'élite non mostra insipienza - o meglio, non l'insipienza contraddittoria con l'asserito suo strapotere secondo questo modello -, bensì lo stato critico attuale è un'altra conseguenza dell'intrinseca instabilità del sistema altamente competitivo, assai poco cooperativo e in sostanza 'predatorio' del capitalismo secolare: l'anarchia del potere di cui parlavano Gramsci e Pasolini.
Ma che le élite si 'passino' da una generazione all'altra tutte informazioni, le metodiche e la 'sapienzialità' necessarie ad autoconservarsi, a vincere la lotta di classe e a far durare più possibile la pax globale tra i club che le compongono (mobilmente, non istituzionalmente), io lo credo fermamente.
Certo, il quadro generale è quello tipico della contemporaneità: la smaterializzazione e la nebulizzazione di praticamente tutto - decisionalità, creatività, socialità... Ma, pure, le miriadi di puntolini (o onde addirittura) della pura fluidità caotica, sono tutt'altro che affatto imprevedibili, ben seguendo alcune complicate equazioni di natura statistica nel loro comportamento.
Ecco, il potere vero - io credo - è appunto in mano a chi, contemporaneamente: conosce quelle equazioni, conosce bastevolmente le costanti e le variabili da inserirvi, ha i mezzi tecnologici per estrarne dei risultati in tempo utile, e ha i mezzi politicoeconomici per 'forzare' alcun variabili all'ottenimento di alcuni risultati e non altri.
Ma che questa dinamica sia tutta ancora dentro alla lotta di classe, benché straordinariamente non-classica, mi sembra provato in re ipsa! E altrettanto, che l'anarchia romantica dei neo-bombaroli eventuali, sia ben poca cosa rispetto all'anarchia tra i club di una classe dominante nel periodo di vacche magre, la quale può provocare cosette come l'11 Settembre o come l'innalzamento di 1°C nella temperatura media del pianeta!
Il problema è, questo sì, 'che fare ora?': giacché in effetti le teorizzazioni classiche seppure danno una salda cornice epistemologica - e meno male che non ce le siamo scordate del tutto -, sulla strategia e tanto più la tattica non sono poi molto spendibili.
E al problema va data risposta rapidamente, perché il capitalismo è fritto.
Non solo quello turbofinanziario: proprio quello basico, che si regge sull'ipertrofia dello stimolo 'vendo' e della reazione 'compro' e ancor più sulla preliminare analisi di 'come ti farò venir voglia di comprare qualunque cosa avrò modo di produrre'.
L'ultima prova provata ci riguarda (quasi) tutti: è Facebook.
Meglio: è il confronto/scontro tra il successo planetario del re dei social network e la sua azzoppatissima partenza in borsa.
Mi spiego.
Facebook è il prodotto. Il prodotto perfetto di questi tempi post-tutto, tanto perfetto che ha un miliardo di utenti in tutto il mondo, più di ogni altro prodotto o servizio specifico e griffato.
Il sogno del capitalismo: inventatevi qualcosa che tutti vogliano possedere!
E qualcuno c'è riuscito, infatti. E' Facebook ...Finché possederlo è gratis, però.
Ma qui casca l'asino, e si frigge il sistema.
Perché se nemmeno più la prospettiva di possedere un pezzetto del prodotto-servizio perfetto della contemporaneità, ti smuove a cacciare 40 dollari per comprarne una singola azione, e questo per il semplice motivo che il sistema stavolta non riesce a sedurti in alcun modo, a convincerti che giocare
gratis con Facebook è fico, ma più fico ancora sarebbe avere in tasca la possibilità di guadagnarci sopra, allora la macchina si deve fermare per forza: la benzina che la spingeva è finita.
Perché la benzina era che la gente perlopiù preferiva piuttosto avere che non essere.
Ma l'esperimento 'Facebook a Wall Street dice - al momento - che noi tutti siamo ben contenti di essere
(anche) un profilo gratuito che gioca in quellà società virtuale, ma che non scommettiamo un centesimo reale sull'opportunità di avere (anche) un mattoncino tutto nostro di quel bel castello.
E' un po' come se, cento e passa anni fa, la gente pur affascinata dalla grande invenzione dei fratelli Lumière si fosse rallegrata di vedere il telo e le sue immagini 'stregate' anche solo da fuori, dalla strada, prima del botteghino, e non avesse sentito la molla a pagare il biglietto per entrare al cinema a godersi il film 'in piena proprietà di spazio e tempo'. Il Novecento sarebbe tutto da riscrivere, no?
E' la caduta tendenziale del saggio di qualcosa, forse del profitto o forse della capacità mitopoietica del sistema della produzione per il consumo da parte di molti e per l'accumulazione da parte di pochi. Non lo so.
Ma che sia caduto e si sia rotto qualcosa, è certo.
Attenzione ai cocci.
ventiquattro maggio duemiladodici
GRILLO
Parma, il voto al tempo di Twitter.
Dal populismo di centrodestra, durato 15 anni, al populismo e basta: si risparmiano 15 caratteri.
Grillo è un personaggio, un'icona. Come personaggi e icone sono i/le rappresentanti delle forze politiche che fanno il bello e il brutto tempo da vent'anni a questa parte in Italia. Poi magari dietro avrà pure qualche buona testa per amministrare, e si vedrà.
Ma il grossissimo di tutto il voto gli arriva soltanto per essere lui l'icona nuova a fronte delle vecchie, non per altre considerazioni se non per questa logica sublimemente superficiale, inoculata al Paese con destrezza dai tempi di Drive-In in avanti.
E questo è propriamente populismo.
Se non se ne esce, l'Italia dopo Bossi e Berlusconi (e le figurine di Veltroni e D'Alema e Bersani e Renzi, e le figurine di Fini e Casini, e le figurine di Montezemolo e Monti, e quelle di Prodi e Bertinotti, e di Di Pietro e Orlando, e perfino la figurina di Vendola - pensa cosa dico!), non cambierà di molto.
Si voti Vendola per quello che vuole fare nel 'gioco grande', proprozionalmente al ruolo dell'Italia in esso, e non perché è fico - fico lui, e fico votarlo!
Ma cosa vuol fare Grillo in tal senso, per quel pochissimo di razionale che concede di sapere (e che i suoi votanti in larghissima parte non si curano di conoscere), a me non piace affatto.
No. Quello che manca - meglio: quello che anche in questo voto sembra che gli italiani snobbino dall'usare come metro di valutazione dell'offerta politica, o come spinta autoorganizzativa se l'offerta fosse scadente - è un pensiero lungo e ampio, è l'elaborazione di una strategia conseguente: un pensiero che non sia sempre e solo tifo.
Siamo ancora tutti minorenni plaudenti o maledicenti davanti a uno schermo.
Ci hanno resi così, così che comprassimo qualsiasi cosa senza stare tanto a chiederci perché e percome, e abbiamo comprato di tutto - dalla LegaNord alla macchina che sforna la matriciana fatta.
E ora che gli scaffali sono vuoti, compreremmo anche l'aria come una coazione a ripetere - e Grillo è poco più che l'aria con cui strilla.
Il lavoro - invece - è quello di renderci prima possibile maggiorenni.
Chi lo svolge sul serio ha tutta la mia misera capacità a sua disposizione.
Comunque, che l'intero ceto (banditesco) politico della Lega sia stato licenziato in tronco dagli elettori, e che quasi altrettanto capiti a quello appena più presentabile (come il colletto bianco lo è rispetto alla lupara) del PdL, be'... questa è la piccola gran figata del doppio turno amministrativo!
Solo che non fai in tempo a rallegrartene che leggi cose così: 'la democrazia ha battuto il capitalismo!', ha dichiarato Beppe Grillo. E un secondo dopo sono saltati via dagli scaffali di tutte le librerie e le biblioteche nazionali il Manifesto, il Capitale, l'Ideologia tedesca, Stato e rivoluzione, Che fare?, i Quaderni dal carcere...
Ora, d'accordo che 'una risata vi seppellirà'...
...ma non credo che volessero dire proprio 'sghignazzerete per simili stronzate', no?
Alla fine: è intelligente, è ironico, sa essere perfido, è padronissimo della comunicazione mediatica, è barbuto, riccioluto, sovrappeso, è il nuovo che avanza... Ma è Giuliano Ferrara?
ventidue maggio duemiladodici
Parma, il voto al tempo di Twitter.
Dal populismo di centrodestra, durato 15 anni, al populismo e basta: si risparmiano 15 caratteri.
Grillo è un personaggio, un'icona. Come personaggi e icone sono i/le rappresentanti delle forze politiche che fanno il bello e il brutto tempo da vent'anni a questa parte in Italia. Poi magari dietro avrà pure qualche buona testa per amministrare, e si vedrà.
Ma il grossissimo di tutto il voto gli arriva soltanto per essere lui l'icona nuova a fronte delle vecchie, non per altre considerazioni se non per questa logica sublimemente superficiale, inoculata al Paese con destrezza dai tempi di Drive-In in avanti.
E questo è propriamente populismo.
Se non se ne esce, l'Italia dopo Bossi e Berlusconi (e le figurine di Veltroni e D'Alema e Bersani e Renzi, e le figurine di Fini e Casini, e le figurine di Montezemolo e Monti, e quelle di Prodi e Bertinotti, e di Di Pietro e Orlando, e perfino la figurina di Vendola - pensa cosa dico!), non cambierà di molto.
Si voti Vendola per quello che vuole fare nel 'gioco grande', proprozionalmente al ruolo dell'Italia in esso, e non perché è fico - fico lui, e fico votarlo!
Ma cosa vuol fare Grillo in tal senso, per quel pochissimo di razionale che concede di sapere (e che i suoi votanti in larghissima parte non si curano di conoscere), a me non piace affatto.
No. Quello che manca - meglio: quello che anche in questo voto sembra che gli italiani snobbino dall'usare come metro di valutazione dell'offerta politica, o come spinta autoorganizzativa se l'offerta fosse scadente - è un pensiero lungo e ampio, è l'elaborazione di una strategia conseguente: un pensiero che non sia sempre e solo tifo.
Siamo ancora tutti minorenni plaudenti o maledicenti davanti a uno schermo.
Ci hanno resi così, così che comprassimo qualsiasi cosa senza stare tanto a chiederci perché e percome, e abbiamo comprato di tutto - dalla LegaNord alla macchina che sforna la matriciana fatta.
E ora che gli scaffali sono vuoti, compreremmo anche l'aria come una coazione a ripetere - e Grillo è poco più che l'aria con cui strilla.
Il lavoro - invece - è quello di renderci prima possibile maggiorenni.
Chi lo svolge sul serio ha tutta la mia misera capacità a sua disposizione.
Comunque, che l'intero ceto (banditesco) politico della Lega sia stato licenziato in tronco dagli elettori, e che quasi altrettanto capiti a quello appena più presentabile (come il colletto bianco lo è rispetto alla lupara) del PdL, be'... questa è la piccola gran figata del doppio turno amministrativo!
Solo che non fai in tempo a rallegrartene che leggi cose così: 'la democrazia ha battuto il capitalismo!', ha dichiarato Beppe Grillo. E un secondo dopo sono saltati via dagli scaffali di tutte le librerie e le biblioteche nazionali il Manifesto, il Capitale, l'Ideologia tedesca, Stato e rivoluzione, Che fare?, i Quaderni dal carcere...
Ora, d'accordo che 'una risata vi seppellirà'...
...ma non credo che volessero dire proprio 'sghignazzerete per simili stronzate', no?
Alla fine: è intelligente, è ironico, sa essere perfido, è padronissimo della comunicazione mediatica, è barbuto, riccioluto, sovrappeso, è il nuovo che avanza... Ma è Giuliano Ferrara?
ventidue maggio duemiladodici
BRINDISI
La mafia locale non c'entra niente.
E nemmeno il terrorismo insurrezionalista.
La mafia locale non c'entra niente perché l'obiettivo folle di ogni mafia locale è quello di accreditarsi come migliore interprete degli interessi del territorio e della popolazione (mentendo, perché in realtà sfrutta l'una e l'altro), a paragone dello Stato nazionale di diritto. Ma nessuna popolazione e nessun territorio nutrirebbero più, fosse anche per un solo giorno ancora, la malapianta della mafia che uccide i loro figli.
Il terrorismo insurrezionalista (la pista anarchica, per capirci, che passa per la gambizzazione di Genova e che troppa stampa mescola già alla rivolta No-TAV o alle violenze anti-Equitalia - di cause e matrici, invece, tutte diverse) pure non c'entra, perché il suo obiettivo è quello di porsi ad avanguardia di una 'rivoluzione'. Ma nessun popolo, benché oppresso, seguirebbe l'attacco al potere sferrato da chi - di nuovo - uccide i suoi figli.
E' stragismo.
Somiglia più allo stragismo: piazza Fontana, Italicus, piazza della Loggia, Bologna.
E se ha fatto meno morti di allora, è solo per il caso nell'azione del vigliacco sicario.
Sarebbe stata una scena siriana, altrimenti.
Ma a chi serve lo stragismo? Intanto serve a coloro che vogliono una svolta autoritaria e antimoderna nella storia dei popoli, sempre. E quanti, tra i miei contatti su facebook, ci sono cascati sull'onda del dolore e della rabbia! 'Pena di morte', ho letto su tante bacheche - ed esattamente la reazione voluta dai registi di questa infamia.
E poi, lo stragismo così mostruoso - il terrore, non il terrorismo - a chi serve?
Serve a chi determina il destino di interessi così mostruosamente rilevanti che non solo la 'rivoluzione', ma neanche la mafia sarebbe in grado di contabilizzare.
Quello di stamattina a brindisi, è un attentato 'di sistema'.
Camuffato da attentato di mafia con la serie più ridondante possibile di indizi, e comunque non impossibile da collegare - all'occorrenza dello sviamento della pubblica opinione - alle tensioni sociali antisistema dovute alla crisi del modello di sviluppo.
Menti raffinatissime all'opera, signori.
E' un attentato di sistema che dice 'non vi azzardate a cambiare strada, non provate a mettere in discussione i fondamentali: noi possiamo colpirvi dove e quando vogliamo, dove fa più male, senza lasciare traccia o confondendole'.
Si prepara una brutta stagione, compagni e amici miei: una specie di resa dei conti.
Ma oggi a un conto orribile di sangue, le cittadine e i cittadini italiani - lavoratori, studenti, gente comune, intellettuali, ragazzini, anziani - hanno risposto contandosi nelle piazze della risposta decisissima eppure non-violenta: mettendoci la faccia e la voce, seppure tante voci abbiano detto parole figlie della confusione indotta nell'analisi - ma voce.
E secondo me, tutte queste voci uscite dai portoni e scese a unirsi dove il mondo potesse ben udirle hanno persuaso Mario Monti a dire - tra gli uomini del potere politico mondiale raccolti oggi a Camp David - qualcosa di meno antisociale di ciò che i mandanti dell'infamia volevano ottenere.
Questa è la trincea, oggi, per colpa loro: non ancora la giustizia dell'umanesimo socialista - rimandata di nuovo ad altra data - ma intanto il diritto democratico e costituzionale. Però certo, irrinunciabile.
E vi ci voglio vedere, amici, d'ora in avanti finché serve: con la stessa pazienza di cui siamo capaci noi compagni.
Ma senza più alibi per nessuno!
diciannove maggio duemiladodici
La mafia locale non c'entra niente.
E nemmeno il terrorismo insurrezionalista.
La mafia locale non c'entra niente perché l'obiettivo folle di ogni mafia locale è quello di accreditarsi come migliore interprete degli interessi del territorio e della popolazione (mentendo, perché in realtà sfrutta l'una e l'altro), a paragone dello Stato nazionale di diritto. Ma nessuna popolazione e nessun territorio nutrirebbero più, fosse anche per un solo giorno ancora, la malapianta della mafia che uccide i loro figli.
Il terrorismo insurrezionalista (la pista anarchica, per capirci, che passa per la gambizzazione di Genova e che troppa stampa mescola già alla rivolta No-TAV o alle violenze anti-Equitalia - di cause e matrici, invece, tutte diverse) pure non c'entra, perché il suo obiettivo è quello di porsi ad avanguardia di una 'rivoluzione'. Ma nessun popolo, benché oppresso, seguirebbe l'attacco al potere sferrato da chi - di nuovo - uccide i suoi figli.
E' stragismo.
Somiglia più allo stragismo: piazza Fontana, Italicus, piazza della Loggia, Bologna.
E se ha fatto meno morti di allora, è solo per il caso nell'azione del vigliacco sicario.
Sarebbe stata una scena siriana, altrimenti.
Ma a chi serve lo stragismo? Intanto serve a coloro che vogliono una svolta autoritaria e antimoderna nella storia dei popoli, sempre. E quanti, tra i miei contatti su facebook, ci sono cascati sull'onda del dolore e della rabbia! 'Pena di morte', ho letto su tante bacheche - ed esattamente la reazione voluta dai registi di questa infamia.
E poi, lo stragismo così mostruoso - il terrore, non il terrorismo - a chi serve?
Serve a chi determina il destino di interessi così mostruosamente rilevanti che non solo la 'rivoluzione', ma neanche la mafia sarebbe in grado di contabilizzare.
Quello di stamattina a brindisi, è un attentato 'di sistema'.
Camuffato da attentato di mafia con la serie più ridondante possibile di indizi, e comunque non impossibile da collegare - all'occorrenza dello sviamento della pubblica opinione - alle tensioni sociali antisistema dovute alla crisi del modello di sviluppo.
Menti raffinatissime all'opera, signori.
E' un attentato di sistema che dice 'non vi azzardate a cambiare strada, non provate a mettere in discussione i fondamentali: noi possiamo colpirvi dove e quando vogliamo, dove fa più male, senza lasciare traccia o confondendole'.
Si prepara una brutta stagione, compagni e amici miei: una specie di resa dei conti.
Ma oggi a un conto orribile di sangue, le cittadine e i cittadini italiani - lavoratori, studenti, gente comune, intellettuali, ragazzini, anziani - hanno risposto contandosi nelle piazze della risposta decisissima eppure non-violenta: mettendoci la faccia e la voce, seppure tante voci abbiano detto parole figlie della confusione indotta nell'analisi - ma voce.
E secondo me, tutte queste voci uscite dai portoni e scese a unirsi dove il mondo potesse ben udirle hanno persuaso Mario Monti a dire - tra gli uomini del potere politico mondiale raccolti oggi a Camp David - qualcosa di meno antisociale di ciò che i mandanti dell'infamia volevano ottenere.
Questa è la trincea, oggi, per colpa loro: non ancora la giustizia dell'umanesimo socialista - rimandata di nuovo ad altra data - ma intanto il diritto democratico e costituzionale. Però certo, irrinunciabile.
E vi ci voglio vedere, amici, d'ora in avanti finché serve: con la stessa pazienza di cui siamo capaci noi compagni.
Ma senza più alibi per nessuno!
diciannove maggio duemiladodici
L'ANGELO
E' ufficiale: tra meno di un mese i greci tornano a votare.
E' una brutta notizia? E perché?
La sinistra ('sinistra', non 'centrosinistra') è accreditata dai sondaggi di essere già il primo partito. Da domani al voto, il governo provvisorio sarà guidato da un giudice - capo della Corte Suprema - che è una donna. Lo spread è già schizzato in cielo, che dimostra che gli speculatori sono di cattivo umore.
E allora io ho ben tre motivi per essere di buono.
Anzi, quattro: la democrazia non è riducibile alle strategie delle élite, buone o cattive che siano, e la gente di Grecia non si è convinta a sufficienza di una tesi - o dell'altra -, allora ha diritto a spiegarsi ancora, a parlare ancora.
La democrazia - neanche quella, se la prendi sul serio - non è un pranzo di gala.
'C'è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un'unica catastrof...e, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l'angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera.'
Walter Benjamin
'Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso. Era come… due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici. E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo.'
Giorgio Gaber e Sandro Luporini
diciassette maggio duemiladodici
E' ufficiale: tra meno di un mese i greci tornano a votare.
E' una brutta notizia? E perché?
La sinistra ('sinistra', non 'centrosinistra') è accreditata dai sondaggi di essere già il primo partito. Da domani al voto, il governo provvisorio sarà guidato da un giudice - capo della Corte Suprema - che è una donna. Lo spread è già schizzato in cielo, che dimostra che gli speculatori sono di cattivo umore.
E allora io ho ben tre motivi per essere di buono.
Anzi, quattro: la democrazia non è riducibile alle strategie delle élite, buone o cattive che siano, e la gente di Grecia non si è convinta a sufficienza di una tesi - o dell'altra -, allora ha diritto a spiegarsi ancora, a parlare ancora.
La democrazia - neanche quella, se la prendi sul serio - non è un pranzo di gala.
'C'è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un'unica catastrof...e, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l'angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera.'
Walter Benjamin
'Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa. Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso. Era come… due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici. E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo.'
Giorgio Gaber e Sandro Luporini
diciassette maggio duemiladodici
PROVOCAZIONI E AZIONI
I vaneggiamenti anticostituzionali inanellati ieri da Berlusconi - di fresco ritorno dall'amico suo Putin I il Despota - sarebbero da liquidare come scorreggine mentali alla Bossi (o alla Miglio, se vi ricordate).
Ma poi li metti insieme alla notiziona di volantini BR oggi a Milano, all'allarmone di Passera ieri sulla tenuta sociale, alla facilità con cui chiunque in questi giorni prende e assalta sedi di fisco diretto e indiretto, alla progressiva defezione dalle urne, alla pervicace sordità di tanti papaveretti del Palazzo... e allora.
Allora, compagni e amici, cittadini ancora e sempre innamorati di legalità e democrazia (e progresso e sostenibilità e solidarietà), io chiedo a voi come a me stesso due cose:
se militate in uno dei partiti di centrosinistra (o della sinistra toutcourt) o se li sostenete in qualunque modo, vi chiedo di pretendere dai vostri referenti politici che mettano insieme il meglio delle proprie aspirazioni ideali, risorse etiche e capacità organizzative, affinché presentino al Paese un fronte comune di difesa della costituzione antifascista nata dalla resistenza, ivi comprese le sue istanze più avanzate di equità socioeconomica;
e se invece siete - come me - dei 'cani sciolti', chiedo che si metta da parte il sacrosanto individualismo in cui ci spinge la naturale diffidenza verso le cose 'pubbliche' del nostro grottesco Paese, e a breve ci si prepari a condividere con tutta l'intelligenza e la volontà tutte le risposte politiche utili in questo momento, forse il più delicato dell'intera storia repubblicana, senza cadere in nessuna provocazione antidemocratica.
"Tutti quelli che partecipano alla discussione pubblica devono stare attenti alle parole che dicono, ai gesti che fanno, perché questa gente non deve avere dell'acqua in cui nuotare. C'è un giro tanta tensione, ci sono problemi sociali enormi e ottime ragioni per essere arrabbiati, ma bisogna stare attenti che strategie terroristiche non trovino terreno fertile."
Ancora.
Dice Bersani, a commento della mentecatta esaltazione della gambizzazione di Adinolfi offerta ai cronisti da un imputato, Alfredo Davanzo, al processo d'appello contro le 'nuove Brigate Rosse'.
Ed è verissimo: "c'è in giro tanta tensione e ci sono ottime ragioni per essere arrabbiati."
Aggiungo io: c'è già qualcuno pronto, prontissimo, a rimettersi in pista con le vecchie e sempre buone tattiche dell'infiltrazione, della provocazione e della violenza che sembra diretta contro il sistema, e invece del sistema fa il gioco esatto.
Ma.
"Ci sono problemi sociali enormi", ed è semplicemente questo il "terreno fertile" di derive eventualmente terroristiche.
Non "le parole che dicono e i gesti che fanno tutti quelli che partecipano alla discussione pubblica", quindi, ma semmai le parole che non diranno e i gesti che non faranno per risolvere quei problemi sociali enormi.
Pertanto: Bersani dica e faccia il possibile dalla posizione che occupa, e allora avrà fatto ciò che deve e che dice di volere per il bene del paese.
quindici maggio duemiladodici
.
I vaneggiamenti anticostituzionali inanellati ieri da Berlusconi - di fresco ritorno dall'amico suo Putin I il Despota - sarebbero da liquidare come scorreggine mentali alla Bossi (o alla Miglio, se vi ricordate).
Ma poi li metti insieme alla notiziona di volantini BR oggi a Milano, all'allarmone di Passera ieri sulla tenuta sociale, alla facilità con cui chiunque in questi giorni prende e assalta sedi di fisco diretto e indiretto, alla progressiva defezione dalle urne, alla pervicace sordità di tanti papaveretti del Palazzo... e allora.
Allora, compagni e amici, cittadini ancora e sempre innamorati di legalità e democrazia (e progresso e sostenibilità e solidarietà), io chiedo a voi come a me stesso due cose:
se militate in uno dei partiti di centrosinistra (o della sinistra toutcourt) o se li sostenete in qualunque modo, vi chiedo di pretendere dai vostri referenti politici che mettano insieme il meglio delle proprie aspirazioni ideali, risorse etiche e capacità organizzative, affinché presentino al Paese un fronte comune di difesa della costituzione antifascista nata dalla resistenza, ivi comprese le sue istanze più avanzate di equità socioeconomica;
e se invece siete - come me - dei 'cani sciolti', chiedo che si metta da parte il sacrosanto individualismo in cui ci spinge la naturale diffidenza verso le cose 'pubbliche' del nostro grottesco Paese, e a breve ci si prepari a condividere con tutta l'intelligenza e la volontà tutte le risposte politiche utili in questo momento, forse il più delicato dell'intera storia repubblicana, senza cadere in nessuna provocazione antidemocratica.
"Tutti quelli che partecipano alla discussione pubblica devono stare attenti alle parole che dicono, ai gesti che fanno, perché questa gente non deve avere dell'acqua in cui nuotare. C'è un giro tanta tensione, ci sono problemi sociali enormi e ottime ragioni per essere arrabbiati, ma bisogna stare attenti che strategie terroristiche non trovino terreno fertile."
Ancora.
Dice Bersani, a commento della mentecatta esaltazione della gambizzazione di Adinolfi offerta ai cronisti da un imputato, Alfredo Davanzo, al processo d'appello contro le 'nuove Brigate Rosse'.
Ed è verissimo: "c'è in giro tanta tensione e ci sono ottime ragioni per essere arrabbiati."
Aggiungo io: c'è già qualcuno pronto, prontissimo, a rimettersi in pista con le vecchie e sempre buone tattiche dell'infiltrazione, della provocazione e della violenza che sembra diretta contro il sistema, e invece del sistema fa il gioco esatto.
Ma.
"Ci sono problemi sociali enormi", ed è semplicemente questo il "terreno fertile" di derive eventualmente terroristiche.
Non "le parole che dicono e i gesti che fanno tutti quelli che partecipano alla discussione pubblica", quindi, ma semmai le parole che non diranno e i gesti che non faranno per risolvere quei problemi sociali enormi.
Pertanto: Bersani dica e faccia il possibile dalla posizione che occupa, e allora avrà fatto ciò che deve e che dice di volere per il bene del paese.
quindici maggio duemiladodici
.
ESSER-CI
Monti annuncia che terrà fuori dalla tagliola del rigore somme importanti per investimenti e infrastrutture, cioè lavoro, e Fornero che emanerà un decreto di soluzione concreta per tutti gli esodati.
Non è il paese delle meraviglie - figurarsi se lo è per me - però è un punto.
E nessuno mi convince che non sia diretta conseguenza di tre fatti congiunti: i risultati delle amministrative, la determinazione di cittadini e lavoratori portata costantemente sulla piazza (reale o virtuale), e le svolte elettorali in paesi e regioni d'Europa.
Il che vuol dire che non è vero che niente può cambiare, il che vuol dire che contano sia la mobilitazione civica, culturale e sindacale, sia la sintesi politica di opposizioni degne di questo nome, il che vuol dire che il destino dell'Europa è ancora in parte nelle mani delle donne e degli uomini che ci vivono (o che ci arrivano).
Per chi non ama le responsabilità, questa non è una bella cosa.
Ma per chi le accetta con intelligenza e animo, è la molla per non fermarsi affatto.
L'apologhetto viene al caso.
Carlo Michelsdaedter fu un genio precoce, filosofo e poeta e pittore, perdutamente innamorato del bello e del giusto e immedicabilmente nostalgico di un mondo ideale e perfetto che i migliori hanno saputo sognare, ma mai nessuno realizzare ancora.
Per questo - anche - si spara a 23 anni.
Tolti questi grandi animi, conseguenti fino a tal punto, a noialtri che invece sopravviviamo benissimo all'età... dell'o-tutto-o-niente (senza neanche l'alibi di esser dei geni), restano tre opzioni possibili:
affermare che il mondo non è né bello né giusto e mai lo sarà,
affermarlo ma aggiungere che potrebbe un dì diventarlo col nostro apporto,
affermare che il (nostro personale) mondo è bello così e che sia anche giusto è cosa superflua a valutarsi.
E' chiaro - credo a tutti - che la terza opzione è quella di chi vuole conservare lo stato di cose presente, che la seconda è di chi vuole cambiarlo, e che la prima è di chi non può cambiarlo per definizione e cioè - oggettivamente - lo conserva così com'è.
Da cui discende - a mio giudizio, sindacabile, ma tant'è - che tolto chi coerentemente si ammazza per amor perduto di bella giustizia, tra i viventi io considero compagni quelli della seconda idea soltanto, avversari tutti gli altri (attivi o zavorre che siano).
Politicamente, intendo.
dieci maggio duemiladodici
Monti annuncia che terrà fuori dalla tagliola del rigore somme importanti per investimenti e infrastrutture, cioè lavoro, e Fornero che emanerà un decreto di soluzione concreta per tutti gli esodati.
Non è il paese delle meraviglie - figurarsi se lo è per me - però è un punto.
E nessuno mi convince che non sia diretta conseguenza di tre fatti congiunti: i risultati delle amministrative, la determinazione di cittadini e lavoratori portata costantemente sulla piazza (reale o virtuale), e le svolte elettorali in paesi e regioni d'Europa.
Il che vuol dire che non è vero che niente può cambiare, il che vuol dire che contano sia la mobilitazione civica, culturale e sindacale, sia la sintesi politica di opposizioni degne di questo nome, il che vuol dire che il destino dell'Europa è ancora in parte nelle mani delle donne e degli uomini che ci vivono (o che ci arrivano).
Per chi non ama le responsabilità, questa non è una bella cosa.
Ma per chi le accetta con intelligenza e animo, è la molla per non fermarsi affatto.
L'apologhetto viene al caso.
Carlo Michelsdaedter fu un genio precoce, filosofo e poeta e pittore, perdutamente innamorato del bello e del giusto e immedicabilmente nostalgico di un mondo ideale e perfetto che i migliori hanno saputo sognare, ma mai nessuno realizzare ancora.
Per questo - anche - si spara a 23 anni.
Tolti questi grandi animi, conseguenti fino a tal punto, a noialtri che invece sopravviviamo benissimo all'età... dell'o-tutto-o-niente (senza neanche l'alibi di esser dei geni), restano tre opzioni possibili:
affermare che il mondo non è né bello né giusto e mai lo sarà,
affermarlo ma aggiungere che potrebbe un dì diventarlo col nostro apporto,
affermare che il (nostro personale) mondo è bello così e che sia anche giusto è cosa superflua a valutarsi.
E' chiaro - credo a tutti - che la terza opzione è quella di chi vuole conservare lo stato di cose presente, che la seconda è di chi vuole cambiarlo, e che la prima è di chi non può cambiarlo per definizione e cioè - oggettivamente - lo conserva così com'è.
Da cui discende - a mio giudizio, sindacabile, ma tant'è - che tolto chi coerentemente si ammazza per amor perduto di bella giustizia, tra i viventi io considero compagni quelli della seconda idea soltanto, avversari tutti gli altri (attivi o zavorre che siano).
Politicamente, intendo.
dieci maggio duemiladodici
PAST AND PRESENT. AND FUTURE.
Domani 9 maggio è la festa dell'Europa, per la ricorrenza della 'dichiarazione di Schuman' il quale nel 1950 proponeva di creare per l'Europa una nuova forma di cooperazione politica, che rendesse impensabile una guerra tra le nazioni europee (l'8 maggio del 1945 aveva avuto termine la Seconda Guerra Mondiale).
Schuman, ministro degli esteri francese, dichiarò tra l'altro: 'l'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.'
Una solidarietà di fatto.
Ma non solo tra nazioni, per evitare altre guerre, o tra governi, per concertare uno svilippo. Bensì tra i lavoratori di tutta Europa, per dare realtà agli ideali di giustizia sociale concepiti in questo continente prima che altrove.
Domani 9 maggio, o forse anche stasera, in Grecia viene dato l'incarico 'esplorativo' per formare una maggioranza e un governo, al giovane leader della sinistra radicale Alexis Tsipras. Proverà a mettere insieme uno schieramento che sta tutto 'a sinistra' del partito socialista di quel paese - cosa che in Europa intera non ha molti precedenti.
I numeri teoricamente ci starebbero, sui contenuti sarà il difficile del lavoro. E più difficile ancora sarà vincere la naturale, diffidente, speciosità delle formazioni politiche di sinistra-sinistra (in Grecia come dappertutto) sempre pronte, per spaccare il capello in quattro, a spaccare le proprie stesse possibilità di vita efficace.
Ma se ci riesce, se ci riescono, allora un Paese del nostro continente potrà iniziare a sperimentare l'alternativa al modello socioeconomico dominante - e fallimentare. Sperimentarlo sul serio, tramite l'istituzione democratica legittima, non invocarlo soltanto da piazze più o meno conseguenti. E
se la sperimentazione dovesse riuscire, allora... be', sì: tra qualche 9 maggio potremo dire 'buona festa, Europa della solidarietà di fatto!'
E da noi? Dopo il voto, intendo.
Da noi se dico che adesso la 'foto di Vasto' neanche mi basta più, perdo qualche amico?
Il fatto è che se l'exploit di Grillo (non chiamiamolo boom, sennò il Quirinale ci bacchetta) ci mostra qualcosa, non è che Grillo offra una soluzione alla crisi (poiché non ce l'ha affatto), ma che il gioco delle figurine è finito: la politica buona deve invece essere quella delle idee forti, non dei circoli del 'meglio poco che niente', idee che non abbiamo più avuto la voglia e la lungimiranza di pensare da tanto tempo e che non abbiamo più avuto la forza e la costanza di mettere sulle gambe!
In che senso?
Nel senso di 'studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza, organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza, agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo!'
Per esempio.
E per esempio: poco fa avevo la tv (come sempre, quel poco che è accesa) su Rainews, e dall'altra stanza sento 'l'equità e la crescita devono essere il timone di qualsiasi politica a qualsiasi livello di governo e amministrazioni; i soldi vanno presi là dove sono, da chi non li dà alla collettività, non solo dai dipendenti, dai pensionati e dai pochi imprenditori che pagano le tasse; gli orafi dichiarano 23.000 euro lordi all'anno, che ve ne pare? ...di rigore si può anche morire, come state vedendo, e noi abbiamo aperto la campagna -disperati mai!-'; al che, io credevo che a parlare fosse un No-TAV, invece ho guardato il sottopancia sullo schermo ed era il direttore di Radio24, la radio del Sole24Ore, il giornale di Confindustria!
Allora, o anche qui da noi formuliamo qualcosa di più radicale del pensiero del direttore della radio del giornale dell'imprenditoria - e gli diamo la forza di massa organizzata e democratica che merita - o tanto vale votare il Grande Centro.
Né basta ripetere slogan 'situazionisti' come: 'beni comuni, democrazia diretta, assemblee territoriali!'
Perché i beni comuni - che amo anche io - sono tutti da regolamentare al livello stesso della Costituzione, che non li prevede (vedi art. 41 e 42), perché la democrazia diretta lo stesso non è formalizzata in alcun modo (e comunque la democrazia diretta nel Paese che per vent'anni ha applaudito in gran massa al satrapo, be' dobbiamo ancora meritarcela), e perché le assemblee territoriali vanno bene purché siano diverse dalle assemblee 'di movimento' di cui ho fatto esperienza diretta, troppo spesso indistinguibili da quelle condominiali!
No - io penso questo.
Che al tempo di Berlusconi la nostra trincea fu l'articolo 3 della Costituzione: 'tutti sono uguali davanti alla legge', sacrosanto. Che poi, appena insediato Monti, la trincea è diventata l'articolo 1 dove dice che 'l'Italia è una repubblica democratica', a battere sul punto che forse tanto democratico, il suo insediamento deciso senza voto, non era. Giusto. E che ora, con la crescita che non cresce, ci siamo decisi a leggere anche il resto dell'articolo dove dice 'fondata sul lavoro', e cazzo se è sacrosanto: sul lavoro si fondano la libertà civile e la dignità umana!
Ma finché non faremo caso alla prima parola che segue l'espressione 'l'Italia è' nello stesso articolo capostipite, non faremo un passo verso la soluzione del problema: 'l'Italia è una repubblica', recita, una res publica!
E' la res publica, la cosa di tutti, la cosa che sta sul secondo piatto della bilancia laddove sul primo si abbarbica la 'cosa mia' di ciascuno, il nostro privato, ciò che possediamo e che ci dà profitto.
E se non capiamo che sono decenni che questo equilibrio è sbilanciato a favore del privato, del profitto, del mercato, della libertà di produrre ciò che non serve, di consumare ciò che non ci rimane, a danno invece di una razionale condivisione delle risorse, delle opportunità, del benessere, dei saperi e del futuro stesso - ebbene abbiamo sbagliato la trincea più importante!
Ma questa trincea è la socialdemocrazia, o io non so come altro chiamarla.
otto maggio duemiladodici
Domani 9 maggio è la festa dell'Europa, per la ricorrenza della 'dichiarazione di Schuman' il quale nel 1950 proponeva di creare per l'Europa una nuova forma di cooperazione politica, che rendesse impensabile una guerra tra le nazioni europee (l'8 maggio del 1945 aveva avuto termine la Seconda Guerra Mondiale).
Schuman, ministro degli esteri francese, dichiarò tra l'altro: 'l'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.'
Una solidarietà di fatto.
Ma non solo tra nazioni, per evitare altre guerre, o tra governi, per concertare uno svilippo. Bensì tra i lavoratori di tutta Europa, per dare realtà agli ideali di giustizia sociale concepiti in questo continente prima che altrove.
Domani 9 maggio, o forse anche stasera, in Grecia viene dato l'incarico 'esplorativo' per formare una maggioranza e un governo, al giovane leader della sinistra radicale Alexis Tsipras. Proverà a mettere insieme uno schieramento che sta tutto 'a sinistra' del partito socialista di quel paese - cosa che in Europa intera non ha molti precedenti.
I numeri teoricamente ci starebbero, sui contenuti sarà il difficile del lavoro. E più difficile ancora sarà vincere la naturale, diffidente, speciosità delle formazioni politiche di sinistra-sinistra (in Grecia come dappertutto) sempre pronte, per spaccare il capello in quattro, a spaccare le proprie stesse possibilità di vita efficace.
Ma se ci riesce, se ci riescono, allora un Paese del nostro continente potrà iniziare a sperimentare l'alternativa al modello socioeconomico dominante - e fallimentare. Sperimentarlo sul serio, tramite l'istituzione democratica legittima, non invocarlo soltanto da piazze più o meno conseguenti. E
se la sperimentazione dovesse riuscire, allora... be', sì: tra qualche 9 maggio potremo dire 'buona festa, Europa della solidarietà di fatto!'
E da noi? Dopo il voto, intendo.
Da noi se dico che adesso la 'foto di Vasto' neanche mi basta più, perdo qualche amico?
Il fatto è che se l'exploit di Grillo (non chiamiamolo boom, sennò il Quirinale ci bacchetta) ci mostra qualcosa, non è che Grillo offra una soluzione alla crisi (poiché non ce l'ha affatto), ma che il gioco delle figurine è finito: la politica buona deve invece essere quella delle idee forti, non dei circoli del 'meglio poco che niente', idee che non abbiamo più avuto la voglia e la lungimiranza di pensare da tanto tempo e che non abbiamo più avuto la forza e la costanza di mettere sulle gambe!
In che senso?
Nel senso di 'studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza, organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza, agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo!'
Per esempio.
E per esempio: poco fa avevo la tv (come sempre, quel poco che è accesa) su Rainews, e dall'altra stanza sento 'l'equità e la crescita devono essere il timone di qualsiasi politica a qualsiasi livello di governo e amministrazioni; i soldi vanno presi là dove sono, da chi non li dà alla collettività, non solo dai dipendenti, dai pensionati e dai pochi imprenditori che pagano le tasse; gli orafi dichiarano 23.000 euro lordi all'anno, che ve ne pare? ...di rigore si può anche morire, come state vedendo, e noi abbiamo aperto la campagna -disperati mai!-'; al che, io credevo che a parlare fosse un No-TAV, invece ho guardato il sottopancia sullo schermo ed era il direttore di Radio24, la radio del Sole24Ore, il giornale di Confindustria!
Allora, o anche qui da noi formuliamo qualcosa di più radicale del pensiero del direttore della radio del giornale dell'imprenditoria - e gli diamo la forza di massa organizzata e democratica che merita - o tanto vale votare il Grande Centro.
Né basta ripetere slogan 'situazionisti' come: 'beni comuni, democrazia diretta, assemblee territoriali!'
Perché i beni comuni - che amo anche io - sono tutti da regolamentare al livello stesso della Costituzione, che non li prevede (vedi art. 41 e 42), perché la democrazia diretta lo stesso non è formalizzata in alcun modo (e comunque la democrazia diretta nel Paese che per vent'anni ha applaudito in gran massa al satrapo, be' dobbiamo ancora meritarcela), e perché le assemblee territoriali vanno bene purché siano diverse dalle assemblee 'di movimento' di cui ho fatto esperienza diretta, troppo spesso indistinguibili da quelle condominiali!
No - io penso questo.
Che al tempo di Berlusconi la nostra trincea fu l'articolo 3 della Costituzione: 'tutti sono uguali davanti alla legge', sacrosanto. Che poi, appena insediato Monti, la trincea è diventata l'articolo 1 dove dice che 'l'Italia è una repubblica democratica', a battere sul punto che forse tanto democratico, il suo insediamento deciso senza voto, non era. Giusto. E che ora, con la crescita che non cresce, ci siamo decisi a leggere anche il resto dell'articolo dove dice 'fondata sul lavoro', e cazzo se è sacrosanto: sul lavoro si fondano la libertà civile e la dignità umana!
Ma finché non faremo caso alla prima parola che segue l'espressione 'l'Italia è' nello stesso articolo capostipite, non faremo un passo verso la soluzione del problema: 'l'Italia è una repubblica', recita, una res publica!
E' la res publica, la cosa di tutti, la cosa che sta sul secondo piatto della bilancia laddove sul primo si abbarbica la 'cosa mia' di ciascuno, il nostro privato, ciò che possediamo e che ci dà profitto.
E se non capiamo che sono decenni che questo equilibrio è sbilanciato a favore del privato, del profitto, del mercato, della libertà di produrre ciò che non serve, di consumare ciò che non ci rimane, a danno invece di una razionale condivisione delle risorse, delle opportunità, del benessere, dei saperi e del futuro stesso - ebbene abbiamo sbagliato la trincea più importante!
Ma questa trincea è la socialdemocrazia, o io non so come altro chiamarla.
otto maggio duemiladodici
AMMINISTRATIVE
Federica Sciarelli prepara la nuova puntata: PdL, chi l'ha visto?
Le ultime specie censite dal WWF come a rischio estinzione: gli stracquadanio, i capezzone, i quagliariello, i brunetta, i sacconi, i carlucci, i bonaiuti, i santanché.
Si pensa di costituire un'oasi protetta, un ambiente palustre ovviamente insalubre, per la tutela degli ultimissimi esemplari. Il problema è che altre specie, come la pantegana, l'anofele della malaria e la dionea carnivora, rifiutano la loro vicinanza.
sette maggio duemiladodici
Federica Sciarelli prepara la nuova puntata: PdL, chi l'ha visto?
Le ultime specie censite dal WWF come a rischio estinzione: gli stracquadanio, i capezzone, i quagliariello, i brunetta, i sacconi, i carlucci, i bonaiuti, i santanché.
Si pensa di costituire un'oasi protetta, un ambiente palustre ovviamente insalubre, per la tutela degli ultimissimi esemplari. Il problema è che altre specie, come la pantegana, l'anofele della malaria e la dionea carnivora, rifiutano la loro vicinanza.
sette maggio duemiladodici
NOI AD ATENE FACCIAMO COSI'
SIRYZA 17% e KKE 9% !
il 26% dei greci - ammaestrati dalla crisi e dalle 'ricette' approntate - sta scegliendo la 'sinistra sul serio'.
Visto che qui in Italia le cose, da oggi a tra un anno, non andranno certo meglio di adesso, vediamo un po' se e quanto saranno imperdonabilmente sceme le nostre 'sinistre sul serio' a non preparare in tempo per tanta, tanta gente, una coalizione e soprattutto un programma all'altezza di ciò che si richiede, di ciò che può far vincere un'altra idea della società, un'altra realizzazione europea.
Ragazzi, compagni, strateghi, se si 'buca l'impegno' allora non ci saranno più alibi.
E visto il neofascismo montante - come sempre, quando la crisi morde - non ci sarebbe neanche 'la partita di ritorno'.
C'è un anno. Lavoriamoci!
Francia.
'Bonne chance Monsieur le President' è stato il messaggio pubblico di Sarkozy a Hollande già in serata, ed è il titolo dei giornali vicini all'ex-presidente che escono domani.
Questo per ricordare - anche se sembra una vita fa, per fortuna, e anche se i problemi che abbiamo dinanzi sono molto più complessi della vergogna del bungabunga, purtroppo - per ricordare ai milioni di miei concittadini che lo votavano, che Berlusconi perse le elezioni nell'aprile 2006 ma il suo saluto schietto e democratico al vincitore Prodi non arrivò fino al maggio 2008. Anzi, non arrivò mai!
Questo - anche, questo - fu Berlusconi in politica.
Questo - anche, questo - infliggeste all'Italia sostenendolo per tanto a lungo.
Diciassette anni, cavolo.
Fu - diciamo - come se nell'Italia degli Anni 60 e 70, per far tifare la gente pro o contro una figurina, e distrarci dalle scelte decisive prese sulla nostra vita reale, si provasse a candidare e ricandidare alle massime cariche di governo Gianni Morandi o Gigi Riva contro Mina o Gianni Rivera (e mi scuso con tutti e quattro, per l'accostamento ingeneroso). Soltanto che negli Anni 60 e 70 non era stata ancora annichilita la nostra capacità di giudizio critico: operazione riuscita solo con l'intero ventennio degli 80 e 90, grazie alle televisioni commerciali (RAI compresa).
Ma è finita, per un motivo o per l'altro. Non ci ricaschiamo, per favore.
Per favore! O per forza.
sei maggio duemiladodici
SIRYZA 17% e KKE 9% !
il 26% dei greci - ammaestrati dalla crisi e dalle 'ricette' approntate - sta scegliendo la 'sinistra sul serio'.
Visto che qui in Italia le cose, da oggi a tra un anno, non andranno certo meglio di adesso, vediamo un po' se e quanto saranno imperdonabilmente sceme le nostre 'sinistre sul serio' a non preparare in tempo per tanta, tanta gente, una coalizione e soprattutto un programma all'altezza di ciò che si richiede, di ciò che può far vincere un'altra idea della società, un'altra realizzazione europea.
Ragazzi, compagni, strateghi, se si 'buca l'impegno' allora non ci saranno più alibi.
E visto il neofascismo montante - come sempre, quando la crisi morde - non ci sarebbe neanche 'la partita di ritorno'.
C'è un anno. Lavoriamoci!
Francia.
'Bonne chance Monsieur le President' è stato il messaggio pubblico di Sarkozy a Hollande già in serata, ed è il titolo dei giornali vicini all'ex-presidente che escono domani.
Questo per ricordare - anche se sembra una vita fa, per fortuna, e anche se i problemi che abbiamo dinanzi sono molto più complessi della vergogna del bungabunga, purtroppo - per ricordare ai milioni di miei concittadini che lo votavano, che Berlusconi perse le elezioni nell'aprile 2006 ma il suo saluto schietto e democratico al vincitore Prodi non arrivò fino al maggio 2008. Anzi, non arrivò mai!
Questo - anche, questo - fu Berlusconi in politica.
Questo - anche, questo - infliggeste all'Italia sostenendolo per tanto a lungo.
Diciassette anni, cavolo.
Fu - diciamo - come se nell'Italia degli Anni 60 e 70, per far tifare la gente pro o contro una figurina, e distrarci dalle scelte decisive prese sulla nostra vita reale, si provasse a candidare e ricandidare alle massime cariche di governo Gianni Morandi o Gigi Riva contro Mina o Gianni Rivera (e mi scuso con tutti e quattro, per l'accostamento ingeneroso). Soltanto che negli Anni 60 e 70 non era stata ancora annichilita la nostra capacità di giudizio critico: operazione riuscita solo con l'intero ventennio degli 80 e 90, grazie alle televisioni commerciali (RAI compresa).
Ma è finita, per un motivo o per l'altro. Non ci ricaschiamo, per favore.
Per favore! O per forza.
sei maggio duemiladodici
SPORT E NO
Domani comincia il Giro ciclistico d'Italia, e domani si gioca la penultima giornata del campionato di calcio.
E tra meno di tre mesi si aprono le Olimpiadi a Londra.
E io gioco a pallone e corro e nuoto e vado in bici, e seguo anche gli eventi professionistici di tutti questi sport.
Ma non è questo.
E' che lo sport nel XX Secolo (e inizio XXI) - lo sport professionistico, quello che ha spettatori a milioni (o a miliardi, nei casi più eclatanti) - svolge una funzione centrale nel mantenimento del 'gioco grande': quello della produzione e del consumo.
Infatti, per seguire una partita, una corsa o una gara, tu compri un giornale, accendi la radio, scegli una pay-tv, a volte vai allo stadio o sulla pista, sul tracciato, allora prendi la macchina, il treno o l'aereo. E questo è il consumo diretto, ma che è il meno. Perché sulla pista o allo stadio, o durante la trasmissione in tv o alla radio, o affianco all'articolo del giornale, ma anche già in treno o in aereo, ciò che conta davvero è che ti sta arrivando la pubblicità: sono gli sponsor che pagano tutto questo sport, non i nostri biglietti. E agli sponsor la spesa rientra con le vendite di ciò che hanno prodotto proprio per questo scopo. Vendita a chi? Ma a noi, che senza lo sport non ne conosceremmo nemmeno l'esistenza, non potremmo sapere di 'aver bisogno' di quei prodotti e servizi.
E non basta. Ci vuole una spinta maggiore, in psicologia si chiama 'rinforzo'.
Noi dobbiamo tifare, ecco. Se tifiamo allora il 'gioco grande' è davvero tranquillo, perché se siamo tifosi allora il tempo dello sport 'esplode' dalla durata reale dell'evento sportivo (che pure ha i suoi costi, non solo i ricavi) per diventare quasi il tempo della vita stessa. Allora tu compri il giornale, accendi la radio, guardi il servizio e il commento televisivo, pay o non-pay, quasi senza soluzione di continuità. Ed è allora che, davvero, la pubblicità di un prodotto qualsiasi - di tutta la produzione di merci e servizi che altrimenti ti sarebbe ignota, forse, e di sicuro non ne sentiresti alcun bisogno - è allora che quel prodotto ti entra nel sangue, e allora tu entri a pieno titolo nel 'gioco grande'.
Il tifo sportivo è la più perfetta invenzione capitalista dell'epoca moderna: costa pochissimo, al sistema, e gli rende moltissimo.
E' mostruoso? No, anzi: è pure meglio di quel che c'era prima.
Il sistema ha avuto sempre bisogno di masse pronte a far crollare la propria vigilanza razionale, e perfino gli elementari istinti di sopravvivenza individuale, purché milioni di uomini e donne mettessero in moto alla svelta l'enorme macchina della produzione e del consumo. Solo che in mancanza di sport, il tifo veniva coltivato direttamente sulle identità nazionali: sulle patrie, sulle bandiere.
Infatti, niente come il nazionalismo e il patriottismo dei secoli passati, ha nutrito il 'gioco grande' del capitalismo.
Sia in tempo di pace, con la retorica che stimolava la produzione e il consumo di qualunque tipo di bene - dal piccolo, come un libricino, al grande come un monumento - 'sapesse' di patria anche lontanamente, sia soprattutto negli olocausti delle guerre vere e proprie, grazie alle quali il sistema incamerava una domanda di produzione 'da sogno' che sapeva di poter spalmare su società prive ormai di alcun mezzo di discernimento razionale.
Praticamente, che fosse guerra guerreggiata o solo una pantomima di 'amor patrio' gli uni contro gli altri, il tifo nazionalista ha 'tirato avanti la baracca' per moltissime generazioni. Senza contare che questo 'stato d'allerta permanente' consentiva ai poteri di ogni nazione un controllo sull'opinione pubblica che adesso se lo sognano! ...Se non fosse che hanno inventato i media - ma questa è un'altra storia ancora.
Comunque, ecco: il capitalismo non sussiste se non mette un essere umano contro un altro - concretamente, come nell'età delle guerre nazionaliste e imperialiste, o 'simbolicamente' come nell'età degli sport per il pubblico di massa.
E, viceversa: se gli esseri umani arrivassero a comprendere che non ha alcun senso odiarsi gli uni con gli altri, né per le patrie né per le bandiere né per il colore della pelle né per quello delle magliette (ma semmai, per chi possiede cosa e che uso ne fa), il sistema capitalista evaporerebbe in un puf.
L'ho già detto.
'Socialism is a global peace-keeping': ma voi, niente!
Ora vado a correre un po'. E forza Roma, però sempre con la testa.
quattro maggio duemiladodici
Domani comincia il Giro ciclistico d'Italia, e domani si gioca la penultima giornata del campionato di calcio.
E tra meno di tre mesi si aprono le Olimpiadi a Londra.
E io gioco a pallone e corro e nuoto e vado in bici, e seguo anche gli eventi professionistici di tutti questi sport.
Ma non è questo.
E' che lo sport nel XX Secolo (e inizio XXI) - lo sport professionistico, quello che ha spettatori a milioni (o a miliardi, nei casi più eclatanti) - svolge una funzione centrale nel mantenimento del 'gioco grande': quello della produzione e del consumo.
Infatti, per seguire una partita, una corsa o una gara, tu compri un giornale, accendi la radio, scegli una pay-tv, a volte vai allo stadio o sulla pista, sul tracciato, allora prendi la macchina, il treno o l'aereo. E questo è il consumo diretto, ma che è il meno. Perché sulla pista o allo stadio, o durante la trasmissione in tv o alla radio, o affianco all'articolo del giornale, ma anche già in treno o in aereo, ciò che conta davvero è che ti sta arrivando la pubblicità: sono gli sponsor che pagano tutto questo sport, non i nostri biglietti. E agli sponsor la spesa rientra con le vendite di ciò che hanno prodotto proprio per questo scopo. Vendita a chi? Ma a noi, che senza lo sport non ne conosceremmo nemmeno l'esistenza, non potremmo sapere di 'aver bisogno' di quei prodotti e servizi.
E non basta. Ci vuole una spinta maggiore, in psicologia si chiama 'rinforzo'.
Noi dobbiamo tifare, ecco. Se tifiamo allora il 'gioco grande' è davvero tranquillo, perché se siamo tifosi allora il tempo dello sport 'esplode' dalla durata reale dell'evento sportivo (che pure ha i suoi costi, non solo i ricavi) per diventare quasi il tempo della vita stessa. Allora tu compri il giornale, accendi la radio, guardi il servizio e il commento televisivo, pay o non-pay, quasi senza soluzione di continuità. Ed è allora che, davvero, la pubblicità di un prodotto qualsiasi - di tutta la produzione di merci e servizi che altrimenti ti sarebbe ignota, forse, e di sicuro non ne sentiresti alcun bisogno - è allora che quel prodotto ti entra nel sangue, e allora tu entri a pieno titolo nel 'gioco grande'.
Il tifo sportivo è la più perfetta invenzione capitalista dell'epoca moderna: costa pochissimo, al sistema, e gli rende moltissimo.
E' mostruoso? No, anzi: è pure meglio di quel che c'era prima.
Il sistema ha avuto sempre bisogno di masse pronte a far crollare la propria vigilanza razionale, e perfino gli elementari istinti di sopravvivenza individuale, purché milioni di uomini e donne mettessero in moto alla svelta l'enorme macchina della produzione e del consumo. Solo che in mancanza di sport, il tifo veniva coltivato direttamente sulle identità nazionali: sulle patrie, sulle bandiere.
Infatti, niente come il nazionalismo e il patriottismo dei secoli passati, ha nutrito il 'gioco grande' del capitalismo.
Sia in tempo di pace, con la retorica che stimolava la produzione e il consumo di qualunque tipo di bene - dal piccolo, come un libricino, al grande come un monumento - 'sapesse' di patria anche lontanamente, sia soprattutto negli olocausti delle guerre vere e proprie, grazie alle quali il sistema incamerava una domanda di produzione 'da sogno' che sapeva di poter spalmare su società prive ormai di alcun mezzo di discernimento razionale.
Praticamente, che fosse guerra guerreggiata o solo una pantomima di 'amor patrio' gli uni contro gli altri, il tifo nazionalista ha 'tirato avanti la baracca' per moltissime generazioni. Senza contare che questo 'stato d'allerta permanente' consentiva ai poteri di ogni nazione un controllo sull'opinione pubblica che adesso se lo sognano! ...Se non fosse che hanno inventato i media - ma questa è un'altra storia ancora.
Comunque, ecco: il capitalismo non sussiste se non mette un essere umano contro un altro - concretamente, come nell'età delle guerre nazionaliste e imperialiste, o 'simbolicamente' come nell'età degli sport per il pubblico di massa.
E, viceversa: se gli esseri umani arrivassero a comprendere che non ha alcun senso odiarsi gli uni con gli altri, né per le patrie né per le bandiere né per il colore della pelle né per quello delle magliette (ma semmai, per chi possiede cosa e che uso ne fa), il sistema capitalista evaporerebbe in un puf.
L'ho già detto.
'Socialism is a global peace-keeping': ma voi, niente!
Ora vado a correre un po'. E forza Roma, però sempre con la testa.
quattro maggio duemiladodici
INVECE NOI
C' è un panico palpabile tutto intorno, ovunque. Potete sentirlo, se per caso non lo provate già da voi.
Tutti dicono 'state calmi ce la faremo', e tanto più questo aumenta il panico. E' ovvio.
Ma sapete di cosa abbiamo terrore?
Di cambiare il nostro stile di vita, il suo tenore. Il suo tenore materiale, esattamente.
Voglio dire. Se ci minacciassero di toglierci un po' di ossigeno nell'aria che respiriamo - ma che non possiamo vedere - la cosa ci rimbalzerebbe. O di toglierci i pesci dal mare... chi se ne frega, giusto? O di toglierci la metà di tutti i libri da ogni biblioteca, capirai. O di chiudere per un bel po' tutte le frontiere e nessuno si muova dal suo paese, in fondo 'sti cazzi. Non è così?
E non è già successo? E vero che nessuno si è stracciato le vesti, nessuno si è avvitato nel panico, nessuno ha intravisto il crollo sistemico?
Ma adesso sì. Ora tutti dicono 'state calmi, dobbiamo farcela'. E tutti naturalmente hanno una paura fottuta.
Perché?
Perché stavolta finiscono i soldi.
I soldi, mica cazzatine come l'ossigeno o i pesci o il sapere o la libertà!
E questo è propriamente l'abisso. Perché chi conta qualcosa a questo mondo sa benissimo che c'è voluto tipo un secolo, per spingere in zucca a tutti gli altri - a noi che non contiamo niente - che i soldi sarebbero né più né meno che tutto nella vita: che conoscere è niente, che capire è niente, che la libertà è niente se poi non compri nulla, che la natura è niente se non ci fai altri soldi.
Ma non vedete il lato comico del paradosso? Il capitalismo, il turbocapitalismo, il liberismcapitalismo, il finanzcapitalismo, gli espertoni nell'investimento differenziato, tutta 'sta cupola ha invece investito per cent'anni su una cosa e una sola: sul fatto che la gente volesse e dovesse e sapesse campare solo di e con e per i soldi!
Così ora, che sono finiti, viene giù tutto.
Stupefacentemente stupido.
E' di stupidità che muore tutta questa storia.
Rinasciamo in un altro modo - ecco cosa voglio dire - e impariamo da questo immenso abbaglio.
Ci riusciremo noi che, per sorte o costituzione, per sangue o esempio, pensammo invece a un soldo e a un pesce e a una stella e a una parola e a un volto.
Noi. E buonanotte agli altri.
tre maggio duemiladodici
C' è un panico palpabile tutto intorno, ovunque. Potete sentirlo, se per caso non lo provate già da voi.
Tutti dicono 'state calmi ce la faremo', e tanto più questo aumenta il panico. E' ovvio.
Ma sapete di cosa abbiamo terrore?
Di cambiare il nostro stile di vita, il suo tenore. Il suo tenore materiale, esattamente.
Voglio dire. Se ci minacciassero di toglierci un po' di ossigeno nell'aria che respiriamo - ma che non possiamo vedere - la cosa ci rimbalzerebbe. O di toglierci i pesci dal mare... chi se ne frega, giusto? O di toglierci la metà di tutti i libri da ogni biblioteca, capirai. O di chiudere per un bel po' tutte le frontiere e nessuno si muova dal suo paese, in fondo 'sti cazzi. Non è così?
E non è già successo? E vero che nessuno si è stracciato le vesti, nessuno si è avvitato nel panico, nessuno ha intravisto il crollo sistemico?
Ma adesso sì. Ora tutti dicono 'state calmi, dobbiamo farcela'. E tutti naturalmente hanno una paura fottuta.
Perché?
Perché stavolta finiscono i soldi.
I soldi, mica cazzatine come l'ossigeno o i pesci o il sapere o la libertà!
E questo è propriamente l'abisso. Perché chi conta qualcosa a questo mondo sa benissimo che c'è voluto tipo un secolo, per spingere in zucca a tutti gli altri - a noi che non contiamo niente - che i soldi sarebbero né più né meno che tutto nella vita: che conoscere è niente, che capire è niente, che la libertà è niente se poi non compri nulla, che la natura è niente se non ci fai altri soldi.
Ma non vedete il lato comico del paradosso? Il capitalismo, il turbocapitalismo, il liberismcapitalismo, il finanzcapitalismo, gli espertoni nell'investimento differenziato, tutta 'sta cupola ha invece investito per cent'anni su una cosa e una sola: sul fatto che la gente volesse e dovesse e sapesse campare solo di e con e per i soldi!
Così ora, che sono finiti, viene giù tutto.
Stupefacentemente stupido.
E' di stupidità che muore tutta questa storia.
Rinasciamo in un altro modo - ecco cosa voglio dire - e impariamo da questo immenso abbaglio.
Ci riusciremo noi che, per sorte o costituzione, per sangue o esempio, pensammo invece a un soldo e a un pesce e a una stella e a una parola e a un volto.
Noi. E buonanotte agli altri.
tre maggio duemiladodici
APPELLO
L'autocrate era stato cacciato, anche grazie ai sommovimenti popolari causati dalle condizioni materiali sempre più dure. Al suo posto un borghese, un tecnico col suo governo, che prometteva di tirar fuori il paese dal pozzo della crisi.
Passavano i mesi, ma la gente non vedeva alcun miglioramento: tutto costava sempre di più, niente sembrava funzonare meglio, a parte che l'indecenza - quella sì - aveva lasciato il palazzo, ma comunque si contavano i morti.
Al tecnico borghese non riuscì il miracolo di cambiare tutto senza cambiare poi molto.
Il suo nome era Kerenskij.
Capite compagni, quanto tempo e forza abbiamo sciupato finora?
Ci siamo fatti spostare lungo il gioco dell'oca fino alla casella della paralisi. Per non voler cedere un grano di ambizione e diffidenza.
Ora sarà Kornilov, temo, a prendersi la propria rivincita su quella storia antica. Sotto forma di un demagogo qualsiasi, di un movimento informe, dell'ennesima 'anarchia del potere' precostituito e camuffato dinanzi all'insipienza piccoloborghese.
Spero di essere solo un vecchio pessimista.
Ma il fatto è che, per esempio, a sinistra ('sinistra' in senso classico, via) della sinistra-PD (area Marino, spunti Civati... tanto per capirci) abbiamo Sinistra Ecologia Libertà, che conoscono tutti, e Partito dei Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista, 'accorpabili' nella Federazione della Sinistra, che conoscono in molti, e poi c'è un piccolo mondo - solo per restare alla 'forma partito' o simili - composto da: Comunisti - Sinistra Popolare, Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori e Alternativa Comunista (i quali tutti non rifiutano pregiudizialmente la competizione elettorale per rappresentanza), e da: Partito Marxista-Leninista Italiano, Lotta Comunista e Comitati di Appoggio alla Resistenza Comunista (che invece sono per l'astensione attiva o il rifiuto semplice), e questo solo per parlare delle realtà nazionali o di ambizione tale, perché poi ci sono le molte forme-partito territoriali, e poi i collettivi politici espressioni dei centri sociali, delle istanze sindacali autonome, delle campagne antagoniste sui temi più diversi - purché tutti anti-neoliberisti -, poi ci sono le associazioni tra intellettuali, poi i 'movimenti fluidi', poi i 'cani sciolti', poi gli anarchici, il tutto nella piena legalità e pubblicità, poi ci sono (credo: se ne fossi certo avrebbero fallito) ci sono gli operatori nella clandestinità, a gruppi, e poi i singoli - tipo gli 'ultimi giapponesi nel Pacifico'. a sinistra della sinistra-PD, in questi ultimi giorni del mondo com'era.
E poi ci sono io.
Che devo aver sbagliato qualcosa.
Eppure, compagni che mi leggete qui, non sembra anche a voi che:
1. la crisi sistemica del modello socioeconomico sia tale da poter preludere alla diffusione a breve presso un gran numero di comuni cittadini (italiani ed europei) di assunti teorici socialdemocratici e di prassi conseguenti, anche senza la debita 'consuetudine ideologica di classe' ma solo in forza dei dati di realtà sulla vita di ciascuno?
2. il passaggio da tale possibilità all'effettività di detta diffusione abbia come precondizione la presenza (visibile presso le masse, diciamo, e nuovamente attrattiva) di una 'offerta teorica e organizzativa' concorde e coerente, e che altrimenti la pressione di quegli stessi dati preluda a scarti populistici preda della reazione in Italia e in Europa?
3. se 1. e 2., allora lo scenario politico (italiano, intanto) possa arricchirsi di tale offerta solo in virtù di una comune strategia coordinata dal maggior numero delle 'sinistre' sopraenumerate, che metta da parte ogni altra pur valida considerazione di 'ortodossia' e, soprattutto, ogni priorità di ambizione personale o di gruppo?
E se anche a voi ciò sembra, compagni, allora non vi sembra che l'unica - da parte nostra, di semplici cittadini - sia chiedere a gran voce a quelle sinistre conseguenti, realiste e volenterose, di organizzare e tenere al più presto un tavolo di confronto tra i loro rispettivi organi (con qualunque metodologia interna) direttivi, nell'auspicio che da esso emerga una prospettiva chiara e stabile (all'altezza del momento, dei suoi rischi e delle sue opportunità), ma soprattutto 'generosa' (al bando veti e diffidenze reciproche) e - ripeto - attrattiva nei confronti delle masse come esse sono, non come voi e io si vorrebbe che fossero?
Non sembra anche a voi che altrimenti la lotta di classe - che di quello si tratta - la stravincerà qualcun altro, e di brutto per tutti?
Io lo spero, che almeno a voi.
E, già che ci siamo, perché mai dei tanti assunti teorici possibili io sposo quello socialdemocratico?
(Con ciò che ne consegue come prassi poltica e programmi, e come 'chiamata a raccolta' proprio di quelle forze organizzate - o meno - e non altre.)
L'ho già scritto in lungo e in largo, specie nell'esplicitazione della 'Riconversione' insieme a Valentina Manusia, ma un punto di partenza per i 'nuovi' potrebbe essere il seguente: l'impresa è un fatto sociale.
E prima lo capiamo - con le buone - e ne traiamo tutte le conseguenze strutturali, politiche e culturali, e prima cesserà oltre al circostante sfacelo questa conta un po' ipocrita di suicidi e di fallimenti.
A chi - pelosamente o incoscientemente - ribatte che invece l'impresa è da sempre la quintessenza dell'autodeterminazione individuale (manco fosse il biglietto da visita dell'operato umano davanti al padreterno), rispondo facendo notare che perfino la venuta al mondo e la dipartita degli esseri umani - quanto di più squisitamente privato - sono oggetto di precisi vincoli sociali: vedi - ovunque, e in Italia di più - le leggi sulla fecondazione, sull'interruzione di gravidanza, sui trattamenti terminali, sul diritto o meno all'eutanasia.
Quindi - osservo, e faccio osservare - il sistema si denuda in questo: è bigottamente 'socialista' se deve metter bocca sul se e come io debba nascere e morire, ma è sfrenatamente liberista sul chi ha cosa e per farne cosa. Coi risultati che ormai vediamo tutti, in un campo e nell'altro.
Ecco, dunque: l'impresa, la produzione, la distribuzione, l'occupazione, il consumo - sono cose troppo importanti e delicate per farle gestire da chi non ha alcuna idea dell'interesse generale, e soprattutto da chi ad esso non è previsto risponda in alcun modo.
La nostra teoria della riconversione parte da questa semplice presa d'atto.
due maggio duemiladodici
L'autocrate era stato cacciato, anche grazie ai sommovimenti popolari causati dalle condizioni materiali sempre più dure. Al suo posto un borghese, un tecnico col suo governo, che prometteva di tirar fuori il paese dal pozzo della crisi.
Passavano i mesi, ma la gente non vedeva alcun miglioramento: tutto costava sempre di più, niente sembrava funzonare meglio, a parte che l'indecenza - quella sì - aveva lasciato il palazzo, ma comunque si contavano i morti.
Al tecnico borghese non riuscì il miracolo di cambiare tutto senza cambiare poi molto.
Il suo nome era Kerenskij.
Capite compagni, quanto tempo e forza abbiamo sciupato finora?
Ci siamo fatti spostare lungo il gioco dell'oca fino alla casella della paralisi. Per non voler cedere un grano di ambizione e diffidenza.
Ora sarà Kornilov, temo, a prendersi la propria rivincita su quella storia antica. Sotto forma di un demagogo qualsiasi, di un movimento informe, dell'ennesima 'anarchia del potere' precostituito e camuffato dinanzi all'insipienza piccoloborghese.
Spero di essere solo un vecchio pessimista.
Ma il fatto è che, per esempio, a sinistra ('sinistra' in senso classico, via) della sinistra-PD (area Marino, spunti Civati... tanto per capirci) abbiamo Sinistra Ecologia Libertà, che conoscono tutti, e Partito dei Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista, 'accorpabili' nella Federazione della Sinistra, che conoscono in molti, e poi c'è un piccolo mondo - solo per restare alla 'forma partito' o simili - composto da: Comunisti - Sinistra Popolare, Sinistra Critica, Partito Comunista dei Lavoratori e Alternativa Comunista (i quali tutti non rifiutano pregiudizialmente la competizione elettorale per rappresentanza), e da: Partito Marxista-Leninista Italiano, Lotta Comunista e Comitati di Appoggio alla Resistenza Comunista (che invece sono per l'astensione attiva o il rifiuto semplice), e questo solo per parlare delle realtà nazionali o di ambizione tale, perché poi ci sono le molte forme-partito territoriali, e poi i collettivi politici espressioni dei centri sociali, delle istanze sindacali autonome, delle campagne antagoniste sui temi più diversi - purché tutti anti-neoliberisti -, poi ci sono le associazioni tra intellettuali, poi i 'movimenti fluidi', poi i 'cani sciolti', poi gli anarchici, il tutto nella piena legalità e pubblicità, poi ci sono (credo: se ne fossi certo avrebbero fallito) ci sono gli operatori nella clandestinità, a gruppi, e poi i singoli - tipo gli 'ultimi giapponesi nel Pacifico'. a sinistra della sinistra-PD, in questi ultimi giorni del mondo com'era.
E poi ci sono io.
Che devo aver sbagliato qualcosa.
Eppure, compagni che mi leggete qui, non sembra anche a voi che:
1. la crisi sistemica del modello socioeconomico sia tale da poter preludere alla diffusione a breve presso un gran numero di comuni cittadini (italiani ed europei) di assunti teorici socialdemocratici e di prassi conseguenti, anche senza la debita 'consuetudine ideologica di classe' ma solo in forza dei dati di realtà sulla vita di ciascuno?
2. il passaggio da tale possibilità all'effettività di detta diffusione abbia come precondizione la presenza (visibile presso le masse, diciamo, e nuovamente attrattiva) di una 'offerta teorica e organizzativa' concorde e coerente, e che altrimenti la pressione di quegli stessi dati preluda a scarti populistici preda della reazione in Italia e in Europa?
3. se 1. e 2., allora lo scenario politico (italiano, intanto) possa arricchirsi di tale offerta solo in virtù di una comune strategia coordinata dal maggior numero delle 'sinistre' sopraenumerate, che metta da parte ogni altra pur valida considerazione di 'ortodossia' e, soprattutto, ogni priorità di ambizione personale o di gruppo?
E se anche a voi ciò sembra, compagni, allora non vi sembra che l'unica - da parte nostra, di semplici cittadini - sia chiedere a gran voce a quelle sinistre conseguenti, realiste e volenterose, di organizzare e tenere al più presto un tavolo di confronto tra i loro rispettivi organi (con qualunque metodologia interna) direttivi, nell'auspicio che da esso emerga una prospettiva chiara e stabile (all'altezza del momento, dei suoi rischi e delle sue opportunità), ma soprattutto 'generosa' (al bando veti e diffidenze reciproche) e - ripeto - attrattiva nei confronti delle masse come esse sono, non come voi e io si vorrebbe che fossero?
Non sembra anche a voi che altrimenti la lotta di classe - che di quello si tratta - la stravincerà qualcun altro, e di brutto per tutti?
Io lo spero, che almeno a voi.
E, già che ci siamo, perché mai dei tanti assunti teorici possibili io sposo quello socialdemocratico?
(Con ciò che ne consegue come prassi poltica e programmi, e come 'chiamata a raccolta' proprio di quelle forze organizzate - o meno - e non altre.)
L'ho già scritto in lungo e in largo, specie nell'esplicitazione della 'Riconversione' insieme a Valentina Manusia, ma un punto di partenza per i 'nuovi' potrebbe essere il seguente: l'impresa è un fatto sociale.
E prima lo capiamo - con le buone - e ne traiamo tutte le conseguenze strutturali, politiche e culturali, e prima cesserà oltre al circostante sfacelo questa conta un po' ipocrita di suicidi e di fallimenti.
A chi - pelosamente o incoscientemente - ribatte che invece l'impresa è da sempre la quintessenza dell'autodeterminazione individuale (manco fosse il biglietto da visita dell'operato umano davanti al padreterno), rispondo facendo notare che perfino la venuta al mondo e la dipartita degli esseri umani - quanto di più squisitamente privato - sono oggetto di precisi vincoli sociali: vedi - ovunque, e in Italia di più - le leggi sulla fecondazione, sull'interruzione di gravidanza, sui trattamenti terminali, sul diritto o meno all'eutanasia.
Quindi - osservo, e faccio osservare - il sistema si denuda in questo: è bigottamente 'socialista' se deve metter bocca sul se e come io debba nascere e morire, ma è sfrenatamente liberista sul chi ha cosa e per farne cosa. Coi risultati che ormai vediamo tutti, in un campo e nell'altro.
Ecco, dunque: l'impresa, la produzione, la distribuzione, l'occupazione, il consumo - sono cose troppo importanti e delicate per farle gestire da chi non ha alcuna idea dell'interesse generale, e soprattutto da chi ad esso non è previsto risponda in alcun modo.
La nostra teoria della riconversione parte da questa semplice presa d'atto.
due maggio duemiladodici
MAI COI PESSIMI
Le Pen sta prendendo un sacco di voti nelle zone ex-proletarie e/o neo-impoverite.
Stessa storia della Lega dell'inizio, che con gran stupore dell'allora PDS prendeva voti nei distretti già del PCI. Stessa storia degli Storace e degli Alemanno qui dalle mie parti, che fecero il pieno spesso in comuni e municipi rossi per tradizione.
Lo ricordo per questo: perché ora che la Lega è liquefatta, ora che gli amministratori postfascisti hanno fatto vedere cosa sanno amministrare, magari a qualcuno a sinistra viene il pensieruccio di andare a riprendersi quei voti, di andare a contenderli a Grillo - magari - che sarebbe il loro destino naturale.
Be', io invece spero proprio che nessun partito di sinistra cresca di un solo voto in questo modo.
Anzi, detto meglio: io dichiaro che se un partito riesce a modellare il proprio programma elettorale e la comunicazione relativa in modo tale da attrarre chi prima votava i razzisti e gli xenofobi, gli sciovinisti e i sessisti, i neofascisti e i nemici del culturame - ebbene quel partito si estromette immediatamente dalla mia idea di sinistra politica, e allontana sideralmente la punta della mia matita nel seggio dal proprio simbolo (peraltro mai davvero entusiasta, quella matita, da così tanto tempo).
Perché - idea mia, confutabile storicamente quanto si vuole, ma mia personale bussola morale e irriducibile - perché essere di sinistra, essere socialdemocratici, essere socialisti, essere comunisti, essere ambientalisti, essere altermondisti, essere anarchici, essere antagonisti allo stato di cose presente, ha come precondizione l'essere persone buone.
E come primo impegno, lo studio personale dei modi concreti per cui le persone buone possano vivere meglio nel mondo reale.
Senza di questo c'è un'altra cosa. non mi curo di denotarla qui e ora, ma certo non è la sinistra.
Restringo troppo il campo, così?
Ma tanto che si sia in minoranza lo do ormai per scontato, e altrettanto che il mondo reale irrida a quell'impegno.
Però, almeno, facciamo a non prenderci per il culo: mai coi razzisti e gli xenofobi, con gli sciovinisti e i sessisti, coi neofascisti e i nemici del culturame - per quanti siano, e siano pure accalappiabili!
trenta aprile duemiladodici
Le Pen sta prendendo un sacco di voti nelle zone ex-proletarie e/o neo-impoverite.
Stessa storia della Lega dell'inizio, che con gran stupore dell'allora PDS prendeva voti nei distretti già del PCI. Stessa storia degli Storace e degli Alemanno qui dalle mie parti, che fecero il pieno spesso in comuni e municipi rossi per tradizione.
Lo ricordo per questo: perché ora che la Lega è liquefatta, ora che gli amministratori postfascisti hanno fatto vedere cosa sanno amministrare, magari a qualcuno a sinistra viene il pensieruccio di andare a riprendersi quei voti, di andare a contenderli a Grillo - magari - che sarebbe il loro destino naturale.
Be', io invece spero proprio che nessun partito di sinistra cresca di un solo voto in questo modo.
Anzi, detto meglio: io dichiaro che se un partito riesce a modellare il proprio programma elettorale e la comunicazione relativa in modo tale da attrarre chi prima votava i razzisti e gli xenofobi, gli sciovinisti e i sessisti, i neofascisti e i nemici del culturame - ebbene quel partito si estromette immediatamente dalla mia idea di sinistra politica, e allontana sideralmente la punta della mia matita nel seggio dal proprio simbolo (peraltro mai davvero entusiasta, quella matita, da così tanto tempo).
Perché - idea mia, confutabile storicamente quanto si vuole, ma mia personale bussola morale e irriducibile - perché essere di sinistra, essere socialdemocratici, essere socialisti, essere comunisti, essere ambientalisti, essere altermondisti, essere anarchici, essere antagonisti allo stato di cose presente, ha come precondizione l'essere persone buone.
E come primo impegno, lo studio personale dei modi concreti per cui le persone buone possano vivere meglio nel mondo reale.
Senza di questo c'è un'altra cosa. non mi curo di denotarla qui e ora, ma certo non è la sinistra.
Restringo troppo il campo, così?
Ma tanto che si sia in minoranza lo do ormai per scontato, e altrettanto che il mondo reale irrida a quell'impegno.
Però, almeno, facciamo a non prenderci per il culo: mai coi razzisti e gli xenofobi, con gli sciovinisti e i sessisti, coi neofascisti e i nemici del culturame - per quanti siano, e siano pure accalappiabili!
trenta aprile duemiladodici
LIBERAZIONE: SOSTANZA POLITICA PER L'UNIONE EUROPEA
Pensavo.
Ciò che è davvero sotto attacco sin dall’inizio della crisi mondiale, è il cosiddetto modello sociale europeo – quello in cui le donne e gli uomini condividono un patto di civiltà per cui la collettività fa fronte comune ai casi e ai momenti negativi dell’esistenza individuale: la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte.
Perché questo modello è sotto attacco? Primo, perché in termini finanziari costa molto (anche se in macroeconomia riporta indubbi vantaggi, nel progresso umano e nella sicurezza diffusa – ma teoricamente si può far finta di non vederli). E secondo, perché nell’era dell’interconnessione planetaria il Sistema teme sul serio che il modello sociale di un continente da mezzo miliardo di persone vada a ‘contagiare’ gli altri sei miliardi e mezzo di umani – e visto che non può permetterselo, allora attacca direttamente il ‘focolaio’.
E perché non può permetterselo? Perché al sistema globale il modello sociale europeo adesso costa troppo?
Non accettò forse che per almeno un trentennio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa si organizzasse in tal modo in termini di assistenza, previdenza, istruzione, servizi al cittadino, al lavoratore, alla donna, al bambino, alla famiglia, all’anziano, al disabile, all’indigente? Non permise, il Sistema, che questo modello parlasse di sé al mondo intero attraverso la cultura europea del dopoguerra, le conquiste civili, politiche e sindacali, e l’affermarsi di ideali e pratiche di pacifismo, ambientalismo, solidarietà e partecipazione quali il pianeta non aveva ancora visto?
Tutto vero – Ma, in breve: non può più permetterselo perché il Sistema, cioè il Modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati, non ha affatto ‘sposato’ il modello sociale europeo come orizzonte cui tendere per progressive generalizzazioni, bensì come ‘male minore’ rispetto al pericolo della messa in discussione dei suoi stessi fondamenti (proprietà privata come dogma, profitto delle élite come criterio) da parte di strati di popolazione sempre più ampi e consapevoli: le classi.
“Gli europei sono il problema – dice, più o meno, a se stesso il Sistema negli anni ‘40 del Novecento – Dunque l’Europa sia la soluzione: dategli il loro modello sociale, le loro riforme, dategli tutto il Keynes che possiamo accettare: purché la piantino di elaborare la rivoluzione! Stiamo ancora tirandoci bombe perché le dittature che avevamo favorito per contrastare l’esperimento sovietico, ad alto rischio contagio, sono diventate quasi peggio dei comunisti: quando sarà finita non vorremo certo ricominciare da capo! Ci è andata bene che a Mosca comandi ormai un nuovo zar, tutt’altro che un rivoluzionario; e abbiamo fatto comunque affari producendo aerei, corazzate e carri armati; stiamo affinando scienza e tecnologia, organizzazione e propaganda, e questo ci servirà ad ogni modo d’ora in poi… Ma gli europei, evolutisi come sono in classi coscienti, sono pazzi abbastanza da tornare a volere la giustizia in Terra! Allora diamogli una cosa che ci somigli, teniamoli buoni mezzo secolo almeno e facciamo affari lo stesso. Dopo vedremo.”
Ma perché gli europei sono così? E poi – il Sistema, invece, a che continente appartiene?
A questo pensavo, in effetti.
Prima il secondo punto.
Il sistema globale – il Modo – non è di nessun continente, ed è di tutti.
La dico un po’ così: esso è trasversale all’Umanità intera, ed è pertinente ad ogni singolo essere umano, nella misura in cui è il dispositivo ad oggi messo a punto dall’istinto di sopravvivenza della nostra specie; è il suo presente, il suo strumento efficace – come le branchie e la vescica natatoria per i pesci, le ali e le ossa leggere per gli uccelli, i bei colori grazie ai quali i fiori attirano gli insetti per l’impollinazione, l’appetito e le fauci possenti dei grandi carnivori; è senza giudizio, nel senso morale del termine, ed è invece tutta la dote di giudizio di cui disponiamo se intendiamo per ‘giudizio’ l’atto della valutazione praticamente istantanea riguardo alle probabilità di vivere o morire, riguardo cioè – ripeto – alle condizioni della sopravvivenza umana entro la realtà data.
Manca di progettualità sul lungo termine, ed è immanentista in senso stretto – ma è la sua forza, e ne ha parecchia. In altre parole – se il Sistema fosse un ‘carattere’, sarebbe un pessimista radicale e coerente, attaccato alla vita e fatto scaltro da un’esperienza di molte generazioni.
Ancora. il Modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati è il sistema attuale, ed attualmente interprete e strumento di una volontà di sussistenza (ma solo nel breve periodo, ripeto, già meno efficace nel medio – e del tutto cieca sul lungo), sistema agito per il tramite delle persone che tale volontà sono nella posizione di esercitare: le élite planetarie. Ma non ha avuto sempre le stesse caratteristiche: per alcuni secoli prima del Ventesimo, il sistema potremmo denotarlo come Modo mercantile-colonialista di produzione eccetera, e prima dell’urbanesimo tardo-medioevale come Modo feudale eccetera, e prima ancora Modo imperiale-schiavista, e prima ancora dipende se vogliamo oppure no azzardare un’unica denotazione per i diversi processi simultanei di produzione e riproduzione sociale, a quell’epoca arcaica davvero molto differenti tra loro – quasi irriducibili.
Come si vede, il modo – la fisionomia oggettiva del Sistema – cambia nel tempo così come cambia l’organo di un vivente sotto la pressione selettiva ambientale (ossia: la disponibilità delle risorse e le dinamiche demografiche); e insieme cambia la composizione delle élite cui spetta l’applicazione del Sistema, ‘un Modo dopo l’altro’. (Anche se ad autoconservarsi, queste élite, ci provano sempre.)
Ma c’è tanta letteratura scientifica sul tema, e sfumature diverse di tanti autorevoli pensatori – anche tra quelli concordi nei lineamenti generali di questa lettura materialista della Storia. Perciò a me basterà che qui sia chiaro ciò: che il Sistema, oggi come sempre, non ha patria né etnia, e che è quanto di più prossimo alla pura animalità – all’animalità scaltra, ma incapace di astrazione – possiamo osservare dell’umano quale ‘collettività impersonale’.
(Senza alcun giudizio né valore altro che fattuale. Il che però è proprio quel che disturba nel profondo me e qualunque altro ‘umano morale’ – e quindi ‘deviante’, in qualche misura.)
Torniamo ora al primo punto. Gli europei.
Intanto – chi sono gli europei? I nati in uno degli Stati d’Europa? Ma dell’Europa di cui all’Unione Europea odierna, o al continente geograficamente inteso? O sono solo i cittadini degli Stati europei, quelli giuridicamente protetti come tali? O invece sono i ‘parlanti’ una delle lingue dell’Europa storica? O sono anche i migranti arrivati in Europa? O anche i migranti dell’Europa verso il mondo?
Io me la cavo così, soggettivisticamente e tautologicamente insieme: gli europei sono quegli tra gli umani ‘che ci si sentono’, più quelli che senza porsi il problema identitario conformano la propria vita al complesso paradigma valoriale distillato dai secoli e secoli della composita parabola culturale europea.
Stiamo daccapo? Faccio un passo avanti.
Quali sono gli elementi di tale parabola, la cui composizione la rende unica – e unica l’Europa, e unici gli europei (in quanto sopra in-definiti)?
Eccoli, sono tre: religione, filosofia, diritto.
Più precisamente: la spiritualità comunitaria e solidale, la filosofia morale e l’etica politica, i diritti della persona e le salvaguardie giuridiche della sua dignità.
(E perché, alle ‘parabole’ degli altri continenti – ossia degli ‘asiatici’, degli ‘africani’ e degli ‘americani’, tralasciando la ‘novissima’ Oceania – cosa manca? Andando giù molto grossolanamente, direi: manca la spiritualità comunitaria e solidale all’Asia, i diritti della persona e le salvaguardie giuridiche della sua dignità all’Africa, la filosofia morale e l’etica politica all’America. Ma prendetela con le molle, questa, e ai soli fini di questo mio ragionare superficiale.)
Io non sono un giurista, non vivo né di formulazione della legge né della sua applicazione, posso quindi – nel contesto di questo discorsetto – guardare al diritto non tecnicamente ma più che altro come una delle ‘modalità di ancoraggio’ delle collettività umane a un paradigma di valori che considero indice di civilizzazione, e stimare se e quanto tale ancoraggio funzioni.
E stimo di sì. Ritengo cioè che la costruzione del diritto – segnatamente degli istituti normativi che proclamano i diritti della persona e di quelli che ne prevedono la tutela – sia arrivata a buon punto; ossia, che nell’ipotesi fantascientifica di un’interruzione improvvisa dell’opera di ‘creazione continua’ del diritto (per perdita d’interesse degli umani al tema, per esempio), comunque quello che già abbiamo – se possiamo tradurlo nel profilo effettivo della convivenza tra cittadini – giustifichi il fatto che nella nostra storia di specie esso ci abbia occupati per un bel po’.
Inoltre, non sono un filosofo – non vivo né di elaborazione filosofica né del suo insegnamento – posso quindi guardare alla filosofia non tecnicamente eccetera e stimare se l’ancoraggio eccetera come sopra.
Di nuovo, stimo di sì. Ritengo che l’elaborazione della filosofia – segnatamente nell’acquisizione di problematiche condivise e feconde in filosofia morale e nell’esame etico dell’azione politica – sia arrivata a buon punto; che nell’ipotesi fantascientifica eccetera come sopra.
Infine, non sono un religioso – non vivo di apostolato confessionale, e sono serenamente ateo – posso quindi eccetera e stimare eccetera come sopra.
Stimo, ancora una volta, di sì. Ritengo che la penetrazione dell’idea religiosa – segnatamente di una religiosità che pone la solidarietà tra gli umani almeno all’altezza della dedizione al divino, tra i propri pilastri – sia arrivata a buon punto; che nell’ipotesi fantascientifica eccetera come sopra, e ho finito.
(Tralascio completamente e intenzionalmente i contesti oggettivi – economici, sociali, demografici, climatici perfino – che determinarono a suo tempo lo ‘scoccare’ di questi tre vastissimi ambiti dell’umano, e quelli che ne hanno condizionato i rispettivi sviluppi. Mi limito a saggiarne gli esiti, il ‘precipitato’, nella contemporaneità e per l’uomo comune – quale sono io.)
Cosa voglio dire con tutto questo? Semplicemente che – l’Europa contemporanea differenziandosi dal resto dell’episteme per i tre elementi storici sopra menzionati, ed essi elementi riscontrandosi essere tutti e tre giunti a sufficienti livelli di compiutezza e di diffusione – un modello sociale nel quale la collettività fa fronte comune a casi e a momenti negativi dell’esistenza individuale come la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte, e si organizza per rispondere concretamente in termini di assistenza, previdenza, istruzione, servizi al cittadino, al lavoratore, alla donna, al bambino, alla famiglia, all’anziano, al disabile, all’indigente, ebbene non poteva che essere il modello sociale europeo della seconda metà del XX Secolo: quello nato dalla lotta partigiana e popolare contro il nazifascismo, dagli ordinamenti giuridici e costituzionali sorti da tanto risveglio.
Quel modello che sta finendo oggi, per la precisione.
Anzi, per maggior precisione: che oggi sta subendo l’assalto terminale, essendosi già da tempo intaccata la ‘sopportazione’ di altri modelli – meglio: del Sistema nella sua generalità – nei confronti del medesimo.
Da quando? Da più di trent’anni, diciamo dalla metà degli anni ’70.
Vediamo come e perché.
Ho già detto, un po’ fantasticando, quel che deve aver rimuginato il Sistema nel corso della Seconda Guerra Mondiale, a proposito della specificità europea e della ‘riduzione del danno’ da porsi in essere consentendo al nostro continente la sperimentazione del welfare, come frutto di un ‘dialogo controllato’ tra capitale e lavoro, per disincentivare la ricognizione di un (pericolosissimo, ai suoi ‘occhi’) eurosocialismo. Ho buttato lì che per quelle ‘teste d’uovo’ una passeggiata del genere avrebbe potuto tenerci buoni per un mezzo secolo, durante il quale comunque le leve del potere vero sarebbero rimaste nelle solite mani e i dogmi fondamentali del medesimo (proprietà, profitto) non avrebbero corso grossi rischi.
Solo che è durata meno. ‘Appena’ trent’anni – al netto delle differenze regionali.
E’ durata meno perché – in soldoni – da una parte lo stesso welfare, prevedendo un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e contestualmente una diffusione di buoni livelli di istruzione e di canali efficienti di intercomunicazione tra gli individui e tra i ‘corpi intermedi’, ha favorito proprio quell’autocoscienza montante degli umani (il cui culmine mitopoietico fu il 1968) che il Sistema vede abbastanza come la peste (pur esso richiedendo, per lo svolgimento di molte mansioni previste dalla divisione locale e globale del lavoro, l’oggettiva emancipazione dei singoli e dell’organizzazione produttiva – ma questa contraddizione è il fulcro stesso del ‘moto della Storia’, nella nostra chiave di lettura!), e dall’altra parte è durata meno perché si è manifestato per la prima volta dall’epoca della Rivoluzione Industriale lo spettro dell’esaurimento delle risorse energetiche indispensabili a tutta la ‘piramide’, con la crisi petrolifera del 1973, il che costrinse i pensatori di cui sopra a riconsiderare rapidamente la lunghezza del filo da cedere o meno all’aquilone del costoso modello sociale europeo.
Riconsiderarono allora di tirarlo giù.
Ma lentamente, senza provocare contraccolpi – vedi: movimenti di rivolta popolare o di diserzione fiscale o di moratoria dei consumi – ancor più onerosi.
(Parlo sempre dell’Europa – anzi, neanche tutta: solo delle maggiori economie europee. Perché infatti i contraccolpi furono messi in conto, altro che, e subito schiacciati in barba alla stessa democrazia – il ‘biglietto da visita’ dell’Occidente, pensate, in faccia al Socialismo Reale per tutto il tempo della Guerra Fredda – però ‘solo’ in contesti circoscritti come la Grecia, messa in mano ai Colonnelli, o periferici come il Cile del colpo di Stato contro Allende.)
E ‘lentamente’ voleva dire: con una doppia manovra simultanea – che pertanto avrebbe richiesto del tempo.
Sarebbe?
Azione ‘uno’: smontare pian piano il nostro modello sociale essiccandone le risorse sia dinamiche (riducendo la contendibilità – benché già limitata – del potere delle élite da parte dei partiti e dei sindacati, pur blandamente, anticapitalisti) sia economiche (con la giustificazione ‘oggettiva’ della minor ricchezza generale disponibile – madre questa della immane deregulation reaganiana e thatcheriana e corifei ed epigoni vari). Azione ‘due’: diffondere un paradigma dis-valoriale, e acquisire presso i popoli consenso attorno ad esso, tale che la giustizia e la solidarietà sociale fossero man mano scalzati dall’egoismo e dalla diffidenza (a ciò si provvide un poco lasciando libertà di manovra al terrorismo quel tanto che serviva a disincentivare l’impegno politico di base, e moltissimo con l’esplosione del sistema mediatico al centro esatto del ‘buon senso comune’).
Ma non se ne accorse nessuno? (Parlo ovviamente di quelli che avevano interesse a che la doppia manovra non desse i suoi frutti.)
Pochi, e inascoltati o fraintesi.
In Italia, Pasolini e pochissimi altri.
Come che sia, ha funzionato. Complice, la ‘fortuna’ – anche se io credo che la fortuna a questi livelli di gestione planetaria sia un lusso che nessuno può permettersi –; la fortuna di contestuali accadimenti quali: l’implosione dell’impero sovietico (mica creato da Stalin e blindato da Breznev per poter rimodellarsi alla trasparenza gorbacioviana), il ruolo di ‘traino popolare’ del papato di Woytjla (non sembri forzato, ma: se passa per la testa della gente una ‘buona’ idea anti-realista, allora passano tutte – edonismo compreso), il sorgere ‘spaventevole’ dell’integralismo islamico (e qui la mitopoiesi benedetta dal Sistema è tutta in un solo giorno di settembre del 2001), la prodigiosa accelerazione dell’informatica e della telematica (senza le quali l’entità e la rapidità dell’affarismo transnazionale sarebbero impensabili) e l’incessante pressione demografica del mondo povero su quello ricco (la qual cosa non predispone certo gli abitanti di quest’ultimo alla serena disamina dello stato dei fatti, e infatti i populisti xenofobi trovano in ciò il miglior brodo di coltura – e peggio sarà col peggiorare della crisi economicosociale).
(Ma come, la pressione dei poveri alle porte dei ricchi è considerata un vantaggio dal Sistema? E’ forse stupido?
L’ho già detto. Esso è stupido come una mandibola, e non vede al di là del proprio interesse semi-immediato.)
E intanto che erodeva il modello sociale europeo, il Sistema cos’altro faceva? Affari, com’è la sua sola natura. Ma facendoli, da organismo vivente qual è, assumeva la forma più idonea all’ambiente che esso stesso andava modificando – in piena conferma dei principi adattativi complessi. E diventava, compiutamente nel corso dell’ultimo decennio del millennio scorso, il Modo attuale: neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati – quello di cui si può dire oggi con buon grado di certezza che, primo fra tutti i Modi storici del Sistema, ha uniformato almeno tendenzialmente l’intero pianeta Terra a un solo principio, che formulo un po’ così: la proprietà, la creazione e il consumo vòlti esclusivamente al profitto economico, immediato e sperequato, da tradursi poi in altra proprietà, altra creazione, altro consumo.
Ma la Terra e questo Modo – in particolare, meglio: e l’onnipervasività da esso conseguita – sono compatibili?
No. Si può rispondere così in tutta scienza e coscienza.
No soprattutto considerando che circa un miliardo e mezzo di altri umani, cinesi, più un altro miliardo e oltre di altri ancora, indiani, marciano ormai spediti – volenti o nolenti loro, volente senz’altro chi li governa in politica e finanza – con in tasca una versione, appena attualizzata e orientalizzata, di quel sogno americano che ha costituito la più potente ‘vision di massa’ del XX secolo.
(In effetti, a tal proposito, noterei che il 1989 dovrebbe essere ricordato non soltanto per la caduta del Muro di Berlino – fatto importante, ma dalle conseguenze tutto sommato regionali, europee, e a mo’ di rendiconto di un’epoca passata – bensì per il massacro di piazza Tienanmen, il quale sanciva la determinazione implacabile del Sistema nel far entrare anche il gigante cinese, giusta la netta revisione di Deng Xiaoping dei progetti di Mao, nelle fila del capitalismo globale senza farlo passare affatto per la maturazione della minima dialettica democratica, civica e sindacale.)
E no – un no fattuale, corroborato dall’osservazione scevra di ideologie –: il Modo non è più compatibile con un pianeta che la specie umana voglia abitare senza trasformarlo in una discarica (cioè uccidendolo) e/o in uno scannatoio (cioè suicidandosi), vista la dimensione reale della crisi in corso.
Eppure i detentori del potere decisionale nel Sistema non sembrano avvertiti di tali ovvietà.
Sono stupidi? Sono pazzi?
Non è strettamente necessario postulare né l’una cosa né l’altra – sebbene non siano da escludersi a priori –, poiché per giustificare i loro atti (che dimostrano la pervicace intenzione di non intervenire sulle fondamenta e sui pilastri del Modo) è sufficiente l’ipotesi che siano ragionevolmente convinti di scegliere così il male minore.
Quale?
Un bello scossone all’episteme; di quelli passati i quali ci si conta, e con chi è rimasto in piedi si ricomincia un’era.
(Nel mondo della natura vivente, ma inconsapevole, succede. Due esempi famosi: il cambiamento radicale delle condizioni ambientali globali, per la caduta di un gigantesco meteorite nel golfo del Messico, 65 milioni di anni fa, che provocò l’estinzione dei grandi rettili – i dinosauri – e preparò il ‘successo’ dei mammiferi, e tra i mammiferi dei primati, ossia anche della nostra specie; e l’ancor più drammatico stravolgimento – tuttora inspiegato – occorso circa 250 milioni di anni fa alla fine del periodo geologico Permiano, con l’estinzione del 57% di tutte le famiglie tassonomiche e dell’83% di tutti i generi, dalla quale tuttavia riemersero con un destino lungamente egemone forme di vita vertebrata come quella, appunto, di dinosauri e uccelli.)
E questo sarebbe il minore dei mali?
Probabilmente sì, a giudizio di chi ritiene l’alternativa radicale – ossia lo smantellamento del Sistema stesso: un’eresia contro i dogmi della proprietà e del profitto, direbbe Benjamin – lo scoperchiamento del vaso di Pandora, lo spegnimento dell’unica molla dell’azione umana, cioè l’egoismo puro. Insomma: la fine stessa della Storia, la scomparsa della nostra razza per consunzione.
C’è gente che ragiona così, in effetti – pensate. Così come potrebbe cogitare un alligatore riguardo ai propri casi, se solo cogitasse.
E invece io pensavo questo.
Che il Sistema – già prima descritto come funzionale alla sopravvivenza a breve ma miopissimo sul futuro, nel quale per di più una quota rilevantissima di decisioni sono ormai affidate a processi informatici automatizzati e inintenzionali – si sta orientando in modo tale da far rientrare nel nulla da cui è fuoriuscita la ‘singolarità europea’ cui abbiamo accennato, perché essa suonerebbe ‘innaturale’ quanto la compassione in un termitaio e perché comunque il tempo dei giochi sarebbe finito.
E che le élite che lo governano – mica poca gente, tutto sommato: diciamo 10 milioni di umani in tutto il mondo – stanno correndo a dotarsi delle risorse e degli strumenti utili a far fronte al più grande (anzi: al primo), processo di de-civilizzazione della nostra Storia.
(Dove per ‘civilizzazione’ ci intendiamo, suppongo, senza altri dettagli.)
Come ci riescono? (A salvarsi, intendo.)
Spingendo l’acceleratore proprio sulle asprezze della crisi finanziaria in corso – non sembri un paradosso – grazie all’immensa speculazione sulla quale, possono drenare e accumulare ricchezze e beni-rifugio buoni ad ogni evenienza per quanto catastrofica.
Anche senza scomodare visioni da fiction del tipo ‘gli uomini del Potere nel breve vi scaricano la crisi, sul medio allestiscono il fascismo, e per il lungo ci sono le astronavi’ (ma nel mio blog un post così icastico ci sta benissimo), tuttavia – magari senza che ne fosse il fine ultimo sin dall’inizio – l’autismo monetaristico del Modo neocapitalista eccetera non solo non rimette in sesto il Sistema, non solo affama il 99% dell’Umanità, ma ingrassa a dismisura i suoi demenziali (tutt’altro che dementi) amministratori: i creatori di un’intera genealogia di prodotti finanziari derivati e derivati dei derivati e scommesse sui derivati al quadrato e al cubo, senza più alcun aggancio all’unica fonte di ogni ricchezza reale – il lavoro.
Il destino di sette miliardi di anime appeso a una bava infinita di carta straccia. Tutto per non ammettere: ‘abbiamo sbagliato’.
E questo è l’oggi.
(E io sto concludendo.)
Ma l’Europa è qui, ancora – pensavo.
Ancora (per poco) al centro di una dinamica planetaria epocale, e quindi (ancora per poco) in condizione di mettere la propria singolarità – il ‘sogno dell’Umano’ a lungo praticato – al servizio di quei sei miliardi e mezzo di cittadini del mondo che europei non sono, né peraltro possono blindarsi come élite nei luoghi e nei privilegi del potere, nel mezzo del caos che viene.
L’Europa è qui, ora.
Ed è adesso che deve rendere in termini di capacità progettuali e organizzative, al mondo che ha depredato nei secoli del colonialismo (e che ci conforta esso stesso con ‘prese di coscienza’ regionali e pratiche conseguenti – come le primavere arabe, le rivendicazioni democratiche indocinesi, i movimenti latinoamericani per la terra e la legalità): rendere la materia di cui si è nutrita.
Ne ha fatto cultura e spirito, immersi nei quali siamo cresciuti fino a tanta grazia – ha pasciuto me, e gente come me. Ne sprema adesso fino all’ultima goccia tutta la forza politica. Che non è poca. (Ancora.)
In Europa abbiamo istituzioni democratiche, almeno formalmente, in ogni Paese e nella giovane unione continentale; abbiamo dinamiche di partecipazione dal basso, consolidate; abbiamo organizzazioni rappresentative dei lavoratori, comunque intesi, che almeno in teoria hanno statuti tali da poter trattare con i consigli di amministrazione e le loro federazioni; abbiamo partiti – nei Paesi d’Europa – nel cui DNA, almeno lì, è scritta una missione di progresso e di equità, di solidarietà e di giustizia; abbiamo movimenti, associazioni e collettivi che fanno da battistrada al mondo nel riconoscimento e nella tutela dei nuovi diritti della persona e dell’ambiente; abbiamo un Parlamento Europeo, e una Commissione che funge da organo esecutivo dell’Unione – benché con limitate potestà di governo.
Soprattutto abbiamo limpido il valore della vita, di ogni vita; e del retaggio del tempo trascorso; e della responsabilità verso quello a venire.
Ecco: tutto questo non sia solo ‘museo’. Tanto meno, bottino di guerra.
E il momento di dimostrarlo – se mai se ne desse uno – è arrivato.
Per quanto detto, la mia proposta è la seguente.
Chi tra noi abbia coltivato in sé – ma sul serio, profondamente, non per moda, non per istinto gregario, non per puro ribellismo fine a se stesso – chi abbia coltivato, fosse pure per una sola stagione sincera, lo scandaloso ideale dell’eguaglianza tra tutti gli uomini, eguaglianza in diritti e in opportunità; e si sia persuaso – per riuscire a intravederne la concreta possibilità, almeno a tendere – si sia persuaso per via di studio, di narrazione o di esperienza diretta, della teoria secondo cui il presupposto di quell’ideale egualitario è la riduzione drastica e strutturale delle sperequazioni economiche del tempo presente; ebbene – ricordi ora quell’ideale, ritrovi ora i motivi di quell’esser persuaso, apra oggi un onesto dialogo con la propria coscienza e col proprio intelletto e valuti se l’aver smarriti per la strada del tempo il sogno dell’umana eguaglianza e il metodo della giustizia sociale non si debba, per caso, all’ispessimento naturale della buccia del cuore, all’anelasticità progressiva del cervello, al conformismo timorato degli anatemi contro antiche (e ammettiamolo: mal giocate) parole d’ordine, ma non già all’errore insanabile dell’ideale né all’inapplicabilità intrinseca della teoria.
E se ciò riscontri all’esito di quel dialogo sincero, ossia che gli umani è giusto che siano uguali in diritti ed opportunità e che i mezzi utili al fine sono la giustizia sociale, la cura concreta del generale interesse e la sua preminenza sempre e comunque sulla tutela dell’orizzonte puramente individuale, ebbene – aggiunga conclusivamente agli attributi che rimette al se stesso attuale, adulto, cosciente, anche il predicato dell’espressione ‘io sono socialista’, e tragga da ciò tutte le conseguenze etiche e politiche (cioè: private e pubbliche) in un momento storico come questo.
In Italia – costui, io, noi – si uniscano a chi altri la pensi così, e diano rapidamente forma e struttura e linfa nuova a soggetti collettivi capaci di alzare una voce chiara, unitaria, forte di una teoria che già esiste, con gli arricchimenti e le ridefinizioni che giungono fino a oggi. Che questa unità si candidi a intercettare democraticamente il consenso degli altri cittadini, che sappia conquistarlo stabilmente con la forza del ragionamento coerente e dell’esempio morale di chi lo enuncia; e che a partire da questo Paese, democraticamente ci si proponga di incontrare altri soggetti del pari emergenti o riemergenti oggi in seno alle classi più consapevoli dei popoli d’Europa – i quali tutti riescano poi a scaldare la generalità dei cuori e rinfrescare la maggioranza delle menti con una visione grande e profonda dell’Unione Europea, come baluardo del più concreto umanesimo. Socialista.
E le intelligenze migliori, le braccia più forti, i nervi più saldi, le comunità più emancipate, le lotte più conseguenti di ogni latitudine planetaria, e colore della pelle, e lingua, e musica nei piedi – il 99% del Genere Umano è già virtualmente pronto a dare corpo e misura a questa nuova immensa piramide, finalmente rovesciata. Ideale, eppure concretissima.
Pensavo.
Che per tanto ingaggio – e indispensabile – servirebbero ora donne e uomini i quali, una volta condivisa la teoria e decisa la pratica, sapessero guidare le moltitudini verso un cambiamento tanto radicale (esso richiedendo a tutti una profonda riconversione della coscienza del proprio stare al mondo, pari solo alla contestuale riconversione del modello concreto di società, economia e diritti), talmente radicale che soltanto con la guida e l'esempio di uomini e donne davvero straordinari, noi poveri cristi potremmo accettarlo per quel che deve essere: un risveglio e un entrare tutti in un'età nuova, quella in cui ‘a ognuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le proprie possibilità’.
Geni nell'intelletto, titani della volontà, santi dell'etica – guide così servirebbero, alle quali guardare nei momenti di maggiore dubbio o difficoltà, per non perdere la memoria di ciò che stiamo facendo e del perché, per non perderne lo stesso desiderio che compensi l'immane sforzo.
I Socrate, i Francesco, i Marx, le Ipazia, le Louise Michel, le Ibàrruri, le Arendt, i Gramsci – solo per fare qualche nome.
Ma non ci si può scegliere un capo. Un capo nasce – se ne nasce uno – dove capita; e se in prossimità nostra, allora ci riguarda ed è buona sorte per noi.
Non si può nemmeno scegliere il luogo e il tempo della propria nascita, però, ovviamente. Ma essi – a differenza dei capi – indubitabilmente ci riguardano, per definizione.
E quel tempo e quel luogo in cui venimmo alla vita ci hanno scagliati qui, adesso.
La mia proposta – pensavo – è per arrivare a un domani e ovunque, ma arrivarci con le nostre gambe umane.
L’Europa, il mondo. La piena umanizzazione. L’ultima liberazione.
venticinque aprile duemiladodici
Pensavo.
Ciò che è davvero sotto attacco sin dall’inizio della crisi mondiale, è il cosiddetto modello sociale europeo – quello in cui le donne e gli uomini condividono un patto di civiltà per cui la collettività fa fronte comune ai casi e ai momenti negativi dell’esistenza individuale: la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte.
Perché questo modello è sotto attacco? Primo, perché in termini finanziari costa molto (anche se in macroeconomia riporta indubbi vantaggi, nel progresso umano e nella sicurezza diffusa – ma teoricamente si può far finta di non vederli). E secondo, perché nell’era dell’interconnessione planetaria il Sistema teme sul serio che il modello sociale di un continente da mezzo miliardo di persone vada a ‘contagiare’ gli altri sei miliardi e mezzo di umani – e visto che non può permetterselo, allora attacca direttamente il ‘focolaio’.
E perché non può permetterselo? Perché al sistema globale il modello sociale europeo adesso costa troppo?
Non accettò forse che per almeno un trentennio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa si organizzasse in tal modo in termini di assistenza, previdenza, istruzione, servizi al cittadino, al lavoratore, alla donna, al bambino, alla famiglia, all’anziano, al disabile, all’indigente? Non permise, il Sistema, che questo modello parlasse di sé al mondo intero attraverso la cultura europea del dopoguerra, le conquiste civili, politiche e sindacali, e l’affermarsi di ideali e pratiche di pacifismo, ambientalismo, solidarietà e partecipazione quali il pianeta non aveva ancora visto?
Tutto vero – Ma, in breve: non può più permetterselo perché il Sistema, cioè il Modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati, non ha affatto ‘sposato’ il modello sociale europeo come orizzonte cui tendere per progressive generalizzazioni, bensì come ‘male minore’ rispetto al pericolo della messa in discussione dei suoi stessi fondamenti (proprietà privata come dogma, profitto delle élite come criterio) da parte di strati di popolazione sempre più ampi e consapevoli: le classi.
“Gli europei sono il problema – dice, più o meno, a se stesso il Sistema negli anni ‘40 del Novecento – Dunque l’Europa sia la soluzione: dategli il loro modello sociale, le loro riforme, dategli tutto il Keynes che possiamo accettare: purché la piantino di elaborare la rivoluzione! Stiamo ancora tirandoci bombe perché le dittature che avevamo favorito per contrastare l’esperimento sovietico, ad alto rischio contagio, sono diventate quasi peggio dei comunisti: quando sarà finita non vorremo certo ricominciare da capo! Ci è andata bene che a Mosca comandi ormai un nuovo zar, tutt’altro che un rivoluzionario; e abbiamo fatto comunque affari producendo aerei, corazzate e carri armati; stiamo affinando scienza e tecnologia, organizzazione e propaganda, e questo ci servirà ad ogni modo d’ora in poi… Ma gli europei, evolutisi come sono in classi coscienti, sono pazzi abbastanza da tornare a volere la giustizia in Terra! Allora diamogli una cosa che ci somigli, teniamoli buoni mezzo secolo almeno e facciamo affari lo stesso. Dopo vedremo.”
Ma perché gli europei sono così? E poi – il Sistema, invece, a che continente appartiene?
A questo pensavo, in effetti.
Prima il secondo punto.
Il sistema globale – il Modo – non è di nessun continente, ed è di tutti.
La dico un po’ così: esso è trasversale all’Umanità intera, ed è pertinente ad ogni singolo essere umano, nella misura in cui è il dispositivo ad oggi messo a punto dall’istinto di sopravvivenza della nostra specie; è il suo presente, il suo strumento efficace – come le branchie e la vescica natatoria per i pesci, le ali e le ossa leggere per gli uccelli, i bei colori grazie ai quali i fiori attirano gli insetti per l’impollinazione, l’appetito e le fauci possenti dei grandi carnivori; è senza giudizio, nel senso morale del termine, ed è invece tutta la dote di giudizio di cui disponiamo se intendiamo per ‘giudizio’ l’atto della valutazione praticamente istantanea riguardo alle probabilità di vivere o morire, riguardo cioè – ripeto – alle condizioni della sopravvivenza umana entro la realtà data.
Manca di progettualità sul lungo termine, ed è immanentista in senso stretto – ma è la sua forza, e ne ha parecchia. In altre parole – se il Sistema fosse un ‘carattere’, sarebbe un pessimista radicale e coerente, attaccato alla vita e fatto scaltro da un’esperienza di molte generazioni.
Ancora. il Modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati è il sistema attuale, ed attualmente interprete e strumento di una volontà di sussistenza (ma solo nel breve periodo, ripeto, già meno efficace nel medio – e del tutto cieca sul lungo), sistema agito per il tramite delle persone che tale volontà sono nella posizione di esercitare: le élite planetarie. Ma non ha avuto sempre le stesse caratteristiche: per alcuni secoli prima del Ventesimo, il sistema potremmo denotarlo come Modo mercantile-colonialista di produzione eccetera, e prima dell’urbanesimo tardo-medioevale come Modo feudale eccetera, e prima ancora Modo imperiale-schiavista, e prima ancora dipende se vogliamo oppure no azzardare un’unica denotazione per i diversi processi simultanei di produzione e riproduzione sociale, a quell’epoca arcaica davvero molto differenti tra loro – quasi irriducibili.
Come si vede, il modo – la fisionomia oggettiva del Sistema – cambia nel tempo così come cambia l’organo di un vivente sotto la pressione selettiva ambientale (ossia: la disponibilità delle risorse e le dinamiche demografiche); e insieme cambia la composizione delle élite cui spetta l’applicazione del Sistema, ‘un Modo dopo l’altro’. (Anche se ad autoconservarsi, queste élite, ci provano sempre.)
Ma c’è tanta letteratura scientifica sul tema, e sfumature diverse di tanti autorevoli pensatori – anche tra quelli concordi nei lineamenti generali di questa lettura materialista della Storia. Perciò a me basterà che qui sia chiaro ciò: che il Sistema, oggi come sempre, non ha patria né etnia, e che è quanto di più prossimo alla pura animalità – all’animalità scaltra, ma incapace di astrazione – possiamo osservare dell’umano quale ‘collettività impersonale’.
(Senza alcun giudizio né valore altro che fattuale. Il che però è proprio quel che disturba nel profondo me e qualunque altro ‘umano morale’ – e quindi ‘deviante’, in qualche misura.)
Torniamo ora al primo punto. Gli europei.
Intanto – chi sono gli europei? I nati in uno degli Stati d’Europa? Ma dell’Europa di cui all’Unione Europea odierna, o al continente geograficamente inteso? O sono solo i cittadini degli Stati europei, quelli giuridicamente protetti come tali? O invece sono i ‘parlanti’ una delle lingue dell’Europa storica? O sono anche i migranti arrivati in Europa? O anche i migranti dell’Europa verso il mondo?
Io me la cavo così, soggettivisticamente e tautologicamente insieme: gli europei sono quegli tra gli umani ‘che ci si sentono’, più quelli che senza porsi il problema identitario conformano la propria vita al complesso paradigma valoriale distillato dai secoli e secoli della composita parabola culturale europea.
Stiamo daccapo? Faccio un passo avanti.
Quali sono gli elementi di tale parabola, la cui composizione la rende unica – e unica l’Europa, e unici gli europei (in quanto sopra in-definiti)?
Eccoli, sono tre: religione, filosofia, diritto.
Più precisamente: la spiritualità comunitaria e solidale, la filosofia morale e l’etica politica, i diritti della persona e le salvaguardie giuridiche della sua dignità.
(E perché, alle ‘parabole’ degli altri continenti – ossia degli ‘asiatici’, degli ‘africani’ e degli ‘americani’, tralasciando la ‘novissima’ Oceania – cosa manca? Andando giù molto grossolanamente, direi: manca la spiritualità comunitaria e solidale all’Asia, i diritti della persona e le salvaguardie giuridiche della sua dignità all’Africa, la filosofia morale e l’etica politica all’America. Ma prendetela con le molle, questa, e ai soli fini di questo mio ragionare superficiale.)
Io non sono un giurista, non vivo né di formulazione della legge né della sua applicazione, posso quindi – nel contesto di questo discorsetto – guardare al diritto non tecnicamente ma più che altro come una delle ‘modalità di ancoraggio’ delle collettività umane a un paradigma di valori che considero indice di civilizzazione, e stimare se e quanto tale ancoraggio funzioni.
E stimo di sì. Ritengo cioè che la costruzione del diritto – segnatamente degli istituti normativi che proclamano i diritti della persona e di quelli che ne prevedono la tutela – sia arrivata a buon punto; ossia, che nell’ipotesi fantascientifica di un’interruzione improvvisa dell’opera di ‘creazione continua’ del diritto (per perdita d’interesse degli umani al tema, per esempio), comunque quello che già abbiamo – se possiamo tradurlo nel profilo effettivo della convivenza tra cittadini – giustifichi il fatto che nella nostra storia di specie esso ci abbia occupati per un bel po’.
Inoltre, non sono un filosofo – non vivo né di elaborazione filosofica né del suo insegnamento – posso quindi guardare alla filosofia non tecnicamente eccetera e stimare se l’ancoraggio eccetera come sopra.
Di nuovo, stimo di sì. Ritengo che l’elaborazione della filosofia – segnatamente nell’acquisizione di problematiche condivise e feconde in filosofia morale e nell’esame etico dell’azione politica – sia arrivata a buon punto; che nell’ipotesi fantascientifica eccetera come sopra.
Infine, non sono un religioso – non vivo di apostolato confessionale, e sono serenamente ateo – posso quindi eccetera e stimare eccetera come sopra.
Stimo, ancora una volta, di sì. Ritengo che la penetrazione dell’idea religiosa – segnatamente di una religiosità che pone la solidarietà tra gli umani almeno all’altezza della dedizione al divino, tra i propri pilastri – sia arrivata a buon punto; che nell’ipotesi fantascientifica eccetera come sopra, e ho finito.
(Tralascio completamente e intenzionalmente i contesti oggettivi – economici, sociali, demografici, climatici perfino – che determinarono a suo tempo lo ‘scoccare’ di questi tre vastissimi ambiti dell’umano, e quelli che ne hanno condizionato i rispettivi sviluppi. Mi limito a saggiarne gli esiti, il ‘precipitato’, nella contemporaneità e per l’uomo comune – quale sono io.)
Cosa voglio dire con tutto questo? Semplicemente che – l’Europa contemporanea differenziandosi dal resto dell’episteme per i tre elementi storici sopra menzionati, ed essi elementi riscontrandosi essere tutti e tre giunti a sufficienti livelli di compiutezza e di diffusione – un modello sociale nel quale la collettività fa fronte comune a casi e a momenti negativi dell’esistenza individuale come la malattia, la vecchiaia, l’incidente, la solitudine, l’ignoranza, la miseria, la morte, e si organizza per rispondere concretamente in termini di assistenza, previdenza, istruzione, servizi al cittadino, al lavoratore, alla donna, al bambino, alla famiglia, all’anziano, al disabile, all’indigente, ebbene non poteva che essere il modello sociale europeo della seconda metà del XX Secolo: quello nato dalla lotta partigiana e popolare contro il nazifascismo, dagli ordinamenti giuridici e costituzionali sorti da tanto risveglio.
Quel modello che sta finendo oggi, per la precisione.
Anzi, per maggior precisione: che oggi sta subendo l’assalto terminale, essendosi già da tempo intaccata la ‘sopportazione’ di altri modelli – meglio: del Sistema nella sua generalità – nei confronti del medesimo.
Da quando? Da più di trent’anni, diciamo dalla metà degli anni ’70.
Vediamo come e perché.
Ho già detto, un po’ fantasticando, quel che deve aver rimuginato il Sistema nel corso della Seconda Guerra Mondiale, a proposito della specificità europea e della ‘riduzione del danno’ da porsi in essere consentendo al nostro continente la sperimentazione del welfare, come frutto di un ‘dialogo controllato’ tra capitale e lavoro, per disincentivare la ricognizione di un (pericolosissimo, ai suoi ‘occhi’) eurosocialismo. Ho buttato lì che per quelle ‘teste d’uovo’ una passeggiata del genere avrebbe potuto tenerci buoni per un mezzo secolo, durante il quale comunque le leve del potere vero sarebbero rimaste nelle solite mani e i dogmi fondamentali del medesimo (proprietà, profitto) non avrebbero corso grossi rischi.
Solo che è durata meno. ‘Appena’ trent’anni – al netto delle differenze regionali.
E’ durata meno perché – in soldoni – da una parte lo stesso welfare, prevedendo un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e contestualmente una diffusione di buoni livelli di istruzione e di canali efficienti di intercomunicazione tra gli individui e tra i ‘corpi intermedi’, ha favorito proprio quell’autocoscienza montante degli umani (il cui culmine mitopoietico fu il 1968) che il Sistema vede abbastanza come la peste (pur esso richiedendo, per lo svolgimento di molte mansioni previste dalla divisione locale e globale del lavoro, l’oggettiva emancipazione dei singoli e dell’organizzazione produttiva – ma questa contraddizione è il fulcro stesso del ‘moto della Storia’, nella nostra chiave di lettura!), e dall’altra parte è durata meno perché si è manifestato per la prima volta dall’epoca della Rivoluzione Industriale lo spettro dell’esaurimento delle risorse energetiche indispensabili a tutta la ‘piramide’, con la crisi petrolifera del 1973, il che costrinse i pensatori di cui sopra a riconsiderare rapidamente la lunghezza del filo da cedere o meno all’aquilone del costoso modello sociale europeo.
Riconsiderarono allora di tirarlo giù.
Ma lentamente, senza provocare contraccolpi – vedi: movimenti di rivolta popolare o di diserzione fiscale o di moratoria dei consumi – ancor più onerosi.
(Parlo sempre dell’Europa – anzi, neanche tutta: solo delle maggiori economie europee. Perché infatti i contraccolpi furono messi in conto, altro che, e subito schiacciati in barba alla stessa democrazia – il ‘biglietto da visita’ dell’Occidente, pensate, in faccia al Socialismo Reale per tutto il tempo della Guerra Fredda – però ‘solo’ in contesti circoscritti come la Grecia, messa in mano ai Colonnelli, o periferici come il Cile del colpo di Stato contro Allende.)
E ‘lentamente’ voleva dire: con una doppia manovra simultanea – che pertanto avrebbe richiesto del tempo.
Sarebbe?
Azione ‘uno’: smontare pian piano il nostro modello sociale essiccandone le risorse sia dinamiche (riducendo la contendibilità – benché già limitata – del potere delle élite da parte dei partiti e dei sindacati, pur blandamente, anticapitalisti) sia economiche (con la giustificazione ‘oggettiva’ della minor ricchezza generale disponibile – madre questa della immane deregulation reaganiana e thatcheriana e corifei ed epigoni vari). Azione ‘due’: diffondere un paradigma dis-valoriale, e acquisire presso i popoli consenso attorno ad esso, tale che la giustizia e la solidarietà sociale fossero man mano scalzati dall’egoismo e dalla diffidenza (a ciò si provvide un poco lasciando libertà di manovra al terrorismo quel tanto che serviva a disincentivare l’impegno politico di base, e moltissimo con l’esplosione del sistema mediatico al centro esatto del ‘buon senso comune’).
Ma non se ne accorse nessuno? (Parlo ovviamente di quelli che avevano interesse a che la doppia manovra non desse i suoi frutti.)
Pochi, e inascoltati o fraintesi.
In Italia, Pasolini e pochissimi altri.
Come che sia, ha funzionato. Complice, la ‘fortuna’ – anche se io credo che la fortuna a questi livelli di gestione planetaria sia un lusso che nessuno può permettersi –; la fortuna di contestuali accadimenti quali: l’implosione dell’impero sovietico (mica creato da Stalin e blindato da Breznev per poter rimodellarsi alla trasparenza gorbacioviana), il ruolo di ‘traino popolare’ del papato di Woytjla (non sembri forzato, ma: se passa per la testa della gente una ‘buona’ idea anti-realista, allora passano tutte – edonismo compreso), il sorgere ‘spaventevole’ dell’integralismo islamico (e qui la mitopoiesi benedetta dal Sistema è tutta in un solo giorno di settembre del 2001), la prodigiosa accelerazione dell’informatica e della telematica (senza le quali l’entità e la rapidità dell’affarismo transnazionale sarebbero impensabili) e l’incessante pressione demografica del mondo povero su quello ricco (la qual cosa non predispone certo gli abitanti di quest’ultimo alla serena disamina dello stato dei fatti, e infatti i populisti xenofobi trovano in ciò il miglior brodo di coltura – e peggio sarà col peggiorare della crisi economicosociale).
(Ma come, la pressione dei poveri alle porte dei ricchi è considerata un vantaggio dal Sistema? E’ forse stupido?
L’ho già detto. Esso è stupido come una mandibola, e non vede al di là del proprio interesse semi-immediato.)
E intanto che erodeva il modello sociale europeo, il Sistema cos’altro faceva? Affari, com’è la sua sola natura. Ma facendoli, da organismo vivente qual è, assumeva la forma più idonea all’ambiente che esso stesso andava modificando – in piena conferma dei principi adattativi complessi. E diventava, compiutamente nel corso dell’ultimo decennio del millennio scorso, il Modo attuale: neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati – quello di cui si può dire oggi con buon grado di certezza che, primo fra tutti i Modi storici del Sistema, ha uniformato almeno tendenzialmente l’intero pianeta Terra a un solo principio, che formulo un po’ così: la proprietà, la creazione e il consumo vòlti esclusivamente al profitto economico, immediato e sperequato, da tradursi poi in altra proprietà, altra creazione, altro consumo.
Ma la Terra e questo Modo – in particolare, meglio: e l’onnipervasività da esso conseguita – sono compatibili?
No. Si può rispondere così in tutta scienza e coscienza.
No soprattutto considerando che circa un miliardo e mezzo di altri umani, cinesi, più un altro miliardo e oltre di altri ancora, indiani, marciano ormai spediti – volenti o nolenti loro, volente senz’altro chi li governa in politica e finanza – con in tasca una versione, appena attualizzata e orientalizzata, di quel sogno americano che ha costituito la più potente ‘vision di massa’ del XX secolo.
(In effetti, a tal proposito, noterei che il 1989 dovrebbe essere ricordato non soltanto per la caduta del Muro di Berlino – fatto importante, ma dalle conseguenze tutto sommato regionali, europee, e a mo’ di rendiconto di un’epoca passata – bensì per il massacro di piazza Tienanmen, il quale sanciva la determinazione implacabile del Sistema nel far entrare anche il gigante cinese, giusta la netta revisione di Deng Xiaoping dei progetti di Mao, nelle fila del capitalismo globale senza farlo passare affatto per la maturazione della minima dialettica democratica, civica e sindacale.)
E no – un no fattuale, corroborato dall’osservazione scevra di ideologie –: il Modo non è più compatibile con un pianeta che la specie umana voglia abitare senza trasformarlo in una discarica (cioè uccidendolo) e/o in uno scannatoio (cioè suicidandosi), vista la dimensione reale della crisi in corso.
Eppure i detentori del potere decisionale nel Sistema non sembrano avvertiti di tali ovvietà.
Sono stupidi? Sono pazzi?
Non è strettamente necessario postulare né l’una cosa né l’altra – sebbene non siano da escludersi a priori –, poiché per giustificare i loro atti (che dimostrano la pervicace intenzione di non intervenire sulle fondamenta e sui pilastri del Modo) è sufficiente l’ipotesi che siano ragionevolmente convinti di scegliere così il male minore.
Quale?
Un bello scossone all’episteme; di quelli passati i quali ci si conta, e con chi è rimasto in piedi si ricomincia un’era.
(Nel mondo della natura vivente, ma inconsapevole, succede. Due esempi famosi: il cambiamento radicale delle condizioni ambientali globali, per la caduta di un gigantesco meteorite nel golfo del Messico, 65 milioni di anni fa, che provocò l’estinzione dei grandi rettili – i dinosauri – e preparò il ‘successo’ dei mammiferi, e tra i mammiferi dei primati, ossia anche della nostra specie; e l’ancor più drammatico stravolgimento – tuttora inspiegato – occorso circa 250 milioni di anni fa alla fine del periodo geologico Permiano, con l’estinzione del 57% di tutte le famiglie tassonomiche e dell’83% di tutti i generi, dalla quale tuttavia riemersero con un destino lungamente egemone forme di vita vertebrata come quella, appunto, di dinosauri e uccelli.)
E questo sarebbe il minore dei mali?
Probabilmente sì, a giudizio di chi ritiene l’alternativa radicale – ossia lo smantellamento del Sistema stesso: un’eresia contro i dogmi della proprietà e del profitto, direbbe Benjamin – lo scoperchiamento del vaso di Pandora, lo spegnimento dell’unica molla dell’azione umana, cioè l’egoismo puro. Insomma: la fine stessa della Storia, la scomparsa della nostra razza per consunzione.
C’è gente che ragiona così, in effetti – pensate. Così come potrebbe cogitare un alligatore riguardo ai propri casi, se solo cogitasse.
E invece io pensavo questo.
Che il Sistema – già prima descritto come funzionale alla sopravvivenza a breve ma miopissimo sul futuro, nel quale per di più una quota rilevantissima di decisioni sono ormai affidate a processi informatici automatizzati e inintenzionali – si sta orientando in modo tale da far rientrare nel nulla da cui è fuoriuscita la ‘singolarità europea’ cui abbiamo accennato, perché essa suonerebbe ‘innaturale’ quanto la compassione in un termitaio e perché comunque il tempo dei giochi sarebbe finito.
E che le élite che lo governano – mica poca gente, tutto sommato: diciamo 10 milioni di umani in tutto il mondo – stanno correndo a dotarsi delle risorse e degli strumenti utili a far fronte al più grande (anzi: al primo), processo di de-civilizzazione della nostra Storia.
(Dove per ‘civilizzazione’ ci intendiamo, suppongo, senza altri dettagli.)
Come ci riescono? (A salvarsi, intendo.)
Spingendo l’acceleratore proprio sulle asprezze della crisi finanziaria in corso – non sembri un paradosso – grazie all’immensa speculazione sulla quale, possono drenare e accumulare ricchezze e beni-rifugio buoni ad ogni evenienza per quanto catastrofica.
Anche senza scomodare visioni da fiction del tipo ‘gli uomini del Potere nel breve vi scaricano la crisi, sul medio allestiscono il fascismo, e per il lungo ci sono le astronavi’ (ma nel mio blog un post così icastico ci sta benissimo), tuttavia – magari senza che ne fosse il fine ultimo sin dall’inizio – l’autismo monetaristico del Modo neocapitalista eccetera non solo non rimette in sesto il Sistema, non solo affama il 99% dell’Umanità, ma ingrassa a dismisura i suoi demenziali (tutt’altro che dementi) amministratori: i creatori di un’intera genealogia di prodotti finanziari derivati e derivati dei derivati e scommesse sui derivati al quadrato e al cubo, senza più alcun aggancio all’unica fonte di ogni ricchezza reale – il lavoro.
Il destino di sette miliardi di anime appeso a una bava infinita di carta straccia. Tutto per non ammettere: ‘abbiamo sbagliato’.
E questo è l’oggi.
(E io sto concludendo.)
Ma l’Europa è qui, ancora – pensavo.
Ancora (per poco) al centro di una dinamica planetaria epocale, e quindi (ancora per poco) in condizione di mettere la propria singolarità – il ‘sogno dell’Umano’ a lungo praticato – al servizio di quei sei miliardi e mezzo di cittadini del mondo che europei non sono, né peraltro possono blindarsi come élite nei luoghi e nei privilegi del potere, nel mezzo del caos che viene.
L’Europa è qui, ora.
Ed è adesso che deve rendere in termini di capacità progettuali e organizzative, al mondo che ha depredato nei secoli del colonialismo (e che ci conforta esso stesso con ‘prese di coscienza’ regionali e pratiche conseguenti – come le primavere arabe, le rivendicazioni democratiche indocinesi, i movimenti latinoamericani per la terra e la legalità): rendere la materia di cui si è nutrita.
Ne ha fatto cultura e spirito, immersi nei quali siamo cresciuti fino a tanta grazia – ha pasciuto me, e gente come me. Ne sprema adesso fino all’ultima goccia tutta la forza politica. Che non è poca. (Ancora.)
In Europa abbiamo istituzioni democratiche, almeno formalmente, in ogni Paese e nella giovane unione continentale; abbiamo dinamiche di partecipazione dal basso, consolidate; abbiamo organizzazioni rappresentative dei lavoratori, comunque intesi, che almeno in teoria hanno statuti tali da poter trattare con i consigli di amministrazione e le loro federazioni; abbiamo partiti – nei Paesi d’Europa – nel cui DNA, almeno lì, è scritta una missione di progresso e di equità, di solidarietà e di giustizia; abbiamo movimenti, associazioni e collettivi che fanno da battistrada al mondo nel riconoscimento e nella tutela dei nuovi diritti della persona e dell’ambiente; abbiamo un Parlamento Europeo, e una Commissione che funge da organo esecutivo dell’Unione – benché con limitate potestà di governo.
Soprattutto abbiamo limpido il valore della vita, di ogni vita; e del retaggio del tempo trascorso; e della responsabilità verso quello a venire.
Ecco: tutto questo non sia solo ‘museo’. Tanto meno, bottino di guerra.
E il momento di dimostrarlo – se mai se ne desse uno – è arrivato.
Per quanto detto, la mia proposta è la seguente.
Chi tra noi abbia coltivato in sé – ma sul serio, profondamente, non per moda, non per istinto gregario, non per puro ribellismo fine a se stesso – chi abbia coltivato, fosse pure per una sola stagione sincera, lo scandaloso ideale dell’eguaglianza tra tutti gli uomini, eguaglianza in diritti e in opportunità; e si sia persuaso – per riuscire a intravederne la concreta possibilità, almeno a tendere – si sia persuaso per via di studio, di narrazione o di esperienza diretta, della teoria secondo cui il presupposto di quell’ideale egualitario è la riduzione drastica e strutturale delle sperequazioni economiche del tempo presente; ebbene – ricordi ora quell’ideale, ritrovi ora i motivi di quell’esser persuaso, apra oggi un onesto dialogo con la propria coscienza e col proprio intelletto e valuti se l’aver smarriti per la strada del tempo il sogno dell’umana eguaglianza e il metodo della giustizia sociale non si debba, per caso, all’ispessimento naturale della buccia del cuore, all’anelasticità progressiva del cervello, al conformismo timorato degli anatemi contro antiche (e ammettiamolo: mal giocate) parole d’ordine, ma non già all’errore insanabile dell’ideale né all’inapplicabilità intrinseca della teoria.
E se ciò riscontri all’esito di quel dialogo sincero, ossia che gli umani è giusto che siano uguali in diritti ed opportunità e che i mezzi utili al fine sono la giustizia sociale, la cura concreta del generale interesse e la sua preminenza sempre e comunque sulla tutela dell’orizzonte puramente individuale, ebbene – aggiunga conclusivamente agli attributi che rimette al se stesso attuale, adulto, cosciente, anche il predicato dell’espressione ‘io sono socialista’, e tragga da ciò tutte le conseguenze etiche e politiche (cioè: private e pubbliche) in un momento storico come questo.
In Italia – costui, io, noi – si uniscano a chi altri la pensi così, e diano rapidamente forma e struttura e linfa nuova a soggetti collettivi capaci di alzare una voce chiara, unitaria, forte di una teoria che già esiste, con gli arricchimenti e le ridefinizioni che giungono fino a oggi. Che questa unità si candidi a intercettare democraticamente il consenso degli altri cittadini, che sappia conquistarlo stabilmente con la forza del ragionamento coerente e dell’esempio morale di chi lo enuncia; e che a partire da questo Paese, democraticamente ci si proponga di incontrare altri soggetti del pari emergenti o riemergenti oggi in seno alle classi più consapevoli dei popoli d’Europa – i quali tutti riescano poi a scaldare la generalità dei cuori e rinfrescare la maggioranza delle menti con una visione grande e profonda dell’Unione Europea, come baluardo del più concreto umanesimo. Socialista.
E le intelligenze migliori, le braccia più forti, i nervi più saldi, le comunità più emancipate, le lotte più conseguenti di ogni latitudine planetaria, e colore della pelle, e lingua, e musica nei piedi – il 99% del Genere Umano è già virtualmente pronto a dare corpo e misura a questa nuova immensa piramide, finalmente rovesciata. Ideale, eppure concretissima.
Pensavo.
Che per tanto ingaggio – e indispensabile – servirebbero ora donne e uomini i quali, una volta condivisa la teoria e decisa la pratica, sapessero guidare le moltitudini verso un cambiamento tanto radicale (esso richiedendo a tutti una profonda riconversione della coscienza del proprio stare al mondo, pari solo alla contestuale riconversione del modello concreto di società, economia e diritti), talmente radicale che soltanto con la guida e l'esempio di uomini e donne davvero straordinari, noi poveri cristi potremmo accettarlo per quel che deve essere: un risveglio e un entrare tutti in un'età nuova, quella in cui ‘a ognuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le proprie possibilità’.
Geni nell'intelletto, titani della volontà, santi dell'etica – guide così servirebbero, alle quali guardare nei momenti di maggiore dubbio o difficoltà, per non perdere la memoria di ciò che stiamo facendo e del perché, per non perderne lo stesso desiderio che compensi l'immane sforzo.
I Socrate, i Francesco, i Marx, le Ipazia, le Louise Michel, le Ibàrruri, le Arendt, i Gramsci – solo per fare qualche nome.
Ma non ci si può scegliere un capo. Un capo nasce – se ne nasce uno – dove capita; e se in prossimità nostra, allora ci riguarda ed è buona sorte per noi.
Non si può nemmeno scegliere il luogo e il tempo della propria nascita, però, ovviamente. Ma essi – a differenza dei capi – indubitabilmente ci riguardano, per definizione.
E quel tempo e quel luogo in cui venimmo alla vita ci hanno scagliati qui, adesso.
La mia proposta – pensavo – è per arrivare a un domani e ovunque, ma arrivarci con le nostre gambe umane.
L’Europa, il mondo. La piena umanizzazione. L’ultima liberazione.
venticinque aprile duemiladodici
I SOLDI
Chi ancora crede che le cose che contano davvero sulla scena del mondo siano quelle che magari stanno a cuore alle persone 'normali', come me che scrivo o come chi mi legge e scrive a sua volta (amore, odio, paura, speranza, ideali, ragioni, orgoglio, vendetta...), pensi per esempio a quanto segue.
La Prima e la Seconda Guerra Mondiale hanno visto il più immane sacrificio di vite umane, la più grande distruzione di cose e di valori attinenti la vita in generale, i più gravi atti di pregiudizio alla stessa possibilità di un'esistenza futura (così come a quella di una condivisone del passato) per milioni e milioni e milioni di umani, con l'infrazione di ogni norma bellica, dei patti prestabiliti dagli stessi contendenti e della medesima civiltà, offesa dal più metodico e insensato genocidio su terra d'Europa, con la violazione di neutralità dichiarate e ciononostante calpestate... tranne che in un caso, che tutti i belligeranti hanno rispettato.
La Svizzera - pure all'incrocio delle linee di fuoco, pure confinante con Paesi in guerra lungo ogni metro delle sue frontiere, sia nel primo che nel secondo dei due mostruosi conflitti (innescati e combattuti, si disse e si dice, per la difesa e l'affermazione di Patrie l'uno e per la difesa e l'affermazione di modelli di vita l'altro) - la Svizzera, dichiaratasi neutrale, non venne sfiorata.
Perché le sue banche custodivano i soldi di tutte le forze in campo.
Decine di milioni di lavoratori, in quei due orrendi squarci del secolo scorso, vennero vestiti in armi e scagliati gli uni contro gli altri. Decine di milioni di donne e uomini diventarono - prima volta nella Storia - bersaglio civile e inerme di tutti gli eserciti schierati.
Ma i governi in guerra, intanto, rispettarono gli uni i soldi degli altri - rappresentati dai conti delle élite di tutti i Paesi, nascosti tra quelle valli alpine.
Intorno alle quali ardeva l'olocausto, sopra le quali fischiavano - ma a distanza di sicurezza - i colpi mortali.
Pensate a questo.
E se davvero volete un mondo diverso, non fate diverse le Patrie; ma fate che sia diverso ciò che davvero fa muovere il mondo: chi ha cosa, e per farne cosa.
Anche perché le élite è esattamente a questo che pensano, sempre - non a ideali né a confini o bandiere.
La prova - tra le tante?
I due maggiori Paesi tra gli sconfitti della seconda mattanza globale, la Germania e il Giappone, impiegarono pochi anni nel dopoguerra a scalare la classifica delle maggiori industrie del pianeta, arrivando a occuparne stabilmente la 2^ e la 3^ posizione (dopo gli USA, primi indiscussi, e prima di Francia e Gran Bretagna - che invece la guerra l'avevano vinta!). Almeno fino a poco fa, fino all'avvento del nuovo gigante cinese ora (ancora) secondo.
Capite? E' il sistema dei soldi, in realtà, che vinse quella guerra - non i Paesi, tantomeno i popoli.
Quella Seconda Guerra, che chiudeva il conto aperto con la Prima, durante la quale uscì dal cilindro dell'Umanità l'esperimento del socialismo sovietico - tanto scandaloso che il sistema aveva prima dato corda ai fascismi e ai nazismi d'Europa, e poi per sconfiggere queste altre minacce non esitò appunto a scatenare un altro massacro.
Ma allora, e poi, e adesso, e sempre finché sussisterà questo sistema - lo ripeto - ciò che chi decide vuol sentir suonare, non è un inno nazionale tra gli altri ma quanti più possibile registratori di cassa.
Pensate a questo, umani.
E se vi ci riconoscete, nel sistema dei soldi, allora accettatene tutte le conseguenze.
Altrimenti... be', è ora di dirlo forte e chiaro - e di fare qualcosa!
quindici aprile duemiladodici
Chi ancora crede che le cose che contano davvero sulla scena del mondo siano quelle che magari stanno a cuore alle persone 'normali', come me che scrivo o come chi mi legge e scrive a sua volta (amore, odio, paura, speranza, ideali, ragioni, orgoglio, vendetta...), pensi per esempio a quanto segue.
La Prima e la Seconda Guerra Mondiale hanno visto il più immane sacrificio di vite umane, la più grande distruzione di cose e di valori attinenti la vita in generale, i più gravi atti di pregiudizio alla stessa possibilità di un'esistenza futura (così come a quella di una condivisone del passato) per milioni e milioni e milioni di umani, con l'infrazione di ogni norma bellica, dei patti prestabiliti dagli stessi contendenti e della medesima civiltà, offesa dal più metodico e insensato genocidio su terra d'Europa, con la violazione di neutralità dichiarate e ciononostante calpestate... tranne che in un caso, che tutti i belligeranti hanno rispettato.
La Svizzera - pure all'incrocio delle linee di fuoco, pure confinante con Paesi in guerra lungo ogni metro delle sue frontiere, sia nel primo che nel secondo dei due mostruosi conflitti (innescati e combattuti, si disse e si dice, per la difesa e l'affermazione di Patrie l'uno e per la difesa e l'affermazione di modelli di vita l'altro) - la Svizzera, dichiaratasi neutrale, non venne sfiorata.
Perché le sue banche custodivano i soldi di tutte le forze in campo.
Decine di milioni di lavoratori, in quei due orrendi squarci del secolo scorso, vennero vestiti in armi e scagliati gli uni contro gli altri. Decine di milioni di donne e uomini diventarono - prima volta nella Storia - bersaglio civile e inerme di tutti gli eserciti schierati.
Ma i governi in guerra, intanto, rispettarono gli uni i soldi degli altri - rappresentati dai conti delle élite di tutti i Paesi, nascosti tra quelle valli alpine.
Intorno alle quali ardeva l'olocausto, sopra le quali fischiavano - ma a distanza di sicurezza - i colpi mortali.
Pensate a questo.
E se davvero volete un mondo diverso, non fate diverse le Patrie; ma fate che sia diverso ciò che davvero fa muovere il mondo: chi ha cosa, e per farne cosa.
Anche perché le élite è esattamente a questo che pensano, sempre - non a ideali né a confini o bandiere.
La prova - tra le tante?
I due maggiori Paesi tra gli sconfitti della seconda mattanza globale, la Germania e il Giappone, impiegarono pochi anni nel dopoguerra a scalare la classifica delle maggiori industrie del pianeta, arrivando a occuparne stabilmente la 2^ e la 3^ posizione (dopo gli USA, primi indiscussi, e prima di Francia e Gran Bretagna - che invece la guerra l'avevano vinta!). Almeno fino a poco fa, fino all'avvento del nuovo gigante cinese ora (ancora) secondo.
Capite? E' il sistema dei soldi, in realtà, che vinse quella guerra - non i Paesi, tantomeno i popoli.
Quella Seconda Guerra, che chiudeva il conto aperto con la Prima, durante la quale uscì dal cilindro dell'Umanità l'esperimento del socialismo sovietico - tanto scandaloso che il sistema aveva prima dato corda ai fascismi e ai nazismi d'Europa, e poi per sconfiggere queste altre minacce non esitò appunto a scatenare un altro massacro.
Ma allora, e poi, e adesso, e sempre finché sussisterà questo sistema - lo ripeto - ciò che chi decide vuol sentir suonare, non è un inno nazionale tra gli altri ma quanti più possibile registratori di cassa.
Pensate a questo, umani.
E se vi ci riconoscete, nel sistema dei soldi, allora accettatene tutte le conseguenze.
Altrimenti... be', è ora di dirlo forte e chiaro - e di fare qualcosa!
quindici aprile duemiladodici
SOCIALISM IS A GLOBAL PEACE KEEPING
Fate conto che al mondo si fronteggino alcune armate per il completo esercizio del potere sugli esseri umani, sulla natura vivente e sullo stesso pianeta.
E fate conto che questa guerra senza quartiere vada avanti già da un bel po', almeno da quando le conquiste scientifiche, tecnologiche e organizzative hanno reso tutta la terra un solo luogo, con un solo tempo valido ovunque.
E infine fate conto che ci siano, nel mezzo della guerra, prima milioni poi decine di milioni poi centinaia di milioni poi alcuni miliardi di cittadini del mondo che non intendono prendervi parte, e anzi supplicano perché finisca o imprecano contro i responsabili dello scempio insensato.
Bene. Le cose stanno esattamente così.
Gli eserciti schierati sono quelli transnazionali del profitto, la guerra è quella che per qualche decennio si combatte nelle borse mondiali e nei conflitti locali finché poi esplode in un grande olocausto come le guerre mondiali, e i cittadini del mondo che si sottraggono o si ribellano a tutto questo - be', siamo noi.
La natura umana probabilmente non muterà tanto da far sì che questa follia di egoismo si estirpi alla radice e per sempre.
Ma qualcosa si può e deve fare comunque.
E il socialismo non è altro che questo, da sempre:
il progetto per la costituzione di una forza globale di interposizione,
efficace nella misura in cui non si limita a pregare contro la guerra o a colpire qualche stato maggiore. ma semplicemente disarma gli eserciti.
tredici aprile duemiladodici
Fate conto che al mondo si fronteggino alcune armate per il completo esercizio del potere sugli esseri umani, sulla natura vivente e sullo stesso pianeta.
E fate conto che questa guerra senza quartiere vada avanti già da un bel po', almeno da quando le conquiste scientifiche, tecnologiche e organizzative hanno reso tutta la terra un solo luogo, con un solo tempo valido ovunque.
E infine fate conto che ci siano, nel mezzo della guerra, prima milioni poi decine di milioni poi centinaia di milioni poi alcuni miliardi di cittadini del mondo che non intendono prendervi parte, e anzi supplicano perché finisca o imprecano contro i responsabili dello scempio insensato.
Bene. Le cose stanno esattamente così.
Gli eserciti schierati sono quelli transnazionali del profitto, la guerra è quella che per qualche decennio si combatte nelle borse mondiali e nei conflitti locali finché poi esplode in un grande olocausto come le guerre mondiali, e i cittadini del mondo che si sottraggono o si ribellano a tutto questo - be', siamo noi.
La natura umana probabilmente non muterà tanto da far sì che questa follia di egoismo si estirpi alla radice e per sempre.
Ma qualcosa si può e deve fare comunque.
E il socialismo non è altro che questo, da sempre:
il progetto per la costituzione di una forza globale di interposizione,
efficace nella misura in cui non si limita a pregare contro la guerra o a colpire qualche stato maggiore. ma semplicemente disarma gli eserciti.
tredici aprile duemiladodici
LA CLASSE
Una partita a pallone si può fare insieme a chiunque, di qualunque estrazione e fede. Lo stesso una tavolata di gusto (con cura di glissare sui temi 'sensibili' in conversazione). E perfino un'iniziativa di qualche impegno organizzativo e creativo, con quel che comporta (sempre nella grande intelligenza del 'dare e avere' - e salve le sempre annidate idiosincrasie reciproche), si può fare insieme a chiunque.
Ma la politica no. Soprattutto se fatta gratis e da non-militanti stabili (i quali invece, magari indirettamente, dal 'successo politico' dei propri conoscenti trarranno - meritato - vantaggio personale).
Politica non si può fare insieme a chiunque - neanche nella sua versione più disimpegnata, come quella tutta virtuale del (solo) web.
Soprattutto ora, quando - purtroppo, ma finalmente - vengono al pettine i nodi della 'struttura' dopo che ci si è lungamente esercitati a strecciare quelli delle sovrastrutture pure importanti (giuridica, culturale, civica).
Politica si può fare, nella fase cruciale in cui vengono alla ribalta l'economia, la finanza e tutto ciò che determina le condizioni stesse della pura e semplice esistenza (sulla quale s'innestano poi le modalità della civica convivenza, della crescita individuale, della rappresentanza e della tutela di tutto ciò da parte della legge - insomma la civiltà, sì, ma 'poi'), si può fare politica - dicevo - solo insieme a chi condivide con te la medesima seguente 'formula': questo ho da perdere, quest'altro ho da vincere.
Capite? parliamo di cose davvero concrete: basiche, perfino.
E' la fase presente, ripeto, che lo decreta.
Pertanto, dovendo aderire o meno a un invito all'azione (politica, intendo, e da oggi in avanti) oppure prima di rivolgerlo, chiedetevi:
Siamo (io e chi mi invita, o io e chi sto per invitare) entrambi occupati? E in un ambito 'garantito', entrambi, o invece 'di lotta per la vita'?
Paghiamo entrambi le tasse? O nessuno dei due?
O siamo entrambi disoccupati? O precari? O pensionati?
Possediamo entrambi la casa in cui viviamo? O nessuno dei due la possiede? E abbiamo altri beni consistenti, durevoli? O niente del genere, né io né lui/lei?
Sappiamo entrambi che godremo di qualcosa in un futuro certo? Che erediteremo una proprietà, una professione, uno status, una 'sicurezza comunque vada'? O niente nessuno dei due?
Possiamo permetterci entrambi più dello stretto necessario, quel che fa gaia la vita - qualunque cosa sia, magari degnissima e per nulla sciocca? Andiamo entrambi regolarmente in vacanza, abbiamo entrambi un buon livello di consumi e di risparmi? Arriviamo facilmente a fine mese, e ce n'avanza per noi e i nostri cari? O è il contrario per entrambi?
Godiamo entrambi di una qualche rete di protezione familiare o sociale per far fronte, eventualmente, alle asprezze della crisi? O siamo più che altro soli, come tanti, tutti e due?
Abbiamo azioni e obbligazioni, entrambi, o investimenti in corso? O nessuno dei due li ha?
Siamo alle dipendenze di qualcuno, tutti e due, o invece donne e uomini dipendono da noi? 'Spremiamo' rendite o invece distribuiamo (e 'autodistribuiamo') profitti o invece guadagnamo stipendi o salari o invece fatturiamo onorari o parcelle?
Abbiamo - insomma - le stesse cose da perdere? Le stesse da vincere, entrambi?
E soprattutto:
E' vero e provato, per entrambi, che facciamo libere scelte ideologiche alle quali diamo seguito con ricadute reali nell'azione? O invece, per tutti e due, l'intelletto e l'animo nostro sono 'sotto ricatto' da parte dell'avvenire esistenziale di ciascuno, con la paralisi o le 'maschere sociali' che ne derivano?
Fatevi domande del genere e rispondetevi in tutta coscienza, quando si presenta il caso in oggetto.
E regolatevi di conseguenza nel fare politica con questo o con quello, a tutti i livelli.
Ciò, perché tutto è cambiato - purtroppo e finalmente - e non si gioca più.
Anche perché per giocare, io per primo, abbiamo già il pallone e le belle tavolate in compagnia e le tante occasioni della socialità intelligente.
E perché la politica - soprattutto quella volontaristica, gratuita, per scelta e non per tifo - non ce l'ha prescritta alcun dottore.
(Engels era figlio di un ricco industriale, e Gandhi era un chiaro upperclass. Lo so anch'io. Ma Gandhi ed Engels stanno appunto sui libri di storia. Come quanti dei miei e dei vostri conoscenti?
Con questo credo di aver risposto in anticipo ad alcune obiezioni.
'Ma questa è una visione di classe!' Sì, decisamente lo è. Com'è di classe la visione dei nostri avversari - appunto - di classe, i quali hanno speso gli ultimi venticinque anni a convincerci che le classi non esistono più per poter dispiegare con successo la propria visione.
E con questo credo di aver risposto anche ad altre obiezioni possibili.
Ancora.
1. Arriverà il momento - tra poco - in cui davvero 'fare politica' significa incarnare l'unico contrappeso al Potere [economico, strutturale - che si denuda sempre più delle proprie sovrastrutture, per il semplice fatto che esse hanno un costo e che la crisi è soprattutto 'crisi di distribuzione dei ricavi e armonizzazione dei bisogni'], e questo determina una separazione abbastanza netta tra chi appartiene alle classi che afferiscono oppure no al Potere.
2. L'ultima domanda che invito tutti a porsi [è vero e provato, per entrambi, che facciamo libere scelte ideologiche alle quali diamo seguito con ricadute reali nell'azione? o invece, per tutti e due, l'intelletto e l'animo nostro sono 'sotto ricatto' da parte dell'avvenire esistenziale di ciascuno, con la paralisi o le 'maschere sociali' che ne derivano?] è tale che la risposta può benissimo consentire la collaborazione fattiva tra due cittadini che non appartengano strettamente alla stessa classe strettamente intesa [purché però portatori entrambi della stessa 'forza morale', di umanità insomma - e magari anche a costo di 'rimetterci' in senso stretto].
3. Comunque, perdurando e acuendosi la crisi, la 'superclasse' formata da quelli che hanno da perdere dal mantenimento dello stato di cose presente, ossia da vincere dal suo superamento strutturale, davvero è quantitativamente così ampia da rappresentare la stragrande maggioranza dei cittadini di qualunque stato industriale o post-industriale [il 99% eponimo], e cioè legittimamente depositaria del concreto interesse generale - il cui perseguimento è l'obiettivo della buona politica.
E ancora.
Sono [stato] keynesiano e gradualista e 'politicista' pure io, negli ultimi 15 anni almeno - dopo una naturale sbornia giovanile di massimalismo socialista, perché cred[ev]o che le condizioni oggettive della nostra parte del mondo [ricca e garantita] consentissero la diffusione dei diritti civili e della giustizia sociale tramite una costante 'trattativa' fra le classi - mediata dalla politica professionale e dalla rappresentanza sindacale - meglio che con un costante conflitto reciproco. Tra l'altro, l'osservazione della storia europea dei 30 anni di secondo dopoguerra confortava l'assunto. Ma - ecco il punto - mentre eravamo (o diventavamo) keynesiani, i decisori globali e locali avevano già abbandonato Keynes per scegliere loro, senza tentennamenti, la strada del conflitto frontale fra classi, della negazione del [vero] libero confronto meritocratico a parità di opportunità iniziali per tutti, insomma la strada friedmaniana e vonhayekiana della 'legge del più forte'! E' così da metà Anni '70, dalla crisi energetica e dalla denuncia del sistema monetario che da Bretton Woods nel '44 in avanti aveva fornito la cornice macroeconomica del welfare e del 'primato della politica'. E noi, ormai orfani di un sistema concettuale potente e alternativo ['marxista' negli Anni '80 e '90 diventò uno sberleffo], e giustamente ammaestrati dall'esperienza del socialismo [ir]reale di oltre cortina, ci siamo fatti prendere dai fumi del neoliberismo come da una tirata d'oppio [complice il sistema dei media, di cui non a caso il creatore e padrone qui in Italia ci ha sgovernati lui in persona per gli stessi 20 anni]. Ma ora la pipa [di oppio] si è svuotata, e la 'fame' reale morde: la politica professionale ha mostrato il suo vero volto, di cane da guardia degli interessi forti, ed essi il loro - di animali istinti [altro che 'libero mercato' e 'pari opportunità']. Quindi questo, secondo me, è il momento in cui anche 'solo' per rivendicare la più equa e moderata distribuzione di benessere individuale - non dico la 'palingenesi collettivista' del sol dell'avvenire - cioè anche solo per non soccombere e morire [giacché feroci, come si richiede in questa guerra, noi non siamo né saremo mai: non faremo un colpo di Stato in Cile né inonderemo di petrolio un golfo oceanico per limare costi di manutenzione, non uccideremo 6.000 persone subito né altre 10.000 nel tempo a Bhopal, né là provocheremo 60.000 gravi invalidi a vita o mezzo milione che lo sono ancora dopo trent'anni, né ovviamente butteremo giù alcun grattacielo a Manhattan], e allora bisogna pensare e organizzarsi ed agire in modo più forte e più ampio di come ci siamo presi il lusso di fare finora. Il 'pranzo di gala', semmai vi fummo invitati, è finito e io mi riconoscerò in una politica attiva solo nella misura in cui i suoi rappresentanti 'ufficiali' non mi mentiranno riguardo a questo, e mi convinceranno di essere conseguenti [oltre che onesti] sul punto... E sennò proverò a rappresentarmi da me.
E infine.
Qualcuno mi ha scritto che "non si può pretendere di cambiare qualcosa se non si cambia a monte la percezione e l'essenza autentica di quel qualcosa", ed io così traduco: viene prima la coscienza, nel soggetto, e poi la sua condizione materiale e il suo agire conseguente.
E' un punto di vista, anzi un assioma.
Ma io - altrettanto assiomaticamente - credo che viceversa "non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza". Lo cito letteralmente da 'L'ideologia tedesca' di Marx, perché meglio non saprei dirlo.
Ed è ben per questo mio credere - al dunque - che ne deduco intanto una visione materialista [e dialettica] della storia, e poi la determinazione a ingaggiare le mie poche forze nei confronti di ciò che consente la vita [ossia la distribuzione della ricchezza e la riduzione della miseria, a livello strutturale e non episodico] piuttosto che di ciò che nutre la coscienza [ossia, per esempio, i requisiti morali della politica del personale in essa impegnato].
Avessi più forze e più tempo lotterei ora su entrambi i fronti, ma dovendo realisticamente scegliere... allora mi muovo secondo l'assioma che più mi corrisponde, com'è giusto che faccia chiunque in perfetta coscienza.
Socialism is a Global Peace Keeping!)
dodici aprile duemiladodici
Una partita a pallone si può fare insieme a chiunque, di qualunque estrazione e fede. Lo stesso una tavolata di gusto (con cura di glissare sui temi 'sensibili' in conversazione). E perfino un'iniziativa di qualche impegno organizzativo e creativo, con quel che comporta (sempre nella grande intelligenza del 'dare e avere' - e salve le sempre annidate idiosincrasie reciproche), si può fare insieme a chiunque.
Ma la politica no. Soprattutto se fatta gratis e da non-militanti stabili (i quali invece, magari indirettamente, dal 'successo politico' dei propri conoscenti trarranno - meritato - vantaggio personale).
Politica non si può fare insieme a chiunque - neanche nella sua versione più disimpegnata, come quella tutta virtuale del (solo) web.
Soprattutto ora, quando - purtroppo, ma finalmente - vengono al pettine i nodi della 'struttura' dopo che ci si è lungamente esercitati a strecciare quelli delle sovrastrutture pure importanti (giuridica, culturale, civica).
Politica si può fare, nella fase cruciale in cui vengono alla ribalta l'economia, la finanza e tutto ciò che determina le condizioni stesse della pura e semplice esistenza (sulla quale s'innestano poi le modalità della civica convivenza, della crescita individuale, della rappresentanza e della tutela di tutto ciò da parte della legge - insomma la civiltà, sì, ma 'poi'), si può fare politica - dicevo - solo insieme a chi condivide con te la medesima seguente 'formula': questo ho da perdere, quest'altro ho da vincere.
Capite? parliamo di cose davvero concrete: basiche, perfino.
E' la fase presente, ripeto, che lo decreta.
Pertanto, dovendo aderire o meno a un invito all'azione (politica, intendo, e da oggi in avanti) oppure prima di rivolgerlo, chiedetevi:
Siamo (io e chi mi invita, o io e chi sto per invitare) entrambi occupati? E in un ambito 'garantito', entrambi, o invece 'di lotta per la vita'?
Paghiamo entrambi le tasse? O nessuno dei due?
O siamo entrambi disoccupati? O precari? O pensionati?
Possediamo entrambi la casa in cui viviamo? O nessuno dei due la possiede? E abbiamo altri beni consistenti, durevoli? O niente del genere, né io né lui/lei?
Sappiamo entrambi che godremo di qualcosa in un futuro certo? Che erediteremo una proprietà, una professione, uno status, una 'sicurezza comunque vada'? O niente nessuno dei due?
Possiamo permetterci entrambi più dello stretto necessario, quel che fa gaia la vita - qualunque cosa sia, magari degnissima e per nulla sciocca? Andiamo entrambi regolarmente in vacanza, abbiamo entrambi un buon livello di consumi e di risparmi? Arriviamo facilmente a fine mese, e ce n'avanza per noi e i nostri cari? O è il contrario per entrambi?
Godiamo entrambi di una qualche rete di protezione familiare o sociale per far fronte, eventualmente, alle asprezze della crisi? O siamo più che altro soli, come tanti, tutti e due?
Abbiamo azioni e obbligazioni, entrambi, o investimenti in corso? O nessuno dei due li ha?
Siamo alle dipendenze di qualcuno, tutti e due, o invece donne e uomini dipendono da noi? 'Spremiamo' rendite o invece distribuiamo (e 'autodistribuiamo') profitti o invece guadagnamo stipendi o salari o invece fatturiamo onorari o parcelle?
Abbiamo - insomma - le stesse cose da perdere? Le stesse da vincere, entrambi?
E soprattutto:
E' vero e provato, per entrambi, che facciamo libere scelte ideologiche alle quali diamo seguito con ricadute reali nell'azione? O invece, per tutti e due, l'intelletto e l'animo nostro sono 'sotto ricatto' da parte dell'avvenire esistenziale di ciascuno, con la paralisi o le 'maschere sociali' che ne derivano?
Fatevi domande del genere e rispondetevi in tutta coscienza, quando si presenta il caso in oggetto.
E regolatevi di conseguenza nel fare politica con questo o con quello, a tutti i livelli.
Ciò, perché tutto è cambiato - purtroppo e finalmente - e non si gioca più.
Anche perché per giocare, io per primo, abbiamo già il pallone e le belle tavolate in compagnia e le tante occasioni della socialità intelligente.
E perché la politica - soprattutto quella volontaristica, gratuita, per scelta e non per tifo - non ce l'ha prescritta alcun dottore.
(Engels era figlio di un ricco industriale, e Gandhi era un chiaro upperclass. Lo so anch'io. Ma Gandhi ed Engels stanno appunto sui libri di storia. Come quanti dei miei e dei vostri conoscenti?
Con questo credo di aver risposto in anticipo ad alcune obiezioni.
'Ma questa è una visione di classe!' Sì, decisamente lo è. Com'è di classe la visione dei nostri avversari - appunto - di classe, i quali hanno speso gli ultimi venticinque anni a convincerci che le classi non esistono più per poter dispiegare con successo la propria visione.
E con questo credo di aver risposto anche ad altre obiezioni possibili.
Ancora.
1. Arriverà il momento - tra poco - in cui davvero 'fare politica' significa incarnare l'unico contrappeso al Potere [economico, strutturale - che si denuda sempre più delle proprie sovrastrutture, per il semplice fatto che esse hanno un costo e che la crisi è soprattutto 'crisi di distribuzione dei ricavi e armonizzazione dei bisogni'], e questo determina una separazione abbastanza netta tra chi appartiene alle classi che afferiscono oppure no al Potere.
2. L'ultima domanda che invito tutti a porsi [è vero e provato, per entrambi, che facciamo libere scelte ideologiche alle quali diamo seguito con ricadute reali nell'azione? o invece, per tutti e due, l'intelletto e l'animo nostro sono 'sotto ricatto' da parte dell'avvenire esistenziale di ciascuno, con la paralisi o le 'maschere sociali' che ne derivano?] è tale che la risposta può benissimo consentire la collaborazione fattiva tra due cittadini che non appartengano strettamente alla stessa classe strettamente intesa [purché però portatori entrambi della stessa 'forza morale', di umanità insomma - e magari anche a costo di 'rimetterci' in senso stretto].
3. Comunque, perdurando e acuendosi la crisi, la 'superclasse' formata da quelli che hanno da perdere dal mantenimento dello stato di cose presente, ossia da vincere dal suo superamento strutturale, davvero è quantitativamente così ampia da rappresentare la stragrande maggioranza dei cittadini di qualunque stato industriale o post-industriale [il 99% eponimo], e cioè legittimamente depositaria del concreto interesse generale - il cui perseguimento è l'obiettivo della buona politica.
E ancora.
Sono [stato] keynesiano e gradualista e 'politicista' pure io, negli ultimi 15 anni almeno - dopo una naturale sbornia giovanile di massimalismo socialista, perché cred[ev]o che le condizioni oggettive della nostra parte del mondo [ricca e garantita] consentissero la diffusione dei diritti civili e della giustizia sociale tramite una costante 'trattativa' fra le classi - mediata dalla politica professionale e dalla rappresentanza sindacale - meglio che con un costante conflitto reciproco. Tra l'altro, l'osservazione della storia europea dei 30 anni di secondo dopoguerra confortava l'assunto. Ma - ecco il punto - mentre eravamo (o diventavamo) keynesiani, i decisori globali e locali avevano già abbandonato Keynes per scegliere loro, senza tentennamenti, la strada del conflitto frontale fra classi, della negazione del [vero] libero confronto meritocratico a parità di opportunità iniziali per tutti, insomma la strada friedmaniana e vonhayekiana della 'legge del più forte'! E' così da metà Anni '70, dalla crisi energetica e dalla denuncia del sistema monetario che da Bretton Woods nel '44 in avanti aveva fornito la cornice macroeconomica del welfare e del 'primato della politica'. E noi, ormai orfani di un sistema concettuale potente e alternativo ['marxista' negli Anni '80 e '90 diventò uno sberleffo], e giustamente ammaestrati dall'esperienza del socialismo [ir]reale di oltre cortina, ci siamo fatti prendere dai fumi del neoliberismo come da una tirata d'oppio [complice il sistema dei media, di cui non a caso il creatore e padrone qui in Italia ci ha sgovernati lui in persona per gli stessi 20 anni]. Ma ora la pipa [di oppio] si è svuotata, e la 'fame' reale morde: la politica professionale ha mostrato il suo vero volto, di cane da guardia degli interessi forti, ed essi il loro - di animali istinti [altro che 'libero mercato' e 'pari opportunità']. Quindi questo, secondo me, è il momento in cui anche 'solo' per rivendicare la più equa e moderata distribuzione di benessere individuale - non dico la 'palingenesi collettivista' del sol dell'avvenire - cioè anche solo per non soccombere e morire [giacché feroci, come si richiede in questa guerra, noi non siamo né saremo mai: non faremo un colpo di Stato in Cile né inonderemo di petrolio un golfo oceanico per limare costi di manutenzione, non uccideremo 6.000 persone subito né altre 10.000 nel tempo a Bhopal, né là provocheremo 60.000 gravi invalidi a vita o mezzo milione che lo sono ancora dopo trent'anni, né ovviamente butteremo giù alcun grattacielo a Manhattan], e allora bisogna pensare e organizzarsi ed agire in modo più forte e più ampio di come ci siamo presi il lusso di fare finora. Il 'pranzo di gala', semmai vi fummo invitati, è finito e io mi riconoscerò in una politica attiva solo nella misura in cui i suoi rappresentanti 'ufficiali' non mi mentiranno riguardo a questo, e mi convinceranno di essere conseguenti [oltre che onesti] sul punto... E sennò proverò a rappresentarmi da me.
E infine.
Qualcuno mi ha scritto che "non si può pretendere di cambiare qualcosa se non si cambia a monte la percezione e l'essenza autentica di quel qualcosa", ed io così traduco: viene prima la coscienza, nel soggetto, e poi la sua condizione materiale e il suo agire conseguente.
E' un punto di vista, anzi un assioma.
Ma io - altrettanto assiomaticamente - credo che viceversa "non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza". Lo cito letteralmente da 'L'ideologia tedesca' di Marx, perché meglio non saprei dirlo.
Ed è ben per questo mio credere - al dunque - che ne deduco intanto una visione materialista [e dialettica] della storia, e poi la determinazione a ingaggiare le mie poche forze nei confronti di ciò che consente la vita [ossia la distribuzione della ricchezza e la riduzione della miseria, a livello strutturale e non episodico] piuttosto che di ciò che nutre la coscienza [ossia, per esempio, i requisiti morali della politica del personale in essa impegnato].
Avessi più forze e più tempo lotterei ora su entrambi i fronti, ma dovendo realisticamente scegliere... allora mi muovo secondo l'assioma che più mi corrisponde, com'è giusto che faccia chiunque in perfetta coscienza.
Socialism is a Global Peace Keeping!)
dodici aprile duemiladodici
LE CINQUE VOCALI DELLA FRUSTRAZIONE
u. Bossi è affondato, e il centrosinistra nazionalpopolare non può oggettivamente prendersene non dico il merito, ma manco la soddisfazione, perché per il centrosinistra nazionalpopolare la Lega è stata comunque un interlocutore democratico fino all'ultimo.
a. Berlusconi fu cacciato, e il centrosinistra nazionalpopolare non poté oggettivamente prendersene non dico il merito, ma manco la soddisfazione, perché per il centrosinistra nazionalpopolare dir male di Berlusconi era assolutamente controproducente, e da maledire chi osava tanto.
i. Fede e Minzolini sono stati licenziati, e il centrosinistra nazionalpopolare non può oggettivamente prendersene non dico il merito, ma manco la soddisfazione, perché per il centrosinistra nazionalpopolare ognuno deve continuare a fare il proprio mestiere, salvo seguito eventuale di querele, pure se fa il mestiere di Fede e di Minzolini.
o. Tra un po' perfino Monti dovrà mollare - vedrete oggi la borsa, e tra poco l'iter della riforma sul lavoro - e il centrosinistra nazionalpopolare non potrà oggettivamente prendersene non dico il merito, ma manco la soddisfazione, perché per il centrosinistra nazionalpopolare il sostegno a Monti veniva prima di tutto, prima dell'Italia (altro che storie!) e molto prima del centrosinistra medesimo.
e. A meno di miracoli - di cui la storia è assai parca - l'intero modello economico-finanziario euroatlantico (cloni orientali compresi) verrà giù tra non molto, e al suo posto (questo sì, se c'è il miracolone - ma sperare costa poco) potremmo avere un inedito per nulla facile umanesimo, ma il nostrano centrosinistra nazionalpopolare non potrà oggettivamente prendersene non dico il merito, ma manco la soddisfazione, perché per il nostrano centrosinistra nazionalpopolare anche solo sperare in - figurarsi pensare o progettare - qualcosa d'altro dal modello morente, è stato proprio il tabù insuperabile dei suoi ultimi 25 anni: e i poster di Gramsci, della Resistenza, di Pasolini e di Berlinguer sui muri di sezioni e circoli, solo consolatoria carta da parati.
Che sfigato, il centrosinistra nazionalpopolare italiano della mia generazione!
Ma che sfigati noi tutti, compagni della mia generazione, se non sappiamo esprimere un'alternativa efficace a tutto questo e nonostante tutto!
undici aprile duemiladodici
TEOREMA
Per ogni cittadino C della nazione N sia V il volume delle cose che C conosce sulla realtà presente e passata di N.
Sia P la quantità di persone appartenenti alla classe politica o comunque dirigente in N, nelle quali C può ragionevolmente confidare per la soluzione dei problemi reali di N.
La somma di V e P è costante, per ogni C di N.
Per ogni cittadino C di N, per il quale è V il volume delle cose che C conosce intorno a N, sia R l’entità del suo rigore morale.
Sia A la permeabilità della classe politica o comunque dirigente in N, rispetto alle azioni intenzionali poste in essere da C per contribuire alla soluzione dei problemi reali di N.
La somma di R e A è costante, per ogni C di N.
Sia K la somma V+P, e sia J la somma R+A.
L’osservazione empirica non dimostra alcuna relazione quantitativa tra K e J, per ogni C di N.
Suggerisce tuttavia le seguenti constatazioni:
1. se V e R sono entrambi rilevanti, C può essere un buon cittadino impotente e insoddisfatto in N;
2. se V è rilevante e R scarso, C può essere un solido esponente della classe politica o comunque dirigente in N;
3. se V è scarso e R rilevante, C può essere un cittadino relativamente soddisfatto in N;
4. se V e R sono entrambi scarsi, C può essere un efficace strumento nelle mani della classe politica o comunque dirigente in N.
Nonché la previsione ulteriore:
- solo la compresenza in N di un gran numero di C per i quali siano rilevanti V e R, può risolvere i problemi reali di N e contestualmente rendere soddisfacente l'esistenza civica dei C siffatti.
dieci aprile duemiladodici
Per ogni cittadino C della nazione N sia V il volume delle cose che C conosce sulla realtà presente e passata di N.
Sia P la quantità di persone appartenenti alla classe politica o comunque dirigente in N, nelle quali C può ragionevolmente confidare per la soluzione dei problemi reali di N.
La somma di V e P è costante, per ogni C di N.
Per ogni cittadino C di N, per il quale è V il volume delle cose che C conosce intorno a N, sia R l’entità del suo rigore morale.
Sia A la permeabilità della classe politica o comunque dirigente in N, rispetto alle azioni intenzionali poste in essere da C per contribuire alla soluzione dei problemi reali di N.
La somma di R e A è costante, per ogni C di N.
Sia K la somma V+P, e sia J la somma R+A.
L’osservazione empirica non dimostra alcuna relazione quantitativa tra K e J, per ogni C di N.
Suggerisce tuttavia le seguenti constatazioni:
1. se V e R sono entrambi rilevanti, C può essere un buon cittadino impotente e insoddisfatto in N;
2. se V è rilevante e R scarso, C può essere un solido esponente della classe politica o comunque dirigente in N;
3. se V è scarso e R rilevante, C può essere un cittadino relativamente soddisfatto in N;
4. se V e R sono entrambi scarsi, C può essere un efficace strumento nelle mani della classe politica o comunque dirigente in N.
Nonché la previsione ulteriore:
- solo la compresenza in N di un gran numero di C per i quali siano rilevanti V e R, può risolvere i problemi reali di N e contestualmente rendere soddisfacente l'esistenza civica dei C siffatti.
dieci aprile duemiladodici
ACQUARIO
E così adesso oltre ai milioni di voti in fuga (giustamente) dal PdL ci saranno i mezzi milioni in fuga (finalmente) dalla Lega, più la decina di milioni che già da un po'(nauseatamente) non sanno se o chi votare.
Mettiamoci pure che la crisi economica non ci pensa per niente a passare (logicamente, visto come la si affronta), e che la spina dorsale etica e intellettiva del paese è spezzata in più punti (intenzionalmente, è chiaro) da un trentennio di egoismo sociale e idiotismo televisivo...
...e be' - se non è questo il brodo primordiale di una dittatura, non so più quale sia.
Mi rincuora solo che forse la spina dorsale (malamente) ormai manca perfino a un qualsiasi dittatore in pectore e a molti dei suoi sicari astratti.
E tuttavia - gente italica di sincera fede democratica, lavoratrici e lavoratori o aspiranti tali, pensionate e pensionati che amate la Costituzione, socialisti, migranti, intellettuali degni di questo nome - io dico:
in campana, unirsi e un passo avanti!
Monti e Fornero, in queste ore, sono sulle prime pagine e nei servizi dei TG a spiegare il disegno di legge di riforma del lavoro.
La loro comunicazione rimanda a un obiettivo finale che è: la ripresa, l'occupazione, la produttività, il riposizionamento dell'Italia nelle grandi economie.
L'obiettivo 'finale' - come dicono da mesi. (Non molto diversamente da come dicevano i loro predecessori, almeno da quando ammisero la crisi - prima vergognosamente taciuta.) Ma l'obiettivo immediato - ossia il 'mezzo' - è: strapazzare, subito e chissà per quanto, la concezione stessa del welfare e di diritti diffusi.
Quindi, come dico da tanto, la 'forza' di questo rispettabile (senza ironia) governo è tutta nella seguente scommessa: che dopo davvero le 'cose globali' vadano meglio, e che quindi chi oggi soffrirà (poiché non tutti soffriranno perché il sistema sopravviva alla crisi) domani godrà del nuovo 'capitalismo buono', nel quale a precederci e a festeggiarci là sono già pronte le classi privilegiate che crisi e misure anticrisi non sfiorano mica sul serio!
Bene, ognuno decida ovviamente per sé. Ma io alla bontà di questa scommessa non credo. (Così come non credo in dio - e ciò è più pertinente di quanto possa sembrare, se solo pensate all'allegoria della valle di lacrime da attraversare per arrivare alla salvezza, in un coro di angeli e santi) e perciò mi regolerò di conseguenza, sia nell'elaborazione che nell'azione civica e politica.
Io, viceversa, credo e sostengo che usciremo dalla crisi - tutti - solo mettendo in discussione il nodo radicale di 'chi ha cosa, e per farne cosa'. e che potremo riuscirci solo organizzandoci intorno all'ossatura teorica di un socialismo democratico come quello della riconversione, e facendo rete con le realtà affini già esistenti.
In altre parole.
Ci sono dieci milioni di persone in tutto il mondo che possiedono più di un milione di dollari a testa solo come attivo finanziario (senza immobili, mezzi di trasporto, gioielli, collezioni d'arte: solo liquidi, conti e azioni).
Ci mettiamo i loro familiari, e così arriviamo - diciamo - a settanta milioni di umani che la crisi la guardano come noi guardiamo i pesci nell'acquario.
Ma pensano e si muovono, quei settanta milioni, come una classe compatta, un partito, un'egemonia di pensiero liberista.
E finché noi altri tutti - o frazione rilevante e consapevole - noi sei miliardi novecentotrenta milioni (il 99% degli umani) non proveremo a pensarci altrettanto come classe, a elaborare una strategia alternativa e farla diventare egemone grazie a una organizzazione reale, noi resteremo come i pesci di cui sopra.
Alcuni vivi - i più cattivi, temo - molti morti, a pancia in su a pelo d'acqua.
Chi è d'accordo con la mia analisi e le mie intenzioni sa dove trovarmi
cinque aprile duemiladodici
LE STANZE DEL POTERE
Le stanze del potere sono davvero occupate da menti raffinatissime.
Considerate questo:
- Nel 2007 la prima crisi finanziaria made in USA. E in Italia governa il centrosinistra.
- Nel 2008 si capisce che la crisi sarà brutta, tanto brutta che si gonfierà abbastanza in incognito (per il grande pubblico) per uno o due anni ancora, e che nel 2010 o 2011 arriverà in piena faccia a tutti quanti. E nel 2008 in Italia sta ancora governando il centrosinistra, che però scricchiola come solo lui sa fare.
- Anzi, a metà 2008 il centrosinistra in Italia cade del tutto e torna Berlusconi. Nelle stanze del potere si fregano le mani: la parte 'oscurata' della crisi in Italia la gestirà il maestro dell'oscuramento della realtà.
- Nel 2010 la crisi è evidente. In italia governano Berlusconi, Tremonti e la Lega. Malissimo. Ma le menti raffinatissime li lasciano ai loro posti di dis-governo: tanto la crisi è così brutta che neanche loro possono peggiorare lo stato di cose.
- Nel 2011 la crisi ha colpito sulla piena faccia ciascuno, in Italia come dappertutto. In italia Berlusconi, Tremonti e la Lega danno davvero il peggio di sé. Tanto che perfino il pubblico italiano registra un po' di fastidio. Le menti raffinatissime gongolano: agli italiani qualunque cosa, dopo quelli là, sembrerà più accettabile.
- A fine 2011 la crisi è epocale, e la credibilità italiana è talmente a pezzi che un giorno in più di questo giochino la perderebbe per sempre. Quindi basta così: Berlusconi col suo circo levi le tende, e venga qualcun altro che seguirà le indicazioni delle stanze del potere.
- Per il 2012 le menti continuano ad applicare la propria elaborata strategia di uscita dalla crisi, molto lunga, molto dolorosa (per il 99% della gente) e soprattutto tale che faccia passare la tentazione alla gente di rimettere in discussione i fondamenti stessi del sistema (che poi sono quelli che la crisi - anche questa crisi - l'hanno generata). In Italia governa Monti, col sostegno perfino del grande partito di centrosinistra. Ed è talmente brutta la reputazione di chi ha preceduto Monti e i suoi, che gli italiani quella strategia lì (quella stessa di Marchionne, per dire) c'è il rischio che se la bevano! Non l'avrebbero mai accettata se non se la fossero vista tanto brutta qualche mese prima, né se a propinargliela fosse quel vecchio circo. Sì forse, invece, con questo nuovo. E comunque non c'era altro modo che provarci.
Ecco perché sono menti raffinatissime, quelle che occupano le stanze del potere. Oppure hanno solo un gran culo. Oppure tutte e due le cose.
Come che sia, il potere ha queste tre dimensioni variabili: talento, mezzi e fortuna.
O noi siamo in grado di prendergli le misure, e di realizzare contromisure efficaci.
O continuerà lui a prenderci la vita un po' alla volta, mentre noi seguiteremo a prenderci in giro tirando palle di stracci a teste di cartapesta.
Ho le prove di quel che sto dicendo? No. Eppure lo so.
Sapere, capire, non è impossibile.
Anzi: è quasi facile leggere correttamente, in base ad alcuni indizi storici e un po' di senso logico, ciò che ci è avvenuto fino a ieri e quel che ci accade oggi.
Difficile, questo sì, è prevedere le mosse che vengono decise oggi nelle stanze.
E che varranno da domani, da dopodomani e oltre.
lo dico sempre: a noi serve un pensiero forte e un pensare lungo.
Ma io di menti così, nel nostro campo, ne vedo poche purtroppo.
(E la mia men che meno.)
ventinove marzo duemiladodici
Le stanze del potere sono davvero occupate da menti raffinatissime.
Considerate questo:
- Nel 2007 la prima crisi finanziaria made in USA. E in Italia governa il centrosinistra.
- Nel 2008 si capisce che la crisi sarà brutta, tanto brutta che si gonfierà abbastanza in incognito (per il grande pubblico) per uno o due anni ancora, e che nel 2010 o 2011 arriverà in piena faccia a tutti quanti. E nel 2008 in Italia sta ancora governando il centrosinistra, che però scricchiola come solo lui sa fare.
- Anzi, a metà 2008 il centrosinistra in Italia cade del tutto e torna Berlusconi. Nelle stanze del potere si fregano le mani: la parte 'oscurata' della crisi in Italia la gestirà il maestro dell'oscuramento della realtà.
- Nel 2010 la crisi è evidente. In italia governano Berlusconi, Tremonti e la Lega. Malissimo. Ma le menti raffinatissime li lasciano ai loro posti di dis-governo: tanto la crisi è così brutta che neanche loro possono peggiorare lo stato di cose.
- Nel 2011 la crisi ha colpito sulla piena faccia ciascuno, in Italia come dappertutto. In italia Berlusconi, Tremonti e la Lega danno davvero il peggio di sé. Tanto che perfino il pubblico italiano registra un po' di fastidio. Le menti raffinatissime gongolano: agli italiani qualunque cosa, dopo quelli là, sembrerà più accettabile.
- A fine 2011 la crisi è epocale, e la credibilità italiana è talmente a pezzi che un giorno in più di questo giochino la perderebbe per sempre. Quindi basta così: Berlusconi col suo circo levi le tende, e venga qualcun altro che seguirà le indicazioni delle stanze del potere.
- Per il 2012 le menti continuano ad applicare la propria elaborata strategia di uscita dalla crisi, molto lunga, molto dolorosa (per il 99% della gente) e soprattutto tale che faccia passare la tentazione alla gente di rimettere in discussione i fondamenti stessi del sistema (che poi sono quelli che la crisi - anche questa crisi - l'hanno generata). In Italia governa Monti, col sostegno perfino del grande partito di centrosinistra. Ed è talmente brutta la reputazione di chi ha preceduto Monti e i suoi, che gli italiani quella strategia lì (quella stessa di Marchionne, per dire) c'è il rischio che se la bevano! Non l'avrebbero mai accettata se non se la fossero vista tanto brutta qualche mese prima, né se a propinargliela fosse quel vecchio circo. Sì forse, invece, con questo nuovo. E comunque non c'era altro modo che provarci.
Ecco perché sono menti raffinatissime, quelle che occupano le stanze del potere. Oppure hanno solo un gran culo. Oppure tutte e due le cose.
Come che sia, il potere ha queste tre dimensioni variabili: talento, mezzi e fortuna.
O noi siamo in grado di prendergli le misure, e di realizzare contromisure efficaci.
O continuerà lui a prenderci la vita un po' alla volta, mentre noi seguiteremo a prenderci in giro tirando palle di stracci a teste di cartapesta.
Ho le prove di quel che sto dicendo? No. Eppure lo so.
Sapere, capire, non è impossibile.
Anzi: è quasi facile leggere correttamente, in base ad alcuni indizi storici e un po' di senso logico, ciò che ci è avvenuto fino a ieri e quel che ci accade oggi.
Difficile, questo sì, è prevedere le mosse che vengono decise oggi nelle stanze.
E che varranno da domani, da dopodomani e oltre.
lo dico sempre: a noi serve un pensiero forte e un pensare lungo.
Ma io di menti così, nel nostro campo, ne vedo poche purtroppo.
(E la mia men che meno.)
ventinove marzo duemiladodici
LE CITTA'
Dice Edward Glaeser, di Harvard, nel suo Triumph of the City, che per affrontare le sfide socioeconomiche, politiche e culturali del futuro occorre riformularle in termini di migliore comprensione delle dinamiche evolutive delle città e di miglior governo di tali dinamiche, con la cura di chi ci vive, lavora, produce e si riproduce, consuma, progetta, crea, apprende, desidera, si sposta, ci arriva da lontano, ci invecchia.
E io non potrei essere più d'accordo.
Primo, perché mentre il soggetto 'Stato sovrano' sfuma la propria importanza storica nell'epoca del potere transnazionale delle corporation, degli organismi trasversali e dei consigli d'amministrazione intercontinentali, la realtà concretissima delle città non viene minimamente ridotta nella sua funzione di crogiolo interculturale, anzi si accresce.
E secondo, perché i passaggi fondamentali del processo di civilizzazione umana – dalla nascita delle prime città-stato all'alba della storia, a quella delle città-comuni in Europa alla fine del medioevo, alla straordinaria urbanizzazione e industrializzazione all'inizio dell'età contemporanea – hanno sempre avuto nelle città, e nell'idea di città, la propria incubatrice.
Questo per dire che, coerentemente con ciò di cui vado ragionando già da un po’ in termini di rimessa in discussione del modello di sviluppo e di contributo a un vero progresso verso l'umanesimo socialista, il mio campo d'azione sarà eminentemente quello della mia città.
Dove, tra l'altro tra un anno si vota.
Insomma, roma: preparati, stiamo arrivando!
venticinque marzo duemiladodici
Dice Edward Glaeser, di Harvard, nel suo Triumph of the City, che per affrontare le sfide socioeconomiche, politiche e culturali del futuro occorre riformularle in termini di migliore comprensione delle dinamiche evolutive delle città e di miglior governo di tali dinamiche, con la cura di chi ci vive, lavora, produce e si riproduce, consuma, progetta, crea, apprende, desidera, si sposta, ci arriva da lontano, ci invecchia.
E io non potrei essere più d'accordo.
Primo, perché mentre il soggetto 'Stato sovrano' sfuma la propria importanza storica nell'epoca del potere transnazionale delle corporation, degli organismi trasversali e dei consigli d'amministrazione intercontinentali, la realtà concretissima delle città non viene minimamente ridotta nella sua funzione di crogiolo interculturale, anzi si accresce.
E secondo, perché i passaggi fondamentali del processo di civilizzazione umana – dalla nascita delle prime città-stato all'alba della storia, a quella delle città-comuni in Europa alla fine del medioevo, alla straordinaria urbanizzazione e industrializzazione all'inizio dell'età contemporanea – hanno sempre avuto nelle città, e nell'idea di città, la propria incubatrice.
Questo per dire che, coerentemente con ciò di cui vado ragionando già da un po’ in termini di rimessa in discussione del modello di sviluppo e di contributo a un vero progresso verso l'umanesimo socialista, il mio campo d'azione sarà eminentemente quello della mia città.
Dove, tra l'altro tra un anno si vota.
Insomma, roma: preparati, stiamo arrivando!
venticinque marzo duemiladodici
SE CI PENSATE BENE
Chi abbia coltivato in sé – ma sul serio, profondamente, non per moda, non per istinto gregario, non per puro ribellismo fine a se stesso – chi abbia, dicevo, coltivato fosse pure per una sola stagione sincera, lo scandaloso ideale dell’eguaglianza tra tutti gli uomini, eguaglianza in diritti e in opportunità; e si sia persuaso – per riuscire ad intravederne la concreta possibilità, almeno a tendere – si sia persuaso per via di studio, di narrazione o di esperienza diretta, della teoria secondo cui il presupposto di quell’ideale egualitario è la riduzione drastica e strutturale delle sperequazioni economiche del tempo presente; ebbene – ricordi ora quell’ideale, ritrovi ora i motivi di quell’esser persuaso, apra oggi un onesto dialogo con la propria coscienza e col proprio intelletto e valuti se l’aver smarriti per la strada del tempo il sogno dell’umana eguaglianza e il metodo della giustizia sociale non si debba, per caso, all’ispessimento naturale della buccia del cuore, all’anelasticità progressiva del cervello, all’accumulo di adipe sugli organi dell’abbienza, al conformismo timorato degli anatemi contro antiche (e forse mal giocate) parole d’ordine, ma non già all’errore insanabile dell’ideale né all’inapplicabilità intrinseca della teoria.
E se ciò riscontri all’esito di quel dialogo sincero, ossia che gli umani è giusto che siano uguali in diritti ed opportunità e che i mezzi utili al fine sono la giustizia sociale, la cura concreta del generale interesse e la sua preminenza sempre e comunque sulla tutela dell’orizzonte puramente individuale, ebbene – aggiunga conclusivamente agli attributi che rimette al se stesso attuale, adulto, cosciente, anche il predicato dell’espressione “io sono socialista”, e tragga da ciò tutte le conseguenze etiche e politiche (cioè: private e pubbliche) in un momento storico come questo.
Non ci era finora mai capitato – né sono sicuro che ci capiti ancora in futuro – che la nostra individuale adesione alla strategia reale per il cambiamento profondo dello stato di cose presente, il nostro contributo singolo – marginale, si direbbe in teoria – realmente potesse spostarne il risultato ultimo.
Ed ora è ciò che succede, così stanno le cose.
Ma se ci pensate bene, ne converrete anche voi.
Non siamo mai stati così vicini con le dita al sogno, e al contempo tanto prossimi alla soglia dell’incubo.
Guardiamoci dentro, allora, e guardiamoci intorno.
Poi muoviamoci.
Ma dove siamo atterrati, compagni?
Dovremo muoverci con tanta accortezza,
Tutto è così fragile. Soprattutto loro.
Quella durezza in superficie cela il vuoto sotto,
come nelle statuine di sabbia fusa e soffiata
dagli artigiani del sesto mondo di Rigel.
Scintillano di smalto ai raggi del loro sole
le punte delle armi che scuotono, così lentamente per noi.
Hanno sognato la propria impotenza,
e urlando con flebile voce provano a scordarne il terrore.
Dove siamo, compagni?
A luce e luce da casa,
se non fosse che casa - per giuramento sulla nostra stirpe -
è in tutto l'Universo.
E anche qui.
Facciamola bella!
Con rispetto, pazienza e gioia.
venti marzo duemiladodici
Chi abbia coltivato in sé – ma sul serio, profondamente, non per moda, non per istinto gregario, non per puro ribellismo fine a se stesso – chi abbia, dicevo, coltivato fosse pure per una sola stagione sincera, lo scandaloso ideale dell’eguaglianza tra tutti gli uomini, eguaglianza in diritti e in opportunità; e si sia persuaso – per riuscire ad intravederne la concreta possibilità, almeno a tendere – si sia persuaso per via di studio, di narrazione o di esperienza diretta, della teoria secondo cui il presupposto di quell’ideale egualitario è la riduzione drastica e strutturale delle sperequazioni economiche del tempo presente; ebbene – ricordi ora quell’ideale, ritrovi ora i motivi di quell’esser persuaso, apra oggi un onesto dialogo con la propria coscienza e col proprio intelletto e valuti se l’aver smarriti per la strada del tempo il sogno dell’umana eguaglianza e il metodo della giustizia sociale non si debba, per caso, all’ispessimento naturale della buccia del cuore, all’anelasticità progressiva del cervello, all’accumulo di adipe sugli organi dell’abbienza, al conformismo timorato degli anatemi contro antiche (e forse mal giocate) parole d’ordine, ma non già all’errore insanabile dell’ideale né all’inapplicabilità intrinseca della teoria.
E se ciò riscontri all’esito di quel dialogo sincero, ossia che gli umani è giusto che siano uguali in diritti ed opportunità e che i mezzi utili al fine sono la giustizia sociale, la cura concreta del generale interesse e la sua preminenza sempre e comunque sulla tutela dell’orizzonte puramente individuale, ebbene – aggiunga conclusivamente agli attributi che rimette al se stesso attuale, adulto, cosciente, anche il predicato dell’espressione “io sono socialista”, e tragga da ciò tutte le conseguenze etiche e politiche (cioè: private e pubbliche) in un momento storico come questo.
Non ci era finora mai capitato – né sono sicuro che ci capiti ancora in futuro – che la nostra individuale adesione alla strategia reale per il cambiamento profondo dello stato di cose presente, il nostro contributo singolo – marginale, si direbbe in teoria – realmente potesse spostarne il risultato ultimo.
Ed ora è ciò che succede, così stanno le cose.
Ma se ci pensate bene, ne converrete anche voi.
Non siamo mai stati così vicini con le dita al sogno, e al contempo tanto prossimi alla soglia dell’incubo.
Guardiamoci dentro, allora, e guardiamoci intorno.
Poi muoviamoci.
Ma dove siamo atterrati, compagni?
Dovremo muoverci con tanta accortezza,
Tutto è così fragile. Soprattutto loro.
Quella durezza in superficie cela il vuoto sotto,
come nelle statuine di sabbia fusa e soffiata
dagli artigiani del sesto mondo di Rigel.
Scintillano di smalto ai raggi del loro sole
le punte delle armi che scuotono, così lentamente per noi.
Hanno sognato la propria impotenza,
e urlando con flebile voce provano a scordarne il terrore.
Dove siamo, compagni?
A luce e luce da casa,
se non fosse che casa - per giuramento sulla nostra stirpe -
è in tutto l'Universo.
E anche qui.
Facciamola bella!
Con rispetto, pazienza e gioia.
venti marzo duemiladodici
IL PADRE DI TUTTI I PROBLEMI
La Costituzione Italiana è tutta bella,
Ma tutta ha da essere pienamente e sostanzialmente applicata.
Lottiamo da anni - i cittadini democratici, intendo, anzi i cittadini tout court
(gli altri essendo sudditi, o banditi) - per l'articolo 21, ad esempio, sull'informazione, per il 13, sulla libertà,
per l'11, sulla pace, per il 3, sull'uguaglianza dinanzi alla legge,
e per l'articolo 1, sul lavoro e la stessa democrazia.
Lottiamo, civicamente, e continueremo a farlo!
Ma ora - cittadini, amici e compagni - devo dire che per quanto mi riguarda,
la vigilanza e l'energia politica si spostano
su un altro dettato costituzionale, questo:
Articolo 41
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Articolo 42
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Sì, secondo me siamo arrivati al punto in cui si può, e si deve provare
a scogliere il nodo fondamentale dello stare insieme della collettività nazionale:
chi ha cosa, e per farne cosa.
Secondo le regole democratiche, in applicazione della Costituzione,
senza alcuna forma di violenza o prepotenza,
ma dire alcunché di sostanziale e conseguente su chi ha cosa e per farne cosa,
distinguerà ai miei occhi i compagni, dagli amici e dai cittadini,
i movimenti con i quali vorrò collaborare dagli altri,
i sindacati che fanno sindacato dagli intrallazzatori,
gli operatori dell'informazione e le voci del sapere affidabili, dai mestatori a libro paga,
i partiti cui andrà il mio voto, e anche un impegno in prima persona,
dalla pura ed esecranda partitocrazia.
In una parola: la sinistra - politica, sociale, culturale, civica e personale -
da oggi si misura col metro degli articoli 41 e 42 della Costituzione Italiana!
Il resto è un'altra cosa.
E, guardate: tutto quello che sta facendo - che sta provando a fare - in questi giorni il governo Monti (la riforma del mercato del lavoro, la messa in discussione dell'articolo 18, l'accettazione dell'orizzonte antisindacale e minaccioso di Marchionne, la conferma dell'impianto dilazionatorio della riforma pensionistica...) è logico e conseguente, se visto con l'ottica di chi non può, né vuole, mettere in discussione il padre di tutti i problemi: CHI HA COSA, E PER FARNE COSA.
Anzi, direi che in quella cornice ideale che ci accompagna dall'inizio della storia repubblicana - cioè la priorità della libertà d'iniziativa privata rispetto alla valutazione dell'interesse generale - le strategie di Monti e colleghi sono forse le meno discriminatorie, e incomparabilemente meno discriminatorie di quelle dei governi PdL-Lega.
Solo che, per stessa ammissione di Fornero - per esempio -, quelle strategie hanno senso solo come manovra di sopravvivenza generale in attesa che qui il capitalismo riparta dopo la crisi globale, che l'impresa privata - italiana e no - torni ad investire in Italia, che tutto il sistema euroatlantico insomma ritrovi la quadratura del cerchio che teneva insieme profitto privato e diritti diffusi.
Ma è proprio questa la previsione infondata! Il che vanifica i sacrifici che le misure Monti impongono, e il che accelera solo l'accumulo di ricchezza e poteri della super-classe dirigente prima che essa migri del tutto altrove - lì dove la logica del capitalismo puro può ancora sposarsi con una crescita di civiltà e di diritti, ma solo perché diritti e civiltà sono colà al livello primitivo come da noi prima dell'elaborazione del welfare.
La previsione è infondata perché il capitalismo 'dal volto umano' è davvero finito, e tornerebbe in vita solo dopo un altro evento catastrofico 'generatore di economia', di quelli avvenuti già nel XX secolo - tipo una guerra calda, o una lunga guerra fedda.
Ma si può sperare una cosa così?
No.
E allora si deve essere conseguenti.
O si accetta la previsione 'rosea' della tecnoborghesia à la Monti-Fornero, o ci si attrezza per il suo rovescio catastrofico, oppure si dice fin d'ora che è proprio il paradigma libertà-proprietà-profitto che può e deve essere rimesso in discussione.
Ecco, la sinistra che penso io è quella che sceglie questa terza strada, e ne fa politica a tutto campo, fino in fondo.
E comunque, in democrazia, i cittadini dovrebbero poter dire con cognizione di causa quale strada vogliono imboccare, e dar mandato esplicito agli amministratori di fare una cosa (tagliare e sperare) o l'altra (la guerra) o l'altra ancora (un socialismo).
Ma nessuno ce lo sta chiedendo. nessuno sta neanche dicendo - a parte me ora - che questa è la domanda da porsi.
La parola d'ordine del sistema mediatico sembra essere la seguente:
mai negare un minuto di fama a chi parla di legalità o d'informazione,
ma non s'azzardino a metter bocca su chi ha cosa e per farne cosa.
Io invece è proprio di questo che voglio discutere, e poi su questo agire!
Chi lo fa con me?
diciotto marzo duemiladodici
La Costituzione Italiana è tutta bella,
Ma tutta ha da essere pienamente e sostanzialmente applicata.
Lottiamo da anni - i cittadini democratici, intendo, anzi i cittadini tout court
(gli altri essendo sudditi, o banditi) - per l'articolo 21, ad esempio, sull'informazione, per il 13, sulla libertà,
per l'11, sulla pace, per il 3, sull'uguaglianza dinanzi alla legge,
e per l'articolo 1, sul lavoro e la stessa democrazia.
Lottiamo, civicamente, e continueremo a farlo!
Ma ora - cittadini, amici e compagni - devo dire che per quanto mi riguarda,
la vigilanza e l'energia politica si spostano
su un altro dettato costituzionale, questo:
Articolo 41
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Articolo 42
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Sì, secondo me siamo arrivati al punto in cui si può, e si deve provare
a scogliere il nodo fondamentale dello stare insieme della collettività nazionale:
chi ha cosa, e per farne cosa.
Secondo le regole democratiche, in applicazione della Costituzione,
senza alcuna forma di violenza o prepotenza,
ma dire alcunché di sostanziale e conseguente su chi ha cosa e per farne cosa,
distinguerà ai miei occhi i compagni, dagli amici e dai cittadini,
i movimenti con i quali vorrò collaborare dagli altri,
i sindacati che fanno sindacato dagli intrallazzatori,
gli operatori dell'informazione e le voci del sapere affidabili, dai mestatori a libro paga,
i partiti cui andrà il mio voto, e anche un impegno in prima persona,
dalla pura ed esecranda partitocrazia.
In una parola: la sinistra - politica, sociale, culturale, civica e personale -
da oggi si misura col metro degli articoli 41 e 42 della Costituzione Italiana!
Il resto è un'altra cosa.
E, guardate: tutto quello che sta facendo - che sta provando a fare - in questi giorni il governo Monti (la riforma del mercato del lavoro, la messa in discussione dell'articolo 18, l'accettazione dell'orizzonte antisindacale e minaccioso di Marchionne, la conferma dell'impianto dilazionatorio della riforma pensionistica...) è logico e conseguente, se visto con l'ottica di chi non può, né vuole, mettere in discussione il padre di tutti i problemi: CHI HA COSA, E PER FARNE COSA.
Anzi, direi che in quella cornice ideale che ci accompagna dall'inizio della storia repubblicana - cioè la priorità della libertà d'iniziativa privata rispetto alla valutazione dell'interesse generale - le strategie di Monti e colleghi sono forse le meno discriminatorie, e incomparabilemente meno discriminatorie di quelle dei governi PdL-Lega.
Solo che, per stessa ammissione di Fornero - per esempio -, quelle strategie hanno senso solo come manovra di sopravvivenza generale in attesa che qui il capitalismo riparta dopo la crisi globale, che l'impresa privata - italiana e no - torni ad investire in Italia, che tutto il sistema euroatlantico insomma ritrovi la quadratura del cerchio che teneva insieme profitto privato e diritti diffusi.
Ma è proprio questa la previsione infondata! Il che vanifica i sacrifici che le misure Monti impongono, e il che accelera solo l'accumulo di ricchezza e poteri della super-classe dirigente prima che essa migri del tutto altrove - lì dove la logica del capitalismo puro può ancora sposarsi con una crescita di civiltà e di diritti, ma solo perché diritti e civiltà sono colà al livello primitivo come da noi prima dell'elaborazione del welfare.
La previsione è infondata perché il capitalismo 'dal volto umano' è davvero finito, e tornerebbe in vita solo dopo un altro evento catastrofico 'generatore di economia', di quelli avvenuti già nel XX secolo - tipo una guerra calda, o una lunga guerra fedda.
Ma si può sperare una cosa così?
No.
E allora si deve essere conseguenti.
O si accetta la previsione 'rosea' della tecnoborghesia à la Monti-Fornero, o ci si attrezza per il suo rovescio catastrofico, oppure si dice fin d'ora che è proprio il paradigma libertà-proprietà-profitto che può e deve essere rimesso in discussione.
Ecco, la sinistra che penso io è quella che sceglie questa terza strada, e ne fa politica a tutto campo, fino in fondo.
E comunque, in democrazia, i cittadini dovrebbero poter dire con cognizione di causa quale strada vogliono imboccare, e dar mandato esplicito agli amministratori di fare una cosa (tagliare e sperare) o l'altra (la guerra) o l'altra ancora (un socialismo).
Ma nessuno ce lo sta chiedendo. nessuno sta neanche dicendo - a parte me ora - che questa è la domanda da porsi.
La parola d'ordine del sistema mediatico sembra essere la seguente:
mai negare un minuto di fama a chi parla di legalità o d'informazione,
ma non s'azzardino a metter bocca su chi ha cosa e per farne cosa.
Io invece è proprio di questo che voglio discutere, e poi su questo agire!
Chi lo fa con me?
diciotto marzo duemiladodici
IL NUOVO SOGGETTO
Monti e Merkel, congiuntamente: "la fase peggiore della crisi finanziaria è finita."
E forse è così. Nel senso che la speculazione non morde più come da mesi e fino a pochi giorni fa.
Ma solo perché - dico io - cosa vuoi speculare ancora?
Però la crisi economica, di lavoro, di reddito, di servizi sociali, di prospettive esistenziali, e quindi di democrazia in senso sostanziale, invece sta ancora tutta qua.
Direi anzi che la sua fase peggiore deve proprio arrivarci in faccia.
E aggiungo che se non si mette in discussione il cuore stesso del modello economico che, di crisi in crisi, ci ha portato all'oggi - se si rappezza soltanto la stoffa strappata del diritto di essere eguali e liberi, o almeno di ambire ad esserlo, anziché cucirne una radicalmente nuova -, allora i governi e i poteri otterranno al più (e sarebbe comunque un prodigio, sì, ma di sacrifici infami) che l'economia torni a risalire un tantino, dopo.
E disegualmente, comunque.
A salire cioè di quel tanto che basti a far tornare la fregola della speculazione ai mandanti e ai sicari della finanza, i quali torneranno poi a mietere il loro campo secolare come fanno di ciclo in ciclo - perché questa è la natura del sistema, né occorre postulare la crudeltà di alcuno.
Ora la domanda che vi pongo è: "come ci si sente, umani, pannocchie di grano?"
Pensateci su con calma.
Intanto ribadisco: davvero la crudeltà c'entra pochissimo, almeno ai piani più alti. Quindi non commettiamo l'errore di leggere la realtà con le lenti spesse del giudizio morale e della sempice indignazione.
O meglio, sadici sono senz'altro gli ultimi anelli della catena alimentare, quelli che fanno con piacere il lavoro sporco di rovinare la gente, i lavoratori. Ma chi sta in cima non è più cattivo più di quanto lo sia per esempio un buon generale: infatti, i grandi decisori del sistema credono incrollabilmente che la storia sia storia di guerra (di guerra, badate, non di lotta di classe - che è un'altra cosa, ed è la lettura corretta), e che se non si seguono le solite regole di sempre la guerra sarà perduta e il loro mondo precipiterà nella miseria. E' partendo da questo assunto che muovono i propri eserciti (finanziari) affinché la miseria (secondo loro ineliminabile) resti più possibile lontana dalle loro linee, e se tocca invece ad altri eserciti la miseria secolare - pazienza, anzi: tanto meglio.
Mors tua vita mea, questo hanno come comandamento. Non sono crudeli, ai piani alti.
Ma così sarà per sempre?
Non lo so.
Mettiamola così. Non è che Marx ed Engels avessero scommesso sulla rivoluzione proletaria per bontà d'animo. Quelli semmai erano i socialisti utopisti, che dicevano 'madonna mia, non si può vivere in quelle condizioni: le cose devono cambiare!'. No, Marx ed Engels scommisero sul proletariato come fattore di ulteriore avanzamento della liberazione umana perché osservavano che per la prima volta nella storia tanti poveri erano costretti a vivere insieme (nelle fabbriche e nei quartieri industriali delle città europee) e a farsi una coscienza comune proprio per poter produrre meglio (a differenza di schiavi e servi del passato, che più erano incoscienti e meglio servivano l'aratro o il secchio).
Al che i padri del comunismo (anzi, del socialismo scientifico) avranno detto 'cazzo, guarda tu se proprio il capitale non sta creando la stessa mano collettiva che lo strangolerà'. E perché volevano ciò? Perché osservavano che il modello capitalista per come si era sviluppato dai Comuni fino al loro tempo aveva già dato il massimo, in termini di liberazione umana, e quindi che qualsiasi cosa lo superasse avrebbe fatto bene a sé ma anche a tutto il genere umano.
Hanno toppato, in senso stretto.
Ma in senso lato, no affatto! Perché il modello capitalista si è dovuto talmente guardare il culo dalla classe proletaria cosciente e organizzata che si è trasformato moltissimo in termini di democrazia e benessere diffuso. (Purtroppo non ci ha nemmeno provato a farlo pacificamente, perché è più forte di lui: il capitalismo - lui, impersonalmente in persona - è squalo, o mangia o muore! E si è mangiato le risorse del pianeta, più un cento milioni di umani ammazzati in guerra, contando solo le due guerre mondiali e derivati.)
E che c'entra questo con la flebile, eventuale, problematica speranza per il qui e ora?
C'entra.
Perché oggi per la prima volta nella storia, non milioni di proletari ma miliardi di poveri - poveri tutti se rapportati ai privilegiati e garantiti, e tantissimi veri poveri comunque - sono costretti a 'vivere' insieme in quella realtà impalpabile ma assolutamente concreta che è il mondo dei simboli, dell'informazione, dello scambio di esperienze, dei media e della Rete. E a formarsi una coscienza comune proprio per non perdere la (già remota) possibilità di resistere nella produzione e riproduzione della propria vita.
Non lo notate il parallelo col precedente?
Questo - direbbero (secondo me) degli osservatori alla Marx ed Engels - questo può essere oggettivamente il fattore di superamento dello stallo attuale, e forse è proprio il quadro globale che il sistema - nella persona dei suoi decisori e strateghi apicali - non avrebbe voluto mai si delineasse, ma tant'è: potenza delle contraddizioni intrinseche. (Il materialismo storico e dialettico, d'altronde, non passa mica il tempo ad asciugar gli scogli col kleenex!)
Quindi, dicevamo, la flebile speranza: nel nuovo soggetto 'rivoluzionario' il numero c'è, hai voglia, la coscienza comune si forma rapidissima, manca solo l'organizzazione.
Che non è poco, lo ammetto.
Quindi non mi ci gioco le palle che il sistema stavolta è la volta che salta. Ma neanche sul fatalismo contrario.
E anzi, se posso dare un'infinitesima mano in uno dei due versi alternativi possibili... be', sapete qual è!
Buon tutto a tutte le pannocchie!
tredici marzo duemiladodici
Monti e Merkel, congiuntamente: "la fase peggiore della crisi finanziaria è finita."
E forse è così. Nel senso che la speculazione non morde più come da mesi e fino a pochi giorni fa.
Ma solo perché - dico io - cosa vuoi speculare ancora?
Però la crisi economica, di lavoro, di reddito, di servizi sociali, di prospettive esistenziali, e quindi di democrazia in senso sostanziale, invece sta ancora tutta qua.
Direi anzi che la sua fase peggiore deve proprio arrivarci in faccia.
E aggiungo che se non si mette in discussione il cuore stesso del modello economico che, di crisi in crisi, ci ha portato all'oggi - se si rappezza soltanto la stoffa strappata del diritto di essere eguali e liberi, o almeno di ambire ad esserlo, anziché cucirne una radicalmente nuova -, allora i governi e i poteri otterranno al più (e sarebbe comunque un prodigio, sì, ma di sacrifici infami) che l'economia torni a risalire un tantino, dopo.
E disegualmente, comunque.
A salire cioè di quel tanto che basti a far tornare la fregola della speculazione ai mandanti e ai sicari della finanza, i quali torneranno poi a mietere il loro campo secolare come fanno di ciclo in ciclo - perché questa è la natura del sistema, né occorre postulare la crudeltà di alcuno.
Ora la domanda che vi pongo è: "come ci si sente, umani, pannocchie di grano?"
Pensateci su con calma.
Intanto ribadisco: davvero la crudeltà c'entra pochissimo, almeno ai piani più alti. Quindi non commettiamo l'errore di leggere la realtà con le lenti spesse del giudizio morale e della sempice indignazione.
O meglio, sadici sono senz'altro gli ultimi anelli della catena alimentare, quelli che fanno con piacere il lavoro sporco di rovinare la gente, i lavoratori. Ma chi sta in cima non è più cattivo più di quanto lo sia per esempio un buon generale: infatti, i grandi decisori del sistema credono incrollabilmente che la storia sia storia di guerra (di guerra, badate, non di lotta di classe - che è un'altra cosa, ed è la lettura corretta), e che se non si seguono le solite regole di sempre la guerra sarà perduta e il loro mondo precipiterà nella miseria. E' partendo da questo assunto che muovono i propri eserciti (finanziari) affinché la miseria (secondo loro ineliminabile) resti più possibile lontana dalle loro linee, e se tocca invece ad altri eserciti la miseria secolare - pazienza, anzi: tanto meglio.
Mors tua vita mea, questo hanno come comandamento. Non sono crudeli, ai piani alti.
Ma così sarà per sempre?
Non lo so.
Mettiamola così. Non è che Marx ed Engels avessero scommesso sulla rivoluzione proletaria per bontà d'animo. Quelli semmai erano i socialisti utopisti, che dicevano 'madonna mia, non si può vivere in quelle condizioni: le cose devono cambiare!'. No, Marx ed Engels scommisero sul proletariato come fattore di ulteriore avanzamento della liberazione umana perché osservavano che per la prima volta nella storia tanti poveri erano costretti a vivere insieme (nelle fabbriche e nei quartieri industriali delle città europee) e a farsi una coscienza comune proprio per poter produrre meglio (a differenza di schiavi e servi del passato, che più erano incoscienti e meglio servivano l'aratro o il secchio).
Al che i padri del comunismo (anzi, del socialismo scientifico) avranno detto 'cazzo, guarda tu se proprio il capitale non sta creando la stessa mano collettiva che lo strangolerà'. E perché volevano ciò? Perché osservavano che il modello capitalista per come si era sviluppato dai Comuni fino al loro tempo aveva già dato il massimo, in termini di liberazione umana, e quindi che qualsiasi cosa lo superasse avrebbe fatto bene a sé ma anche a tutto il genere umano.
Hanno toppato, in senso stretto.
Ma in senso lato, no affatto! Perché il modello capitalista si è dovuto talmente guardare il culo dalla classe proletaria cosciente e organizzata che si è trasformato moltissimo in termini di democrazia e benessere diffuso. (Purtroppo non ci ha nemmeno provato a farlo pacificamente, perché è più forte di lui: il capitalismo - lui, impersonalmente in persona - è squalo, o mangia o muore! E si è mangiato le risorse del pianeta, più un cento milioni di umani ammazzati in guerra, contando solo le due guerre mondiali e derivati.)
E che c'entra questo con la flebile, eventuale, problematica speranza per il qui e ora?
C'entra.
Perché oggi per la prima volta nella storia, non milioni di proletari ma miliardi di poveri - poveri tutti se rapportati ai privilegiati e garantiti, e tantissimi veri poveri comunque - sono costretti a 'vivere' insieme in quella realtà impalpabile ma assolutamente concreta che è il mondo dei simboli, dell'informazione, dello scambio di esperienze, dei media e della Rete. E a formarsi una coscienza comune proprio per non perdere la (già remota) possibilità di resistere nella produzione e riproduzione della propria vita.
Non lo notate il parallelo col precedente?
Questo - direbbero (secondo me) degli osservatori alla Marx ed Engels - questo può essere oggettivamente il fattore di superamento dello stallo attuale, e forse è proprio il quadro globale che il sistema - nella persona dei suoi decisori e strateghi apicali - non avrebbe voluto mai si delineasse, ma tant'è: potenza delle contraddizioni intrinseche. (Il materialismo storico e dialettico, d'altronde, non passa mica il tempo ad asciugar gli scogli col kleenex!)
Quindi, dicevamo, la flebile speranza: nel nuovo soggetto 'rivoluzionario' il numero c'è, hai voglia, la coscienza comune si forma rapidissima, manca solo l'organizzazione.
Che non è poco, lo ammetto.
Quindi non mi ci gioco le palle che il sistema stavolta è la volta che salta. Ma neanche sul fatalismo contrario.
E anzi, se posso dare un'infinitesima mano in uno dei due versi alternativi possibili... be', sapete qual è!
Buon tutto a tutte le pannocchie!
tredici marzo duemiladodici
INTERMEZZO
Se si scoprisse che per orientare l'opinione della gente e strapparne il consenso - insomma, per far venir voglia alla gente di fare qualcosa (che è ancor più difficile di fargli fare qualcosa contro voglia) - bisogna mettere un somaro in bella vista, farlo ragliare e tradurre i suoi versi a beneficio del pubblico, ebbene allora avremmo come capo un somaro.
Non è ciò, che mi turba - è successo poco meno che questo, nella storia (anche italiana e anche recente).
Il problema è che la determinata 'cosa' di cui vorrei venisse alla gente la voglia (di fare) - appresso a un somaro o a chiunque altro - è radicalmente diversa da quella che viene spacciata e indotta usualmente, ininterrottamente, universalmente e, purtroppo, assai efficacemente.
Né sono il primo - ci mancherebbe! - a pensarla così: restringendo a due i precedenti, diciamo che ci si è provato orientando la gente con un agnello (tantissimo tempo fa) e con la falce e martello (un po' meno).
Ma, a occhio e croce, sono ancora e sempre i somari che riscuotono il successo più largo.
E, volendo guardare un po' più 'in lungo, mi viene in mente quest'altra roba.
Che ormai, coscienti c'eravamo diventati.
E allora bisognava pur inventarsi qualcosa per far passare il tempo fino all'in-coscienza 2.0. Così, uno particolarmente creativo tirò fuori niente meno che la Civiltà: il lento cammino della, dalle magnifiche sorti e progressive - e sono un quattrocento secoletti buoni che stiamo tutti in questo collo di bottiglia.
Meglio dipingere graffiti, arare campi, tirar su archi, scrivere, far di conto, conoscere il pianeta, spedire sonde in orbita, perdonare, suturare aorte, legiferare, dipingere, indossare cappelli, aprire scuole e cantare l'Internazionale, mentre ci si scanna l'un l'altro - meglio, che scannarsi e basta: questo è ovvio.
Speriamo solo che avesse ragione quello, però: che l'in-coscienza torni e si compia, magari un attimo prima che la formidabile arma che brandiamo - con la mano con la quale non siamo intenti alle carezze in rima - la Civiltà, ci abbia (pure per mera goffagine) decapitati tutti.
dodici marzo duemiladodici
Se si scoprisse che per orientare l'opinione della gente e strapparne il consenso - insomma, per far venir voglia alla gente di fare qualcosa (che è ancor più difficile di fargli fare qualcosa contro voglia) - bisogna mettere un somaro in bella vista, farlo ragliare e tradurre i suoi versi a beneficio del pubblico, ebbene allora avremmo come capo un somaro.
Non è ciò, che mi turba - è successo poco meno che questo, nella storia (anche italiana e anche recente).
Il problema è che la determinata 'cosa' di cui vorrei venisse alla gente la voglia (di fare) - appresso a un somaro o a chiunque altro - è radicalmente diversa da quella che viene spacciata e indotta usualmente, ininterrottamente, universalmente e, purtroppo, assai efficacemente.
Né sono il primo - ci mancherebbe! - a pensarla così: restringendo a due i precedenti, diciamo che ci si è provato orientando la gente con un agnello (tantissimo tempo fa) e con la falce e martello (un po' meno).
Ma, a occhio e croce, sono ancora e sempre i somari che riscuotono il successo più largo.
E, volendo guardare un po' più 'in lungo, mi viene in mente quest'altra roba.
Che ormai, coscienti c'eravamo diventati.
E allora bisognava pur inventarsi qualcosa per far passare il tempo fino all'in-coscienza 2.0. Così, uno particolarmente creativo tirò fuori niente meno che la Civiltà: il lento cammino della, dalle magnifiche sorti e progressive - e sono un quattrocento secoletti buoni che stiamo tutti in questo collo di bottiglia.
Meglio dipingere graffiti, arare campi, tirar su archi, scrivere, far di conto, conoscere il pianeta, spedire sonde in orbita, perdonare, suturare aorte, legiferare, dipingere, indossare cappelli, aprire scuole e cantare l'Internazionale, mentre ci si scanna l'un l'altro - meglio, che scannarsi e basta: questo è ovvio.
Speriamo solo che avesse ragione quello, però: che l'in-coscienza torni e si compia, magari un attimo prima che la formidabile arma che brandiamo - con la mano con la quale non siamo intenti alle carezze in rima - la Civiltà, ci abbia (pure per mera goffagine) decapitati tutti.
dodici marzo duemiladodici
LA LEGGE E LA FORZA
Bisogna capire bene il senso – se c’è – dell’intangibilità (quasi un’aura sacrale li avvolgesse – agli occhi del bravo cittadino, intendo: per i non-bravi il problema non si pone) della legge, del potere democratico che la codifica, della forza autorizzata che la protegge.
(E chi scrive è uno che senza sforzo rispetta la legge, che intende vivere sul serio i principi di democrazia e giustizia, che è letteralmente innamorato della costituzione italiana.)
Ma consideriamo questo: che la forza (dall’arma del milite alla penna del giudice, dal vincolo del codice alla porta del carcere) si fonda sulla legge, che la legge si fonda sulla costituzione, che la costituzione si fonda sulla storia, che la storia si fonda sul potere, che il potere si fonda sul numero, che il numero si fonda sulle correnti profonde, che le correnti profonde si fondano sulla volontà egemonica, che la volontà egemonica si fonda sul bisogno interpretato, che il bisogno interpretato si fonda sull’esistenza di un’avanguardia intellettuale, e che un’avanguardia intellettuale – al posto giusto e al momento giusto, e con sorte favorevole – può dare il via a tutto l’ingranaggio.
Ecco perché interrogarsi sull’intangibilità della legge, del potere democratico che la codifica, della forza autorizzata che la protegge.
Ed ecco qual è la partita che si sta giocando per l’ennesima volta nel corso della storia – adesso, tra Piazza Tahrir e Atene e Zuccotti Park e la Val Susa e le pagine di tutto il mondo e il mondo della rete.
due marzo duemiladodici
Bisogna capire bene il senso – se c’è – dell’intangibilità (quasi un’aura sacrale li avvolgesse – agli occhi del bravo cittadino, intendo: per i non-bravi il problema non si pone) della legge, del potere democratico che la codifica, della forza autorizzata che la protegge.
(E chi scrive è uno che senza sforzo rispetta la legge, che intende vivere sul serio i principi di democrazia e giustizia, che è letteralmente innamorato della costituzione italiana.)
Ma consideriamo questo: che la forza (dall’arma del milite alla penna del giudice, dal vincolo del codice alla porta del carcere) si fonda sulla legge, che la legge si fonda sulla costituzione, che la costituzione si fonda sulla storia, che la storia si fonda sul potere, che il potere si fonda sul numero, che il numero si fonda sulle correnti profonde, che le correnti profonde si fondano sulla volontà egemonica, che la volontà egemonica si fonda sul bisogno interpretato, che il bisogno interpretato si fonda sull’esistenza di un’avanguardia intellettuale, e che un’avanguardia intellettuale – al posto giusto e al momento giusto, e con sorte favorevole – può dare il via a tutto l’ingranaggio.
Ecco perché interrogarsi sull’intangibilità della legge, del potere democratico che la codifica, della forza autorizzata che la protegge.
Ed ecco qual è la partita che si sta giocando per l’ennesima volta nel corso della storia – adesso, tra Piazza Tahrir e Atene e Zuccotti Park e la Val Susa e le pagine di tutto il mondo e il mondo della rete.
due marzo duemiladodici
PECORELLA
Io credo che un cittadino che apostrofa 'pecorella' un uomo armato e incaricato di mantenere l'ordine pubblico, guardandolo negli occhi da mezzo metro di distanza e a mani nude, con la sola forza dell'ironia e di un ragionamento che tenta di rendere evidente la contraddizione di una 'guerra tra gente del popolo', rappresenti ed esemplifichi un atto non-violento di disobbedienza civile, di quelli che quando li vediamo nei film sui movimenti di liberazione ci piacciono, ma che poi nei tg e nei talkshow abilmente condotti non ci piacciono più.
Viceversa sono certo che i cittadini violenti che - quasi sullo stesso 'teatro di operazioni' - aggrediscono le troupe e la stampa o bruciano le auto, rappresentano ed esemplificano una modalità di lotta che non è disobbedienza nel senso più efficace del termine, non è la 'messa in evidenza, e a frutto' delle contraddizioni del sistema, e non è neanche un po' civile.
Ed è chiaro come il sole che il sistema si frega le mani ogni volta che la disobbedienza scarta la prima modalità e innesca la seconda.
Chi non capisce questo, non penso nemmeno più che sia confuso.
Provo a spiegarmi ancora meglio.
Probabilmente se fosse esistita la televisione ai suoi tempi e se ci fosse stato un discreto oratore che distorcesse le sue intenzioni ad uso di criminalizzarlo, anche Francesco d'Assisi che appellava 'pecorelle' frate Leone e gli altri primi interlocutori, così da distoglierli dallo scannare animali per farsene cibo, anche lui e il suo gesto li avremmo giudicati istigatori di violenza. (Laddove invece la violenza è quell'altra, e pure dis-efficace, che stigmatizzo nella seconda parte del mio primo capoverso.)
Ma i tempi son questi qui, e questi i mezzi con cui ci formiamo le nostre opinioni. E io non posso farci niente.
Dico di più.
Io suppongo che Francesco fosse ateo. Che non credeva in dio né era certo dell'esistenza storica di Cristo, come pastore o altro.
Ma credeva incrollabilmente nel potere della parola e dell'esempio per suscitare quel poco di buono che c'è in ognuno, lui che di buono in sé ne aveva in quantità immensa - per pura grazia del caso, in origine, e per gran lavoro di esercizio della virtù poi, in corso di breve vita.
Provocare con la parola l'interlocutore, metterlo in contraddizione con le sue credenze, per fargliele cortocircuitare e ottenere così un uomo nuovamente disposto a spostarsene e crescere, era il suo modo per cominciare a cambiare il mondo. Seguìto poi da una meravigliosa, epica, tragica, opera esemplificativa ed organizzativa.
Ora, la differenza tra Francesco, o tra Gandhi - se preferite -, e un ragazzo che dà della pecorella all'armato, è quantitativa. Di un'infinità di ordini di grandezza, ovviamente, sia nel valore, o talento, del protagonista, sia forse nelle conseguenze che avranno le rispettive azioni quando sarà possibile confrontarle serenamente.
Ma non qualitativa, tra buoni e cattivi o tra 'spirituali' e 'materiali' - il che, lo riconoscerete, configurerebbe invece uno sguardo sulle cose un po' puerile.
Ma tanto domani saranno tutti a citare Pasolini, a sproposito. Non avendo letto null'altro di lui che quella poesia su Valle Giulia. E neanche tutta quanta.
ventinove febbraio duemiladodici
.
Io credo che un cittadino che apostrofa 'pecorella' un uomo armato e incaricato di mantenere l'ordine pubblico, guardandolo negli occhi da mezzo metro di distanza e a mani nude, con la sola forza dell'ironia e di un ragionamento che tenta di rendere evidente la contraddizione di una 'guerra tra gente del popolo', rappresenti ed esemplifichi un atto non-violento di disobbedienza civile, di quelli che quando li vediamo nei film sui movimenti di liberazione ci piacciono, ma che poi nei tg e nei talkshow abilmente condotti non ci piacciono più.
Viceversa sono certo che i cittadini violenti che - quasi sullo stesso 'teatro di operazioni' - aggrediscono le troupe e la stampa o bruciano le auto, rappresentano ed esemplificano una modalità di lotta che non è disobbedienza nel senso più efficace del termine, non è la 'messa in evidenza, e a frutto' delle contraddizioni del sistema, e non è neanche un po' civile.
Ed è chiaro come il sole che il sistema si frega le mani ogni volta che la disobbedienza scarta la prima modalità e innesca la seconda.
Chi non capisce questo, non penso nemmeno più che sia confuso.
Provo a spiegarmi ancora meglio.
Probabilmente se fosse esistita la televisione ai suoi tempi e se ci fosse stato un discreto oratore che distorcesse le sue intenzioni ad uso di criminalizzarlo, anche Francesco d'Assisi che appellava 'pecorelle' frate Leone e gli altri primi interlocutori, così da distoglierli dallo scannare animali per farsene cibo, anche lui e il suo gesto li avremmo giudicati istigatori di violenza. (Laddove invece la violenza è quell'altra, e pure dis-efficace, che stigmatizzo nella seconda parte del mio primo capoverso.)
Ma i tempi son questi qui, e questi i mezzi con cui ci formiamo le nostre opinioni. E io non posso farci niente.
Dico di più.
Io suppongo che Francesco fosse ateo. Che non credeva in dio né era certo dell'esistenza storica di Cristo, come pastore o altro.
Ma credeva incrollabilmente nel potere della parola e dell'esempio per suscitare quel poco di buono che c'è in ognuno, lui che di buono in sé ne aveva in quantità immensa - per pura grazia del caso, in origine, e per gran lavoro di esercizio della virtù poi, in corso di breve vita.
Provocare con la parola l'interlocutore, metterlo in contraddizione con le sue credenze, per fargliele cortocircuitare e ottenere così un uomo nuovamente disposto a spostarsene e crescere, era il suo modo per cominciare a cambiare il mondo. Seguìto poi da una meravigliosa, epica, tragica, opera esemplificativa ed organizzativa.
Ora, la differenza tra Francesco, o tra Gandhi - se preferite -, e un ragazzo che dà della pecorella all'armato, è quantitativa. Di un'infinità di ordini di grandezza, ovviamente, sia nel valore, o talento, del protagonista, sia forse nelle conseguenze che avranno le rispettive azioni quando sarà possibile confrontarle serenamente.
Ma non qualitativa, tra buoni e cattivi o tra 'spirituali' e 'materiali' - il che, lo riconoscerete, configurerebbe invece uno sguardo sulle cose un po' puerile.
Ma tanto domani saranno tutti a citare Pasolini, a sproposito. Non avendo letto null'altro di lui che quella poesia su Valle Giulia. E neanche tutta quanta.
ventinove febbraio duemiladodici
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GIORNO
Il grande corpo degli italiani si è svegliato a notte alta, il tempo di grattar via una crosta, di girarsi sul fianco, e già dorme di nuovo.
La sua piccola classe dirigente lo ninna con abilità, sussurrando un coro di argomenti di nessuna importanza mentre ai piedi del geografico letto prende decisioni in nome e per conto del dormiente.
Un fitto chiacchiericcio, che i media rilanciano con narcotizzante ripetizione quotidiana.
E nessuno che dica semplicemente cosa si propone e ha la forza di fare e perché, su un tema reale qualunque.
Che scandalo sarebbe, invece, che sveglia suonerebbe all'orecchio del grande corpo degli italiani assorto nella semicoscienza, se chi può parlare pubblicamente in questa notte rispettasse l'antico precetto: "il vostro parlare sia sì sì, no no".
E però il letto in cui siamo distesi ha sì il crocifisso che pencola sopra la testata in penombra, ma non c'è niente che sia più lontano da qui della semplice verità rivoluzionaria del sogno evangelico.
Confido tuttavia in un'idea, fondata su pochi fatti ai quali mi determino a dare grande importanza: che dal grande corpo dormiente sia già in atto un travaso, prima un filo soltanto di scolo di intelligenze destate, poi un risveglio di membra intere, di massa - che il letto, la cuccia, si svuoti.
La piccola classe dirigente - sogno a mia volta, forse, ma ogni giorno aggiungo parole, un sì e un no, e faccio perché siano reali - non si dà per intesa, e sussurra e trama e briga palpando e rimboccando alla cieca la coperta consunta, come niente sia già accaduto. O per succedere.
Che gli italiani non son tutti più là, è l'idea - che il corpo nel letto è ormai dimezzato, che il resto e il meglio è già in piedi, e capisce e parla e muove sicuro.
E fa giorno !
ventisette febbraio duemiladodici
Il grande corpo degli italiani si è svegliato a notte alta, il tempo di grattar via una crosta, di girarsi sul fianco, e già dorme di nuovo.
La sua piccola classe dirigente lo ninna con abilità, sussurrando un coro di argomenti di nessuna importanza mentre ai piedi del geografico letto prende decisioni in nome e per conto del dormiente.
Un fitto chiacchiericcio, che i media rilanciano con narcotizzante ripetizione quotidiana.
E nessuno che dica semplicemente cosa si propone e ha la forza di fare e perché, su un tema reale qualunque.
Che scandalo sarebbe, invece, che sveglia suonerebbe all'orecchio del grande corpo degli italiani assorto nella semicoscienza, se chi può parlare pubblicamente in questa notte rispettasse l'antico precetto: "il vostro parlare sia sì sì, no no".
E però il letto in cui siamo distesi ha sì il crocifisso che pencola sopra la testata in penombra, ma non c'è niente che sia più lontano da qui della semplice verità rivoluzionaria del sogno evangelico.
Confido tuttavia in un'idea, fondata su pochi fatti ai quali mi determino a dare grande importanza: che dal grande corpo dormiente sia già in atto un travaso, prima un filo soltanto di scolo di intelligenze destate, poi un risveglio di membra intere, di massa - che il letto, la cuccia, si svuoti.
La piccola classe dirigente - sogno a mia volta, forse, ma ogni giorno aggiungo parole, un sì e un no, e faccio perché siano reali - non si dà per intesa, e sussurra e trama e briga palpando e rimboccando alla cieca la coperta consunta, come niente sia già accaduto. O per succedere.
Che gli italiani non son tutti più là, è l'idea - che il corpo nel letto è ormai dimezzato, che il resto e il meglio è già in piedi, e capisce e parla e muove sicuro.
E fa giorno !
ventisette febbraio duemiladodici
GOVERNO TECNICO. CITTADINI TECNICI ?
Libertà e Giustizia - di Gustavo Zagrebelsky e tanti altri grandi italiani - scrive e diffonde un appello, l'ennesimo, per il ripristino della piena democrazia che deve passare - dice l'appello - per la riforma dei partiti e per la riforma della legge elettorale.
Lo sottoscrivono, tra gli altri, Benigni e Saviano.
Non io - se concedete che mi nomini, infimo di tanto consesso.
Io no perché la (nuova) legge elettorale e una legge - la prima - sulla trasparenza nella vita dei partiti dovrebbe elaborarle, chiede l'appello, questo Parlamento qui.
(Al quale non darei in mano nemmeno la gestione del condominio in cui vivo.)
Ma sopratutto 'no' perché non è più tempo, per i cittadini di buona volontà e retto pensiero, di cimentarsi con la fissazione di regole (e basta) per una buona politica, bensì (e con chiarezza) con i contenuti concreti, con le scelte politiche che ricadono sulla vita di oggi e di domani.
Voglio dire: l'appello di Libertà e Giustiza si sofferma - correttamente - sull'eccezione rappresentata dal governo tecnico a guida Monti, sul fatto che trattasi di medicina straordinaria ma che a lungo andare da farmaco può rivelarsi veleno; ebbene, non vale lo stesso per la partecipazione degli italiani alla democrazia? Non ci saremo troppo - lungo il ventennio berlusconiano - abituati a pensare a noi tutti, i cittadini, come a dei portatori meramente 'tecnici' di democrazia? Ai quali cioè spetti di dettare e pretendere le condizioni astratte del suo funzionamento, ma non in quale direzione della realtà debba la democrazia funzionare?
Cari compagni e amici di Libertà e Giustizia, e di tutti i movimenti civici che vogliono presidiare le regole del gioco, cari cittadini innamorati della Costituzione - l'uomo è un animale politico, di regola, ma che sia un animale tecnico è l'eccezione; se chi detiene il potere vuol far dell'eccezione la regola, e con la scusa dell'emergenza sospendere la politica in favore della tecnica impescrutabile, io lo capisco: è il mestiere del potere, l'autoconservazione. Ma noi che non abbiamo alcun potere, non spianiamogli la strada a tal punto!
Basta, col gioco di società 'le regole del gioco' - la forza popolare non ci verrà mai più da questo, e chi afferma il contrario è parecchio distratto o in malafede.
E' della società, non del gioco, che vogliamo e dobbiamo parlare - e per quella, agire. E allora vedremo sì la forza della gente aggiungersi alla nostra: divenire volontà, chiarezza, obiettivo, vittoria.
'Quello che voglio è' - è il momento di dire. Non più solo 'mettiamoci d'accordo sulle parole'.
Cresciamo, su! (Qui così invecchiamo soltanto.)
ventisei febbraio duemiladodici
Libertà e Giustizia - di Gustavo Zagrebelsky e tanti altri grandi italiani - scrive e diffonde un appello, l'ennesimo, per il ripristino della piena democrazia che deve passare - dice l'appello - per la riforma dei partiti e per la riforma della legge elettorale.
Lo sottoscrivono, tra gli altri, Benigni e Saviano.
Non io - se concedete che mi nomini, infimo di tanto consesso.
Io no perché la (nuova) legge elettorale e una legge - la prima - sulla trasparenza nella vita dei partiti dovrebbe elaborarle, chiede l'appello, questo Parlamento qui.
(Al quale non darei in mano nemmeno la gestione del condominio in cui vivo.)
Ma sopratutto 'no' perché non è più tempo, per i cittadini di buona volontà e retto pensiero, di cimentarsi con la fissazione di regole (e basta) per una buona politica, bensì (e con chiarezza) con i contenuti concreti, con le scelte politiche che ricadono sulla vita di oggi e di domani.
Voglio dire: l'appello di Libertà e Giustiza si sofferma - correttamente - sull'eccezione rappresentata dal governo tecnico a guida Monti, sul fatto che trattasi di medicina straordinaria ma che a lungo andare da farmaco può rivelarsi veleno; ebbene, non vale lo stesso per la partecipazione degli italiani alla democrazia? Non ci saremo troppo - lungo il ventennio berlusconiano - abituati a pensare a noi tutti, i cittadini, come a dei portatori meramente 'tecnici' di democrazia? Ai quali cioè spetti di dettare e pretendere le condizioni astratte del suo funzionamento, ma non in quale direzione della realtà debba la democrazia funzionare?
Cari compagni e amici di Libertà e Giustizia, e di tutti i movimenti civici che vogliono presidiare le regole del gioco, cari cittadini innamorati della Costituzione - l'uomo è un animale politico, di regola, ma che sia un animale tecnico è l'eccezione; se chi detiene il potere vuol far dell'eccezione la regola, e con la scusa dell'emergenza sospendere la politica in favore della tecnica impescrutabile, io lo capisco: è il mestiere del potere, l'autoconservazione. Ma noi che non abbiamo alcun potere, non spianiamogli la strada a tal punto!
Basta, col gioco di società 'le regole del gioco' - la forza popolare non ci verrà mai più da questo, e chi afferma il contrario è parecchio distratto o in malafede.
E' della società, non del gioco, che vogliamo e dobbiamo parlare - e per quella, agire. E allora vedremo sì la forza della gente aggiungersi alla nostra: divenire volontà, chiarezza, obiettivo, vittoria.
'Quello che voglio è' - è il momento di dire. Non più solo 'mettiamoci d'accordo sulle parole'.
Cresciamo, su! (Qui così invecchiamo soltanto.)
ventisei febbraio duemiladodici
O DI QUA O DI LA'
"Vorremmo un sindacato che non protegga assenteisti cronici, ladri e chi non fa bene il proprio lavoro."
Parole non antiche di Brunetta, e neanche di Sacconi. Ma fresche di Marcegaglia.
Ed è normale. Marcegaglia è stata - e ne gioimmo, quasi - quella che ha dato a Confindustria la forza per staccarsi dall'indegnità fatta governo. Ma ora che il governo è degno, quasi, Marcegaglia e Confindustria tornano a fare il proprio mestiere.
Così è per tutti, e sgombriamo il campo da ulteriori equivoci.
C'è stato un periodo lunghissimo in cui tutti i buoni cittadini potevano sentirsi uniti - perfino coordinati ad uno stesso scopo - per il semplice fatto di essere appunto buoni. Lo scopo era quello di liberare l'Istituzione dal mero crimine.
E nelle ultime fasi di quel lungo periodo, ai buoni cittadini si sono accodate perfino forze 'sui generis' buone come appunto Confindustria, o la Chiesa addirittura.
Ma è finito.
Adesso ammettiamo pure che siamo tutti 'buoni' - noi cittadini comuni, e quelli non comuni rimasti laddove conta - e che i cattivi che contano abbiano più che altro da pensare al proprio rapporto conflittuale con la legge, e che i cattivi cittadini comuni siano rientrati in una specie di letargo e per un po' non 'peseranno' sui rapporti di forza politici (come fecero tre volte - 1994, 2001, 2008 - nel segreto dell'urna).
Purtuttavia, la Mercegaglia è esemplare: ora dobbiamo scegliere tutti quale Italia vogliamo.
E dirlo e agire di conseguenza.
Se vogliamo quella della conservazione delle diseguaglianze (pur con le più fondate argomentazioni) o invece quella della conquista dell'equità (pur con le più impegnative conseguenze).
La scelta tocca a tutti, ora.
E taglierà - sta già tagliando, direi - trasversalmente partiti e coalizioni, movimenti e sindacato, professioni e cultura, media e società civile. Forse perfino contatti, amicizie, affetti - tutto ciò che per vent'anni restò - e negli ultimi ancor più - unito dalla causa di forza maggiore, da quell'indegnità al potere.
Nulla resta uguale tra il prima e il dopo - o nel corso - di una liberazione.
Io ho scelto, credo con agevole leggibilità.
ventun febbraio duemiladodoci
"Vorremmo un sindacato che non protegga assenteisti cronici, ladri e chi non fa bene il proprio lavoro."
Parole non antiche di Brunetta, e neanche di Sacconi. Ma fresche di Marcegaglia.
Ed è normale. Marcegaglia è stata - e ne gioimmo, quasi - quella che ha dato a Confindustria la forza per staccarsi dall'indegnità fatta governo. Ma ora che il governo è degno, quasi, Marcegaglia e Confindustria tornano a fare il proprio mestiere.
Così è per tutti, e sgombriamo il campo da ulteriori equivoci.
C'è stato un periodo lunghissimo in cui tutti i buoni cittadini potevano sentirsi uniti - perfino coordinati ad uno stesso scopo - per il semplice fatto di essere appunto buoni. Lo scopo era quello di liberare l'Istituzione dal mero crimine.
E nelle ultime fasi di quel lungo periodo, ai buoni cittadini si sono accodate perfino forze 'sui generis' buone come appunto Confindustria, o la Chiesa addirittura.
Ma è finito.
Adesso ammettiamo pure che siamo tutti 'buoni' - noi cittadini comuni, e quelli non comuni rimasti laddove conta - e che i cattivi che contano abbiano più che altro da pensare al proprio rapporto conflittuale con la legge, e che i cattivi cittadini comuni siano rientrati in una specie di letargo e per un po' non 'peseranno' sui rapporti di forza politici (come fecero tre volte - 1994, 2001, 2008 - nel segreto dell'urna).
Purtuttavia, la Mercegaglia è esemplare: ora dobbiamo scegliere tutti quale Italia vogliamo.
E dirlo e agire di conseguenza.
Se vogliamo quella della conservazione delle diseguaglianze (pur con le più fondate argomentazioni) o invece quella della conquista dell'equità (pur con le più impegnative conseguenze).
La scelta tocca a tutti, ora.
E taglierà - sta già tagliando, direi - trasversalmente partiti e coalizioni, movimenti e sindacato, professioni e cultura, media e società civile. Forse perfino contatti, amicizie, affetti - tutto ciò che per vent'anni restò - e negli ultimi ancor più - unito dalla causa di forza maggiore, da quell'indegnità al potere.
Nulla resta uguale tra il prima e il dopo - o nel corso - di una liberazione.
Io ho scelto, credo con agevole leggibilità.
ventun febbraio duemiladodoci
L'ERUZIONE
Adesso pare addirittura che la Grecia sarà 'commissariata' al punto di congelarne la normale vita politica alla vigilia del suo momento fondamentale: le elezioni già indette per questa primavera potrebbero essere rinviate, dai 'decisori' europei e finanziari, a data da destinarsi.
Invito tutti gli altri 'innamorati' dei valori democratici, non tanto a indignarsi per questo strappo evidente (il potere, della nostra indignazione - se è tutta qui - 'si fa un baffo') ma a ragionare seriamente sulla natura stessa di un sistema che noi tutti in buona fede chiamiamo 'democrazia', e che invece sembra sempre più un regime 'a responsabilità e sovranità limitata' nel quale al popolo si consente la scelta di chi più che decidere va in televisione a farsi intervistare, mentre chi o cosa determina la nostra vita ci è di fatto ignoto, irraggiungibile e comunque insindacabile.
Se democrazia è questo, se è perché questo si dispiegasse su tutta la faccia 'civile' del mondo che abbiamo combattuto guerre 'calde', subìto quelle fredde, marciato e cantato, studiato e scritto, ma in sostanza rinunciato da generazioni a mettere in discussione davvero il fulcro del potere - cioè il modello economico, la proprietà privata delle grandi risorse, la 'priorità dei profitti e dei consumi' - be', ragazzi: allora complimenti, ci siamo fatti coglionare per tipo cent'anni.
Viceversa invito tutti quelli che - per grande intelligenza storica, o magari solo per diffidente cocciutaggine - hanno tenuto sempre stretta in pugno l'asta di una bandiera antica, quella del socialismo, mentre tutto intorno sembrava invece decretarne un destino inesorabile 'in soffitta' (o peggio: alla gogna, al cappio), di rivendicarlo ora !
Perché è appena giusto. Perché adesso al mondo tornate a servire.
Perché non ci ricordiamo più com'è che si usciva nella direzione contraria.
Perché la Civiltà val bene il vostro orgoglio.
Perché l'intelligenza operosa e onesta è la risorsa energetica che ora più ci occorre, assolutamente.
Qualcuno mi ha chiesto: "Vabbe', sono due mesi che dici in tutte le salse che il capitalismo è finito! Embe'? Se non ti è mai piaciuto dovresti essere contento! O no?"
Rispondo. E' un po' ingenuo pensare che il disumanizzante sistema economicopolitico del capitalismo finisce e TAC! al suo posto comincia bel bello il sistema politicoeconomico della socialdemocrazia, o comunque vogliamo chiamare qualcosa che fa fare un passo avanti all'umanesimo.
Al contrario, se il guscio politico del sistema capitalista - ossia la sovranità democratica delle Costituzioni borghesi - vacilla a causa del fatto che i detentori del potere reale del sistema medesimo non vogliono mollarlo, nonostante la perdurante crisi del loro stesso sistema, e se i cittadini consapevoli non attuano una difesa conseguente e organizzata delle proprie libertà civili, politiche, sociali ed economiche, allora quello che può nascere è tutt'altro che la socialdemocrazia ma molto più probabilmente l'autoritarismo puro e semplice.
E' già successo purtroppo, proprio a casa nostra.
Qindi, da due mesi dico in tutte le salse che il capitalismo è finito intendendo che il capitalismo è tanto alle corde che non può più permettersi il lusso della democrazia. E di questo, no che non sono contento!
Sono contento solo di una cosa. Che questa dinamica è la prima volta che accade - se accadrà - sotto gli occhi di tantissima gente, e che la 'massa critica' per innescare una contromossa razionale ed efficace,stavolta forse la raggiungeremo senza passare prima per un ventennio di dittature europee e poi per una guerra mondiale.
Forse, però.
E a dirla tutta, da due mesi parlo e scrivo proprio perché sono convinto che dobbiamo massimizzare le nostre già poche risorse di difesa e contrattacco, e che l'unica è mettere a frutto sia la 'naturale' capacità organizzativa delle masse sia le organizzazioni già esistenti - purché affidabili, beninteso.
In parole povere:
se continuiamo ad essere felicemente 'orizzontali', perderemo tutto;
se continuiamo a diffidare di qualsiasi organizzazione politica o sindacale 'per partito preso', perderemo;
se invece accettiamo di darci responsabilmente degli obiettivi e dei ruoli, e di rispettarli, e di dare forza alle cause giuste delle organizzazioni (massicce e oneste insieme), allora abbiamo una chance per vincere!
Non divago se dico qui che 74.000 anni fa - un tempo distante da oggi quindici volte maggiore dell'età della più antica piramide d'Egitto - l'eruzione del Toba sull'isola di Sumatra quasi ci estinse tutti, noialtri homo sapiens.
Che è stata la più immane eruzione degli ultimi due milioni di anni - cioè da quando esiste il genere homo - e che la cenere sbalzata nell'atmosfera provocò un 'inverno perpetuo' lungo decenni: ci salassò di brutto.
E che, ciononostante, eccoci qui. Ma non solo: di lì a poco, l'homo sapiens dimostrò per la prima volta quella capacità di ragionamento astratto e di espressione simbolica (graffiti rupestri, manufatti non strumentali) che ne fa davvero un unicum - finora - tra tutti i viventi. Un po' come se la terrificante avventura del dopo eruzione ci avesse costretti a tirar fuori il meglio di noi: poi infatti arrivarono la Rivoluzione del Neolitico, e l'agricoltura, e l'allevamento, e i villaggi, e i ruoli, e la scrittura. E appunto la prima piramide.
Ecco. Io credo che dalla crisi mondiale, da questo 'inverno economico-politico-sociale-culturale' tutt'altro che giunto già a primavera, usciremo o con un altro passo avanti verso il 'processo di umanizzazione' della nostra specie (cominciato tantissimo tempo fa, e scampato a mille pericoli) oppure lasciando ai posteri di altre specie il compito di interpretare i nostri resti fossili.
A noi la scelta.
venti febbraio duemiladodici
Adesso pare addirittura che la Grecia sarà 'commissariata' al punto di congelarne la normale vita politica alla vigilia del suo momento fondamentale: le elezioni già indette per questa primavera potrebbero essere rinviate, dai 'decisori' europei e finanziari, a data da destinarsi.
Invito tutti gli altri 'innamorati' dei valori democratici, non tanto a indignarsi per questo strappo evidente (il potere, della nostra indignazione - se è tutta qui - 'si fa un baffo') ma a ragionare seriamente sulla natura stessa di un sistema che noi tutti in buona fede chiamiamo 'democrazia', e che invece sembra sempre più un regime 'a responsabilità e sovranità limitata' nel quale al popolo si consente la scelta di chi più che decidere va in televisione a farsi intervistare, mentre chi o cosa determina la nostra vita ci è di fatto ignoto, irraggiungibile e comunque insindacabile.
Se democrazia è questo, se è perché questo si dispiegasse su tutta la faccia 'civile' del mondo che abbiamo combattuto guerre 'calde', subìto quelle fredde, marciato e cantato, studiato e scritto, ma in sostanza rinunciato da generazioni a mettere in discussione davvero il fulcro del potere - cioè il modello economico, la proprietà privata delle grandi risorse, la 'priorità dei profitti e dei consumi' - be', ragazzi: allora complimenti, ci siamo fatti coglionare per tipo cent'anni.
Viceversa invito tutti quelli che - per grande intelligenza storica, o magari solo per diffidente cocciutaggine - hanno tenuto sempre stretta in pugno l'asta di una bandiera antica, quella del socialismo, mentre tutto intorno sembrava invece decretarne un destino inesorabile 'in soffitta' (o peggio: alla gogna, al cappio), di rivendicarlo ora !
Perché è appena giusto. Perché adesso al mondo tornate a servire.
Perché non ci ricordiamo più com'è che si usciva nella direzione contraria.
Perché la Civiltà val bene il vostro orgoglio.
Perché l'intelligenza operosa e onesta è la risorsa energetica che ora più ci occorre, assolutamente.
Qualcuno mi ha chiesto: "Vabbe', sono due mesi che dici in tutte le salse che il capitalismo è finito! Embe'? Se non ti è mai piaciuto dovresti essere contento! O no?"
Rispondo. E' un po' ingenuo pensare che il disumanizzante sistema economicopolitico del capitalismo finisce e TAC! al suo posto comincia bel bello il sistema politicoeconomico della socialdemocrazia, o comunque vogliamo chiamare qualcosa che fa fare un passo avanti all'umanesimo.
Al contrario, se il guscio politico del sistema capitalista - ossia la sovranità democratica delle Costituzioni borghesi - vacilla a causa del fatto che i detentori del potere reale del sistema medesimo non vogliono mollarlo, nonostante la perdurante crisi del loro stesso sistema, e se i cittadini consapevoli non attuano una difesa conseguente e organizzata delle proprie libertà civili, politiche, sociali ed economiche, allora quello che può nascere è tutt'altro che la socialdemocrazia ma molto più probabilmente l'autoritarismo puro e semplice.
E' già successo purtroppo, proprio a casa nostra.
Qindi, da due mesi dico in tutte le salse che il capitalismo è finito intendendo che il capitalismo è tanto alle corde che non può più permettersi il lusso della democrazia. E di questo, no che non sono contento!
Sono contento solo di una cosa. Che questa dinamica è la prima volta che accade - se accadrà - sotto gli occhi di tantissima gente, e che la 'massa critica' per innescare una contromossa razionale ed efficace,stavolta forse la raggiungeremo senza passare prima per un ventennio di dittature europee e poi per una guerra mondiale.
Forse, però.
E a dirla tutta, da due mesi parlo e scrivo proprio perché sono convinto che dobbiamo massimizzare le nostre già poche risorse di difesa e contrattacco, e che l'unica è mettere a frutto sia la 'naturale' capacità organizzativa delle masse sia le organizzazioni già esistenti - purché affidabili, beninteso.
In parole povere:
se continuiamo ad essere felicemente 'orizzontali', perderemo tutto;
se continuiamo a diffidare di qualsiasi organizzazione politica o sindacale 'per partito preso', perderemo;
se invece accettiamo di darci responsabilmente degli obiettivi e dei ruoli, e di rispettarli, e di dare forza alle cause giuste delle organizzazioni (massicce e oneste insieme), allora abbiamo una chance per vincere!
Non divago se dico qui che 74.000 anni fa - un tempo distante da oggi quindici volte maggiore dell'età della più antica piramide d'Egitto - l'eruzione del Toba sull'isola di Sumatra quasi ci estinse tutti, noialtri homo sapiens.
Che è stata la più immane eruzione degli ultimi due milioni di anni - cioè da quando esiste il genere homo - e che la cenere sbalzata nell'atmosfera provocò un 'inverno perpetuo' lungo decenni: ci salassò di brutto.
E che, ciononostante, eccoci qui. Ma non solo: di lì a poco, l'homo sapiens dimostrò per la prima volta quella capacità di ragionamento astratto e di espressione simbolica (graffiti rupestri, manufatti non strumentali) che ne fa davvero un unicum - finora - tra tutti i viventi. Un po' come se la terrificante avventura del dopo eruzione ci avesse costretti a tirar fuori il meglio di noi: poi infatti arrivarono la Rivoluzione del Neolitico, e l'agricoltura, e l'allevamento, e i villaggi, e i ruoli, e la scrittura. E appunto la prima piramide.
Ecco. Io credo che dalla crisi mondiale, da questo 'inverno economico-politico-sociale-culturale' tutt'altro che giunto già a primavera, usciremo o con un altro passo avanti verso il 'processo di umanizzazione' della nostra specie (cominciato tantissimo tempo fa, e scampato a mille pericoli) oppure lasciando ai posteri di altre specie il compito di interpretare i nostri resti fossili.
A noi la scelta.
venti febbraio duemiladodici
UN SOCIALISMO
Che sia questo Parlamento qui, quello la cui maggioranza fino a tre mesi fa ha avallato il peggior banditismo e il peggior razzismo della storia politica repubblicana, a riscrivere leggi fondamentali come le regole elettorali e la struttura del Legislativo, mediante accordo tra il partito di Berlusconi, il partito-mai-davvero-partito di Bersani e il partito-che-nessuno-sa cosa-vuole di Casini, è cosa che davvero desta preoccupazione, se non indignazione pura e semplice.
Questi se ne devono andare prima possibile, al contrario, senza fare altri danni, e sperando che la gente non se l'inchiappetti per quelli già fatti !
"Votiamoli Via" perciò è slogan sempre valido.
Così come sempre valido è il Progetto Quota Civile, che vuole una sostanziosa partecipazione popolare, come per i referendum: la "discesa in campo" della società civile in prima persona in una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni.
Ma se passiamo dallo slogan al progetto, poi dobbiamo passare dal progetto al contenuto. E
il contenuto, ciò che vogliamo per cambiare davvero le cose, è la Riconversione !
Ora, qualcuno ci ha chiesto (a Valentina Manusia e a me) se Riconversione è un altro modo per dire Socialismo. E, se così fosse, allora perché non dichiararlo.
E allora, se così fosse, perché non ammettere subito che anche Riconversione è l'ennesimo bel sogno a occhi aperti - certezza, questa, che deriverebbe dall'assunto seguente: "poiché l'uomo, i popoli e l'Umanità tutta sono intrinsecamente egoisti, il socialismo e derivati sono per sempre utopia".
Merita dunque spendere una paginetta per provare a capirci.
Il Socialismo come obiettivo storico (e lo stesso vale per una delle strategie elaborate e attuate per tentare di concretizzarlo, ossia il Comunismo) non è una 'profezia antropologica', diciamo così - del tipo "un giorno tutti gli uomini saranno buoni e generosi". Se così fosse, giusta sarebbe l'obiezione - anch'essa 'antropologica' - dell'assunto di cui sopra.
Ma così non è.
Nella Storia reale i termini Socialismo e Comunismo sono stati utilizzati per dire strategie e visioni un po' differenti tra loro.
(D'altronde, anche con 'Democrazia' diciamo cose un po' diverse tra loro: per esempio se parliamo di Pericle, o invece di Voltaire, o invece di Calamandrei, o invece di Obama. E - per inciso - anche sulla Democrazia, se la intendessimo come mero assunto antropologico, del tipo "la condizione in cui tutti partecipano davvero all'autogoverno della comunità di cui fanno parte, e in cui tutti sono messi in grado di formarsi opinioni politiche grazie alla pienezza e alla correttezza delle informazioni in merito all'opzioni di tale autogoverno", ebbene ci sarebbe eccome da marchiarla come utopia, purtroppo, e tornare all'assolutismo 'illuminato' almeno come riduzione del danno !)
Ma restiamo sul punto: il Socialismo, o meglio 'i socialismi'.
Ciò che accomuna tutte quelle visioni e strategie differenti è probabilmente la seguente 'doppia convinzione': primo, l'ipotesi che arrivi prima o poi un'epoca storica in cui una significativa porzione degli umani si 'umanizza' del tutto producendo la propria vita e organizzando la convivenza in base all'interesse generale, nel quale far rientrare anche il vantaggio personale (e quindi non in base al vantaggio personale, a scapito semmai del generale - dottrina questa a fondamento del Capitalismo, neoliberista soprattutto); e, secondo, la teoria secondo cui la classe dominata nell'epoca storica che viviamo in Occidente da qualche secolo (la classe lavoratrice, il proletariato, le masse coscienti di sé... scegliete voi il 'titolo' !) nell'atto di liberare se stessa dallo sfruttamento e dall'alienazione, libererà nuove energie complessive per un altro avanzamento dell'Umanità intera verso il realizzarsi dell'ipotesi di cui sopra (come a suo tempo fece la borghesia mercantile, liberandosi dal giogo feudale - dai Comuni fino alla Bastiglia e oltre).
Ciò ricordato - che è la base condivisa da tutti i socialismi e comunismi -, le strategie e le visioni poi si sono variamente succedute e perfino contrapposte, come conseguenza di tantissimi fattori ma sempre in funzione della concreta fase storica e delle condizioni oggettivamente poste dinanzi a chi si cimentava nell'impresa.
Marx Engels Bernstein Luxemburg Brandt Lenin Trotsky Bucharin Krushev Gorbaciov Mao Deng HoChiMinh Nehru Nasser Lumumba Biko Boff Allende Castro Guevara Reed Marcuse AngelaDavis Sweezy Sidney&BeatriceWebb Russell Wilson Hobsbawn LouiseMichel Sorel CohnBendit Marchais Debord GarciaLorca MikaFeldman Pannekoek Palme Dubcek Havel Nagy Lukacs Tito Gramsci Togliatti Berlinguer Pasolini e quanti ne volete, sono tutti a loro modo socialisti - e diavolo se sono diversi !
Ecco. Andreozzi e Manusia sono altri due socialisti, infinitamente minori rispetto ai nominati.
E con Riconversione propongono un'altra idea di socialismo, o comunismo se preferite, figlia pure lei della fase storica e delle condizioni oggettive - del 'qui e ora', insomma.
E chi ha già aderito al progetto l'ha ben compreso, ovviamente.
Come vedete, non ci nascondiamo dietro a un dito. Crediamo così di aver risposto, no ?
Ma la nostra conclusione è un paio di domande - che ora tocca a noi.
E se anziché definire utopico un pensiero che comunque (tra 'azioni' e 'reazioni', onestamente lo si ammetta) ha cambiato la faccia del Mondo, pensassimo a un socialismo che invece di essere imposto a seguito della 'tradizionale accoppiata' (perdente, finora, peraltro) - rivoluzione comunista e dittatura del proletariato -, sia per la prima volta offerto sul 'mercato del libero consenso' come un'alternativa in competizione con le altre ? Se facessimo scegliere ai cittadini, ponendoli in grado di poterlo fare, se dare la precedenza all'interesse privato o invece al bene pubblico, così da orientare di conseguenza la propria collocazione lavorativa, il modello economico di individui famiglie collettività, la stessa propensione a coltivare valori duraturi, anziché profitti deperibili ?
Riconversione è questo.
E chissà che, ora che tanta storia è trascorsa e che qualche lezione l'abbiamo imparata, non sia davvero arrivato il momento per un ripensamento profondo, il momento epocale in cui i semplici dati di fatto che il Capitalismo è fallito (sebbene per nutrirsi abbia ingoiato un secolo intero di guerre mondiali e regionali, e di esaurimento dell'ecosistema), che tutto è cambiato e che l'indignazione deve trovare uno sbocco o sennò sarà il caos, ebbene possano convergere nella direzione che noi qui indichiamo.
Almeno come esperimento.
Il malato è grave, va provato qualcosa di efficace e forte - in tutta scienza e coscienza: un nuovo Umanesimo.
diciassette febbraio duemiladocici
Che sia questo Parlamento qui, quello la cui maggioranza fino a tre mesi fa ha avallato il peggior banditismo e il peggior razzismo della storia politica repubblicana, a riscrivere leggi fondamentali come le regole elettorali e la struttura del Legislativo, mediante accordo tra il partito di Berlusconi, il partito-mai-davvero-partito di Bersani e il partito-che-nessuno-sa cosa-vuole di Casini, è cosa che davvero desta preoccupazione, se non indignazione pura e semplice.
Questi se ne devono andare prima possibile, al contrario, senza fare altri danni, e sperando che la gente non se l'inchiappetti per quelli già fatti !
"Votiamoli Via" perciò è slogan sempre valido.
Così come sempre valido è il Progetto Quota Civile, che vuole una sostanziosa partecipazione popolare, come per i referendum: la "discesa in campo" della società civile in prima persona in una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni.
Ma se passiamo dallo slogan al progetto, poi dobbiamo passare dal progetto al contenuto. E
il contenuto, ciò che vogliamo per cambiare davvero le cose, è la Riconversione !
Ora, qualcuno ci ha chiesto (a Valentina Manusia e a me) se Riconversione è un altro modo per dire Socialismo. E, se così fosse, allora perché non dichiararlo.
E allora, se così fosse, perché non ammettere subito che anche Riconversione è l'ennesimo bel sogno a occhi aperti - certezza, questa, che deriverebbe dall'assunto seguente: "poiché l'uomo, i popoli e l'Umanità tutta sono intrinsecamente egoisti, il socialismo e derivati sono per sempre utopia".
Merita dunque spendere una paginetta per provare a capirci.
Il Socialismo come obiettivo storico (e lo stesso vale per una delle strategie elaborate e attuate per tentare di concretizzarlo, ossia il Comunismo) non è una 'profezia antropologica', diciamo così - del tipo "un giorno tutti gli uomini saranno buoni e generosi". Se così fosse, giusta sarebbe l'obiezione - anch'essa 'antropologica' - dell'assunto di cui sopra.
Ma così non è.
Nella Storia reale i termini Socialismo e Comunismo sono stati utilizzati per dire strategie e visioni un po' differenti tra loro.
(D'altronde, anche con 'Democrazia' diciamo cose un po' diverse tra loro: per esempio se parliamo di Pericle, o invece di Voltaire, o invece di Calamandrei, o invece di Obama. E - per inciso - anche sulla Democrazia, se la intendessimo come mero assunto antropologico, del tipo "la condizione in cui tutti partecipano davvero all'autogoverno della comunità di cui fanno parte, e in cui tutti sono messi in grado di formarsi opinioni politiche grazie alla pienezza e alla correttezza delle informazioni in merito all'opzioni di tale autogoverno", ebbene ci sarebbe eccome da marchiarla come utopia, purtroppo, e tornare all'assolutismo 'illuminato' almeno come riduzione del danno !)
Ma restiamo sul punto: il Socialismo, o meglio 'i socialismi'.
Ciò che accomuna tutte quelle visioni e strategie differenti è probabilmente la seguente 'doppia convinzione': primo, l'ipotesi che arrivi prima o poi un'epoca storica in cui una significativa porzione degli umani si 'umanizza' del tutto producendo la propria vita e organizzando la convivenza in base all'interesse generale, nel quale far rientrare anche il vantaggio personale (e quindi non in base al vantaggio personale, a scapito semmai del generale - dottrina questa a fondamento del Capitalismo, neoliberista soprattutto); e, secondo, la teoria secondo cui la classe dominata nell'epoca storica che viviamo in Occidente da qualche secolo (la classe lavoratrice, il proletariato, le masse coscienti di sé... scegliete voi il 'titolo' !) nell'atto di liberare se stessa dallo sfruttamento e dall'alienazione, libererà nuove energie complessive per un altro avanzamento dell'Umanità intera verso il realizzarsi dell'ipotesi di cui sopra (come a suo tempo fece la borghesia mercantile, liberandosi dal giogo feudale - dai Comuni fino alla Bastiglia e oltre).
Ciò ricordato - che è la base condivisa da tutti i socialismi e comunismi -, le strategie e le visioni poi si sono variamente succedute e perfino contrapposte, come conseguenza di tantissimi fattori ma sempre in funzione della concreta fase storica e delle condizioni oggettivamente poste dinanzi a chi si cimentava nell'impresa.
Marx Engels Bernstein Luxemburg Brandt Lenin Trotsky Bucharin Krushev Gorbaciov Mao Deng HoChiMinh Nehru Nasser Lumumba Biko Boff Allende Castro Guevara Reed Marcuse AngelaDavis Sweezy Sidney&BeatriceWebb Russell Wilson Hobsbawn LouiseMichel Sorel CohnBendit Marchais Debord GarciaLorca MikaFeldman Pannekoek Palme Dubcek Havel Nagy Lukacs Tito Gramsci Togliatti Berlinguer Pasolini e quanti ne volete, sono tutti a loro modo socialisti - e diavolo se sono diversi !
Ecco. Andreozzi e Manusia sono altri due socialisti, infinitamente minori rispetto ai nominati.
E con Riconversione propongono un'altra idea di socialismo, o comunismo se preferite, figlia pure lei della fase storica e delle condizioni oggettive - del 'qui e ora', insomma.
E chi ha già aderito al progetto l'ha ben compreso, ovviamente.
Come vedete, non ci nascondiamo dietro a un dito. Crediamo così di aver risposto, no ?
Ma la nostra conclusione è un paio di domande - che ora tocca a noi.
E se anziché definire utopico un pensiero che comunque (tra 'azioni' e 'reazioni', onestamente lo si ammetta) ha cambiato la faccia del Mondo, pensassimo a un socialismo che invece di essere imposto a seguito della 'tradizionale accoppiata' (perdente, finora, peraltro) - rivoluzione comunista e dittatura del proletariato -, sia per la prima volta offerto sul 'mercato del libero consenso' come un'alternativa in competizione con le altre ? Se facessimo scegliere ai cittadini, ponendoli in grado di poterlo fare, se dare la precedenza all'interesse privato o invece al bene pubblico, così da orientare di conseguenza la propria collocazione lavorativa, il modello economico di individui famiglie collettività, la stessa propensione a coltivare valori duraturi, anziché profitti deperibili ?
Riconversione è questo.
E chissà che, ora che tanta storia è trascorsa e che qualche lezione l'abbiamo imparata, non sia davvero arrivato il momento per un ripensamento profondo, il momento epocale in cui i semplici dati di fatto che il Capitalismo è fallito (sebbene per nutrirsi abbia ingoiato un secolo intero di guerre mondiali e regionali, e di esaurimento dell'ecosistema), che tutto è cambiato e che l'indignazione deve trovare uno sbocco o sennò sarà il caos, ebbene possano convergere nella direzione che noi qui indichiamo.
Almeno come esperimento.
Il malato è grave, va provato qualcosa di efficace e forte - in tutta scienza e coscienza: un nuovo Umanesimo.
diciassette febbraio duemiladocici
ESSERE MAGGIORANZA
Sta cambiando tutto. E sta succedendo davanti ai nostri occhi.
Ma noi abbiamo gli occhiali sbagliati, non vediamo bene.
Allora proviamo a mettere le lenti giuste. Tipo gli occhialini per il 3D.
La terza dimensione di quello che vediamo – che altrimenti è solo superficie – è il tempo.
Ecco, in 3D già si capisce meglio un po’ tutto quello che succede.
Guardiamo l’Italia, in questa dimensione del tempo.
Io per esempio vedo che ci sono stati quattro momenti precisi, nel XX Secolo, che a guardare bene il nostro oggi ci hanno parecchio a che fare – con lui.
Intorno al 1920 tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Grande Guerra e per le ferite profonde che aveva lasciato in uomini e famiglie, in intere collettività, e un po’ perché i lavoratori si erano stufati di fare la fame – o poco meglio. Ci fu il Biennio Rosso, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la nascita del Partito Comunista.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti è arrivato il fascismo, e la propaganda che stuzzicava l’orgoglio imperiale dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro la propria ambizione frustrata, è risultato che fosse di più. E via così per una generazione.
Anche intorno al 1943, tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Seconda Guerra Mondiale, per i morti e i mutilati, le distruzioni e le lacerazioni in tutta Italia, e un po’ perché i lavoratori avevano sperimentato cosa voleva dire essere l’ultimo ingranaggio di una dittatura. Ci fu la Resistenza, e la vittoria nella Guerra Civile, e la nascita della Repubblica, e la scrittura della Costituzione.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti è arrivata la Democrazia Cristiana, e la retorica che difendeva i valori cattolici dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro l’ansia della ricostruzione, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione.
E pure intorno al 1968 tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Guerra Fredda, per l’aria asfissiante che provocava nel mondo più ancora che in Italia, e un po’ perché i lavoratori e gli studenti si erano guardati intorno e avevano cominciato a elaborare per bene un’altra società possibile. Ci furono le università occupate e gli scioperi fatti sul serio, venne l’Autunno Caldo e la conquista di nuovi diritti civili e sociali, e le grandi città cominciò a governarle la Sinistra.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti sono arrivati insieme il terrorismo e il riflusso, e la paura che svuotava le piazze e l’edonismo che riempiva le teste hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro un brutto tinello, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione.
E intorno al 1992, anche allora, tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la corruzione insaziabile dei partiti, per il blocco alla crescita e per la vergogna civica che generava, e un po’ perché le cittadine e i cittadini cominciavano a credere perfino che magistrati coraggiosi facessero fuori le mafie. Ci furono gli arresti e i processi, gli intoccabili non lo erano più, socialisti e democristiani si nascondevano o scappavano, i nomi di Falcone e Borsellino erano orgoglio per tutti – o quasi.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti sono arrivati insieme Forza Italia e le bombe, e l’omertà che bloccava le indagini e Berlusconi e Bossi che bloccavano la politica hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro chi rompeva osando pensare, è risultato che fosse di più. E via così per la quarta generazione – e ne usciamo ora.
In tutti e quattro i casi – che i miei occhialini 3D mi presentano sullo sfondo dell’oggi – non è bastato che ci fosse tanta gente incazzata e determinata perché le cose cambiassero davvero. Perché in tutti e quattro i casi la gente che era – sì, forse – incazzata, ma non determinata a cambiare un accidente oltre alla propria immagine riflessa allo specchio, alla fine era di più.
Oggi – anche oggi, 2012 – tanta gente è incazzata. E a occhio e croce è pure determinata come si deve.
Ma non basta.
Intorno al 1920, intorno nel 1943, intorno al 1968, intorno al 1992 – sembrava che fosse tanta, quella gente: tantissima, che fosse tanta quanta ne serviva per cambiare davvero le cose. Che fosse la maggioranza.
E invece no.
Era tanta – sì – che bastò, tutte e quattro le volte, a portare avanti il lavoro più faticoso del cambiamento: a pulire la faccia dell’Italia impresentabile davanti alla Storia. Ma poi rivenne a galla il resto degli italiani, quelli che al lavoro faticoso si erano sottratti – gli indifferenti, forse – ma che erano intenzionatissimi a non mettere in discussione davvero il padre di tutti i poteri: il modello di società.
E così la gente d’Italia incazzata e determinata fu poi rimessa nel ghetto – o quasi. Inculata, ma democraticamente: a conti fatti eravamo di meno.
Questo, vedo, coi miei occhialini. Che oggi, 2012, dobbiamo avere un solo obiettivo – prima di metterci in testa, di sognarlo perfino, di cambiare davvero le cose.
Dobbiamo essere, noi incazzati e determinati, la maggioranza degli italiani.
Una santa volta, quella buona.
E tutto il resto discenda da questo.
dodici febbraio duemiladodici
Sta cambiando tutto. E sta succedendo davanti ai nostri occhi.
Ma noi abbiamo gli occhiali sbagliati, non vediamo bene.
Allora proviamo a mettere le lenti giuste. Tipo gli occhialini per il 3D.
La terza dimensione di quello che vediamo – che altrimenti è solo superficie – è il tempo.
Ecco, in 3D già si capisce meglio un po’ tutto quello che succede.
Guardiamo l’Italia, in questa dimensione del tempo.
Io per esempio vedo che ci sono stati quattro momenti precisi, nel XX Secolo, che a guardare bene il nostro oggi ci hanno parecchio a che fare – con lui.
Intorno al 1920 tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Grande Guerra e per le ferite profonde che aveva lasciato in uomini e famiglie, in intere collettività, e un po’ perché i lavoratori si erano stufati di fare la fame – o poco meglio. Ci fu il Biennio Rosso, l’occupazione delle fabbriche e delle terre, la nascita del Partito Comunista.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti è arrivato il fascismo, e la propaganda che stuzzicava l’orgoglio imperiale dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro la propria ambizione frustrata, è risultato che fosse di più. E via così per una generazione.
Anche intorno al 1943, tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Seconda Guerra Mondiale, per i morti e i mutilati, le distruzioni e le lacerazioni in tutta Italia, e un po’ perché i lavoratori avevano sperimentato cosa voleva dire essere l’ultimo ingranaggio di una dittatura. Ci fu la Resistenza, e la vittoria nella Guerra Civile, e la nascita della Repubblica, e la scrittura della Costituzione.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti è arrivata la Democrazia Cristiana, e la retorica che difendeva i valori cattolici dell’Italietta profonda ha pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro l’ansia della ricostruzione, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione.
E pure intorno al 1968 tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la Guerra Fredda, per l’aria asfissiante che provocava nel mondo più ancora che in Italia, e un po’ perché i lavoratori e gli studenti si erano guardati intorno e avevano cominciato a elaborare per bene un’altra società possibile. Ci furono le università occupate e gli scioperi fatti sul serio, venne l’Autunno Caldo e la conquista di nuovi diritti civili e sociali, e le grandi città cominciò a governarle la Sinistra.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti sono arrivati insieme il terrorismo e il riflusso, e la paura che svuotava le piazze e l’edonismo che riempiva le teste hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro un brutto tinello, è risultato che fosse di più. E via così per un’altra generazione.
E intorno al 1992, anche allora, tanta gente era parecchio incazzata.
Un po’ per la corruzione insaziabile dei partiti, per il blocco alla crescita e per la vergogna civica che generava, e un po’ perché le cittadine e i cittadini cominciavano a credere perfino che magistrati coraggiosi facessero fuori le mafie. Ci furono gli arresti e i processi, gli intoccabili non lo erano più, socialisti e democristiani si nascondevano o scappavano, i nomi di Falcone e Borsellino erano orgoglio per tutti – o quasi.
Tanta gente era incazzata e determinata a cambiare veramente le cose.
Ma non erano abbastanza: non così tanti.
Infatti sono arrivati insieme Forza Italia e le bombe, e l’omertà che bloccava le indagini e Berlusconi e Bossi che bloccavano la politica hanno pesato di più rispetto a quella gente incazzata e determinata: altra gente che era – sì, forse – incazzata, però non contro il sistema reale dei poteri ma solo contro chi rompeva osando pensare, è risultato che fosse di più. E via così per la quarta generazione – e ne usciamo ora.
In tutti e quattro i casi – che i miei occhialini 3D mi presentano sullo sfondo dell’oggi – non è bastato che ci fosse tanta gente incazzata e determinata perché le cose cambiassero davvero. Perché in tutti e quattro i casi la gente che era – sì, forse – incazzata, ma non determinata a cambiare un accidente oltre alla propria immagine riflessa allo specchio, alla fine era di più.
Oggi – anche oggi, 2012 – tanta gente è incazzata. E a occhio e croce è pure determinata come si deve.
Ma non basta.
Intorno al 1920, intorno nel 1943, intorno al 1968, intorno al 1992 – sembrava che fosse tanta, quella gente: tantissima, che fosse tanta quanta ne serviva per cambiare davvero le cose. Che fosse la maggioranza.
E invece no.
Era tanta – sì – che bastò, tutte e quattro le volte, a portare avanti il lavoro più faticoso del cambiamento: a pulire la faccia dell’Italia impresentabile davanti alla Storia. Ma poi rivenne a galla il resto degli italiani, quelli che al lavoro faticoso si erano sottratti – gli indifferenti, forse – ma che erano intenzionatissimi a non mettere in discussione davvero il padre di tutti i poteri: il modello di società.
E così la gente d’Italia incazzata e determinata fu poi rimessa nel ghetto – o quasi. Inculata, ma democraticamente: a conti fatti eravamo di meno.
Questo, vedo, coi miei occhialini. Che oggi, 2012, dobbiamo avere un solo obiettivo – prima di metterci in testa, di sognarlo perfino, di cambiare davvero le cose.
Dobbiamo essere, noi incazzati e determinati, la maggioranza degli italiani.
Una santa volta, quella buona.
E tutto il resto discenda da questo.
dodici febbraio duemiladodici
UN ALTRO FILM
Settant'anni di Hollywood Way of Life – diciamo da Fred Astaire a Bollywood – hanno inciso molto di più che non settant'anni di "socialismo reale" in giro per il mondo – diciamo dal Palazzo d'Inverno all'ultimo Castro.
E' stata una vera e propria "assicurazione sulla vita" per il capitalismo, lungo tutto il XX secolo: "La felicità individuale è possibile, non vedete noi quanto ci divertiamo ? Perseguitela, arricchitevi, comprateci, fregatevene !"
Ora invece il capitalismo avrebbe bisogno dell'esatto contrario, per tirare avanti quest’altro secoletto: della "tostaggine collettiva", di uno spirito di servizio e sacrificio, delle doti che servono quando – come pure già accadde – il sistema per campare deve inventarsi una guerra, o almeno un'espansione "senza se e senza ma".
Ma chi glieli darà adesso – questo sangue, questo sudore, queste lacrime ?
Li avete fatti ridere troppo a lungo, mentre gli sfilavate dollari delle tasche e idee dall'anima.
Se dovranno cacciar lacrime e sudore e sangue, caro il mio capitalismo, mi sa che stavolta sarà per imboccare un'altra strada.
Proprio tutto un altro film.
nove febbraio duemiladodici
Settant'anni di Hollywood Way of Life – diciamo da Fred Astaire a Bollywood – hanno inciso molto di più che non settant'anni di "socialismo reale" in giro per il mondo – diciamo dal Palazzo d'Inverno all'ultimo Castro.
E' stata una vera e propria "assicurazione sulla vita" per il capitalismo, lungo tutto il XX secolo: "La felicità individuale è possibile, non vedete noi quanto ci divertiamo ? Perseguitela, arricchitevi, comprateci, fregatevene !"
Ora invece il capitalismo avrebbe bisogno dell'esatto contrario, per tirare avanti quest’altro secoletto: della "tostaggine collettiva", di uno spirito di servizio e sacrificio, delle doti che servono quando – come pure già accadde – il sistema per campare deve inventarsi una guerra, o almeno un'espansione "senza se e senza ma".
Ma chi glieli darà adesso – questo sangue, questo sudore, queste lacrime ?
Li avete fatti ridere troppo a lungo, mentre gli sfilavate dollari delle tasche e idee dall'anima.
Se dovranno cacciar lacrime e sudore e sangue, caro il mio capitalismo, mi sa che stavolta sarà per imboccare un'altra strada.
Proprio tutto un altro film.
nove febbraio duemiladodici
INTORNO ALLA NEVE
A 99° l'acqua è un liquido, a 100° è aria.
A 1° l'acqua sta in un bicchiere, a 0° può essere un bicchiere.
Un grado in più o un grado in meno - ciò può far la differenza tra vivere e no.
La fottuta importanza di un solo fottutissimo grado centigrado.
Ci penso solo quando fa così freddo.
Venerdì ho portato il motorino da Porta Pinciana a Piazza della Balduina.
Sono partito a mezzogiorno e sono arrivato all'una e mezza.
Intorno, il delirio.
Sembrava la ritirata di Russia.
L'ultimo chilomentro l'ho fatto con i piedi per terra, il parabrezza con un dito di neve,
gli occhiali totalmente appannati, le mani assiderate, la pisciarella.
Puoi chiamare i volontari, la guardia nazionale e mettere una pala in mano a ogni romano.
Puoi dire che hai letto millimentri e invece erano centimetri.
Puoi prendertela con le foglie quando piove troppo a ottobre e Roma impazzisce.
Puoi prendertela con la gente quando apre il megastore, tu non fai niente per gestire prima il casino,
e mezza città si blocca e bestemmia.
Puoi andare in televisione tutto il giorno con la giacchetta tecnica per far vedere che ci sei,
e invece dove servi non ci sei.
Puoi dire che il problema di Roma è che l'Ara Pacis è brutta.
Puoi spegnere la cultura e azzerare la solidarietà.
Puoi fare quello che ti pare.
Ma non puoi aggiungere un solo giorno al tuo mandato - inutile, dannoso, pessimo -
che finisce al più tardi tra quindici mesi d'orologio accompagnadoti fuori dalla storia.
La memoria, per un po', resterà di te - in una città incalcolabilmente più grande
della tua attitudine ad esserne sindaco, Gianni Alemanno.
Ieri, ore 13, Piazza Augusto Imperatore, Roma.
Un autista della linea bus 913 ha aspettato che qualcuno dalla centrale rispondesse
alla sua richiesta telefonica per sapere il da farsi, mentre aumentavano i cittadini in attesa al capolinea
e presumibilmente lungo tutto il percorso.
Dopo quasi mezz'ora, invano, ha deciso che interpretare il servizio pubblico
non è solo questione di mera burocrazia ma anche e soprattutto di responsabilità personale.
Ed è partito, tra gli applausi dell'utenza.
Strada facendo abbiamo raccolto persone, anziani, donne con le buste della spesa,
passeggini, famiglie, turisti di rientro alla base.
Il primo autobus della Comune di Roma !
Non fai in tempo a dimenticartelo un attimo - causa neve -
che Berlusconi si riprende subito la palma del peggio.
Oggi il suo legale, in aula per il processo Mills che fa i conti con le ore per la prescrizione,
indossava pesanti guanti di lana lamentandosi platealmente per il freddo,
e il giudice ha dovuto sospendere l'udienza.
Lo dite voi ai parenti del trasportatore morto assiderato, dell'anziano morto senza assistenza,
della lavoratrice schiacciata dalla serra, degli altri diciassette morti finora,
delle centinaia di cittadini isolati, delle migliaia in difficoltà pesanti,
delle decine, centinaia di migliaia che pagheranno di tasca propria per i danni subiti ?
Sì, diteglielo voi.
Io devo già dire ad Alemanno che non è con la fotina col badile in mano davanti a un portone,
che si salva.
sei febbraio duemiladodici
A 99° l'acqua è un liquido, a 100° è aria.
A 1° l'acqua sta in un bicchiere, a 0° può essere un bicchiere.
Un grado in più o un grado in meno - ciò può far la differenza tra vivere e no.
La fottuta importanza di un solo fottutissimo grado centigrado.
Ci penso solo quando fa così freddo.
Venerdì ho portato il motorino da Porta Pinciana a Piazza della Balduina.
Sono partito a mezzogiorno e sono arrivato all'una e mezza.
Intorno, il delirio.
Sembrava la ritirata di Russia.
L'ultimo chilomentro l'ho fatto con i piedi per terra, il parabrezza con un dito di neve,
gli occhiali totalmente appannati, le mani assiderate, la pisciarella.
Puoi chiamare i volontari, la guardia nazionale e mettere una pala in mano a ogni romano.
Puoi dire che hai letto millimentri e invece erano centimetri.
Puoi prendertela con le foglie quando piove troppo a ottobre e Roma impazzisce.
Puoi prendertela con la gente quando apre il megastore, tu non fai niente per gestire prima il casino,
e mezza città si blocca e bestemmia.
Puoi andare in televisione tutto il giorno con la giacchetta tecnica per far vedere che ci sei,
e invece dove servi non ci sei.
Puoi dire che il problema di Roma è che l'Ara Pacis è brutta.
Puoi spegnere la cultura e azzerare la solidarietà.
Puoi fare quello che ti pare.
Ma non puoi aggiungere un solo giorno al tuo mandato - inutile, dannoso, pessimo -
che finisce al più tardi tra quindici mesi d'orologio accompagnadoti fuori dalla storia.
La memoria, per un po', resterà di te - in una città incalcolabilmente più grande
della tua attitudine ad esserne sindaco, Gianni Alemanno.
Ieri, ore 13, Piazza Augusto Imperatore, Roma.
Un autista della linea bus 913 ha aspettato che qualcuno dalla centrale rispondesse
alla sua richiesta telefonica per sapere il da farsi, mentre aumentavano i cittadini in attesa al capolinea
e presumibilmente lungo tutto il percorso.
Dopo quasi mezz'ora, invano, ha deciso che interpretare il servizio pubblico
non è solo questione di mera burocrazia ma anche e soprattutto di responsabilità personale.
Ed è partito, tra gli applausi dell'utenza.
Strada facendo abbiamo raccolto persone, anziani, donne con le buste della spesa,
passeggini, famiglie, turisti di rientro alla base.
Il primo autobus della Comune di Roma !
Non fai in tempo a dimenticartelo un attimo - causa neve -
che Berlusconi si riprende subito la palma del peggio.
Oggi il suo legale, in aula per il processo Mills che fa i conti con le ore per la prescrizione,
indossava pesanti guanti di lana lamentandosi platealmente per il freddo,
e il giudice ha dovuto sospendere l'udienza.
Lo dite voi ai parenti del trasportatore morto assiderato, dell'anziano morto senza assistenza,
della lavoratrice schiacciata dalla serra, degli altri diciassette morti finora,
delle centinaia di cittadini isolati, delle migliaia in difficoltà pesanti,
delle decine, centinaia di migliaia che pagheranno di tasca propria per i danni subiti ?
Sì, diteglielo voi.
Io devo già dire ad Alemanno che non è con la fotina col badile in mano davanti a un portone,
che si salva.
sei febbraio duemiladodici
SAREBBE BELLO SE
Dal supervertice europeo di Bruxelles sarebbe fantastico se uscisse una posizione del tipo:
"Prima della finanza viene l'economia, prima dell'economia viene l'essere umano,
e insieme all'essere umano viene la natura, e l'armonia tra natura e umani e dinamiche economiche
è la migliore approssimazione della giustizia ideale nella vita vera."
Ma una posizione di questo tipo dal vertice non uscirà - non può uscire, assolutamente.
Perché le persone che sono lì a discutere la pensano tutta diversa.
Perché le persone che sono lì ci stanno in virtù di un mandato politico che gli è stato dato da tanti cittadini che non condividono (o non condividevano, quando si sono espressi) quella posizione - quella che ho scritto tra virgolette.
Perché i cittadini che invece vorrebbero un'Europa diversa o sono (erano) di meno degli altri o non pensano (pensavano) rilevante trasformare la propria opinione in potere politico.
Ma la democrazia passa di qua. Non altrove.
Per questo è importante che i cittadini che la condividono - quella posizione virgolettata, o una del genere - si esprimano e che conquistino la maggioranza delle opinioni nei partiti (o con un partito tra gli altri), che trovino cioè l'organizzazione e i rappresentanti giusti per difendere le proprie posizioni nelle sedi del potere; che insomma facciano politica, e che politicamente facciano vincere la propria idea di futuro così come a suo tempo altri cittadini fecero vincere e rappresentare e concretizzare un'idea diversa di futuro - quello che è divenuto questo presente qui, che non piace quasi più a nessuno al punto che vorremmo spaccare tutto.
Ma la salvezza non ci arriverà da nessun'altra parte che dalla democrazia - e spaccare non serve.
L'antipolitica è uno specchietto per le allodole perché tutto resti com'è
- o, peggio: è violenza, è l'anticamera del puro caos.
E se la storia insegna qualcosa, la fermata successiva è il fascismo dei poteri forti.
Quello vero.
trenta gennaio duemiladodici
Dal supervertice europeo di Bruxelles sarebbe fantastico se uscisse una posizione del tipo:
"Prima della finanza viene l'economia, prima dell'economia viene l'essere umano,
e insieme all'essere umano viene la natura, e l'armonia tra natura e umani e dinamiche economiche
è la migliore approssimazione della giustizia ideale nella vita vera."
Ma una posizione di questo tipo dal vertice non uscirà - non può uscire, assolutamente.
Perché le persone che sono lì a discutere la pensano tutta diversa.
Perché le persone che sono lì ci stanno in virtù di un mandato politico che gli è stato dato da tanti cittadini che non condividono (o non condividevano, quando si sono espressi) quella posizione - quella che ho scritto tra virgolette.
Perché i cittadini che invece vorrebbero un'Europa diversa o sono (erano) di meno degli altri o non pensano (pensavano) rilevante trasformare la propria opinione in potere politico.
Ma la democrazia passa di qua. Non altrove.
Per questo è importante che i cittadini che la condividono - quella posizione virgolettata, o una del genere - si esprimano e che conquistino la maggioranza delle opinioni nei partiti (o con un partito tra gli altri), che trovino cioè l'organizzazione e i rappresentanti giusti per difendere le proprie posizioni nelle sedi del potere; che insomma facciano politica, e che politicamente facciano vincere la propria idea di futuro così come a suo tempo altri cittadini fecero vincere e rappresentare e concretizzare un'idea diversa di futuro - quello che è divenuto questo presente qui, che non piace quasi più a nessuno al punto che vorremmo spaccare tutto.
Ma la salvezza non ci arriverà da nessun'altra parte che dalla democrazia - e spaccare non serve.
L'antipolitica è uno specchietto per le allodole perché tutto resti com'è
- o, peggio: è violenza, è l'anticamera del puro caos.
E se la storia insegna qualcosa, la fermata successiva è il fascismo dei poteri forti.
Quello vero.
trenta gennaio duemiladodici
MEMORIA
Quelli nati negli anni '50 sono stati rivoluzionari negli anni '70
e poi un'altra cosa per il resto della vita fino ad oggi. In media, salvo eccezioni.
Quelli nati negli anni '70, poveri figli, si sono beccati gli anni '80 nell'età della crescita fragile, e infatti.
In media, salvo eccezioni - alcune, luminose.
Quelli nati negli anni '40 e prima, massimo rispetto o massimo compatimento: sono i nonni.
Quelli nati negli anni '80 sono un altro pianeta, per me. Ma se qualcuno mi spiega...
Quelli nati negli anni '90 o dopo, proprio un'altra galassia. Chiedo scusa.
Però mi piace tanto quando incontro quelli nati negli anni '60, come me.
Mi piace se degli anni '50 hanno ancora gli occhi spalancati, dei '40 e prima il rusticume,
degli anni '70 la voce chiara e il pugno chiuso ragazzino, degli anni '80 poca roba e scelta,
dei '90 una finezza da trentenni appena, e che al nuovo millennio gli devono prendere ancora le misure
- ma il passo che camminano, è il loro: senza sconforto e senza sconfortare.
Un piccolo bilancio scemo.
Di fianco alla Giornata della Memoria.
Più seriamente.
L'antidoto all'orrore a venire è la lucida memoria,
l'antidoto all'orrore avvenuto è la speranza operosa.
E al presente, la vita.
ventisette gennaio duemiladodici
Quelli nati negli anni '50 sono stati rivoluzionari negli anni '70
e poi un'altra cosa per il resto della vita fino ad oggi. In media, salvo eccezioni.
Quelli nati negli anni '70, poveri figli, si sono beccati gli anni '80 nell'età della crescita fragile, e infatti.
In media, salvo eccezioni - alcune, luminose.
Quelli nati negli anni '40 e prima, massimo rispetto o massimo compatimento: sono i nonni.
Quelli nati negli anni '80 sono un altro pianeta, per me. Ma se qualcuno mi spiega...
Quelli nati negli anni '90 o dopo, proprio un'altra galassia. Chiedo scusa.
Però mi piace tanto quando incontro quelli nati negli anni '60, come me.
Mi piace se degli anni '50 hanno ancora gli occhi spalancati, dei '40 e prima il rusticume,
degli anni '70 la voce chiara e il pugno chiuso ragazzino, degli anni '80 poca roba e scelta,
dei '90 una finezza da trentenni appena, e che al nuovo millennio gli devono prendere ancora le misure
- ma il passo che camminano, è il loro: senza sconforto e senza sconfortare.
Un piccolo bilancio scemo.
Di fianco alla Giornata della Memoria.
Più seriamente.
L'antidoto all'orrore a venire è la lucida memoria,
l'antidoto all'orrore avvenuto è la speranza operosa.
E al presente, la vita.
ventisette gennaio duemiladodici
FASCISMI
La destra è quella cosa che deve far digerire alla gente che il mondo è una valle di lacrime.
La sinistra invece è quella che deve convincerla che dopo torna sempre il sereno.
Al dunque, e in grana grossa.
Per provare a essere ancora più chiari...
Prendiamo il fascismo, per esempio - quello, sul fatto che sia la destra, ed estrema,
nell'arco delle posizioni politiche 'universali', penso siamo d'accordo.
Vediamo cos'è però il fascismo.
E' culto del leader ? E' malsopportazione di chi si oppone al nostro - di chiunque - pensiero ?
E' la visione corporativa dell'economia ? E' razzismo ?
Non solo. Cioè, ovviamente questi sono aspetti del fascismo 'storico', 'fisico' o 'positivo'
- a seconda che l'aggettivo lo metta un sociologo, un cronista o un leguleio -
dai quali aspetti io personalmente cerco di guardarmi nello sviluppo della mia personalità
(con maggiore o minor fortuna, dipende da tanti fattori e pure dai giorni),
ma i quali è perfino possibile che un fascista che ci legga qui (un fascista intellettualmente onesto)
non trovi affatto calzanti rispetto all'idea e alla pratica che ha lui (o lei) di fascismo.
Allora proviamo a parlare di 'fascismo logico'.
Ed è quello, dal quale sono sicuro di essere alieno anni-luce.
E intendo ciò: che il fascismo è la deduzione logica e coerente dell'assunto pessimista radicale,
ossia del pregiudizio secondo cui l'uomo è un legno storto irrimediabilmente
e la terra è un'inconsolabile valle di lacrime; e che quindi mette in campo, il fascismo,
tutti gli accorgimenti perché l'uomo faccia meno danni possibili, a sé, agli altri viventi, alla proprietà, alla terra - limitandone le libertà esteriori e coartando più possibile quella interiore,
sebbene certo 'accettando' che poi a compiere nella realtà storica (e geografica)
quest'opera di riduzione dell'uomo in condizione di non nuocere,
sia ancora l'uomo ma nella persona di chi si suppone (o si postula) sia o meno storto della moltitudine
o più forte o feroce della medesima, ed eserciti quindi su essa e sui suoi impulsi nefasti
o un dominio 'di diritto indiscusso' o una prepotenza deterrente illimitata.
Il totalitarismo e i suoi apparati sociali, così come il razzismo e il sessismo e i loro apparati esistenziali,
sono alcune delle estrinsecazioni di quel fascismo logico, che a sua volta è conseguenza
dell'assunto pessimista radicale.
Ma io, se sono sicuro di una cosa è che il pregiudizio che dà forma alla mia vita è invece quello opposto:
che l'uomo è legno storto, sì, ma rimediabilissimamente,
per via di sapere, di fare, di amore, di dubbio e di tempo,
e che ciò è virtualmente vero per ognuno degli individui che portano quel nome 'uomo'
- dal primo all'ultimo degli homo sapiens che hanno percorso, percorrono e percorreranno
i sentieri di terra, d'acqua e d'aria di questo pianeta.
(Virtualmente - ché se poi all'atto pratico un uomo troppo storto lo si constata davvero,
io nel qui e ora mi prendo il diritto di combattere perché si tolga dalla mia fascina.)
Sinistra, e concludo, allora è porsi senza pregiudizi la domanda: 'rimedieremo al nostro essere storti ?'
e rispondere una cosa come:
'epicamente, tragicamente, creativamente, naturalmente, razionalmente e gioiosamente
- tutto questo insieme, io posso solo sperarlo. ma spero e voglio che sì, NON credo e temo che no !
e il mio agire, organizzare, studiare e volere, verrà di conseguenza.'
E' questo che più di ogni altra cosa fa di me un antifascista, e a maggior ragione un uomo di sinistra.
venticinque gennaio duemiladodici
R.I.P.
Il capitalismo è morto.
La medicina che doveva curarlo, invece gli ha dato la mazzata finale:
è un mix di neoliberismo globale e di guerre regionali,
che da un ventennio si dà da fare intorno al suo corpo esausto.
Veramente erano cent'anni che stava parecchio male, il capitalismo.
Praticamente da un minuto dopo che fu completata l'occupazione
di ogni angolo della Terra da parte delle potenze coloniali,
a dimostrazione della tesi di Rosa Luxemburg che diceva:
il capitalismo può vivere solo se si espande, se conquista,
se e finché può 'parassitare' il resto del mondo che capitalista non è ancora.
Finita un secolo fa la 'grande spartizione', chiusa quell'espansione necessaria,
il capitalismo 'classico' sarebbe già morto
se i grandi decisori non si fossero inventati,
e se non avessero fatto digerire in qualche modo alle masse,
una dopo l'altra le poderose terapie di rianimazione e trasformazione
poi passate alla storia come:
la prima guerra mondiale tra imperi colonialisti,
il fascismo,
il new deal e il welfare,
la seconda guerra mondiale tra democrazie e dittature,
il piano marshall,
la guerra fredda e il consumismo,
la deregulation,
il neoliberismo finanziario globalizzato,
le guerre regionali 'controllate'.
E in effetti, tra alti e bassi,
un altro secoletto di vita il capitalismo 'non-classico' se l'è strappato.
Ma adesso, in questa metà del mondo, è propria finita.
L'alternativa c'è, la conosciamo da un pezzo.
L'abbiamo messa tra parentesi per un secolo,
per vedere se questa stagione storica che mica demonizziamo per il gusto di farlo -
tutto sommato ci fece uscire dal medioevo tanto tempo fa,
ci fece scoprire il mondo, la libertà, il sapere e la salute -
potesse in qualche modo dare ancora un contributo
all'avanzamento della civiltà umana.
Per questo, per questo rifiuto del preconcetto anticapitalista,
per questa 'saggezza' nell'aspettare che tutte le terapie fossero tentate,
e soprattutto nel volere che le masse toccassero con mano
che davvero ci si è provato in tutti i modi, ma che ora è finita -
per questo, insomma, ci va riconosciuto il diritto di avere ora noi la palla in mano.
Il capitalismo - l'individualismo radicale - è morto,
e vi ci abbiamo fatto provare per cent'anni a dimostrarci
che non c'era altro modo di campare sulla Terra.
Ma ora - per noi e per la Terra, per il futuro
e anche per dar senso a tutto il passato -
voi, grandi decisori, dovete passare la mano all'altro modo.
All'umanesimo socialista.
Le masse sono già pronte, a occhio e croce.
ventitre gennaio duemiladodici
Il capitalismo è morto.
La medicina che doveva curarlo, invece gli ha dato la mazzata finale:
è un mix di neoliberismo globale e di guerre regionali,
che da un ventennio si dà da fare intorno al suo corpo esausto.
Veramente erano cent'anni che stava parecchio male, il capitalismo.
Praticamente da un minuto dopo che fu completata l'occupazione
di ogni angolo della Terra da parte delle potenze coloniali,
a dimostrazione della tesi di Rosa Luxemburg che diceva:
il capitalismo può vivere solo se si espande, se conquista,
se e finché può 'parassitare' il resto del mondo che capitalista non è ancora.
Finita un secolo fa la 'grande spartizione', chiusa quell'espansione necessaria,
il capitalismo 'classico' sarebbe già morto
se i grandi decisori non si fossero inventati,
e se non avessero fatto digerire in qualche modo alle masse,
una dopo l'altra le poderose terapie di rianimazione e trasformazione
poi passate alla storia come:
la prima guerra mondiale tra imperi colonialisti,
il fascismo,
il new deal e il welfare,
la seconda guerra mondiale tra democrazie e dittature,
il piano marshall,
la guerra fredda e il consumismo,
la deregulation,
il neoliberismo finanziario globalizzato,
le guerre regionali 'controllate'.
E in effetti, tra alti e bassi,
un altro secoletto di vita il capitalismo 'non-classico' se l'è strappato.
Ma adesso, in questa metà del mondo, è propria finita.
L'alternativa c'è, la conosciamo da un pezzo.
L'abbiamo messa tra parentesi per un secolo,
per vedere se questa stagione storica che mica demonizziamo per il gusto di farlo -
tutto sommato ci fece uscire dal medioevo tanto tempo fa,
ci fece scoprire il mondo, la libertà, il sapere e la salute -
potesse in qualche modo dare ancora un contributo
all'avanzamento della civiltà umana.
Per questo, per questo rifiuto del preconcetto anticapitalista,
per questa 'saggezza' nell'aspettare che tutte le terapie fossero tentate,
e soprattutto nel volere che le masse toccassero con mano
che davvero ci si è provato in tutti i modi, ma che ora è finita -
per questo, insomma, ci va riconosciuto il diritto di avere ora noi la palla in mano.
Il capitalismo - l'individualismo radicale - è morto,
e vi ci abbiamo fatto provare per cent'anni a dimostrarci
che non c'era altro modo di campare sulla Terra.
Ma ora - per noi e per la Terra, per il futuro
e anche per dar senso a tutto il passato -
voi, grandi decisori, dovete passare la mano all'altro modo.
All'umanesimo socialista.
Le masse sono già pronte, a occhio e croce.
ventitre gennaio duemiladodici
PADRONCINI
Dev'essere una conseguenza delle leggi di meccanica dei fluidi.
Quando la mafia e il teppismo non si raccolgono a Palazzo, in grandi volumi,
allora li rivedi scorrere per le strade e le piazze del Paese.
Ed è fenomeno pericoloso: quel fluido infiammabile a forza di scorrere qualche volta esplode
sotto le case dei magistrati o nelle autostrade, nei cortili dei musei e sui sagrati delle chiese,
nelle sale d'attesa e sui treni in galleria.
Finché poi mafia e teppismo tornano ad allagare il Palazzo, si ritirano da strade e piazze:
bagnano solo la legge e i bilanci, senza esplodere,
arricchendosi in santa pace e dissanguando in silenti sorrisi il Paese onesto, sempre più stremato.
Ma non c'è nessuno che sappia, possa, voglia offrire all'Italia una fisica davvero diversa ?
ventuno gennaio duemiladodici
WITH OR WITHOUT YOU
Le destre economiche globali, sono trent'anni che tengono in campo di concentramento alcune centinaia di milioni di cittadini del mondo, di lavoratrici e lavoratori, tra cui alcune centinaia di migliaia di intellettuali - e il futuro.
E dramma nel dramma, le sinistre politiche di tutti i paesi sono costrette da decenni a incarnare prevalentemente il ruolo di kapò - o a suicidarsi del tutto.
Ora l'ipnosi edonistica è finita: il fumo che esce dai camini lo vediamo tutti, o quasi. Le palizzate elettrificate, i cani da guardia, le torrette armate - ci stanno a un palmo dalla pelle viva.
Io spero, credo - io voglio - che adesso le sinistre aiuteranno i milioni e milioni e milioni a distruggere le docce e i forni, a svellere le baracche dal fango, ad abbattere i cancelli. Ci aiutino, ritrovino se stesse.
O comunque lo faremo, salveremo noi il futuro e la pelle.
Senza sparare un colpo.
diciotto gennaio duemiladodici
DISASTER MOVIE
Ma lo state vedendo anche voi ?
Non capita spesso di osservare la Storia inquadrata nello schermo del televisore...
non dico osservare il divenire storico mentre accade, come l'11 settembre,
ma la Storia in effigie, in simbolo, a due braccia dagli scogli del Giglio.
La Storia di una parte, non del tutto - per fortuna.
La Storia del tutto, anche lei possiamo vedere:
è il mare intorno, è il cielo di sopra, è altra costa all'orizzonte,
sono imbarcazioni più piccole accorse e in salvo, siamo noi,
è il vento che spira.
E' "solo" il capitalismo, che è morto.
Di indigestione, di congestione: ha fatto il bagno dopo essersi strafogato.
Tuttavia l'Europa, che gli diede i natali, non aveva solo quello da offrire all'Umanità.
Ne' la sua borsa è piena soltanto di sfruttamento, rifiuti, razzie coloniali e bottino di guerra, ma di diritto, anche, di democrazia, di bellezza, ricerca, socialismo ed ambientalismo perfino.
Sta a noi pescare dalla tasca giusta. Nell'altra c'è solo il colpo di grazia.
La notte - che è già lunga, ma non lo sarà all'infinito - ci porti consiglio.
Nel frattempo, le ristrettissime élite globali ?
Nel breve scaricano la crisi, sul medio allestiscono il fascismo,
e per il lungo ci sono le astronavi.
Allora noi, tutti gli altri: riconversione !
quindici gennaio duemiladodici
OP-POSIZIONE
Di bene in meglio.
La Corte Costituzionale oggi ha bocciato i referendum contro la legge elettorale-porcata: "Tenetevela !" ci ha detto la Corte, "li avete votati voi in Parlamento i banditi che l'hanno scritta !"
E in qualche modo ha ragione.
Ma se è così, non proviamo a sperare che questi stessi banditi - che sempre oggi ne hanno salvato uno grosso dei loro, dalla galera - adesso scrivano una legge elettorale nuova, e migliore.
Anzi, io spero che non lo facciano: sarebbe una peggior porcata, invece, sicuro frutto di trattative pessime e di cambiali da riscuotere poi.
Monti non cadrà, conviene a tutti che stia lì a prender decisioni feroci.
Voteremo nel 2013, e con questa legge, e scegliendo tra questi partiti che ad oggi non sono assolutamente in grado di formare una decente coalizione di centrosinistra, per l'equità sociale e la democrazia sostanziale.
E allora ?
E allora la nostra lotta di civiltà diventa lotta di posizione, non più di movimento. Dobbiamo attrezzarci per il tempo lungo.
Ma questo consente - e anzi impone - il pensiero lungo. E grandi obiettivi, non i meno-peggio che ci spacciano i leader ancora oggi come gli unici possibili.
Si torna all'antico: studiamo, tanto, e organizziamoci, bene, e poi agitiamoci per conseguire l'obiettivo grande che avremo focalizzato col lungo pensiero.
Si torna all'antico per creare il nuovo, che urge.
E' solo di questo medioevo presente che oggi ho la nausea.
dodici gennaio duemiladodici
Di bene in meglio.
La Corte Costituzionale oggi ha bocciato i referendum contro la legge elettorale-porcata: "Tenetevela !" ci ha detto la Corte, "li avete votati voi in Parlamento i banditi che l'hanno scritta !"
E in qualche modo ha ragione.
Ma se è così, non proviamo a sperare che questi stessi banditi - che sempre oggi ne hanno salvato uno grosso dei loro, dalla galera - adesso scrivano una legge elettorale nuova, e migliore.
Anzi, io spero che non lo facciano: sarebbe una peggior porcata, invece, sicuro frutto di trattative pessime e di cambiali da riscuotere poi.
Monti non cadrà, conviene a tutti che stia lì a prender decisioni feroci.
Voteremo nel 2013, e con questa legge, e scegliendo tra questi partiti che ad oggi non sono assolutamente in grado di formare una decente coalizione di centrosinistra, per l'equità sociale e la democrazia sostanziale.
E allora ?
E allora la nostra lotta di civiltà diventa lotta di posizione, non più di movimento. Dobbiamo attrezzarci per il tempo lungo.
Ma questo consente - e anzi impone - il pensiero lungo. E grandi obiettivi, non i meno-peggio che ci spacciano i leader ancora oggi come gli unici possibili.
Si torna all'antico: studiamo, tanto, e organizziamoci, bene, e poi agitiamoci per conseguire l'obiettivo grande che avremo focalizzato col lungo pensiero.
Si torna all'antico per creare il nuovo, che urge.
E' solo di questo medioevo presente che oggi ho la nausea.
dodici gennaio duemiladodici
MONDO LIBERO
Questo succede nel Mondo Libero.
La Banca sostiene l'Impresa, il Commercio e le Professioni col credito.
Lo Stato sostiene l'Impresa, il Commercio e le Professioni con gli sgravi fiscali,
e sostiene la Banca col nuovo capitale.
Io sostengo lo Stato con le imposte e i tributi,
sostengo la Banca con le commissioni e gli interessi,
e sostengo l'Impresa, il Commercio e le Professioni con le tariffe, i prezzi e le parcelle.
Cioè: io sostengo la Banca due volte,
e sostengo l'Impresa, il Commercio e le Professioni tre volte.
Io, inoltre, sostengo lo Stato nel suo sostenere
– nel suo non cessare la consuetudine di sostenere, per esempio stroncando –
il Crimine organizzato e/o la Disonestà non-organizzata.
E non dico che tutto questo non sia da accettare,
ma rilevo il fatto che ciò mi è ingiunto in modo assoluto:
senza alcuna libertà di scelta per me, di fare diversamente.
Di fare, per esempio, così:
sostenere lo Stato con imposte e tributi per ciò che lo Stato restituisce a me (suo Cittadino) in forma di beni e servizi, una volta e basta (senza, cioè, la maggiorazione per il suo debito al Crimine ricattatore e/o alla Disonestà di chi corrompe);
sostenere la Banca con commissioni e interessi per ciò che la Banca restituisce a me (suo Utente) in forma di depositi e prestiti, una volta e basta;
sostenere l'Impresa, il Commercio e le Professioni con tariffe, prezzi e parcelle per ciò che l'Impresa, il Commercio e le Professioni restituiscono a me (loro Cliente) in forma di merce materiale o immateriale, una volta e basta (senza, cioè, la maggiorazione per il loro debito al Crimine taglieggiatore e/o alla Disonestà di chi è corrotto).
Poter scegliere liberamente di fare una cosa qualunque di queste tre,
mi è assolutamente negato – nel Mondo Libero.
E non dico che sia immediatamente possibile allestire un'alternativa sistemica.
Ma immediatamente usare le parole nel loro senso vero, sì – lo dico.
Allora: tutto questo succede nel Mondo Non-Libero.
undici gennaio duemiladodici
Questo succede nel Mondo Libero.
La Banca sostiene l'Impresa, il Commercio e le Professioni col credito.
Lo Stato sostiene l'Impresa, il Commercio e le Professioni con gli sgravi fiscali,
e sostiene la Banca col nuovo capitale.
Io sostengo lo Stato con le imposte e i tributi,
sostengo la Banca con le commissioni e gli interessi,
e sostengo l'Impresa, il Commercio e le Professioni con le tariffe, i prezzi e le parcelle.
Cioè: io sostengo la Banca due volte,
e sostengo l'Impresa, il Commercio e le Professioni tre volte.
Io, inoltre, sostengo lo Stato nel suo sostenere
– nel suo non cessare la consuetudine di sostenere, per esempio stroncando –
il Crimine organizzato e/o la Disonestà non-organizzata.
E non dico che tutto questo non sia da accettare,
ma rilevo il fatto che ciò mi è ingiunto in modo assoluto:
senza alcuna libertà di scelta per me, di fare diversamente.
Di fare, per esempio, così:
sostenere lo Stato con imposte e tributi per ciò che lo Stato restituisce a me (suo Cittadino) in forma di beni e servizi, una volta e basta (senza, cioè, la maggiorazione per il suo debito al Crimine ricattatore e/o alla Disonestà di chi corrompe);
sostenere la Banca con commissioni e interessi per ciò che la Banca restituisce a me (suo Utente) in forma di depositi e prestiti, una volta e basta;
sostenere l'Impresa, il Commercio e le Professioni con tariffe, prezzi e parcelle per ciò che l'Impresa, il Commercio e le Professioni restituiscono a me (loro Cliente) in forma di merce materiale o immateriale, una volta e basta (senza, cioè, la maggiorazione per il loro debito al Crimine taglieggiatore e/o alla Disonestà di chi è corrotto).
Poter scegliere liberamente di fare una cosa qualunque di queste tre,
mi è assolutamente negato – nel Mondo Libero.
E non dico che sia immediatamente possibile allestire un'alternativa sistemica.
Ma immediatamente usare le parole nel loro senso vero, sì – lo dico.
Allora: tutto questo succede nel Mondo Non-Libero.
undici gennaio duemiladodici
RICONVERSIONE
Sentito Monti ieri sera da Fazio, e ripeto che è incommensurabilmente un'altra pagina di storia italiana rispetto a quella di prima - appiccicaticcia di cerone, viagra e tritolo - perché si voltasse la quale ho speso personalmente ogni mio augurio da 18 anni a questa parte, e tanti tanti giorni concreti (nel mio piccolo).
Ma sentite le sue prospettive - ancora ieri sera - di rigore in bilancio e di liberalizzazioni in economia, e confermo che non sembra affatto un'altra pagina di storia europea ed euroatlantica rispetto a quella di prima: caotica di turbocapitalismo e tagliente di precarietà.
Ed è solo voltando questa pagina - dico io, nel mio piccolo - che si entra davvero in un'altra epoca dei rapporti tra gli uomini, tra essi e il loro lavoro, tra tutti e il nostro pianeta.
Non sono il primo a dirlo ? Certo, vorrei vedere !
Non ce n'erano finora le condizioni oggettive, per provare a farlo ? Mi sa.
Succederà - semmai - da sé, per provvidenza ? No.
L'uomo provvede a se medesimo, come ogni altro animale sulla Terra.
nove gennaio duemiladodici
Sentito Monti ieri sera da Fazio, e ripeto che è incommensurabilmente un'altra pagina di storia italiana rispetto a quella di prima - appiccicaticcia di cerone, viagra e tritolo - perché si voltasse la quale ho speso personalmente ogni mio augurio da 18 anni a questa parte, e tanti tanti giorni concreti (nel mio piccolo).
Ma sentite le sue prospettive - ancora ieri sera - di rigore in bilancio e di liberalizzazioni in economia, e confermo che non sembra affatto un'altra pagina di storia europea ed euroatlantica rispetto a quella di prima: caotica di turbocapitalismo e tagliente di precarietà.
Ed è solo voltando questa pagina - dico io, nel mio piccolo - che si entra davvero in un'altra epoca dei rapporti tra gli uomini, tra essi e il loro lavoro, tra tutti e il nostro pianeta.
Non sono il primo a dirlo ? Certo, vorrei vedere !
Non ce n'erano finora le condizioni oggettive, per provare a farlo ? Mi sa.
Succederà - semmai - da sé, per provvidenza ? No.
L'uomo provvede a se medesimo, come ogni altro animale sulla Terra.
nove gennaio duemiladodici
BECOMING HUMAN, STAY HUMAN, DEFEND HUMAN, CREATE HUMAN
Uno
Il lavoro produce valore, e ricchezza; i prestiti producono debiti; il prestito dei prestiti produce fallimento, e miseria.
Due
Il consumo per il consumo (di merci) crea: rifiuti non più smaltibili, diseguaglianze tra individui e tra popoli, insicurezza e alienazione; la produzione per la produzione (di merci) crea: esaurimento delle risorse naturali, divisione mondiale del lavoro e suo sfruttamento, compressione dei diritti dei lavoratori (o disoccupazione); invece, la produzione per la necessità e il godimento (di servizi, di significati) non ha controindicazioni né per l'individuo né per il lavoro né per i popoli né per la Terra.
Tre
La proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci, tenetevela (con le vostre sole forze di privati, finché ci riuscite); comuni diventino, per scelta politica - ossia della maggioranza dei cittadini - e progressivamente, la proprietà e la gestione dei mezzi di produzione e distribuzione di servizi e significati (cioè, del valore e dei beni di diritto).
Quattro
Comune e proprietà privata concorrano liberamente sul mercato; i cittadini determineranno la diffusione dell'uno e la contrazione dell'altra, o viceversa, e in quale misura reciproca.
Cinque
Beni di diritto (cioè servizi e significati, cioè valore, cioè fonte e frutto del lavoro comune) s'intendono, senza alcun ordine gerarchico:
l'acqua e il cibo,
gli indumenti,
la dimora,
la salute del corpo e della psiche,
l'esercizio della libertà fisica,
la protezione da parte della giustizia applicata,
l'istruzione,
la cultura,
l'informazione,
i mezzi di comunicazione,
l'espressione delle opinioni individuali e di gruppo,
la fruizione dell'arte e dello spettacolo,
la ricerca scientifica e intellettuale,
il godimento dell'ambiente naturale e dell'ambiente antropico, della loro bellezza e funzionalità,
la mobilità a corto e a lungo raggio,
l'accoglienza e la solidarietà,
l'assistenza agli anziani, ai diversamente abili, a chi ha bisogno,
i servizi ai lavoratori, alla donna, all'infanzia,
il riposo e lo svago,
e quanto venga così rubricato dai cittadini, nei modi e nelle forme di legge.
Sei
Poteri della collettività in senso stretto - non proprietà private, né beni comuni - sono:
la legiferazione,
la forza armata,
le relazioni internazionali e intercontinentali,
la riscossione dei tributi,
il bilancio e la gestione di ciò che è comune;
i cittadini esercitano tali poteri tramite la legge e le forme della rappresentanza da essa previste.
Sette
Si cominci da un'amministrazione locale a sperimentare quanto sopra, nei campi e nella misura in cui ciò è consentito dalla potestà di autogoverno di quell'amministrazione; poi lo si emuli in altre amministrazioni locali e regionali, quindi a livello nazionale e auspicabilmente a quello europeo.
Otto
L'Europa e l'Occidente hanno propriamente questo da offrire all'Umanità: un simile presidio di equilibrio e passo di civiltà; altrimenti la loro intera storia non è che razzia e bottino di guerra, e il loro prevedibile futuro (prossimo) è caos e miseria.
Nove
Tutto questo è, in qualche modo, decrescita; ma soprattutto è: austerità, questione morale, intelligenza, lungimiranza, generosità, efficacia, efficienza, perseguimento della felicità, umanità.
Dieci
Tutto questo è: la Riconversione.
Questi sono i miei buoni propositi per il 2012, in forma di decalogo.
Miei – e spero di tantissimi altri.
Più saremo a farli nostri, più saranno davvero.
uno gennaio duemiladodici
Uno
Il lavoro produce valore, e ricchezza; i prestiti producono debiti; il prestito dei prestiti produce fallimento, e miseria.
Due
Il consumo per il consumo (di merci) crea: rifiuti non più smaltibili, diseguaglianze tra individui e tra popoli, insicurezza e alienazione; la produzione per la produzione (di merci) crea: esaurimento delle risorse naturali, divisione mondiale del lavoro e suo sfruttamento, compressione dei diritti dei lavoratori (o disoccupazione); invece, la produzione per la necessità e il godimento (di servizi, di significati) non ha controindicazioni né per l'individuo né per il lavoro né per i popoli né per la Terra.
Tre
La proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione delle merci, tenetevela (con le vostre sole forze di privati, finché ci riuscite); comuni diventino, per scelta politica - ossia della maggioranza dei cittadini - e progressivamente, la proprietà e la gestione dei mezzi di produzione e distribuzione di servizi e significati (cioè, del valore e dei beni di diritto).
Quattro
Comune e proprietà privata concorrano liberamente sul mercato; i cittadini determineranno la diffusione dell'uno e la contrazione dell'altra, o viceversa, e in quale misura reciproca.
Cinque
Beni di diritto (cioè servizi e significati, cioè valore, cioè fonte e frutto del lavoro comune) s'intendono, senza alcun ordine gerarchico:
l'acqua e il cibo,
gli indumenti,
la dimora,
la salute del corpo e della psiche,
l'esercizio della libertà fisica,
la protezione da parte della giustizia applicata,
l'istruzione,
la cultura,
l'informazione,
i mezzi di comunicazione,
l'espressione delle opinioni individuali e di gruppo,
la fruizione dell'arte e dello spettacolo,
la ricerca scientifica e intellettuale,
il godimento dell'ambiente naturale e dell'ambiente antropico, della loro bellezza e funzionalità,
la mobilità a corto e a lungo raggio,
l'accoglienza e la solidarietà,
l'assistenza agli anziani, ai diversamente abili, a chi ha bisogno,
i servizi ai lavoratori, alla donna, all'infanzia,
il riposo e lo svago,
e quanto venga così rubricato dai cittadini, nei modi e nelle forme di legge.
Sei
Poteri della collettività in senso stretto - non proprietà private, né beni comuni - sono:
la legiferazione,
la forza armata,
le relazioni internazionali e intercontinentali,
la riscossione dei tributi,
il bilancio e la gestione di ciò che è comune;
i cittadini esercitano tali poteri tramite la legge e le forme della rappresentanza da essa previste.
Sette
Si cominci da un'amministrazione locale a sperimentare quanto sopra, nei campi e nella misura in cui ciò è consentito dalla potestà di autogoverno di quell'amministrazione; poi lo si emuli in altre amministrazioni locali e regionali, quindi a livello nazionale e auspicabilmente a quello europeo.
Otto
L'Europa e l'Occidente hanno propriamente questo da offrire all'Umanità: un simile presidio di equilibrio e passo di civiltà; altrimenti la loro intera storia non è che razzia e bottino di guerra, e il loro prevedibile futuro (prossimo) è caos e miseria.
Nove
Tutto questo è, in qualche modo, decrescita; ma soprattutto è: austerità, questione morale, intelligenza, lungimiranza, generosità, efficacia, efficienza, perseguimento della felicità, umanità.
Dieci
Tutto questo è: la Riconversione.
Questi sono i miei buoni propositi per il 2012, in forma di decalogo.
Miei – e spero di tantissimi altri.
Più saremo a farli nostri, più saranno davvero.
uno gennaio duemiladodici
BILANCINO
Non solo di fine anno.
Ma di fine epoca – proviamoci…
Ripetendo, per esempio, che la potenza tecnologica media dell'Umanità è stata acquisita troppo velocemente, senza che di pari passo crescesse la sua capacità nel gestirla con saggezza. E così ci troviamo ora con un arsenale bellico (convenzionale o nucleare che sia) assolutamente spropositato, e comunque – in tempi di pace relativa – con un apparato industriale che consuma irreversibilmente le risorse della Terra. Per di più, l'uno e l'altro, le cui rispettive stanze dei bottoni sono occupate da persone ed élite e classi delle quali per l'uomo comune è ormai impossibile fidarsi.
Quante volte abbiamo sentito dirlo da tanti, autorevoli ?
Adesso suona perfino banale, anche se è verissimo.
Allora in questo bilancino aggiungo una variazione sul tema, una in-autorevole sciocchezza tutta mia.
La seguente.
La determinazione nel perseguimento della felicità individuale – quella – si è diffusa troppo velocemente, senza che di pari passo l'Umanità in media conseguisse la giusta misura tra tale obiettivo squisitamente singolare (al più, familiare) e la consapevolezza che l'Umanità è letteralmente piena di individui.
Sotto un certo rispetto – dico – l'epoca borghese è questo fenomeno, la secolarizzazione delle comunità è questo fenomeno, l'irruzione delle masse sulla scena della Storia è questo fenomeno. Ed è ovviamente – quell'impari velocità – conseguenza dei modi concreti in cui gli esseri umani hanno preso a produrre e riprodurre la propria vita: se dal collettivismo forzoso dello stato di servitù si passa alla – scocca, diciamo così, la – libera iniziativa sulla terra, nella manifattura e nei commerci, allora è sicuro che la ricerca della felicità individuale (non più rinviabile a un aldilà premiante) diventerà il valore.
E la percezione di far parte di una collettività – equamente infelice – diventerà invece un disvalore, o un concetto quanto meno indifferente: che presto si oblia, infatti.
Faccio un esperimento ideale, può aiutare a capire.
Io sono Paolo Andreozzi, vivo a cavallo tra il XX e il XXI secolo – anzi, tra il II e il III millennio – dell’Era Volgare, e cerco le mie sacrosante soddisfazioni, la serenità mia e di chi amo, una sostanziale naturalezza di microcomunità che intende essere in armonia con la più grande comunità degli umani e coi viventi in generale, senza troppe pretese e soprattutto senza far danno a nessuno. E’ un lusso, tutto ciò ?
Dipende.
Sì, lo è, se paragonato a quest’altro scenario.
C'è stato un tempo, in questa stessa parte del mondo (ed è così tuttora in altre parti lontane), in cui la mia libertà di autodeterminazione – benché tranquilla e niente affatto esosa – era ridotta al punto che la mia stessa identità individuale sembrava irrilevante: io non sarei stato manco Paolo Andreozzi ma probabilmente per tutti sarei stato, per dire, "il pelato al pozzo" e solo pochissimi intimi avrebbero conosciuto il mio vero nome di battesimo (il cognome non ce l'avrei avuto proprio ), e tutta la mia esistenza si sarebbe svolta in quei pochi gesti essenziali alla ricarica dei secchi d'acqua, nella ricerca di mettere insieme di che nutrirmi, coprirmi, difendermi – me e chi amavo. Tutto qui – altro che ricerca della felicità !
(Certo, se invece mi diceva culo nascevo tra i patrizi e allora avrei avuto ben tre nomi ufficiali e tutti li avrebbero saputi, tutto il giorno mia moglie avrebbe fatto la bella vita contornata dalla servitù e io avrei avuto la mia parte nelle spedizioni militari del sovrano, e se ne fossi tornato intero me la sarei goduta un po' anche io. Ma davvero sarebbe stato pura fortuna: il rapporto numerico tra privilegiati e derelitti, in tutta l'età antica e media, è davvero spaventoso - altro che il 99% che scandalizza oggi gli Indignati !)
Poi però, a un certo punto e per ragioni di ampiezza tale che una pagina di blog mi sembra davvero poca cosa anche solo per citarle, tutto quel mondo finì. E al suo posto, qui in Occidente – il cui nucleo originario fu l'Europa, diciamo dall'Italia centrale in su fino alle Fiandre e dalla costa atlantica francese a est fino alla Boemia, più la Gran Bretagna meridionale – venne man mano fuori un altro mondo fondato non più sulla preminenza della collettività (impero, patriziato, servitù, esercito...) ma sulla centralità dell'individuo (io, tu, lui, i nostri figli...).
E l’ingrediente principale di tutto il complesso meccanismo socioeconomico e di convivenza civile è diventato quella “spezia” così irrinunciabile, adesso, che è davvero difficile immaginare che non sia così da sempre e per sempre: la spezia è "siate felici", “cercate di vivere meglio possibile”, “riducete il disagio, l'insicurezza, la fatica”, “insomma arricchitevi !”.
Quindi la tecnologia, quindi il relativo benessere, quindi la potenza, quindi l'autoaffermazione di classi economiche, quindi lo sfruttamento, quindi la necessità dei leader, quindi la loro perdita di credibilità agli occhi comuni, quindi l’insofferenza e la lotta, quindi la repressione o l’induzione, quindi il consumo, quindi l'alienazione, quindi l'inquinamento, quindi la divisione globale del lavoro, quindi perfino gli arsenali…
La felicità dei singoli sembra la madre di tutto questo – che tutt'altro che felicità però produce, è evidente benché paradossale.
Ecco detto.
Voglio con ciò il ritorno al Medioevo ?
Al contrario, voglio andare avanti: ho sete di futuro quanto di luce, di spazio, di sapere e di amore.
Ma voglio andarci con gli occhi aperti, voglio capire.
Ci vorrà una vita, mi sa: cioè, l'altra metà – speriamo.
Ma intanto ho preso questo appunto, che per qualche giorno di ferie può servire.
Che poi la teoria con la quale interpretare correttamente lo stato di cose presente ce l'abbiamo – ce l'abbiamo da tipo un secolo e mezzo come spunto originario, e poi con gli arricchimenti e le ridefinizioni naturali e inevitabili che arrivano fino a oggi. Tutto frutto di bellissime teste pensanti.
E abbiamo pure la metodologia pratica, organizzativa e strategica, per cambiarlo, lo stato di cose... – una volta interpretato correttamente. Per cambiarlo coi sistemi della democraziaistituzionale, abbiamo le metodologie - e perfino per cambiarlo coi sistemi della democraziarivoluzionaria, se se ne dia la necessità
E allora che ci manca ?
Ci manca di poter fidarci di quelli – uomini e donne – che una volta usata la teoria e decisa la pratica, guidino le moltitudini verso il cambiamento.
Sì, perché questo cambiamento sarebbe talmente radicale – richiedendo a tutti una profonda riconversione della coscienza del proprio stare al mondo, pari solo alla contestuale riconversione del modello concreto di società, economia e diritti – che soltanto con la guida e l'esempio di uomini e donne davvero straordinari, le moltitudini potrebbero accettarlo per quel che deve essere: un risveglio e un entrare tutti in un'età nuova, quella in cui "a ognuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le proprie possibilità" - quella lì, dài, ci siamo capiti.
Geni nell'intelletto, titani della volontà, santi dell'etica – queste tre qualità fuse insieme in ciascuno di questi punti di riferimento, donne e uomini ai quali durante la traversata della Storia tutti noialtri guarderemmo nei momenti di maggiore dubbio o difficoltà (e ce ne saranno, oh se ne ce saranno !), per non perdere la memoria di ciò che stiamo facendo e del perché, per non perderne lo stesso desiderio che compensi l'immane sforzo.
I Gandhi, i Socrate, i Guevara, gli Spinoza, i Marx, i Mandela, i Francesco d'Assisi, le Ipazia, le Arendt, per fare qualche nome, e certamente anche i Gesù – al quale in molti avete fatto gli auguri di buon compleanno, tradizionalmente, qualche giorno fa (…ma avete capito cosa dice ?).
Che regalo farebbe l'Umanità a se stessa, ri-generando oggi alcuni di costoro !
Ecco, finisce il 2011.
Allora andiamo a vedere se l'anno nuovo alle porte ci consegna qualcosa.
Magari una possibilità nuova, una buona sorte che sia appena giusta - un nuovo coraggio.
Una riconversione !
trenta dicembre duemilaundici
BUONE FESTE
Considerando la mole di lavori sporchi a pagamento che vengono svolti ogni giorno dappertutto, ci devono essere in giro tante persone così scontente di se stesse da darsi così a buon mercato che il vero miracolo è la non-estinzione della nostra specie a forza di suicidi su larga scala.
C'è forse una specie di accademia, da qualche parte, che studia e realizza il sistema per alimentare questa depressione diffusa e mantenerla esattamente al livello funzionale di sussistenza. Un'accademia con metodi moderni - intendo - scientifici, razionali, adatti alla società di massa contemporanea, secolarizzata. Perché prima - per millenni - il sistema è stato semplicemente quello dell'alienazione dell'uomo tramite l'inoculamento del terrore di vivere e morire secondo natura.
Allora buona vita a noi, brava gente !
(Quegli altri, per quanto potere o denaro gli passi per le mani, non sanno neanche cosa sia.)
E sebbene possa suonare spigoloso, questo è esattamente il mio BUONNATALE2011-BUONANNO2012: a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà e di retto pensiero - ma anche a coloro che ne sono privi a causa della violenza o della costrizione subite, dello sfruttamento, della miseria, della malattia, della vecchiaia o della solitudine, dell'ignoranza o dell'incoscienza indotte dall'altrui vantaggio.
Abbiano, abbiate, abbiamo tutti questi ciò di cui c'è bisogno, piacere, desiderio !
Agli altri, niente oltre loro stessi.
ventiquattro dicembre duemilaundici
IN TUTTI I MODI
"Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo."
Non è un decrescitista di Zuccotti Park, o un veteromarxista o un anarcoinsurrezionalista a parlare oggi così, ma John Maynard Keynes nel 1936.
Le classi dirigenti dei Paesi che contano dovranno - per la stessa sopravvivenza della Civiltà il cui profilo ideale conosciamo tutti a memoria e nelle cui (più modeste) riproduzioni concrete viviamo da qualche secolo - fare un estremo sforzo di immaginazione per impostare un modello di sviluppo sostanzialmente diverso da quello che arriva ora al capolinea.
Ma seppure ci riuscissero - a immaginarlo e a codificarlo razionalmente e sostenibilmente - non basterà, se il più gran numero di esseri umani non farà pesare la propria volontà nella medesima direzione.
Le élite fanno tutto quello che garantisce la loro conservazione in quanto tale, e la loro conservazione passa per il consenso delle masse.
Noi - ciascuno di noi, che non fa parte di alcuna classe dirigente, deve far pesare la propria volontà operosa verso un cambiamento radicale. In tutti i modi che diano una ragionevole speranza perché il cambiamento, una volta identificato, si verifichi e si stabilizzi: siano essi occupare un parco cittadino, animare la discussione virtuale, militare in organizzazioni politiche o sociali, entrare a far parte dell'élite, avere la visione di quel futuro possibile e dettare i passi reali per costruirlo.
Serve un cuore forte e pulito, una mente sottile e capiente - qualunque di queste cose ci si misuri personalmente nel tentare.
Però non c'è molto tempo.
quindici dicembre duemilaundici
SCOLPIRE LE PAROLE Il leader del PdL, Berlusconi, ora chiede a Monti di mettere la fiducia sulla manovra - in modo che lui e il suo partito non debbano prendersi responsabilità esplicite per sostenerla - così come da Presidente del Consiglio chiedeva all'Europa di imporre con direttive ufficiali all'Italia le misure economiche più dure. Non c'è niente di nuovo: manzonianamente, uno il coraggio se non ce l'ha non se lo può dare. E quell'omuncolo, il coraggio politico, civile, istituzionale, non ce l'ha mai avuto. Solo la spudoratezza dell'affarismo più avventuristico, ma è tutt'altra cosa. Vi chiederete a lungo, in tanti, come avete fatto a scambiare per vent'anni un trafficone per un grand'uomo. E' affar vostro. Ma le conseguenze di questa protratta cantonata sono affare di tutti, e dei figli e degli anziani di tutti. Grazie, a voi, sempre. E quell'altro frutto avvelenato - e avvelenatore - della Patria contemporanea, il vertice della Lega, che adesso si straccia le vesti per l'equità sociale ? Non val la pena spendere più di poche sillabe su questo fantasmagorico tentativo di far leva sulla credulità popolare da parte di un pugno di inetti al lavoro - a qualsiasi lavoro onesto e produttivo - che da una generazione intera hanno sistemato se stessi, i propri parenti e i clienti più fedeli, in ruoli di rappresentanza politica (di lotta o di compromesso, di governo o di opposizione che fossero) strapagati da ogni cittadino ! Confido che le donne e gli uomini del nord del Paese - tolti alcuni casi statistici di debolezza mentale o di indegnità morale - risponderanno con forconi simbolici all'ennesima sconcezza di quegli slogan falsi quanto velleitari, oltre che incostituzionali e antistorici. Dico questo perché la sinistra dello schieramento politico nazionale ha sì delle colpe profonde, rispetto allo stato in cui ci troviamo ora - e chi ha la pazienza di leggermi ogni volta sa che glielo imputo senza sconti - ma già sento le campane del revisionismo suonare: "sono tutti uguali, tutti sono stati colpevoli". Le stesse campane grazie al cui stormire passò vent'anni fa la tesi che mischiava in un solo giudizio anticasta e antipartitocrazia decenni di governo e sottogoverno democristiano e lustri di affarismo socialista e del pentapartito, col ruolo di presidio democratico e di progresso civile svolto invece dalle forze politiche e sociali di sinistra vera. Quella tesi falsa è stato il primo gruzzolo disculturale che si è ben speso il potere nascente allora, e che ci ha poi depredato di un bel pezzo di vita reale, di ricchezza e prospettive, perfino del rispetto in noi stessi. Chi avrebbe potuto e dovuto smentirla, quella fandonia in malafede, balbettò: tremava ancora nell'aria la polvere di un Muro caduto insieme a troppi fraintendimenti. Ma oggi non si balbetta più, non si ripeterà l'errore di omissione di verità storica. Oggi si scolpiscono le lettere: la merda è M-E-R-D-A. Dopo di che riprendiamo pure a lavorare, certo, e a pretendere che i vertici della sinistra - politica, sindacale, culturale - lavorino più e meglio di tutti gli altri. Oppure che passino la mano. Però si parta da qui, non da un solo metro indietro. sette dicembre duemilaundici |
LACRIME E BABBO NATALE Rispetto alle misure decise dal governo, e alla conferenza stampa in cui sono state rese pubbliche, io penso questo. Che essere passati da un governo che faceva affari sporchi insieme a chi la notte del terremoto in Abruzzo rideva, a un governo che piange per la sorte durissima dei meno garantiti tra i nostri anziani, be': è come essere passati dalla notte al giorno. Che sappiano anche come parlare agli italiani, questi tecnici, giacché la prima cosa che ha detto Monti in conferenza stampa è che tutti i membri del governo si autoimpongono per decreto una patrimoniale fiscale (dichiarando - da cittadini contribuenti - non solo i propri redditi, ma anche i titoli e le proprietà), e la seconda che lui personalmente rinuncia del tutto e irreversibilmente all'indennità da premier (e che nemmeno a quella da senatore dà molto peso, non avendo ancora dato le proprie coordinate all'ufficio economico del Senato): il che li mette in condizione di chiedere sacrifici ai cittadini con tutt'altra credibilità etica rispetto a qualsiasi politico in circolazione, per non parlare dei mascalzoni del governo precedente. Nel merito delle proposte, che l'impostazione generale è ovviamente severa ma - direi - un pochino più spostata verso la mia personale idea di equità, rispetto alle anticipazioni che giravano fino a ieri pomeriggio (fermo restando che non mi aspettavo, né credo nessuno potesse aspettarsi, un pacchetto "giacobino" o "decrescitista": per quello dovremo aspettare che la sinistra - vera - vinca le elezioni, sempre che basti). Infine, che la strada in Parlamento di questo decreto non sarà per niente facile: prevedo che il centrodestra gli farà la guerra per i motivi che ho detto (quanto più è equo tanto più è indigesto ai rappresentanti dell'egoismo sociale) e che anche dal centrosinistra qualche freccia avvelenata la tireranno (specie se i sindacati sceglieranno un'opposizione dura sulle pensioni e sulla non-patrimoniale). Con tutto questo - è bene chiarirsi - io non sto affatto dicendo "che bello il governo e che bella la manovra" ! Sono sempre lo stesso, infatti, che ha detto e scritto per tutto il 2011 "andiamo a votare subito, la destra ha perso la stima del paese, i cittadini daranno spazio alla sinistra", e quindi non posso rallegrarmi né per il fatto che ancora non si sa quando voteremo, né perché il governo "del presidente Napolitano" è composto di tecnici di grande valore ma tuttavia contigui alla porzione alta della nostra società (bocconi, confindustria, abi) e agli interessi della Chiesa cattolica. D'altro canto è pure vero che 'sta benedetta sinistra non ha fatto mezzo passo avanti dalla "foto di Vasto", verso un programma condiviso e una coalizione o, tanto meno, verso la compartecipazione in sede elaborativa dei cittadini di buona volontà (giacché io sono sempre quello di Progetto Quota Civile, se lo aveste dimenticato !). Addirittura, la sinistra, è arretrata rispetto ai vittoriosi e concordi entusiasmi delle amministrative di maggio, dei referendum di giugno e della raccolta firme di settembre. E la colpa è di Monti ? No. Dello spread ? No. Di Napolitano ? no. E' colpa de 'sta cazzo de sinistra. E quindi pure nostra, che di sinistra siamo (se militanti, perché non riusciamo a smuovere partiti e sindacati "da dentro", se non militanti, perché non riusciamo a costruire un modello attrattivo "da fuori"). Ciò detto e delucidato, è chiaro che la manovra potrebbe essere migliore ed è chiaro che farò di tutto (il pochissimo che posso) - da cittadino, da lavoratore, da persona che dialoga con altri lavoratori e altri cittadini - perché l'equità non rimanga solo una parola, e prima possibile, e perché da subito non resti alla Lega il copyright (del tutto disonesto, in quella gentaglia) della giustizia sociale. Ma capperi se siamo in un altro quadro del nostro ventennale videogioco: questo non si può negare ! E meno male, poiché quel che ci aspetta dal gioco nuovo è impegnativo quanto mai prima. Un accenno soltanto - voglio metterlo qui perché tra poco ricorre la Giornata Mondiale dei Diritti dei Migranti - al tema dell'accoglienza e del lavoro in questa fase di stagnazione economica e di esplosione delle contraddizioni nel modello neoliberista dominante: le nuove povertà e la contrazione di diritti dati per acquisiti, di cui in Occidente facciamo ora esperienza, entrano in risonanza inedita con le esigenze di accoglienza e di pari opportunità di cui sono storici portatori gli uomini e le donne che giungono qui dal resto del mondo. E umani sono gli uni che arrivano, umani gli altri – noi, che assistiamo: portatori, tutti, di diritti imprescindibili. Quindi non è buonismo, ma ci si salva insieme. O insieme si cade. E questo non è che uno dei problemi da risolvere, anzi da affrontare prima, anzi da comprendere prima ancora. Che casino ! Viene di chiedere aiuto a chiunque, senza ritegno. Tipo una letterina per Babbo Natale - perfino quello non è da scartare adesso. Portaci per favore: una teoria sociale nuova per un nuovo mondo, una strategia politica che ne discenda coerentemente, l'organizzazione di massa per metterla su gambe nella Storia, la fortuna di non vedere morire il mondo prima del tempo, e appunto il tempo. Cinque cosette da nulla, caro Babbo Natale. Cinque dita di una mano per afferrare il futuro, per dargli forma umana. Io chiudo gli occhi e immagino che la mano sia la sinistra, con le cinque dita strette a pugno. Ma poi li riapro, e sono pronto a qualunque altra configurazione anatomica. Purché però possa portare a uguaglianza, libertà, solidarietà, progresso, sostenibilità, cultura, bellezza, democrazia, giustizia, dignità... le solite cose. Daje Babbo, daccela una mano ! Non siamo stati tutti troppo cattivi. cinque dicembre duemilaundici |
LE MANI IN TASCA I contribuenti italiani - parliamo di imposte dirette, sul reddito - sono circa 42 milioni. Di questi, circa 36 milioni sono o lavoratori dipendenti o pensionati, e circa 6 milioni sono lavoratori autonomi, imprenditori, professionisti, artigiani, commercianti... Il primo gruppo viene tassato alla fonte, perciò almeno quanto al reddito è impossibile che evada il fisco. Il secondo gruppo viene tassato in base all'autodichiarazione del ricavo annuale. Ogni anno ci sono circa 150 miliardi di euro di evasione complessiva (non solo dall'IRPEF, ma in generale). Lo Stato, per metterci una pezza, ha l'abitudine di andare a prendere i soldi là dove è sicuro che non scappino: nel primo gruppo, dai 36 milioni di lavoratori dipendenti o pensionati. Dal punto di vista del consenso popolare, che ai decisori politici sta moltissimo a cuore (ne va della loro sopravvivenza in quanto tali), questa scelta appare semplicemente insensata. Perché infatti scontentare 36 milioni di cittadini elettori per favorirne solo 6 ? Ma ovviamente la classe politica non fa cose insensate, tanto meno autolesionistiche. E quindi la risposta deve essere che l'abitudine dello Stato di andarsi a prendere i soldi da chi le tasse già le paga, piuttosto che cambiare le regole stesse del sistema fiscale per colpire quelli di cui "tocca fare a fidarsi", in qualche oscuro modo non scontenta quasi nessuno. Possibile ? Necessario. E poi il "modo oscuro" tanto oscuro non è. Mi sa che conviene a tutti - è anzi palese, non "mi sa" - che questo sia il Paese in cui è così difficile non solo avere la ricevuta da quello al quale si dà del denaro per una merce o una prestazione, ma perfino fare lo "sforzo" di chiedergliela. Qui - e ciò spiega parecchio - i salariati stessi cedono a non poche "tentazioni" di elusione fiscale: un secondo lavoretto in nero, magari pure da pensionati, la consuetudine allo scambio di favori col commerciante, con l'artigiano, una licenza o un condono avuti per le vie brevi dall'amministrazione che chiude un occhio, i buoni-libro, la mensa gratis, l'esenzione ticket senza i requisiti di legge... La nostra creatività italica non conosce confini, né remore etiche. Com'è che dicono gli anglofili ? NIMBY, "not in my backyard" ? Così sarà per le reazioni a una qualsiasi vera misura antievasione che questo governo dovesse prendere: piacerà a tutti, tranne a quelli che ne saranno interessati. Solo che così parliamo di tutti e 42 milioni i contribuenti, che oltre tutto "tengono famiglia". E allora non se ne farà niente, vedrete. Tranne andare a prendere i soldi dalla solita vecchia parte, tranne sentire i buoni mugugni di sempre contro la casta che ruba. Italiani, dipendenti o pensionati o autonomi o politici che siano - brava gente. Vien quasi voglia di sperare che il "commissariamento" - la sospensione della piena sovranità popolare - tecnico o eurodiretto che sia, continui ancora per un po'. due dicembre duemilaundici |
LIBERAZIONE DUE PUNTO ZERO Ci ho pensato e ripensato, come tutti voi, e la conclusione (sempre parziale, per carità: sempre rivedibile e mai definitiva) è che alla fine mi sa che le cose vanno esattamente come devono andare. In che senso ? Nel senso che - a meno che si abbia l'idea e la voglia di condurre una battaglia di minoranza contro il sentire diffuso, e di forzarlo (il sentire) antidemocraticamente secondo principi morali e culturali pure i più giusti (insomma, a meno di voler ritentare la via del giacobinismo o del bolscevismo) - nel senso, dicevo, che gli uomini fanno sempre comunque quello che gli pare. E ci si è provato, ovviamente - e ci si prova e ci si proverà ancora -, a far trionfare i valori di civiltà e bellezza e diritto e fratellanza, ma se la maggior parte dell'Umanità imperterrita sceglie (autolesionisticamente, ai nostri occhi) tutta un'altra cosa, ebbene noi non possiamo accusare né il destino cinico e baro né la cattiveria dei decisori palesi o persuasori occulti che siano. Giacché tempus regit actum - e se oltre due secoli di intercomunicazione decente tra gli umani su tutta la Terra, di alfabetizzazione di massa, di prove e controprove di dove l'egoismo e il consumismo gettino il cuore e la mente dell'Uomo, se tutto questo non cambia l'apparente predilezione maggioritaria per il brutto e per l'iniquo, be': allora hanno ragione loro. Ma a questo punto, cazzi loro. Cultivez votre jardin, mes amis ! Suona rinunciatario ? Ma no. Io credo che le cose cambieranno. Anzi, è sicuro che cambino: a occhio e croce, gli umani che hanno interesse a modificare lo stato di cose presente sono 10.000 contro 1 rispetto a quelli che vogliono mantenerlo così com'è, e quindi lo cambieranno - lo cambieremo - poiché la forza del numero più la forza del tempo danno una risultante che nessun potere può contrastare. Però - qui casca l'asino - lo stato di cose muterà non secondo un progetto intenzionale, bensì caoticamente. Ossia: impredicibilmente se in meglio o in peggio di come stiamo messi ora. Perché ? Perché ciò che manca è l'idea-forza, la quale sommata al numero e al tempo conduce davvero la Storia in una qualche direzione voluta. L'ultima idea-forza capace di trainare e organizzare masse rilevanti è stata quella socialista, e io non ne vedo di nuove all'orizzonte. Non globali, quanto meno - non razionali, non onnicomprensive, non vincenti contro quell'1/10.000 che invece un'idea-forza (la concezione e la pratica privatistica del potere planetario) e l'organizzazione (il concerto dei colossi economico-finanziari e la sovrastruttura delle istituzioni statuali) per esercitarla ce l'ha eccome. Insomma: orfani della geopolitica classica del XX Secolo, siamo in piena guerra globale di tutti contro tutti e si salvi chi può, e tra le parti in guerra c'è anche quella cosiddetta "i popoli" (il 99.99% della specie umana) la quale però formula e prova ad attuare altrettanti piani di battaglia quanti sono (quasi) gli individui che ne fanno parte - ma tanti piani di battaglia diversi è ovviamente come non averne alcuno, a tutto vantaggio del nemico. Prima lo capiamo, prima daremo (forse, forsissimo) un corso intenzionale alla nostra Storia. Sennò prendiamola un po' come viene, e facciamoci pure compagnia nelle piazze e nei parchi di mezzo mondo. Anzi, a dirla tutta, non ci manca neppure l'idea-forza (lo sviluppo equo e sostenibile, la decrescita, la ri-umanizzazione, o chiamiamola come ci pare), però ci manca qualcosa di ancor più essenziale all'atto dello scontro: la disciplina rivoluzionaria. Per esempio: a voi sembra che gli Indignados e OccupyWallStreet e le Primavere e gli Intellettuali, e tutti quelli che ovunque stanno declinando in ogni lingua del mondo le parole (benedette) del dissenso - "no", "basta", "contro", "io", "protagonismo", "libertà" - siano disposti ad "arruolarsi" in un esercito per la liberazione e civilizzazione globale ? Intendo un esercito con tanto di responsabilità sovra- e sottoposte, di deleghe per obiettivi, di sistemi premio-punitivi, un esercito che non necessariamente con azioni cruente ma sì con azioni assolutamente determinate e coordinate (avete presente Greenpeace, o il Congress Party del Mahatma Gandhi ?), porti l'attacco al cuore del sistema, un esercito cui si aderisca per motivazione individuale profondissima però poi se ne accetti la disciplina collettiva ferrea derivante da una strategia scientifica di azione, che a sua volta discende da una specifica idea condivisa di futuro... Io credo di no, a me sembra che pur con la sincerità del loro slancio libertario essi tutti non siano e non saranno mai disposti a tanto: prendo atto, infatti, che l'individualismo radicale della stragrande maggioranza dei componenti di questi movimenti - che probabilmente ne è la risorsa maggiore - avrebbe tuttavia la meglio su qualsiasi opportunità logica di coordinamento, di mezzo efficace al fine. Non si fidano delle strutture che potrebbero darsi loro stessi, né delle organizzazioni già esistenti e di chi le rappresenta, tanto meno dell'idea medesima di scegliersi un metodo, dei ruoli e i capi necessari, e poi rispettare tali scelte. E' il bello del postmoderno, credo. Quel che si dice la fluidità. La differenza tra le vecchie idee di palingenesi sociale e quelle nuove non è che le nuove non ci siano, quindi, né che queste non siano abbastanza forti o attrattive - ma è che le vecchie potevano contare (e contarono, di fatto) su una massa d'urto umana che accettava, diciamo così, di "farsi pensare" da esse idee, mentre le nuove sono tutte "pensabili" da ciascuno a modo suo. Sì, la lotta di liberazione 2.0 è una roba del genere. Questo ho concluso, dopo tanto osservare e ragionare - come ragionate e osservate tutti voi. C'è a chi piace, e a chi no. Ma così è - importante sapere com'è fatta, per decidere la propria collocazione. E io, come mi colloco ? A valle di queste considerazioni, se fossi un minimo conseguente (e un tantino più furbo) tutto ciò che dovrei fare è sforzarmi di immaginare quali saranno di qui a poco i beni e/o servizi di prima (o quasi) necessità che occorrerà fornire a porzioni sempre più grandi di popolazione, le quali porzioni non potranno assicurarseli tramite l'offerta attuale, pubblica o privata che sia. Chi si specializzerà in questo, ha il futuro a breve assicurato sia in termini di reddito (se monetizza la trovata) che di consenso (se la "politicizza"). Avvertenza. Inutile "buttarsi sul soprannaturale", lì l'offerta consolatoria crescerà a dismisura, certo - ma se l'appalteranno in esclusiva quelli che ci masticano sul serio: i mistificatori di razza, le Chiese, le sette, i prestigiatori da televendita. Per noialtri scorze d'illuministi sarà dura da digerire, non bastasse già il resto. Scusate, torno a sfogliare il catalogo di Rembrandt prima che finisca il cd - in giorni così non c'è che Sarah Vaughan. ventinove novembre duemilaundici |
LUNGO E LARGO Allora forse ci limano un po’ le tredicesime. Allora forse gli bloccano un po’ le pensioni. Allora forse gli tassano un po’ i patrimoni. Allora forse ci aumentano un po’ l’IVA. Forse. E forse anche altre cosette che ci riguardano qui e ora. Ma proviamo a pensare un po’ più in lungo e in largo. Diciamo: lungo quanto un secolo, e largo quanto il mondo. Ci riusciamo ? Uno sguardo al Novecento intero sull’intero pianeta Terra… Non ci riusciamo. Male. Perché qualcun altro invece ci riesce – ci riusciva, ci è riuscito. E cosa ha visto – vedeva, vede – costui, pensando così tanto in lungo e in largo ? (“Costui” non è un uomo in carne ed ossa, beninteso: ma il gruppo più o meno organizzato degli analisti fornitori di consulenza a un’élite rappresentante degli interessi di una classe.) Ebbene, costui ha pre-visto il XX Secolo come l’ultimo secolo del capitalismo. Nel senso che (la faccio breve e imprecisa, e chiedo scusa ai puristi) sussistendo il capitalismo sulla rigida divisione delle funzioni tra capitale e lavoro, esso, dopo essersi sviluppato – dal 1300 alla fine del Settecento – in alcune regioni del Vecchio Continente prima e poi del Nuovo come applicazione della divisione delle funzioni tra proprietà e lavoratori, e dopo essersi estremizzato ancora per tutto l’Ottocento sulla divisione (colonialista, e all’acme imperialista) delle funzioni tra un pugno di nazioni dominanti e subcontinenti dominati su tutta la Terra, e dopo essersi stremato in una guerra planetaria ininterrotta dai primi del Novecento in avanti (guerre coloniali, guerre periferiche, guerre mondiali, guerre civili, guerre di liberazione, guerre fredde, guerre antiproletarie, guerre anticontadine, guerre di esportazione), aver promosso in superficie una autoriforma redistributiva, che però si è risolta nella distribuzione piuttosto dei bisogni indotti che non delle risorse reali, ed essersi ristrutturato in profondità con la costituzione dei colossi globali economicofinanziari (svincolati da ogni governo statuale, politico, democratico), a metà del XX Secolo esso capitalismo ha confermato la congettura formulata a suo tempo (da Marx&co) circa il proprio destino inevitabile: l’autoconsunzione. Marx però – viste le cose come stanno ora – fu ottimista. Dalle sue parti si pensava infatti che il capitalismo si consumasse in tempo utile perché il suo ruolo (mai negatogli, onestamente) di civilizzazione e liberazione degli esseri umani dalla necessità naturale, potesse esser preso da un altro modello di sviluppo: il comunismo. Fu ottimista, perché invece al capitalismo – nonostante una bella fiammata rivoluzionaria comunista al centro (quasi) del sistema, nel ’17 (presto ridottasi in mera autosopravvivenza, e dopo in tirannia), e poi tante altre scintille qua e là e su e giù per il secolo – è toccato in sorte di resistere in egemonia solitaria, anche molto al di là del suo slancio vitale: si è cioè deturpato rispetto ai propri stessi presupposti, e da modo più o meno ordinato (benché alienante) di produzione e scambio di beni e significati è diventato il caos geopolitico puro e semplice, e un rischio serissimo per tutto l’ecosistema. Il gruppo di analisti di cui sopra, molto meno ottimista (certo, col vantaggio di osservare le cose nostre in diretta e non dallo sprofondo dell’Ottocento), a un certo punto deve aver detto una cosa come: “Ok, ragazzi: tra un po’ qui si chiude baracca e burattini. Nessuno di noi ha una fottuta idea di cosa succederà quando miliardi di persone pretenderanno di avere il nostro livello medio di vita, e soprattutto quando i loro leader gli faranno credere che ciò è possibile. Non c’è uno straccio di modello attendibile, e il mondo ce lo siamo già pappato tutto. Magari ci fosse ancora qualche pensatore lungo in giro, qualche sorcio di comunista: sarebbe il loro momento, alla fine, e noi tireremo un po’ il fiato. Però tra farne fuori fisicamente un bel po', far passare per scemi gli altri e rincoglionire il resto del mondo col sogno americano, di comunisti adesso manco l’ombra - e manco di pensatori ! Noi, cara élite e cara classe dall’élite rappresentata, non sappiamo che cazzo fare: questa è la verità. E’ il Novecento avanzato, bellezze. E a metà Duemila la Terra ci arriverà a brandelli. Il nostro consiglio è: spassatevela !” Ed eccoci al qui e ora. Qualcuno in effetti se l’è spassata e se la spassa. Forse si è fatto costruire pure un’astronave, o un sistema di realtà virtuale da farsi infilare nel cervello – lui e i suoi cari – quando la vita vera diventerà davvero insopportabile perfino nelle zone più protette. Forse è così e forse no, non è questo il punto. Il punto è che ci siamo quasi arrivati, al punto. Qualcuno se l'è spassata, qualcun altro ha vivacchiato non senza comodità - compreso me, e te che leggi - e un'infinità di altri no, al contrario. E questi si sono già mossi. Il bello deve ancora arrivare, per tutti. Alla fine pensare in lungo e in largo non ti toglierà mezza virgola dall’IVA, e non ti aumenterà la tredicesima di un euro. Ma che ci prendano pure per il culo, quello dovrebbe impedirglielo. Pensare, studiare, confrontarsi, organizzarsi, agire – questa sia la nostra responsabilità. E – vuoi mettere ? – pure il nostro spasso. ventisette novembre duemilaundici |
LA FIDUCIA Ieri al Senato, oggi alla Camera, il governo Monti - il 63mo della nostra storia repubblicana - ha avuto la fiducia del Parlamento. Comincia quindi ufficialmente la sua rischiosa avventura politico-istituzionale. Del discorso di Mario Monti alla Camera riporto qui tre soli brevi passaggi, ma significativi. "Io, noi, terremo ovviamente nel massimo conto il vostro darci o negarci la fiducia. Ma voi, Onorevoli, cercate di tenere in conto la fiducia dei cittadini nei vostri confronti." "E' già in calendario un incontro tra me, la Cancelliera Merkel e il Presidente Sarkozy." "Chiamatemi pure professore, se preferite. Sarò Presidente per poco tempo, e i presidenti passano mentre i professori restano. Dureremo non un minuto di più del necessario e della vostra fiducia nel governo. Magari [rivolto alla destra], se poteste evitare espressioni come staccare la spina ve ne sarei grato." Segue mia libera traduzione. "In larga parte, cari nominati, per l'uso che avete fatto del voto popolare io vi disprezzo. E i cittadini italiani vi manderanno giustamente a casa appena il Paese non avrà più la merda alle narici, ma solo fino al collo." "Con Angela e Nicolas riusciremo pure a farci qualche risatina insieme, sulle stronzate a iosa dette e fatte dal pagliaccio fino all'altra settimana." "Cari i miei leader di centrosinistra, io i mercati provo a tenerli buoni finché posso. Ma lo so io e lo sapete voi, e lo sanno tutti, che qui si andrà prestissimo al voto. Quelli là a destra si preparano già da oggi alla campagna elettorale, con le armi della loro propaganda più becera. Voi non fate i soliti coglioni, e vedete di tirar su un programma decente e una coalizione solida prima possibile. Sennò vi inculano un'altra volta, e allora ve la siete proprio cercata !" Proprio così. diciotto novembre duemilaundici |
CARE E CARI Ancora oggi a Roma, a Palermo, a Milano, alcuni bei cortei di duri e puri contro i "poteri forti". Ne prendo atto, dissento e mi tolgo pure un sassolino. (E se questo mi alienerà la simpatia di qualcuno, pazienza. Ma parlo in scienza e coscienza.) L'altro ieri le ultime due delegazioni che Monti ha incontrato nel suo giro di consultazioni sono state quelle delle donne e dei giovani. E' la prima volta, se non sbaglio, che oltre ai partiti e alle parti sociali classiche anche "pezzi di società civile" possono interloquire a questi livelli in fase di formazione di nuovo governo. Sono stati invitati il Forum delle Donne e il Forum dei Giovani, e hanno detto e hanno ascoltato (se con frutto non posso dirlo, ma il segnale è importante). Ebbene, sono due anni che bazzico piazze e movimenti. Eppure nessuno dei miei "compagni di strada" ha mai accennato al fatto che esistessero degli organismi rappresentativi per portare le nostre istanze di base a utile confronto con i decisori istituzionali. Anzi, dandoli io per non esistenti (gli organismi di rappresentanza) mi industriavo per suggerire almeno una metodologia più possibile democratica ed efficace insieme, affinché i cittadini delle piazze e dei cortei si dessero qualcosa come "una linea", dei "portavoce", una struttura per conseguire obiettivi. Macché ! I "movimenti" - riscontravo - rifiutano di organizzarsi, rivendicando una natura "imprendibile". Salvo poi accorgersi, io e tutti - ma solo l'altro ieri -, che invece qualcuno si era organizzato davvero, per fortuna, ed è riuscito a portare una voce non di partito né di sindacato o di corporazione - bensì civica e basta - a dialogare con i "poteri" in questa fase delicatissima. Questi che come oggi a Roma e altrove scendono in piazza contro qualsiasi cosa, vogliono (e lo dichiarano) essere rappresentati solo da se stessi e dalla propria rabbia (deresponsabilizzata, dico io). Benissimo, ma il risultato è proprio che essi rappresentano solo ed esclusivamente se stessi, altro che "fantasia egemone": il Potere non impiega che un attimo a disfarsene, trasformandoli da problema politico (come ambirebbero ad essere) a problema di ordine pubblico (come si condannano ad essere). Peggio per loro, giovani veri o tardi infantili che siano. Attenzione. Non sto criticando "la politica fatta - anche - di cortei" (sarebbe una autoaccusa che abbraccia quasi trent'anni della mia vita !). Tantomeno sto sminuendo la potenza delle utopie, alla quale (più che alla potenza delle ideologie) si ispirano le donne e gli uomini che animano le piazze e i movimenti. Al contrario, credo che tale è la portata di questa fase storica globale che non sia folle immaginarne l'uscita verso la realizzazione di una bellissima utopia di progresso equo tra gli individui e sostenibile per l'ambiente (magari condito con un po' di decrescita al posto della spezia ormai velenosa del consumismo), e credo che il propulsore di tanto avanzamento di civiltà sarà la stessa pressione "spontanea" delle immense masse in gioco, unite e spinte da bisogni concreti e persistenti. D'altronde è la stessa Storia che ci ammaestra sul punto: i movimenti di liberazione nazionale lungo tutto il XX secolo, il movimento femminista, i movimenti antirazzisti ovunque, il movimento studentesco (ma anche degli intellettuali, culturale, dei costumi) del '68... Per non parlare del primo di tutti i movimenti: il movimento operaio, che cambiò il corso della storia europea e quindi occidentale e quindi planetaria, perfino prima che esistesse alla sua avanguardia un vero e proprio "partito d'area" ! Ribadisco però che - alla nostra scala di esperienza quotidiana, e nel quadro della cronaca nazionale - i "movimenti" di piazza che strillano e basta e non elaborano né si organizzano, non sono fattore di alcuna propulsione. Perché si tratta di piccoli movimenti, tanto piccoli che neanche tale appellativo meriterebbero - più che altro, azioni collettive "stagionali" o uno stringersi abbastanza episodico di un certo numero di cittadini intorno a qualche slogan... Ebbene, la mia tesi (banalissima) è che senza poter contare sulla forza di grandi masse reali e profondamente motivate, questi collettivi è bene che traducano la "fiammata" del malcontento tematico in una strategia razionale da attuarsi tramite un minimo di organizzazione, disciplinata quel tanto che basta da non sputtanarsi ogni giorno per qualche stupidaggine detta o fatta da chiunque in suo nome, e che provino a passare dalla fase (freudiana) del "mi stanno tutti sul cazzo" a quella della vertenza circostanziata tramite un metodo di vera democrazia interna e di rappresentanza verso l'esterno. Un controesempio di esperienza personale ? Il Popolo Viola (e derivati), la cui parabola "zippo" in quattro flash. 1. 5 dicembre 2009: il Popolo Viola richiama in piazza a Roma circa 1.000.000 di persone al grido "Berlusconi dimissioni !" 2. Febbraio 2010: si è perso già uno 0, non più di 100.000 cittadini partecipano (complessivamente) a diverse iniziative lanciate dal Popolo Viola a difesa della Costituzione. 3. Marzo 2010: via un altro 0, i cittadini diventano 10.000 (mi tengo largo) in piazza Navona per l'ultima manifestazione "unitaria" del Popolo Viola (prima dell'esplosione di dissidi interni, di scissioni, di gemmazioni); al che qualcuno propone di passare dalla fase puramente fluida del "movimento" (che evidentemente deve avere un contenitore bucato, da cui l'emorragia) a una strutturazione democratica da decidere e attuare col controllo di tutti gli interessati, ma la tesi non passa; le successive iniziative viola continueranno a perdere zeri con regolarità per tutto il resto dell'anno e il successivo, il Popolo Viola si vota all'irrilevanza politica mentre tutto intorno le cose si muovono, qualcuno agisce, il destino di Berlusconi si va compiendo. 4. 12 novembre 2011: la sera della "liberazione" nella folla in goliardica festa davanti a Palazzo Grazioli io incontro un solo cittadino con la sciarpa viola al collo, uno; anche l'ultimo 0, dei sei con cui si scrive un milione, è caduto. Sbaglio di tanto ? E allora non statemi a sentire. Magari è meglio non dover rispondere a nessuno mai e a nessuna regola, è meglio essere sempre fluidi e spontanei. Troppi ne ho conosciuti e ne conosco, di tipi che da ragazzi facevano i movimentisti (mentre noi studiavamo i testi e conoscevamo le "sezioni") e che ancora adesso dicono "tutto il potere alle piazze" (senza più andarci, per carità), e detestavano e detestano la fatica e la responsabilità della sintesi politica. Ma allora come adesso, tutti questi hanno "le spalle coperte" - per appartenenza diretta o ereditaria a qualche casta socioeconomica privilegiata - sempre: sono "organici" alla conservazione del Potere, lo sappiano o meno. I compagni (vocabolo che uso qui filologicamente) battono un'altra strada. "Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici." diciassette novembre duemilaundici |
DAMNATIO MEMORIAE Una preghiera agli operatori del sistema dell'informazione nazionale. Il governo Monti ha giurato nelle mani di Napolitano, sulla Costituzione e dinanzi alla Bandiera. Non ne fanno parte pregiudicati né detrattori della democrazia repubblicana, non secessionisti confessi né cortigiane inconfessabili. Durerà quel che potrà, e i problemi dell'Italia reale - al netto del sollievo per quanto sopra - stanno tutti là da affrontarsi e (provare a) risolversi. La preghiera è questa. Non c'è più alcun motivo di dare ulteriore voce pubblica ai sottoelencati cittadini, ai quali invece avete lasciato occupare per anni i vostri (e nostri, di fruitori) spazi in misura incalcolabimente sproporzionata rispetto al loro spessore politico, intellettuale, civile, umano. Aiutateci a dimenticarli, se non per motivi di cronaca giudiziaria (o, più tardi, di ricostruzione storica e antropologica): c'è da risvegliare un Paese, altroché - il nostro Paese che essi hanno contribuito a ridurre in coma. Bonaiuti, Giovanardi, Brambilla, Bertolaso, Vito, Fitto, Bernini, Ronchi, Brunetta, Rotondi, Santanchè, Carfagna, Meloni, Frattini, Craxi Stefania, Palma, La Russa, Crosetto, Tremonti, Romani, Urso, Romano, Galan, Zaia, Sacconi, Matteoli, Castelli, Prestigiacomo, Gelmini, Bondi. Ce ne sono altri, fra i membri dell'ultimo governo Berlusconi (e della sua corte in generale), per i quali vale in tutto la motivata richiesta di riequlibrare l'attenzione mediatica al loro oggettivo valore - ossia azzerarla -, ma purtroppo essi sono anche vertici (o semi-vertici) di partito, Camera o Senato, gruppo, Commissione. Pertanto sarà inevitabile che nel subbuglio parlamentare - e dintorni - che ci aspetta, a questi altri un microfono ennesimo o una telecamera o due virgolettati voi non potrete negare. Ma tutti i suddetti - via. L'ombra faccia giustizia al buon gusto. Grazie. P.S.: Per verità, anche tra voi - operatori del sistema dell'informazione nazionale - non sono pochi quelli ai quali la cura di cui alla presente preghiera si attaglia alla perfezione: i direttori e i collaboratori - o in ogni modo protagonisti e comprimari - di organi di stampa o prodotti della televisione, di radio o web, che per tanto (troppo) tempo hanno avuto accesso all'attenzione del grande pubblico soltanto nella misura della loro affiliazione al governo ora decaduto, non già per professionalità o talento né per la più prosaica delle motivazioni nel campo (la tiratura, ossia lo share) e neanche per una spassionata idealità di parte. Trattasi infatti di puri mercenari. Feltri, Belpietro, Sallusti, Ferrara, Paragone, Minzolini, Rossella, Vespa, Liguori, Fede - l'ineffabile Fede... Solo per citarne alcuni. Sono vostri colleghi, e forse vi lega una comprensibile non-belligeranza di corporazione. Tuttavia senza la loro opera infaticabile, assurta a ruolo quasi mitologico - e soprattutto senza che le logiche dell'informazione-intrattenimento ne amplificassero a dismisura la capacità invasiva, a forza di rassegne stampa e ospitalità incrociata e rilanci inter-mediatici - il nostro Paese avrebbe conservato anticorpi culturali e civici atti a difendersi dal morbo anti-istituzionale che l'ha portato dov'è ora. Operatori dell'informazione fedeli ai valori della Costituzione e della democrazia, adesso che si deve dare tutti un contributo a mettere il sacrosanto punto e a capo e a scrivere su tutt'altra pagina il difficile racconto dell'Italia nuova, non scordate di farci dimenticare anche di costoro. Grazie ancora. sedici novembre duemilaundici |
LA MAGGIORANZA E ammettiamo pure che "i mercati" (questa versione contemporanea delle mitologiche Parche, onnipotenti sul destino di uomini e dei) facciano quello che fanno non già "per cattiveria", bensì perché business is business. Ammettiamo che l'unico motivo per cui "la speculazione" (quest'altra epifania del Fato, per definizione ingiudicabile) mette nel mirino ora questa ora quella ricchezza nazionale, sia che tali sono le "leggi non scritte" della ricerca del guadagno. E allora ? La speculazione e i mercati non sono fenomeni naturali - come le eruzioni - tantomeno soprannaturali, ma del tutto umani: sono cioè l'espressione diretta dell'azione intenzionale di una pluralità di individui, sia pochi e incredibilmente potenti e sia tantissimi (centinaia di milioni) che singolarmente non contano nulla. Mercati e speculazione - le loro strategie, il loro "verdetti" - sono il prodotto incessante di una moltiplicazione tra innumerevoli fattori (qualcuno dei quali, forse, è "agito" anche da chi legge queste mie parole e peraltro compra e vende azioni, direttamente o tramite chi ha il suo mandato a gestirne i beni, sposta capitali grandi o piccoli, movimenta proprietà quali che siano), fattori però che in nessun caso sono atti "estorti" da alcuno né quasi mai decisi nell'inconsapevolezza delle loro conseguenze. E quindi ? E quindi: se tutto ciò è vero, e se la speculazione e i mercati stanno intervenendo sulla vita di persone, famiglie, collettività, popoli e continenti, in modo simile a ciò che fanno le nuvole di locuste che attaccando le messi se ne nutrono indiscriminatamente, senza curarsi di ciò che i campi potranno ancora o (più probabilmente) non potranno più dare in termini di nutrimento dopo il loro caotico passaggio - e neanche di nutrimento per esse locuste: questa è la loro cecità di bestie -, e infine se tutto ciò accade non in spregio a regola purchessia ma eminentemente secondo la logica di sistema che gli esseri umani in maggioranza accettano, e anzi rendono concreta con le proprie scelte coscienti benché ne patiscano i nefasti effetti (come se con una mano, per lucrare sulla polizza assicurativa, se ne incendiassero l'altra mentre porta il cibo alla bocca), ebbene non è vero ciò che ammoniva Biante nel VI secolo avanti Cristo. Non è vero che "degli uomini la maggioranza è cattiva" (come egli scrisse sul tempio di Apollo a Delfi). Invece è vero che degli esseri umani la maggioranza è in preda alla follia. (Come sostiene l'ulteriore indizio che di essi la maggioranza crede in qualche dio.) E i pochi sani scontano, vivendo là in mezzo, la colpa di non saperli guarire. Come se ne esce ? Proviamo a vedere. Se la politica ha un qualche senso, dalle sue origini più remote fino ad oggi, allora la follia della realtà economica (ossia, la cupidigia individuale elevata a sistema) deve poter essere contemperata dalla razionalità della realtà politica (ossia, la cura di ciascuno per l'interesse degli altri elevata a sistema). E' ben per questo motivo - con questo obiettivo - che io per la maggior parte del mio tempo e con la maggior parte delle mie risorse cerco di nutrirmi di conoscenze e di esperienze spendibili per contribuire, per infinitesimi, alla stabilizzazione di questo secondo macrosistema; il quale tuttavia ha concrete possibilità di sussistere e di ben operare, delimitando l'altro (con la stipula di regole condivise, buone ad evitare il saccheggio - il "suicidio" di massa), se e solo se la maggioranza degli uomini pensa e fa quello che penso e faccio io: giacché come i mercati sono la somma di innumerevoli elementi consapevoli, così i governi sono la somma di innumerevoli elementi consenzienti. Ed ecco qui è il problema "ontologico" di tutta la questione: non ci sono due Umanità, una di egoisti che creano le cose economiche e una di generosi che creano quelle politiche, ma un'Umanità soltanto. Di che natura siano gli esseri che la compongono - questo è il mio pensiero di adesso, che non pregiudicherà la mia azione di dopo (non ci riesce mai !) - ognuno può giudicare da sé. quindici novembre duemilaundici |
LA SINISTRA @ Bersani e Di Pietro, e (benché extraparlamentari) Vendola, Diliberto/Ferrero e Bonelli: 1. è abbastanza normale che non vogliate "mettere la faccia" sul governo Monti, visto che quegli altri non lo faranno di sicuro (se hanno affossato la Repubblica, non avranno certo adesso un rigurgito di senso dello Stato: infatti si sono già divisi le parti in commedia tra poliziotto cattivo - PdL & satelliti - e poliziotto "più" cattivo - la Lega) e visto che anche il Terzo Polo, nonostante abbia solo il "tifo" per Monti come ragione sociale, non offrirà ministri da "bruciare" sull'altare del sacrificio; 2. ed è abbastanza logico che, lo stesso, vogliate provare a sostenerlo con i voti in Parlamento nella misura in cui qualcuno qualche decisione deve pur prenderla, e quindi sarà meglio - dite voi - che a farlo sia chi poi potrà sopportare il malcontento popolare per il semplice fatto che, in quanto tecnico, non deve avere il consenso dei cittadini per campare; 3. inoltre, in questo modo, il governo Monti - poco o pochissimo che duri e che riesca a decidere e a realizzare qualcosa - sarà l'esecutivo chiamato a gestire (e a garantire) l'ordinato e imparziale svolgimento della campagna elettorale che prima o poi (più prima che poi, ovviamente, dato il punto 1) Napolitano sarà costretto ad aprire ufficialmente con lo scioglimento delle Camere, ed è incomparabilmente meglio che Presidente del Consiglio sia Monti e Ministro dell'Interno sia un suo uomo, in tale delicatissimo passaggio, piuttosto che gli attuali signori; 4. ma allora - se è così - cari Bersani Di Pietro Vendola Diliberto/Ferrero Bonelli (dei socialisti di Nencini, per non parlare dei radicali, io non so che pensare - ancor meno che di voi, guarda un po'), se la vostra strategia politica non si riduce a una miopissima tattica di sopravvivenza giorno per giorno, e dell'Italia chi se ne frega, se a differenziarvi da quegli altri (gli artefici della caduta di un intero Paese per mero interesse "di cricca") non è solo una maschera di ideologia posticcia, se per il bene della Repubblica - e anche dei vostri partiti, e pure vostro personale - volete fare il possibile per evitare che la tensione sociale provocata dalle difficoltà durissime che scontiamo e sconteremo tutti sfoci in ribellione o in autoritarismo, o entrambi, ebbene a voi spetta un compito - anzi, non "spetta", ma voi stessi dovete desiderare di adempiervi: 5. Mario Monti, se un suo governo riuscirà almeno a nascere, farà da "scudo" alla politica "professionale" e darà quel po' di tempo all'Italia affinché - mentre si tenta l'avvio del risanamento - riesca la definizione di un quadro politico "da Paese normale" (come forse non siamo mai stati, e di certo non nell'ultimo ventennio): moderati da una parte, progressisti dall'altra, fedeli alla Costituzione tutti; a voi pertanto spetta di (voi dovete sentire l'onore di contribuire a) creare, in quanto responsabili di partito, guidatori di "pensiero organizzato" e "orientatori" di opinione pubblica (anche, in parte, di chi non è tra i vostri militanti), l'ossatura dello schieramento coalizzato e solido dei progressisti: la Sinistra, la sinistra possibile del Mondo nuovo; 6. l'ossatura - badate -, non tutto il corpo né tutti i "sentimenti": per l'uno e per gli altri voi dovrete prender l'abitudine di aprirvi alla concreta e virtuosa "contaminazione" con la società civile italiana, con il meglio di essa, con quelle espressioni di dignità civica, di resistenza intellettuale, di rispetto della legge e delle leggi sociali non scritte - le quali espressioni hanno fatto sì che, nonostante il declino e la vergogna protratta, la Repubblica (il "demos") non sia oggi del tutto azzerata; ma questo è un altro tema, e troppe cose insieme da comprendere non devono distrarvi ora. Bersani, Di Pietro, Vendola, Diliberto, Ferrero, Bonelli - avete anche i vostri problemi di "quadratura interna", lo so ma è il vostro mestiere, per non parlare dei problemi oggettivi e soggettivi nell'interdervi tra voi, e fidarvi; tutto vero - ma questo è il tempo delle scelte che danno il senso a una vita intera. Provateci, provate a non sbagliare - ascoltatevi. Ascoltateci. Non fare nulla - adesso più che mai - è l'errore assoluto. quattordici novembre duemilaundici |
L'ONDA Non entreranno i politici nel governo Monti, né come ministri né come sottosegretari, nonostante il Premier incaricato lo vada chiedendo a destra e a sinistra. E' la prima volta che la mano mai sazia dei partiti italiani non solo non si attacca ai braccioli delle poltrone, ma se ne allontana di corsa. Questo allarme che dà loro un fiuto rodato dall'esperienza inveterata, più di ogni previsione macroeconomica dà la misura del rigore con cui tutti i cittadini sconteranno l'uscita dalla crisi secondo la ricetta del nuovo governo - sempre che se ne esca. Anzi, secondo qualsiasi ricetta possibile. Sembra quella scena in cui stormi di uccelli passano radenti sulla città annerendo il cielo, e tirano dritti anche se non è stagione. E poi arriva l'onda. Eppure è sensata, è onesta e responsabile, la richiesta di Monti ai partiti perché "ci mettano la faccia": da uomo che d'accordo prestare un servizio allo Stato, ma non anche prendersi la croce e cantare. Però Monti non sarà accontentato. Proprio per questo: perché l'onda arriverà, c'è poco da fare. E i cittadini malediranno i tecnici al governo, loro soltanto - e non i politici che comunque avranno votato in Parlamento i provvedimenti dell'esecutivo (o almeno si saranno astenuti, rendendoli comunque legge). Malediranno solo i tecnici perché il sistema dell'informazione, lo vedrete, per un po' dimenticherà i politici e forse anche gli stessi leader di partito: telegiornali e talk-show, prime pagine ed editoriali, perfino i vignettisti e i comici, inviteranno intervisteranno ritrarranno incorniceranno gossipperanno solo Monti e la sua squadra. E la gente avrà il migliore (dal punto di vista dei partiti) dei parafulmini per sfogarsi: uomini (e forse una donna) che non stanno dove stanno per un consenso di massa, né se ne aspettano in seguito per rimanerci - perché qualunque cosa facciano hanno le ore contate, se ne andranno dopo un primo avviamento dell'uscita dalla crisi. Chapeau a Monti e ai tecnici, se accettano tanto sacrificio. Teniamoci forte noi, che l'onda viene. E dopo il peggio dello tsunami, aspettiamoci pure che gli uccelli tornino a cantarci le loro eterne, suadenti melodie. Non era certo questo che pensavo, che volevo, che ho detto, che ho scritto da tanto tempo qui e altrove - quando mi è venuta in sogno la Repubblica che con due gambe, la gamba politica e la gamba civile, ci prendeva tutti per mano e ci chiedeva di aiutarla a tornare se stessa e a crescere ancora nella Civiltà. Tutto ciò che capita ora è tutt'altra cosa: è la traduzione inedita di una vecchia pagina di irresponsabilità politica, e prima ancora etica. Ma il dopo mi preoccupa anche di più. Io temo che passata la paura peggiore, a tanti dei miei concittacini il primo che gli prometta di nuovo culi&condoni - non quello vecchio inceronato, ma un altro più aggiornato sugli uni & gli altri - sembrerà ancora una volta l'uomo della provvidenza. E sinceramente, io non glieli regalo altri venti anni della mia vita perché si accorgano che invece non è che un'altra farsa orrenda. Neanche venti mesi, stavolta. Allora ? Allora, mentre Monti e lo staff lavorano (se potranno cominciare) come è inevitabile che facciano - nell'ipocrisia incrociata dei partiti e nell'odio diffuso del popolo - dobbiamo anche noi lavorare, noi cittadini di retto pensiero e buona volontà, di destra o di sinistra: perché a destra e perché a sinistra si rafforzino due nuclei di "pensiero organizzato", intorno a qualcosa che forse già c'è, che siano l'antidoto alla ricaduta e che offrano due alternative (due) chiare e concrete al populismo. Abbiamo qualche mese, non credo un anno, escludo un anno e mezzo. Diamoci da fare . tredici novembre duemilaundici |
BERLUSCONI SI E' DIMISSIONATO Essere italiani, ed esserne contenti. Almeno oggi. Almeno un po'. dodici novembre duemilaundici |
OGGI E DOMANI "Il pappone fa fagotto con l'ultimo incasso, le puttane restano attonite sul marciapiede. Ma temo i pietismi delle note dame di san Vincenzo." Oggi ci sono un sacco di amici e/o compagni, comunque cittadini avveduti e sinceri, informati, sottili, che si confrontano senza ipocrisie o pregiudizi intorno al passaggio epocale che stiamo vivendo. Il nostro subbuglio interiore è proporzionale alla portata dello "zippamento" del tempo ordinario, fenomeno per il quale in una manciata di ore maturano e verranno a compimento atti e fatti che credevamo - fino alla settimana scorsa - dovessero occupare ancora alcuni mesi, e le cui radici affondano nei molti anni trascorsi. Tutto questo in un fine settimana scarso. Normali quindi le nostre convulsioni, gli improvvisi "apparentamenti" di opinioni tra persone di solito abbastanza distanti (tipo: io e Di Pietro) o - viceversa - i contrasti tra chi l'ha sempre pensata invece allo stesso modo (tipo: io e Repubblica). Proprio perché in questi momenti si procede davvero "senza pelle": niente schemi precostituiti, e niente "scudo" di chissà che interesse acquisito. Si va secondo scienza e coscienza, e percezione di quel che si va rendendo noto minuto per minuto. Contraddicendosi, magari - è il "bello della diretta". (Ai vecchi compagni di mia stessa provenienza può darsi che ciò ricordi - come ricorda a me - il travaglio nelle sezioni del PCI dopo l'annuncio di Occhetto alla Bolognina e fino alla trasformazione del partito nel PDS, passando tutti noi per la fase della "Cosa" immortalato da Nanni Moretti in un docufilm da brividi.) E a proposito: come che sia, io credo che la "transizione italiana" che proprio allora iniziava - diciamo tra la caduta del Muro a Tangentopoli e Mani Pulite - tutt'altro che stabilizzarsi mediante la lunghissima deriva berlusconiana (che invece è stata - lo ammetteranno sempre più cittadini, col progredire del "risveglio" - l'istituzionalizzazione dell'instabilità, la sospensione delle "certezze costituzionali"), sia solo adesso in dirittura d'arrivo, attraverso quest'ultima contrazione imposta dai fattori economici profondi che classicamente determinano le correnti in movimento: il "sociale", il "culturale", il "politico". Questo è. Come la penso io - meglio: come la "sto pensando" - riguardo all'opportunità tattica e/o strategica dei vari comportamenti da adottare riguardo a tutti i tasselli del rompicapo (voto sulla legge di stabilità, rapporti col governo Monti, conclusione della legislatura, composizione di una coalizione progressista, partecipazione della società civile, ricostruzione...) l'ho scritto e continuerò a farlo, dando conto dell'evoluzione di quel che provo e vado ragionando, e soprattutto anche grazie al feedback più serio e prezioso che mi arriva sia in Rete da una fitta interlocuzione virtuale, sia dal discutere "faccia a faccia" con tanti cittadini, colleghi, amici, compagni - e pure in famiglia. Il nuovo fa sempre un po' paura. D'altronde il vecchio ha fatto fin troppo a lungo terrore e vergogna. E il nuovo - ora come non mai - attende la forma delle nostre mani viventi. Di ogni mano. Questo non lo dimentichiamo. Comunque, tra una preoccupazione e l'altra fatemelo dire: non tra 100 mesi (come nel caso si fosse fatto incoronare Capo dello Stato) né tra 500 giorni (come se fosse rimasto a Palazzo Chigi fino a scadenza) ma tra 20 ore soltanto, un uomo che è la negazione stessa del senso per le Istituzioni lascerà la posizione da cui ha tiranneggiato le medesime per quasi venti anni ! Un attimo di meritato godimento al pensiero... E poi torniamo a ragionare sul cosa e sul come. Per esempio. Italiani che l'avete sostenuto, credevate che il regime vi lasciasse con la merda al collo ? Magari l'avevate messo in conto, confidando nei vostri lunghi becchi rapaci. Invece no: vi lascia con la merda fino agli occhi. E il becco resta sotto. Quel che mi brucia è che ci sto in mezzo pure io, e tanta altra brava gente, che non c'entriamo un cazzo. Anzi. O voi, prendetevi questi due appuntini. Il primo è una citazione da Indignazione, di Philip Roth: "Potete essere stupidi quanto volete, potete anche dar mostra [...] di voler essere appassionatamente stupidi, ma alla fine la storia metterà le mani su di voi. Perché la storia non è il fondale: la storia è il palcoscenico ! E voi siete sul palcoscenico !" E il secondo è da De André, La Canzone del Maggio: "Se avete preso per buone le verità della televisione anche se allora vi siete assolti siete lo stesso coinvolti [...] per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti." E concludo per epifanie, così come ho aperto. "Silvio e Fedele provano i vecchi spartiti, evergreen per crocieristi russi, in bianco e papillon. E Apicella chiuda la porta. Dissolvenza." undici novembre duemilaundici |
IL BLUFF E’ FINITO Berlusconi - che è molto diverso da un essere compiutamente umano, ma certo non è stupido - si è fatto bene i conti e ha visto che nonostante minacciasse le elezioni anticipate, e quindi l'anticipato "licenziamento" di molti dei suoi lacchè nel caso della sua caduta, fin troppi di essi stanno comunque saltando il fosso. E inoltre Napolitano ha certificato autorevolmente che la caduta ci sarà, eccome. E a brevissimo. Pertanto - questa la fine del bluff - ora Berlusconi si unisce al coro di quanti le elezioni anticipate le giudicano inopportune (tra un po' le maledirà del tutto, vedrete - al pari dei Veltroni e dei Fini, e di evergreen come Dini e Pannella) e "apre" all'ipotesi del governo tecnico a guida Monti. Perché ? Perché così la crisi la paghi il popolo, ed esso soltanto. Perché non si azzardino i cittadini a voler dire subito la propria sull'uscita non dall'era Berlusconi (quella è già finita) ma dal neoliberismo che ha creato questo disastro. Perché all'imputato Berlusconi una exit strategy la offriranno (scandalosamente) purché il blocco socioeconomico che lo ha creato tanti anni fa e sostenuto fino all'altro ieri non rischi di essere messo anche lui in discussione. E perché (visto che non è stupido) l'uomo adesso sa che deve prestare per l'ultima volta la faccia e la propria (ai miei occhi incomprensibile, aliena, disturbante) residua credibilità agli occhi di tanti italiani, per convincerli che "per il loro bene" dalla crisi si esce come vuole l'establishment - e non altrimenti. Sarà il suo canto del cigno. Sarà - come non di rado in questo Paese, dalle sue stesse origini - il cambiamento che cambia poco o nulla. I gattopardi già fanno le fusa. Ce l'ho col governo tecnico in quanto tale ? Ma è "tecnico" come categoria di definizione, che in questo passaggio non mi convince. E' tale ormai la dimensione della pezza da mettere sul buco, che la decisione su quale debba essere il suo colore travalica la tecnicalità: diventa politica pura - nel senso non solo che essa dovrebbe essere presa sulla scorta di un consenso di quella popolazione sulla cui esistenza concreta la decisione ricadrà, ma che comunque "dopo" (a scelta fatta, a misure determinate e vigenti) sarà comunque l'espressione politica del popolo a ratificarla votando le forze che l'hanno sostenuta, o non osteggiata, o viceversa votando quelle dimostratesi contrarie a quella scelta. Se è così, mi pare, la tecnica e l'autorevolezza c'entrano allora meno di quanto si sostenga quasi ovunque. E le conseguenze di queste ore cosiddette tecniche incideranno pesantemente sull'orientamento tutto politico dei nostri concittadini, per molto tempo a seguire. La Lega l'ha capito benissimo, e ci farà la "cresta". Di Pietro lo stesso, qualsiasi cosa si pensi del grado della sua buona fede. E altrettanto gli antipolitici, che solleticano gli indignati di destra e di sinistra. A rimetterci saranno i progressisti sinceri, responsabili - e ingenui come sempre. Inoltre - e tocco il merito delle misure da intraprendere - quelle ventilate nel maxiemendamento alla legge di stabilità non mi piacciono affatto. Speravo che questa crisi gigantesca fosse la "buona" occasione per rimettere la finanza entro le coordinate di un nuovo umanesimo. O almeno per provarci. E, mi ripeto, solo con un passaggio elettorale immediato (o quasi) - e solo se si formasse una coalizione di sinistra, politica e civica, come si deve - c'è da sperare che una "rivoluzione" del genere anche solo si intraveda. E poi c'è tecnico e tecnico. Un autorevolissimo al posto di un politico professionista e indegno mi starebbe anche bene, ma perché come "tecnici buoni che ci salvano dalla cattiva politica" stiamo scegliendo solo tra i Papademos e i Monti ? (L'uno il vicepresidente della BCE dal 2002 al 2010, l'altro il commissario europeo per l'Italia dal 1999 al 2004. Come svolgevano la loro buona funzione tecnica questi due, negli anni in cui veniva creato - o consentito - il sistema globale di finanziarizzazione dell'economia reale e del lavoro la cui esplosione "in bolla" nel 2008 scontiamo adesso ?) Perché non cercare tra quelli che non hanno alcuna corresponsabilità con la deriva oligarchica del turbocapitalismo degli ultimi anni, tra quelli che propongono una strada davvero diversa da quella che ci ha portato in fondo al pozzo ? Datemi un tecnico - se volete proprio - che parli di microcredito, di decrescita, di rivalorizzazione dell'ambiente come volano economico, di nuovi diritti e di accoglienza come fattore di governo virtuoso della migrazione epocale... Ma no, così il quadro "saprebbe" troppo di rivoluzione possibile. Meglio tirar la cinghia, noi soliti, e sognare sempre quella che non verrà mai. In conclusione io oggi non ho risposte certe, ovviamente. Ma questo lo so. So che se (ma quando ?) usciremo da questo tunnel essendoci tolti per sempre il vizio di tentar di risolvere i nostri problemi domandandoci "chi ?" e arzigogolando sul "perché ?", e cominciando invece a chiederci "cosa ?" e a coordinarci sul "come ?" - ciò che non abbiamo mai saputo fare - ebbene, ne sarà valsa la gran pena: questo Paese sarà divenuto un posto dove poter vivere e lavorare e conoscere e creare e amare, da persone civili e libere (finalmente !), per quanto tempo ci verrà dato in sorte. dieci novembre duemilaundici |
QUESTO E' IL TEMPO Ieri il voto alla Camera ha certificato che la maggioranza non c'è più. Un attimo dopo, Bersani ha chiesto ancora a Berlusconi di dimettersi - e accoratamente. Gli ha detto che se lo farà non per questo il Paese cadrà nel caos, perché le opposizioni in Parlamento sosterranno un'alternativa possibile; e che se invece non lo farà, allora le opposizioni valuteranno altre strade - come la mozione di sfiducia. Ma non ha detto, Bersani, l'unica cosa che avrei voluto sentire: che da quel voto si deve desumere la fine della legislatura così come emersa dalla volontà popolare nel 2008, che sarà possibile ricominciare a fare gli interessi del Paese soltanto appellandosi prima possibile all'espressione sovrana di tale volontà - con le elezioni politiche anticipate - e che anche solo annunciando un simile impegno di svolta, solenne e chiarissimo, c'è da ritenere che la speculazione allenti la presa sulle patrie finanze. Se avesse parlato in questo modo, allora avrei potuto gioire davvero - e non soltanto a metà. Ma se l'avesse fatto, un minuto dopo per lui e per Di Pietro, per Vendola e per chiunque dichiari di avere a cuore la Repubblica (tanto in Parlamento quanto fuori, nella società civile) sarebbe cominciata la parte più difficile, e implacabilmente verificabile: edificare da subito la strada della ricostruzione. E forse mi aspetto troppo da tutti costoro. Ma non abbiamo - dentro e fuori dal Palazzo - molto altro su cui contare. Tranne noi stessi. Longanesi nel 1953, otto anni dopo la fine del fascismo, profetizzava: "gli italiani non vogliono un dittatore, attendono un impresario." Be', ora l'hanno avuto - per un altro ventennio - e pare ne abbiano finalmente abbastanza. L'una e l'altra esperienza - e quelle nel mezzo, i 35 anni "in parrocchia" e il decennio di pura predazione partitocratica - dovrebbero tutte insieme costituire la "preistoria" del nostro essere una Nazione. Ma ora, vogliamo entrarci nella Storia - semplicemente ? Siamo pronti ? Ce lo meritiamo ? Io credo, io spero, io voglio. Quello che segue l'ho scritto - ne fanno fede questi stessi appunti - il 15 marzo di quest'anno, e fu condiviso subito da non pochi dei compagni e degli amici con cui mi onoro di ragionare (e fare) insieme. Oggi è up-to-date come non mai, perciò lo ripropongo: “Elezioni”, soltanto questo dobbiamo ripetere: in ogni occasione, dentro e fuori contesto, come un mantra. “Come risolviamo ?” “Elezioni !” “Che facciamo stasera ?” “Elezioni !” “Che ore sono ?” “Elezioni !” “Ma tu mi ami ?” “Elezioni !” Elezioni ! E L E Z I O N I ! Le chiede anche Berlusconi ? Ma il suo è l'ultimo bluff, mentre per noi è assolutamente prioritario che il futuro ricominci: subito ! L'obiezione è nota: "votare con questa legge elettorale infame ?" Nota anche la mia replica: ma chi dovrebbe riscriverla, la legge elettorale ? La Camera che ha votato che Ruby è la nipote di Mubarak ? O il Senato che ha votato che il global warming non esiste ? Questo è ovviamente un passaggio delicatissimo - e insidioso da qualunque parte lo si osservi, e in qualsiasi modo lo si attraversi pagheremo un prezzo. Ora, più che mai, ognuno deve decidere secondo coscienza qual è il prezzo che può sostenere - e che ritiene il Paese debba sostenere. Io ribadisco la mia decisione: sognare la perfezione è un lusso al quale non posso - né possiamo - consentire. Voglio solo vivere in un Italia normale, e faccio (e farò) tutto quel che posso perché lo diventi al più presto. nove novembre duemilaundici |
BENE (SI FA PER DIRE) Ora che il governo - costretto all'angolo, e all'ultimo secondo - ha delineato almeno in teoria una "ricetta" anti-crisi, e che è chiaro come questa ricetta (semmai sia tradotta in pratica) rappresenti una svolta più a destra ancora - liberismo sfrenato contro i lavoratori e i beni comuni, nessuna misura contro rendite ed evasione, tantomeno contro le spese della casta -, abbiamo infine di che pensare e decidere. Ed agire. Ossia. Alla "foto di Vasto" - PD, IdV e SEL insieme - ora si deve dare un significato, un programma e una tabella di marcia. E un'estensione in larghezza (con gli altri partiti e organizzazioni di sinistra che là non c'erano) e in profondità - con tutta la forza sindacale da una parte e civica "semplice" dall'altra, di cui disponiamo in questa stagione di risveglio di coscienza e di indignazione. Un programma chiaro e comprensibile, concreto ed attuabile, del tutto alternativo alle scelte pessime del governo - un programma in pochi punti decisivi, elaborato insieme dai politici (coi loro tecnici alle spalle), dai lavoratori (precari compresi) e dai cittadini in quanto tali. Tutto qui. E niente di meno. Perché ora lo scenario è sensibilmente cambiato rispetto a prima, quando tutti gli antiberlusconiani - di sinistra e di destra - concordavano senz'altro aulla priorità di ristabilire le condizioni democratiche nel nostro Paese: adesso il regime - prima di passare la mano (come sa bene che dovrà fare al più presto, giacché ormai è egemone l'opinione pubblica ad esso avverso) - sta mettendo le basi per una stretta assolutamente conservatrice dei rapporti socioeconomici in Italia. E questo fatto - anzi, il giudizio su questo fatto, non può più essere trasversale: ha un connotato politico "puro": destra o sinistra. Ora, io che sono di sinistra - ed ecco che queste categorie tutt'altro che da mettere in soffitta come tanti dichiarano - voglio che dinanzi alla crisi siano prese, o almeno elaborate, misure del tutto diverse da quelle ventilate dalla nota del governo all'Unione Europea. Per esempio: - sì all'innalzamento dell'età pensionabile, fatte salve le posizioni dei lavori usuranti; - sì alla tassa patrimoniale, quella seria; - sì alla tassazione anche da noi, comè già in altri Paesi avanzati, dei guadagni in borsa; - sì all'obbligatorietà degli acquisti tracciabili, e non in contanti, al di sopra di una certa soglia (bassa); - sì ai vantaggi fiscali per l'impresa (grande, media o piccola) che dà lavoro vero, per quella che investe in innovazione e per quella che riduce la forbice retributiva tra manager e salariati; - sì agli sgravi fiscali a chi acquista beni o servizi certificandolo con la sacrosanta richiesta di ricevuta o fattura; - no alla dismissione delle proprietà immobiliari e catastali: se ne facciano invece dei poli produttivi di valore culturale, ambientale e quindi anche economico; - no alla privatizzazione dell'erogazione dei servizi essenziali e sociali: sia realizzato invece il loro controllo partecipato dei cittadini (come previsto da norme già esistenti); - no a condoni o concordati fiscali, condoni o concordati edilizi, condoni o concordati ambientali, e qualunque simile truffa ai cittadini onesti; - sì alla riduzione da subito dei costi della politica, non perché ciò salvi il bilancio nazionale ma perché il buon esempio deve venire dai sedicenti rappresentanti del popolo. Questo, tanto per cominciare e per parlare solo di soldi - che è l'argomento up to date. Poi - al di là dell'abisso, se lo valicheremo indenni - si discuta di una nuova legge elettorale, delle soluzioni al conflitto d'interessi, delle riforme strutturali dell'istruzione, della sanità, della pubblica amministrazione, di libertà (vera) di informare ed essere informati, dei diritti civili e sociali (disattesi, o del tutto nuovi), della meritocrazia come principio cardine e applicato, dell'accoglienza dei migranti e delle politiche di pace. Concludo - e credo di prevenire così non poche obiezioni dei più smaliziati - dicendo che la "foto di Vasto" non ritrae secondo me tre campioni adamantini della virtù civica e repubblicana, e forse nemmeno tre perfetti galantuomini (so anch'io di qualche scheletro nell'armadio di Di pietro, delle critiche a Vendola per qualche suo assessore importante, per non parlare poi di Bersani e del groviglio oscuro che è il PD), bensì ritrae insieme - il che è rarissimo - tre "canalizzatori" dell'opinione e del consenso di svariati milioni di nostri concittadini. E, realisticamente: è dai grandi numeri che dobbiamo partire per ribaltare un malgoverno e un malcostume che coi grandi numeri (del consenso a suo tempo accordato a Berlusconi e alla Lega) si si sono insediati sulle nostre teste. Senza quei milioni di concittadini già organizzati e orientati (più o meno) a sinistra, anche la nostra battaglia civile - per quanto necessaria, e con buone prospettive - si riduce a mera letteratura. Ma allora io - se devo scrivere - lo faccio benissimo per conto mio. Perfino in un'Italia come questa. ventisette ottobre duemilaundici |
COLPA MIA Che poi io mica ce l’ho con Berlusconi, che è talmente inadeguato all’elaborazione e all’azione per un qualche interesse generale che farebbe vacillare perfino Aristotele e la sua definizione di uomo come animale politico, o sociale. E non ce l’ho neanche col blocco di poteri e privilegi palesi e occulti, che quarant’anni fa come palazzinaro, trent’anni fa come telespacciatore e da diciassette anni come politicante l’hanno nutrito e lo proteggono in qualità di loro procacciatore d’affari, privati e privatissimi. Non ce l’ho con la corte dei miracoli che lo segue e ne ruba gli avanzi, e i cortigiani disgustosi i quali – intravista la possibilità di emendare così, servilmente, una vita mediocre o reproba – hanno fatto e fanno del diritto uno straccio, dell’informazione una bestemmia, della dignità nazionale una chimera, della convivenza un incubo. Nemmeno ce l’ho con i tanti miei concittadini che hanno votato lui o chi da lui indicato, una volta sola o molte, tappandosi gli occhi e le orecchie e il naso su un’evidenza macroscopica per tutti gli altri, in Italia e fuori: la sfortuna che ciò avrebbe arrecato – e che ha arrecato – al Paese. E non ce l’ho con le forze politiche di opposizione – che talvolta sono state di governo – per aver inanellato una serie stupefacente di mosse sbagliate e di fasi d’inerzia, senza la quale serie né il beota favore popolare né il sostegno avido dei privilegiati e dei co-interessati gli avrebbero garantito tanta sopravvivenza. Ma neppure con l’opposizione civile ce l’ho, con le energie che in tutti questi anni hanno riempito le piazze, la Rete, non poca stampa e perfino qualche studio televisivo – per essersi votata indefessa a rinunciare sempre a forme di autorganizzazione stabile qualunque, purché efficaci, preferendo ad esse l’irrilevanza semplice: dura e pura. Cioè, sì: ce l’ho con tutti costoro e con ciascuno, ovviamente. Ma alla fine – ora che alla fine siamo – io ce l’ho con me. Per aver visto tutto questo. E udito, e assaporato giorno per giorno. Per averlo vissuto lungo un tratto della mia esistenza che ne occupa – scomputata l’infanzia della divina ignoranza – più della metà. Non è colpa mia – dite voi – di tutto ciò ? Ma questa è stata (è ancora, stiamo ai fatti) una tragedia. E la verità dei classici ci ammaestra sul punto: la tragedia è del singolo, benché innocente – e sul singolo cade ineluttabile la sanzione: io c’ero, io mi sto sul cazzo. ventisei ottobre duemilaundici |
DOVE STAVATE ? Eppoi, per carità, io dico meno male che tutto questo ceto medio, o piccola borghesia, o sottoproletariato in qualche caso (le categorie mi si muovono sempre sotto i piedi: è il postmoderno, bellezza !) - ebbene, che con l'acqua alla gola per i debiti che crescono e i salari che calano e i servizi che spariscono e le ansie che esplodono, così tanta gente si sia svegliata e sia incazzata contro il "modo neocapitalista globale di produzione e scambio di beni e significati". Però. Però questo modello si è insediato dal centro alla periferia del Mondo da trenta, trentacinque anni: la Reaganomics è sua figlia, gli Anni '80 sono frutto suo, le spaccature sindacali sono suoi effetti, il disimpegno è suo corollario, Berlusconi - per parlare di noi - è conseguenza sua. Mi ricordo perfettamente che per anni - ben prima che la massa se la vedesse brutta come ora - ci sono stati singoli cittadini ed organizzazioni, intellettuali e antagonisti, che senza sfasciare una vetrina o un bancomat ma cercando di aprire gli occhi e le menti al ceto medio, alla piccola borghesia e al sottoproletariato occupatissimi a mettersi in saccoccia i lustrini caduti dalle dita del Potere, mi ricordo come denunciassero (denunciassimo - se permettete) che il sistema era iniquo, intrinsecamente instabile, oneroso sotto il profilo della sostenibilità e in ultima analisi inefficace. Lo si diceva - e ci si comportava di conseguenza, nella sfera pubblica e privata - e si passava per relitti polverosi di vecchie biblioteche, destinati alla "critica roditrice dei topastri". Dove stavano in quegli anni gli indignati contro tutto - socialdemocrazia compresa - e contro tutti ? Anzi: dove stavano i loro padri, le loro madri ? Probabilmente a riempirsi il carrello al centro commerciale - grande conquista della civiltà post-ideologica - in fretta, prima che iniziasse la grande serata d'evasione sul nuovo network televisivo. E' dalla realtà che evadeste, amici. Ma bentornati, ovviamente: procediamo insieme, se perderete il vizio di correre bendati. Noi siamo qui, dove restammo sempre - "dalla parte del torto, visto che la ragione era già tutta occupata". ventiquattro ottobre duemilaundici |
UN UMANESIMO Atene brucia, Roma annaspa, Parigi e Berlino si dividono, New York si indigna, San Paolo si interroga, Pechino osserva, Delhi si scuote, Tripoli vibra, Mogadiscio ha fame. Se è il concetto di ricchezza che va ripensato, se va data nuova forma a tutti i rapporti produttivi, sociali, civili e politici ora esistenti, allora questo è il tempo in cui forse si può - e in tal caso si deve - mettere in discussione "lo stato di cose presente". Cioè: elaborare il modello complessivo per il suo superamento, reperire la forza idonea per riuscirci. E poi farlo - provare concretamente a farlo: con quella forza egemone, alla luce di quel modello, dietro quella volontà, attraverso quella possibilità. Perché la crisi è realmente vasta e profonda, di portata tale che gli storici futuri vi leggeranno un passaggio d’epoca, quali non capitano due volte in una vita. E se ne uscirà nella direzione giusta solo verso il progresso sostanziale, finalmente - e in ultima analisi, verso un umanesimo. Oppure non se ne uscirà affatto: ossia, il Mondo andrà nella direzione opposta all'idea e alla pratica di civiltà che - solo merito dell'Occidente, dall'Atene di Pericle alla San Francisco di Jobs - ci fanno riconoscere l'esistenza umana in quanto tale. ventun ottobre duemilaundici |
IL GIORNO DOPO Se non puoi impedire che i cittadini si rendano conto di quello che gli prospettano le politiche di classe, ossia la crisi e l'incapacità di uscirne verso un progresso diffuso e sostenibile; e se non puoi impedire che si dia appuntamento, la gente, nelle piazze reali per far sentire la propria libera voce, perché ciò è garantito dalla legge; allora l'unico modo per rovinare questa partecipazione e per spaventare chi comincia infine a prenderne coscienza, è fare esattamente quello che è stato fatto ieri pomeriggio a Roma. Noi che c'eravamo abbiamo visto, e testimoniamo senza alcun dubbio che i disordini e le devastazioni sarebbero potuti essere impediti fin dall'inizio, e che tuttavia ciò non è stato fatto - come il Mondo intero ha osservato. Se per irriducibile resistenza della natura plurale della mobilitazione a porre in essere un servizio d'ordine unitario, se per grave incapacità di prevenzione degli investigatori, se per inadeguatezza e ritardi d'azione delle forze dell'ordine, se per tutti insieme questi fattori; o se invece per intenzionalità di più soggetti visibili e occulti che hanno interesse a che le cose siano andate in quel modo - voi potete farvi l'opinione che volete. Ma i cittadini di retto pensiero e buona volontà - quali sono scesi in piazza a Roma in centinaia di migliaia - non smetteranno per ciò di voler costruire una società secondo giustizia, democrazia e progresso. E quindi faccio mia senz'altro la bella proposta che abbiamo ascoltato ieri sera al TG3 da un ragazzo scampato agli incidenti di san Giovanni, e la rivolgo a tutti i cittadini e ai referenti di gruppi, più o meno strutturati, ai quali ieri la libertà e il piacere di manifestare sono stati stracciati tanto drammaticamente, e ovviamente anche agli operatori dell'informazione perché la rilancino a loro volta: vediamoci oggi, domenica, dalle ore 14 là dove alla stragrande maggioranza di noi tutti è stato reso impossibile arrivare in pace e determinazione, da grande forza lucida quale i cittadini - davanti alla crisi globale e alle risposte deleterie dei decisori globali - possono e vogliono essere: a piazza san Giovanni, per una vera iniziativa di testimonianza e di consapevolezza civica non-violenta. Fosse anche solo per rimettere insieme un po' di cocci. Che il Mondo abbia anche questo da osservare. E vediamo se qualche altro impasticcato viene mandato a rompere il cazzo un'altra volta. sedici ottobre duemilaundici |
OGGI La madonnina sbriciolata. Il mezzo dell'Arma messo al rogo. Mamme, bambini e anziani terrorizzati per la via. Manco a farlo apposta i sedicenti rivoluzionari hanno ingiuriato la triade italica per eccellenza: Dio, Patria e Famiglia. Chi li manda in giro a distruggere manifestazioni di dissenso democratico e a scandalizzare i benpensanti rimasti a casa, ha davvero poca fantasia. I Cossiga di un tempo, raffinati e perfidi, non ci sono più. quindici ottobre duemilaundici |
VELTRONI E' quasi incredibile: il blocco monolitico della Lega si spacca pubblicamente - l'ultima goccia è la nomina di un bossiano a segretario locale - e il serraglio compatto del PdL si divide sfrontatamente sulla maggiore o minore (in)decenza della leadership di Berlusconi. Senza contare il crollo del gradimento di entrambi i partiti - almeno stando ai sondaggi. Sembra quasi lo scenario di venti anni fa, quando la DC e il PSI che tutti (PCI-PDS compreso) consideravamo fatalmente inamovibili si sfarinavano senza rimedio. E davanti a tutto questo Veltroni che fa ? (Veltroni, ve lo ricorderete: quello che in un colpo solo ha fatto perdere il governo al centrosinistra, il Parlamento alla sinistra e il comune di Roma a se stesso !) Veltroni (e con lui un pezzo del PD) anziché affilare il rasoio con cui tagliare finalmente la cannula di questo regime in agonia, gli offre una proroga inaspettata e benedetta - con la scusa delle responsabilità nei confronti di un Paese in crisi profonda. Io, se fossi Bersani, lo radierei dal partito. Ma io non sono Bersani. Non sono neanche del PD. Tuttavia, se fossi sicuro che il mio appoggio potesse servire alla segreteria del Partito Democratico per tener salda la prospettiva della coalizione con SEL e IdV, col meno peggio della politica e col meglio della società civile, ebbene io la tessera me la farei. E la vita di partito pure, sopporterei, per quanto non mi piaccia per niente. Tanto sono preoccupato. E però la tessera del PD non me la faccio. Così come non mi faccio quella di SEL, né della FdS - all'IdV, sinceramente, non ho mai pensato. Perché ? Sostanzialmente perché non c'è tempo. Perché l'italia secondo me corre davvero sull'orlo del vulcano. E per cambiare un'attitudine partitica "da dentro" si richiederebbe più tempo di quello di cui disponiamo. (O almeno, più di quanto ritenga di disporne io personalmente.) E allora, proprio con l'obiettivo di favorire la nascita e la maturazione di una coalizione stabile tra le forze progressiste - e di voltare pagina prima possibile con sacrosante elezioni anticipate -, cerco di agire da semplice cittadino insieme ad altri cittadini semplici: intervenendo da "fuori" rispetto alla politica professionale, ma da dentro - ben dentro - alla realtà del Paese. Riusciremo ? Sì, purché si sia in tanti a provarci, e con le idee chiare - non velleitarie, ma dotate di "senso delle cose" ! E i risultati delle amministrative di maggio, dei referendum di giugno e della raccolta firme "antiporcata" di settembre, direi che confermano tutto ciò. Cerco di agire, ma come ? Per esempio: informando, sensibilizzando e "facendo rete", studiando, organizzando e agitando (in modo non-violento, sempre, oltre che gramsciano). Per esempio: facendo capire ai partiti - alle parti migliori di essi - che la politica professionale ha soltanto una chance per non essere travolta dalla tempesta: il buono col cattivo, il presentabile con l'indecente - come successe in quell'altra stagione antipolitica di venti anni fa, da cui uscì fuori il regime che scontiamo tuttora. Ed è la chance di stringersi sui programmi efficaci, da una parte, e di aprirsi alla società civile dall'altra. Quindi, signori politici onesti - pochi che siete, ma ci siete: né tatticismi né torri d'avorio, bensì programmi "partecipati dal basso" e ascolto vero della società, e spazio a chi - in questi lustri vergognosi e inetti - ha mantenuto alta la dignità del paese nei campi della cultura, della solidarietà, del lavoro, dell'informazione, dei diritti e del dissenso. Ecco cosa faccio, o almeno cosa provo provo a fare. Con amici e compagni che ho incontrato e conosciuto e apprezzato moltissimo in questi ultimi mesi. Sul web ma anche, sempre più spesso, fuori: nella realtà. Io non voglio fondare un nuovo partito - nessuno di Progetto QUOTA CIVILE lo vuole: siamo troppo pigri per questo, e abbiamo già il nostro lavoro ! Ciò che vogliamo - ciò che crediamo sia l'ancora di salvezza dello stesso sistema della rappresentanza formalizzato nella nostra splendida Costituzione - è che in questo passaggio del tutto peculiare si affianchino agli uomini della politica "politicienne", alcuni tra i migliori "dilettanti" di cui l'Italia si onora (molto noti, o per nulla) con funzione di impulso e di controllo e di garanzia sull'attuazione di un programma straordinario (e ridotto all'essenziale) di avvio di ricostruzione morale e materiale del paese. Avviata la quale, pensiamo, i professionisti continuino a fare il loro lavoro e i dilettanti tornino ciascuno al proprio. Con la benefica memoria condivisa - però - che nell'ora più dura l'Italia non si è divisa in deleganti e delegati, ma ha affrontato il "salto" come un organismo coerente. E magari, con un'attitudine nuova - e diffusa come mai prima: l'orgoglio di un popolo nel determinare davvero il proprio destino, con le sole armi della conoscenza, della consapevolezza, della volontà e della democrazia. Sognamo ? Ma è solo nei momenti di crisi profonda - forse - che ci si può permettere di sognare così, e di dar forma reale a sogni tanto ambiziosi per la collettività. Perfino noi qui. Perfino io, che non sono nessuno. undici ottobre duemilaundici |
QUINDICI PAROLE Coalizione A tutti i partiti di sincera fedeltà repubblicana e costituzionale e di provata adesione ai temi della giustizia sociale e della democrazia sostanziale, noi chiediamo di unirsi per le prossime elezioni politiche in una coalizione intorno ad un programma di ricostruzione morale e materiale del Paese. Programma Chiediamo che a garanzia dell’attuazione del programma, una determinata percentuale dei candidati della coalizione sia composta da cittadini che non appartengono alle forze politiche né siano da esse invitati, ma che siano espressione diretta della società. Quota Civile Questa percentuale è la QUOTA CIVILE. Antipolitica Siamo convinti che l’antipolitica del “sono tutti uguali” non sia la risposta alla crisi profonda che viviamo. Già venti anni fa la reazione dei cittadini contro un sistema politico corrotto, non trovando veri sbocchi di partecipazione, ha prodotto la pessima scelta di affidarsi alla discesa in campo della “novità” (l’imprenditore di successo) e al movimento di base contro il “palazzo” (il partito localistico). Riforma Anche oggi la classe politica va rinnovata, senz’altro, e soprattutto vanno riformati gli stessi meccanismi di funzionamento nei partiti e di controllo su di essi. A ciò penserà chi ha voglia di militare e impegnarsi in una forza politica organizzata. Servizio Ma la politica in sé non è una cosa sporca. Anzi: se interpretata con spirito di servizio, essa è la funzione che tiene unita una comunità e la fa progredire. Tra i politici “di professione”, a chi è in grado di incarnare tale spirito noi – semplici cittadini, ciascuno col proprio mestiere diverso – ci rivolgiamo in queste ore drammatiche e decisive. Partecipazione Noi chiediamo a tutti i cittadini interessati alla ricostruzione del Paese, e che scartano l’ipotesi per noi irrealistica di fare del tutto a meno – e da subito – delle organizzazioni politiche e della loro capacità di mobilitazione, di partecipare alla realizzazione del nostro progetto. Obiettivi Progetto QUOTA CIVILE si propone un duplice obiettivo: la messa a punto della lista civica nazionale i cui componenti chiediamo siano candidati nella coalizione dei partiti che rispondono ai requisiti già detti, e la redazione di un programma partecipato “dal basso” che contenga le indicazioni e le priorità collettive di cui il programma della coalizione dovrà tener conto. Strumenti Per centrare i due obiettivi dobbiamo anzitutto creare gli spazi necessari sia ad un confronto tematico il più ampio, libero e concreto possibile – ovviamente con l’aiuto del web – e sia per raccogliere le autocandidature per la quota civile e per la selezione democratica delle stesse: una sorta di “primarie civiche”; e per ciò stiamo allestendo in modo specifico il nostro sito. Una grande manifestazione popolare, a coronamento di questo percorso di partecipazione collettiva e di impegno personale, ratificherà e ufficializzerà sia il programma partecipato che la lista nazionale; una manifestazione che potremo chiamare gli Stati Generali della Società Civile. Partiti Chi ci sta ? I partiti, come presupposto – lo ripetiamo – sia perché una coalizione di ricostruzione si formi, sia perché si manifesti la loro disponibilità a lasciar spazio alla società civile nella determinazione del programma e nelle candidature al Parlamento; e pensiamo quindi a forze come Sinistra Ecologia e Libertà e Italia dei Valori, come la parte più progressista del Partito Democratico, come la Federazione della Sinistra, come i Verdi, i Socialisti e i Radicali, e a quegli esponenti del centro “patriottico” (Futuro e Libertà, Unione di Centro, Alleanza per l’Italia) che in una fase di emergenza storica possono dare un contributo oggettivo e circoscritto. La politica professionale, ne siamo profondamente convinti, o coglierà questa estrema occasione di collaborare con la società civile o ne verrà semplicemente spazzata via. Movimenti E soprattutto ci staranno – noi crediamo – tutti quei cittadini già e da tempo organizzati in associazioni o coinvolti in movimenti o impegnati in attività e professioni “a valore sociale”, i quali hanno preservato la dignità del Paese anche dinanzi al declino e allo sfascio. E’ proprio a loro che pensiamo chiedendo che “il meglio della società civile sia rappresentato in Parlamento”. Noi vogliamo che almeno fino a quando la Repubblica non sia rimessa in sesto, i “luoghi del potere” siano aperti alla partecipazione del popolo e al suo controllo tramite coloro dei quali il popolo può a ben diritto fidarsi, perché negli anni dell’impoverimento morale e materiale del Paese essi hanno prestato efficace servizio alla cultura e alla competenza, all’accoglienza e alla solidarietà, alla diffusione dei diritti e dell’informazione, alla tutela dell’ambiente e dei beni comuni, al dissenso contro il regime strisciante, all’onestà e al coraggio. Responsabilità Non chiediamo scorciatoie per questi cittadini, non vogliamo “sistemarli” – tantomeno sistemarci – in un angolo comodo del Potere. Al contrario, è un’assunzione di grande responsabilità che chi parteciperà alla realizzazione del Progetto QUOTA CIVILE compie davanti a tutti. Ed è un dono fatto al Paese, nel momento del suo massimo bisogno, da parte di chi ne ha a cuore le sorti; sia pure per mere considerazioni egoistiche, giacché poi è qui che viviamo e vivremo. Gli eletti nella quota civile si impegneranno solennemente a svolgere le funzioni ad esse affidate con spirito di totale disinteresse personale e per il tempo necessario a portarle a compimento. Noi li ringraziamo profondamente per questo, fin d’ora. Crisi La crisi di governo è alle porte, annunciata dalla crisi socioeconomica di cui il “palazzo” non sa affrontare gli effetti e tantomeno le cause. Settimane, al massimo mesi, ci separano dal momento in cui la classe politica e i vertici istituzionali dovranno decidere se percorrere strade – secondo noi confuse e inefficaci – di governi di “salvezza nazionale”, o invece andare al voto per ripartire da un tempo certo e da un punto fermo. Alternativa E crediamo che questa decisione dipenderà molto da ciò: se esisterà, e sarà visibile, un’alternativa patriottica e progressista al vecchio blocco di potere corrotto e antidemocratico, e se sarà evidente che questa alternativa politica si fonda su un nuovo patto di ragionata fiducia con i cittadini. Futuro Se sarà così – se i partiti capiranno e cederanno parte del potere consolidato e se i cittadini saranno ancora generosi del proprio talento, allora la parte più acuta della crisi potrà essere affrontata con le migliori risorse della Repubblica. E, forse, se ne vedrà la fine positivamente. Ma se andrà così, se l’Italia avrà impostato nell’ora più dura un meccanismo di risposta tanto bello e “fondativo”, c’è da credere che l’orgoglio del popolo italiano nella determinazione del proprio destino civile possa finalmente diventare uno dei nostri tratti distintivi. Facciamo che sia. sei ottobre duemilaundici |
VARIABILI E COSTANTI Se è vero - e lo è - che il processo decisionale globale si è ormai algoritmizzato, se cioè la contemporaneità è già tanto complessa che il clan esiguo di singoli e di gruppi ai quali spetta di determinarne il corso si affida perlopiù all'output di un sistema di elaborazione in cui vengono inserite, e continuamente aggiornate, le informazioni disponibili su tutte le variabili in gioco (economiche, demografiche, ambientali, sociali e storiche); Se è vero - e lo è - che "il mercato governa e i tecnici amministrano (in questa modalità asettica e semiautomatica), e i politici vanno in televisione (a rastrellare il necessario consenso delle grandi masse, o almeno a distrarne altrove la contestazione)", se cioè non sono le profonde opzioni ideologiche - conservazione contro progresso, liberismo contro socialdemocrazia - a confrontarsi sul campo della pubblica opinione; Se è vero - e lo è - che non residua più di qualche sparuto assertore di quella ormai trentennale linea di priorità che ha guidato le decisioni globali (e che poi si è immessa tra le costanti indipendenti dell'algoritmo che ora tutto presiede): la linea del massimo profitto per i detentori del potere finanziario transanazionale - e che invece per la maggior parte attori e osservatori del "gioco grande" riconoscono l'urgenza di un cambiamento di rotta; Allora, il cambiamento è non solo maturo ma anche a portata di mano. Sarà "sufficiente" sostituire alle costanti indipendenti ancora a sistema, altre variabili - finora parecchio misconosciute: equità, lavoro, sostenibilità, democrazia, istruzione, diritti, solidarietà, pace - tanto per buttare giù qualche spunto. Le élite (i tecnici) credo siano già pronte a farlo - non certo per un rigurgito di umanesimo, bensì per mero spirito di sopravvivenza; e va benissimo così. La qualità della vita di tutti, a valle dell'operazione, cambierà in meglio - però mediamente, e neanche da subito: da subito e per non pochi, peggiorerà; i politici, se hanno ancora voglia di essere utili a qualcosa, vadano in televisione a spiegarlo (a chi la guarda) nel più convincente dei modi. Agli altri pensiamo noi - lo si vede dappertutto: da Manhattan al mondo intero. quattro ottobre duemilaundici |
STOP AND GO In Italia si sono sempre alternati lunghi periodi pessimi e stagnanti a momenti positivi brevi, e pure schiacciati dall'urgenza di risolvere i guasti del passato. Il feudalesimo secolare, e poi il Risorgimento e l'unificazione coraggiosa in un solo Regno. Il governicchio espansionista e borghese, fino alla Grande Guerra, e poi la lotta per la giustizia sociale del "biennio rosso". La dittatura fascista, fino alla Seconda Guerra Mondiale, e poi la Resistenza e la nascita della Repubblica e della Costituzione. Il regime infrademocristiano e il malaffare tardosocialista, e poi la lotta eroica alla mafia e l'onda benefica anticorruzione. L'indegno ventennio berlusconiano, e poi... e poi adesso staremo a vedere. Anzi, ad agire. Agire, partecipare. Tutti. Perché il problema magari è questo. E' che le élites che hanno guidato volta a volta quei brevi momenti fausti della nostra Storia, a causa dell'urgenza non si sono occupate anche di portare a maturazione uno spirito civile diffuso a sufficienza perché, passato l'entusiasmo, non si tornasse all'ennesimo - benché di altro segno - ristagno. Ci hanno provato, sì, alcuni dirigenti onesti dei grandi partiti di massa e del movimento sindacale, alcuni esponenti dell'associazionismo e dei tanti fermenti usciti e rientrati dalle cronache, alcuni intellettuali - molti intellettuali, ma per definizione con scarso pubblico. Però ora, forse - con un FORSE grande così - le condizioni sono diverse da ogni altro punto del nostro passato, per tanti motivi che ognuno può trovare nella realtà italiana e globale. Io credo. Proprio non vogliamo provare a cambiare giostra ? Oppure aspettiamo ancora un'altra generazione o due ? ventinove settembre duemilaundici |
PARENTESI PRATICA Per fare politica (a tutti i livelli: locale o nazionale, professionale e no, in partito o in movimenti) che possa dirsi tale – e non business o carrierismo, né crimine semplicemente – è condizione necessaria e sufficiente il possesso di una mano con sette dita. Quattro di queste sette servono a dire no, a negare; le restanti tre dita servono ad affermare. Partiamo dai no. Chi intende fare politica (nel senso sopra circoscritto) deve essere non acquistabile; ossia, un mero valore materiale non può risultare ai suoi occhi abbastanza attraente da fargli cambiare opinione politica. Presupposto interiore a questa condizione è che chi vuole fare politica non sia avido; anzi, che sia il contrario di avido: che sia generoso. Altrettanto, costui deve essere non lusingabile; e cioè, ai suoi occhi non può essere così attraente da fargli cambiare idea neppure un valore non materiale, di natura ovviamente solo superficiale e narcisistica. Il presupposto psicologico, come sopra, è che il soggetto sia già abbastanza consapevole del proprio valore da ritenere ininfluente qualsiasi lusinga esterna: che sia maturo. Ancora, egli deve essere non minacciabile; e non tanto perché ad esso non possa essere rivolta minaccia da parte di alcuno – qualche malintenzionato sulla nostra strada possiamo sempre trovarlo, purtroppo -, ma perché la minaccia non sortirà l’effetto voluto di fargli mutare avviso. Chi intende fare politica deve essere coraggioso. Ed ecco il quarto e ultimo dito del no: egli deve essere non ricattabile; ossia, nessun suo avversario (ovvero compagno posticcio, e infedele) deve poter avere fondato e dimostrabile motivo di infangargli la reputazione – né in termini morali né, tanto peggio, in termini penali. In buona sostanza, e tanto banalmente quanto (si direbbe) utopisticamente, chi fa politica nel senso qui in oggetto deve essere onesto. Ora le tre dita che servono ad affermare: le tre qualità del sì. Chi intende fare politica – come la intendo io e, sono propenso a credere, voi pure – deve sapere; deve sapere ciò che non può non essere conosciuto a proposito della realtà da parte di chi vuole su essa intervenire: deve avere un’erudizione delle cose umane (dalla storia al romanzo all’economia) e una strumentazione tecnica (dalla psicologia alla matematica) per muovercisi dentro a proprio agio. Insomma è bene che egli sia colto, ma ciò può essere intanto un obiettivo; dunque che sia studioso. Il secondo dito del sì afferma che costui deve volere. Sembra scontato, ma non è così: infatti non tutti vogliono qualcosa, o meglio tutti siamo fatti volere qualcosa da qualcos’altro o da qualcuno; ma volere in prima persona è un altro paio di maniche. E’ che volere costa energia, molta, e ottenere ciò che si vuole ne costa moltissima; e l’energia è merce rara – soprattutto nella contemporaneità, la quale ha la caratteristica specifica di offrire occasioni futili a bizzeffe per dissipare le nostre riserve. Quindi il presupposto interiore all’esercizio della volontà è saper scegliere, canalizzare, non stancarsi. Chi vuole fare politica deve essere resistente. Ultimo ma – proverbialmente – non ultimo, il dito del comprendonio: quest’uomo (o donna, certo, ma era chiaro) deve capire. Deve capire tutto anche quando non può sapere tutto, deve leggere la realtà e coglierne il senso generale dai soli dettagli disponibili al suo esame, deve capire le finalità degli altri dall’osservazione del loro comportamento; e deve adottare il comportamento più coerente rispetto a – congiuntamente – le proprie finalità, la realtà, i comportamenti altrui finalizzati. Il tutto, senza doversi aspettare spiegazioni da nessuno o confortanti controprove in corso di valutazione e mossa – se non indirette, simboliche, intepretabili. In una parola, chi intende fare politica deve essere intelligente. Generosità, maturità, coraggio, onestà, studiosità, resistenza, intelligenza. Eccola, la mano con sette dita; senza la quale – da quello che ho visto e sperimentato in qualche anno di osservazione non disgiunta di attività e militanza – è impossibile fare bene politica, politica (ripeto) che non sia carriera o malaffare. ventiquattro settembre duemilaundici |
PARENTESI TEORICA Berlusconismo: versione italiana e personalistica del "modo neocapitalista globale di produzione e scambio dei beni e dei significati", nella misura in cui esso tende dall’ultimo quarto del XX secolo a non potersi più permettere né la democrazia sostanziale né la tutela concreta e il diffuso sviluppo delle libertà civili come involucro politico-giuridico dei rapporti reali tra le forze in campo, e nelle persone di quanti ritengono che e agiscono affinché esso non debba più farlo. Italiana in tal senso, che essa si è resa specificamente possibile mercé la peculiare storia materiale e ideale di coloro in quanto prima sudditi di un regno a sovranità limitata dalla compresenza territoriale di una potenza secolare e confessionale a un tempo, poi soggetti e alla dittatura fascista e al dominio corporativo sull’economia agricola e industriale, e al conformismo derivante da entrambi, infine cittadini immersi in una cultura repubblicana e in una società che approda al terziario e tuttavia inclini ambedue al trasformismo e al compromesso, a tutto vantaggio di un assetto di impresa familistico e amorale nonché degli equilibri – finché in essere – tra blocchi geopolitici; e personalistica in quanto essa versione si deve empiricamente alla coesistenza dell’intera congiuntura oggettiva sopra descritta con il potere finanziario e mediatico, l’ambizione semipatologica, la spregiudicatezza etica, l’efficacia ricattatoria nei confronti dell’opposizione in tutte le sue forme e di un’alternativa purchessia, la simmetrica ricattabilità da parte di forze non-ufficiali e criminogene e, non ultima, la buona sorte di un determinato individuo – Silvio Berlusconi – trovatosi, collocato ovvero impostosi, nei ruoli via via più favorevoli per sfruttarla ai propri fini e rendere ad essa i propri servigi. Al netto delle irripetibili singolarità storiche, e per mera facilitazione nell’analisi analogica per ciò che essa vale e sia utile, sotto alcuni profili obiettivi o soggettivi è possibile l’accostamento tra il Berlusconismo e altre forme di regime, quali quelle realizzatesi nella Francia della seconda metà del XIX secolo e in Argentina per un breve tratto del XX, con Luigi Bonaparte Napoleone III e Juan Domingo Peròn e i loro rispettivi sostenitori interni ed esterni. E’ presumibile che la parabola del Berlusconismo sia oggi vicina alla conclusione, e per il dato biografico del protagonista eponimo e per una riscontrabile flessione nella sintonia – la quale appunto ne ha nutrito la fase ascensionale e il duraturo apice – tra i parametri concreti del quadro socioeconomico congiunturale e il valore personale aggiunto da Berlusconi nella tutela degli interessi neocapitalisti di cui all’incipit. Come che sia, alla lotta politica e politico-culturale al Berlusconismo non può efficacemente contribuirsi – dalla quota di società civile italiana che ciò desideri, e dall’opposizione ad esso nelle forme previste della rappresentanza – se non tenendo conto di tutto quanto sopra esposto (negli ovvi limiti della presente noterella). Vale a dire: intanto imponendo la circolazione nell’opinione di massa di tale valutazione, che Berlusconi non può più - com'è evidente - garantire (semmai l’abbia fatto realmente, e non millantato soltanto) il benessere materiale della maggior parte dei cittadini, comunque definito e percepito; e inoltre, favorendo il concepimento e la credibilità agli occhi della maggioranza dell'opinione pubblica, di modelli alternativi di sviluppo socioeconomico la cui proposizione possa coagularsi intorno a uno schieramento di rappresentanza coeso e autorevole - di modo che la pressione di una maggioranza popolare, così diversamente orientata, allarghi il solco della nuova distonia quale già si osserva. Ma in tutto ciò consiste la parte più facile dell'impegno di chi voglia cimentarsi nel far fare un passo avanti alla storia di questo Paese. Perché Berlusconi cadrà, il Berlusconismo passerà agli atti della storiografia. Tuttavia le condizioni che l’hanno reso possibile e fattuale – e cioè, un aspetto profondo dell’italianità – e la ristrutturazione neocapitalista globale che in Italia si è andata così declinando, e che ne produce il declino, di ciò non è alle viste purtroppo alcun ribaltamento automatico. ventitre settembre duemilaundici |
NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO Le pagine più rumorose e le piazze più calde (affollate, in verità, più le prime che le seconde) condividono lo stesso proclama: "noi la crisi non la paghiamo !" E siamo d'accordo anche noi di Progetto QUOTA CIVILE. Ma appunto per questo, signori, la classe politica e dirigente NON devono essere spazzate via in blocco FINO all'uscita dalla crisi terribile in cui ci hanno cacciato ! Infatti sarebbe questo, il nostro ultimo e più grande regalo: essere noi cittadini a sanare il disastro con le nostre sole forze, mentre i "professionisti" si godono una buonuscita dorata ! E' idiota, no ? Tra l'altro, amici e compagni, se la maggioranza del popolo fosse GIA' preparata e determinata tanto da compiere il miracolo, in Italia Berlusconi NON sarebbe stato eletto a governarci una seconda e una terza volta, non avremmo l'evasione fiscale che c'è, non ci sarebbe la corruzione endemica, non avremmo né esporteremmo le mafie, da un secolo e mezzo, eccetera eccetera. Credo sia chiaro. E diciamocela tutta, ragazzi: per costruire una "religione civile di massa" all'altezza di ciò che vogliamo noi e tutti quelli che operano per il bene della Repubblica, la strada è lunga. Le scorciatoie che vi propongono piazze e pagine ("cacciamo via tutti", "facciamo come in Egitto", "facciamo da soli", "tutti in Islanda" e simili) servono SOLTANTO da piedistallo e megafono all'ambizione dei troppi demagoghi di passaggio. Che nel torbido pescano bene, da che mondo è mondo. E oltre tutto, di slogan e adunanze la gente si è già stufata: la crisi non la superiamo davvero cliccando un "mi piace" qua e là, e neanche saltellando (sempre di meno) sulla pubblica via ! La nostra via è diversa. NON più tenera con le classi dirigenti, anzi: noi vogliamo cacciare, sì, e umiliare e strapazzare (con le SOLE armi della democrazia costituzionale) e consegnare alla giustizia (se ce ne sono gli estremi) il peggio della politica "professionale". MA esigiamo che quel poco di meglio che c'è - perché C'E' - LAVORI per il Paese, da subito e finché non avremo questa pagina di storia alle spalle ! In pratica dobbiamo rovesciare i rapporti attuali: i cittadini siano la FORZA STABILE della Repubblica, e i politici siano i suoi "lavoratori a tempo determinato" (farli sentire precari, LORO, finalmente !). Questo possiamo ottenerlo, e non demagogicamente: è esattamente QUESTA, la sovranità che "appartiene al popolo". Ma noi, IL POPOLO, dobbiamo impegnarci direttamente nel controllo sugli atti della classe dirigente (RINNOVATA): sedendo al suo fianco in Camera e Senato, e in ogni organo rappresentativo, dobbiamo COMMISSARIARE i PARTITI (tutti, anche quelli sedicenti "anti-sistema") così che ogni loro mossa sia davvero quella che serve a noi e all'Italia, per uscire (e BENE, da SINISTRA) da questa crisi di IRRESPONSABILITA'. Amici, ecco la mia proposta. Che è stata già accolta e arricchita da un piccolo gruppo di compagni, che costituisce il "tavolo di lavoro permanente" in Progetto QUOTA CIVILE, e ora è là per esser discussa e migliorata ancora. Col contributo di tutti i cittadini di buona volontà e retto pensiero. Con realismo ed efficacemente, nel tempo che occorre (non troppo, però). Volete farli fuori TUTTI da oggi a domani, i nostri incompetenti amministratori e legislatori ? Non potreste fargli un favore più grande ! La LIBERAZIONE passa da un'altra parte. quattordici settembre duemilaundici |
DATEGLI UNA LETTA Dico questo ai dirigenti dei partiti, non ai privati cittadini. Ai dirigenti di quei partiti che vogliono il bene della Repubblica Italiana, ma che per motivi diversi – oggettivi o soggettivi – non hanno focalizzato a dovere da quale parte si passa per arrivare allo scopo. Invece, ai cittadini con cui – cittadino semplice pure io – ragiono spesso insieme, neanche serve che ripeta queste cose. Le hanno capite da sé o le sanno già. E comunque né io né nessun “privato” possiamo da soli far cambiare rotta alla politica “professionale”. Ma sostenere la nostra tesi presso i rispettivi partiti “di riferimento”, se ci sono, questo sì serve – e anzi, compagni e amici, l’esortazione a farlo in un modo qualunque, come vi riesca meglio, ci sta tutta. Per cui ecco. Ieri martedì 6 settembre i sondaggisti di IPR Marketing hanno pubblicato l’ultima “lettura” delle intenzioni di voto degli italiani – la seguente. Su 1000 elettori, se si votasse ora: 250 non sceglierebbero nessuno dei partiti esistenti (presenti o meno in questo Parlamento) 200 voterebbero per uno di essi, ma al momento non sanno quale 149 voterebbero PD 146 PdL 50 Lega 39 UdC 39 SEL 33 IdV 19 FLI 19 Mov5Stelle 11 ApI 11 altre liste di centrodestra 8 FdS 8 Radicali 6 Verdi 6 PSI 3 MpA 3 altro Ora, di qui alle elezioni – e prima verranno, lo dico sempre, meglio sarà – è molto difficile che la quota “indisponibile” di voti (non voto + indecisi) rimanga a tale livello, clamoroso, di 45% sugli aventi diritto. Non credo di azzardare se dico che almeno uno su cinque, di questi cittadini al momento “sciolti”, alla fine si orienterà per una delle proposte in campo. Uno su cinque del 45% di tutto l’elettorato non è poca cosa: sono 5.000.000 di voti, che stanno là in attesa che qualcuno – o qualche idea – conquisti la loro fiducia. Cinque milioni di cittadini – e mi tengo basso – il cui convincimento dipende dalle scelte imminenti di tutti gli attori sulla scena politica. Per facilità di ragionamento, diciamo che le macro-opzioni che ci si presenteranno sulle schede elettorali saranno solo quattro: una coalizione di centrodestra (PdL+Lega+minori), il terzo polo (UdC+FLI+ApI+MpA), una coalizione di centrosinistra (PD+SEL+IdV+FdS+Radicali+Verdi+PSI), le forze “anti-palazzo” (5Stelle+altri). Magari sto forzando, e poi potrebbero subentrare altri protagonisti – ma adesso non serve sottilizzare, seguitemi nella semplificazione. Bene, se quel “piccolo” (uno su cinque) contributo di voti “in libertà” (oggi ancora inespressi, nel sondaggio) sceglierà di sostenere una o un’altra di queste quattro opzioni, i risultati saranno diversi in modo stupefacente. Eccoli. Se andassero al centrodestra avremmo, sui voti validi espressi: centrodestra 47% terzo polo 11% centrosinistra 39% Grillo & altri 3% Se votassero terzo polo: cd 33% tp 25% ! cs 39% g&a 3% Se votassero centrosinistra: cd 33% tp 11% cs 53% !!! g&a 3% E se seguissero Grillo o altri movimenti “anticasta”: cd 33% tp 11% cs 39% g&a 17% !! All’indomani delle elezioni, vedete bene, avremmo quattro italie differenti – quattro governi, quattro politiche, quattro futuri – a seconda dell’orientamento di appena un indeciso/deluso su cinque tra quanti ce ne sono oggi. (E questo, con qualsiasi legge elettorale in vigore – anche se ovviamente la “porcata” amplificherebbe irrazionalmente gli esiti per ognuno dei casi, nel computo dei seggi, e prima ce la togliamo di torno meglio è !) Quindi ? Quindi mi rivolgo, ripeto, ai dirigenti dei partiti che vogliono il bene del nostro Paese. …Ma il “bene” di una collettività è un concetto dal contenuto opinabile, certamente. Perciò ribadisco prima la mia, squisitamente soggettiva idea del bene per la Repubblica Italiana – in tre punticini: - che l’Italia esca finalmente dal berlusconismo, inteso come “virus della democrazia”, - che si avvii una ricostruzione “di sinistra” della nostra struttura socioeconomica, malata di privilegi e di depressione, - che non ci s’impantani daccapo nell’illusione dell’antipolitica, come nel passaggio tra Prima e Seconda Repubblica (perché, amici, è l’antipolitica che ha consegnato il Paese a Berlusconi). Ciò detto, se questi famosi dirigenti “patrioti” – chiamiamoli così – concordano in linea di massima con i suddetti tre punti, allora ciò che devono fare rapidamente è offrire un buon motivo a quei milioni di elettori “a spasso”. Prima che lo faccia qualcun altro, meno fedele alla Costituzione ma più abile di loro. Devono cioè dare al maggior numero di italiani disinteressati o disillusi un motivo credibile e convincente perché al prossimo voto – forse il voto più importante dai tempi del referendum monarchia/repubblica e dell’elezione della Costituente – aggiungano il proprio peso democratico a quello dei cittadini già orientati. E ragazzi, ma è davvero l’uovo di Colombo ! Questa motivazione eventuale, questa nuova “apertura di credito” della gente verso il (meglio del) personale politico professionale, potrà sussistere se e soltanto se il popolo si riconoscerà nella nuova classe che si candida a guidare l’avvenire della Nazione. Si badi: quando dico “riconoscersi” intendo proprio “vedere se stesso”, e non una metafora – tanto meno un trucchetto, del tipo che qualche partito provi a “farsi bello” invitando nelle liste bloccate la “propria” società civile a piacere. No. I cittadini – probabilmente, e se questo Paese non è troppo sfortunato – ricominceranno a sentirsi parte di un circuito virtuoso tra popolo, istituzioni e decisioni, dal momento in cui verificheranno “di persona” che: la politica non è (sempre e comunque) una cosa sporca, il palazzo non è (sempre e comunque) il rifugio della casta, i programmi elettorali non sono (sempre e comunque) aria fritta. Come ? Se sarà consentito loro (cioè a noi) di: mettere a punto le priorità di un governo di ricostruzione nazionale, selezionare democraticamente i cittadini più autorevoli e competenti (e disinteressati) da mandare in Parlamento (senza fondare un altro partito, l’ennesimo, che tutto ci serve meno questo), sottoscrivere con i partiti che ci stanno (ripuliti dai professionisti più impresentabili) una coalizione che realizzi quelle priorità. E’ impossibile ? Dipende da voi, cari dirigenti di partito che volete il bene della Repubblica (sempre che vogliate anche il vostro bene in quanto “classe” – e alcuni milioni di nuovi sostenitori ammetterete che sono una discreta medicina). Anzi, detto meglio: dipende da voi e dipende anche da noi tutti, per le rispettive parti in copione. E il copione è qui sotto. Dategli una letta, noi lo conosciamo. Pensateci su e poi fateci sapere. http://www.facebook.com/pages/Progetto-QUOTA-CIVILE/243495559001525 Solo non metteteci troppo a capire, e a sforzarvi di decidere nell’unica direzione che dà un futuro ai più onesti tra voi, ai più consapevoli tra noi e – ciò che più conta – all’Italia intera, nata dalla Resistenza e illustrata dalla Costituzione. Il tempo è poco – a causa della pervicacia “criminale” dei nostri comuni avversari, ma pure per colpa della vostra inadeguatezza. Sinceramente. Vi stiamo dando l'ultima possibilità. Coglietela, altrimenti sbaglieremo meglio da soli. Le piazze sono già roventi d'impazienza. sette settembre duemilaundici |
INSULTO Ma voi ci riuscite a immaginare il Presidente della Repubblica Italiana, o il Presidente del Senato, o della Camera, o il Presidente della Corte Costituzionale o il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura o il Primo Presidente o il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, o il Presidente della Corte dei Conti o il Presidente del Consiglio di Stato o il Presidente del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro o il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ci riuscite a immaginare una qualsiasi di queste altissime cariche dello Stato che non solo nel mezzo della sua più profonda crisi economica, sociale, politica, istituzionale, intrattenga rapporti stretti, frequenti, confidenziali, intimi, con un sottobosco di figure losche e volgari, ai margini della legalità e molto al di fuori della rispettabilità, degne piuttosto di una bisca o di un bordello che non di rasentare soltanto i luoghi e i poteri dell'autodeterminazione del Popolo italiano, riuscite a immaginare che con una di simili larve si sfoghi di nascosto, come a un compare, definendo la sua e nostra Repubblica, la nostra e sua Patria, l'Italia che dovrebbe servire ed amare servendola, un Paese di merda ? Io no, non ci riesco. E invece, quanto al Presidente del Consiglio dei Ministri, massima carica del potere esecutivo nel Paese ossia della funzione di autogoverno dell'intera collettività nazionale, e cioè quanto al cittadino al quale tutti noi altri in virtù di una volontaria rinuncia di discrezionalità individuale cediamo un parziale, non piccolo benché regolato da Costituzione e Leggi, arbitrio nel guidare il corso irripetibile delle nostre esistenze, ebbene quanto a lui né io né voi dobbiamo sforzarci di immaginare altrettanto. Perché lo sappiamo per certo. Da ultimo, per sua stessa inevitabile, sebbene autoassolutoria, ammissione. Ma la merda, fottutissima testa di cazzo, è quella che dal tuo cervello malato hai iniettato nelle arterie morali del mio Paese, nel corso di trent'anni di scalate su regni economici, mediatici, politici, con tanta pervicacia che questa Nazione, al pari di ogni altra esposta al regresso della cultura e alla caduta nella inciviltà, perché civiltà e cultura sono prodotti umani e storici e non dati da natura una volta per sempre, la nostra Italia di merda ne ha davvero tirata fuori parecchia. Tutta quella che aveva, di cui era giustamente pudica, che decenni e forse secoli di civilizzazione, acculturazione e progresso materiale e spirituale, avevano non dico annientato, ma un poco essiccato tra le profondità delle origini della nostra comunità, com'è processo universale. La merda che hai creato con originalità e quella che con raro tocco di rabdomante hai fatto zampillare da chissà che anfratto doloroso, o tristissimo essere, sono state per te un immenso guadagno economico e di potenza personale. Con totale spregio della minima cura in fatto di senso morale, di buon gusto, di equilibrio psichico perfino. Nella merda ti ci rotoli come un maiale, nel fango e tra gli avanzi. Quanto dovremo pulire ancora, intorno alle nostre vite e dentro noi stessi, dal fausto momento ormai prossimo in cui tu non potrai più sporcarci ! due settembre duemilaundici |
UN PO’ MEGLIO PER TUTTI Se ciò che vogliamo osservare è se stiamo bene o invece stiamo male, il PIL è una lente deformante. Non lo dico io, lo dice un sacco di bella gente da prima e meglio di me. Perché il PIL è stato pensato in una fase storica dell’economia italiana (e in generale “euro-statunitense”) molto diversa da questa presente, e ancor più diversa da quella in cui quasi certamente entreremo fra poco. Infatti, dove il PIL registra una ripresa o addirittura un decollo, oggi non è più così scontato che le persone registrino un aumento del proprio benessere. Le persone comuni, intendo, i semplici cittadini – non i detentori di ricchezza e potere, i quali dalla crescita del PIL leggono sì la conferma dell’aumento di potere e ricchezza, per sé pochi medesimi. Viceversa, se il PIL denuncia un rallentamento o uno stallo, o addirittura una recessione, non è affatto scontato che la gente stia effettivamente peggio di quando i “parametri ufficiali” erano migliori. Attenzione. Non sto dicendo che non siamo in crisi. Tanto meno sto invitando qualcuno a minimizzare. Al contrario. Sto dicendo che la crisi è talmente profonda che è probabile se ne esca con un modo radicalmente nuovo di intendere i fenomeni dell’economia, della politica – e in ultima analisi: della civiltà e della vita collettiva. Modi diversi di interpretare quello che succede nei campi della produzione, del consumo e dell’amministrazione, esistono da tempo. Mica li dobbiamo inventare di sana pianta. Molti organismi internazionali, tra i più seri, utilizzano indicatori e parametri differenti da PIL e simili, per valutare lo stato di salute delle comunità piccole, grandi o continentali. Però la crisi è talmente “sistemica” che – per parafrasare una delle nostre vecchissime conoscenze – questi modi nuovi hanno davvero la possibilità non di interpretarlo e basta, il mondo, ma di cambiarlo. Anzi, da un certo punto di vista – il mio, e per fortuna non è isolato – questa non sarebbe una probabilità di ripresa per la realtà così come la conosciamo (il mondo “libero” – quello dei diritti civili, politici e sindacali, dei meccanismi di protezione sociale, solidarietà e sostenibilità, della cultura e della ricerca) bensì, propriamente, la possibilità per questo mondo di arrivare a domani. Di offrire alla famiglia umana a venire anche il proprio retaggio secolare – mix di classicità, illuminismo, tecnologia e sensibilità – in onesta competizione con le altre realtà che coabitano la Terra, per le quali il diritto e il sostegno non rappresentano il punto più alto delle rispettive traiettorie. Uno dei modi, degli stili diversi di vita collettiva, con cui è il caso di cominciare a cambiare il nostro mondo – finché c’è, prima di ritrovarci ospiti stralunati di pianeti un po’ scomodi – è il modo della decrescita. Badate: intendo non quell’interpretazione fanatica della rinuncia alla modernità, del regresso a impossibili “naturalismi” che ogni tanto fa capolino da nicchie new age degli ultimi decenni. Ma la decrescita come monitoraggio e verifica in profondità dell’adeguamento tra i bisogni dell’uomo moderno e la disponibilità delle risorse primarie e dei manufatti. Decrescita – però vorrei usare semplicemente l’espressione “buon senso” – come inversione di rotta rispetto alla logica della “produzione per la produzione” che regola il modello capitalista dall’alba della contemporaneità fino all’odierna globalizzazione integrale. Un po’ meno per molti, molto meno per pochi, un po’ meglio per tutti. A dirla in tre parole, la ricetta sarebbe tutta qui. Non sembri fantascienza, perché non lo è. Infatti, una specie di applicazione spontanea del buon senso è già in atto dalle nostre parti (e in Occidente in generale) da quando la crisi economica morde sul serio. Cioè: consumiamo meno e selezioniamo con più attenzione, e inoltre – il che non guasta – scopriamo risposte diverse da “io voglio avere” a domande tipo “io chi sono ?”. Non è fantascienza… però mica fa star bene, sono d’accordo. Se la decrescita è la precarietà, o addirittura la miseria, tenetevela ! Certo. Ma è così perché – questo è il problema, e il PIL da cui siamo partiti non era buttato lì a casaccio – le strutture portanti della nostra vita sono state progettate, realizzate e gestite, e sono misurate e riallineate di continuo, secondo un’altra logica: la logica classica del consumo di qualsiasi cosa da parte di tutti, e dell’accumulazione di potere da parte di pochissimi. Solo che i presupposti di tutta la baracca – ossia, che le risorse materiali fossero illimitate, che illimitata fosse la “producibilità” di qualsiasi cosa, e che la gente fosse illimitatamente disponibile a farsi convincere ad averne bisogno – sono crollati nel momento in cui la baracca è diventata tutto il mondo, e non più soltanto una parte del mondo (che sfruttava l’arretratezza del rimanente). Perciò il sistema è in convulsione: paradossalmente, perché si è compiuto. E perché il nuovo, che ne è diretta conseguenza, scalcia in quella che da ossatura è diventata gabbia. (Vecchia storia, pure questa, del ribaltamento dialettico.) Quindi: usciamo dalla gabbia ! E allora la soddisfazione di un bisogno reale – anziché consumistico – non solo non troverà più ostacoli nella forma economica e sociale della nostra civiltà, poiché l’avremo modificata razionalmente, ma sarà esattamente il suo nutrimento. E sarà in grado di nutrirla per altrettanti decenni, suppongo, quanti ne abbiamo trascorsi da che l’ossatura capitalista diffusa si è consolidata e ha ben servito la causa dell’umanità – fino all’altro ieri. Passare oltre una forma della convivenza umana, crearne un’altra – non è cosa che si faccia in una settimana o un anno, ma nelle stagioni storiche. E non senza pagare qualche dazio. Comunque direi che volente o nolente il nostro mondo sì è già messo in marcia, proprio in questa direzione. Purtroppo, da ogni lato si aprono sotto i nostri piedi dirupi scoscesi – come per ogni svolta epocale che non abbia un governo da parte della retta ragione e della buona volontà, ma invece càpiti alla stregua di un’eruzione. Io non ho idea di cosa si debba fare in concreto per governare una fase come questa. Studiare, sì senz’altro. E organizzarsi. E – ovviamente – agitarsi, almeno un pochino. Però so per certo che coloro i quali abbiamo scelto (o creduto di scegliere) per rappresentarci nelle “stanze dei bottoni” – gli amministratori della cosa pubblica, i politici, la classe dirigente – per la maggior parte non hanno la capacità né i requisiti per partecipare utilmente a una “rivoluzione” come questa. Per il semplice motivo che noi gli abbiamo dato il nostro consenso perché loro costruissero ogni giorno un altro pezzo di quelle strutture portanti, quelle in cui sembrava dovessimo vivere per sempre e che invece ora franano sotto il proprio stesso carico. Diciamo che abbiamo messo in campo una squadra e uno staff tecnico buoni per un tipo di campionato, ma ora che il campionato è totalmente diverso il loro modulo di gioco è inservibile – e credo che quasi nessuno tra i “notabili” sappia neanche immaginarne uno diverso, purtroppo. (Parlo dei notabili intellettualmente onesti, attenzione: sulla cricca al governo dell’Italia in questi anni, e sul blocco che la sostiene, non vale neanche la pena soffermarsi in un’analisi come questa. Il blocco e la cricca – Berlusconi in testa – prima li cacciamo e li riduciamo in condizioni di non nuocere ancora, e meglio è !) Che fare, allora ? Intanto, chiarirci le idee tra noi. Siamo davvero disposti a perseguire la “ricetta” un po’ meno per molti, molto meno per pochi, un po’ meglio per tutti ? Davvero vogliamo che a questo cominci a somigliare la vita nostra, dei nostri figli, del nostro Paese, dell'economia globale, del tempo che abitiamo ? E poi, se questo vogliamo, dobbiamo dirlo. Forte e chiaro. Ossia, dobbiamo partecipare da cittadini alla determinazione delle scelte collettive che ricadono sulla nostra esistenza, affinché essa prenda consapevolmente questa strada e possibilmente non deragli – rischio concretissimo, lo capite da voi. Partecipare insieme a chi, nelle forze politiche “professionali” come tra gli "intellettuali", abbia scelto il proprio mestiere anche per spirito di servizio e non per puro carrierismo (o peggio), con un’idea di società in testa e con strumenti e metodi adeguati a suggerirla e a realizzarla. (Perché il mondo mica ricomincia da zero ogni mattina, e anche nella lotta per la civilizzazione contro il privilegio qualcosa di buono è stato già detto e scritto, e fatto !) Progetto QUOTA CIVILE è una cosa come un’altra per provarci. E magari è un errore, o un falso riflesso – magari no: io una possibilità gliela darei. Ma se ci rinunciamo in partenza, a fare la nostra parte in questa grande storia, sarà la Storia a fare di tutti noi ciò che essa vuole. Come uno tsunami. trenta agosto duemilaundici |
I COMPITI PER (DOPO) LE VACANZE Del Progetto QUOTA CIVILE sapete già qualcosa. Ricordo qui sotto i suoi elementi costitutivi, senza i quali (nessuno escluso) il progetto diventa semplicemente un'altra cosa. Dico questo perché qualcuno di quelli che si stanno confrontando col nostro collettivo ha esordito dicendo: "Bella idea. Ma potremmo evitare di aver a che fare con i partiti ?". Poi però ci siamo più o meno chiariti. Ma eccoli senz'altro, i pilastri irrinunciabili. I principi: 1. VOGLIAMO VOTARE AL PIU' PRESTO. 2. VOGLIAMO CHE IL MEGLIO DELLA SOCIETA' CIVILE SIA RAPPRESENTATO IN PARLAMENTO. 3. NON VOGLIAMO FARE UN ALTRO PARTITO. Gli obiettivi: A) realizzare gli STATI GENERALI della SOCIETA' CIVILE, che ratificheranno: I. le linee generali e le proposte specifiche per un GOVERNO PARTECIPATO del PAESE già dalla prossima legislatura di RICOSTRUZIONE; II. la QUOTA CIVILE, lista civica nazionale da presentare alle prossime elezioni all'interno di un'ALLEANZA PER LA COSTITUZIONE insieme ai partiti che sottoscrivono il punto I. B) prima, elaborare insieme agli altri soggetti della cittadinanza CONSAPEVOLE e ATTIVA - "storici" e recenti - la metodologia DEMOCRATICA ed EFFICACE per il conseguimento del punto A. C) dopo, diffondere e radicare tra i cittadini l'ATTITUDINE alla PARTECIPAZIONE al processo DECISIONALE AMMINISTRATIVO e alle FUNZIONI DI MONITORAGGIO virtuoso sull'attività del PERSONALE POLITICO professionale. Ribadito ciò, mi spingo appena un po' più avanti condividendo qui alcune idee "in cantiere" sulle linee di sviluppo del progetto su cui è possibile cominciare subito a "rimuginare", e poi da emendare, definire e realizzare appena saremo tutti tornati dalla (strameritata) "ripresa di fiato" tradizionalmente agostana. Una linea di sviluppo di Progetto QUOTA CIVILE richiede che si formi a breve uno “staff”, un tavolo di lavoro (chiamiamolo come ci pare), al quale spetterà di “inventarsi” un modo per far da collante tra i soggetti collettivi o singoli che hanno titolo a prender parte agli Stati Generali della Società Civile, ad animarli, a realizzarli, a renderli insomma quella “cassa di risonanza” della nuova stagione contrassegnata dalla partecipazione dei cittadini alla "scrittura" del proprio destino in quanto cittadini. Come ci riuscirà lo staff ? Con quali risorse ? Con quali idee-forza ? Mediando su cosa ? “Impuntandosi” invece su cos'altro ? Di chi sono le voci e i volti del civismo “storico“ e recente che vorremmo al “tavolo della presidenza" degli Stati Generali ? E a chi tocca la platea ? E chi no, per niente, meglio di no ? O invece sì tutti dentro, proprio “tutti” ? E si lavorerà per ambiti ? Per temi ? Per affinità ? Per un giorno ? Un weekend ? Una settimana ? Più "convention" o più "congresso" ? Con o senza performance "spettacolari" ? La "cassa" chi la tiene ? Per farne cosa ? Tanti gradi di libertà, tantissime cose da decidere. Insieme. C'è da lavorarci, e parecchio ! Un'altra linea è, se possibile, ancora più delicata perché riguarda il “core business” del progetto: la Quota Civile in sé, la lista civica nazionale da sottoporre al consenso degli elettori. Probabilmente è corretto pensare che non saranno gli Stati Generali a “tirare giù” la lista: sarebbe un’inutile duplicazione di deleghe, dai cittadini all’assise e dall’assise ai candidati. Gli Stati Generali, come dicevo sopra, sono un momento di ratifica e “investitura” solenne di nomi e di idee, che però emergono dalla cittadinanza senza ulteriori mediazioni. Come ? Con una sorta di “primarie civiche” ? Può essere. Ma tra chi dovremmo scegliere ? E con quale metodologia ? C’è da ragionarci. Purché ovviamente la metodologia sia democratica e “certa”, e i nomi proposti abbiano l’autorevolezza e tutti gli altri requisiti minimi necessari ! Quali ? Materia per un secondo staff, o tavolo di lavoro. Il quale, già che c’è, dovrà intanto farsi un'idea delle figure alle quali chiedere se abbiano o meno voglia di autocandidarsi. E poi chiederglielo senz’altro, e poi scremare i gentili (spero) dinieghi, e poi fare un secondo "passaggio" verso altri personaggi che i cittadini stessi magari ci avranno suggerito... Ma dove ? E come ? E a quanti "sì, ci sto" ci dovremo fermare ? E le primarie civiche saranno su bacino unico nazionale ? O per zone ? E svolte come ? In gazebo, oppure ? Con quali fondi ? Con quali garanzie ? In che tempi ? Che sfida, signori: e quanto c'è da fare pure qui ! La terza linea di sviluppo, il terzo staff da far partire, è una specie di "ministero degli esteri" di Progetto QUOTA CIVILE. Se ne dovrà occupare chi non ha peli sulla lingua, un po’ di pelo sullo stomaco, e il più granitico disinteresse personale: si tratta infatti di "trattare" coi partiti, niente di meno ! Perché è chiaro che se non vogliamo fare un altro partito (e NON vogliamo), occorre che intanto esista una struttura di coalizione tra forze politiche professionali così che Quota Civile vi trovi posto, in posizione laterale ma certa rispetto ad essa. Cioè: se i partiti fedeli alla Costituzione corrono invece ognuno per proprio conto, Quota Civile non nasce proprio. Perciò occorrerà che noi si studi un modo efficace e realistico per "sedurre" gli apparati di partito alla prospettiva di un'alleanza per la Costituzione, senza la quale – questa è la tesi – non solo non esiste la collaborazione con la società civile, ma non esiste neanche la vittoria sul regime ! Come sedurli ? Coi numeri: i numeri statistici dei sondaggi e i numeri fisici delle piazze. E dovremo riuscire ad ottenere gli uni e gli altri. E quand’anche i partiti si convincessero che le nostre idee sono valide e chi le concepisce e le persegue con determinazione va preso sul serio, lo stesso prima di farle proprie integralmente cercheranno semmai di appropriarsi del nostro piccolo talento, “comprandocene” solo la buccia per far bella figura (e magari “arruolando” qualcuno di noi direttamente). Be’, ora è chiaro a cosa serve il “granitico disinteresse personale” di cui sopra, in chi giocherà in questa squadra. Non sarà facile. Ma non è facile niente. Eppure è necessario ! Ultima, ma non ultima, la linea delle "cose": dei programmi, dei desideri, di quel che sta a cuore alla gente, di ciò per cui i cittadini-elettori troveranno auspicabile e vantaggioso che a vincere le elezioni prossime venture sia un'alleanza per la Costituzione "innervata" di Quota Civile lista civica nazionale, e non gli avversari. Un tavolo di lavoro di Progetto QUOTA CIVILE allora dovrà occuparsi proprio di questo, quasi fosse l'intelaiatura di un "governo ombra": creare le occasioni e gli strumenti per un “brainstorming collettivo” più ampio possibile, da cui emergano nei più diversi comparti dell'interesse pubblico (lavoro, servizi, scuola, sanità, giustizia, sicurezza, istituzioni, informazione, ricerca, ambiente, fisco, esteri...) le proposte della base agli amministratori. Chiariamo: non vogliamo sostituirci ai politici “di mestiere”, ma monitorarli sì – altro che ! Lo staff dovrebbe avere come obiettivo la redazione di un “libro bianco” su cosa l'Italia vuole diventare, e che realisticamente può diventare. Il quale libro bianco (lo chiamiamo Elementi per un Governo Partecipato ?) diventerebbe parte integrante del programma elettorale con cui la coalizione mista civicopolitica (l'alleanza per la Costituzione) si presenta agli elettori. Se la coalizione vincerà le elezioni dovrà governare anche seguendo quel “brogliaccio”, e se non lo farà gli eletti in Quota Civile semplicemente ritireranno l’appoggio al governo e a qualsiasi altro accordo di Palazzo, segnando la fine della Legislatura. Ecco il sistema di controllo” bottom-up” che sta alla base del nostro progetto ! Ma prima, ripeto, le "cose": dobbiamo sapere cosa vuole la gente che il Paese lo ama davvero, e farglielo mettere nero su bianco. E poi presentarci ai partiti con la nostra "lista della spesa" dicendo con determinazione: “Ci state ? Bene, ve le facciamo vincere noi le elezioni ! Non ci state, restate attaccati al potere ? Ma l’avete già perso.” E non sarà semplice neppure questo. Tanto lo sapete. Ecco cosa bolle in pentola, compagni e amici. Trascorrete questo tempo in serenità. Ci rivediamo tra poco. ventotto luglio duemilaundici |
Nasce PROGETTO QUOTA CIVILE Nasce per mano di quelli tra i fondatori del collettivo VOTIAMOLI VIA che preferiscono sviluppare un'analisi propositiva insieme a tutti i cittadini di buona volontà e retto pensiero, invece che attardarsi a combattere per il possesso insensato di una "etichetta" contro chi - pur tra i fondatori - all'improvviso ha preso a interpretarne lo spirito non più come sollecita collaborazione tra tutti, bensì col registro più bizzarro, unilaterale e impermeabile alla logica elementare. Diciamo così. Ma la verità è che Votiamoli Via - spazio di elaborazione e azione nato soltanto 100 giorni fa - non è di nessuno, se non di chi gli conferisce significato portandovi in discussione le proprie idee. E quindi la Facebook official page "Votiamoli Via" e la pagina gruppo "Vogliamo Votare" sono di chiunque vi abbia lasciato una sola riga scritta; e come bacheche aperte di pubblico dibattito possono continuare ad esistere: liberamente, per quanto ci riguarda, senza "direzione" né sintesi. Ma NON come organi di comunicazione di un collettivo politico che, con quella composizione, semplicemente non esiste più. Analogamente, i contenuti che da oggi saranno veicolati dagli ambienti web (sito, forum, blog, web-tv) comunque riferibili all'esperienza Votiamoli Via, non sono avallati da nessuno dei promotori di Progetto QUOTA CIVILE. Con questa iniziativa portiamo a maturazione temi già emersi e condivisi. Il che forse avremmo fatto comunque - perché la vita è evoluzione. Il collettivo è aperto a tutti quelli che concordano su quanto segue: 1. VOGLIAMO VOTARE AL PIU' PRESTO 2. VOGLIAMO CHE IL MEGLIO DELLA SOCIETA' CIVILE SIA RAPPRESENTATO IN PARLAMENTO 3. NON VOGLIAMO FARE UN ALTRO PARTITO Per raggiungere questi obiettivi il collettivo s'impegna nella seguente strategia: A) realizzare gli STATI GENERALI della SOCIETA' CIVILE, che ratificheranno: I. le linee generali e le proposte specifiche per un GOVERNO PARTECIPATO del PAESE già dalla prossima legislatura di RICOSTRUZIONE; II. la QUOTA CIVILE, lista civica nazionale da presentare alle prossime elezioni all'interno di un'ALLEANZA PER LA COSTITUZIONE insieme ai partiti che sottoscrivono il punto I. B) prima, elaborare insieme agli altri soggetti della cittadinanza CONSAPEVOLE e ATTIVA - "storici" e recenti - la metodologia DEMOCRATICA ed EFFICACE per il conseguimento del punto A. C) dopo, diffondere e radicare tra i cittadini l'ATTITUDINE alla PARTECIPAZIONE al processo DECISIONALE AMMINISTRATIVO e alle FUNZIONI DI MONITORAGGIO virtuoso sull'attività del PERSONALE POLITICO professionale. Gli strumenti del collettivo per attuare tale strategia, inizialmente saranno: - il coordinamento provvisorio, formato dai fondatori e da chi altri si proporrà credibilmente di offrire una coerente dedizione; - la pagina facebook "Progetto QUOTA CIVILE": http://www.facebook.com/home.php#!/pages/Progetto-QUOTA-CIVILE/243495559001525 - il blog: http://quotacivile.wordpress.com - il forum: http://progettoquotacivile.freeforumzone.leonardo.it/forum.aspx?c=182874&f=182874 - l'ufficio-stampa provvisorio: [email protected] e a breve una web-tv, e poi un'associazione omonima e relativi statuto, organi e bilancio. IL REGIME NON CADRA' PER SORTE, MA PER L'INTELLIGENZA OPEROSA DI CHI STUDIA E SI ORGANIZZA E SI AGITA. NOI NON ABBIAMO SMESSO DI PROVARCI ! E VOI ? Vi aspettiamo. dodici luglio duemilaundici |
SCIOPERIAMOLI VIA ? Io - credo non sia uno scoop - voglio votare prima possibile, poiché penso che questo sia il modo più pulito per farla finita con questo governo che non si dimetterà mai e che, purtroppo, non verrà sfiduciato da questo Parlamento. Lo volevo prima di avere la conferma che l'Italia avrebbe dato ragione a me e a chi la pensa come me - ma questo non c'entra. Però per votare occorre che la Legislatura si interrompa. Abbiamo sperato e abbiamo lavorato per questo: abbiamo stravinto le amministrative, coi referendum abbiamo massacrato il governo, in forma e in sostanza, i sondaggi ora danno Berlusconi e soci nella cacca, e dalla melma Bisignani esce che si sputano in faccia tutti con tutti. Abbiamo sperato che così arrivassero i segnali giusti a chi di dovere. Purtroppo la Lega di quei segnali se n'è fregata, e la sua dirigenza ne pagherà le conseguenze alla prima occasione - affari suoi. Tutto sommato se ne sta fregando anche il fronte dell'opposizione, che non solo non si decide per un atto plateale e all'altezza della situazione come le dimissioni in blocco dalle Camere, ma sembra accettare un dialogo con la cricca sull'uso delle intercettazioni. Per non parlare degli insensati conflitti interni alle forze antiberlusconiane, innescati dalle mosse a sorpresa di Di Pietro. E Napolitano, visto l'esito della verifica parlamentare, non se la sente di chiudere d'autorità la Legislatura per manifesto scollamento tra governo e maggioranza e il Paese. Ecco come stiamo. Però un'accelerazione del quadro complessivo arriverà prestissimo, e proprio dalla manovra economica che il governo sta per varare. Costretto com'è dalle pressioni dell'Europa da un lato, dai dati oggettivi della crisi da un altro, e dalle aspettative del blocco socioeconomico e finanziario che lo sostiene da anni, dal terzo lato. Più precisamente, l'accelerazione dovrà arrivare dalle reazioni che i cittadini sapranno concretizzare a misure scontatissime di sacrificio per quasi tutti e di privilegi molto probabili solo per pochissimi. Ebbene, io credo - e dichiaro qui con forza - che per reagire efficacemente non servirà riempire piazze nei finesettimana, e tanto meno fare casino: anzi, il governo non vede l'ora di trasformare un grosso, enorme, problema di dissenso popolare in uno inevitabilmente più piccolo di ordine pubblico. Io credo che la reazione giusta sarebbe fermare il Paese, con determinazione e piena coscienza. Fermarlo nella sua ossatura produttiva, pubblica e privata, nel suo sistema di circolazione interno e nei suoi meccanismi di servizi. Lo so. Questi sono i giorni del no-TAV, e della monnezza a Napoli. E il mio tema forse sembra un po' off-topic. Eppure la trincea più profonda e decisiva è proprio là dove sto indicando. Il potere non ha paura di tutte le parole che possiamo gridare in piazza, e addirittura i sassi che possiamo tirare gli fanno gioco. Il potere ha paura dei numeri - dei numeri che sono i soldi e dei numeri che sono i voti. La lezione che gli abbiamo dato coi voti oceanici del referendum fa sì che non ci porteranno a votare di nuovo tanto presto, costi quel che costi. E allora facciamo pesare i numeri dei soldi, dimostriamo di saper fare i conti della loro manovra economica, di saper fare i conti nelle nostre tasche - a milioni di tasche, a decine di milioni - e di saper decidere che possiamo perdere un po' di questi soldi se questo significa che il potere ne perda tanti di più, fino a restarne esangue. Sto dicendo: siamo disposti allo sciopero generale a oltranza ? Non dipende da me, ovviamente, né da nessuno di noi qui - ma dall'unione delle forze sindacali. Tutte, federali e autonome. E l'unità sindacale oggi non c'è, infatti. Mentre la maggioranza parlamentare, comprata o ricattata, c'è. E la coalizione alternativa non c'è, infatti. Ma la volontà popolare c'è, l'hanno visto tutti. Questi sono gli ingredienti della torta. Che può venire un soufflé sgonfio e sciapo, una merda. O può venire una leccornia di democrazia sostanziale. E dipenderà da tutti. Ecco, io mi dichiaro pronto fin da subito a rimetterci del mio per una battaglia così. E voi ? SIAMO DISPOSTI ALLO SCIOPERO GENERALE A OLTRANZA ? Lo chiedo così, tanto per sapere. Pur di non far convergere il dissenso che già c'è, e monta, su una qualche iniziativa condivisa da milioni di cittadini, il governo aprirà quei cantieri in Piemonte e altri ancora, farà ammucchiare l'immondizia a Napoli e altrove, aizzerà gli uni contro gli altri i pezzi dell'opposizione in Parlamento e dappertutto. Perché lo sanno, l'hanno appena misurato che i milioni - le decine di milioni - quando sono d'accordo su una piattaforma travolgono ogni menzogna di regime, e alla fine il regime cade. E quindi faranno di tutto non per accontentarci, cosa ormai impossibile, ma per farci incazzare ognuno per un motivo diverso: tante indecenze e tante incazzature per quanti siamo, noi - i milioni - e questo lo sappiamo, riescono a farlo benissimo. "Odiateci, ma senza costrutto, purché non emerga una visione comune: quella sì ci sbaraglierebbe !" Ecco cosa pensa la cricca in questi giorni. Uno sciopero generale, servirebbe - ma quello serio, quello che vince chi resiste un giorno di più. Pensiamoci, facciamo girare la voce e vediamo che succede. Pensiamo in grande, e non diamo per scontato che qualcun altro lo faccia per il nostro bene. Ogni battaglia è giusta, non fraintedetemi, anche quelle più locali e specifiche: pure questa, però, che è la madre di tutte. VOTIAMOLI VIA, sempre, e prima ancora: SCIOPERIAMOLI VIA ! ventisette giugno duemilaundici |
IL CONTO DELLA SERVA Domenica 12 e lunedì 13 giugno, per i quattro referendum, ha votato mediamente il 55% degli aventi diritto; e ha votato SI’ – cioè per un netto cambiamento di rotta politica – il 95% dei votanti, ossia il 52% degli aventi diritto. Ora. Ricalcoliamo le percentuali dei partiti di opposizione alle ultime amministrative (primo turno del 15 e 16 maggio, computo proporzionale e considerando soltanto i ventitre maggiori comuni interessati), su tutti gli aventi diritto e non sui soli voti validi espressi (che ormai storicamente si attestano sul 70%) come facciamo sempre. Avremo: PD 18%, SEL+IDV+FED 8%, liste civiche di centro sinistra 5%, FLI+UDC+API 5%. Aggiungo per completezza: PDL+Lega+Destra+UDEUR+ l.civ. di centro destra 28% e 5Stelle+altri 6%. E arriviamo infatti a quel 70% di chi vota davvero, sul totale. Quindi, per dati discretamente omogenei, si nota questo: un mese fa i partiti politici DI opposizione al governo – vera o presunta – hanno preso un 36% complessivo (non conto Grillo, perché non fa opposizione al governo ma al sistema – o così dice); l’altro giorno, i cittadini IN opposizione al governo hanno preso il 52%. Cioè: i referendum hanno moltiplicato di circa una volta e mezzo il fattore solo "politico" del voto amministrativo, che dunque pesa i 2/3 dell'opinione pubblica "per il cambiamento" mentre il fattore solo "civile" – valore aggiunto del referendum – vale 1/3, diciamo così. E la morale è che questa lettura, empirica e imperfetta, mi conforta. Io sostengo che una possibile ricetta per mettere a frutto l’improvvisa trasformazione dei rapporti di forza nel sentire comune, consista nel far nascere presto e bene un’alleanza per la costituzione. Un’alleanza che converga su un programma di vere urgenze nazionali – vedremo poi quali, ma di sicuro la nuova legge elettorale – e che concordi una "aspettativa di vita" ridotta e predichiarata; un’alleanza di cui facciano parte integrante una quota politica con le forze partitiche di opposizione e una quota civile quale espressione della società "risvegliata", e per cui valga una distribuzione di candidati tale che – eccolo, il conto della serva – la politica porti in parlamento i 2/3 degli eletti per l'alleanza, e la società 1/3. Così, secondo me, si potrà massimizzare la partecipazione dell'opinione pubblica per il cambiamento in caso di prossime (speriamo imminenti, visto il clima) elezioni politiche. Come comporre la quota politica ? Ci pensino i partiti, possibilmente con delle vere primarie. Come comporre la quota civile ? Ci pensi la società civile medesima – o meglio, il meglio che ha da offrire – attraverso un percorso chiaro e trasparente, io li chiamerei gli stati generali. A chi offrire la leadership dell’alleanza ? A un cittadino autorevolissimo, possibilmente non un "professionista". E’ solo la mia opinione, e non da oggi, ed è un punto di dibattito aperto nel “movimento” dei cittadini per le elezioni politiche anticipate di cui il collettivo Votiamoli Via è un significativo think-tank. Ma di sicuro la risposta alla domanda "elezioni sì subito, certo, e per chi ?" dobbiamo pur cominciare a ragionare insieme, per trovarla. quindici giugno duemilaundici |
(Un regalo al mio blog politico, per i suoi primi 100 giorni di vita. E soprattutto alla nostra Repubblica: per i suoi 65 anni, per il suo – e nostro – risveglio.) OTTO PASSI NEL FUTURO Però non NEL futuro, ma semplicemente in un futuro. UNO dei possibili. Ora vi racconto ciò che ho visto camminandoci un po’, lo racconto cominciando dal punto più avanti nel tempo e man mano torno indietro. Con due avvertenze: la prima è che la visione non è nitidissima, così ci sono diversi dettagli che non riesco a identificare (e che dunque ipotizzo e basta, a voi distinguerli dagli altri), e la seconda è che tanto più sarà probabile che il futuro distante si realizzi così come lo vedo io, quanto più il futuro vicino andrà come deve – ma ciò è ovvio, scusate Marzo 2018 Il Capo dello Stato, Rosi Bindi, dà l’incarico di formare il governo per la XX Legislatura al leader della Sinistra Nichi Vendola. La Sinistra – coalizione di forze socialdemocratiche, laiche e ambientaliste, di partito-partito e della società civile così come essa ha preso la buona abitudine di fare – ha vinto le elezioni con un programma nettamente progressista contro Emma Marcegaglia, leader di un Centrodestra dal programma schiettamente conservatore. Al terzo posto si è piazzato il Centrosinistra di Nicola Zingaretti con un programma troppo sfumato, e i resti se li spartiscono la Lega e altri fenomeni localistici da una parte e vari gruppetti protestatari dall’altra. Il Centrodestra aveva governato un quinquennio difficile sia per l’economia che per la sicurezza. In economia le ricette di stretta alla spesa pubblica e liberiste nell’impresa privata, peraltro nel programma scelto a suo tempo dagli elettori, non sono evidentemente piaciute alla prova dei fatti anche se si è rimasti in Eurolandia – il che non era scontato. Sul fronte della sicurezza interna comunque il governo aveva ben fatto, sostenuto anche dalle opposizioni più responsabili, soprattutto nella fase della nuova offensiva militare delle mafie coincisa con l’arresto di Silvio Berlusconi dopo le sentenze definitive. Poi lo Stato si è sufficientemente stabilizzato, per fortuna, ma lo stesso gli elettori hanno dato ora fiducia al nuovo: basta sacrifici e basta sperequazioni sociali – hanno detto – sperimentiamo lo sviluppo equo come chiede da cinque anni anche il sindacato maggiore insieme alle sigle di base, e sostenibile nel concerto di tutti i soggetti euromediterranei, e portatore in concreto di nuovi diritti e di una vera etica civile, e solidale anche con i tantissimi neo-italiani. Successe tanto tempo fa anche a Churchill, che pure aveva sconfitto Hitler, di ricevere il benservito. L’opinione pubblica a volte è strana. Peraltro va detto che il successo della Sinistra parte da lontano. Nata come coalizione coerente dopo il calo ulteriore del Centrosinistra a guida PD nelle europee del 2014, parzialmente mitigato dalla buona prova alle amministrative regionali (soprattutto nel Lazio, con Enzo Foschi che accompagnava una provata Polverini alla porta), la Sinistra coordinata da Vendola e col costante apporto del laboratorio di iniziativa civico-politica che l’Italia democratica allestisce ormai da qualche anno, ha sempre contrapposto alle politiche moderate del governo Montezemolo una puntuale lista di proposte alternative con tanto di piani di fattibilità. E infatti l’elettorato l’ha premiata già nel 2016 col netto spostamento a sinistra di molte amministrazioni locali, oltre alla riconferma di Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli che a suo tempo diedero lo squillo del risveglio. Nell’estate del 2013 – ricorderete – un apparentamento molto largo tra centro e sinistra, laici e cattolici, aveva portato Concita De Gregorio alla carica di sindaco di Roma. E la sua ricandidatura per le elezioni imminenti è ovviamente sostenuta anche dalla coalizione neovincitrice delle politiche. Buon lavoro alla Sinistra, quindi, per la prima volta in assoluto in Italia al governo del Paese. passo indietro Maggio 2013 Il Parlamento in seduta comune si appresta ad eleggere il Capo dello Stato, il dodicesimo (contando anche De Nicola). Si fa il nome di un uomo del Centrosinistra, anche se in quota centro-sinistra erano già i tre Presidenti scorsi (ma vale più la necessità di un "equilibrio" tra poteri, in questa fase di vera ripartenza della vita repubblicana). E anzi: non di un uomo si fa il nome, ma di una donna. La papabile è Rosi Bindi. passo indietro Marzo 2013 Comincia la XIX Legislatura, la prima con la nuova legge elettorale. La maggioranza, al netto di piccole differenze tra Camera e Senato, è del Centrodestra: giacché gli italiani, pure ormai immunizzati (e speriamo a lungo) rispetto al populismo della scorsa lunghissima stagione, non ci si può certo aspettare che diventino in massa socialdemocratici con uno schiocco di dita. Napolitano a breve darà l'incarico di formare il governo al leader della formazione vincente, Luca Montezemolo. Il quale già in campagna elettorale – una campagna finalmente da Paese normale, almeno tra i due rivali di maggior peso – ha presentato un programma moderato e di contenimento della spesa e una squadra di governo mista tecnicopolitica di provata fedeltà costituzionale, e col plauso di Confindustria e Vaticano (che non guasta). La principale forza di opposizione è il Centrosinistra, a guida Bersani secondo l’esito delle primarie di coalizione – una coalizione che va dal PD all’IDV, da SEL a vaste componenti della società di nuovo riunite in Quota Civile, esperimento dunque consolidato, che però stavolta non è bastata a permettere il sorpasso. Il premier uscente, come promesso (e promessogli), è già tornato alla propria militanza pastorale per l’affrancamento di cittadini e territori dal potere nero del crimine. I banchi residui in Parlamento sono perlopiù occupati dalla Lega, leader eterno Bossi, e dal relitto Popolo della Libertà sotto il primo Berlusconi di seconda generazione: Marina. I resti a radicali e Movimento 5 Stelle. passo indietro Giugno 2012 Fatta la nuova legge elettorale – sciolta la vexata quaestio tra proporzionale e maggioritario, turno unico e doppio – e promulgata la normativa contro il conflitto d’interessi tra politica e informazione, mentre il governo ordinario del Paese procede nella lenta fuoriuscita dalla crisi economica e vengono abrogate le principali misure ad personam dell’età berlusconiana, possono finalmente iniziare le grandi manovre per la costituzione dei due blocchi – Centrodestra e Centrosinistra – che si affronteranno trasparentemente alle prossime elezioni. Elezioni anticipate come da patto esplicito tra l’attuale maggioranza di governo e i cittadini che hanno portato l’Alleanza per la Costituzione a vincere sette mesi fa. Al Parlamento dei 500 Giorni non si può chiedere molto più di questo: e comunque ciò che ha fatto e sta facendo segna davvero un passaggio epocale nella storia della Repubblica Italiana. E il cielo sa se ce n’era bisogno. passo indietro Novembre 2011 Si apre la XVIII Legislatura, una legislatura per molti versi costituente. L’Alleanza per la Costituzione ha vinto, il suo candidato premier Luigi (don) Ciotti firmerà presto da Presidente del Consiglio e presenterà a Napolitano la sua squadra di governo. Il Popolo della Libertà ha perso, dopo una campagna elettorale condotta in modo schizofrenico forse a causa del fatto che la novità del leader, Tremonti, non ha coinciso – né avrebbe potuto, visti i tempi ristrettissimi – con una vera novità nelle forze costituenti il centro-destra (le stesse dell’ultimo periodo del governo Berlusconi, Lega compresa) o nei mezzi e metodi di comunicazione (la faraonica e spudorata campagna di sempre, con incursioni del Cavaliere in persona come battitore libero). Ciotti guiderà un governo in cui entrano a far parte tutti gli uomini di spicco delle forze politiche che hanno sostenuto l’Alleanza: dai centristi che hanno fatto questa scelta al PD, dall’IDV a SEL, dalla Federazione della Sinistra ai radicali. Altra novità rivoluzionaria di questa Legislatura è che è a tempo. L’Alleanza per la Costituzione ha ripetutamente dichiarato che adempiuto il programma, esaurito il mandato su cui ha vinto la competizione contro il centro-destra, sfiducerà il proprio stesso governo e rifiuterà di sostenere qualsiasi altra ipotesi di ribaltone parlamentare, costringendo così Napolitano a sciogliere in anticipo anche questa Legislatura. Quanto tempo servirà per questo ? Ciotti nell’ultimo faccia a faccia con Tremonti (faccia a faccia tra leader di coalizione di cui avevamo perso perfino memoria) ha detto “un anno, un anno e mezzo al massimo”. Sarà dunque un Parlamento dei 500 Giorni, per gli storiografi a venire. Ma chi ce l’assicura ? L’ultima novità epocale dell’Alleanza per la Costituzione: la già nota Quota Civile, col compito principale di sentinella del programma e di interruttore a programma compiuto. Dall’esito del voto, terza forza in Parlamento è la pattuglia di Beppe Grillo, non esigua ma probabilmente impossibilitata a cambiare le carte in tavola. Altri – i centristi che non hanno scelto né il centro destra né l’Alleanza, le sinistre estreme e residuali, alcuni leghisti dissidenti e altri fenomeni locali o pittoreschi – non pervenuti. A Ciotti è stato domandato anche qualcosa sul suo programma economico, vista la perdurante crisi produttiva, commerciale e del lavoro, e con coerenza ha risposto: “Un programma economico di lungo e medio termine l’Alleanza non l’ha formalizzato, per sua stessa natura. Diciamo allora che la finanziaria annuale la scriveremo con un occhio ai conti in regola, un altro all’equità sociale e il terzo al sostegno. E poi confido che il solo aver intrapreso questo nuovo cammino, da parte dell’Italia, e la qualità visibile delle azioni nuove e dei suoi protagonisti, ci favorirà con una maggiore attenzione degli investitori stranieri e con un circolo virtuoso nel produrre, nel risparmio e nella contribuzione da parte dei nostri concittadini.” Corretto, logico, motivante. Uno per una vita non dà del tu all’indicibile mica per nulla. In bocca al lupo a tutti. passo indietro Settembre 2011 Con gli Stati Generali, indetti e organizzati molto rapidamente da un board di “intellettuali attivi” coordinati da Paolo Flores d’Arcais, si è definito il ruolo di Quota Civile nel Parlamento che uscirà fuori dal prossimo voto nazionale tra soli due mesi. Gli eletti in Quota Civile, per l’Alleanza per la Costituzione, avranno il compito specifico di monitorare lo svolgimento del programma e di attuare imprescindibilmente l’eutanasia del governo, della maggioranza e del Parlamento a programma attuato. Oltre ovviamente a essere deputati o senatori a tutti gli effetti, e quindi animare le Commissioni, proporre disegni di legge, sostenere le manovre finanziarie e le decretazioni eventuali e – spirito dei tempi – imporre sempre e comunque quell’austerità sui costi della politica che il grande pubblico pretende. Il patto tra Quota Civile e l’Alleanza, sancito pubblicamente, è che ai suoi candidati le forze politiche più o meno strutturate offriranno tutto il supporto organizzativo ed economico per la campagna elettorale, e che la distribuzione dei candidati nei vari collegi elettorali assicuri la presenza in Parlamento di Quota Civile in ragione del 30% di tutti gli eletti per l’Alleanza. Si pensa quindi a circa 200 parlamentari di Quota Civile sui 600/650 complessivi dell’Alleanza per la Costituzione – se il voto avrà il buon risultato sperato. Come si è arrivati a comporre questa sorta di lista nazionale della società civile ? Con gli Stati Generali, appunto. Né è stato semplicissimo, vista l’essenziale natura inclusiva e non identitaria delle componenti cooptate all’assise dal board di d’Arcais: esponenti della società, della cultura, delle associazioni e dei movimenti, delle professioni, del lavoro e dell’impresa, del precariato e delle sacche di difficoltà – ma uno spirito costituente ha davvero aleggiato sopra le teste di tutti, smussando diffidenze ed esaltando intelligenza e saggezza. E così tra un paio di mesi avremo forse a Palazzo, fianco a fianco, uomini e donne del PD con donne e uomini di Emergency, dell’IDV e del sindacalismo, di SEL e di AgendeRosse, postcomunisti ed eterni radicali, i futuristi con Greenpeace, SeNonOraQuando insieme a Sant’Egidio, economisti di fama con blogger di primo pelo, scrittrici e manager, filosofi e anchormen, divise fedeli e maestre in trincea, vecchi Azionisti con nuovi partigiani, consumatori informati e scalatori di tetti e gru, Articolo21 e Zeropuntotre, colonne della Patria e italiani di prima generazione, casalinghi insieme a magistrate, scienziati e feisbuccari, Viola e Indignati, pastori con poeti, studenti e senatori a vita, cuori di sport con preti di frontiera, eccetera eccetera… Molti nomi peraltro sono già noti al pubblico, ed è proprio per la fiducia che riscuotono e la nuova linfa che possono apportare al grande gioco della politica, che i partiti hanno ceduto a Quota Civile una bella parte della scena. Al nostro Paese è sempre mancato quel Giuramento della Pallacorda che segnò la nascita della Francia moderna più di due secoli fa: l’impegno solenne preso a conclusione degli Stati Generali di Quota Civile, colma la lacuna. “Ci siamo qui riuniti e riconosciuti in quanto cittadini innamorati della libertà, della legalità, della democrazia – ecco la formula del saluto finale –, grati ai Padri Costituenti per aver donato alla vita degli Italiani e offerto all’attenzione del Mondo una Carta Fondamentale così bella, e ai Padri Risorgimentali per aver saputo sognare e voluto dar forma storica all’unità e all’indipendenza della Nazione; e procederemo insieme, distanti dalle sirene del qualunquismo e del disimpegno, consci del passaggio di svolta dell'esistenza nazionale per cui conterà ogni retta volontà, ogni attiva ragione, ogni voce chiara, ogni mano pulita e salda. E le nostre ci sono, di tutti e di ciascuno: non le faremo mancare al Paese, né domani né mai.” Retorico, forse, e l’Italia – è vero – non aveva mai visto niente del genere. Ma la Repubblica non era mai uscita da un tunnel così buio. Se ci sarà luce, staremo a vedere. passo indietro Luglio 2011 Napolitano si è deciso, gli incarichi esplorativi hanno certificato la fine dei giochi: il Parlamento è sciolto. Ma gli italiani che pure avevano fatto sentire alle Istituzioni, in un’infinità di modi, che il tempo per questo era maturo – cioè ovviamente i cittadini che del berlusconismo ne avevano e ne hanno le tasche piene – adesso devono porsi la domanda delle domande: qual è l’alternativa ? E la risposta c’è: l’Alleanza per la Costituzione. Non è più solo il sogno a occhi aperti di alcuni cittadini che hanno scritto il mese scorso ai giornali, appellandosi al mondo politico e agli intellettuali, ma è il sistema di gioco con cui scenderà in campo contro il berlusconismo, e tutto ciò che esso comporta, il resto del Paese. E anzi, i tempi sono davvero precipitati, i verbi vanno riscritti dal futuro al presente. E va dato atto a Bersani, come segretario del maggior partito di opposizione all’ultimo governo Berlusconi, di essersi fatto carico di promuovere e sostenere questo progetto di un’unica coalizione transpartitica (e anche trans-ideologica, tra conservatori e progressisti e laici e cattolici), indispensabile dinanzi alla vera emergenza istituzionale italiana – più ancora che politica ed economica, che pure non mancano. E i partiti hanno accettato, quasi tutti, e concordato il senso e i termini di questa sfida storica. L’Alleanza per la Costituzione si presenterà alle elezioni politiche anticipate con una lista nazionale e un solo simbolo, i suoi candidati alla Camera e al Senato appartengono al PD e all’IDV, a SEL e ai centristi che hanno sottoscritto questa scelta (cioè, solo alcuni), alla Federazione della Sinistra e ai Radicali – e questi candidati, senza eccezioni, saranno determinati dal meccanismo delle primarie di coalizione che presto sarà reso noto e attuato con ogni certezza procedurale. Un’alleanza così ampia e multiforme, e dettata davvero dall’urgenza della realtà fattuale, non può che avere un programma essenziale, diciamo ri-costituente, che infatti si condensa in tre punti: abrogazione delle leggi ad personam; norme anti conflitto d’interessi tra politica e informazione, e en passant riforma antipartitocratica della RAI; e la riforma della legge elettorale con ripristino della possibilità di scelta dei candidati, obbligatorietà e regolamentazione delle primarie, vincoli di trasparenza contabile nei partiti e di “verginità” penale nei candidati al Parlamento. Il tempo di attuarlo, il programma, e si ridà voce al Paese – a ciò s’impegna l’Alleanza per la Costituzione davanti agli elettori. E a garanzia di questo impegno, due fattori straordinariamente innovativi rispetto alle abitudini della classe politica italiana. Il primo è che l’Alleanza avrà per dir così due gambe, una propriamente politica e un’altra civile, di pari rango e diritti, che tenteranno di conquistare la fiducia degli elettori ciascuna con le proprie caratteristiche – i politici professionisti spalla a spalla con una lista civica nazionale che si denominerà Quota Civile, interna all’Alleanza e sotto il suo stesso simbolo. E il secondo fattore è il candidato premier, il quale – novità assoluta in Italia, e probabilmente nelle democrazie moderne in generale – assume e si ritaglia il ruolo di garante dinanzi ai cittadini che tale sarà il programma effettivo dei lavori della maggioranza, e che in corso d’opera non ci saranno defezioni o scartamenti. Egli cioè lascerà il compito di guida politica del governo collettivamente ai dirigenti dei partiti che ne fanno parte, e quello di gestione tecnica delle singole misure alle figure di alta competenza e professionalità presenti in governo e maggioranza. Questo forse spiega una volta per tutte perché per tale designazione i partiti non abbiano utilizzato le primarie popolari, ma una fitta e delicatissima rete di incontri ad alto livello. Era chiaro soltanto, e da subito, che il candidato premier non dovesse essere uomo di nessun partito. E quindi l’Alleanza presenta alla società italiana un uomo della società stessa, chiedendole di voler accettare la sua guida temporanea e circoscritta come sopra. Un uomo di onestà cristallina e di grande popolarità che non richiede altre presentazioni: don Luigi Ciotti. Svolgerà la propria funzione di impulso civile sul potere esecutivo – se l’Alleanza vincerà le elezioni – e in ogni caso di testimonianza etica a nome di tutto il corpo elettorale. E poi tornerà alla sua vita di solidarietà e legalità di base. E dall’altra parte, cosa succede ? Dall’altra parte le cose non sono chiare affatto, anche per come si è conclusa la parabola della maggioranza, con la Lega che toglie la fiducia a Berlusconi e Tremonti che prende tempo per riposizionarsi tra i duellanti. Ma nelle settimane e mesi che mancano al voto, ormai certo, di sicuro un ricompattamento tra il Popolo della Libertà e la Lega e i satelliti vari dovrà esserci. Non fosse altro che per la velocità nuova impressa all’agenda politica dall’annuncio dell’Alleanza per la Costituzione e dai riscontri di diffuso gradimento che il progetto sembra già maturare. In Italia c’è voglia, solo questo è fuor di dubbio: c’è voglia di ritrovare il piacere di essere italiani. passo indietro Giugno 2011 E’ finita un’epoca, sul serio. Non soltanto un governo. Ed è successo – sta succedendo – tutto con una velocità imprevedibile. Il 29 e il 30 maggio i ballottaggi hanno decretato il successo di una delle icone della legalità, Luigi De Magistris, a Napoli ossia nell’ex-regno dell’accomodamento, e – altra bomba atomica – l’uscita di scena del centro-destra da Palazzo Marino a Milano, con l’insediamento dell’avvocato di schietta sinistra Giuliano Pisapia. Non bastasse, tutta Italia ha approfittato delle amministrative come fossero un plebiscito pro o contro Berlusconi Silvio, e in larga maggioranza ha detto “contro”. Il 12 e 13 giugno, dopo il pronunciamento in Cassazione che preservava la legittimità di tutti e quattro i quesiti referendari – nonostante il tentato scippo del governo su quello antinuclearista –, i cittadini italiani si sono recati alle urne (il tamtam di iniziative reali e virtuali per incentivarne la partecipazione resterà forse negli annali delle democrazie mature) e non hanno fatto mancare il quorum su nessun quesito: i SI’ hanno stravinto ovunque. Il 19 giugno, sui pratoni evocativi di Pontida, Bossi ha detto chiaro né più né meno che il governo è finito: la Lega coi perdenti non ci sta. E la settimana successiva, alla prima occasione utile – il voto di fiducia “imposto” a suo tempo dal Presidente Napolitano, affinché il Parlamento ratificasse formalmente il nuovo assetto di governo con la recente inflazione di sottosegretari e viceministri – la Lega si è sfilata: il governo inaffondabile è caduto, a nulla è valso il maquillage (il pupillo Alfano neo-segretario) ai vertici del PdL e Berlusconi – riesce perfino difficile da pronunciare – ha rimesso l’incarico al Colle. E ora è al Colle che guarda tutto il Paese – e anche tanta parte dell’opinione pubblica mondiale, visto che l’Italia in queste cose è sempre un passo avanti. Nel bene o nel male. La Costituzione richiede che un tentativo vada fatto. Dopo le consultazioni di rito ad altissimo livello, Napolitano darà un incarico esplorativo a Berlusconi stesso o ad altro esponente del governo dimissionario (si pensa a Tremonti, o a Letta) o a una figura politicamente “neutra” ma autorevole istituzionalmente. E se costui trovasse una maggioranza intorno a un programma, per arrivare al 2013 di fine naturale della Legislatura, allora si andrebbe avanti. Altrimenti, via: allo scioglimento e al voto anticipato. Bersani e le altre opposizioni hanno detto tante volte che non avrebbero sostenuto altre ipotesi che la chiarezza di ridare la parola agli elettori – in effetti l’hanno detto non per primi, ma solo dopo che dalla società civile si era levata e consolidata un’opinione in tal senso, però l’hanno dichiarato e confermato ancora di recente. E senza i numeri di PD e IDV o – alternativamente – senza i voti in Parlamento della Lega o dei fedelissimi al Cavaliere disarcionato, nessuna maggioranza è possibile. E si va a votare, facendo i calcoli, alla fine dell’autunno. Fatto insolito sarebbe. Ma in quest’Italia dei nostri tempi, di solito non c’è più niente. Forse neanche il destino, già cinico e baro. Speriamo. due giugno duemilaundici |
NESSUNA PROVOCAZIONE Forse quello che sto per scrivere scontenterà non pochi, ma è ciò che penso. Il regime in Italia si sta infine sfaldando: la vittoria ai ballottaggi di Pisapia e De Magistris e il raggiungimento del quorum ai referendum di giugno ne decreteranno la fine, seguiranno alcuni passaggi tecnici e procedurali di spettanza delle Istituzioni (il Colle in primis) e poi alla determinazione della (gran parte della) società civile e all'intelligenza (di quel poco) della classe politica toccherà il compito faticoso e stupendo di ricostruire da subito la Repubblica fondata sulla Costituzione. C'è solo UN caso in cui Berlusconi e i suoi pretoriani possono riaversi dal coma, e ritrarre il piede dall'abisso da essi stessi scavato su cui già spenzolano, ed è il caso in cui l'italiano medio possa ora spaventarsi del "caos" post-berlusconiano e preferire loro, Berlusconi con la sua cricca - di nuovo e nonostante tutto -, al "diluvio" après-lui. Allora ciò che dico, chiedo, invoco e pretendo - da me e da tutti i cittadini democratici innamorati di libertà e giustizia, ormai a un passo dalla meta - è questo: fino all'esito referendario NON si dia alcun alibi alla paura, non si minacci ALCUN ordine, non si forzi alcuno spazio o tempo della PUBBLICA convivenza. Ogni realtà storica e geopolitica è diversa da ogni altra, se la si osserva con un minimo di lucidità e correttezza di analisi, e l'oggi italiano non è l'oggi spagnolo o greco né lo ieri egiziano o tunisino. Noi - la parte migliore del Paese - per la prima volta dopo anni possiamo, dobbiamo, vogliamo VINCERE sull'eversione, sul disgoverno, sull'indecenza ! Non compromettiamo tutto, per carità. Sì partecipazione, no astensionismo ! Sì informazione, no indifferenza ! Sì vigilanza democratica, no provocazioni ! VOTIAMOLI VIA, E RIPRENDIAMOCI LA VITA !!! venti maggio duemilaundici |
CARI MILANESI Diciamo che su cento di voi (maggiorenni, con diritto al voto) quarantasei sono dell'idea di confermare Letizia Moratti sindaco, diciamo che lo faranno e diciamo che sono quei quarantasei su cento tutti quelli disponibili a farlo - il che è stima ragionevole, nonostante (o proprio a causa di) la calunniosa e gaglioffa conclusione della sua costosissima campagna elettorale. Allora, se vanno a votare tutti e cento la Moratti non viene eletta al primo turno. E quasi sicuramente neanche al secondo, perché appunto i quarantasei sono tutto il suo bacino di voto. Il che vuol dire che il governo subisce la peggiore tra le sconfitte possibili, che Bossi e Tremonti si sfilano dalla caduta di Berlusconi, che in parlamento - dove tra pochi giorni si dovrà dare o non dare la fiducia al governo 'rinforzato' dai nuovi sottosegretari, come ha giustamente rilevato Napolitano (con il 'sorprendente' pronto accordo di Bossi) - la maggioranza di oggi diventa minoranza, che Napolitano propone a qualcuno di fare un governo tecnico, che le opposizioni (a meno che non siano del tutto impazzite) non appoggiano nessuna soluzione 'inciucista', che intanto ci sono i referendum (tutti e quattro o quelli residui dalle decisioni in cassazione) e arriva la seconda mazzata sulla testa di Berlusconi, che Napolitano per l'uno e per l'altro motivo non può che sciogliere e indire elezioni politiche anticipate, che le opposizioni (a meno che non siano criminalmente autolesioniste) si coalizzano per un programma minimo di riforma elettorale e di legge sul conflitto d'interessi, che si va a votare prima della fine dell'anno, che Berlusconi - con la sua cricca di eversori dissoluti - perde ed esce democraticamente e definitivamente di scena: lasciando agli italiani la libertà di scegliere tra una destra fedele alla Costituzione nelle sue architetture moderate e una sinistra con programmi atti a realizzarne le suggestioni progressiste. Tutto questo - che è previsione ragionevole - se e solo se Moratti non viene confermata al primo turno, ossia se e solo se tutti quelli che non sono dell'idea di votarla vanno effettivamente a votare. Infatti: basta che dieci tra voi milanesi - dei cinquantaquattro che non la voterebbero - snobbano il voto al primo turno, perché i quarantasei diventino la maggioranza assoluta dei novanta votanti effettivi, perché cioè Moratti sia eletta sindaco al primo turno, perché cioè tutto quello che abbiamo ragionevolmente ipotizzato non accada, perché infine accada il suo contrario - ossia la permanenza, e anzi il rafforzamento, del regime presente fino all'elezione di Berlusconi al Quirinale e dopo fino al termine del suo mandato. In tal caso, io voglio poter incontrare quei dieci cittadini milanesi maggiorenni, con diritto di voto e senza alcuna propensione per Letizia Moratti, i quali non votando hanno determinato la sorte del Paese e mia personale: uno alla volta, preferibilmente. Ma sarò tanto incazzato con loro che andrà bene anche incontrarli tutti e dieci insieme. NO ASTENSIONISMO, SI' PARTECIPAZIONE ! NESSUN ALIBI, STAVOLTA ! PERDETE QUESTA OCCASIONE DI LIBERARVI, E LIBERARCI, E LA PROSSIMA SARA' NEL 2020 ! V O T I A M O L I V I A ! ! ! undici maggio duemilaundici |
IL GIOCO, LA PESTE E L'OBIETTIVO Gli italiani sono un popolo di giocatori. Tutti scommettono su tutto. Poi però vincono sempre gli altri. - Scommetto che Napolitano non le scioglie, le Camere. E allora è inutile chiederglielo ! - Scommetto che le opposizioni non si coalizzeranno. E allora è inutile votare ! - Scommetto che Berlusconi, se si vota adesso, rivince. E allora è meglio che resti tutto com'è ! Gente italica, ma quando la pianterai di puntare su cose che non dipendono da te ? Quando la smetterete di scommettere sempre su qualcun altro ? Non sarà per questo che è sempre qualcun altro a vincere, e noi italiani onesti mai !? Ma perché ci facciamo tirare dentro in chiacchiere da bar, in cui ci crediamo tutti commissari tecnici della grande politica ? Le decisioni che contano sulla nostra vita, se continuiamo solo a fantasticare dei poteri altrui, noi le influenzeremo zero. Be', è arrivata l'ora di cambiare tattica: una buona volta, cittadini, puntiamo su noi stessi ! ELEZIONI POLITICHE ANTICIPATE ! Essere in tanti a chiederle, ma in così tanti che nessuno possa più far finta di niente. Questo, dipende da noi e da nessun altro. Questo è in nostro potere ! E sarà questa la puntata che rivoluziona il solito gioco ! Italiani, gente mia, vogliamo scommettere ? E un'altra cosa. Il berlusconismo - non Berlusconi - è il morbo che debilita l'Italia da trent'anni di egemonia sottoculturale, di cui quindici di dis-governo. Ma senz'altro Berlusconi è proprio il fattore virale dell'infezione: senza il suo strapotere economico e ricattatorio, senza il suo (inconcepibile per il 99% dell'opinione pubblica mondiale) appeal esercitato su milioni di nostri concittadini (sempre meno, finalmente), la diffusione del morbo non sarebbe stata altrettanto pervasiva. Senza il suo valore aggiunto, dico, la peste si arresta. Allora, liberiamoci democraticamente di Berlusconi e dei suoi: VOTIAMOLI VIA ! E dopo intraprendiamo l'opera lunga e complicata della guarigione di tutto il Paese. Io non so che forme prenderà la rivoluzione (uso di nuovo questa parolona) né che tempi richieda, o se invece sia in atto da sempre - addirittura - e noi tutti ci si trovi dentro ogni dì. Ne conosco però l'obiettivo ultimo: che il sole possa alzarsi su una terra - almeno una - di uomini tra i quali vige la legge "il vostro parlare sia sì sì, no no" (Matteo 5.37), e anche l'altra "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni" (Marx - Critica del programma di Gotha). cinque aprile duemilaundici |
IL VUOTO, IL PIENO Perché stiamo facendo tutto questo ? (Intendo: la campagna 'forsennata', l'iniziativa VOGLIAMO VOTARE !) Io dico: perché ce n’è lo ‘spazio politico’. E poiché nello spazio politico, come in ogni ‘fluidità’, non si dà vuoto se non per brevi attimi, il vuoto che prima c’era ha creato le condizioni perché lo si riempisse. Noi. Fate caso – che a meno di optare per l’antipolitica dura e pura (la quale si traduce nei due comportamenti diametralmente opposti, ma dalla medesima radice, di stracciare addirittura la tessera elettorale o di non mancare un’elezione votando sempre il ‘compare’ ovunque sia), per il cittadino che vota secondo opinione (o secondo un mix variabile di idealità, opinione e vantaggio) è difficile non riconoscersi in una delle tante e diverse proposte politiche già sul campo, prima di questa nostra. Chi milita in un partito, un partito da votare ce l’ha (ed è sfidante per lui ‘cambiarlo semmai da dentro’). Chi non vi milita ma ne segue le indicazioni, lo stesso – magari con minor tasso di fidelizzazione, e di gastrite. Chi non si è mai fidelizzato, e ogni volta studia programmi e scruta facce, comunque ha di che impegnare il proprio ‘istinto civico’. Chi non si fida di nessun partito, ma si fida di qualche uomo politico (in quanto uomo, e non politico), oggi trova per esempio una soddisfazione in Vendola, mantiene una posizione in Di Pietro, e ancora ieri pure in Fini confidava (ora meno). Chi detesta il Palazzo, dalle fondamenta al pennone, lo incendia la dottrina 'sincretistica' (o sono io che non ci arrivo ?) di Grillo. Chi non si riconosce neanche in Grillo, perché il leaderismo lo considera un male in sé (finché non ne intraveda una chance per se stesso), allora ha una quantità di ‘movimenti orizzontali’ in cui ingaggiarsi – il ‘testimone’ dei quali è passato dai Girotondini al Popolo Viola alle Donne di ‘Se non ora quando ?’ – e di altre associazioni civiche ‘tematiche’ come Articolo 21 o Agende Rosse o l’UAAR. Perfino chi non si approccia affatto alla politica – né ‘politicienne’, né civile – trova facilmente un riferimento e una ‘comunità di accoglienza’ sui temi della cultura o dell’ambiente o della solidarietà. E infine, c’è la sensibilità ‘corporativa’ – in senso buono come quella sindacale, cattivo quella di ‘casta’ e privilegio – che fosse anche solo per senso di sopravvivenza, strappa i singoli all’inerzia isolazionista e sterilmente risentita. Abbiamo così coperto l’Italia intera metro a metro. Sembra. I cittadini nostri compatrioti hanno tutti una propria ‘agorà’ – grande o piccola. Sembra. E invece no. E no. No alla prima tesi, perché io e voi abbiamo esperienza diretta e quotidiana di una porzione dei nostri simili che non rientra in nessuna delle descrizioni (semplicistiche, necessariamente) di cui sopra, né tuttavia nell’opzione ‘antipolitica pura’. E no alla seconda tesi, perché se così fosse – se tutti gli italiani avessero un luogo e un tempo e un’abitudine idonei all’autoformazione civile (dico, tutti) – l’Italia sarebbe altra da ciò che è. Un vuoto politico, eccolo qui. Ecco un tassello – il tassello che manca(va) – per chiudere il cerchio della cittadinanza adulta. La ‘materia oscura’ che non fa tornare i conti della partecipazione – forse, eccola. E noi - con la nostra campagna, che raccoglie rapidamente adesioni - la portiamo alla luce: noi recuperiamo il tassello, noi siamo il ‘pieno’ per quel vuoto. Chiedendo semplicemente ‘elezioni !’: chi non partecipava, parteciperà. La nostra voce – dico – e la voce di quelli che si sono uniti e si uniscono a noi ‘naturalmente’ (peraltro diversissimi in quasi tutto il resto), è una voce essenziale: nel significato di ‘basica’. Non gridano, queste voci all’unisono, un contenuto programmatico o una ricetta economica – liberismo, statalismo, socialismo, pauperismo – verso destinatari specifici, portatori del potere di realizzare i nostri desideri; né gridano l’applicazione di principi pur generali – legalità, equità, informazione, ecologismo – verso le istituzioni, patrimonio collettivo. Tutto ciò si farà poi, casomai. Noi ora – ‘grado zero’ della democrazia rappresentativa – chiediamo semplicemente di votare. Nulla meno di questo può – e deve – pretendere l’individuo parte di una società moderna; almeno finché la sua forma sia, appunto, rappresentativa e non – come si rischia di diventare prima in Italia e poi altrove in Occidente – plebiscitaria per acclamazione. E’ per questo che, se il nostro scopo è quello di abbattere il regime per via politica (e non violenta), siamo sulla strada giusta: noi così raccogliamo chi ancora non si era sentito toccato da nessuna ‘chiamata’ – perché non ideologizzato, non identitario, né ‘di classe’, né particolarmente ‘innamorato’ dei grandi temi sociali. Noi, gridando ‘vogliamo votare !’, andiamo a prendere – passatemi l’analogia – i numeri razionali tra un intero e l’altro. Più di questo – più ‘elementare’ di così – potrebbe solo un ‘esistenzialismo’ (una fede, una superstizione, un mito) che riuscisse a scovare addirittura i numeri reali, il ‘continuo’, tra i razionali; ma tornando al livello dei rapporti civili e politici (non della psiche, o di un integralismo da altre latitudini), direi che abbiamo tra le mani davvero qualcosa di nuovo, e di potente. Gli italiani hanno eletto questo Parlamento quasi tre anni fa. Ma è evidente a chiunque che oggi hanno tutt’altra opinione dei propri rappresentanti, e se potessero ne cambierebbero la quasi totalità. Noi chiediamo che ci venga data questa possibilità. E chi si unisce a noi nel chiederlo – anche se è assurdamente bassa la probabilità che ciò si ottenga – sta rivendicando il basilare diritto umano di poter cambiare idea, e di poter impedire che le conseguenze dell’idea precedentemente espressa diventino catastrofiche. Questa rivendicazione è molto naturale, forse pre-politica e di sicuro pre-giuridica. Non sappiamo – almeno, io non so – che forma giuridica prima e poi politica, avessimo successo, le verrà data dai fatti e dagli atti a venire. Ma è un fuoco acceso sotto l’apatia, e può essere la spada di Damocle sospesa sulla testa dei decisori – tutti: governo, opposizione, istituzioni, forze sociali – che scrivono la storia della nostra vita. Dobbiamo continuare, con capacità di ascolto e di ricalibratura ‘in corsa’, ma non credo che sarà tempo perso: penso che stiamo cominciando a mettere il seme che questa terra richiedeva. Il bello è che nessuno di noi, promotori dell'iniziativa, ha una minima esperienza di agricoltura. Sarebbe un bel paradosso che fosse proprio nascosta qui la chiave per spalancare la finestra al vento, che in tanti – più bravi di noi – stanno cercando. Ma viviamo la giornata. Elezioni ! E se non ce le danno – no representation ? – allora smetteremo di essere italiani: no civilization ! Studieremo come, insieme, più in là. venticinque marzo duemilaundici |
ELEZIONI E' partita la campagna di primavera. Berlusconi e i suoi fanno sul serio e faranno di tutto pur di non perdere quest'occasione di sopravvivenza politica che invece, lungo l’inverno, era stata messa ripetutamente a dura prova: insidiata dalle accuse per i reati gravi e "deturpanti" che sappiamo, dalla sconfitta della tattica del "legittimo impedimento", dalla creazione di un'alternativa di destra autorevole alla destra populista e dall'ipotesi di Grosse Koalition che campeggiava sull'orizzonte delle varie opposizioni al regime. Ma con la fine dell'inverno alcuni pericoli per il potere berlusconiano si sono oggettivamente "squagliati": Fini avrà forse un futuro politico come progetto di azione "dal basso", nel popolo della borghesia fedele alla Costituzione, ma sullo scacchiere del Palazzo ha perso parecchi pezzi; le opposizioni unite tanto unite non sono, e l'unica proposta concreta di coalizione e leadership annessa – l'offerta di Vendola a Bindi per candidarsi a guidare un "Governo di emergenza democratica" – è finita com’è finita; infine, è vero che i processi stanno finalmente per ripartire ma l'opinione pubblica si è parecchio distratta rispetto a qualche settimana fa – un po' per i noti fatti internazionali che attirano giustamente molta attenzione, un po' perché Berlusconi è riuscito a passare ancora una volta da "statista" e non da imputato (qual è) con l'ultima proposta di "riforma epocale" del sistema giustizia. E infatti, la cosiddetta riforma è parte integrante della "campagna di primavera". Così come ne fa parte – a un altro livello, meno "nazional-" e più "popolare" – l’orrida pantomima dei disegnini della “bilancia del diritto” in conferenza stampa, ammannita ai media da un Berlusconi ridicolmente “incerottonato” (oltre che “inceronato” come al solito). Apro parentesi. L’altro giorno in un bel forno che vende anche al dettaglio io e mia moglie siamo in fila al banco del pane, e una signora si rammarica che non potrà gustare chissà per quanto ancora tutte quelle prelibatezze odorose e “scrocchiarelle”: il dentista le ha messo un impianto, che aveva fatto infezione e quindi la signora è stata rioperata ed ora eccola qui, con una storia clinica più complessa di quella spacciata da Berlusconi alla stampa e tuttavia senza alcun segno esterno né "pecette". Al che mia moglie, che professionalmente frequenta la scienza medica dentistica, pungola: “Ma signora, non le hanno messo il cerotto sulla guancia ?” “No, perché ?” “Be’ ma al nostro Presidente del Consiglio sì, ha visto !” “Vabbe’, ma a me i punti – dieci – me li hanno messi dentro, mica fuori !” “Ed è così, signora: il fuori non c’entra niente… o almeno non dovrebbe !” Entra in scena anche la panettiera: “Ma infatti, pure io me lo chiedevo: ma che c’entra il cerotto ?” “Appunto, che c’entra ?” C’entra zero: c’è chi si mette sei impianti insieme ed esce dallo studio liscio come una rosa, e lui è uscito che pareva una mummia ? E un’altra stupidaggine è quella del cosiddetto “incremento d’osso”: quello se serve lo prelevano dall’interno della bocca e all’interno della bocca (la stessa) lo rimettono dove serve, e da fuori non si vede niente. Mai ! Chiusa parentesi. Ma il fatto è che perfino una puerilità di così bassa lega è stata architettata e messa in campo, perché “tutto fa brodo”. E la reazione di labile dubbio – non di feroce, implacabile sarcasmo – da parte delle due donne “della strada” che ho descritto, dice che ancora una volta Berlusconi e i suoi spin doctor non hanno sprecato pallottole. La campagna di primavera sarà senza esclusione di colpi. Stasera il regime ne sparerà un altro, con la prima puntata di quell’immondizia morale travestita da “intelligente professionalità” che è tutto ciò che fa Ferrara in televisione: io per me non ne vedrò un pixel, ovviamente, ma so già che domani a leggerne i resoconti mi verranno i conati. L’obiettivo della campagna è chiaro – e purtroppo è abbastanza a portata di mano del nemico, di sicuro più adesso che nel recente passato: superare la metà del 2011 senza doversi misurare col corpo elettorale in un voto politico nazionale, sopravvivere ancora i sei mesi successivi con la scusa delle necessità del bilancio – della finanziaria da scrivere in tempo utile, vista la crisi –, giocare a far morire di “prescrizione” tutti i processi riaperti e affrontare il 2012 di fatto rafforzato (magari anche dall’anemia delle opposizioni, che già si stanno lasciando intorbidare nell’insensata discussione su una riforma della giustizia che non vedrà mai la luce), e riuscire a sbarcare il lunario del 2013 fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato da questo – questo qui ! – Parlamento. Ed ecco che ci ritroveremmo con il peggiore statista italiano degli ultimi 150 anni – e il peggiore statista europeo dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi – che, dopo vent’anni di dominio sul potere esecutivo e su quello legislativo (più altri dieci, preliminari, di “prepotenza” catodica nella testa degli italiani), corona e conclude la carriera con i sette anni sul Colle più alto e nobile. Facendone l’uso che certo immaginate, e lasciando alla fine men che macerie dell’intera Repubblica Italiana. Avete i brividi ? Io sì. E al punto in cui siamo – se non vogliamo percorrere strade avventuristiche, con l’uso estremo della forza (e per quanto mi riguarda, non vogliamo) – c’è un solo modo per sperare di fermare la ruota di questa storia da incubo: andare ad elezioni politiche prima possibile ! Magari anche d’estate, o in autunno, anche se questa non è certo la prassi repubblicana consolidata. Andare al voto. E portarci più gente possibile che abbia ben chiaro il rischio – quello sì – epocale che corre il Paese; gente che capisca che l’appartenenza politica viene dopo, che lo scetticismo e la disistima per la “casta” vengono dopo anche loro, e che l’Italia stessa è in gioco. Noi cittadini non dobbiamo chiedere più a nessuno di dimettersi: è sufficiente quanto già ci siamo menati per il naso con questa pia illusione; e non dobbiamo chiedere a nessuno di candidarsi: si è visto che i giochi di potere, anche fuori dal Palazzo infetto, passano comunque sopra le nostre teste. Contentiamoci di essere realistici, ma chiari e diretti e inflessibili: dobbiamo chiedere di andare a votare, e basta. Si organizzino a quel punto gli scienziati della politica come meglio sapranno – anche se confido che davanti al fronte più esteso e compatto della "società civile" che pretende di esercitare il proprio sacro diritto di espressione elettorale, vedrete che le primarie regolari saranno indette e regolarmente svolte, vedrete che la coalizione salterà fuori, che il leader verrà indicato e che sarà quello più giusto (o il meno sbagliato). “Elezioni” deve essere d'ora in poi lo slogan delle nostre manifestazioni. “Elezioni” deve essere la nostra parola d’ordine, il contagio di ogni discussione su come venirne a capo. “Elezioni” la risposta automatica, “elezioni” il martello mediatico, “elezioni” la profezia che si autoavvera. Berlusconi ha vinto e rivinto sempre con due o tre ritornelli ripetuti ossessivamente, e lo fa ancora quando dà dei “comunisti” a chiunque gli vada di traverso. Gli italiani, come tutti gli esseri umani, sono permeabili a questa strategia di comunicazione: si sono quasi bevuti la storia del cerottone, avete visto. Per una volta, per carità, siamo smaliziati quanto il nostro nemico. “Elezioni”, soltanto questo dobbiamo ripetere: in ogni occasione, dentro e fuori contesto, come un mantra. “Come risolviamo ?” “Elezioni !” “Che facciamo stasera ?” “Elezioni !” “Che ore sono ?” “Elezioni !” “Ma tu mi ami ?” “Elezioni !” Elezioni ! E-LE-ZIO-NI, ma bello FORTE ! Solo questo. E sperare. quindici marzo duemilaundici |
CALATI JUNCU “ ‘Calati juncu ca passa la china’, poche parole per tutta una filosofia elaborata in secoli di sofferta sopravvivenza. Un detto di cui la mafia s'è appropriata, modificandone leggermente il significato: l'abbassarsi come un giunco finché non passa la piena dell'avverso destino diventa uno strategico acquattarsi, fidando nello scorrere del tempo e nell'intorbidarsi della memoria. E' sempre andata bene, perché la logica dell'emergenza con cui lo Stato ha avversato la mafia sin dal suo formarsi ha fatto sì che, fra una piena e l'altra, i giunchi potessero crescere e fortificarsi.” Questo scriveva nell’aprile del 2002 Amelia Crisantino, del Centro Siciliano di Documentazione ‘Giuseppe Impastato', pubblicandolo sull’edizione palermitana di Repubblica. E io non riesco a darmi spiegazione migliore quando leggo i titoloni della stampa e i sommari dei TG sulla ‘riforma epocale della giustizia’ annunciata poche ore fa da Berlusconi, a forza di cerottoni e disegnini. Tanto per dare un'idea dell'ennesima buffonata di questo Governo ai danni del Paese – a parte il contenuto specifico del disegno di Legge costituzionale, che contiene macroscopiche incostituzionalità sia per la cancellazione (implicita) dell'obbligatorietà dell'azione penale sia per lo squilibrio (esplicito) tra le facoltà dell'accusa e della difesa – è proprio l'iter dell’eventuale approvazione della riforma che fa ridere (e piangere insieme). Infatti la stessa Costituzione prevede, per le riforme a sé medesima, un ‘esame incrociato’ del DdL che sarebbe prima approvato da una Camera e poi passerebbe all'altra. In caso di nuova approvazione, dopo – a distanza non minore di tre mesi – dovrebbe essere deliberata la seconda votazione della prima Camera e poi anche dell'altra. Nel caso in cui in questo procedimento si raggiunga una maggioranza superiore ai 2/3 in entrambe le Camere la norma passa al Presidente della Repubblica, che può promulgarla (o rimandarla in Parlamento con le proprie osservazioni). Nel caso diverso – voto favorevole di meno dei 2/3 dei parlamentari – l'atto può essere impugnato da 1/5 dei componenti di ciascuna Camera, oppure da cinque Consigli regionali, oppure da 500.000 elettori, e può essere richiesto un Referendum costituzionale confermativo che deve svolgersi in una domenica tra i 50 e i 60gg successivi all'impugnazione. La proposta a quel punto diventa Legge costituzionale dello Stato solo se il popolo la conferma a maggioranza. Tutto questo per dire che già solo il tentativo strumentale, da parte di Berlusconi e dei suoi, di mettere in moto questa stupidaggine incostituzionale, investirà di lavoro inutile le Istituzioni per un semestre almeno. Sei mesi durante i quali, ovviamente, il Paese reale andrà sempre più a rotoli. Sei mesi al termine dei quali io e voi saremo più poveri e più deboli. E più incazzati. Ma allora perché lo fa ? 'Calati juncu’, come dicevamo all’inizio. Fateci caso: in questi giorni in cui, finalmente, le aule di giustizia stanno per aprirsi alla celebrazione dei sacrosanti processi contro il cittadino Silvio Berlusconi per i reati più disparati, c’è forse qualcuno che faccia più tanto attenzione alla cosa ? O leggete forse qualche titolo in prima pagina sulle ultime rivelazioni delle minorenni a Palazzo ? O qualche forza politica di opposizione – tranne Concita De Gregorio dal suo giornale (ma non è un partito) – che dica a gran voce ‘Non si discute la riforma della giustizia con chi è imputato’ ? No, no e no. Quindi vuol dire che l’ennesimo giochino di prestigio del più grande venditore degli ultimi 150 anni di storia patria, e la sua ennesima arma di distrazione di massa, stanno raggiungendo per l’ennesima volta lo scopo. Non gli riuscirà del tutto soltanto se un’altra forza scenderà in campo, a fronteggiare l’immenso potere mediatico e ricattatorio di chi tiene i fili di questa forma ‘soft’ di regime: la forza dell’opinione consapevole e determinata dei cittadini che hanno a cuore la democrazia e la legalità. Tra sei mesi – ho scritto poco fa – saremo tutti più poveri, più deboli e più incazzati. Dunque è adesso che dobbiamo incazzarci davvero: più efficacemente, con una mobilitazione permanente delle coscienze libere, del web e delle piazze, della società civile, del mondo del lavoro e del precariato, della scuola e della cultura. So di un tipo che sta cercando di buttare giù una cosa improbabilmente ‘spinoziana’, che ha come titolo di lavoro “Una vita ‘more geometrico’ mostrata”. Recita il suo ‘lemma etico’: “Cerca di fare ciò che è giusto.” E segue il ‘corollario del minor danno’: “Rispetta te stesso, gli altri esseri umani e tutti i viventi in ciò: che i tuoi atti siano idonei a ridurre della maggior misura, o ad accrescere della minore, l’ammontare della sofferenza patita dall’universalità di chi sente – o sente e ricorda, o sente e ricorda e immagina; computa, nell’ammontare, la sofferenza dei viventi contemporanei alle dirette conseguenze dei tuoi atti e quella dei posteri ad esse – nella misura della tua preveggenza; accetta come verità storica che non si dànno atti che non producano sofferenza su alcun vivente." Al disegnino di Berlusconi sulla ‘giustizia giusta’ mancava qualcosa: la sua testa sul piatto della bilancia. Da oggi e fino alla vittoria: manifestazioni democratiche di liberazione, soprattutto nonviolente… ma nessuno può impedirci di sognare ! dodici marzo duemilaundici |
DEMOCIDIO. DI CIO' VI ACCUSIAMO Nella nostra lingua esiste la parola per dire l'assassinio di un proprio simile: omicidio. E per dire l'assassinio di una persona in relazione al suo ruolo - uxoricidio, regicidio - o alla sua età - infanticidio. Esiste la parola per dire lo sterminio - tentato o portato a compimento - di un popolo, di un'etnia: genocidio. E per dire il colpo mortale inferto a un concetto astratto: liberticidio. Esiste perfino la parola per dire l'assassinio di un pensiero di sogno dolcissimo: deicidio. Però nella nostra lingua non c'è la parola per dire la colpa - il reato - di chi smembra una comunità smantellandone intenzionalmente le basi di civile convivenza: il rispetto di sé in quanto comunità, l'osservanza di regole decise insieme, la rivendicazione nelle forme idonee dei giusti diritti, la memoria dei fatti comuni, la capacità di sviluppare un futuro condiviso, l'orgoglio dei simili, la fratellanza con i diversi, la cultura - alta o popolare che sia. Non c'è la parola per dire la colpa di chi smembra una comunità, uno spazio e un tempo sociali, e al suo posto lascia le macerie di tanti individualismi impotenti, inebetiti, frustrati o rabbiosi, immemori, inutili a sé e alla propria discendenza, sazi semmai di pura merce ma vuoti di umanità, merce essi stessi e alla mercé della contabilità della sorte, diffidenti a prescindere, furbi e ignoranti, falliti, insanabilmente infelici, lontanissimi dal resto del mondo che comunque a fatica avanza. Questa parola non c'è, nella nostra lingua, perché non s'era dato ancora il caso di doverla coniare per significare una realtà - o una possibilità - storica. Neanche il fascismo - ci ricorda la voce di Pasolini, in un vento di mare e dune - aveva fatto tanto all'Italia, e forse non se l'era posto come obiettivo neppure. Ma la stiamo vivendo ora - questa che è ben più di un'eventualità: la morte di una nazione di cittadini, l'estinzione sua perché le sopravanzi la mera gente, un pubblico purchessia, clientes, la versione postmoderna della canaille che inorridiva gli illuministi, l'incarnazione dei peggiori incubi orwelliani. In Italia, sto dicendo, è morto il demos - o quanto meno esso è in fin di vita. E' stato ucciso - o quanto meno, da troppo tempo è sotto tortura - semplicemente ciò che ci qualifica come popolo, ciò che fa sì che noi ci autodeterminiamo come collettività, che riempiamo di contenuti esistenziali e relazionali le forme giuridiche e politiche che dicono la nostra libertà di cittadini, la nostra indipendenza come Stato, il nostro essere la Repubblica Italiana, un progetto di democrazia. Il demos italiano è stato ucciso, nel corso di un trentennio, e ora c'è bisogno di associare al fatto la parola: e la parola sarà democidio. Democidio è la colpa storica di un uomo e di un blocco di potere, con la complicità dolosa di una classe dirigente e di un corteo di affaristi, di cantori e distrattori di massa, di spacciatori di disvalori, di rivoluzionari al contrario - ed è la colpa, per corresponsabilità oggettiva, anche di altri uomini e di altri poteri che non hanno saputo o voluto impedire che il crimine si concepisse prima e si consumasse poi. Democidio è la colpa. La parola è nuovissima, tanto che il reato sul codice non esiste ancora - neanche quello. Il codice di una civiltà che pure fu culla del diritto, oggi non lo riporta - né di conseguenza associa ad esso una sanzione, una pena. Saranno scritti domani, forse, e il reato e la condanna da irrogarsi - quando, e se, l'Italia avrà saputo voltare pagina ed elaborare l'accaduto, e vorrà prevenire i rischi per l'avvenire così come fece a suo tempo formalizzando come reato qualsiasi tentativo di revanche fascista, o come ha fatto più di recente ampliando le ipotesi penali connesse al grande crimine organizzato. Sarà aggiunto domani - forse - il reato di democidio, agli articoli già oggi vigenti sotto il titolo di delitti contro la personalità dello Stato. E vi sarà associata una sanzione - io spero severa, severissima. Perché il democidio infligge un colpo immensamente duro alla vita della comunità che lo subisce, la quale vita sociale e civile s'impoverisce al punto che ogni altra infrazione - tra quelle per cui la parola nella nostra lingua ora esiste - è resa più facile, e quasi inconfessabilmente attraente, in una patologica rincorsa verso il peggio. Basta guardarsi intorno. Ma oggi che il codice tace ancora, e la parola esiste appena dinanzi al fatto, come difendersi - oggi ? Accusando, intanto - perché la comunità, o quel che ne resta, non possa mai dire che nessuno aveva denunciato, che nessuno aveva preso le misure al leviathan, che nessuno parlava giacché tutti erano correi. No. Non tutti. Noi qui e ovunque diremo ciò che va detto, denunceremo e accuseremo - questa è la nostra difesa, almeno dinanzi alla Storia. Democidio. Di ciò vi accusiamo, o responsabili - per il vostro interesse personale e di clan - dell'imbarbarimento di una civiltà, dell'imbastardimento di una cultura, dell'avvelenamento della nostra convivenza entro i confini e del rovesciamento della nostra reputazione fuori dai confini della sovranità nazionale. Non vi accusiamo di tirannide, badate, né di golpe: il danno derivante al demos non sarebbe altrettanto grave. Infatti voi siete riusciti a far sì che i miei concittadini, a maggioranza, approvassero la vostra condotta - o quanto meno non la contrastassero attivamente - per miope interesse a loro volta o per incomprensione pura. Voi fate in modo - ogni giorno e con ogni mezzo date seguito al disegno - che le minoritarie manifestazioni concrete di dissenso allo stato di cose presente, seppur superino la soglia della totale indifferenza presso l'ammaestrato pubblico, rientrino in un più indistinto rumore di fondo: numeri da circo, in una sequenza ininterrotta e confusa tra verità e finzione - alienata e alienante. Voi sovvertite il vocabolario e la stessa logica pur di additare a nemici pubblici i soli - invece - amici del giusto e del bello. Voi siete una vergogna della famiglia umana che nel corso di millenni ha dapprima vagheggiato, poi sperimentato ardimentosa e talvolta perfino realizzato compiutamente quel miracolo di intelligenza e buona volontà chiamato democrazia. Voi colpevoli vi sapete, e sapete tutti chi siete - uno ad uno - e quanto rispettivamente meritiate l'accusa. E chi ha letto fin qui capisce esattamente di cosa parlo, e di chi. E sa - quanto me - che per ora non si può far altro. Altro che parlare, ché il cuore del demos è la libera parola nell'agorà di tutti. Quindi che la sentinella non ceda alla stanchezza. Che i cittadini ancora tali non rinuncino alla propria voce. Che il democidio non si attui del tutto e irreversibilmente. Che si disarmi il criminale, lo si traduca in giudizio, venga emessa sentenza, si commini la pena. Che la corda al collo della Repubblica si allenti, prima che l'anima si spenga nel corpo. Che l'Italia trovi al più presto la strada - impervia e gaia - verso la luce, l'aria, il risveglio. otto marzo duemilaundici |
PROMEMORIA PER ME Promemoria per me, e per chi c'era (e/o c'è). Sono diciassette anni che batto il marciapiede, nel senso che non trovo niente di meglio per rappresentare la mia direzione ostinata e contraria all'andazzo e al regime, che scendere in piazza quando serve e quando posso – perlopiù a Roma – insieme ad amici, compagni, fratelli e amori. Certo, da due tre anni c'è anche il web - e facebook - ma prima c'era solo la strada, e ancora oggi quella c'è sempre. Ora grazie anche a Micromega, al suo "diario-storico del dissenso" pubblicato sull'ultimo bellissimo numero, posso fare un po' d'ordine cronologico di tutte le volte che stavo là, a giocarmi con gli altri le mie energie di rabbia e speranza - che esaurite non sono e non vedono l'ora di rimettersi in gioco: presto, finalizzate come ho scritto ultimamente e a lungo, magari fino alla vittoria ! Ma fammi scorrere l'album: tolti gli appuntamenti "tradizionali" o "operativi" - gli 8 marzo, i 25 aprile, i 1° maggio, i 2 giugno, i 14 luglio, i 7 novembre, i 12 dicembre, i 17 febbraio, i 20 settembre e i 2 novembre, i comizi di apertura e chiusura delle campagne elettorali, le feste di partito e di giornale di partito (beninteso, sempre senza alcuna tessera), i dibattiti, le conferenze e gli stati generali, le assemblee di associazione o movimento, le riunioni strategiche e deliberative (beninteso, sempre senza alcun rango formale), gli incontri estenuanti di mediazione - be' dal '94 a oggi (dei miei primi 30 anni "politici" parliamo casomai un'altra volta) sono giusto quaranta foto belle e, almeno per me, importanti. 1994, 14 ottobre: sciopero generale dei sindacati contro i tagli alle pensioni, io e un milione di persone al Circo Massimo più altri due in tutta Italia. 1996, 21 aprile: l'Ulivo con Prodi vince le elezioni, caroselli notturni dappertutto e noi a fare la spola tra via Botteghe Oscure e piazza santi Apostoli. 2002, 10 marzo: con diecimila cittadini in girotondo intorno alla RAI di viale Mazzini, per difendere il servizio pubblico dell'informazione. 2002, 23 marzo: sciopero generale, ma solo della CGIL, in difesa dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, e siamo tre milioni a sentire Cofferati. 2002, 14 settembre: l'acme dei Girotondi, a piazza san Giovanni in un milione con Moretti, d'Arcais, Pardi e gli altri. 2002, 5 novembre: la fiaccolata in vista del Quirinale contro la legge Cirami e per provare a impedirne la firma del Colle. 2003, 15 febbraio: giornata internazionale della pace e contro la guerra USA che sta per scatenarsi, 110 milioni di umani in tutto il Mondo, di cui tre milioni in corteo a Roma per dieci chilometri ininterrotti. 2005, 19 marzo: ancora contro la guerra, ancora in contemporanea in tante città del mondo, e qui siamo ancora tantissimi. 2006, 10 aprile: la notte più lunga, in piazza santi Apostoli ad aspettare seggio dopo seggio lo scrutinio delle elezioni, fino alla nuova vittoria di Prodi con l'Unione. 2006, 4 novembre: manifestazione nazionale unitaria di tutta la sinistra radicale e antagonista, con studenti e precari e FIOM, contro la legge 30, erroneamente detta "Biagi". 2006, 23 dicembre: i funerali laici di Piergiorgio Welby, davanti alla chiesa che gli ha rifiutato le esequie religiose. 2007, 10 marzo: manifestazione a piazza Farnese a sostegno della proposta di legge per le unioni di fatto - i DICO. 2007, 5 maggio: evento fondativo di Sinistra Democratica al Palazzo dei Congressi, tanti compagni e tante speranze. 2008, 8 luglio: il NoCavDay a piazza Navona, un sacco di gente a sentire tra gli altri Sabina Guzzanti che le dice in faccia a Berlusconi, alla Carfagna e a Ratzinger. 2008, 16 ottobre: occupazioni e manifestazioni degli studenti universitari e medi, l'Onda - io m’intrufolo nel corteo dalla Sapienza e ritorno, con concerto, ed è bellissimo. 2009, 7 febbraio: corteo di protesta intorno al Senato e a Palazzo Chigi, contro l'alleanza Governo-clericali, "la Costituzione non si tocca, la difenderemo con la lotta !". 2009, 21 febbraio: Micromega organizza ancora a piazza Farnese una giornata per il sì alla vita e il no alla tortura di Stato, per il caso di Eluana Englaro e simili. 2009, 30 marzo: con gli operatori della spettacolo e della cultura, e tanti fruitori preoccupati, "requiem per il teatro" a piazza Farnese contro i tagli del governo. 2009, 11 giugno: sempre piazza Farnese, per i 25 anni dalla morte di Enrico Berlinguer insostituibile e sempre amatissimo. 2009, 26 settembre: con le Agende Rosse e Salvatore Borsellino in piazza Navona, "resistenzaaaaaa !" 2009, 3 ottobre: manifestazione nazionale in piazza del Popolo, per la libertà e i diritti dell’informazione, con Roberto Saviano e tantissima bella gente. 2009, 17 ottobre: stupendo corteo nazionale antirazzista al Colosseo e dintorni, contro le politiche sull’immigrazione e per l’abrogazione del pacchetto sicurezza, “permesso di soggiorno per tutti !”. 2009, 14 novembre: grande manifestazione, ma freddopiovosa, della CGIL a Roma per il rilancio dell'occupazione. 2009, 5 dicembre: il NoBDay, quel milione di cittadini tra piazza della Repubblica e piazza san Giovanni, la nascita del Popolo Viola e di tante idee. 2009, 23 dicembre: "libera Rete in libero Stato", a piazza del Popolo col primo nucleo del Popolo Viola di Roma contro le restrizioni alla libertà del web. 2010, 30 gennaio: Il Popolo Viola organizza “sit-in costituzionali” in decine di città, e a Roma un reading storicopolitico a piazza santi Apostoli. 2010, 6 febbraio: speaker's corner davanti a Montecitorio, organizza il gruppo locale di Roma del Popolo Viola, con letture da "Il ritorno del Principe" di Scarpinato. 2010, 27 febbraio: “La legge è uguale per tutti !”, manifestazione nazionale organizzata dal Popolo Viola a piazza del Popolo, contro il legittimo impedimento e le leggi ad personam. 2010, 1 marzo: con i migranti in sciopero nell’evento “Un giorno senza di noi”, e corteo fino a piazza Vittorio. 2010, 2 marzo: “girotondo” in via Teulada a sostegno del pluralismo dell’informazione, con Santoro e Floris. 2010, 6 marzo: protesta spontanea, notturna, davanti al Quirinale e a Palazzo Chigi contro la firma di Napolitano del decreto “salvaliste”. 2010, 7 marzo: “Quando il gioco si fa duro…”, manifestazione del Popolo Viola a Roma e in contemporanea in altre piazze, contro lo strappo istituzionale del Governo. 2010, 13 marzo: manifestazione dei partiti di opposizione, del Popolo Viola e della società civile in piazza del Popolo per la candidatura di Emma Bonino a governatore del Lazio. 2010, 9 maggio: evento Violaverso alla Sapienza, in memoria di Peppino Impastato, con Ingroia e Briguglia e tanta tanta gente. 2010, 29 maggio: la "Ciemmona", "Critical Mass Galattica", manifestazione antagonista, festosa ed ecologista di migliaia di cittadini-ciclisti dalla Piramide al mare di Roma. 2010, 2 luglio: serata storico-teatrale al Gianicolo, ancora Violaverso, sulla Repubblica Romana del 1849, con Mineo, Tranfaglia e Fracassi. 2010, 27 novembre: manifestazione nazionale della CGIL a Roma contro la crisi, contro il precariato e contro il malgoverno, ed è la prima uscita del neosegretario Susanna Camusso. 2011, 28 gennaio: sciopero generale della FIOM contro la sfida Marchionne, cortei in tutta Italia e io sfilo a Cassino. 2011, 13 febbraio: “Se non ora quando ?”, bellissima manifestazione organizzata dalle donne, e sostenuta anche da tanti uomini, contro l’oscenità del potere, letterale e non, con un milione di cittadini in tutta Italia, e molte decine di migliaia solo a piazza del Popolo. 2011, 24 febbraio: sit-in davanti a Montecitorio per denunciare il massacro del popolo libico per mano del dittatore Gheddafi. 2011, 27 febbraio: evento politico e spettacolare al Teatro TendaStrisce, con Nichi Vendola e Sinistra Ecologia e Libertà, “Cambia l’Italia. Idee per un Paese migliore”. Ecco, ho girato l’ultima pagina. Ora sono pronto a riempire tutte quelle che verranno. Insieme agli amici, ai compagni, ai fratelli. Insieme al mio amore. P.S. Il buffone orrendo che da diciassette anni rappresenta il potere sta ancora là, dove (quasi) sempre è stato. Ho sbagliato io ? E dove ? Forse nel non prendere la tessera purchessìa e tentare la "scalata" nel partito ? O nel non contendere un ruolo in movimento e non spremere la responsabilità che ne deriva ? Forse, nel non saper far scendere in piazza ogni volta anche te mi leggi. Forse, nel non decidermi una buona volta a restarci - sulla strada di tutti, con tutti - fino a quando non cambia davvero il sistema. Stiamo a vedere. L'agenda a venire è già stilata ! cinque marzo duemilaundici |
MICROMEGA PONE DOMANDE Più o meno le stesse che più modestamente ci poniamo noi qui. Ma siccome Micromega scrive meglio, io prendo il questionario che pubblicherà sul prossimo numero (domani martedì 1° marzo, con le risposte di calibri come Saviano, Travaglio, Scalfari, Bersani, Di Pietro, Vendola, Cofferati, Rossanda, Hack, Dario Fo) e lo riporto qui pari pari. Con le mie di risposte (in MAIUSCOLO), e chiedendo a voi le vostre. A. Le elezioni sono sempre più probabili, e di fatto costituiranno un referendum sulla pretesa di Berlusconi di avere tutti i poteri, facendo strame della Costituzione. A.1 Per difendere/realizzare la Costituzione nata dalla Resistenza, quale ipotesi di alleanza elettorale ritieni la più auspicabile, nell’ambito di quelle che giudichi praticabili con un voto che avverrà con il sistema “Porcata”, che assegna al primo schieramento, anche se minoritario, il 55% dei seggi ? LA “GROSSE KOALITION”: UN’ALLEANZA TRA TUTTE LE FORZE POLITICHE DI PROVATA (O RITROVATA) FEDELTA’ COSTITUZIONALE – DA FINI A VENDOLA, ESEMPLIFICANDO. OVVIAMENTE NON PER UNA LEGISLATURA ORDINARIA NE’ PER REALIZZARE UN COMPLETO PROGRAMMA DI GOVERNO, MA SOLTANTO PER RIMETTERE IL POTERE LEGISLATIVO E QUELLO ESECUTIVO IN MANO A UNA MAGGIORANZA PATRIOTTICA, ANZICHE’ ALL’ANTISTATO CHE GOVERNA ORA. TALE MAGGIORANZA “DI EMERGENZA DEMOCRATICA” DOVREBBE SEMPLICEMENTE – E TEMPO UN ANNO AL MASSIMO – RISCRIVERE LA LEGGE ELETTORALE, RISOLVERE IL CONFLITTO D’INTERESSI E DARE IMPULSO A UNA CRESCITA ECONOMICA EQUA. DOPODICHE’, LA DESTRA CON LA DESTRA E LA SINISTRA CON LA SINISTRA E SI TORNA AL VOTO PER COMINCIARE A GOVERNARE SUL SERIO, SEMPRE E COMUNQUE NELL’ORDINAMENTO E NELLO SPIRITO COSTITUZIONALI. A.2 Con quale sistema pensi dovrebbe essere scelto il candidato premier, il cui nome è obbligatorio per ciascun schieramento ? PRIMARIE TUTTA LA VITA. TRA L'ALTRO, SONO UN MAGNIFICO "TRAINO DI COMUNICAZIONE" PRIMA DELLE ELEZIONI VERE E PROPRIE. A.3 Le primarie di coalizione (e con quali modalità) oppure un diverso tipo di consultazione ? PRIMARIE DI COALIZIONE, RIPETO – CON LE MODALITA’ IDONEE A RIDURRE AL MINIMO I FATTORI DI PURO DISTURBO O PROVOCAZIONE BELL’E BUONA. (CI PENSINO UN PO’ I TECNICI E GLI “INGEGNERI ISTITUZIONALI” !) A.4 E quale personalità giudichi la più adatta per una coalizione repubblicana vincente ? NON UN POLITICO “PROFESSIONALE”, DI NESSUNA DELLE FORZE COALIZZATE: LE “BASI” DI QUALSIASI ALTRO PARTITO CHE NON FOSSE QUELLO DA CUI PROVIENE IL CANDIDATO LEADER, NON LO DIGERIREBBERO. NON UN TECNICO: NON DOBBIAMO – SI E’ DETTO – GOVERNARE L’ITALIA COME DOPO UN VOTO QUALSIASI, MA SOLO IMPEDIRE CHE STRAMAZZI E MUOIA. MAGARI UN MEDICO, SPEREREI UN INTELLETTUALE, MA CHE SAPPIA ATTRARRE LA “PANCIA” DEL PAESE, UNA DONNA – QUANTO MI PIACEREBBE ! –, UNA CHE I MEDIA SE LI MANGIA A COLAZIONE… E COMUNQUE UNA PERSONA DI INDUBITABILE SPESSORE MORALE, SOPRATTUTTO: NON "INFANGABILE". B. Non è esagerato ipotizzare che rispetto ai consensi che garantirono due vittorie elettorali, nel 1996 e nel 2006, e tenuto conto dell’incremento degli aventi diritto, al PD e più in generale al centrosinistra manchino oggi cinque o sei milioni di voti – quelli che probabilmente faranno la differenza e decideranno dell’esito elettorale, a seconda di quanti ne saranno recuperati (o di altri che saranno ulteriormente perduti). B.1 Quale pensi sia la strada migliore per recuperarli? CREDO DI AVER GIA’ RISPOSTO. B.2 Sollecitare nell’alleanza la presenza di una o più liste civiche, di “società civile”, con candidati tutti non di partito (la “Porcata” ha il vantaggio che dentro un’alleanza nessun voto va disperso, se una lista non raggiunge il quorum per avere parlamentari i suoi voti si distribuiscono su quelle che ne eleggono), limitarsi ad aprire le liste di partito a qualche indipendente, o puntare unicamente su leader e candidati di partito ? LA SOCIETA’ CIVILE, LO RIPETO, NON DOVREBBE COMPARIRE SOLTANTO CON QUALCHE CANDIDATO “DI BANDIERA” O QUALCHE LISTA CIVICA IN COALIZIONE, MA ADDIRITTURA PROPORSI E CANDIDARSI AL RUOLO DI PREMIER IN PECTORE – CON UNA FUNZIONE SPECIALISSIMA, INEDITA (COME INEDITO E’ IL LIVELLO DELLO SCONTRO TRA DEMOCRAZIA ED EVERSIONE), DI FIGURA GARANTE DEL RISPETTO DEI PATTI TRA LE FORZE POLITICHE COALIZZATE E DEL PATTO TRA ESSE TUTTE E IL CORPO ELETTORALE. LA POLITICA “PROFESSIONALE” E LA “TECNOCRAZIA VIRTUOSA” DAREBBERO OVVIAMENTE UN CONTRIBUTO REALE, E ANCHE SIMBOLICO, PARTECIPANDO CON TUTTI I LEADER DI PARTITO E CON I MIGLIORI TECNICI NELLA SQUADRA DI GOVERNO, MA IL PREMIER SIA UN CITTADINO - UNO DI NOI. Questa la mia ricetta, per vincere. Altre idee ? ventotto febbraio duemilaundici PREMESSO CHE QUI POTERE NON NE ABBIAMO Tuttavia il potere di fantasticare, quello non ce lo può togliere nessuno (né dare: è nostro ab origine, oppure mai). E fantasticando - con la testa un po' tra le nuvole, ma i piedi per terra - mi chiedo e vi chiedo: se potessimo far muovere una certa quantità di opinione pubblica verso un determinato obiettivo politico - politico in senso lato - quale vorremmo che fosse questo obiettivo ? Scartiamo in partenza l'impossibile puro, tipo che Berlusconi si convinca a dimettersi e a presentarsi alla giustizia (e alla Storia) come un cittadino al pari di tutti gli altri. E scartiamo pure il non pertinente, tipo che alle prossime elezioni vinca un fronte democratico di provata fedeltà costituzionale: non è pertinente - non che non sia auspicabile, anzi magari - perché tale non sarebbe l'obiettivo di un movimento di opinione, bensì di forze politiche vere e proprie. Quindi, fantasticando, come ci muoviamo ? Faccio qualche esempio di obiettivi che un movimento di opinione può porsi con qualche probabilità di centrarli. Il presidente Napolitano può sciogliere le Camere applicando l'art.88 della Costituzione. Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "lobbying civica su Napolitano per lo scioglimento delle Camere" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. Capito il metodo ? Altri esempi. Le opposizioni possono dimettersi in blocco dal Parlamento, facendo quel che si usa dire "l'Aventino". Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "lobbying civica sulle opposizioni per l'Aventino" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. Tutti i partiti antiberlusconiani posso coalizzarsi elettoralmente per la vera emergenza democratica. Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "lobbying civica su tutti i partiti antiberlusconiani per un'unica coalizione elettorale" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. I sindacati possono indire uno sciopero nazionale generale per fermare il Paese. Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "lobbying civica su tutti i sindacati perché indicano uno sciopero generale nazionale" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. I cittadini comuni possono costituirsi parte civile nei processi contro Berlusconi, per i danni all'immagine dell'Italia prodotti dai suoi comportamenti. Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "costituzione di parte civile di una grande quantità di cittadini nei processi Berlusconi" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. I cittadini possono scendere in piazza e restarci finché non sia garantita la piena applicazione della Carta Costituzionale . Vorremo che ciò accadesse ? Sì ? No ? Sarebbe realistico ottenerlo a partire da un movimento di cittadini qualsiasi ? Sì ? No ? Con due sì, chi tra noi farà da capofila al progetto "mobilitazione straordinaria a oltranza dei cittadini in difesa della democrazia e della legalità" ? Ci sta bene il capofila che si è proposto ? Sì ? No ? Con tre sì, tutti i cittadini che si riconoscono in questo ipotetico movimento di opinione lavorano come un sol uomo per il progetto, coordinato dal capofila e dai suoi collaboratori. Altri obiettivi ? E' facile, provate voi. Tenete però a mente che anche nelle più rosee prospettive, un movimento di opinione civica non può neanche sperare di perseguire contemporaneamente più di uno o due obiettivi così sostanziosi. E inoltre alcuni progetti sono intrinsecamente alternativi ad altri: è chiaro, o / o e non e / e. Bene. Abbiamo fantasticato. O forse no. Dipende da quanto potere reale ciascuno di noi consente a se stesso, alle proprie idee, ai valori in cui crede. ventisei febbraio duemilaundici |
NON E’ MICA VERO Non è mica vero che le élites dirigenti del Paese – siano esse politiche o economiche o mediatiche o culturali o professionali – sono tutte indistintamente marce, tutte da buttare. Anche perché, se così fosse, a noi semplici cittadini onesti e intelligenti (le due cose insieme, ché da una soltanto non consegue quanto segue) non resterebbe che scegliere drastici tra andarsene baracca e burattini oppure fare come dall’altra parte del Mediterraneo, drammaticamente. Quindi – dicevo – a cercarlo, il buono, nelle classi dirigenti c'è. Anche se trovarlo non è facile. Il cattivo invece è davanti agli occhi (purché aperti) di ciascuno. E si vede benissimo (a meno che non ci si autoimponga il contrario) che questa parte delle élites, cospicua, che gioca contro la Nazione usa un'arma implacabile: una miscela micidiale di menzogna e di ricatto. Di menzogna verso l'opinione pubblica, che in buona parte prende per vero il falso e si orienta di conseguenza nelle urne (quando prima o poi tocca) e soprattutto nei comportamenti ordinari, quotidiani. E di ricatto verso gli angoletti onesti dei “poteri forti”, i quali sanno che se solo si azzardassero a svelare al popolo tutta la verità il risultato probabile sarebbe né più né meno che la guerra civile (e quindi lasciamo la verità agli storiografi futuri – che invidia !). Se è così, è chiaro che fare politica (democratica, non violenta) contro dei potenti criminali, contro quelle “menti raffinatissime”, avendo le mani legate da una tale responsabilità storica, non è semplice per nessuno. Obiettivamente. Però, ragazzi – voi che fate politica professionalmente (dico a voi, da Fini a Vendola), pare lo facciate apposta a far rianimare il nemico tutte le volte che per fortuna (nostra) è in difficoltà ! La politica, m’insegnavano una volta, è preveggenza di mosse e contromosse, è massimizzazione dei vantaggi propri e degli altrui errori, è raccolta di ogni briciola di consenso dell'opinione pubblica appena appena favorevole, prima che quella volubilissima ragazzina che è la sorte si volti ancora dall'altra parte. Cari i miei leader, ma come ci siete arrivati tanto in alto ? Ma davvero allora quello, il tiranno, quando è sceso in campo - sì d’accordo gli aiuti fondamentali del vecchio regime, sì d’accordo le connivenze criminali, sì d’accordo lo strapotere mediatico - ma insomma s'è mangiato tutto (e ce lo troviamo ancora sul groppone) senza un contrappeso degno di questo nome ! Forza, piantàtela con i distinguo e le diffidenze reciproche: siamo in guerra per la democrazia costituzionale, niente di meno, figlia della Resistenza ! I giusti distinguo programmatici verranno poi, e solo se avremo vinto. Avanti, fateci vedere qualcosa – fateci vedere che tutti questi anni di vostra carriera nelle stanze e stanzini dei bottoni non sono totalmente usurpate, inutili. Tutti, da Fini a Vendola: dite qualcosa, di sinistra o di destra, ma qualcosa che sappia chiaramente di Stato di diritto ! E soprattutto fate qualcosa, di intelligente ! Ma insomma: campate sulle nostre (e mie personali) spalle da una vita - che almeno abbiate imparato a fare il vostro mestiere... Prendere il potere in questa specie di arena politica che avete modellato secondo gli affari vostri, non certo nostri ! ORA SERVE, DEMOCRATICAMENTE: FATELO ! Altrimenti toccherà a noi, difendere il potere repubblicano dall’eversione. Toccherà ai non professionisti: ma se entriamo in campo noi, il popolo, saltando la vostra rappresentanza – avete visto, qualcuno si fa male. venticinque febbraio duemilaundici |
FACCIO OUTING E dico che se fossimo in condizioni normali – con un normale quadro istituzionale, una dialettica normale tra proposte politiche alternative, un normale centrodestra da una parte e un normale centrosinistra dall’altra, una legge elettorale da Paese normale, un normale equilibrio tra i poteri così come previsto in Costituzione e una pluralità normale dei mezzi di informazione – il mio normale voto di cittadino elettore avrebbe un carattere abbastanza identitario e andrebbe in prima istanza a Sinistra Ecologia e Libertà, e solo in seconda battuta all’eventuale coalizione di sinistra-centrosinistra. Ma le cose non stanno così. Al contrario: tra le istituzioni è guerra permanente, proposte politiche concrete non si fa in tempo a valutarle, il centrodestra attuale è un feudo medievale e l’attuale centrosinistra un dialogo tra sordociechi, la legge elettorale è una porcata, il potere esecutivo asservisce il legislativo e minaccia il giurisdizionale, l’informazione – anzi peggio, l’intero immaginario di un popolo – è in mano a una concentrazione d’interessi senza paragoni in Occidente. Quindi ? Quindi per i voti identitari ci sarà tempo, se e quando il nostro mondo si sarà rimesso in asse. Allora sì, magari con regole elettorali finalmente razionali (tipo un maggioritario uninominale a doppio turno, patti di desistenza o coalizione, primarie vere e liste non bloccate) . Allora ce la giocheremo seriamente tra chi vuole una politica di sviluppo solidale e sostenibile e chi ne vuole una “d’assalto”, tra chi mette più risorse su formazione e ricerca e chi ne mette più su difesa e sicurezza, tra chi progetta una fusione europea sempre maggiore e chi progetta una maggiore frammentazione federalista, tra chi vuole tasse per tutti per servizi pubblici di standard elevati e chi vuole meno tasse per i soliti e per i servizi arrangiatevi. Ma quando potremo giocarlo, questo gioco (che poi è la democrazia matura) ? Sicuramente non alle prossime elezioni, purtroppo. E se vince ancora il partito-cosca di Berlusconi, con la zampa di ferro della Lega, sicuramente neanche a quelle dopo. Se vincesse ancora Berlusconi, infatti, perfino con un vantaggio ampissimo come ha fatto nel 2008 (grazie alla legge elettorale, oltre che all’incredibile creduloneria italiota) il Paese non si avvicinerebbe di un centimetro alla normalità, non sarebbe governato in un’ottica moderata o conservatrice: non sarebbe governato proprio, esattamente come adesso – con l’aggravante che vincendo di nuovo Berlusconi e i suoi farebbero davvero strage dei residui elementi di democrazia formale e sostanziale che ancora oggi resistono. Allora, se così stanno le cose e se questa è la posta in gioco, il tempo delle identità e delle appartenenze – dei sottili distinguo e delle diffidenze ataviche – non è questo. Oggi è battaglia per la vita. E in battaglia si va come si deve andare, compattando tutti i possibili alleati – considerati alleati tutti quelli che sono contro il tuo nemico – e scegliendo una strategia chiara, semplice, essenziale, ridotta al minimo: vincere. Come ? Ora ci penso. Ma intanto ditemi che ne pensate voi. ventiquattro febbraio duemilaundici |
SONO MOLTO PREOCCUPATO Sì, perché ora do ragione perfino a Berlusconi e ai suoi "distrattori di massa" quando parlano di golpe morale, di "voler cambiare il risultato elettorale". Poiché in effetti si tratta proprio di questo: tentare di modificare il risultato elettorale - è questo che vogliamo fare. Anzi, di più: vogliamo tentare di modificare la testa della gente, almeno della quota minima sufficiente, che per ben tre volte ha mandato a Palazzo Chigi proprio l'uomo che in assoluto aveva meno (e tanto meno ha ora) attitudini per andarci. E per modificare un po' di quelle teste vale tutto, certo: perché questo è il gioco democratico, per noi che crediamo davvero nelle sue regole ! Vale dare risonanza al lavoro (obbligatorio, vivaddìo) della magistratura inquirente sulle ipotesi di reato di Berlusconi. Vale riportare all'opinione pubblica nostrana i giudizi impietosissimi e veritieri di nove decimi del mondo, oggi più che mai davanti alla crisi mediterranea e al genicidio libico. Vale mettere il dito sulla piaga dell'inqualificabile condotta privata di un uomo che della confusione tra privato e pubblico ha fatto la propria arma migliore. Vale fare satira finché è possibile, nei pochi spazi ancora disponibili. Vale fare tamtam, fare rete, fare casino in piazza quando serve, fare tutto quello che in democrazia è attuabile per spostare le opinioni dei propri concittadini. Vale - per quel che vale - sbraitare monomaniacalmente qui sul web. Perché noi non vogliamo che Berlusconi ci liberi dal problema che lui stesso costituisce, magari andandosene in galera o in esilio o al creatore. (Cioè, per carità: se succede, niente da dire.) Bensì, noi vogliamo che l'Italia - che ha fatto il danno, democraticamente - democraticamente lo risolva e lo sani: che si convinca (a maggioranza) che la strada è totalmente da cambiare, che se ne convinca al più presto prima che sia ancora peggio di così, e che si immunizzi per l'avvenire. Volere questo, fare questo, è un golpe morale ? Può darsi. Sicuramente la morale c'entra parecchio ! ventitre febbraio duemilaundici |
CHI ? PRE-PRIMARIE PER LE ELEZIONI IMMINENTI Io voglio, pretendo, ESIGO un NOME: un nome da VOTARE - un nome, una faccia, una voce, una storia... insomma UN BRAND, buono per dare un'alternativa ai tanti - tra gli ex-elettori di Berlusconi e i non-votanti dell'ultima volta - che non vedono l'ora di appiccicare la propria crocetta a qualcosa di NUOVO DAVVERO. Vi sembra semplicistico ? Anche a me, ma è proprio qui il suo bello ! La VERITA' è che a votare per un simbolo politico siamo rimasti in pochi e per un programma economico ancora meno (a votare per un ideale filosofico siamo in due, credo, in tutto il quartiere). La verità è che se non capiamo questo e se PER UNA VOLTA non ci muoviamo di conseguenza, forse non ci sarà un'ALTRA volta per votare in Italia per un bel po'. Le prossime elezioni si vincono (o si perdono) - come da tempo, purtroppo - solo se il BRAND è giusto (o sbagliato): l'ideale, il programma e il simbolo vengono dopo - contano il nome, la faccia, la voce e la storia del candidato: tutto qui. Convincetevene: contro Berlusconi in queste elezioni EPOCALI serve un candidato che faccia un'impressione EPOCALE, che angosci di sopresa il nemico e che solletichi di novità l'italiano medio - il quale è l'ago della bilancia ora più di prima. Un candidato che ammetta candidamente di essere il brand - appunto - di una coalizione sostenuta anche da industria e chiesa (oltre che dall'opposizione politica parlamentare e no), da società e movimenti; coalizione che governerà solo il tempo minimo per rimettere il Paese sulla strada della normalità e che dopo tornerà a dividersi com'è naturale sulle differenti politiche - TUTTE DI PROVATA FEDELTA' DEMOCRATICA - e chiederà all'Italia di dire una volta per tutte se è una nazione di destra o di sinistra (ENTRAMBE COSTITUZIONALI) e di scegliere tra due leader propriamente politici. Un candidato che dichiari in partenza che sta lì perché il momento è straordinario, in rappresentanza della società civile - una specie di osservatore, di garante - e non perché ha una speciale competenza tecnica o politica, ma che per le scelte di programma si farà guidare in tutto da una squadra - quella sì - SUPERCOMPETENTE e ONESTA, e resa nota già in campagna elettorale (magari con i leader dei partiti coalizzati, messi in posti-chiave - ma DIETRO al candidato.) Un candidato che il programma così delineato lo sappia vendere agli elettori in ogni sfida possibile contro qualsiasi antagonista - ma semplicemente, empaticamente, recitando con naturalezza le parti che gli SPIN DOCTOR scriveranno per i contraddittori. Un candidato che serva quasi soltanto a dare corpo visibile a uno slogan OPPOSTO a quello della faccia orrenda del potere, che si sta mostrando ogni giorno di più: uno slogan del tipo "BELLO E PULITO", oppure "PULITO E' BELLO". Semplice e diretto, defatigante. Un candidato che in televisione ci si muove come un pesce nel mare, che le famiglie italiane sentono già di casa, che piace esteticamente, che sa far ridere, che tranquillizza, che fa notizia di suo, che non è ricattabile, che non sia già bruciato. Un candidato GIOVANE, un candidato DONNA. MA CHI ? Ditemelo qui, suggerite, giocatevi la vostra opinione, la vostra profezia ! ventidue febbraio duemilaundici |
SOGNARE NON BASTA PIU' Io leggo tante belle voci e so che non pochi leggono anche la mia. Per questo è necessario che specifichi che qui - con doverosa umiltà - i problemi dell'Italia li prendo talmente sul serio che pongo come precondizione a qualsiasi discussione in merito l'accortezza che proprio dell'Italia si parli: dell'Italia com'è, e non come vorremmo che fosse già. E l'italia così com'è - quella appunto che ha un disperato bisogno che perfino dei perfetti signori nessuno come noi prendano seriamente i suoi problemi -, l'Italia così com'è è quella che nonostante la recente ignominia che sta coprendo la sua classe dirigente (per non parlare del cronico malgoverno e la collusione indiziaria col grande crimine), e nonostante lo sdegno infine espresso da una voce influente come la Chiesa, comunque regala ai sondaggi un imperterrito 50% di persone che ritengono il Rubygate o irrilevante o addirittura vantaggioso per l'immagine del governo, e - peggio ancora - un inconcepibile 42% che definisce semplicemente pragmatico il rapporto privilegiato di Berlusconi con l'infame macellaio di Tripoli. L'Italia così com'è è quella che si inietta in vena dosi da cavallo di ciarpame televisivo e che alla lunga (come per ogni veleno che si convenga) si è assuefatta all'idiozia e all'irrispetto, tanto che è ora assai difficile condurre in porto una conversazione in punto di logica e di empatia - perfino tra persone di un certo livello culturale e/o provato senso civico. L'Italia così com'è non è quella che affolla cinema, teatri, sale da concerto, librerie, conferenze, mostre, musei, scavi, giardini e parchi naturali: là siamo sempre gli stessi che giriamo e c'incontriamo ovunque, pur senza riconoscerci. L'Italia com'è realmente non è quella che lavora - quando ha un lavoro - con coscienza e onestà, a schiena dritta ma senza cupidigia, né quella che ama il sole e il mare e i boschi e il vento e la gratuità di sorridere dinanzi alla natura nel tempo libero da quel che dà al lavoro, quando ce l'abbia. Non è quella che forma le proprie opinioni leggendo quotidiani e riviste in cartaceo e on-line, che non siano freepress o rotocalchi del gossip, e men che mai setaccia sul web gli sguardi del mondo che ci osservano e ci valutano. Non è quella che viaggia, ma per davvero, e non è quella che allena il proprio corpo così che anche la mente ne guadagni. Non è quella che parla con i propri figli e insegna loro quel che sa, come può, né quella che ascolta gli anziani e li accompagna teneramente fino in fondo alla storia di ognuno. Non è quella che vede nel diverso un altro se stesso, né quella per cui l'amicizia è un valore senza che scada in complicità. Non è quella che ama e che spera - che vive insomma. L'Italia così com'è non è nessuna di queste, che sono solo piccole enclave benedette e minoritarie della nazione in cui ci è stato dato di nascere. La nazione è quell'altra, è tutto il resto: tutto ciò che noi non siamo, e che non siamo a tal punto che neanche riusciamo a immaginarcela - non ne teniamo conto nelle nostre analisi. E perciò perdiamo, sempre. L'Italia così com'è è quell'altra, quella alla quale io non darei in mano neanche un cerino per paura che possa bruciarsi da sé, e bruciare me con lei. Però quest'Italia così com'è vota. La civiltà, il progresso, la Costituzione - la mia stessa etica, per quel che conta - le danno questo diritto: e l'Italia lo esercita, malgrado la logica, la cultura e la morale, e al suo voto nefasto vincola anche la mia vita. Ecco, io voglio cambiare questo stato di cose, questa Italia qui: sognare non mi basta più, fuggire non voglio, bruciare mi estenua, odiare mi imbruttisce. Ma voglio cambiarla da com'è, ripeto, e non da come non è ancora o forse non fu mai: cambiarla a suon di parole e atti, quegli atti e quelle parole che quest'Italia non potrà non comprendere. Comprenderà, e voterà di conseguenza: e la mia vita, a lungo andare, non sarà più suo ostaggio. ventuno febbraio duemilaundici |